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martedì 26 febbraio 2019

PERCHÉ LA LINGUA ENOCHIANA È NOSTRATICA?

Se approfondiamo le nostre indagini sul lessico della lingua enochiana, ci imbattiamo in qualcosa di decisamente sorprendente. Siamo infatti riusciti ad individuare un certo numero di radici che appartengono al nostratico, la protolingua preistorica alla cui ricostruzione hanno lavorato intensamente diversi studiosi, tra i quali Allan R.  Bomhard. In realtà sono convinto che la linguistica nostratica, per come è definita, abbia non poche criticità, da me analizzate in un precedente articolo intitolato PERCHÉ IL NOSTRATICO NON FUNZIONA? Resta di certo molto spazio per il miglioramento nella ricostruzione di una protolingua tanto remota, tuttavia proprio quanto ho scoperto potrebbe dare un contributo a ulteriori studi. I lavori di Bomhard sul nostratico e su molti altri argomenti sono disponibili nella sua pagina sul sito Academia.edu:


Riporto a questo punto una lista di vocaboli enochiani che sono riuscito a confrontare con radici nostratiche tratte dall'opera di Bomhard. Sono convinto che riuscirò ad ampliarla notevolmente col tempo e con l'impegno. 

AMMA "maledire, maledetto"
  Traduzione inglese: curse, cursed
Radice proto-nostratica: *waŋ- (~ *wəŋ-)
  Significato: ‘colpire, pugnalare, ferire, tagliare’
  Sostantivo derivato: *waŋ-a ‘taglio, sfregio, lesione; danno; pugnale, coltello’
Note: 

La consonante proto-nostratica -ŋ- corrisponde regolarmente all'enochiano -M-.

AVAVAGO "tuono"
Traduzione inglese: thunder(s) 
Radice proto-nostratica: *ɢad-ɢad-
  Significato: ‘emettere un forte suono o rumore’
 Sostantivo derivato: *ɢad-ɢad-a ‘forte rumore, rombo di tuono, forte rombo, forte rumore’
Note:
In alcune lingue afro-asiatiche (Geez, Amharico, Tigrinya) l'esito di questa radice è gwad-gwad-, con una consonante labiovelare. In Enochiano deve essere accaduto qualcosa di simile, con successiva riduzione della labiovelare sonora a -V-.
L'elemento -GO è un suffisso aggiunto all'antica radice.

BLANS "dare riparo"
   Traduzione inglese: harbour(ed)
BRANSG "custodire, proteggere"
  Traduzione inglese: guard
Radice proto-nostratica:  *phal- (~ *phǝl-)
  Significato: ‘coprire, nascondere, occultare’
  Sostantivo derivato: *phal-a ‘copertura’
Note:
Da 'nascondere' la radice è passata a 'custodire, proteggere'. Uno slittamento del tutto naturale. Gli sviluppi fonetici sono dovuti al gruppo consonantico che si è venuto a creare in epoca antica.


CONST "tuono"
  Traduzione inglese: thunder
Radice proto-nostratica: *k’um- (~ *k’om-):
  Significato: ‘sospirare, piangere, lamentarsi, gemere’
 Sostantivo derivato: *k’um-a ‘sospiro, lamento, gemito, ruggito, brontolio’
  Slittamenti semantici: ruggito, brontolio > tuono
Note:
L'elemento -ST è un suffisso aggiunto all'antica radice.


CORAXO "tuono"
  Traduzione inglese: thunder(s) 
Radice proto-nostratica: *k’wary- (~ *k’wəry-)
  Significato:  ‘tuonare, rombare’;
 Sostantivo derivato: *k’wary-a ‘pioggia, tempesta, tempo tempestoso, temporale’
Note:
L'elemento -XO è un suffisso aggiunto all'antica radice.

DOSIG "notte"
  Traduzione inglese: night
Radice proto-nostratica: *duw- (~ *dow-)
  Significato: ‘soffiare, volare in giro, disperdersi; essere spazzato via, essere sparso, essere disperso’;
  Sostantivo derivato: *duw-a ‘cosa soffiata, spruzzata, sparsa, sparpagliata: fumo, vapore; pioggia, doccia, pioviggine, gocce di pioggia; polvere’
  Slittamenti semantici: > caligine > oscurità 
  Protoforma indoeuropea:
         *dhew-, *dhow-, *dhu-; *dhwes-, *dhwos-, *dhus-
       Latino: fuscus "scuro";
       Gallico: donno- "bruno, marrone" < *dwos-no-
       Inglese: dusk "crepuscolo"
Note:
Una radice di estrema importanza.  


GOSAA "estraneo"
  Traduzione inglese: stranger
Radice proto-nostratica: *gus- (~ *gos-)
  Significato: ‘andare fuori; far uscire; uscire, scacciare, cacciare via’;
  Sostantivo derivato: *gus-a ‘straniero, estraneo’
  Protoforma indoeuropea:
        *ghosti-
(Bomhard *ghosthi-
     Latino: hostis "straniero; nemico"
     Norreno: gestr "ospite"
Note:
Una radice di estrema importanza.


GRAN "anziano"
   Variante
(Golden Dawn): VRAN
   Traduzione inglese: elder, elders
Radice proto-nostratica: *giry- (~ *gery-)
  Significato: ‘essere vecchio, divenire vecchio’
  Sostantivo derivato: *giry-a ‘vecchiaia; persona anziana’
  Forma aggettivale: ‘vecchio’
Note:
Se la forma usata dalla Golden Dawn è genuina, dobbiamo ricostruire un antico prefisso U-. Dalla protoforma *U-GRAN- si sarebbe così arrivati a *GWRAN-. La forma nostratica ricostruita non ammette una consonante labiovelare.


HAMI "creatura"
  Variante: HAM
  Traduzione inglese: creature, creatures
HOMIN "età"
  Variante: HOMIL
  Traduzione inglese: age

Radice proto-nostratica: *ħay- (~ *ħəy-)
  Significato: ‘vivere, essere vivo’
  Sostantivo derivato: *ħay-a ‘vita, età’
Forma estesa: *ħay-V-w-
  Significato: ‘vivere, essere vivo’
  Sostantivo derivato: *ħay-w-a ‘vita, età’
  Protoforma indoeuropea:
         *aiw- (Bomhard *ħheyw-)
    Latino: aevus, aevum "durata della vita"
    Gotico: aiws "secolo"
Note:
Una radice di estrema importanza.


LUSD "piede"
  Varianti: LUSDA, LASDI
  Traduzione inglese: foot, feet
Radice proto-nostratica: *lakh- (~ *lǝkh-):
  Significato: *lakh- ‘andare a piedi, viaggiare a piedi’;
  Sostantivo derivato: *lakh-a ‘gamba, piedi’
Note:
Evidentemente è un antico composto, il cui secondo membro, ridotto a un semplice gruppo di consonanti, non mi è al momento chiaro.

