lunedì 28 novembre 2016


IL PREFETTO DI FERRO
(film)

Paese di produzione: Italia
Anno: 1977
Durata: 110 min
Colore: colore
Audio: Sonoro
Genere: Drammatico, azione, storico
Regia: Pasquale Squitieri
Soggetto: Ugo Pirro, Arrigo Petacco (romanzo)
Sceneggiatura: Arrigo Petacco, Pasquale Squitieri
Produttore: Gianni Hecht Lucari
Fotografia: Silvano Ippoliti
Musiche:
Ennio Morricone
Scenografia: Giancarlo Bartolini Salimbeni
Costumi: Giancarlo Bartolini Salimbeni
Interpreti e personaggi:
    Giuliano Gemma: Cesare Mori
    Stefano Satta Flores: Spanò
    Francisco Rabal: Brigante Albanese
    Claudia Cardinale: Popolana
    Lina Sastri: Donna di Gangi
    Massimo Mollica: Procuratore
    Rik Battaglia: Antonio Capecelatro
    Salvatore Billa: Francesco Dino
Doppiatori italiani:
    Giuseppe Rinaldi: Cesare Mori
Premi:
    David di Donatello 1978: miglior film
Produzione:

Il film venne girato tra Roma, Artena, Tolfa e Colli a Volturno.


Trama:

Anni '20 dello scorso secolo. La Sicilia postbellica si trova in condizioni disastrose. La nobiltà si è indebitata in modo pesante e per far fronte alle difficoltà si è messa a svendere le sue proprietà. Tutto è caduto nelle mani della mafia, non soltanto i latifondi, ma anche attività redditizie come le miniere di zolfo e gli agrumeti. Il prefetto Cesare Mori giunge in Sicilia nel 1925, incaricato da Mussolini di annientare la mafia a qualsiasi costo e fornito allo scopo di poteri speciali. Ad aspettarlo c'è il fedele funzionario di polizia Francesco Spanò, che riesce a raccogliere informazioni confidenziali. Le indagini appena iniziate danno un grande fastidio, così un'intera famiglia viene sterminata come avvertimento. Quando vede i cadaveri nudi di uomini, donne e bambini, Mori capisce subito che gli artefici di quello scempio non sono i briganti, che tutto ciò è opera della mafia. Si trova così ad affrontare il boss Antonio Capecelatro e non usa mezze misure: lo raggiunge sotto casa per arrestarlo e di fronte alla sua resistenza, imbraccia il fucile e gli spara nel cranio uccidendolo sul colpo. Inizia una lotta contro i briganti che infestano la Sicilia occidentale e che agiscono come braccio armato della mafia. L'azione del Prefetto di Ferro culmina nell'assedio di Gangi, un borgo dove si sono arroccati diversi gruppi criminali. Il brigante Albanese, catturato, si suicida dando tremende testate contro la parete della prigione, facendo fuoriuscire il cervello dalla scatola cranica. Tutti i malviventi gangesi vengono rastrellati e incarcerati: ogni famiglia nascondeva un brigante servendosi di vani occulti e di altri nascondigli. Forte del suo trionfo, a questo punto Mori intende colpire la mafia vera e propria, così comincia ad arrestare i cosiddetti "gentiluomini", quelli che non si sporcano le mani. Comprende anche che esistono legami tra la sezione locale del Partito Nazionale Fascista e la mafia, perché la sua guardia del corpo non lo difende durante un attentato a cui riesce a sfuggire per miracolo. Risale all'avvocato Galli, che è a capo del Fascio di Sicilia. Inoltre compie irruzione nello studio del notaio Concetto Tarvisio, sequestrando una gran mole di materiale compromettente in grado di destabilizzare l'intera società siciliana, rendendo possibile l'arresto e l'incriminazione di moltissimi notabili. A questo punto la repressione antimafiosa si è spinta troppo oltre: Mussolini pensa che la sua prosecuzione possa essere più nociva che vantaggiosa, perché darebbe una pessima immagine della Sicilia e dello stesso PNF. Scatta in questo modo la formuletta magica promoveatur ut amoveatur. Mori riceve la nomina regia a senatore ed è costretto a partire per Roma. Il suo posto sarà preso proprio dal colluso Galli. Nulla di nuovo sotto il sole: sembra che già all'epoca dei Faraoni avvenissero fatti simili.

