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domenica 2 agosto 2020

UN IMPORTANTE VOCABOLO VANDALICO IN SARDO: GRISARE 'SCHIFARE'

Nella Cloaca Maxima di Facebook mi sono imbattuto in un flame il cui argomento era il formaggio sardo chiamato casu marzu, caratterizzato da infestazione di larve della mosca Piophila casei, avvezza a frequentare i cadaveri. L'amica Lina S., nativa della Sardegna, difendeva il bizzarro prodotto gastronomico, affermando che i vermi in esso brulicanti sarebbero "fatti di formaggio" e del tutto innocui. In tono di sfida, citava il fatto che i pastori sardi sono notoriamente assai longevi. Il suo commento ironico era qualcosa come: "Hanno più di cent'anni e il casu marzu l'hanno sempre grisau, vero?" - quindi aggiungeva la glossa: grisau = schifato. Qualcosa in me si è illuminato. Ho infatti compreso che il vocabolo in questione è un residuo della dominazione dei Vandali, che in Sardegna è durata circa ottant'anni. Credo che sia una cosa importante farlo notare, alla faccia dei romanisti che vorrebbero cancellare ogni eredità germanica dalla faccia della Terra. Del celebre formaggio verminoso, eredità neolitica, parleremo in un'altra occasione.
 
Informazioni di estremo interesse si trovano sul dizionario online di lingua e cultura sarda (Ditzionàriu in línia de sa limba e cultura sarda), della Regione Autonoma della Sardegna: 
 
 
grisai, grisare, crisare 
traduzione: schifare, provare ribrezzo 
sinonimi in sardo:
   provare ischifu, abborrèschere, afeai, ascamare, aschiai,
   ghelestiare, ischifare, ispucire 
glossa francese: éprouver du dégoût
glossa inglese: to loathe 
glossa spagnola: sentir asco, repugnar 
glossa tedesca: verschmähen. 

Nel suo vocabolario, Spano riporta le forme meridionali grìsu "ribrezzo; paura" e grisòsu "che ha ribrezzo".

Non è difficile risalite all'etimologia genuina di questi vocaboli. 
 
Protogermanico:
      *gri:sanan
"essere atterrito;
provare orrore
Corrispondente atteso nel gotico di Wulfila:
      *greisan /'gri:san/ "essere atterrito; provare orrore"
 
Corrispondenti in germanico occidentale:
Antico inglese: 
       âgrîsan "rabbrividire; temere" 
Antico frisone:
       gryslic "spaventoso" 
Medio olandese: 
      grîsen "rabbrividire"
Medio basso tedesco: 
       grisen, gresen "rabbrividire"; greselîk "spaventoso"
 
Non ho trovato in giro brillanti idee dei romanisti, tali da poter fornire materia di discussione e di confutazioni, così concludo qui la mia trattazione.  

domenica 26 aprile 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI GEEK 'SECCHIONE; PERSONA BIZZARRA'

Oltre alla ben nota parola nerd "secchione", esiste in inglese anche un quasi sinonimo, geek, che attualmente denota una persona ossessionata da hobby intellettuali e da complessi argomenti scientifici. Secondo l'uso corrente in America e altrove, geek è un peggiorativo di nerd. Per molti parlanti, le due parole sono intercambiabili. Il vero significato del termine geek è tuttavia "persona bizzarra, eccentrica", senza implicazioni intellettuali. Occorre innanzitutto far notare che la sua pronuncia è /gi:k/, con una consonante occlusiva ("dura") /g/, proprio come in girl "ragazza". Non si deve pronunciare la parola con la consonante affricata ("molle"). Trovo che sia sempre necessario specificarlo, visto che in Italia le pronunce ortografiche continuano a costituire un flagello. 
 
Mentre l'etimologia di nerd è oscura e presenta gravi criticità, quella di geek può essere tracciata meglio. La forma più antica del vocabolo è senz'altro geck "sciocco", attestato già verso il 1510, come riportato su Etymonline. Si tratta di una parola giunta in inglese dall'olandese gek "pazzo" o dal basso tedesco geck, con lo stesso significato. La stessa radice ricorre in verbi come l'olandese gekken e il tedesco gecken, entrambi col significato di "deridere, farsi beffe di qualcuno". Ne possiamo addirittura ricostruire una forma protogermanica, dal momento che se ne hanno anche testimonianze in danese (gjække "deridere") e in svedese (gäcka "deridere"). In norreno doveva esistere un verbo *gjakka "deridere", anche se non mi risulta documentato. Alcuni wikipediani reputano invece che le forme scandinave siano prestiti dal basso tedesco, ma rifiuto questa opinione per via della frattura vocalica (-ja- da -e-), che non può essere occorsa in epoca medievale. La protoforma germanica era dunque qualcosa come *gekkanan "deridere", in ultima analisi di origine preindoeuropea, riconducibile a un antichissimo sostrato, rimasuglio estremo di una lingua poi scomparsa.  
 
Non è poi così difficile spiegare come geek si sia potuto sviluppare da un originario geck. A mio avviso una variante /ge:k/, con vocale lunga dovuta a ragioni accentologiche, si è prodotta naturalmente da /gek/, complice il fatto che la parola era considerata straniera - per poi evolvere naturalmente in /gi:k/, visto che la vocale lunga /e:/ non è tollerata in inglese. Anche la semantica ha subìto mutamenti: dal significato di "sciocco; pazzo" la parola è passata a indicare una specie di fenomeno da baraccone. Si tratta di uomini che masticavano e ingurgitavano insetti per divertire o schifare il pubblico, non diversamente dai come-baratas, i mangiatori di scarafaggi che tuttora operano in Brasile. La parola era quasi estinta sul finire del XIX secolo, ma è poi riapparsa a distanza di tempo, come un fiume carsico che riemerge da una sterile pietraia. Sul finire del XX secolo ecco tornare in auge geek col senso di "secchione, intellettuale" o più in generale di "sfigato". Nei primi anni '80 è documentato l'uso di geek nel gergo degli adolescenti americani per indicare gli studenti ossessionati dalle nuove tecnologie e socialmente incapaci. 
 
Analogamente a quanto accaduto ai Nerds, anche i Geeks hanno avuto il loro riscatto e i loro momenti di gloria. Esiste un movimento geek che rivendica un uso positivo della parola. A un certo punto, un uso improprio del Backslang (gergo inverso) ha prodotto la forma keeg, con significato opposto a quello di geek e traducibile in gergo computerese italico come "utonto" (< utente tonto). Chiunque si trovi a disagio con le nuove tecnologie è definito un keeg, anche se il vero Backslang non inverte il significato delle parole.

lunedì 30 settembre 2019

UN FALSO GERMANISMO: LA PAROLA 'BIONDO'

L'etimologia della parola biondo è incerta, checché se ne dica. Il Vocabolario Treccani riporta a questo proposito uno stringato commento: [da una radice *blund-, prob. germ.]. Simili proposte di un'origine germanica si trovano ancora di recente (Nocentini, 2010) e sono ben radicate nella tradizione. Sappiamo che si tratta di un vocabolo diffuso nelle lingue romanze, che sembra aver avuto il suo centro di diffusione nel territorio gallico. Le prime attestazioni in italiano risalgono al XIII secolo. Questo troviamo nella lingua d'oïl e nella lingua d'oc: 

Francese antico: blontz, blonz (forma obliqua blont, blunt
Provenzale antico: blons (forma obliqua blon

Lo spagnolo blondo è un evidente articolo d'importazione. In sardo abbiamo brundu "biondo", in genere ritenuto di introduzione tarda dalla Spagna, anche se avrei qualcosa da obiettare a riguardo.  

Il latino tardo *blundus, ricostruibile dai dati a disposizione, non è in ogni caso attestato. Piaccia o no, nessuna delle lingue germaniche conosciute possiede un vocabolo *blund col senso di "biondo" o di "giallo", che possa essere l'antenato diretto della forma tardolatina in questione. Certo, in inglese si trova blond "biondo", ma si tratta di un prestito dal francese, introdotto nel XVII secolo. Per giunta, la parola era sentita fino a non molto tempo fa come straniera, tanto che si usa tuttora la forma blonde "bionda" (variante antiquata blounde), con indicazione del genere femminile. Allo stesso modo in tedesco esiste l'aggettivo blond "biondo", che però non è affatto nativo, essendovi giunto dalla Francia. Non vi è alcuna prova che sia esistita nalla lingua dei Franchi la parola *blund "biondo", "giallo". Errano quindi coloro che danno per assodata questa etimologia. Il protogermanico *blundaz, ricostruito deduttivamente per spiegare le forme attestate nelle lingue romanze, è soltanto una futile speculazione: la sua natura è in ultima analisi fantomatica. 

Confutazione dell'origine anglosassone 

In antico inglese esistono due interessanti parole: il composto blonden-feax "dai capelli grigi" e il verbo beblonden "tinto". Il verbo d'origine di queste forme sarebbe il raro blandan "mescolare", che nel dialetto della Mercia suonava blondan. Così abbiamo anche blanden-feax per blonden-feax. Il participio passato beblonden avrebbe il significato originario di "mescolato" e sarebbe dunque passato ad acquisire il senso di "screziato", quindi "grigio" o "tinto". In norreno abbiamo blandinn "mescolato", attestato anche col senso di "confuso": ad esempio si usa questo vocabolo parlando di un colono che credeva sia in Cristo che in Thor, essendo molto confuso nelle cose della fede. Non esiste però nell'antico nordico nessuna menzione di un uso per indicare un colore. C'è un problema di non poco conto. Le forme anglosassoni citate hanno la vocale originale -a-, essendo -o- uno sviluppo successivo. La vocale -o-, che ha un suono aperto [ɔ], si è prodotta in epoca così tarda da non poter spiegare le forme romanze, che partono invece da un suono chiuso, reso con -u- in tardo latino e sviluppatosi in [o] in italiano.

La vera origine ligure della parola 

Esiste un toponimo ligure di estremo interesse nella Tabula alimentaria di Veleia che contiene proprio la radice che ci interessa:  si tratta di Blondelia. Questi sono gli estratti del testo in cui compare: 

[OBLIGATIO 5 / I]

   item l [1, 75] fund(um) Calidianum Licinianum, pag(o) s(upra) s(cripto), vico Blondelia, adf(inibus) Antonio Sabino et Calidio Prisco - 

Traduzione:

[IPOTECA 5 / I]
   e pure [1, 75] il fondo Calidiano Liciniano - che si trova nel distretto succitato, nella circoscrizione Blondelia, e confina con le proprietà di Antonio Sabino e di Calidio Prisco -

E ancora: 

[OBLIGATIO 21 / IV]

C(aius) Calidius Proculus prof(essus) est
   praed(ia) rustica (sestertium) CCXXXIII (milibus) DXXX n(ummum):  
   accipere deb(et) (sestertium) / XVI (milia) CCCXXXVIII n(ummum) et obligare
   fund(um) paternum, in Veleiate pag(o) Albense, / <vicis>
Blondeliae <et> Seceniae adf(inibus) Calidio Vero et Antonis Vero et Prisca, quem / professus est (sestertium) XCIV (milibus) DC (nummum):
    in (sestertium) VIIII (milia);


Traduzione: 

[IPOTECA 21 / IV]
Caio Calidio Proculo ha dichiarato
    proprietà agrarie per un valore di 233.530 sesterzi:
    deve ricevere 16.338 sesterzi e ipotecare
    il fondo ereditato dal padre - che si trova nel distretto Albese del territorio veleiate, nelle circoscrizioni Blondelia e Secenia, e confina con le proprietà di Calidio Vero e degli Antoni, Vera e Prisco -, che egli ha dichiarato per un valore di 94.600 sesterzi:
   riceve 9.000 sesterzi;



Il toponimo Blondelia significava "Terra Gialla", "Terra Ocra". Si noti che nello stesso documento è citato anche il f(undum) Glitianum Roudelium (sempre nel distretto Albese). Roudelium significava proprio "Terra Rossa". Le denominazioni tratte dal colore del terreno erano assai comuni nell'antichità. Il mistero è stato quindi svelato. Il ligure *blondos "giallastro" ha dato in latino tardo *blundus, donde derivano l'italiano biondo e le altre forme romanze. Già il Devoto a suo tempo aveva classificato questo vocabolo come "leponzio", intendendo evidentemente "ligure", sfidando così l'imperante ipotesi germanica.

Deliri dei romanisti 

Nessun senso pur elementare di ritegno alberga tra i romanisti, che hanno cercato di ricondurre il latino tardo *blundus a forme del latino più antico. Così alcuni di loro hanno scritto in preda alla demenza, affermando che *blundus sarebbe una "pronuncia popolare" di flāvus "biondo" - ovviamente senza avere idea di come una simile distorsione si sarebbe potuta produrre. Altri ancora, ignari persino dell'esistenza di lingue diverse dal latino, hanno costruito una forma artificiosa *albundus, facendola derivare chissà come da albus "bianco" e pensando che possa aver dato *blundus per "corruzione popolare". Dispiace constatare che gli autori di simili aberrazioni non siano stati deportati in Siberia e lasciati perire nudi nella tundra.

lunedì 23 settembre 2019


TESTAMENT 

Titolo originale: Testament
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1983
Durata: 90 min
Genere: Drammatico, fantascienza
Sottogenere: Postapocalittico
Regia: Lynne Littman
Soggetto: Carol Amen
Sceneggiatura: John Sacret Young
Fotografia: Steven B. Poster
Montaggio: Suzanne Pettit
Musiche: James Horner
Scenografia: David Nichols, Linda Pearl, Waldemar
     Kalinowski
Interpreti e personaggi:
    Jane Alexander: Carol Wetherly
    William Devane: Tom Wetherly
    Ross Harris: Brad Wetherly
    Roxana Zal: Mary Liz Wetherly
    Lukas Haas: Scottie Wetherly
    Lilia Skala: Fania
    Leon Ames: Henry Abhart
    Lurene Tuttle: Rosemary Abhart
    Rebecca De Mornay: Cathy Pitkin
    Kevin Costner: Phil Pitkin
    Mako: Mike

Trama:
La famiglia Wetherly vive nell'immaginario sobborgo di Hamelin in California, a circa 90 minuti di guida da San Francisco. È formata da Tom, dalla moglie Carol e da tre figli, di cui due maschi, Brad e Scottie, e una femmina, Mary Liz. Una vita di una monotonia mortale e di un'incredibile banalità subisce una traumatica discontinuità col passato a causa di una trasmissione televisiva in cui viene annunciato un massiccio attacco nucleare al territorio americano. Hamelin rimane relativamente intatto, perché troppo lontano da San Francisco per subire danni diretti dalle esplosioni. Giunge comunque la contaminazione radioattiva, che non conosce ostacoli. Tom Wetherly, che si trovava a lavorare a San Francisco, non fa ritorno a casa. Le sue probabilità di essere sopravvissuto alla bomba sono in pratica nulle. Henry Abhart è un anziano radioamatore, che continua a usare il suo apparecchio nel tentativo di contattare superstiti. I paesani si ritrovano a casa sua e fanno di lui un punto di riferimento. Brad, il figlio maggiore di Carol, diventa una specie di corriere e passa le sue giornate pedalando in bicicletta. Intanto il veleno penetrato nei corpi comincia a menare strage. I più deboli, i bambini, vengono sepolti uno dietro l'altro. Carol perde prima il figlio più piccolo, Scottie, poi anche l'intrattabile Mary Liz. Gli episodi di demenza si moltiplicano e l'ombra del collasso sociale incombe. La bicicletta di Brad viene rubata da un bullo, che poi penetra nottetempo nella casa dei Wetherly per cercare di trafugare provviste. L'Angelo della Morte, Azrael, ghermisce una persona dopo l'altra, incluso il radioamatore Henry Abhart. Due giovani sposi impazziti dal dolore per la perdita del figlio (gli attori sono Kevin Costner e Rebecca De Mornay) fuggono dal paese in macchina, cercando scampo nell'Ignoto. Quando il benzinaio nipponico Mike muore, suo figlio Hiroshi, che è disabile e grande amico di Brad, viene accolto da Carol. Il finale consiste in un tentativo di suicidio della donna assieme al figlio superstite e a quello adottivo. I tre si siedono in macchina, in garage, aspettando di morire asfissiati dal monossido di carbonio. Invece all'ultimo Carol cambia idea. I tre tornano nella villetta e festeggiano il compleanno di Brad con una galletta, guardando vecchi filmati di famiglia.