MANIN "mente, intelletto"
  Traduzione inglese: mind

MONONS "cuore" 
  Traduzione inglese: heart

Radice proto-nostratica: *man- (~ *mən-)
  Significato: ‘contare, calcolare’
  Slittamenti semantici: calcolare > ‘considerare, pensare’ > ‘raccontare’ > ‘dire, parlare’
  Sostantivo derivato: *man-a ‘conto, calcolo’
  Protoforma indoeuropea:
          *men- / *mon- / *mṇ-

       Latino: mēns "mente"
Note:
Una radice di estrema importanza, che sarebbe già di per sé sufficiente a far capire l'appartenenza della lingua enochiana alla macrofamiglia nostratica. In effetti è stato il punto di partenza di questo mio studio.


MICAOLZ "forte"
  Varianti: MICALZ, MICALZO 
  Traduzione inglese: powerful, mighty
MICALP "più forte"
   Traduzione inglese: mightier
Radice proto-nostratica: *mag- (~ *məg-):
  Significato: ‘avere grande influenza, importanza o potere;
    essere eminente, esaltato, stimato, glorioso, illustre’ 
  Sostantivo derivato: *mag-a ‘forza, potere, splendore,
    magnificenza, gloria, grandezza, onore nobiliare,
    distinzione, eccellenza’
  Forma aggettivale: ‘forte, potente, eminente, esaltato, molto
    stimato, glorioso, illustre’
  Protoforma indoeuropea:
        *mag'-, *meg'- (Bomhard *mak'-)

    Latino: magnus "grande"
    Greco: μέγας "grande"
    Norreno: mikill "grande"
Note:
Una radice di estrema importanza.


MIR "tormento"
  Traduzione inglese: torment(s)
Radice proto-nostratica:
*mir- (~ *mer-)
  Significato: ‘pugnalare, perforare, ferire, causare dolore’;
  Sostantivo derivato: *mir-a ‘ferita, sofferenza’ 


NOAN "essere; divenire"
   Varianti: NOALN, NOASMI, NOAS, NOAR
   Traduzione inglese: be, become
Radice proto-nostratica: *wan-
(~ *wən-)
  Significato: ‘stare; rimanere’
  Sostantivo derivato: *wan-a ‘riparo, dimora’
Note:
Il significato originario doveva essere quello di "essere", poi deve avere acquisito quello di "divenire".


NOBLOH "palmo di mano"
  Traduzione inglese: palm(s) (of hand)
Radice proto-nostratica: *many- (~ *məny-)
   Significato: ‘tenere’
   Sostantivo derivato: *many-a ‘mano, zampa’
Radice proto-nostratica (II membro): *phal- (~ *phǝl-):
  Significato: ‘spargere, estendere’;
  Sostativo derivato: *phal-a ‘ciò che è ampio, piatto, vasto, aperto, esteso; spazio aperto, superficie aperta

  Forma aggettivale:
‘ampio, piatto, vasto, largo, aperto’
  Slittamenti sempantici: > palmo della mano
Note:
Il primo membro del composto doveva essere *MNYA-, la cui riduzione a NO- ci appare del tutto naturale.


NOR "figlio"
 
Variante: NOROMI
 
Traduzione inglese: son
Radice proto-nostratica: *nyaʕ-r-a
  Significato: ‘giovane uomo, ragazzo; gioventù’:
  Forma verbale d'origine: *nyaʕ-V-r-
 Significato: ‘apparire, sorgere, germogliare, venire in esistenza; crescere, maturare’;
  Sostantivo derivato: *nyaʕ-r-a ‘germoglio, piantina’


OLANI "due volte"
  Traduzione inglese: two times, twice
Radice proto-nostratica:
*hal- (~ *həl-)
  Significato: ‘altrimenti’;
  Sostantivo derivato: *hal-a ‘altro lato’;
  Forma aggettivale: ‘altro’
Note:
Un interessante arcaismo.


OLPIRT "luce"
  Traduzione inglese: light
Radice proto-nostratica:
*hal- (~ *həl-)
  Significato: ‘to light up, to beam forth, to shine, to brighten up, to radiate’;
  Sostantivo derivato: *hal-a ‘chiarezza, splendore, radiosità, purezza’;
  Forma aggettivale: ‘chiaro, puro, splendente, brillante, radioso’
Radice proto-nostratica (II membro):
   Vedi PRGE(L) "fuoco"


OM "sapere, capire" 
  Traduzione inglese: know, understand

  Derivati: OMA, OMP "comprensione",
OMAX "conoscere",
  
IXOMAXIP "conosciuto"
Radice proto-nostratica: *ʕeŋ-
  Significato: ‘pensare, considerare’
 Sostantivo derivato: *ʕeŋ-a ‘pensiero, idea, nozione, concetto, intenzione, decisione’
Note:
La consonante proto-nostratica -
ŋ- corrisponde regolarmente all'enochiano -M-. Vedi anche AMMA "maledire; maledetto" per l'evoluzione di questo suono. 

OUCHO, UNCHI "confondere"
  Traduzione inglese: confound
Radice proto-nostratica: *makh- (~ *məkh-)
  Significato: ‘ingannare, imbrogliare, truffare; essere
  ingannato, turbato, confuso, perplesso’;
  Sostantivo derivato: *makh-a ‘inganno, raggiro, confusione’
Note:
Le bizzarre alternanze sono perfettamente razionali e puntano a una forma protoenochiama *OMKHO.

PALA "due" (separati)
  Traduzione inglese: two (separated), pair
POLA "due" (uniti)
  Traduzione inglese:
two (together), pair
Radice proto-nostratica:
*phal- (~ *phǝl-)
  Significato: ‘fendere, spaccare’
  Sostantivo derivato: *phal-a ‘fenditura, spaccatura’ 
  Slittamenti semantici: > dividere in due > metà 
Note:
In proto-uralico abbiamo *pälä "metà; lato". La stessa radice è stata ricostruita da Ruhlen-Merritt come *pale "due" a partire da materiale delle lingue amerindiane.  


PANPIR "versare"
  Traduzione inglese: pour (down)
Radice proto-nostratica:
*ban- (~ *bǝn-)
  Significato: ‘versare, spruzzare, gocciolare’;
 Sostantivo derivato: *ban-a ‘goccia (d'acqua, pioggia, rugiada, etc.)’
Radice proto-nostratica (II membro): *phir-
  Significato: ‘muoversi velocemente, affrettarsi, essere molto agitato; svolazzare, volare, fuggire’
  Sostantivo derivato: *phir-a ‘volo; fuga’
Note:
Un antico composto.


PARADIAL "dimora"
  Traduzione inglese:
PRAF, PRAGMA "abitare"

  Traduzione inglese:
Radice proto-nostratica:
*phar-a, *phur-a
  Significato: ‘casa’
  Lingue afroasiatiche:
    Egiziano antico: pr /pa:rə/ "casa"
    Copto: -pōr (solo in žemenpōr "tetto", lett. "cima della
      casa")
  Lingue anatoliche:
    Hittita: pi-ir "casa", gen. par-na-aš, loc. pa-ar-ni
    Luvio: parna- "casa"
Note:
Una radice di estrema importanza. 