Citazioni: 

"Spanò, qui lo Stato deve fare più paura della mafia."

"Mi sento come un chirurgo che ha operato a metà, che ha fatto soffrire e non ha guarito."

Recensione: 

Un film epico ed esaltante, un capolavoro assoluto capace di trasmette un immenso orgoglio, nonostante il finale abbastanza amaro. Tutto ruota intorno alla magistrale interpretazione di Giuliano Gemma, di gran lunga la migliore della sua carriera, in grado di oscurare tutto il resto come il sole che offusca la luna e le stelle facendole scomparire. Splendida e coinvolgente è la colonna sonora. Le ambientazioni hanno un effetto straniante, tanto somigliano a desolati paesaggi del Far West: del resto già Arrigo Petacco nel suo libro su Mori paragonava le Madonie all'Estremo Occidente americano. Intensa è l'interpretazione di Claudia Cardinale nei panni di una popolana furiosa, tuttavia non posso fare a meno di notare che si tratta di un ruolo abbastanza marginale: un film senza una donna bellissima a quanto pare sarebbe poco gradito dal volgo e risulterebbe inassimilabile. Grande Stefano Satta Flores nel ruolo dell'integerrimo Spanò. Fa la sua bella figura anche Francisco Rabal, che ha interpretato il brigante Albanese.

Incongruenze narrative e onomastiche

Nonostante gli immensi meriti di questa pellicola, è bene tener presente che nella trama ci sono non poche inesattezze. L'assedio di Gangi non si è svolto nella canicola agostana ma in pieno inverno, esattamente il primo giorno dell'anno. Il film ci mostra il brigante Albanese, maledetto dalle comari del paese per non aver dato loro l'acqua promessa. Arrigo Petacco ci riporta nella sua opera che esisteva a Gangi una famiglia Albanese, tuttavia il capo dei briganti si chiamava Ferrarello. Di certo è geniale e splendida la scena in cui il brigante Albanese si uccide in modo orribile cozzando il cranio contro la nuda roccia della parete della cella in cui è stato rinchiuso, tuttavia risulta invece che Ferrarello si sia gettato dalla tromba delle scale a Palermo per sfuggire alla dura prigionia. Vediamo il boss Capecelatro che ferma il treno come favore a Mori, che rimane inorridito dall'interruzione di un servizio dello Stato. In seguito lo stesso padrino viene ucciso con una fucilata nella fronte da Mori in una scena spettacolare in cui si intravede il cranio scoperchiato. Ebbene, tutto ciò sembra un episodio apocrifo: non ne sono riuscito a trovare traccia alcuna nella biografia del Prefetto. La filologia riesce a dare una mano anche quando non si possono consultare le fonti: a quanto mi consta Capecelatro è un cognome campano, non siciliano. I margini di errore sono scarsi, le probabilità che si tratti di un'invenzione sono grandi. Il cognome Tarvisio non risulta nel database di Gens Labo, il che non esclude del tutto la sua esistenza, anche se la dice lunga sulla sua improbabilità. Un cognome locativo tratto da Tarvisio, in Friuli, avrebbe qualcosa di surreale. Il cognome Galli è invece presente in diversi comuni dell'isola e la sua occorrenza non può essere ritenuta strana. 