Recensione:
Devo dire che Testament non mi è piaciuto granché. Personaggi privi di spessore. Colori esangui, come se la narrazione si svolgesse in una realtà degradata capace di trasmettere soltanto tedio. Tutto sommato il regista si basa su una visione alquanto ingenua dei devastanti effetti delle radiazioni ionizzanti sul corpo umano. Mi sembra anche un po' troppo ottimista sulla natura di Homo sapiens e sulle sue possibili reazioni di un gruppo tribale neoamericano alla catastrofe. Viene giusto menzionata la legge marziale come spauracchio, e tutti se ne sono stati abbastanza buoni senza colpo ferire - a parte uno squallido ladruncolo adolescente. Non c'è stato alcun crollo del tessuto sociale. Ricordo quando sentii parlare per la prima volta di Testament. Mi era stato menzionato da un amico che lo citava come esempio di concreta possibilità di sopravvivenza all'Apocalisse nucleare. In realtà non mi sembra che il finale lasci comunque molta speranza: molti si mettono in moto, diretti verso una comunità più a nord, un'isola felice che potrebbe anche rivelarsi fantomatica, mentre coloro che restano sono destinati a perire d'inedia e di emorragie.

Una particolarità notevole di Testament è che può essere definito il primo film postatomico diretto da una donna. Il film della Littman faceva parte di un ciclo di pellicole catastrofiche a tema nucleare. Iniziata sul finire degli anni '70 con Sindrome cinese (1979), la serie proseguì nel corso del decennio successivo. A Detector (1980) fecero seguito Memoirs of a Survivor (1981), The Atomic Cafe (1982), Whoops Apocalypse (1982), Silkwood (1983), lo stesso Testament (1983), Wargames - Giochi di guerra (1983), The Day After - Il giorno dopo (1983), Special Bulletin (1983), Barefoot Gen (Gen di Hiroshima, 1983), il film TV Ipotesi sopravvivenza (1984), Gioco mortale (1986), Quando soffia il vento (1986), Letters from a Dead Man (Quell'ultimo giorno, 1986), Ground Zero (1987), Rules of Engagement (1989). Lo scopo precipuo di questo ciclo era quello di sensibilizzare il pubblico sui tremendi pericoli di un conflitto atomico globale, scenario verso cui ci sembrava di essere diretti a passi da gigante. 

La tecnica dell'off camera ha permesso agli artefici di questo mediocre film di nascondere al pubblico le realtà più raccapriccianti, che sarebbe stato invece salutare esibire. Certo, i sintomi della contaminazione sono descritti in modo sommario dalle autorità cittadine quando la popolazione viene riunita nella chiesa. Tuttavia stupisce di non vedere alcun riscontro. Non si nota nemmeno un caso di caduta di capelli, di peli e di unghie. Le allusioni alla nausea e al vomito sono davvero scarse. Niente materia rigettata sul pavimento di casa o per le strade, niente conati incoercibili, niente abiti inzuppati di escrementi. Niente perdite di sangue visibili. Niente ustioni della pelle. Soltanto una lunghe file di casse da morto pronte per la tumulazione. Ok, ho capito, non posso certo pretendere che si mostri la nascita di un feto deforme. 

Il successo di Testament fu modesto. Secondo la vulgata corrente questo è dovuto principalmente alla contemporanea uscita del ben più celebre The Day After - Il giorno dopo, diretto da Nicholas Meyer. Alcuni diranno che la colpa è tutta del maschilismo e del sessismo, del fatto che Lynne Litmann è una donna e che quindi sarebbe disprezzata già soltanto per questo motivo. Poi dicono che il film di Meyer puntava tutto sull'impatto degli effetti visivi e che non era introspettivo, che non indagava le profondità psicologiche dei personaggi. Sarà. Di questi tempi vanno di moda simili piagnistei. Dirò soltanto questo: quando ho visto Testament non sapevo nemmeno che la regia fosse di una donna e adesso che lo so non cambia assolutamente nulla. The Day After mi aveva messo i brividi e mi aveva emozionato. Sì, è vero, ero giovane, ma assistendo alla proiezione mi sentivo come se una guerra nucleare fosse imminente. Anzi, come se stesse accadendo in quel momento. Questo è lo scopo ultimo della Settima Arte. Non ho provato nulla di tutto ciò con il film della Littman, che mi ha fatto l'effetto di un bicchiere di acqua tiepida.  

Il Pifferaio di Hamelin 

Anche di fronte alla catastrofe nucleare, una megera appartenente a una maligna stirpe di insegnanti scolastiche avvizzite, non demorde e continua a martellare i poveri pargoletti portandoli allo sfinimento. Tutto è finito. Sarebbe bello per gli infanti riposare nel proprio letto e aspettare l'arrivo dell'Angelo della Morte, nella più totale inattività, preparandosi al riposo eterno. Invece l'orrida insegnante aguzzina, ligia ai propri obiettivi, non dà tregua e rovina il trapasso ai moribondi, martellando come il Savonarola al capezzale di Lorenzo il Magnifico. L'orchessa fa di tutto per inscenare una grottesca pantomima, degna solo di ludibrio. Nelle intenzioni dovrebbe essere una messa in scena della leggenda tedesca del Pifferaio di Hamelin, da noi più noto come Pifferaio Magico (la scuola stessa si chiama "Pied Piper of Hamelin", un nome molto fausto per un istituto educativo). I bambini sono così divisi in due squadre, di cui una dovrebbe impersonare l'orda dei topi. Uno di loro, una specie di bulletto, impersona il borgomastro di Hamelin, che tentava di dividere i suoi cittadini dai "topi" - distinguibili dai primi solo per i baffi posticci e poco altro. Il risultato è talmente grottesco che non trovo parole in questa lingua per descriverlo. Questi scempi oscenissimi rovinano il profondo simbolismo del mito.

Etimologia di Hamelin 

Il toponimo sassone reso ovunque celebre dal Pifferaio Magico è Hameln, che è stato adattato in Hamelin. Stando all'Enciclopedia Britannica, le più antiche forme attestate di questo toponimo sono Hameloa e Hamelowe. Il borgo esisteva già nell'XI secolo e sorse intorno a un'abbazia. Il fatto del famigerato Pifferaio, su cui non è ancora stata fatta sufficiente chiarezza, sarebbe avvenuto nel XIII secolo. Ritengo verosimile che Hameln abbia la stessa radice di Hamburg "Amburgo", il cui nome antico è Hammaburg. Questa radice è confrontabile col medio alto tedesco hamme "parte posteriore del ginocchio", "curva" - e per slittamento semantico "area recintata di pascolo". Non sembra una parola tipica del basso tedesco. Sappiamo che la città di Amburgo si è sviluppata a partire da una fortezza la cui costruzione fu ordinata da Carlomagno nell'808 per proteggere un battistero minacciato da insurrezioni pagane. L'Imperatore e i suoi Franchi parlavano in alto tedesco (e non in romanzo): potrebbero aver importato il toponimo. Errano in modo grave coloro che ritengono Hamelin e Amburgo derivati dalla stessa radice dell'inglese hamlet "villaggio", che è dall'antico francese hamelet "piccolo villaggio", diminutivo di hamel, ham "villaggio", a sua volta dalla lingua dei Franchi: *haim "casa" (corradicale dell'inglese home). La riduzione del dittongo -ai- in -a- è avvenuta in romanzo. In basso tedesco si ha invece hêm, con diversa riduzione del dittongo.

Curiosità varie 

In origine Testament doveva essere un film per la televisione. Poi quelli della Paramount sono rimasti colpiti e hanno deciso che fosse il caso di distribuirlo al cinema. A causa di questo cambiamento, il cast insorse chiedendo salari più alti.

Kevin Costner, che all'epoca era iper-impressionabile, ha in seguito dichiarato di essere stato influenzato in modo potente da quest'opera della Littman. Il ricordo indelebile lasciato in lui da Testament lo avrebbe in seguito spinto a lavorare in altre pellicole postapocalittiche, ossia Waterworld (Kevin Reynolds, 1995) e L'uomo del giorno dopo (Kevin Costner, 1997). 

Kevin Costner ha indossato nel film la giacca da postino che si era guadagnato giocando a baseball alla Villa Park High School. Sembra che in quell'occasione abbia fatto colpo su una ragazza con un vistoso apparecchio ortodontico, riuscendo a ottenere un pompino. 

Testament ha segnato il debutto di Lukas Haas, apparso poi in Witness - Il testimone (Peter Weir, 1985).  Ha interpretato il ruolo di Samuel Lapp, il bambino Amish testimone di un omicidio nei bagni pubblici della stazione ferroviaria di Philadelphia.

Gerry Murillo, che interpretò il ruolo di Hiroshi, era handicappato anche nella sua vita reale. Era affetto da trisomia 21 o sindrome di Down, all'epoca conosciuta meglio come mongolismo. Eppure non gli sono stati tributati grandi riconoscimenti per il suo notevole impegno. Quella era un'epoca in cui chi aveva problemi non riceveva sostegno alcuno, né tantomeno era considerato un X-man.

A causa di questo film, l'attrice Jane Alexander divenne un'attivista anti-nucleare. Erano i tempi d'oro dei famosi No Nukes. Bussavano alla porta come i Testimoni di Geova e distribuivano opuscoli.

Le riprese sono durate soltanto 28 giorni. Sarei tentato di vedere in questo l'ispirazione per il titolo del film 28 giorni dopo (Danny Boyle, 2002). Ok, la smetto col mio pessimo umorismo.  

Cineforum Fantafilm 

Testament è stato proiettato al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro il 18 gennaio 2010. Sul sito Fantascienza.com è tuttora presente una pagina dedicata all'evento, che purtroppo non ho potuto presenziare.

venerdì 20 settembre 2019


STUFF - IL GELATO CHE UCCIDE

Titolo originale: The Stuff
AKA: Larry Cohen's The Stuff
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Lingua: Inglese
Anno: 1985

Regia:
Larry Cohen
Durata:
85 min
Rapporto: Widescreen
Genere: Orrore, commedia, grottesco, trash 
Casa di produzione: New World Pictures
Distribuzione in italiano: Eagle Pictures
Fotografia: Paul Glickman
Montaggio: Armand Lebowitz
Musiche: Dwight Dixon, Anthony Guefen, Richard Seaman
Interpreti e personaggi:
    Michael Moriarty: David "Mo" Rutherford
    Andrea Marcovicci: Nicole Kendal
    Garrett Morris: Charlie W. "Chocolate Chip" Hobbs
    Paul Sorvino: Colonnello Malcolm Grommett Spears
    Scott Bloom: Jason
    Danny Aiello: Mr. Vickers
    Patrick O'Neal: Fletcher
    Alexander Scourby: Evans
    Russell Nype: Richards
    Rutanya Alda: Psicologa 
    Eric Bogosian: Impiegato del supermeracato
    Patrick Dampsey: Compratore clandestino di Stuff
Doppiatori italiani:
    Gianni Giuliano: David "Mo" Rutherford
    Lorenza Biella: Nicole Kendal
    Carlo Valli: Charlie W. "Chocolate Chip" Hobbs
    Luigi Montini: Colonnello Malcolm Grommett Spears
    Guido Cerniglia: Mr. Vickers
    Carlo Sabatini: Fletcher
    Walter Maestosi: Evans
    Giulio Platone: Richards
Budget: 1,7 milioni di dollari USA
Traduzioni del titolo: 
    Tedesco: Stuff – Ein tödlicher Leckerbissen
   
Romagnolo:
Quèl - Al ślâ ch'al cópa
    Spagnolo: El Stuff (Spagna): La Cosa; La Sustancia Maldita
          (America Latina)
    Portoghese: A Coisa
    Svedese: Mördande dessert
    Russo: Вкусная дрянь     

Trama:
Midland, Georgia. Una notte d'inverno, cade la neve. Un vecchiaccio schifoso, che lavora come sorvegliante in una miniera, durante un suo giro d'ispezione scopre una strana sostanza simile a yogurt che gorgoglia da una buca nel terreno, più profonda delle voragini stradali apertesi a Roma durante il dominio feudale della Raggi. Essendo per l'appunto un vecchiaccio schifoso, il laido sileno si mette ad assaggiare quella candida crema di origine sconosciuta, contro ogni sano principio. Forse pensava che glielo avrebbe fatto rizzare (all'epoca il Viagra non era stato ancora inventato e si affidavano a ogni possibile patacca). Il gusto di quella sostanza cremosa entusiasma all'istante il guardiano. Galvanizzato, chiama subito un suo collega - anche lui un vecchiaccio schifoso - e lo induce ad assaggiare. "Se continua a gorgogliare fuori dal terreno così, ce ne sarà abbastanza da potersela vendere", afferma deciso, mentre l'altro ha ormai vinto la sua iniziale diffidenza.
Dato che negli States un essere umano è considerato buono soltanto se vende qualcosa, ecco che i due si mettono a pensare in grande e ne parte una produzione industriale. In breve il nuovo prodotto, a cui viene dato il nome The Stuff, ha un immenso successo e viene distribuito su tutto il territorio nazionale, in modo capillare. L'attività sembra andare a gonfie vele, portando guadagni stratosferici agli scopritori del dolciume cremoso, ma presto emergono alcuni problemi di non poco conto. Tutto ha inizio quando un bambino si accorge che il contenuto di un barattolo di Stuff... si muove! Un ex agente dell'FBI, David "Mo" Rutherford, viene assoldato dalla sofferente industria dei gelati e del junk food allo scopo di indagare sulla vera natura dello Stuff per poter neutralizzare i suoi produttori. Nel corso delle indagini, il giovane e intraprendente Rutherford arriva a scoprire una sconvolgente verità: quello che milioni di persone ingollano a badilate non è affatto un dessert, bensì un organismo alieno che prende possesso dei corpi, fino a divorarli dall'interno e a trasformarli in zombie! C'è un solo modo per salvare il popolo americano da un simile flagello: convincere il colonnello Spears ad intervenire alla testa del suo esercito. Per riuscirci, il geniale ex agente dell'FBI trova il punto su cui far leva, suggerendo al militare che lo Stuff è un'arma inventata dai cospiratori comunisti per distruggere il Paese e consegnarne le macerie all'Unione Sovietica!  