PASBS "figlia"
  Traduzione inglese: daughter(s) 

Radice proto-nostratica: *phasy-a
 Significato: ‘sperma, seme; genitali maschili, pene; discendente, prole’ 
Note:
Lo slittamento semantico è razionale: prole > figlia


PIR "santo"
  Traduzione inglese: holy
Radice proto-nostratica: *phir- (~ *pher-):
  Significato: ‘tremare, scuotere; aver paura, temere’;
  Sostantivo derivato: *phir-a ‘tremore; paura’
Note:
L'etimologia è razionale, dato che ciò che è santo ispira paura.


PLOSI "molti"
  Traduzione inglese: many, as many 
Radice proto-nostratica:
*phal- (~ *phǝl-)
  Significato: ‘riempire’;
  Sostantivo derivato: *phal-a ‘pienezza’;
  Forma aggettivale: ‘molto, molti’
  Protoforma indoeuropea:
    Latino: plūs "più", plūres "molti"; plēnus "pieno", etc.
    Gotico: filu "molto", filusna "moltitudine"; fulls "pieno"
Note:
Una radice molto produttiva e di estrema importanza.

PRGE(L) "fuoco"
  Traduzione inglese: fire
Radice proto-nostratica:
*phaħ- (~ *phǝħ-)
  Significato: ‘scaldare, bruciare’
  Sostantivo derivato: *phaħ-a ‘fuoco, fiamma, scintilla’
Forma estesa: *phaħ-V-w-
  Significato: ‘scaldare, bruciare’;
  Sostantivo derivato: *phaħ-w-a ‘fuoco, fiamma, scintilla’
  Protoforma indoeuropea:
       *peHwer-
(Bomhard *phéħhur-, *pheħhwor-)  
    Greco: πῦρ "fuoco"
Note:
Una radice molto produttiva e di estrema importanza.


RSAM "ammirazione"
  Traduzione inglese: admiration
FARZM "innalzare"
  Traduzione inglese: lift up, raise
Radice proto-nostratica: *ʕar- (~ *ʕər-)
  Significato: sollevare
  Verbo derivato: *ʕar-V-g- ‘arrampicarsi, montare; salire, ascendere; innalzare, sollevare’;
  Sostantivo derivato: *ʕar-g-a ‘arrampicata, salita’
Radice proto-nostratica (II membro): *dag- (~ *dǝg-):
 Significato: ‘mettere, porre, collocare; essere collocato, essere stabile, essere stabilito fermamente’;
  Sostantivo derivato: *dag-a ‘posto’
  Protoforma indoeuropea: 

      *dheg'h-om-, *dhg'h-om- "terra, suolo"
Note:
Il significato del composto doveva essere in origine "ciò che è posto in alto", donde "ammirazione". Il verbo corrispondente presenta un prefisso causativo fossile *FA-. Il secondo membro di queste parole, -SAM, -ZM, mostra i chiari segni di un'antica assibilazione. 


SAANIR "parte"
  Traduzione inglese: part(s) 
Radice proto-nostratica: *šiħ- (~ *šeħ-)
  Significato: ‘separare in parti (eguali), dividere’
 Sostantivo derivato: *šiħ-a ‘parte, porzione, separazione, divisione, sezione’ 


TOL "tutto, tutti"
   Variante: TON
   Traduzione inglese: all
Radice proto-nostratica: *k’ath- (~ *k’ǝth-):
  Significato: ‘aggiungere, unire, portare, venire, raccogliere, mescolare assieme’
 Sostantivo derivato: *k’ath-a ‘miscela, mistura, conglomerazione, raccolta’
Note:
La forma proto-enochiana ricostruibile è *KTONL-, evidentemente da un più antico *K'TH-AN-L-.


ZIEN "mano"
ZOL "mano"
  Traduzione inglese: hand, hands
Radice proto-nostratica: *gasy- (~ *gəsy-):
  Significato: ‘toccare, sentire (col tatto), maneggiare’;
  Sostantivo derivato: *gasy-a ‘mano’
Note:
Chiaramente la radice della parola enochiana deve essere Z-, data la variabilità della sillaba seguente. Questa Z- verrà da un precedente *GZ-, a sua volta da un più antico *GSY-.


ZLIDA "acqua; irrigare"
  Traduzione inglese: water
ZIN "le acque"
   Traduzione inglese: waters
Radice proto-nostratica: *ʒil- (~ *ʒel-), *ǯil- (~ *ǯel-)
  Significato: ‘fluire, scorrere’
  Sostantivo derivato: *ʒil-a, *ǯil-a ‘stillicidio, goccia, goccia di pioggia’
  Forma aggettivale: ‘fluente, gocciolante, che asperge’
Note:
La foma ZIN non compare come isolata nel dizionario di Laycock: si trova però nel composto PILZIN "Firmamento delle Acque". Crowley la realizzava come ZODINU nel suo stravagante e grottesco sistema di pronuncia cabalistica. Più che all'acqua da bere, allude alle profondità siderali, le Acque Cosmiche. La forma ZLIDA è riportata unicamente come verbo da Laycock, ma è documentata anche come sostantivo in un certo numero di formule. Per amore della ricerca scientifica riporto alcuni esempi trovati nel Web. Una temibile necromante usa la locuzione ZLIDA OD CNILA "Acqua e Sangue", ma al genitivo. Nel Rituale dei Non Nati troviamo MIRC ORSCOR OD DE A ZLIDA "sulla Terra Arida e nell'Acqua". Un uso aggettivale si trova pure: ZIN MADRIAAX DRINSI ZLIDA MABZA C IAA OD IAIADIX "nelle Acque Cosmiche porta le Vesti acquose della Purezza e della Giustizia".


Pronomi e altri elementi grammaticali:

CASARM "a chi, cui, in cui, di cui" 
  Varianti: CASARMG, CASARMI, CASARMA, CASARMAN 
  Traduzione inglese: whom, to whom, in whom, of whom
Pronome proto-nostratico relativo: *kwhi- (~ *kwhe-)
   Significato: che, il quale
Pronome proto-nostratico interrogativo: *kwha- (~ *kwhǝ-)
   Significato: chi? che cosa?
Note:
Come in molte lingue derivate, sono avvenute agglutinazioni non sempre di chiara origine. 


ILS "tu"
  Varianti: ILSI, IL
  Traduzione inglese: thou, thee
Pronome proto-nostratico: *si- (~ *se-)
  Significato: tu 
Note:
La forma proto-enochiana ricostruibile è *IS-L-, dove -L- deve essere stato un suffisso rafforzativo.


NONCA "voi"
  Varianti e forme flesse: NONCI, NONCP, NONCF
  Traduzione inglese: you (pl.)
Pronome proto-nostratico: *ni (~ *ne); *na (~ *nə)
  Significato: voi
Note:
Chiaramente una forma reduplicata.


OL "io"
   Traduzione inglese: I, me
Pronome proto-nostratico:
*na- (~ *nə-)
  Significato: io
Note: La forma proto-enochiana ricostruibile è *ON-L-, dove -L- deve essere stato un suffisso rafforzativo.


OMP "noi"
  Variante: OM
  Traduzione inglese: we, us
Pronome proto-nostratico: *na- (
~ *nə-)
   Significato: noi
Note: La forma proto-enochiana ricostruibile è *ON-W-, dove -W- deve essere stato un suffisso plurale.