Possibili ragioni delle discrepanze

Nonostante tutto questo, credo che i meriti del film superino di gran lunga le pecche. Resta comunque da chiedersi come mai si registrino questi scollamenti dalla realtà dei fatti, visto che tra le altre cose Arrigo Petacco è stato sceneggiatore della pellicola. Alcuni suggeriscono che i cambiamenti sarebbero stati introdotti per sfuggire all'eventuale vendetta degli eredi dei boss coinvolti nelle operazioni di repressione portate avanti da Cesare Mori all'epoca: è intuibile che essi agognino silenzio e oblio anche se i fatti sono ormai remoti. Non dobbiamo però dimenticare che il libro di Petacco riporta per filo e per segno nomi autentici e fatti realmente accaduti, parlandone diffusamente senza occultare alcunché, così questa ipotesi parrebbe perdere un po' forza. Veniamo invece al personaggio del gerarca Galli. Non occorre la mente di un'aquila per riconoscere un parallelismo con la figura storica di Alfredo Cucco, che fu avversario del Prefettissimo. Processato per numerosi capi d'imputazione ed infine espulso dal PNF per "indegnità morale" - come riportato dal Petacco -  ritornò infine alla ribalta, riuscendo a rientrare nel Partito e ad avere un ruolo nella Repubblica Sociale Italiana. Finito il conflitto, Cucco sopravvisse e continuò la sua carriera politica, divenendo un segno di continuità tra il regime defunto e quello nuovo. Fu infatti tra i fondatori del Movimento Sociale Italiano (MSI). Esponente del Fascismo antemarcia, era noto per il suo radicalismo e per le sue posizioni affini a quelle di Roberto Farinacci, tanto da poter essere ritenuto un seguace del farinaccismo. Medico ed oculista, si fece conoscere per una sua singolarissima e bizzarra teoria: sosteneva infatti che il coitus interruptus potesse avere effetti deleteri sulla vista (non sembra comunque farina del suo sacco, la fonte è l'episodio biblico di Onan). Colpito da ictus nel 1963, morì nel 1968. Ebbene, Alfredo Cucco non era precisamente uno sconosciuto. Forse Squitieri non voleva inimicarsi i parenti e gli eredi dell'ex gerarca siciliano, riducendo il più possibile le allusioni nel suo film. 

Pasquale Squitieri, figura controversa 

Poco amato dal popolino, il regista di questo film è spessisimo etichettato come "di destra". In effetti ha militato in Alleanza Nazionale, tuttavia non va taciuto che è partito da Lotta Continua per passare infine al Partito Radicale Transnazionale. In quest'epoca di ipersensibilità verso tutto ciò che riguarda il ventennio fascista, è sufficiente l'apposizione dell'etichetta "di destra", non importa se pertinente, per gettare le genti in uno stato di grande furia e farle strepitare. A dire il vero, su Wikipedia e altrove nel Web si possono leggere notizie su alcuni aspetti controversi della vita del personaggio. Mi limito a riportare in questa sede la pagina wikipediana, rimandando alle note del testo e alla ricerca online per approfondimenti:


I giudizi più tiepidi su Il prefetto di ferro, in cui spesso mi sono imbattuto, si devono con ogni probabilità alla somma di tutti questi fattori. Per quanto mi riguarda, come regista Squitieri si è dimostrato un genio. Il film qui recensito è immortale, eroico e oltremodo meritorio. Questo è tutto ciò che conta, il resto lo considero irrilevante.

Gangi, l'Omphalos del Male 

La cittadina di Gangi è mostrata come impervia, arcaica e fuori dalla Storia, tanto da sembrare un centro di pastori neolitici, più affine alla realtà degli antichi Sicani o della Sardegna nuragica che alla Sicilia del XX secolo. In realtà Gangi tanto isolata e tanto fuori dalla Storia non era. Interessante è notare la presenza in quel borgo di diverse logge massoniche già nel XVIII secolo. Logge massoniche attivissime, protagoniste della vita sociale, politica e religiosa isolana. L'Accademia degli Industriosi aveva il suo centro di irradiazione proprio in quelle case arroccate su un colle e riusciva ad esercitare la sua influenza zombificante da Messina a Palermo, al punto da ridurre la stessa Curia a un mero fantoccio, infiltrando in profondità anche gli ordini monastici e trasformandoli in centri di reclutamento massonico (o "latomico", come dicono i documenti). Gangi covo di briganti e di mafiosi. Gangi covo di massoni. Sarà una coincidenza?