Citazione: 

«ATTENZIONE! Interrompiamo il programma per un gravissimo comunicato sullo STUFF: se lo vedete in un negozio, chiamate la polizia, se ne avete in casa, non toccatelo... scappate! Lo STUFF è un prodotto naturale, un mortale organismo vivente, che dà assuefazione e poi la morte; può impadronirsi del vostro cervello e del vostro corpo... e nulla può fermarlo! THE STUFF: siete stati avvertiti...»

Recensione:
Ho subito amato questo film. L'ho trovato esilarante fin dalle prime battute, come una boccata di protossido d'azoto che arriva dritta al cervello. Inverosimile, grottesco, assurdo. Forse proprio per questo è così divertente. Gli effetti speciali sono a dir poco grossolani, eppure la cosa non mi ha urtato più di tanto. Ebbene sì, avete ragione: sto cominciando a manifestare preoccupanti segni di degrado cognitivo. 



Dipendenza da cibi iperpalatabili 

Qualcuno nel Grande Paese d'America un giorno scoprì che poteva indurre una dipendenza invincibile somministrando un preparato di sua invenzione, un cibo sublime ottenuto da un concentrato cremoso di proteine del latte con l'aggiunta di aroma di vaniglia (non necessariamente di origine naturale). Le cose stanno così. Chiunque mangi quella roba, ne diventa schiavo all'istante. La dipendenza che si instaura è forte come quella data dall'eroina. Come si può ben capire, da una simile dipendenza non si può uscire. Ecco spiegata  l'origine dei cibi iperpalatabili, non proprio salutari, ma talmente piacevoli che non si smetterebbe più di ingurgitarli! Nessuno si cura degli effetti a lungo termine: l'importante è guadagnare! Il mio sospetto è che l'inventore di questa trovata sia stato Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud. In Italia è poco noto al grande pubblico, eppure fu uno dei personaggi più influenti del XX secolo. Si può dire che sia stato un gigante. Fece intervenire gli States nella Grande Guerra, fondò le pubbliche relazioni, convinse tutti gli americani a mangiare uova e bacon a colazione, fece fumare le donne, trasformò Rockefeller in un filantropo e mandò Hitler al potere. Con un simile curriculum, non mi stupirei se gli si dovesse attribuire anche il junk food. Lascio a studiosi con più mezzi dei miei il compito di approfondire questo argomento. 

Questo ebbe a dire lo stesso Cohen: 

"My main inspiration was the consumerism and corporate greed found in our country and the damaging products that were being sold. I was constantly reading in the newspapers about various goods and materials being recalled because they were harming people. For example, you had foods being pulled off the market because they were hazardous to people's health." 

Uno strano elemento salvifico  

Capo di una violenta formazione di militari irregolari, il colonnello Malcolm Grommett Spears sa esattamente come si risolvono i problemi: rimuovendo coloro che li provocano. La tecnica di rimozione di ogni problema è sicura e infallibile. Basta riempire di piombo i suoi portatori. Il colonnello mi ricorda un altro uomo di guerra: il Capitano di Monaco, Ernst Röhm. Certo, mi si dirà che i gusti sessuali dei due militari sono molto diversi. Spears ha un'insana predilezione per le giovinette mentre Röhm era dedito a rapporti omosessuali sfrenati. La risposta all'obiezione è molto semplice: i gusti sessuali dell'americano e del tedesco sono assolutamente irrilevanti. Comune è la più intima natura. Al giorno d'oggi un film così non lo si potrebbe più fare. Direbbero subito che Spears è "nazista", "fascista", "sovranista", "nazionalista", addirittura "razzista" e via discorrendo. Sono tutte balle. Etichette che non contano nulla. La sola cosa importante è che un uomo così i problemi li risolve davvero, senza fallire, per Giove!  Per paradosso, la comprensione della vera natura di un problema non influisce sulla possibilità di rimuoverlo. In fondo qualsiasi problema, quale ne sia la natura, è sempre riconducibile a persone concrete - che per l'appunto possono essere eliminate. Il bello è che il colonnello Spears pensa che tutto sia un complotto messo in atto da "quei bastardi dei comunisti" e dalla "stramaledetta Unione Sovietica". In realtà la causa del dilagare del pestilenziale gelato è da ricercarsi proprio nel turbocapitalismo ultraliberista. Una bella ironia, ma in concreto cosa importa, se i risultati sono quelli desiderati? Ok, ok, Spears mi è simpatico. Adoro il suo odio e il suo disprezzo nei confronti dei politicanti! 

Alcune note sul ruolo dei militari 

Il film di Cohen è senza dubbio eccentrico. Ci dice che soltanto l'elemento militare può portare salvezza dove imperversa il marasma, a patto che sia opportunamente incentivato - e anche ingannato, se necessario: è essenziale che scateni tutta la sua furia distruttiva contro l'obiettivo prefissato, ossia i nemici della Nazione. Per il resto il regista è molto realistico e non si fa stolte illusioni sull'etica della specie Homo sapiens. Ne accetta tutti i limiti. A piacermi è proprio l'idea di un militare che possa definirsi genuino erede dei Lanzichenecchi, distante anni luce dall'astratto e asettico idealismo che muove ogni gesto del maggiore Eugene "Sam" Denton in Damnation Alley (1977). In due pellicole di George A. Romero, La città verrà distrutta all'alba (The Crazies, 1973) e Il giorno degli zombi (Day of the Dead, 1985), vediamo invece molti esempi di militari deleteri. Nel primo film l'esercito è costituito da emeriti minchioni che con la loro ottusa burocrazia fanno perdere la possibilità di curare una terribile pestilenza (tra l'altro causata da un loro errore). Nel secondo film vediamo un militare odiosissimo che, rimasto senza superiori, si improvvisa tiranno e rovescia su tutti la sua pazzia criminale, a piene mani. 

La resa dei conti 

Quando il gagliardo David "Mo" Rutherford riesce a raggiungere i vertici dell'azienda che distribuisce lo Stuff, questi gli dicono che il sabotaggio delle loro attività estrattive non li può fermare, dal momento che quella sostanza aliena emerge in molti punti. Sudando freddo, si mettono ad esporre uno spudorato progetto: essi hanno intenzione di mettere in commercio un nuovo prodotto, chiamato The Taste, con soltanto il 12% di Stuff e per il resto fatto di comune gelato. Questo avrebbe lo scopo di limitare i danni, così dicono, visto che con una percentuale così bassa di Stuff non si potrebbe instaurare dipendenza. In realtà non è vero. La creazione di The Taste è dovuta unicamente al drastico calo delle provvigioni di Stuff. L'avidità dei dirigenti aziendali è senza limiti. L'ex agente dell'FBI li costringe a trangugiare quantità immense di Stuff, fino a farli zombificare.    

Un'inattesa eruzione del Caos

Quando tutto sembra finito, ecco emergere l'ombra di Nyarlathotep, Caos Strisciante. L'ex agente dell'FBI David "Mo" Rutherford e il colonnello Spears sono acclamati eroi nazionali, la voragine da cui gorgoglia lo Stuff è distrutta, riempita da tonnellate di terra smossa da un'esplosione. La Terra dei Coraggiosi è finalmente libera dalla schiavitù del gelato diabolico. L'azienda che distribuiva quel veleno è distrutta. Siamo proprio sicuri che tutto sia finito? A questo punto si fa una scoperta a dir poco sconfortante. Esistono trafficanti di Stuff

Etimologia di stuff 

In inglese stuff significa "materiale", "materia". L'etimologia è identica a quella del tedesco Stoff "sostanza, materiale" e dell'italiano stoffa. L'origine è dall'antico francese estoffe "provvigione", dal verbo estoffer "fornire, provvedere, decorare", a sua volta prestito dalla lingua dei Franchi: *stopfôn, *stoppôn "fornire" - in ultima analisi dal protogermanico *stuppanan. Si tratta di una parola germanica adottata nelle lingue romanze per poi ritornare nel mondo germanico per effetto boomerang - con buona pace dei romanisti, che vorrebbero negare l'esistenza stessa delle lingue dei "Barbari". Dirò di più: avendo la seconda rotazione consonantica, il prestito deve essere stato accolto nella lingua romanza di Francia in epoca carolingia. 

Curiosità varie 

La miscela usata in alcune scene per simulare lo Stuff era fatta con polvere di lische di pesce in putrefazione e aveva un odore così sgradevole da costringere gli attori a lavarsi per ore nelle acque di un fiume. La fonte dell'informazione è lo stesso regista. In altre scene, sarebbero stati usati immani quantitativi di gelato Häagen-Däzs e di yogurt denso con l'aggiunta di schiuma di estintore. Un enorme spreco.

Il personaggio di Charlie W. "Chocolate Chip" Hobbs (reso in italiano con "Cioccolatino Charlie") ha ricevuto il suo soprannome dagli omonimi famosi biscotti della marca Famous Amos. Al giorno d'oggi queste trovate non sarebbero più ammesse. I radical sono molto aggressivi e detestano ogni associazione del colore della pelle con il cioccolato. Il perché non è dato sapere. Il cioccolato è un alimento delizioso, dovrebbe dare origine a complimenti, non a insulti. "Chocolate Chip" è un loquace mandingo che finisce contaminato dallo Stuff e trasformato in un morto vivente. Il suo ruolo doveva essere assegnato ad Arsenio Hall, ma la cosa non andò in porto.

La scena con il gelato alieno che esce dai materassi e dai cuscini in un motel è stata girata nella stessa camera usata nelle riprese di Nightmare - Dal profondo della notte (1984), nella scena in cui Glen (interpretato da Johnny Depp) viene risucchiato nel suo letto e il suo sangue finisce vomitato sul soffitto.

Paul Anthony Sorvino, il robusto attore che ha interpretato il colonnello Spears, è di origini italiane e per l'esattezza napoletane. Sua figlia Mira è stata tra le vittime del famigerato Harvey Weinstein. La reazione del padre è stata sanguigna e la condivido appieno: egli ha dichiarato che se avesse saputo, avrebbe ucciso quel maiale con le proprie mani, non prima di avergli spappolato le gambe facendolo finire su una sedia a rotelle.

domenica 30 giugno 2019

TEDESCO NACHEN 'PICCOLA BARCA' E NORRENO NǪKKVI 'BARCA, NAVE': UN RELITTO PREINDOEUROPEO

Approfondendo i miei studi di lessico norreno, la mia attenzione è caduta sulla seguente voce, estratta dal dizionario di Zoëga

nǫkkvi (m.), barca; nave
   gen./dat./acc. nǫkkva 
   plurale: 
   nom. nǫkkvar, gen./acc. nǫkkva, dat. nǫkkvum 


Si tratta di un vocabolo poetico, che non ricorrereva nella lingua corrente. È anche attestato come nome proprio maschile di persona: Nǫkkvi. L'antroponimo era tipico dei Vichinghi e fu portato da un loro capitano, un Re del Mare.   

Il tedesco moderno ha una parola imparentata: Nachen (m.) "piccola imbarcazione". Si tratta di un diretto discendente del medio alto tedesco nache, a sua volta dall'antico alto tedesco nahho "barchetta, barca fluviale". In antico sassone si ha nako "barchetta", ovviamente senza rotazione consonantica.

Anche in antico inglese esiste una parola derivata dalla stessa radice: naca (m.) "barca; nave". Il suo uso era esclusivamente poetico. Purtroppo questa singolare voce è andata perduta abbastanza presto, a causa del tremendo trauma che ha portato nel lessico anglosassone ingenti quantità di materiale romanzo dall'antico francese, facendo diventare obsolete moltissime parole ereditate. 

In olandese abbiamo aak "piccola imbarcazione (per navigare nei canali)". Evidentemente l'assenza della nasale iniziale è dovuta a deglutizione. In altre parole, si dovrebbe avere *naak, ma la consonante n- è stata interpretata come parte dell'articolo indeterminativo: a un certo punto een *naak è diventato een aak. In medio olandese è attestata sia la forma con nasale integra, naecke, che quella con nasale deglutita, aecke. Questo fenomeno esiste anche in antico frisone, che ha âke, âk (aek, aak in frisone occidentale moderno). 

Non abbiamo attestazioni nella lingua dei Goti. Se il vocabolo fosse stato presente, sarebbe sicuramente *naqa, con la declinazione debole maschile: gen. *naqins, dat. *naqin, acc. *naqan; pl. nom./acc. *naqans, gen. *naqane, dat. *naqam. Troverei strana l'assenza di questa parola in gotico, dato che è stata ereditata da tutti gli altri rami del germanico.

Si ricostruisce agevolmente una forma protogermanica *nakwæ:n "barca; nave". Veniamo ora al punto. Qual è l'origine ultima di questa parola? I neogrammatici danno per scontato che si tratti di una forma indoeuropea e ricostruiscono così una radice *nagw- che in modo ridicolo proiettano nelle steppe dell'Asia. Ecco cosa riporta la Wikipedia in tedesco (2019): 

"Ein Nachen (althochdeutsch Nahho, germanisch Nakwa, indogermanisch Nagua) bezeichnet ursprünglich einen Einbaum, ein kompaktes, flaches Boot bzw. einen Kahn für die Binnenschifffahrt." 

Guardando la cronologia della pagina wikipediana, si scopre che a quanto pare queste oscenità sono in Rete dal 2013. Il protogermanico è chiamato "germanisch"; l'indoeuropeo è chiamato "indogermanisch", usando una denominazione obsoleta; le forme ricostruite non hanno asterisco alcuno. L'ortografia usata per la pretesa forma indoeuropea Nagua ha del grottesco, sembra quasi una voce amerindiana ispanizzata. Tutto ciò è talmente rozzo che potrebbe essere stato concepito dalla mente febbrile di un contadino paccianesco in qualche desolata campagna sassone. 