OI "questo"
  Traduzione inglese: this
Pronome proto-nostratico: *ʔi- (~ *ʔe-)
   Significato: questo


TIA "suo, di lui"
   Traduzione inglese: his
TOX "suo, di lui"
   Traduzione inglese: of him, his
TLB "suo, di lei"
   Varianti: TILB, TIOBL
   Traduzione inglese: her, of her
Pronome proto-nostratico: *tha- (~ *thǝ-)
  Significato: questo
Note: Il passaggio da pronomi dimostrativi a pronomi personali di terza persona è del tutto naturale e ben attestato in molte lingue.


UNAL "questi, quelli, queste, quelle"
  Traduzione inglese: these, those
Pronome proto-nostratico: *na (~ *nə), *ni (~ *ne)
   Significato: questo, quello


Z "essi, esse"
  Traduzione inglese: they
Pronome proto-nostratico: *si- (~ *se-)
   Significato: egli, ella; essi, esse
Note:
La pronuncia crowleyana ZOD è a quanto pare molto diffusa, anche tra chi usa una pronuncia più tradizionale. Laycock tuttavia trascrive foneticamente questo vocabolo come , con la e del francese fée. Questa è la forma genuina ed etimologica: l'uso del Perdurabo è invece fuorviante.


Tentativi di spiegazione

Domanda cruciale: "E tutto questo cosa diamine significa?"
John Dee ed Edward Kelley non potevano certo conoscere il lavoro di Allan Bomhard. All'epoca in cui operarono, non era nemmeno conosciuta l'origine comune delle lingue indoeuropee: i sapienti portavano avanti un gran numero di teorie pseudoscientifiche a dir poco imbarazzanti. Esempi sono l'idioma triforme ipotizzato da Dante come forma di latino volgare da cui sarebbero venute le lingue romanze, o la forzata assimilazione delle lingue slave alle lingue germaniche, a dispetto delle evidenti divergenze lessicali e fonetiche. Non che gli Antichi brillassero. Che dire della stupidissima dottrina che riduceva il latino a un dialetto greco eolico?


Formulo due possibili soluzioni al problema. 
1) L'Enochiano non è affatto una lingua glossolalica. Non è stato fabbricato da Dee e da Kelley: è una lingua naturale antichissima, più remota delle fonti stesse del sanscrito e del greco. Il fatto che si possa spiegare almeno una parte importante del suo lessico con le ricostruzioni del proto-nostratico prova la sua appartenenza alla più genuina preistoria. Dunque la Lingua degli Angeli potrebbe essere giunta a Dee e a Kelley tramite antichi codici gnostici dell'epoca dell'Impero romano, copiati e tramandati in gran segreto nel corso del Medioevo.
2) Il proto-nostratico è talmente bacato e insidioso che si può prendere a martellate qualsiasi glossolalia o lingua costruita (conlang) concepita da mente umana, adattandola alle sue radici ricostruite e provare in questo modo qualsiasi cosa. Si possono persino trovare nel Caos leggi fonetiche regolari e un'elaborata patafisica per spiegare ogni eccezione. Ma tutto ciò ha davvero un senso? Qualcuno direbbe: "Qui nimis probat nihil probat"


Se devo essere franco, sono sempre più propenso a sostenere per l'ipotesi 1), ben consapevole di essere stato finora uno scettico. Di fronte a perle come GOSAA "estraneo", non mi è possibile dubitare oltre. Nessun mago elisabettiano avrebbe potuto costruire nulla di simile. Per quanto riguarda Piero Angela col tutto il suo CICAP, della sua opinione m'importa ben poco. Allo stesso modo non mi preoccupano i seguaci delle dottrine neopositivistiche. Un pierangelista mi reca fastidio e mi dice che la natura nostratica dell'Enochiano è una bufala? La mia risposta sarà sempre pronta: come si diceva a Milano, el pö andà a ciapà di ratt.

martedì 18 dicembre 2018

NOTE SUL LAVORO DI WHITTAKER

Gordon Whittaker (Università di Gottinga) è l'autore dell'articolo The Case for Euphratic, pubblicato nel 2008 su Humanities & Social Sciences (Linguistics & Grammatology). Il lavoro in questione, ospitato da Academia.edu, è consultabile e scaricabile liberamente al seguente link:


Questo è l'abstract, da me tradotto: 

"Sarà dimostrato che la scrittura cuneiforme, il vocabolario del sumerico e dell'accadico e i toponimi della Mesopotamia meridionale conservano resti di un'antica lingua indoeuropea, realmente più antica di oltre un millennio. Inoltre le prove sono dettagliate e abbastanza consistenti da permettere la ricostruzione di un certo numero di caratteristiche della lingua indoeuropea proposta, l'eufratico, e di abbozzare uno schema del modello culturale eufratico."

Ovviamente il nome che Whittaker ha attribuito a questa ipotetica lingua perduta, ossia eufratico, è arbitrario. 

Per più di un secolo è infuriata una controversia sull'appartenenza etnica della popolazione della Mesopotamia meridionale nel quarto millennio a.C., epoca in cui è comparsa la rivoluzionaria innovazione della scrittura, destinata ad influenzare in modo profondo il contesto delle città-stato di quella che per convenzione ci è nota come terra di Sumer. In anni recenti il dibattito si è focalizzato sulla lingua dietro i testi più antichi, le tavolette proto-cuneiformi del Tardo Periodo di Uruk (circa 3350-3100 a.C., datazione convenzionale). A tale controversia è stato dato il nome di Questione Sumerica. Questi sono i principali problemi della Questione Sumerica:

1) A partire da quale periodo i Sumeri sono presenti nella Mesopotamia meridionale?
2) Essi erano gli originari abitanti della Mesopotamia meridionale o hanno invaso una terrà già occupata?
3) Se non erano autoctoni, da quale società (o da quali società) sono stati preceduti? 

Mentre numerosi studiosi hanno attaccato ogni tentativo di identificare elementi linguistici pre-sumerici, altri hanno proposto soluzioni diverse. Così Landsberger ha postulato un "sostrato proto-eufratico" per spiegare toponimi morfologicamente opachi, teonimi e termini tecnici (1944, 1974). Oppenheim ha congetturato quanto segue: 

"Una considerevole sezione del vocabolario sumerico che si basa sulla cultura materiale della Mesopotamia contiene termini e designazioni che non sembrano essere sumeriche e che non appartengono a nessuna lingua semitica (proto-accadica). Queste parole possono teoricamente echeggiare uno o più sostrati linguistici molto più antichi e quindi riguardano i precedenti portatori di ciò che proponiamo di definire civiltà della valle dell'Eufrate." 

Whittaker in una serie di articoli (1998, 2001, 2004, 2004/2005, 2005) ha ipotizzato che questo sostrato pre-sumerico consistesse in una lingua indoeuropea fatta e finita.   