La Ballata del Prefetto Mori 

Testo: Ignazio Buttitta
Musica: Ennio Morricone

Arrangiamento: Rosa Balistreri
Link: http://www.antiwarsongs.org/

« Parti, prifettu!… Parti – ci dissi a Mori Mussolini,
« Metti 'n galera la mafia cu tutti l'assassini..
Vonnu 'u cumannu, vonnu 'u putìri - lu putìri mìu
Ma su' nimici di li fascisti e nimici di Diu! »
E Mori partìu… ed arrivau cu un trenu spicïali
senza sapìri ca ci facìa lu servu ô capitali…

...Di notti ô scuru, li sbirri cuminciàru li ritati
scassànnu 'i porti e tràsinu 'nte casi stracanciati
E sull'istanti curpevulennu genti a la rinfusa
'i tiraru fora e s'i purtàru chi catìni ê pusa.
I matri e i figghi currennu appressu ai patri e a li mariti
vannu chiancènnu... vannu chiancènnu e chiànciri 'i sintiti.

Mi chianci 'u cori, ora ca terminavu di cantari
'sta storia vera - si pensu ca la mafia è na l'altari..

e addisunùra 'sta terra onesta nun voli e chi voli 

pani e travagghiu, la libbirtà, giustizia e li scoli.

Ah no a mafia! E no alla liggi infami da lupara!
e no unùri! Unùri e gloria a cu arrobba e spara!
Chistu gridamu, è nostra 'a vuci ca arruspìgghia i morti
ca stanchi semu, e vulemu canciàri vita e sorti...


Traduzione:

« Parti, prefetto!... Parti – Mussolini disse a Mori,
Metti in galera la mafia e gli assassini..
Vogliono comando e potere – il potere mio ! -
e sono nemici dei fascisti e di Dio »
E Mori partì... ed arrivò con un treno speciale
inconsapevole strumento del capitale...

...Di notte al buio, i poliziotti cominciarono le retate
forzando le porte entrano nelle case trasfigurati
e lì per lì colpevolizzando gente alla rinfusa
li tirarono fuori e se li portarono con le catene ai polsi.
Le madri e i figli correndo dietro ai padri e ai mariti
piangono...piangono, e piangere li potete sentire..

A me piange il cuore, ora che finito di cantare
questa storia vera – se penso che la mafia è ancora al potere
e disonora questa terra onesta che non la vuole, ma vuole
pane, lavoro, libertà, giustizie e scuole.

E no alla mafia! No alla infame legge della lupara!
e no all'onore! Onore e gloria a chi ruba e spara!
Questo gridiamo con la nostra voce che risuscita i morti
che siamo stanchi, e vogliamo cambiar vita e destino...

Altre recensioni e reazioni nel Web 

Consiglio la lettura di questa scheda dedicata al film, visionabile e scaricabile dal sito www.apav.it: 


Questa è la recensione di Robydick, che pure contiene inesattezze (es. Cesare Mori non era friulano, era pavese): 


A proposito di questo utente, faccio notare il suo curioso uso di scrivere "mussolini" con la minuscola, che trovo infantile e poco razionale. Immaginatevi cosa accadrebbe se tutti gli studiosi si rifiutassero di usare le maiuscole nel citare i nominativi loro sgraditi: sarebbe il caos! 

giovedì 24 novembre 2016


IL PREFETTO DI FERRO 

Titolo originale: Il Prefetto di Ferro. L'uomo di
     Mussolini che mise in ginocchio la mafia
Autore: Arrigo Petacco
Lingua originale: Italiana
Editore: Mondadori
Collana: Oscar storia
Pagine: 237, brossura
Codice ISBN: 978-88-04-53275-0
I edizione Le Scie: Settembre 1975
I edizione Oscar Storia: Giugno 2004

Indice:

Prefazione - pag. 3

I        Mori, Mori, tu devi morire... - pag. 9
II       Qui ci vuole un uomo... - pag. 35
III      Il figlio di nessuno - pag. 45
IV      Il Far West delle Madonie - pag. 69
V       La mafia è una vecchia puttana... - pag. 83
VI      L'assedio di Gangi - pag. 95
VII     Un prefetto d'assalto - pag. 115
VIII    Fatti la fama e curcati... - pag. 135
IX       Un killer da Chicago - pag. 151
X        Il nemico esce dall'ombra - pag. 161
XI       L'eroe del tracoma - pag. 175
XII      Signori, è tempo ormai ch'io vi riveli la
           mafia... - pag. 187
XIII    Qui riposa in pace... - pag. 203
XIV    Ma la mafia non è morta - pag. 221