Vediamo che la radice *nagw- deve essere un resto di una lingua di sostrato, anteriore alla formazione del protogermanico. Quello che invece trovo interessante è una sua possibile relazione con l'indoeuropeo *na:w- "nave". Forse si tratta di un prestito remoto, in una direzione o nell'altra. Oppure entrambe le lingue avranno preso questo nome della nave da una terza lingua del tutto sconosciuta. A favore dell'idea che *na:w- sia un prestito in indoeuropeo sta il suo vocalismo peculiare. La /g/ presupposta dal protogermanico /k/ può ben corrispondere a una laringale ricostruibile per uno stadio particolarmente antico dell'indoeuropeo comune. Mentre in indoeuropeo l'antica laringale è scomparsa prolungando per compensazione la vocale precedente, nella lingua preindoeuropa del sostrato nordico si è conservata e indurita, diventando un'occlusiva.

giovedì 4 aprile 2019

IL PORCO E IL GRIGIO: UN'INTERESSANTE ISOGLOSSA TRA IL LONGOBARDO E IL NORRENO

Approfondendo i miei studi di lessico norreno, la mia attenzione è caduta sulla seguente voce, estratta dal dizionario di Zoëga

gríss (m.), giovane maiale, porco 
   declinazione: gen. gríss, dat. grísi, grís, acc. grís;
   pl. n. grísir, gen. grísa, dat. grísum, acc. grísi  


Dalla parola in questione si è formato l'antroponimo Gríss, attestato nella Saga di Hallfred il Poeta Malvagio (Hallfreðar saga vandræðaskálds). Nella nativa Islanda, il poeta Hallfred è un mortale nemico di Gris, un variago cristiano che aveva servito l'Imperatore di Bisanzio. L'odio perdura anche dopo la conversione di Hallfred al Cristianesimo. A un certo punto egli recita questa strofa alla sua amata Kolfinna: 

Veitkat ek hitt, hvat verða
verglóðar skal Móða -
rinnumk ást til Ilmar
unnar dags - á munni
ef fjǫlgegnir fregna
fagnendr jǫtuns sagna,
flók af gyltar Grísi
geitbelg - hvat mik teitir.


Non so quel che diranno
tra poco gli uomini:
amo la donna;
se gli uomini potessero
saper perché sorrido;
a Gris - maial, di capra
la pelle toglierò.
(Traduzione di Marco Scovazzi)


Come ci mostra il norreno, gríss "porcello, maiale" aveva il tema in -i- (il plurale è infatti grísir). Possiamo quindi ricostruire la sua derivazione da una forma protogermanica *gri:siz "giovane maiale". Questa doveva avere qualche parentela con l'aggettivo *græ:waz "grigio", il cui regolare esito in norreno è grár "grigio" (ma anche "ostile"). 

Una cosa va subito detta: non si riesce a comprendere bene queste formazioni. In pratica la sola cosa chiara è che entrambe iniziano col gruppo consonantico gr-. Non è possibile ricondurre le parole in questione all'indoeuropeo *g'er- "vecchio", da cui sono derivate le parole γέρων "vecchio" e γραῦς "vecchia", perché la fonetica non tornerebbe. Infatti l'eventuale protoforma indoeuropea di *græ:waz deve avere una consonante aspirata. È stata tentata la ricostruzione di una radice *g(')hra:w- "grigio", connettendovi anche il latino ra:vus "grigio scuro" (vedi Starostin). Tuttavia ciò desta in me un profondo scetticismo. Si noterà che il vocalismo non collima e si presenta come altamente problematico. Non vi è alternanza -e:- / -a:- in IE; lo stesso fonema -a:- è fonte di dubbi. Anche l'evoluzione di *ghr- in r- non convince troppo, non sembra un'eredità naturale. La parola latina secondo me non è nemmeno indoeuropea: sarà piuttosto un prestito dall'etrusco. Forse la lingua dei Rasna avrà avuto *χrave-, se aggiungiamo l'evidenza fornita dal latino gra:vastellus "uomo anziano" (< *"dai capelli grigi"). Qualcuno ha poi tentato di ricondurre le protoforme germaniche all'indoeuropeo *g(')hre:- "crescere", con lo slittamento semantico "crescere" > "verde" > "grigio". Incerta è anche la ricostruzione fatta dal Pokorny, che presuppone una radice indoeuropea *g'herǝ- / *g'hre:- "brillare". Che dire? Una sola certezza: brancoliamo nel buio e non giunge dalla preistoria alcun faro a illuminarci la via. 

Veniamo ora agli esiti di *græ:waz e di *gri:siz in altre lingue germaniche. 

In anglosassone abbiamo grǣġ "grigio", con la variante grǣw, per cui è necessario presupporre una protoforma *græ:wjaz col tema in -ja-. Questa è l'origine dell'inglese moderno grey, gray "grigio". Non abbiamo esiti nativi di *gri:siz "giovane maiale". Va però detto che dal norreno gríss è passato in medio inglese dando origine in inglese moderno alla parola dialettale grice "maiale" (specialmente "giovane maiale"; pl. grice o grices; variante ortografica gryce). Questa parola è usata soprattutto in Scozia e nell'Inghilterra settentrionale. Un tempo indicava anche un incrocio tra il maiale e il cinghiale; questo suino ibrido, tipico delle Highlands e delle Isole di Scozia, si è estinto nel corso del XIX secolo. 
Un altro interessante esito della parola norrena gríss in inglese è sparegris "salvadanaio" (alla lettera "maialino del risparmio"). Va però detto che si tratta di una formazione fossile, dato che i parlanti non sono in grado di fornire un'etimologia al secondo elemento del composto, -gris.

La situazione nel resto del germanico occidentale è lievemente diversa. La protoforma *græ:waz ha dato origine ad esiti regolari nelle varie lingue: 

    antico alto tedesco: grâo (gen. grâwes) "grigio"
        medio alto tedesco: grâ (gen. grâwes) "grigio"
        tedesco moderno: grau "grigio
        alemannico: graaw "grigio"
        lussemburghese: gro "grigio"
        yiddish: גראָ gro, גרוי groy "grigio"
    antico sassone: grâ, grê "grigio"
           (appulgrê "grigio pomellato")
       medio basso tedesco: grâ, grâwe "grigio"
       Plattdeutsch: greiw "grigio"
   antico frisone occidentale: grê "grigio"
      frisone di Hallig: grai "grigio"
      frisone di Mooring: gra "grigio"
   medio olandese: grâ, grau "grigio"
      olandese moderno: grauw "grigio" 


Non si ha traccia documentata di una protoforma *gri:siz col senso di "giovane maiale", ma sono ampiamente diffusi gli esiti di *gri:siz - secondo altri *gri:saz - come aggettivo col significato di "grigio" (e anche "terribile, spaventoso"), a quanto pare sinonimo di *græ:waz. Ecco il quadro: 

    antico alto tedesco: grîs "grigio"
       medio alto tedesco: grîs "grigio"
       tedesco moderno: greis "grigio"
    antico sassone: grîs "grigio"
       medio basso tedesco: gries "grigio"
          (preso a prestito dal tedesco moderno dialettale come gries
          "grigio", "grigiastro", ad es. detto di nubi)
    antico frisone: grîs "grigio"
        frisone di Staterland: gries "grigio"
        frisone occidentale: griis "grigio"
    antico olandese: grîs "grigio"
       medio olandese: grise, grijs "grigio"
       olandese moderno: grijs "grigio"


Nella lingua dei Franchi si aveva *grîs "grigio": da questa sorgente la parola è passata nel romanzo, dando origine all'antico francese gris (obl. gris; f. grise) "grigio" (francese moderno gris /gRi/ "grigio"). In latino tardo la parola è stata adottata come gri:seus, cosa che ci rivela un dettaglio importante: il tema dell'aggettivo era in -i-, non in -a-: il protogermanico aveva realmente *gri:siz / *gri:sja-, non *gri:saz. In altre parole, il passaggio avvenne in modo diretto dalla lingua germanica dei Franchi al latino medievale in modo tale da conservare traccia dell'antica flessione. 

In antico francese si ebbe un derivato (diminutivo) grisel (obl.) "grigiastro; cavallo grigio", che passò in medio inglese grisel, griselle, gresel "grigiastro; uomo dai capelli grigi", divenendo poi in inglese moderno grizzle "grigio scuro; capelli grigi". Da questo aggettivo deriva il famoso zoonimo grizzly, che tutto ben conoscono (alla lettera "orso grigio"). A parer mio l'inglese griseous "grigio screziato" viene dalla forma diretta *griseaus, *griseax dell'antico francese grisel, che però non sono riuscito a documentare. 

Un altro derivato di questa radice, a quanto sappia non attestato in alcuna lingua germanica, è il latino medievale gri:seum "pelle di scoiattolo siberiano", che traduceva l'italiano antico vairo, vaio (dal latino varium, neutro di varius "screziato"). Ancora oggi in francese, la pelle di questo animale è detta petit-gris.

Infine dobbiamo trattare gli esiti del protogermanico *græ:waz e *gri:siz nella lingua dei Longobardi. Giovanna Princi Braccini, nel suo Germanismi editi e inediti nel codice diplomatico longobardo: anticipi da uno spoglio integrale e commentato di fonti latine in vista di un tesoro longobardo (1998/99), riporta qualche commento a questo proposito:

§ 2. Aggettivi

77. graus (2) 'grigio' (graum e Grauso)
78. grisio (5) 'grigio' (Grisio [3], Grisione [1], Griso [1])


"Le due occorrenze di graus (quella reatina in una carta originale del 768, in cui è il colore di un cavallo: “... et alium cavallum graum”, e la seconda, volturnese, rappresentata da un antroponimo) sono le uniche attestazioni della parola longobarda che al momento possediamo, se si escludono le sue due sospette presenze nel toponimo Vallis Gramundella, nel Regestum Farfense, a. 1037, e nell’idronimo fluvius flasgra60." 

E ancora:

"Questo termine longobardo non sembra avere avuto continuazione in italiano e neppure nei dialetti italiani."

Ovviamente graum è forma latinizzata nella desinenza, secondo la consuetudine dell'epoca. Se l'unica attestazione del nominativo singolare graus è l'antroponimo Grauso, allora la Princi Braccini avrebbe dovuto apporre l'asterisco e scrivere *graus. :) Non si tratta di un immediato derivato di *græ:waz: la consonante -s- fa parte della radice e l'origine è dal protogermanico *greusanan "terrorizzare", da cui anche l'anglosassone grēosan e il tedesco moderno grausen "spaventarsi, temere". Sospetto che la radice sia in ultima analisi la stessa ("diventare grigio" > "essere terrorizzato"), ma ancora una volta i dettagli di una simile formazione appartengono a qualche lingua perduta e non hanno spiegazione alcuna in indoeuropeo. A complicare ancor più le cose abbiamo anche il medio alto tedesco grûwen "terrorizzare", da cui il tedesco moderno grauen "terrorizzare" e Grauen (n.) "orrore", che devono appartenere alla stessa vasta quanto difficile famiglia. In ogni caso Grauso non è "Il Grigio", bensì un esito di  *Grausæ:n "Il Terribile". Vediamo poi che in realtà questo antroponimo non è affatto un hapax: abbiamo la stessa radice anche in Grausulus, Adelgrausus, etc. 

Con buona pace dell'autrice, la Vallis Gramundella "dalla Bocca Grigia" (protogerm. *græ:wa- + *munθaz "bocca") e il fluvius Flasgra "Grigio come il Lino" (protogerm. *flaχsan "lino" + *græ:waz) sono tutt'altro che realtà sospette: il toponimo e l'idronimo in analisi, trattati a suo tempo da Wilhelm Bruckner, sono dotati di etimologia germanica inattaccabile e provano la persistenza di quell'eredità longobarda che i romanisti vorrebbero sminuire fino alla cancellazione. Tra l'altro, il fiume Flasgra conserva tuttora il suo nome: Fiascra.

Per quanto riguarda l'altro aggettivo, quello derivato dal protogermanico *gri:siz, i romanisti insistono nel loro tentativo di rimuovere la sua esistenza dal lessico longobardo, ritenendolo in buona sostanza un franchismo importato dopo la caduta del Regno. Eppure il testo del Bruckner, datato ma pur sempre validissimo, ci riporta qualche altro dato significativo. Oltre all'antroponimo Griso / Grisio, ne sono elencati alcuni altri: Grisaldus, Grisolfus, Griselissi (Griselissius, Grisilissi) e Grisimpertus. Come ammettiamo che la parola norrena gríss deve essere stata condivisa col longobardo come antichissima eredità, tutto si spiega per incanto:

Griso "Maiale"
Grisio "Maiale"; "Grigio"
Grisaldus "Signore dei Maiali"
    (< protogerm. *gri:si- + -*waldaz)
Griselissi, dissimilato per *Griserissi "Principe dei Maiali"
    (< protogerm. *gri:si- + *ri:kaz)
Grisimpertus "Splendente Ricco di Maiali"
    (< protogerm. *gri:s-i:na- + *berχtaz) 

Grisolfus "Lupo-Maiale" 
   (< protogerm. *gri:si- + *wulfaz)


L'aggettivo *gri:siz "grigio" doveva significare letteralmente "del colore del porco", ossia "di colore sporco". Nell'antico alto tedesco attestato è stato perduto ogni riferimento al maiale già in epoca antica, anteriore alla comparsa dei primi documenti (XIII secolo), così come è stato perduto il sostantivo omonimo, *gri:siz "giovane maiale". I cadaveri di antichi Germani restituiti dalle torbiere dimostrano che quelle genti avevano un'ottima cura del proprio corpo - tranne che dei denti, rovinati dalla polvere delle mole presente nelle farine. Non mancavano tuttavia in alcuna tribù uomini sporchi, che non si lavavano mai. Proprio come Carlo Magno, che è il Carlo Cotenna ancora ricordato dai Lombardi fino a poco tempo fa, un uomo coperto da uno spesso strato di sudiciume naturale. Quando una persona non si lava per molto tempo, il suo corpo finisce col somigliare per aspetto a quello di un porco: sulla sua pelle si formano orrende chiazze scure. L'aggettivo protogermanico da cui deriva la parola "grigio" descriveva proprio questa realtà. Ecco scoperto l'arcano: mentre *græ:waz indicava il colore uniforme, *gri:siz indicava il colore screziato, disomogeneo. Il color "porco", per l'appunto. 

Un amico la cui madre (R.I.P.) era di Cantù mi ha riportato il vocabolo grisùn, glossato come "maiale cucinato". Tuttavia va detto che non sono stato capace di confermare questa sorprendente informazione trovando altre persone in grado di riconoscerla. La cosa non deve stupire: non poche parole marginali devono essere finite nell'oblio nel corso dei secoli in contesti sostanzialmente agrafi. Anche il soprannome Griso di un bravo di manzoniana memoria potrebbe aver significato più "Porco" che "Grigio": il Manzoni potrebbe essersi imbattuto in un soprannome originato da una reminiscenza popolare di un epiteto di origine longobarda, avendolo così usato fraintendendone il senso.

lunedì 25 marzo 2019

PRESTITI TEDESCHI IN NORRENO

Alcune parole sono giunte in norreno dall'antico tedesco (non solo dall'alto tedesco, ma anche dall'antico basso tedesco o sassone) all'epoca dei contatti tra i Vichinghi e il Sacro Romano Impero. Un numero molto più ampio di prestiti è giunto in seguito: il flusso di prestiti dall'area basso tedesca è diventato particolarmente forte a partire dal XII secolo, quando il medio basso tedesco si è andato imponendo come lingua franca del Nord per via dell'attività della Lega Anseatica. È opinione comune nel mondo accademico che moltissime voci latine siano giunte in norreno tramite il medio alto tedesco, ma a parer mio di questa mediazione nella maggior parte dei casi non si sente la necessità, così rimando alla trattazione dei prestiti dal latino. Riporto un elenco di voci con relativi commenti. 