Mi sono imbattuto per la prima volta nella Questione Sumerica quando ancora ero un liceale brufoloso. In una rivista di linguistica ho letto che il nome di Babele (Babilonia) risale al sostrato pre-sumerico della Mesopotamia e che in quanto tale non ha etimologia possibile. Così sono dovute a etimologie popolari tanto l'interpretazione accadica che vi vede Bāb-ili, Bāb-ilu "Porta del Dio" o Bāb-ilāni "Porta degli Dei", quanto l'interpretazione ebraica fornita dalla Bibbia, che parla di Bāvēl come di un luogo di confusione linguistica, dal verbo bālal "confondere". Certo, molti diranno che avrei fatto meglio a pensare alla figa. Il punto è che ci pensavo comunque, nonostante avessi anche altri interessi: l'impulso ad emettere lo sperma non mi impediva di pensare. Non avendo punti d'appoggio su cui costruire una teoria, la questione del misterioso sostrato pre-sumerico cadde nel dimenticatoio e lì fu lasciata per molti anni a fermentare. Dopo tanto tempo, sono felice di constatare che qualcuno si è occupato in modo serio e approfondito dell'affascinante argomento, anche se non nascondo che l'idea di una lingua pre-sumerica indoeuropea comporta non poche difficoltà.

Estraggo alcuni dei lemmi trattati dall'opera di Whittaker e li presento in questa sede per il piacere filosofico dei lettori, corredandoli dove necessario di miei commenti. Dubito che simili studi siano mai stati pubblicati in lingua italiana. 

1) Si notano valori fonetici incongrui per alcuni logogrammi: 

HU "uccello" < IE *h2au̯i- "uccello" 
   vs. Sumerico MU
ŠEN "uccello"

LIK "lupo" < IE *u̯ḷkwo-
   vs. Sumerico URBARRA "lupo" < UR "cane" + BAR "esterno" (i.e. "cane estraneo").

LIB ~ LUB "volpe" < IE *u̯ḷpeh1-
   vs. Sumerico KA "volpe"

PEŠ "essere vasto", scritto con lo stesso segno usato per "pesce" 
   nasconde un antico *PEŠ "pesce" < IE *peisk(')- / *pisk(')-
   vs. Sumerico KU, KUA "pesce", a sua volta ritenuto un prestito
   dal sostrato eufratico
   Commento: IE *peisk(')- / *pisk(')- si trova soltanto in alcune lingue indoeuropee occidentali: latino piscis, protogermanico *fiskaz (gotico fisks, norreno fiskr, etc.), protoceltico *eiskos (antico irlandese íasc). Nonostante numerosi tentativi di ricondurre questa radice a quella per indicare l'acqua (IE *ap- < *Hap-), interpretandola come "bestia d'acqua", la formazione si presenta altamente problematica, a cominciare dal suffisso esotico, per non parlare del vocalismo. Attribuirla alla Mesopotamia dell'epoca di Uruk sarebbe come pensare che le paroli inglesi wop "guappo" e racket "organizzazione ricattatoria" possano risalire al contesto di Beowulf.

2) Possibili prestiti dal sostrato eufratico in sumerico.

Nomi di animali:

KU "pesce"
    < IE *(dh)g'huh-

   Commento: Secondo Halloran è da KU "cibo" + A "acqua": si tratterebbe semplicemente di un antico composto sumerico, senza necessità di ricorrere ad elementi esterni. Il punto è che Halloran è noto per spiegare Omero con Omero.  

GILIM ~ GILIN KILIM "mangusta"
    < *IE *gḷh-i-m (acc.)
    Cfr. latino glīs "ghiro", greco γαλέη "donnola", sanscrito giri-
   "topo".
  Commento: Le parole del latino, del greco e del sanscrito non hanno l'aria di avere origine indoeuropea, non più di quanto padrino e picciotto abbiano l'aria di essere parole inglesi. Sulla loro origine ultima si potrebbe discutere a lungo senza arrivare da nessuna parte.


GUD "toro; bue"
    < IE *gwo:u-s "bovino"
   Commento: A me pare più probabile la direzione opposta del prestito, che il termine sumerico sia passato in protoindoeuropeo per motivi culturali (da un popolo agricolo a un popolo di razziatori e di allevatori delle steppe). 


Possibili derivati:
   GARA (valore fonetico)
       < IE *gwou-ró- "bovino; rossiccio"
       Si trova come secondo elemento in INDAG(A)RA, nome di un
       bovino mitico, figlio del Dio della Luna, detto anche NINDA-
       GUD.
   GUGARID "pastore"
        < IE *gwou-k(w)ol-i-s "pastore"

   GIDIM ~ GUDMA ~ GADMA "ecatombe" (sacrificio di cento
   buoi)
        < IE *(d)k'ṃtom-gwu-ah2- "sacrificio di cento buoi"


HURIN "aquila" (termine mitologico)
    < IE *h3or-(e)n- "aquila"  (meglio "uccello") 
   Cfr. protogermanico *arnuz, *arēn "aquila" (gotico ara, etc.),
   greco ὄρνις "uccello", etc.


NERAH ~ NIRAH "serpente, vipera"
    < IE *neh1-tr-ah2 "serpente, vipera"
    Cfr. latino natrīx "biscia", protogermanico *naðraz (gotico nadre
    "di vipere", norreno naðr "serpente", etc.).


SAH ŠAH "maiale"
    < IE *s(e)uh- "maiale"
   Commento: Per fortuna l'autore riconosce la difficoltà del vocalismo. Riguardo al preteso dittongo nella forma indoeuropea ricostruita, non posso far altro che avanzare un forte scetticismo: sembra una manipolazione ad hoc.


Termini pertinenti alla vista e al volto: 

IGI "occhio, occhi; faccia"
    < IE *h3okw- "occhio"; *h3okw-ih1 "occhi" (duale)


UKTIN "apparenza; forma; fattezze del viso"
    < IE *h3okw-ti-m (acc.) "apparenza, vista; espressione"
  Commento: rispetto a IGI "occhio, occhi; faccia", si notano diversi sviluppi fonetici dovuti al gruppo consonantico.


ULUTIM ~ ULUTIN "apparenza, forma; fattezze del viso"
    < IE *u̯ḷ-ti-m (acc.) "apparenza, fattezze del viso"
    Cfr. latino vultus "volto", protoceltico *wel- "vedere" (gallese
    gweled "vedere", antico irlandese fili, gen. filed "veggente;
    poeta"). 


Armi e utensili:

UBRIM ~ UBRI "lancia"
    < IE *h2ok'(u)ri-m (acc.) "punta aguzza" 


ŠUKUR "lancia; giavellotto"
    < IE *sek-uhr- "ascia" < *sek- "tagliare" 

    Cfr. latino secūris "scure"

UKUR ~ UGUR "pentola"
    < IE *h2oukw-ṛ, gen. *h2ukwn-es "pentola per cucinare"


Una notevole famiglia di parole:

NER ~ NIR "signore; principe, eroe)
   < IE *h2ne:r "uomo, eroe"
   Cfr. greco ἀνήρ "uomo"; latino neriōsus "forte", etc. 