Appendice

I pensieri del prefetto - pag. 233
Ringraziamento - pag. 239

Sinossi:

In questo libro Arrigo Petacco ci racconta la verità sulle gesta quasi leggendarie del prefetto Cesare Mori, incorruttibile funzionario "piemontese" inviato dal governo fascista in Sicilia per debellare la mafia. Compito che svolse fin da subito con grande efficacia, anche grazie a metodi non sempre ortodossi e alle ingenti forze di cui era stato dotato: un vero piccolo esercito, l'intera Procura di Palermo a sua disposizione, poteri straordinari che utilizzò oltre i limiti della legge. La sua azione energica permise di distruggere quasi interamente la struttura di base della malavita organizzata siciliana e offrì a Mussolini un argomento per la sua propaganda. Ma quando Mori iniziò a diventare troppo famoso e soprattutto a indagare troppo in alto, venne messo da parte, e le tracce del suo lavoro accuratamente eliminate. Quella del "prefetto di ferro" è una storia tipicamente italiana, incentrata su un personaggio prima mitizzato poi dimenticato, che Petacco restituisce finalmente alla sua verità storica.

Recensione:

Il Prefetto di Ferro è la biografia di un eroe del XX secolo, un vero gigante. Eppure quando ho letto il libro di Petacco, mi sono stupito della sua natura eccessivamente sintetica e discorsiva. Non sono stato soddisfatto appieno, ho avuto come l'impressione di essermi immerso con aspettative eccessive in un'opera incompleta e a tratti superficiale. In molte occasioni la narrazione dei fatti viene presentata come un romanzo, con tanto di dialoghi, mentre di molte cose a mio avviso importanti non si fa menzione alcuna. In seguito ad alcuni approfondimenti, il volume, seppur pregevole, si è in effetti dimostrato bucherellato da crateri e da lacune come la superficie della luna.

Il Prefettissimo e il suoi metodi di lotta   

Non è un'esagerazione né un luogo comune dire che Cesare Mori fu l'unico uomo su questo pianeta che sconfisse la mafia. Certo, al giorno d'oggi pochi se ne ricordano. Anche se Petacco ha la tendenza a edulcorare i fatti e a nascondere i dettagli più cruenti, dirò che Mori non ottenne le sue vittorie con la retorica, ma con sistemi draconiani. Non esitò a servirsi di alcuni metodi di tortura usati dal Tokugawa: stritolamento dei genitali in tenaglie e acqua in pressione nello stomaco. Incatenò, torturò, incarcerò e arrivò a imbracciare senza esitazione il fucile. Il suo principio era molto chiaro: lo Stato deve fare più paura della mafia. Portò avanti questa idea con la massima determinazione. Posso soltanto esprimere la mia massima stima per la sua persona. Le sue gloriose imprese devono essere salvate dall'Oblio e tramandate fino alla Fine dei Tempi. A tutti coloro che si domandano come si possa sconfiggere la mafia, dirò che può riuscirci soltanto un uomo impavido, dotato di poteri assoluti e di volontà ferrea, proprio come l'eroico Ezzelino che ispirava più terrore dello stesso Diavolo. 

Il Prefetto di Ferro, Falcone e Borsellino

Anche se le giovani generazioni lo ignorano, Falcone e Borsellino divennero magistrati ispirati dall'esempio e dall'eroismo di Cesare Mori. Non erano affatto persone di sinistra come il volgo crede a causa degli inganni e delle mistificazioni propalate dalla scuola e dai media nel corso degli anni. Le loro biografie postume sono state manipolate, rimuovendo ogni riferimento alla loro stima per il Prefetto di Ferro. Duole che Falcone e Borsellino non abbiano potuto usufruire dei mezzi quasi illimitati di cui poté servirsi Mori: già alla loro epoca le pastoie dell'umanitarismo buonista rendevano ogni azione praticamente impossibile. Quello che la gente non sembra capire è che proprio la democrazia ha reso impossibile per sua intrinseca natura la vittoria sulla setta mafiosa. 