Il genere grammaticale delle voci norrene è indicato tra parentesi: (m.) = maschile; (f.) = femminile; (n.) = neutro. 

akta, prestare attenzione
Prestito dal medio basso tedesco achten, corrispondente all'antico alto tedesco ahtan "fare attenzione" (da cui il medio alto tedesco achten). Il prestito deve essere abbastanza tardo, come prova l'adattamento del gruppo consonantico /χt/ nel norreno /kt/


andvarða, consegnare
Prestito dal medio basso tedesco antwarden "consegnare". I puristi islandesi tuttora rigettano questo vocabolo, sentito come un corpo estraneo, impegnandosi a sostituirlo con afhenda o con láta af hendi.


angist (f.), paura
Prestito dal medio basso tedesco angest "paura". La parola non può essere nativa, o avrebbe l'Umlaut palatale. La forma norrena genuina derivata dalla stessa radice protogermanica è angr (n.) "preoccupazione; fastidio; rabbia" (gen. angrs, formalmente molto simile al latino angor "angoscia, affanno", gen. ango:ris).


armbrist (f.), balestra
arbyst (f.), balestra
Prestito dall'antico alto tedesco armbrust "balestra", in ultima analisi dal francese antico arbalestre, a sua volta naturale evoluzione del latino arcuballista, che indica una macchina per lanciare dardi. La forma alto tedesca mostra un rifacimento fonetico dovuto a falsa etimologia, come se fosse un composto di arm "braccio".


armœða (f.), povertà
Prestito dall'antico sassone armôdi "povertà". Il corrispondente in antico alto tedesco è armuodi "povertà", poi sviluppatosi nel medio alto tedesco armuote. Sono convinto che la parola sia entrata in norreno in epoca abbastanza antica, cambiando declinazione e sviluppando l'Umlaut palatale: sassone armôdi > norr. *armóðja > armœ
ða. Ciò non può essere avvenuto nel XII-XIII secolo, come suppone chi pensa che il prestito sia dal medio basso tedesco (armôd, armôde "povertà").

baka (f.), pancetta affumicata
Prestito dal medio basso tedesco bâke "natica; pancetta, prosciutto" (da non confondersi con l'omofono bâke "segnale nautico"). La radice è la stessa del notissimo inglese bacon, voce germanica che è stata reintrodotta dall'antico francese. Il corrispondente antico alto tedesco era bahho, bacho "schiena; quarto di pancetta affumicata". In longobardo il concetto era espresso da *paccha, voce tuttora conservata in alcuni dialetti meridionali come pacca "carne salata".


barki (m.), tipo di nave
Prestito dal medio basso tedesco barke "piccola imbarcazione", a sua volta dal latino tardo barca (diminutivo del più antico ba:ris, di origine egiziana), da cui anche la parola italiana a tutti noi ben nota. Da non confondersi con l'omofono barki (m.) "trachea, gola", che è un termine nativo.


barma, abbracciarsi
Prestito dal medio basso tedesco barmen "abbracciarsi", contratto da un precedente *be-armen. In tedesco moderno si ha erbarmen haben o sich erbarmen.


basún (f.), trombone
basúna (f.), trombone
Prestito dal medio basso tedesco basûne "trombone", a sua volta dal francese antico bassons, obl. basson "tromba" (varianti buissons, bossine, etc.). In tedesco moderno la stessa forma si è sviluppata in Posaune (f.), con regolare dittongazione. In inglese si ha bassoon "fagotto". Si sono inventate molte spiegazioni inconsistenti, riconducendo il termine francese antico al latino bu:cinum "suono di tromba; conchiglia della porpora", nonostante la fonetica non collimi. In realtà si tratta di un prestito italiano: la base più antica è il termine basso, donde *bassone è stato ricavato ed esportato con successo. 


bilæti (n.), immagine
Prestito dall'antico alto tedesco bilidi, biladi "immagine", da cui discende il tedesco moderno Bild (n.) "immagine" (pl. Bilder). La forma protogermanica è *bilaþjan, di origine ignota e con tutta probabilità un relitto del sostrato preindoeuropeo. Si vede subito che la forma norrena non può essere nativa.


bismari (m.), stadera
Prestito dal medio basso tedesco bisemer, bessemêr, "bilancia manuale; stadera senza piatto". La parola, giunta da una lingua slava (cfr. russo безмен, polacco bezmian, przemian), è di lontana origine turca (cfr. turco batman "unità di peso, corrispondente all'incirca a 10 kg"). 


bistr, crudele
Prestito dal medio basso tedesco bîster "errante, deviante", a sua volta di origine slava (cfr. russo бы́стрый "rapido, veloce"). Lo slittamento semantico deve essere stato questo: "rapido, veloce" > "impetuoso, animoso" > "crudele". L'aggettivo norreno nativo per indicare il concetto di "crudele" è grimmúðigr.


blik (n.), foglio di metallo; metallo splendente
Prestito dal medio basso tedesco bleck, blick.


blíða (f.), macchina da getto, catapulta
Prestito dal medio basso tedesco blīde. Si noti che in norreno si ha una fricativa -ð- in luogo dell'occlusiva -d-, segno che il prestito potrebbe abbastanza antico.


borgari (m.), cittadino, abitante del borgo 
borgarmaðr (m.), cittadino
Prestito dal medio basso tedesco borgere "cittadino". Questi prestiti sono attecchiti facilmente, aiutati dall'esistenza del termine nativo borg (f.) "città", comune a tutto il mondo germanico. 


brák (f.), dispositivo per la lavorazione della pelle
Prestito dal medio basso tedesco brâke "strumento a quattro gambe, usato per rompere il lino". Alla lettera questa parola rimanda alla "rottura" ed è anche glossata in latino con aratio prima. Si tratta di un trasparente derivato dal verbo breken "rompere". Un termine prettamente tecnico. 


buðla, setacciare
Prestito dal medio basso tedesco budelen "setacciare". Il verbo corrispondente in tedesco moderno è beuteln "setacciare" (con una borsa), derivato da Beutel "borsa".


bugt (f.), baia
Prestito dal medio basso tedesco bucht "baia, golfo", discendente dell'antico sassone buht, dal protogermanico *buχtiz. Il termine norreno nativo per indicare la baia è vík (f.). Notare l'eccezionale gruppo consonantico nella parola norrena.


búri (m.), cittadino di una città mercantile
Prestito dal medio basso tedesco būre "contadini; cittadinanza, comunità". Un vocabolo che in norreno si è evoluto semanticamente per descrivere una tipica realtà anseatica. 


búza, bússa (f.), nave mercantile 
Prestito dal medio basso tedesco bûtze, bûse "piccola nave da carico e da pesca". Il termine è a mio avviso di etimologia incerta. Il latino medievale bucia, bucius, buz(z)a può essere un tentativo di adattamento di una parola oscura piuttosto che la sua origine. 


byxa, saltare con forza; rimbalzare
Prestito dal medio basso tedesco bückezen "saltare come un becco".


býta, scambiare
   derivati:
   býting (f.), scambio
   býtir (m.), garante
Prestito dal medio basso tedesco b
ûte "scambio", della stessa radice di bûten "bottino".

dammadúkr, dǫmmudúkr (m.), veste di lana inglese
Prestito dal medio basso tedesco damdôk "tipo di veste inglese" (in genere piccola). Si vede che -dôk è l'equivalente basso tedesco dell'antico alto tedesco tuoh (n.) "veste", da cui il tedesco moderno Tuch (< protogermanico *do:kaz, neutro in -z-), mentre dam- è dal nome di Damasco. L'Umlaut palatale nella variante norrena dǫmmudúkr ci fa pensare a un prestito non troppo recente.


dári (m.), idiota
dára, prendere in giro
Prestito dal medio basso tedesco dôre "stupido", bedôren "prendersi gioco".


digull (m.), crogiolo
Prestito dal medio basso tedesco degel "crogiolo". Non è dal latino te:gula "tegola", come certi credono: non solo le difficoltà fonetiche sono notevoli, ma lo sono anche quelle semantiche. Si ricostruisce un protogermanico *diγulaz a partire dalle forme germaniche occidentali. Si noti che in islandese moderno abbiamo deigla (f.) "crogiolo", che non può essere un diretto discendente di digull (m.): evidentemente la parola basso tedesca deve essere stata presa a prestito in diverse occasioni, con diversi adattamenti.


doppa (f.), pomolo metallico della sella
Prestito dal medio basso tedesco doppe "ciotola". Il corrispondente in alto tedesco è Topf (m.) "pentola".


drokkr (m.), uomo disabile
drokr, dirokkr (m.), uomo di fatica
Prestito dal medio basso tedesco droch "baro, imbroglione", a sua volta da una lingua slava (cfr. russo дурак "sempliciotto, scemo", ma anche "tipo di gioco a carte"). A parer mio il doppio significato della parola slava si mantenne anche in medio basso tedesco e fu in uso anche *droch "sempliciotto, scemo", che passò in norreno venendo a indicare un uomo disabile. Il prestito dovette avvenire in norreno più di una volta, dando così origine a d(i)rokkr "uomo di fatica" (non brillante per intelletto). Ricordiamoci di non applicare le categorie moderne al passato: spesso nei secoli passati l'idea di pietà cristiana non era sufficiente a frenare lo scherno e il disprezzo nei confronti di persone con qualche difficoltà.


dróttseti (m.), amministratore
Prestito dal medio basso tedesco drossete, drotzete, droste "alto ufficiale di un signore terriero", dal protogermanico *druχti-sæ:tæ:n, lett "che è assiso sulla schiera". In tedesco moderno l'esito è Truchsess "ufficiale di corte", con II rotazione consonantica. Il secondo membro del composto lo vediamo anche nel longobardo stolesazo, stoleseyz "funzionario regio", dal protogermanico *sto:lasæ:tæ:n, *sto:lasatjæ:n, lett. "che è assiso sul seggio".


dúkr (m.), veste; velo
Prestito dal medio basso tedesco dôk "veste", dal protogermanico *do:kaz (neutro in -z-). Vedi sopra la voce dammadúkr, dǫmmudúkr. Alcuni autori (es. Bandle, Braunmüller et al.) reputano questa parola un prestito dalla lingua frisone e lo fanno risalire a traffici mercantili avvenuti tra il VI e il IX secolo, ma questo mi pare assai azzardato. Il vocalismo di questa parola parla contro un'origine troppo antica ed è in ogni caso problematico.


dyflissa, dyfliza, dyblissa (f.), prigione
Prestito dal medio basso tedesco temenisse "prigione", a sua volta prestito da una lingua slava (cfr. russo темница "sotterraneo", lett. "luogo buio").


edik (n.), aceto
Prestito dal medio basso tedesco edik "aceto", in ultima analisi dall latino ace:tum con metatesi (*ate:cum). L'antico alto tedesco ha ezzih, con la II rotazione consonantica: non può essere la sorgente della voce norrena. La presenza di -d- e non di -ð- mostra che l'importazione della parona non sarà accaduta in epoca troppo antica.  


ers (n.), cavallo da corsa, cavallino
    variante: ess
Prestito dal medio basso tedesco örs "cavallo, cavallo da corsa". Quando il prestito avvenne, la parola importata non era sentita come corradicale del nativo hross (n.) "cavallo". 


espingr (m.), scialuppa
Prestito dal medio basso tedesco espink "scialuppa". Un termine tecnico e marinaresco.


fanga, catturare
fangi (m.), prigioniero
fangelsi (n.), prigionia, cattività; prigione  
Prestito dal medio basso tedesco vangen "catturare". Il genuino esito norreno della stessa radice protogermanica è "ottenere", formalmente identico al gotico fâhan "prendere". In fangelsi si nota il suffisso -elsi, che è dall'anglosassone -els, che in quella lingua forma sostantivi concreti.


ferskr, fresco
Prestito dal medio basso tedesco versch, derivato dal protogermanico *friskaz. Lo stesso italiano fresco proviene dal gotico *frisks. L'esito naturale della protoforma germanica in norreno avrebbe dato un genuino *friskr, che però non è attestato. La parola è stata importata in norreno da un dialetto in cui il gruppo /sk/ non ha subìto palatalizzazione.


flekka (f.), uniforme sotto la corazza
Prestito dal medio basso tedesco vlecke


fóðr (n.), foraggio
Prestito dalla lingua dei Franchi: *fôdar "cibo per animali". In genere il prestito è ricondotto al medio alto tedesco vôder "nutrimento", di identica origine (protogermanico *fo:þran), anche se a mio avviso può essere più antico e risalire all'Impero Carolingio. L'inglese fodder "foraggio", foneticamene assai irregolare, deve essere stato importato dal norreno all'epoca del contatto con i Vichinghi, il che conferma la nostra ipotesi.


frova (f.), signora
   variante: frouva (f.)
Prestito dal medio basso tedesco vrouwe "signora", a sua volta dall'antico alto tedesco frouwa. Il singolare aspetto fonetico ci dice che il prestito non può essere troppo antico.


frukta, frykta, caricare, trasportare
Prestito dal medio basso tedesco vracht, vrecht, vrucht "pagamento per un carico; noleggio", discendente dell'antico sassone frâht, frêht. La forma protogermanica è *fra-aiχtiz, composto di *aiχtiz (f.) "proprietà". Anche l'inglese to freight "caricare" è un prestito dal medio basso tedesco vracht


frúa, frú (f.), signora, moglie
Prestito dall'antico sassone frûa "signora". Un prestito connesso con la società feudale del Sacro Romano Impero.


frygð (f.), gioia; desiderio carnale, concupiscenza 
Prestito dal medio basso tedesco vröchde. Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Freude (f.) "gioia". 


fyrmuna, invidiare
Prestito dall'antico sassone farmunan "disprezzare" (alla lettera "pensare avanti", formazione semanticamente assai simile a "pregiudizio").


fœgiligr, piacevole, bello
Prestito dal medio basso tedesco vôchlich "piacevole, bello". Fidandosi troppo della sua memoria, Koebler cita come medio basso tedesco il corrispondente olandese voegelijk


gerð (f.), frusta
Prestito dalla lingua dei Franchi: gerda "frusta" (riportato da Starostin). Anche in medio basso tedesco abbiamo gerde "frusta", ma a mio avviso il prestito è più antico. La forma protogermanica è *gazdiz. La parola norrena non va confusa con i suoi numerosi omofoni: gerð (f.) "preparazione; esecuzione" (< *garwiþo:); gerð (f.) "custodia"; gerð (f.) "cintura"; gerð (f.) "lievito di birra".


gikkr (m.), idiota, scemo
Prestito dal medio basso tedesco geck "idiota, scemo". Dalla stessa parola, sebbene la fonetica non sia lineare, proviene anche l'inglese geek, sinonimo di nerd "secchione".