NER ~ NIR "autorità, fiducia; confidenza"
   < IE *h2ner-tú- "potere carismatico" 


NER ~ NIR "principesco"
    < IE *h2ner-o- "forte"  


NUR ~ NARA ~ NAR "principe" (valore fonetico)
    < IE *h2nor-o- "carismatico, forte" 


LIRUM ~ NER "forza; forte, potente; grande; resistente; ostinato;
    un nobile"
    < IE *h2nero-m (acc.) "forte"  


NITAH "uomo; maschio"
    < IE *h2nṛ-tah2 "mascolinità, virilità" 


ŠUNIR (emblema divino)
   < IE *h1su-h2ner-o- "potente; fortunato" 

   Commento: Se l'etimologia fosse corretta, saremmo di fronte a un antico composto, chiarissimo a un indoeuropeista e oscuro a qualsiasi parlante sumerico. 

Interessanti sono le ricostruzioni di elementi grammaticali:

Sumerico -AH
       < IE -*ah2 (suffisso femminile) 
Sumerico -AM
~ - AB; -UM ~ -UB
      < IE -*om (accusativo maschile; mominativo/accusativo
      neutro)
Sumerico -D
~ -R
      < IE -*s (nominativo maschile)  

Sumerico IN "in; a; da"
      < IE *en "in"
Sumerico ANA "a; per"
      < IE *ana
~ *an "su"
Sumerico TUKUM "immediatamente; in un attimo; se"
      < IE *to-kom "con questo"


Non tutte le etimologie proposte da Whittaker sono così brillanti come quelle sopra riportate. Alcune si fondano su mutamenti a mio avviso piuttosto implausibili. Esempi: 

DURAH "tipo di cervo; ibice"
     < IE *(d)i̯ork-ah2 "specie di cervo; gazzella" 

    Commento: Mi pare che il mutamento -rk- > -r- sia piuttosto stravagante. La radice indoeuropea si trova soltanto in greco e in celtico: non si può escludere che si tratti di un antico prestito da una lingua sconosciuta. La stessa radice si trova anche nel basco orkatz "capriolo", ma probabilmente si tratta di un prestito da una lingua indoeuropea pre-celtica.

LARAH "un parte del giogo"
    < IE *lorg-ah2 "mazza; asta del carro"
   Commento: A parte il mutamento -rg- > -r-, che mi lascia perplesso, vediamo come IE *lorg-ah2 "mazza; asta del carro" sia un mero fantasma, ricostruito a partire dal celtico (antico irlandese lorg "mazza"; bretone lorch'enn "asta del carro"). Whittaker afferma che la radice, definita "indoeuropea", sia sopravvissuta soltanto in celtico. A me pare che sia abusivo prendere un vocabolo oscuro e isolato per proiettarlo nelle steppe e farlo diventare indoeuropeo con la bacchetta magica di Harry Fotter. Pensare alla sopravvivenza di un termine di sostrato è infinitamente più semplice che pensare a una parola persa in tutti i rami dell'indoeuropeo tranne che in uno.


ZARAH "dolore, dispiacere; lamento funebre; vulva; eczema"
    < IE *surgh-ah2 "dolore, preoccupazione; malattia" 

   Commento: Abbiamo sempre il mutamento problematico -r- + occlusiva velare > -r-; sulla liceità della forma indoeuropea ricostruita nutro forti dubbi.

ZARAH "cicogna"
    < IE *storg-(ah2) "cicogna" 

   Commento: Abbiamo sempre il mutamento problematico -r- + occlusiva velare > -r-; sulla liceità della forma indoeuropea ricostruita nutro forti dubbi.

Mi convincono poco anche le etimologie proposte per alcuni toponimi: 

KALAMA "terra di Sumer"
    < IE *k'olh2-m- "canna"
NIBRU "Nippur"
    < IE *nebh-ró- "nuvolo"
ERIDUGU
~ ERIDUG "Eridu"
    < IE *u̯r-ii̯-ah2 dḷk-ú- "città dolce"
KUARA "Kuara"
    < IE *(dh)g'huu̯ah2-r
ó- "ricca di pesci"
KARKARA
~ KAKRU ~ KAKRA "Karkara"
    < IE *kwerkw-r
ó- (< *perkw-ró-) "della quercia"
ARARMA "Larsa"
  
(accadico LARSAM) 
   < IE *h2ṛg'-ró-m "bianco splendente"
   Commento: La forma accadica confrontata col toponimo
   sumerico punta a una protoforma pre-sumerica assai complessa, 
   per cui il tentativo di raffronto con l'indoeuropeo ha elevate
   possibilità di essere fallace.
USAB
~ ASAB ~ ADAB "Adab"
   < IE *h2us-ró-m "dell'aurora"
TINTIR "Babilonia"
  < IE *deiu̯o:m dhu̯ṛ- "Porta degli Dei"
  Commento: Tradotto come KA.DINGIR.KI in sumerico e come
  BĀB-ILU, -I in accadico; la ricostruzione indoeuropea appare
  altamente cervellotica.
LAGA
Š "Lagash"
   < IE *legh-os "magazzino"
   Il toponimo è tradotto in accadico come NA(K)KAMTU
  "magazzino". 

   Commento: La forma sumerica e quella accadica potrebbero risalire a una stessa protoforma complessa; la traduzione accadica potrebbe essere il semplice frutto di un'etimologia popolare, come per il caso di Babele. 

Partendo da queste premesse, Whittaker finisce con lo spingersi molto oltre, tanto da dare l'impressione di voler indoeuropeizzare l'intero vocabolario sumerico. Nel suo successivo lavoro, Euphratic: A phonological sketch (2012), vediamo questa tendenza panindoeuropea in pieno svolgimento. Questo è il link all'articolo:


La mia perplessità è grande, nonostante sia fornito con dovizia di particolari e di esempi un insieme di elaborate corrispondenze fonetiche. Utilizzando questi mezzi si potrebbe dimostrare anche l'origine indoeuropea dello zapoteco dell'Istmo.

Conclusioni

Nonostante l'indubbio interesse di certe etimologie, la metodologia whittakeriana è altamente rischiosa e rischia di portare fuori strada. Queste sono le mie osservazioni: 

1) Il sumerico presenta scarsa variabilità interna. Ha soltanto due dialetti noti: la lingua standard (EMENGIR) e la cosiddetta "lingua delle donne" (EMESAL). Come conseguenza, la possibilità di ricostruire protoforme di qualche utilità è abbastanza limitata.
2) Il sumerico è una lingua isolata e presenta grandi difficoltà di comparazione con altre lingue (nonostante i tentativi di Allan R. Bomhard di ricondurla al nostratico).
3) Il sumerico è una lingua molto consunta e fortemente evolutiva, un po' come il francese e l'inglese d'America. 

Se avessimo l'inglese d'America come sola testimonianza di una lingua indoeuropea, registrata unicamente dalla viva voce e senza alcuna attestazione scritta, cosa riusciremmo davvero a ricostruire del suo passato? In quante trappole cadremmo se volessimo confrontarla con l'ebraico?

sabato 15 dicembre 2018

NOTE SUL LAVORO DI DELLA ROSA

Luigi Della Rosa (ldr47@libero.it) è l'autore del lavoro Relativity of linguistic isolation: the Etrucan case, ossia "Relatività dell'isolamento linguistico: il caso dell'etrusco", che può essere consultato e scaricato al seguente link: 


Non sono riuscito a trovare alcuna notizia sull'affiliazione universitaria dell'autore, così posso presumere che sia un ricercatore indipendente. L'articolo, a dispetto del titolo, è in lingua italiana, con un abstract in inglese, che ritengo sommamente utile riportare tradotto:

   A. La lingua etrusca è geneticamente nostratica, come possiamo vedere facilmente considerando la sua grammatica;

   B. In ogni caso l'etrusco non è indoeuropeo;  

  C. Possiamo soltanto pensare a una relativa vicinanza al ramo anatolico dell'indoeuropeo; 

   D. Il lessico dell'etrusco è per la maggior parte non nostratico, a causa dell'influenza di lingue non nostratiche; 

   E. Queste lingue sono il Dené-caucasico, l'afro-asiatico e l'antico europeo (o mediterraneo, per usare una terminologia più vetusta). 