Una cronistoria

Ugo Di Girolamo nel suo libro "Mafie, politica, pubblica amministrazione. È possibile sradicare il fenomeno mafioso dall'Italia?" fa una sintesi sui tentativi compiuti dallo Stato per estinguere il crimine organizzato nel corso del XX secolo. Non riporto qui alcuni brani molto interessanti, dato che l'editore concede la riproduzione di parti del volume a pagamento e dietro richiesta formale, così mi limiterò a riassumerli e a riformularli, aggiungendo note per spiegare concetti non approfonditi dall'autore. 

Si parte con i primi tentativi di repressione rivolti contro la camorra a Napoli: Silvio Spaventa nel 1860 cominciò a sciogliere la guardia cittadina, che era una sorta di "polizia camorrista", e ad arrestare 90 camorristi, che salirono a 1175 dopo tre anni di operazioni (1).
Segue la seconda ondata repressiva nel 1877, ad opera del prefetto di Palermo Antonio Molusardi, che in due anni debellò i briganti in Sicilia occidentale, non riuscendo in alcun modo ad intaccare la mafia (2).
La terza ondata repressiva colpì Napoli nel 1907: il Capitano dei Carabinieri Fabroni effettuò rastrellamenti, imprigionando circa 400 camorristi. Promosso, fu allontanato da Napoli (3).
La quarta ondata repressiva fu portata avanti da Cesare Mori nel suo primo soggiorno in Sicilia, negli anni dal 1915 al 1917. Utilizzò il metodo di rastrellamento inaugurato da Fabroni, riuscendo a catturare molti briganti.
Lo stesso Prefetto di Ferro comprese in seguito che la sua azione non aveva in realtà colpito la mafia. Seguirono promozione e allontanamento.
La quinta ondata repressiva ebbe ancora Cesare Mori per protagonista, questa volta inviato da Benito Mussolini. Siamo nel 1926. Di Girolamo riporta un fatto taciuto dal Petacco: l'operazione non riguardò soltanto la Sicilia, ma anche altri distretti del Meridione, colpendo duramente Napoli e Caserta.
La sesta e ultima ondata repressiva ha avuto inizio tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 dello scorso secolo, portata avanti da Falcone e da Borsellino. I risultati sono stati i seguenti: un migliaio di persone tuttora in carcere per mafia, tra cui circa settecento sotto regime di carcere duro (41 bis).
Il libro a questo punto fa notare che nessuna delle azioni descritte ha avuto successo nell'opera di eradicazione del fenomeno mafioso in Italia. Utilizzando le metafore batteriologiche da me tanto apprezzate, l'autore non esita a usare parole come "province infettate", "province meridionali infette", "peste". Qui non abbiamo a che fare con cittadini che sbagliano a causa del disagio, come vorrebbero i buonisti e gli psicologi malfattori, ma con un vero e proprio morbo epidemico simile a quello prodotto da Yersinia pestis. Quello che viene tenuto nascosto è che i rimedi di Mori stavano funzionando e che la pestilenza è tornata a crescere grazie all'imporsi della democrazia, che ne costituisce il naturale terreno di coltura. 

(1) Che l'operazione si sia poi fermata non deve stupire. Si omette ovviamente di citare le origini massoniche delle società mafiose e il ruolo di Garibaldi nella massoneria italiana.
(2) All'epoca la confusione tra brigantaggio e mafia era pressoché totale, tanto che solo Mori poté cominciare a far chiarezza.
(3) Promoveatur ut amoveatur. Un destino che toccò anche a Mori. Vedi nota (1).