gígja (f.), violino
Prestito dal medio basso tedesco gîge "violino". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Geige "violino", con regolare dittongazione. La forma alemannica senza dittongo, che suona come quella del medio basso tedesco, spiega l'origine del cognome di H.R. Giger.


gókr (m.), persona superba; sciocco 
Prestito dal medio basso tedesco gôk "cuculo; sciocco", dal protogermanico *gaukaz "cuculo". L'esito norreno nativo della stessa protoforma è gaukr "cuculo", con dittongo regolarmente conservato.

greifi (m.), conte
Prestito dall'antico alto tedesco grâvio (var. grâvo), antenato del tedesco moderno Graaf. Il termine gravio è attestato anche in Paolo Diacono come parola usata dai Bavari. L'origine potrebbe essere da un greco *grapheus, alla lettera "colui che scrive" - anche se i percorsi che hanno portatato al prestito sono tutto fuorché chiari. Si noti l'Umlaut palatale anomalo con metatesi dell'antica semiconsonante, che in norreno ha stranamente dato origine a un dittongo.

gunnfáni (m.), gonfalone, vessillo di battaglia
   variante: gunnfani
Non può essere termine nativo per via della vocale lunga del secondo elemento -fáni. Koebler riporta gunnfani con la vocale breve, ma Zoëga riporta la forma con la vocale lunga, senza possibilità di errore. Basta questo a dimostrare che siamo di fronte a una voce d'importazione. Anche nei prestiti da altre lingue germanica, il norreno mostra grande incertezza sulla quantità vocalica. In questo caso la cosa è abbastanza inesplicabile, visto che esiste il vocabolo nativo fani (m.) "bandiera", oltre a gunnr (f.) "battaglia". Che bisogno ci sarebbe stato di una vocale lunga, se il composto fosse stato genuino? 

gyldinn, dorato, d'oro
Prestito dal medio basso tedesco gülden "dorato, d'oro", dal protogermanico *gulþi:naz (cfr. gotico gulþeins). Deve trattarsi di un prestito: l'esito genuino di *gulþan "oro" in norreno è gull, con regolare assimilazione di -lþ- in -ll-, così l'aggettivo dovrebbe essere *gyllinn, che però non si trova. Abbiamo invece gullinn "dorato, d'oro", senza traccia di Umlaut palatale.


hala, trainare
Prestito dal medio basso tedesco hâlen "trainare, tirare", dal protogermanico *χalo:nan "tirare; ottenere". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha holen "ottenere"


hanzki (m.), guanto
Prestito dal medio basso tedesco hanzke "guanto", ereditato dall'antico sassone hanzko, ovviamente formato a partire da hand "mano", discendente diretto dal protogermanico *χanduz. In norreno abbiamo hǫnd "mano", senza traccia alcuna della -z finale (da un variante protogermanica *χandu).  


harka, origliare
Prestito dal medio basso tedesco harken "origliare". La parola deriva dal protogermanco *xauziko:nan "prestare orecchio, ascoltare con attenzione", frequentativo di *xauzjanan, *xausjanan "udire". Esito identico nell'inglese harken, hearken "origliare" (anglosassone heorcian). 


heimiligr, proprio, familiare
Prestito dal medio alto tedesco heimelek, da hêm, heim "casa".


herbergi (n.), riparo, alloggio, stanza; taverna
    varianti: herbirgi, herbyrgi
Prestito dal medio basso tedesco herberge "alloggio, abitacolo", con l'assegnazione al genere neutro. Se il prestito fosse venuto dall'antico alto tedesco heriberga "alloggiamento, taverna" o dal sassone (id.), forse sarebbe rimasto un femminile debole in -a. In ultima analisi la parola si è irradiata dal gotico *haribairgo (f.) "alloggio per l'esercito", da cui proviene anche l'italiano albergo.   


herra (m.), signore
Prestito dall'antico alto tedesco hērro, tedesco moderno Herr. Un prestito culturale degno della massima attenzione e connesso con l'influenza del Sacro Romano Impero. Come quasi sempre accade alle parole maschili in -a, al singolare non si declina.

hertogi (m.), duca 
Perstito dall'antico sassone heritogo "duca". In antico alto tedesco si ha herizogo, con la II rotazione consonantica. La desinenza -o dei nomi maschili deboli è stata adattata al suo naturale corrispondente norreno, che è -i. La parola deriva dal protogermanico *χarja-tugæ:n "condottiero dell'esercito". L'esito gotico sarebbe senza dubbio *harjatuga, che però non ci è attestato. 

hirsi (n.), miglio (cereale)
Prestito dal medio basso tedesco hirse "miglio". In antico alto tedesco era hirsi, da cui il tedesco moderno Hirse. Evidentemente questa coltura non era nota nel Nord in epoca altomedievale. In genere la parola viene ricondotta a una radice indoeuropea col significato di "nutrire", ma appare evidente che si tratta di un vano tentativo: si tratterà piuttosto di un relitto preindoeuropeo neolitico.


hof (n.), corte reale 
    composti:
    hofgarðr (m.), magione reale
    hoffólk (n.), cortigiani
Prestito dal medio alto tedesco hof "corte". La parola esisteva già in norreno come naturale evoluzione del protogermanico *χufan "casa; tempio", con i significati di "tempio, santuario" (con un tetto) e "cortile", avendo assunto un nuovo significato a causa di complesse interazioni culturali con l'area tedesca.


hofferð (f.), orgoglio, alterigia
Prestito dal medio basso tedesco hôvart, hôchvart "comportamento altero". Il primo membro del composto non è derivato da hof (n.) "corte reale" (vedi sopra), come alcuni autori sostengono, ma ha assunto il suo aspetto a causa di un'etimologia popolare.


hóf (n.), banchetto 
Prestito dal medio basso tedesco hof "corte". Si noti che il vocabolo norreno nativo derivato dalla stessa radice protogermanica, hof (n.), ha i significati di "tempio, santuario" (con un tetto), "cortile", descrivendo un mero spazio fisico, oltre a quello tardo di "corte reale" (dovuto a prestito, vedi sopra).


hóferan (n.), alterigia, superbia
Prestito dal medio basso tedesco hovêren.


hópr (m.), banda, schiera
Prestito dal medio basso tedesco hôp "banda", dal protogermanico *χaupa-. Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Haufen "banda", col dittongo protogermanico conservato e con la II rotazione consonantica.


huðvat (n.), sacco di pelle per dormire
   variante: húðfat
Prestito dal medio basso tedesco hûdevat, formato da hûd "pelle" e vat "vaso, contenitore". In tedesco moderno (alto tedesco) abbiamo invece Haut "pelle" e fass "barile", con la tipica II rotazione consonantica. Si noti che in norreno si ha una forma con vocale breve nella prima sillaba, contro la vocale lunga della forma d'origine. Questo nonostante in norreno esistesse già il termine nativo húð (f.) "pelle" - che per etimologia popolare ha dato origine alla variante con vocale lunga. 


hœverskr, hǿveskr, cortese; carino 
Prestito dal medio basso tedesco hövesch "cortese". Ovviamente è un derivato di hof "corte". La parola è stata importata in norreno da un dialetto in cui il gruppo /sk/ non ha subìto palatalizzazione.


innsteri (n.), viscere, budella
Prestito dal medio basso tedesco inster "viscere, budella". L'esito nativo della stessa radice protogermanica *instran è ístr (m.) "grasso dell'intestino".


íperst (n.), vestito di Ypres
Prestito dal medio basso tedesco Ipers, nome della città fiamminga di Ypres, rinomata all'epoca per la sua sviluppata industria tessile.


jaga, cacciare
Prestito dal medio basso tedesco jagen "cacciare", dal protogermanico *jaγo:nan. La parola norrena non può essere nativa a causa della conservazione della semiconsonante iniziale: le sole semiconsonanti iniziali in parole native derivano da frattura vocalica.

jungfrú (f.), principessa
Prestoto dall'antico sassone sassone iungfrûa "principessa", corrispondente all'antico alto tedesco iuncfrouwa, composto di iunc "giovane" e di frouwa "signora". In tedesco moderno si ha Jungfrau. Si nota che nella voce nativa ungr "giovane", la *j- del protogermanico cade regolarmente.

jungherra (m.), principe
    variante: junkeri 
Prestito dall'antico alto tedesco iunchêrro "principe", composto di iunc "giovane" e di hêrro "signore". In tedesco moderno si ha Junker "proprietario terriero". A dispetto della presenza del prestito herra (vedi sotto), jung- ha conservato la j- iniziale e non è stato riformato sul nativo ungr "giovane", segno che all'inizio il significato del composto tedesco non era ben avvertito dai parlanti norreni, cosa che ha quindi reso necessario importare anche l'aggettivo jungr "giovane". 

jungr, giovane
Prestito dall'antico sassone iung "giovane" o dall'antico alto tedesco iunc. La forma norrena genuina, ungr "giovane", ha perso l'antica j- iniziale.


jurt (n.), erba (aromatica, medicinale) 
Prestito dal medio basso tedesco wurt "erba (aromatica, medicinale)". In tedesco moderno (alto tedesco) si ha Wurz "erba; radice; spezia", con la II rotazione consonantica. Notevole l'adattamento di w- iniziale in j-: ci saremmo aspettati *urt.


kabill (m.), cavo 
Prestito dal medio basso tedesco kâbel "cavo", a sua volta dall'antico francese cables, câbles, obl. cable, câble, derivato dal latino tardo capulum "maniglia" (dalla radice di capere "prendere, afferrare").


kamarr (m.), camera; gabinetto
Prestito dalla lingua dei Franchi, *kamar "camera", a sua volta dal latino camera. Da questa radice era formata la parola *kamarling "addetto alla camera (del tesoro del re)", da cui derivano camarlengo e ciambellano (quest'ultimo tramite l'antico francese chamberlens, obl. chamberlenc). Anche l'antico alto tedesco aveva chamarling "tesoriere", da cui il cognome tedesco Kämmerling (varianti Kammerling e Kemmerling).


katlari (m.), fabbricante di pentole
Prestito dal medio basso tedesco ketelere "fabbricante di pentole",
con adattamento fonetico alla parola nativa ketill "pentola" (dat. katli; pl. katlar), naturalmente derivata dal protogermanico *katilaz (cfr. gotico katils) e di origine latina. Ritengo assai probabile che i Goti avrebbero chiamato *katilareis un fabbricante di pentole, se fosse esistito un artigiano che produceva unicamente pentole. Questo è il punto: i fabbricanti di pentole, così specializzati in questa attività, erano un'innovazione abbastanza tarda.

kerti (m.), candela
Prestito dal medio basso tedesco kerte "candela". L'antico alto tedesco ha kerza, charza, da cui è derivato il tedesco moderno Kerze, con la II rotazione consonantica. Koebler è dell'idea che la parola derivi dal latino charta "carta", per quanto Scardigli-Gervasi e molti altri siano di contrario avviso, riconducendola in qualche modo a ce:ra "cera" con l'aggiunta di un suffisso: con ogni probabilità la protoforma è ce:ra:ta "coperta di cera".


kilja (f.), coprispalle
Prestito dal medio basso tedesco kele "gola". Il tedesco moderno ha Kehle "gola", dall'antico alto tedesco chëla. La forma protogermanica era *kilo:n, derivata dalla stessa radice che ha dato in latino gula


klénn, bello
Prestito dal medio basso tedesco klên "piccolo". Il corrispondente in tedesco moderno (alto tedesco) è klein "piccolo". Lo slittamento semantico è stato questo: "piccolo" > "carino" > "bello".


klingja, risuonare
Prestito dal medio basso tedesco klingen. Anche il tedesco moderno (alto tedesco) ha klingen "suonare". Si dice che l'origine sia onomatopeica, il che non toglie la possibilità di ricostruire il protogermanico *klinganan.


kloflaukr (m.), aglio
Prestito dal medio basso tedesco knoblôk "aglio". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Knoblauch "aglio". Il norreno ha restaurato il dittongo per analogia con la parola nativa laukr "porro", dal protogermanico *laukaz


klókr, intelligente 
Prestito dal medio basso tedesco klôk. Il tedesco moderno (alto tedesco) ha klug "intelligente".


klót (n.), pomolo della spada
Prestito dal medio basso tedesco klôt. Un termine tecnico connesso con la vita cavalleresca.


knapi (m.), servo, valletto 
Prestito dal medio basso tedesco knape. Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Knabe "ragazzo".


konstabl, konstafl (m.), conestabile
Prestito dal medio basso tedesco konstabel, kunstavel, a sua volta dal latino tardo come:s tabuli: "conte della stalla". ossia "ufficiale sov
rintendente alle stalle imperiali".

konstr (m.), consiglio intelligente; invenzione
   variante: kynstr
Prestito dal medio basso tedesco kunst "capacità; conoscenza, saggezza". Il corrispondente in tedesco moderno (alto tedesco) è il ben noto Kunst "arte". 


kragi (m.), collare dell'armatura
Prestito dal medio basso tedesco krage "collo; gola; colletto; collare".


kram (n.), mercanzia 
Prestito dal medio basso tedesco krâm "commercio al dettaglio; mercato al dettaglio".


krankr, malato
Prestito dal medio basso tedesco krank "malato". Anche il tedesco moderno (alto tedesco) ha krank "malato", Krankheit "malattia".


kranz (n.), ghirlanda 
Prestito dal medio basso tedesco kranz, a sua volta preso dal medio alto tedesco. Anche il tedesco moderno (alto tedesco) ha Kranz "ghirlanda", che nell'Impero Austroungarico indicava un ghiotto dolce tuttora prodotto e così chiamato nella pasticceria milanese. 

krenkja, indebolire, far ammalare
Prestito dal medio basso tedesco krenken "indebolire; danneggiare; insultare", verbo causativo di krank "malato". 


krukka (f.), brocca
Prestito dal medio basso tedesco krûke (f.) "brocca". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Krug (m.) "brocca". La forma protogermanica ricostruibile è *kro:γaz / *kro:γo:, l'origine ultima è sconosciuta.

krummr, storto
Prestito dal medio basso tedesco krumm "storto". Anche il tedesco moderno (alto tedesco) ha krumm.  


krydd (n.), spezia
Prestito dal medio basso tedesco krûde, krût "erba (aromatica)". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Kraut "erba", con regolare dittongazione.


krǫptr (m.), cripta
Prestito dal medio basso tedesco croft, cruft "cripta", a sua volta dal latino crypta. Notevole il vocalismo, oltre alla morfologia: simula un protogermanico *kraftuz.


kufl (n.), tonaca, saio  
Prestito dal medio basso tedesco kovel "saio", a sua volta dal latino medievale cuffela. La parola è già attestata nella Saga di Olaf Tryggvason (metà del XIII secolo).


kuggi (m.), nave mercantile
    variante: kuggr 

Prestito dal medio basso tedesco kogge "tipo di nave". Un termine tecnico e marinaresco. 

kuklari (m.), giocoliere
Prestito dal medio basso tedesco kôkeler "giocoliere", a sua volta dal latino caucula:rius "prestigiatore".