   F. La semplicità della grammatica etrusca (per quanto possiamo dire di conoscerla) e la molteplice origine del suo lessico ci permettono di dire (anche se può sembrare un po' risibile) che l'etrusco è nato come un pidgin ante litteram, sviluppandosi in seguito come creolo. 

Nel corpo dell'articolo i punti sopra riportati sono riportati in forma più estesa. Questo è l'enunciato completo del punto F., che è di estrema importanza: 

   F. l'Etrusco deve essersi dunque formato dalla commistione di lingue diverse ed appartenenti a famiglie diverse; l'apporto esterno che si è riversato su di una base nostratica è stato talmente elevato (come si deduce dalla impossibilità di ricondurre al Nostratico la maggior parte del lessico) che in tal senso possiamo considerare l'Etrusco come formatosi inizialmente come pidgin, per divenire poi una lingua creola ante litteram, benché entrambi i termini appaiano inevitabilmente risibili in quanto per noi anacronistici. 

Queste affermazioni sono interessanti e in gran parte condivisibili, anche se sono convinto che in etrusco la base lessicale riconducibile alle lingue sino-caucasiche sia più antica degli strati di vocaboli somiglianti all'indoeuropeo e ad altre lingue nostratiche. In aggiunta a questo, segnalo che numerosi elementi grammaticali presenti in etrusco possono essere sufficientemente ambigui. 

Non posso fare a meno di evidenziare un annoso quanto misconosciuto problema: come i neogrammatici brugmanniani, anche i nostratisti partono dall'idea che tutto ciò che è attestato in una lingua indoeuropea debba essere necessariamente indoeuropeo. Così commettono gravi errori nella ricostruzione del nostratico, proiettando all'indietro come connaturati elementi che sono penetrati nelle lingue in analisi per influenza di lingue di altri ceppi.

Esempi di criticità morfologiche:

1) Il genitivo etrusco in -(a)l corrisponde al genitivo anatolico in -l, documentato nei pronomi (es. hittita ammel "di me", anzel "di noi", etc.). Questo genitivo anatolico in liquida è un elemento che si trova del tutto isolato nell'indoeuropeo, mentre presenta estese corrispondenze nelle lingue nord-caucasiche. Sono dell'avviso che l'anatolico lo abbia preso da una lingua nord-caucasica, forse proprio quella che dette tanti elementi lessicali al proto-tirrenico. 
  i) Forme come latino tālis, quālis e il ben noto suffisso aggettivale -
ālis, oltre ad alcune formazioni sostantivali in -al, gen. -ālis (animal, gen. animālis, da anima, tribūnal, tribūnālis, da tribūnus, a sua volta da tribus), saranno dovute con ogni probabilità all'influenza dell'etrusco. Non sembrano elementi costitutivi, bensì prestiti avvenuti in un'epoca in cui la lingua dei Rasna era molto influente e godeva di grande popolarità nell'Urbe. Non si devono quindi ritenere queste formazioni latine come eredità indoeuropee.
  ii) Il leponzio Ualaunal, attestato in un'iscrizione trovata a Mesocco, è evidentemente un patronimico da *Ualaunos (cfr. gallico e britannico Vellauno-) e non conta proprio: il suffisso è un palese prestito dal retico, lingua geneticamente imparentata all'etrusco tanto da poter essere definita etrusco alpino. Questo con buona pace di Alessandro Morandi, che a quanto pare reputa l'elemento genuinamente celtico - anche se non credo che possa essere definito un esperto di lingue celtiche antiche e moderne: ho avuto modo di riscontrare nella sua opera inconsistenze abbastanza rilevanti su svariate lingue indoeuropee. Basti citare l'assurdo confronto tra l'antico irlandese am "io sono" (che è da *es-mi, in cui -mi è suffisso verbale di I pers. sing.), e l'etrusco am- "essere" (in cui -m- è parte della radice). Simili cose amene saranno trattate in modo approfondito in un'altra occasione. 
  iii) Il greco τηλίκος "così vecchio; così giovane; così grande" comprende con ogni probabilità una radice indoeuropea *h2el- "crescere, nutrire" (cfr. lat. alere id.). In questo caso la liquida non sarebbe un mero suffisso: farebbe parte di un verbo il cui senso si sarebbe poi oscurato. Si noterà che la posizione dell'accento nell'aggettivo ha qualcosa di anomalo, ci saremmo aspettati una forma ossitona.
  iv) Il Pali tāriṣa- "un tale" ("such a"), citato dagli autori (cfr. Giacalone Ramat, Ramat, 1994, The Indo-european Languages, pag. 102; ed. it. pag. 129), non è in grado di cambiare le cose: il suo isolamento dal materiale latino e greco rende questa forma sospetta. Infatti vediamo che una spiegazione interna chiarissima. Dalla base pronominale eta- derivano le forme etādi
a, etāria, glossate da Allan R. Bomhard come ‘such as this or that; such’. È chiarissimo che dalla base pronominale ta-, la stessa che troviamo in latino, sia derivato questo tāriṣa- (seppur non citato espressamente da Bomhard), dove la rotica -r- non viene da una più antica forma -*l-, bensì da -d-! Così la morfologia di tāriṣa- è stata associata a quella del latino tālis per motivi ideologici, forzando i dati del Pali per trovare un parallelo indoario di un suffisso latino isolato. I comparativisti devono indagare ogni forma che citano, prima di poterla usare! 

2) Il locativo etrusco in -θi corrisponde al locativo greco arcaico in -θι (omerico). Questo elemento morfologico ellenico non trova chiare corrispondenze nelle altre lingue indoeuropee.
Con buona pace di Glen Gordon, -*dhi non è un suffisso indoeuropeo valido. La sua esistenza al di fuori del greco omerico si fonda sul preteso suffisso Pali -hi, fatto risalire a sua volta a un supposto proto-indoeuropeo -
*dhi. Il problema è che un simile suffisso non esiste affatto nella lingua dei canoni buddhisti. Si tratta di un grave equivoco, in quanto questo -hi è stato scorporato in modo abusivo dall'uscita del locativo -mhi (es. dhammamhi "nella dottrina"). Peccato che questo sia soltanto una variante di un più antico -smiṁ (es. dhammasmiṁ "nella dottrina"), tra l'altro ben documentato in Pali come forma più colta. Per chi non volesse crederci, rimando alla meritoria opera di Allan R. Bomhard Introduction to Pāḷi grammar
Non si può far conto sul latino ubi, alicubi, ibi, che possono essere formate con il suffisso "strumentale" -*bhi (cfr. lat. ambi-, am-, an-; greco ἀμφι-). Né si può far molto affidamento su forme sanscrite come iha "qui, in questo luogo" (Pali idha), adhi "sopra; inoltre", etc., i cui suffissi si presentano fossilizzati: non sono formazioni chiare e risalgono a una remotissima preistoria difficilmente esplorabile con i mezzi a nostra disposizione. 
Il problema si complica ulteriormente se consideriamo che il suffisso etrusco -θi (e varianti) non funziona esattamente come l'omonimo suffisso del greco antico. Se nella lingua di Omero -θι si aggiunge al nudo tema delle parole (es. τηλό-θι "a distanza, lontano da", νειό-θι "sotto, sul fondo", ἐγγύ-θι "vicino", ὑψό-θι "in alto", Ἰλιό-θι "a Troia", ὀικό-θι "a casa"), in etrusco si hanno formazioni più complicate. Se un nome termina in consonante o in -i, il suffisso è aggiunto direttamente: śuθi-θ, śuθi-ti "nella tomba", haθr-θi repin-θi-c "nella parte anterore e nella parte posteriore", raχ-θ "nel luogo del fuoco", spel-θi "nella cavità", fals-ti "sulla torre". Se un nome termina in -a, allora -θi in genere si aggiunge al locativo in -ai (neoetr. -e), dando -ai-θi (neoetr. -eθ, etc.): spure-θi "nella città" < *spura-i-θi; spelane-θi "nello spazio della cavità"; mlesiê-θi-c "e sull'altura". Il suffisso può anche essere aggiunto al genitivo in -(a)l o in -s, come in Uni-al-θi "nel (tempio) di Giunone", Tin-s-θ "nello (spazio) di Giove". Una simile formazione è molto comune con i pronomi: da eca, ca "questo" derivano le forme ec-l-θi, c-l-θi, c-l-θ, -c-le-θ , ca-l-ti "in questo". Da mutna "sarcofago" è attestato l'anomalo mutnia-θi "nel sarcofago", che potrebbe stare per *mutnai-θi o più probablmente per *mutnial-θi. Cfr. Facchetti per maggiori dettagli.

3) La copulativa enclitica etrusca -c "e", generalmente fatta risalire all'indoeuropeo -*kwe, nonostante in alcune iscrizioni sia ben attestata la sua forma antica -ca. A mio avviso esiste anche la concreta possibilità di una connessione con la forma anatolica (luvia) -ha, che sembra incompatibile con la forma indoeuropea ricostruita, ma che potrebbe avere paralleli in alcune lingue nord-caucasiche. Si noterà che l'esito diretto dell'enclitica luvia -ha in lidio è proprio -k (ad esempio in est mrud eśś-k vãnaś "questa stele e questa tomba). Chiaramente i neogrammatici, che vogliono ricondurre l'anatolico all'indoeuropeo di Brugmann, sostengono la derivazione del lidio -k proprio dall'indoeuropeo
-*kwe, nonostante non si riescano a trovare tracce di tale enclitica nel materiale hittita e luvio. In realtà è molto probabile che le lingue anatoliche e le lingue indoeuropee propriamente dette derivino da una protolingua comune, l'indo-hittita, e che numerose caratteristiche ricostruite dai neogrammatici siano innovazioni posteriori alla separazione dei due rami derivati. Detto questo, vediamo quanto sia ben più facile e diretto far derivare il lidio -k dal luvio -ha, tramite trasformazione del suono aspirato in un'occlusiva. Uno sviluppo fonetico che potrebbe essere avvenuto anche in etrusco e che in ogni caso ci invita alla prudenza.

4) La copulativa enclitica etrusca -(u)m "e" corrisponde alla copulativa enclitica anatolica -ma, che si trova sia in hittita che in luvio. Questa particella è attribuita all'indoeuropeo comune dai neogrammatici e dai loro eredi, nonostante appaia evidente che si trova soltanto in anatolico. Estenderla al proto-indoeuropeo senza motivazione appare una procedura altamente abusiva. Sono invece presenti interessanti paralleli in alcune interessanti lingue non indoeuropee e non semitiche, in genere considerate isolate ma in realtà imparentate col ceppo nord-caucasico: l'hurritico, l'urartaico e il proto-hattico. Così, a titolo di esempio, abbiamo in proto-hattico wašhap-ma "e gli Dei"; in hurritico na-akki-ma Pur-ra-an a-az-zi-i-ri ta-am-ra e-bi-ir-na za-a-zu-lu-u-uš-te-ri "e liberate Purra (il Servo), il prigioniero, che deve dare cibo a nove re". Quindi possiamo dedurre che -ma "e" era una caratteristica di una lingua scomparsa e ignota, che è penetrata - probabilmente per ragioni culturali e religiose - in diverse lingue dell'area, molto diverse tra loro, venendo così adottata anche dagli antenati degli Ittiti e dei Luvi. 


I problemi sono di certo numerosi, tanto che spesso una risposta trovata a fatica genera un'infinità di nuove domande. Tuttavia sono convinto che valga la pena di indagare a fondo l'origine della lingua etrusca, anche a costo di addentrarci in un ginepraio inestricabile. Sono e resterò sempre dell'idea che sia necessario un lavoro di ricostruzione delle protolingue che parta dalle lingue attestate per risalire con pazienza alle forme antiche: soltanto così si potranno ricostruire in modo sufficientemente affidabile protolingue ancora più remote. Diffido invece dei confronti troppo superficiali fatti tra lingue molto lontane senza il sostegno della ricostruzione protolinguistica. Per questo motivo il lavoro di Della Rosa, notevole per aver posto il problema delle origini composite dell'etrusco, tende a sfilacciarsi quando riporta confronti concreti tra il suo lessico e quello di svariate lingue nostratiche e non nostratiche. Alcune proposte sono decisamente audaci. Ad esempio quando egli riconduce l'etrusco zal "due" alla radice globale pal "due", presupponendo una palatalizzazione *pjal- seguita da palatalizzazione. Alessandro Morandi e Massimo Pittau per contro presuppongono che zal "due" sia riconducibile all'indoeuropeo *dwo-, sempre tramite alterazione della consonante iniziale. Prima di poter decidere verso che direzione bisogna andare, occorre sapere qualcosa di più sulla protolingua da cui l'etrusco si è evoluto. Sono pronto a difendere a spada tratta l'idea di Della Rosa sull'origine delle lingue tirreniche da un pidgin sviluppatosi in creolo, biasimando l'immobilismo del mondo accademico che reputa l'etrusco scaturito dal Nulla come una sfinge incomprensibile. Questo non risolve tuttavia in modo automatico i problemi, semmai li complica a dismisura. Ogni volta che ci si impegna in un'indagine etimologica, il rischio è quello di partire da un'ipotesi errata, finendo così su percorsi che non portano da nessuna parte. Il nostro nemico è il rumore di fondo, manifestazione somma dell'entropia cognitiva che dissolve ogni testimonianza del passato. Ci vorranno decenni per avere un'idea più chiara della questione, posto che l'ostruzionismo dei settari archeologi permetta alle acque torbide di sedimentare.