kunta (f.), vagina, figa
Prestito dal medio basso tedesco kunte "vagina, figa", estremamente simile all'inglese moderno cunt "figa". La parola, avendo /nt/, non può essere genuinamente norrena.


kvantr (m.), vergogna, danno, sofferenza
Prestito dal medio basso tedesco quant "nullità". 


kvarði (m.), quarto di animale macellato
Pestito dal medio basso tedesco quarte, a sua volta dal latino qua:rtum "quarto, quarta parte".


kyndugr, intelligente
Prestito dal medio basso tedesco kündich. Il tedesco moderno (alto tedesco) ha kündig


-lak (n.), lenzuolo
   solo in due composti:
   baðlak (n.), asciugamano 
   línlak
(n.), lenzuolo di lino
Il secondo componente di questi composti è un prestito dall'antico sassone lakan "lenzuolo, stoffa", dalla stessa radice dell'antico alto tedesco lahhan. Il tedesco moderno (alto tedesco) ha preso Laken "lenzuolo, stoffa" dal medio basso tedesco laken, diretto discendente della forma sassone. Si noterà infine che la consueta traduzione di baðlak potrebbe essere fallace: più che un asciugamano la parola potrebbe aver indicato un simile panno usato per pulirsi il deretano. 


lest (f.), carico 
Prestito dalla lingua dei Franchi: *lest "carico", dal protogermanico *χlastiz (tema in -i-). Il medio basso tedesco ha last "carico", senza Umlaut palatale perché proviene dal protogermanico *χlastuz (tema in -u-). Dalla lingua dei Franchi, il termine è passato nel francese lest "zavorra". 

lén (n.), feudo
Prestito dal medio basso tedesco lên "feudo". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Lehen "feudo" (cambia soltanto l'ortografia). La forma protogermanica è *laiχ(w)nan "denaro prestato".


líða, sopportare, soffrire
Prestito dal medio basso tedesco lîden "soffrire". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha leiden "soffrire", con regolare dittongazione.  Si noti la fricativa della parola norrena, segno che il prestito non è troppo recente. 


lífspund, línspund, líspund (n.), libbra di Livonia (un'unità di peso
    molto comune in ambito anseatico) 
Prestito dal medio basso tedesco liespund "talentum livonicum".


lík (n.), orlo della vela
Prestito dal medio basso tedesco lîk "orlo della vela". Da non confondere con l'omofono lík (n.) "corpo, cadavere".


lísing (f.), sollievo
Prestito dal medio basso tedesco lîse "mite, gentile". In tedesco moderno (alto tedesco) si ha leise "quieto, tranquillo", con regolare dittongazione.


lísta, lista (f.), bordo, orlo
Prestito dall'antico sassone lîsta "bordo, orlo". La parola è passata anche in latino medievale: aureae listae "bordi d'oro". In tedesco moderno (alto tedesco) si ha Leiste "bordo, orlo", con regolare dittongazione.


lukka (f.), fortuna
   variante: lykka
Prestito dal medio basso tedesco (ge)lucke "fortuna". In tedesco moderno (alto tedesco) è Glück "fortuna; felicità".


lukt (f.), odore
Prestito dal medio basso tedesco lucht "aria; luce diurna".


lumpr (m.), blocco, ammasso 
Prestito dal medio basso tedesco lump "blocco, ammasso". 


lyst (f.), gioia; piacere sessuale
Prestito dal medio basso tedesco lust "lussuria, piacere sessuale". La parola norrena non può essere una naturale evoluzione del protogermanico *lustuz (cfr. gotico lustus "lussuria"; inglese lust id.).


mak (n.), impresa, negozio; stanza
Prestito dal medio basso tedesco (ge)mak "impresa, negozio; stanza". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Gemach (n.) "stanza", con II rotazione consonantica.


maka, fare
Prestito dal medio basso tedesco maken "fare", naturale esito del protogermanico *mako:nan, di origine ultima sconosciuta e non indoeuropea. Il tedesco moderno (alto tedesco) ha machen, con II rotazione consonantica.


makendi (m.), tranquillità, pace
Prestito dal medio basso tedesco to makende "a fare, per fare". Probabilmente la parola norrena deriva da un fraintendimento di frasi in basso tedesco in cui compariva la locuzione to makende in riferimento a una riparazione.


makt (f.), potenza
   variante: mekt (f.)
   derivati: 

   mekta, rendere potente
   mektugr, potente
Prestiti dal medio basso tedesco macht "potenza", mechte "potenza", mechtich "potente", mechten "rendere potente". Anche il tedesco moderno (alto tedesco) ha Macht. In norreno l'esito genuino del protogermanico *maχtuz, *maχtiz è mǫ́ttr, máttr "potenza" (cfr. gotico mahts).

margreifi (m.), margravio
Prestito dall'antico alto tedesco marcgrâvo. Altro termine feudale ereditato dal Sacro Romano Impero. Si noti che l'iniziale mar- non è stata riformata sul nativo mǫrk "confine", segno che non era più avvertita come dotata di significato. 

mála, dipingere
Prestito dal medio basso tedesco mâlen "dipingere". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha mahlen "dipingere": cambia soltanto l'ortografia.


meina, pensare, intendere
Prestito dal medio basso tedesco meinen, mênen "pensare, intendere". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha meinen "pensare, intendere", con dittongo protogermanico regolarmente conservato. Dalla stessa radice deriva anche il ben noto inglese to mean "significare".


meistari (m.), maestro
Prestito dall'antico alto tedesco meistar "maestro", a sua volta dal latino magister. A mio avviso si tratta di un termine ereditato dal Sacro Romano Impero.


mengja, mescolare
   derivati:
   mengdr, mengjaðr, menginn, misto, mescolato
Prestito dal medio basso tedesco mengen "mescolare". La parola si trova anche nel tedesco moderno (alto tedesco).


merski (n.), terra palustre
Prestito dal medio basso tedesco merskelant "terra paludosa". La parola norrena deve essere stata estratta per retroformazione dal composto merskiland, che risulta attestato. Il tedesco moderno (alto tedesco) ha invece Marschland "terra paludosa". 


messing (f.), ottone 
Prestito dal medio basso tedesco messink "ottone". La parola è in ultima analisi di origine sconosciuta e di certo non è indoeuropea.


muza (f.), cotta di maglia
mussa (f.), tipo di giacca larga
Prestito dal medio basso tedesco mutze "cappuccio largo; mantello con cappuccio", a sua volta dall'antico alto tedesco muzza, derivato dal latino tardo almutium "mantello con cappuccio" (in ultima analisi di origine araba). In tedesco moderno si trova Mütze "cappello, berretto", con slittamento semantico. Va detto che in antico alto tedesco abbiamo anche le forme almuz, armuz "mantello con cappuccio", più vicine all'originale. 


mútera, cambiare, mutare
Prestito dall'antico basso tedesco mûteren "cambiare, mutare". Il corrispondente in alto tedesco moderno sarebbe *mautern: è stato invece preso dal latino il dottismo mutieren.


mǫgulegr, possibile
Prestito dal medio basso tedesco mogelik "possibile". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha möglich "possibile".


náð (f.), grazia; pace, tranquillità
Prestito dalla lingua dei Franchi: natha (riportato da Starostin, in ortografia normalizzata è nâtha). Il medio basso tedesco ha gnâde. Anche il tedesco moderno (alto tedesco) ha Gnade (f.) "grazia".


náttúrligr, naturale
Prestito dal medio basso tedesco natûrlik "naturale". La fonetica della parola norrena è stata influenzata da náttúra "natura", dal latino ecclesiastico.


netti (n.), orina 
Prestito dal medio basso tedesco nette "orina". L'equivalente norreno genuino è l'idronimo Nǫt , in origine "(Fiume di) Orina", sostantivazione dell'aggettivo protogermanico *nataz "umido".


okr (n.), usura
Prestito dal medio basso tedesco wôker "usura", di origine antica e non indoeuropea (termine di sostrato presente già nel gotico wulfiliano wokrs "usura"). Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Wucher. Si noti che il norreno ha adattato la forma del medio basso tedesco con una vocale breve, decisamente anomala.


opinberr, evidente, palese
opinberrligr, evidente, palese, pubblico
Prestito dal medio basso tedesco openbar "evidente". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha offenbar "evidente", con II rotazione consonantica.


orleyfi, orlof (n.), permesso, licenza
orlofa, consentire
Prestiti dal medio basso tedesco orlôf "permesso", orlôven "permettere", connessi con la vita cavalleresca. Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Urlaub "permesso", Erlaubnis "permesso", erlauben "consentire", con dittongo conservato.


pakki (m.), fascio di vestiti; pacco
Prestito dal medio basso tedesco packe "pacco".


panzari (m.), cotta di maglia
Prestito dall'antico alto tedesco panzari, tedesco moderno Panzer "corazza", passato anche in medio basso tedesco come pantzer, panser. Ha la stessa etimologia dell'italiano panciera, pancera (ant. panziera), in ultima analisi una derivazione dell'italiano pancia, panza, < lat. pantice(m). In latino medievale è attestato pancerea. In tedesco la parola ha subìto un singolare slittamento semantico, fino a indicare il carro armato che popola tuttora gli incubi dei germanofobi.  

pantr (m.), pegno, deposito 
Prestito dal medio basso tedesco pant "pegno, deposito". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Pfand (n.) "pegno, deposito", con la II rotazione consonantica. Un'interessante proposta è derivare questa parola dal latino pondus "peso", proprio come *pundan "libbra", ma preso a prestito in un diverso contesto con un diverso adattamento.


páfi (m.), Papa
    composti:
    páfadómr (m.), Santa Sede
    páfadœmi (n.), Santa Sede
Prestito dal medio basso tedesco pâves "Papa". In ogni caso l'assenza della sibilante finale non si spiega facilmente. Sono convinto che si tratti in ultima analisi di un longobardismo.   

pilz (n.), pelliccia
pilzungr (m.), veste corta di pelliccia
Prestito dal medio basso tedesco pils "pelliccia". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Pelz "pelliccia". Il suffisso maschile -ungr è a parer mio abbastanza enigmatico. Attenzione ai falsi parenti: in tedesco moderno Pilz è il fungo e non ha nulla a che vedere col prestito in questione (deriva invece dal latino bole:tus). 

pinni (m.), piolo; chiodo
Prestito dal medio basso tedesco pinne "piccolo oggetto oblungo", probabilmente dal latino pinna.


plaga, coltivare; trattare, intrattenere; avere l'abitudine
plega, farsi garante; aver cura di qualcuno 
Prestito dal medio basso tedesco plegen "eseguire, compiere; fare qualcosa abitualmente", derivato dal protogermanico *pleγanan, *pleγo:nan "muoversi rapidamente; esercitarsi; occuparsi di qualcosa". Dalla stessa radice provengono anche il tedesco moderno (alto tedesco) pflegen "aver cura di qualcuno; fare abitualmente" e l'inglese to play "giocare". Il verbo norreno plaga "coltivare, etc." non va confuso con il quasi omofono plága "punire", che ha però la vocale tonica lunga. A rendere le cose ancor più complesse, sta il fatto che attualmente in islandese esiste un verbo plaga con vocale breve e col significato di "infastidire", che evidentemente ha la stessa origine del norreno plága "punire", dal latino pla:ga "ferita".


plagg (n.), bagagli, indumenti 
Prestito dal medio basso tedesco plagge "cenci". In ultima istanza deriva dalla stessa fonte deriva anche l'inglese patch "pezza", più anticamente platch, con bizzarro dileguo della liquida.


portinhérr (m.), portinaio
Prestito dal medio basso tedesco portenêre "portinaio", sottoposto a falsa etimologia.


pottr (m.), pentola
Prestito dal medio basso tedesco pot "pentola". Lo stesso vocabolo si ritrova in una vasta area ed è tuttora ben vivo in inglese.


prámr (m.), nave piatta
Prestito dal medio basso tedesco prâm "traghetto". Mi pare che l'origine ultima sia sconosciuta.


raufari (m.), ladrone
    variante: reyfari
Prestito dall'antico alto tedesco roubari "ladrone". Il medio basso tedesco rôver è mio avviso meno adatto a spiegare la fonetica del termine norreno, anche se sembra evidente che si siano avuti rifacimenti analogici a partire dai verbi raufa "rapinare, depredare" (naturale esito del protogermanico *rauβo:nan) e reyfa "rapinare, depredare" (naturale esito del protogermanico *rauβjanan).


reiðr (f.), rada, ancoraggio
Prestito dal medio basso tedesco rêde, reide "rada, ancoraggio". Un tipico termine marinaresco.


reikna, contare, calcolare 
Prestito dal medio basso tedesco rêkenen "contare, calcolare". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha rechnen "contare, calcolare", con la II rotazione consonantica. Dalla stessa radice protogermanica *rekano:nan deriva anche l'inglese to reckon "calcolare".


reim (f.), cinghia
reima (f.), cinghia
Prestito dal medio basso tedesco rême (f.) "cinghia". Non può essere un termine nativo in norreno, visto che la forma protogermanica è *riumo:(n). Infatti in tedesco moderno (alti tedesco) abbiamo Riemen "cinghia", con /-i:-/ che è il naturale sviluppo dell'antico /-*iu-/.


reipari (m.), fabbricante di corde 
Prestito dal medio basso tedesco rêper "fabbricante di corde". Un tipico termine marinaresco.


reisa (f.), viaggio
Prestito dal medio basso tedesco reise, a sua volta prestito dall'alto tedesco. Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Reise "viaggio". La parola norrena in questione non deve essere confusa con l'omonimo nativo reisa "elevare, innalzare". 


riddari (m.), cavaliere
    derivati: 

    riddarasaga (f.), saga dei cavalieri
    variante: riðari
Prestito dal medio basso tedesco riddere "cavaliere". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Ritter "cavaliere" (membro della bassa nobiltà) e Reiter "cavaliere" (uomo che cavalca un cavallo), con II rotazione consonantica.


rokkr (m.), giustacuore
Prestito dal medio basso tedesco rock "giustacuore".


rýtingr (m.), pugnale
   variante: rýtningr
Prestito dal medio basso tedesco rûtink "pugnale".


rœfa, rapinare, depredare 
Prestito dal medio basso tedesco röven "rapinare, depredare". Si confronti questa parola norrena con i vocaboli ereditati raufa e reyfa "depredare" (vedi sopra i commenti alla voce raufari "ladrone").


safal (n.), pelliccia di zibellino
safali (n.), pelliccia di zibellino
Prestito dal medio basso tedesco sabel "pelliccia di zibellino", di origine slava (cfr. russo соболь "zibellino").  


sálugr, sælugr, povero, misero
Prestito dal medio basso tedesco sâlich, sêlich "povero, misero". In sintesi, questa parola ha origine indoeuropea come Hitler era biondo o come Goebbels era alto e prestante. 


silfar (n.), veste di lana
Prestito dal medio basso tedesco silfvar, sulfvar, sulfar, che indica un tipo di lana non tinta, che ha il suo colore naturale.   


skenkja, servire da bere
Prestito dal medio basso tedesco schenken "servire da bere". Il prestito è avvenuto da un dialetto con /sk/ conservato, come ad esempio quello della Westfalia.


skerfr (m.), moneta
    variante: skarfr 
Prestito dal medio basso tedesco scherf "moneta" (si trova anche la variante scharf).
Il prestito è avvenuto da un dialetto con /sk/ conservato, come ad esempio quello della Westfalia. 

skjaldari (m.), fabbricante dei scudi.
Prestito dal medio basso tedesco schildere "fabbricante di scudi", con adattamento fonetico alla parola nativa skjoldr "scudo" (gen. skjaldar), naturalmente derivata dal protogermanico *skilduz (cfr. gotico skildus). Ritengo assai probabile che i Goti avrebbero chiamato *skildareis un fabbricante di scudi, se fosse esistito un artigiano che produceva unicamente scudi. Questo è il punto: i fabbricanti di scudi, così specializzati in questa attività, erano un'innovazione abbastanza tarda.


skorbíldr (m.), ascia per marcare gli alberi da abbattere
Prestito dal medio basso tedesco scharbile "ascia bipenne" (per marcare gli alberi da abbattere). La parola è entrata in norreno da un dialetto in cui il gruppo /sk/ non si è palatalizzato.


skorsteinn (m.), camino
Prestito dal medio basso tedesco schorenstein "camino".
La parola è entrata in norreno da un dialetto in cui il gruppo /sk/ non si è palatalizzato. Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Schornstein "camino".

skraddari (m.), sarto
Prestito dal medio basso tedesco schrâder "sarto".
La parola è entrata in norreno da un dialetto in cui il gruppo /sk/ non si è palatalizzato. 

skrá (f.), foglio di ferro
Prestito dal medio basso tedesco schrâde, schrât "foglio di ferro". La parola è entrata in norreno da un dialetto in cui il gruppo /sk/ non si è palatalizzato.


skuttingr (m.), scudo  
Prestito dal medio basso tedesco schuttinge "garanzia di protezione". La parola è entrata in norreno da un dialetto in cui il gruppo /sk/ non si è palatalizzato.

skytta (m.), arciere, tiratore
skytari (m.), arciere, tiratore
Prestiti dal medio basso tedesco schütte "arciere, tiratore", schutter "arciere, tiratore".
La parola è entrata in norreno da un dialetto in cui il gruppo /sk/ non si è palatalizzato.

slangi (m.), serpente 
Prestito dal medio basso tedesco slange "serpente". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Schlange "serpente". Il termine norreno nativo per indicare il serpente è ormr


slekt (f.), famiglia
Prestito dal medio basso tedesco slechte "famiglia; stirpe, popolo". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Schlacht "stirpe" e Geschlecht "sesso" (genere).


slentr (n.), ozio, pigrizia 
Prestito dal medio basso tedesco slentern "oziare". Come al solito, è sufficiente notare la presenza del gruppo consonantico /nt/ per avere il forte sospetto che si tratti di un prestito.


slípari (m.), arrotino, affilatorePrestito dal medio basso tedesco slîper "arrotino, affilatore". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Schleifer "arrotino, affilatore", con la II rotazione consonantica e la regolare dittongazione.

smelt (n.), smalto 
Prestito dal medio basso tedesco smelt "smalto". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Schmelz "smalto", con la II rotazione consonantica.


sniddari (m.), sarto 
Prestito dal medio basso tedesco snider "sarto". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Schneider "sarto", con la II rotazione consonantica e l'antica vocale lunga dittongata.


speja, spæja, spiare
Prestito dal medio basso tedesco spêjen "spiare", derivato dal protogermanico *spaχo:nan. Il tedesco moderno (alto tedesco) ha spähen "spiare". Il genuino esito della radice protogermanica in norreno è spá (f.) "profezia"


spezskór (m.), un tipo di scarpa
La prima parte del composto è un prestito dal medio alto tedesco spez "giavellotto; lancia del cavaliere", come prova la II rotazione consonantica. La seconda parte del composto è chiaramente il vocabolo nativo skór "scarpa".


spinka, agitarsi
Prestito dal medio basso tedesco spenkeren "agitarsi". La presenza del gruppo consonantico /nk/ non assimilato a /kk/ e non derivato da sincope è la prova infallibile di un'origine straniera.


sprang (n.), bordo a trama aperta
Prestito dal medio basso tedesco sprank "bordo a trama aperta".


steinmez (n.), un tipo di coltello (per tagliare la pietra)
Prestito dall'antico alto tedesco steinmezzo "muratore". Il primo menbro del composto è chiarametne stein "pietra", mentre il secondo è una parola di oscura etimologia che indica il muratore: esisteva nella lingua dei Franchi come *mazzo e ha dato origine al francese antico masons, obl. mason "muratore", donde deriva il nome massone. Non è da *makjo:n-, come è stato spesso postulato per trovare un'origine nel verbo *mako:nan "fare": la fonetica non torna. In norreno dal nome dell'artefice è stato ricavato quello dello strumento. 


stolz, superbo
Prestito dall'antico alto tedesco stolz "orgoglioso". L'aggettivo, privo di una vera origine indoeuropea, è correlato alle voci latine stultus "stupido" e stolidus "insensato, sciocco".


strax, subito, immediatamente 
Prestito dal medio basso tedesco straks, strakes, strackes "subito, immediatamente". In tedesco moderno è stracks "immediatamente, direttamente".
La parola, un evidente articolo d'importazione, è tuttora ben viva in islandese. 

stumpr (m.), ceppo; pezzo di pane
Prestito dal medio basso tedesco stump "ceppo". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Stumpf "ceppo", con la II rotazione consonantica. 


tabert (n.), tabarro
Prestito dal medio basso tedesco tabbert  "tabarro". Ecco chiarita l'etimologia del cognome di Horst Tappert.


templari (m.), cavaliere templare
Prestito dal medio basso tedesco templer "cavaliere templare". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Templer o Templherr, la seconda forma essendo stata plasmata da etimologia popolare. 


tulkr (m.), interprete
Prestito dal medio basso tedesco tolk "interprete". Esiste una problematica isoglossa baltica, lituano tùlkas "interprete", che ha tutta l'aria di essere un prestito - in una direzione o in un'altra - data l'assenza della I rotazione consonantica. L'origine ultima permane sconosciuta, cono ogni probabilità è il relitto di una lingua di sostrato.


tundr (n.), esca
Prestito dal medio basso tedesco tunder "esca". In tedesco moderno (alto tedesco) è Zunder "esca", con la II rotazione consonantica. 


turn (n.), torre
Prestito dall'antico alto tedesco turn "torre". Il tedesco moderno ha Turm. L'elemento nasale deve essere derivato da una forma accusativa latina turrim o turrem (Virgilio amava la prima), cristallizzata nella lingua ecclesiastica.

tygi, týgi (n.), utensile, strumento
Prestito dal medio basso tedesco tûch "utensile; veste". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Zeug "materiale; utensile; cosa; veste", con la II rotazione consonantica.


tykt (n.), punizione, castigo
tykta, typta, punire, castigare
Prestito dal medio basso tedesco tüchten "punire, castigare". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha züchten "punire, castigare", con la II rotazione consonantica.

tæra, spendere, consumare
Prestito dal medio basso tedesco teren "consumare". Il tedesco moderno ha zehren "sopravvivere, nutrirsi", con la II rotazione consonantica. Lo slittamento semantico è del tutto logico: il denaro è sangue e il sangue è vita, come ci ricorda Nosferatu.

þerna (f.), fantesca
Prestito dall'antico sassone þiorna "fantesca". A mio avviso il prestito non può essere avvenuto in epoca troppo tarda, come gli accademici invece sostengono, visto che in medio basso tedesco non si ha più la fricativa interdentale sorda, evoluta in occlusiva sonora, tanto che abbiamo dêrne "fantesca".


þéna, servire
þénari (m.), servitore
þénasta (f.), servizio
Prestito dall'antico sassone þionôn "servire".
A mio avviso il prestito non può essere avvenuto in epoca troppo tarda, visto che in medio basso tedesco non si ha più la fricativa interdentale sorda, evoluta in occlusiva sonora. Deriva dal protogermanico *þiwano:nan "servire" (cfr. gotico þius "servo", þiwi "serva"). Le forme norrene genuine derivate da questa protoforma sono þjóna "servire", þjónn "servo", con regolare sviluppo dell'antico dittongo.

þýzkr, tedesco
Prestito dall'antico sassone þiođisk. La parola norrena potrebbe benissimo derivare in modo genuino e diretto dal protogermanico *þiuðiskaz "popolare". Come dicono i toscani, "però c'è un però". In norreno questo non è il nome endoetnico. Soprattutto, non deriva da questa radice alcun nome che gli Scandinavi davano alla propria lingua. Ciò è a mio avviso sufficiente a far ritenere la parola un prestito.


vakta, stare attento
Prestito dal medio basso tedesco wachten "stare attento". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha wachten "guardare". Il norreno ha genuini discendenti dalla stessa radice protogermanica, ma senza estensione in -t-: vaka (f.) "veglia" e vaka "vegliare".


vankr, debole, malaticcio 
Prestito dal medio basso tedesco wank "debole, malaticcio". Il gruppo consonantico /nk/ dimostra che si tratta di un prestito.


vaska, lavare
Prestito dal medio basso tedesco waschen "lavare". Il prestito deve essere avvenuto da un dialetto in cui il gruppo consonantico /sk/ era conservato. Il verbo norreno genuino per "lavare" è þvá, dal protogermanico *þwaχanan


vága, osare
Prestito dal medio basso tedesco wâgen "osare". Anche il tedesco moderno (alto tedesco) ha wagen "osare, azzardarsi; rischiare". Il significato originario doveva essere quello di "ponderare": in antico alto tedesco si ha wâga "bilancia".


(n.), dolore, miseria
Prestito dal medio basso tedesco "dolore", derivato dal protogermanico *waiwæ:n "male, dolore", a sua volta dall'interiezione *wai "guai", che troviamo anche in latino come vae.


vekt (n.), peso
Prestito dal medio basso tedesco wicht, wechte "peso". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Gewicht "peso".


veski (n.), borsa 
Prestito dal medio basso tedesco vesker "borsa da viaggo" (varianti: witsche, wasach, wâtsak), a sua volta da una lingua slava (cfr. ceco vacek "sacchetto"). 


æfinligr, eterno, sempiterno 
æverðligr, eterno, sempiterno
æfinliga, eternamente
æverðliga, eternamente
Prestito dal medio basso tedesco êwenlik "eterno". Un prestito di natura religiosa. Il gruppo consonantico /-nl-/ si è dissimilato in /-rl-/, quindi è stata inserita una fricativa interdentale dando origine a /-rðl-/, forse per associazione paretimologica a verða "divenire". 


æra (f.), onore
æra, onorare 

ærligr, onorevole
Prestito dal medio basso tedesco êre "onore", êren "onorare", êrlik "onorevole". Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Ehre "onore", ehren "onorare", ehrlich "onorevole". In protogermanico si ha *aizo: "onore; timore, riverenza", con consonante sibilante sonora. La radice è la stessa che troviamo nel latino aestuma:re, aestima:re "apprezzare, valutare". Il discendente genuino della forma protogermanica in norreno è eir (f.) "grazia; clemenza", che conserva regolarmente il dittongo. 


ørsaka, giustificare
Prestito dal medio basso tedesco orsaken "disputare", derivato di orsake "causa, ragione". Stessa radice del tedesco moderno Sache "affare; cosa" e dell'inglese sake "causa, ragione", dal protogermanico *sako: "affare; cosa; causa; accusa". Si tratta di un relitto del sostrato neolitico, che a dispetto degli sforzi degli indoeuropeisti ci appare isolato.


ǫldurmaðr (m.), capo, direttore
Prestito dal medio basso tedesco ôlderman "capo, direttore" (varianti alderman, elderman). Alla lettera si tratta di un senior, un uomo più anziano e quindi dotato di autorità.

Conclusioni: 

I prestiti più antichi sono in genere pertinenti a innovazioni feudali e tecnologiche. A quanto sono assai scarsi i prestiti connessi con la cristianizzazione. I prestiti dal medio alto tedesco sono pure "laici", se così possiamo dire, e relativi all'arte della navigazione, alla tecnologia e al commercio.
 
Commento in questa sede tre nomi propri di origine tedesca: 

Otto (m.), Ottone
Deriva dall'antico alto tedesco Otto, ipocoristico derivato dall'aggettivo ôt "ricchezza", esito regolare del protogermanico *auðaz "ricchezza". Altri ipocoristici che hanno la stessa origine sono Odo e Udo. Audo è piuttosto un longobardismo, che conserva l'antico dittongo. In norreno abbiamo attestato  Otto keisari hinn mikli "l'Imperatore Ottone il Grande" è il titolo di Ottone I, che convertì al Cristianesimo il re Aroldo Dente Azzurro dopo averlo sconfitto in battaglia. Sull'accaduto esistono numerosi racconti tra loro contraddittori la cui discussione esula dagli scopi del presente contributo. Il norreno presenta genuini discendenti della stessa radice: auðigr "ricco" (da non confondere con l'omofono auðigr "deserto"), auðga "arricchire", auðr (m.) "ricchezza", auðræði (n.) "ricchezza". Abbiamo l'antroponimo femminile Auðr  "Ricchezza" (l'ipocoristico è Unnr). L'equivalente genuino di Otto sarebbe *Auði "Il Ricco".


Þangbrandr (m.), Thangbrand
Deriva dall'antico sassone (basso tedesco) Þankbrand. Si noti il peculiare adattamento fonetico in norreno. Cercando di spiegare l'antroponimo con le sole risorse del norreno si giungerebbe a un'assurdità, dato che in quella lingua þang significa "alga". Evidentemente il prestito è giunto in un'epoca in cui "grazie" in norreno già si diceva þakk, con assimilazione dell'antico -nk- in -kk-, cosa che ha reso impossibile il riconoscimento del composto. Possiamo anche dire che il prestito non deve essere avvenuto in Danimarca, perché in quell'area -nk- si è conservato. Il nome ci è noto perché fu portato da un fanatico missionario che diede molti problemi in Islanda. 

Þiðrekr (m.), Teodorico
In medio basso tedesco l'antroponimo in questione è Didrik, Dedrik. Deve essere passato in norreno in un'epoca in cui suonava ancora *Thidrik, con la fricativa sorda integra, ma con il dittongo già ridotto a vocale breve. Il tedesco moderno (alto tedesco) ha Dietrich, con II rotazione consonantica. La forma norrena genuina è Þjóðrekr, con la variante Þjórekr, regolarmente derivata da *Þiuðari:kaz "Principe del Popolo", "Re del Popolo" (gotico Þiudareiks, latinizzato in Theoderi:cus). Quando comparve Þiðrekr, evidentemente i parlanti non erano in grado di capire che il nome proprio aveva la stessa etimologia di Þjó(ð)rekr, giunto nel Nord in seguito alla fama e della leggenda di Teodorico il Grande, glorioso sovrano degli Ostrogoti.