Setta mafiosa e setta massonica

Data l'epoca in cui visse, Cesare Mori non aveva la benché minima idea dei rituali di iniziazione della congrega mafiosa. Soltanto in seguito alle confessioni di Joe Valachi, nel 1963, si poterono avere notizie concrete su questi rituali esoterici, che sono risultati essere di chiarissima derivazione massonica. Arrigo Petacco non fa la benché minima menzione ai rapporti tra mafia e setta massonica nel suo volume. Ugo di Girolamo invece parla del rapporto tra le organizzazioni in questione, facendo riflessioni interessanti. A suo avviso la massoneria sarebbe un mezzo usato dalle mafie per entrare in contatto con le istituzioni, con la politica e con gli imprenditori. Sarebbe in altre parole come il sistema linfatico di un corpo umano, che può essere usato dalle cellule tumorali per muoversi liberamente e portare ovunque le metastasi. Di certo questa è una buona descrizione, eppure a parer mio c'è dell'altro. Queste cellule tumorali infatti sono generate a ritmo continuo dallo stesso sistema linfatico che ne permette poi lo spostamento e la diffusione. La mafia è un braccio armato della setta massonica, un suo strumento operativo.

Reazioni nel Web

Sulla scheda del libro di Petacco su www.ibs.it è possibile leggere numerosi commenti interessanti.


Concordo appieno con Pierluigi, che scrive quanto segue: 

"Come tutti i libri scritti da Petacco anche questo ha una sintassi veramente eccezionale. Cosa che inizia a diventare purtroppo rara negli autori contemporanei. Gia questo basterebbe a farne un buon libro senza badare troppo al contenuto. Nella fattispecie ne "Il prefetto di ferro" manca forse qualche spunto ulteriore nella descrizione della lotta alla mafia "sul campo". Il lavoro è incentrato più sui retroscena e sulle macchinazioni del Palazzo per eliminare questa persona scomoda. Ne esce fuori alla fine un libro che più che parlare di Cesare Mori a fondo da una descrizione del clima e di alcune metodologie che hanno contraddistinto il ventennio fascista. Se Petacco avesse dedicato più spazio al Prefettissimo e meno al "contesto fascista" ci avrebbe regalato sicuramente un piccolo capolavoro." 

Critico è Maurizio, che scrive: 

"Il difetto maggiore sta nel titolo: di sicuro Mori mise a freno la mafia di quel periodo che non fu però esattamente messa in ginocchio ma, intelligentemente, ando "in letargo" per uscirne ad acque chetate. Il pugno di ferro andava di pari passo con una dilagante corruzione e lo stesso Mori usò quest'occasione per disfarsi di alcuni nemici. L'immagine dello Stato in Sicilia e per i siciliani ne uscì ulteriormente deteriorata e la mafia rifiorì"

Ovviamente Maurizio non comprende bene l'accaduto. Glielo spiegherò con parole semplici. Alcuni bacilli pestosi che avevano trovato scampo in America hanno fatto ritorno, aiutando gli Alleati nello sbarco in Sicilia e favorendo l'instaurazione di un ambiente adatto alla loro pullulazione, che tuttora perdura. Chiaro che se fosse dipeso da Mori tutto ciò non sarebbe mai avvenuto. 

Roberto Nanni scrive, in modo molto assennato (ma con qualche refuso): 

"Secondo me sono storie in quanto se il Povero Generale Dalla Chiesa avesse solo avuto la metà dei poteri di Mori, la mafia avrebbe avuto colpi durissimi già negli anni 80.Oggigiorno sicuramente una figura come Mori è impossibile trovarla in quanto egli anteponeva lo stato a tuttoed a tutti cosa che i politici degli ultimi 30 anni si sono ben guardati dal farlo."

Gli consiglio di leggere bene le mie considerazioni sulla setta massonica e sulle origini della setta mafiosa, così capirà perché la politica italiana abbia lasciato soli gli eroi e prodotto abominazioni in grande copia. 

Renzo Montagnoli e Mattia ricordano che Cesare Mori fu politicamente indipendente, in quanto erede della tradizione liberale. Mussolini gli diede l'incarico di debellare la mafia perché lo stimava per la sua grandissima onestà. Una domanda. Quale politico odierno darebbe mai un incarico così importante a un esponente di idee molto diverse dalle sue, come ha fatto Mussolini con Mori?

domenica 20 novembre 2016


FREAKS

Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1932
Durata: 64 min (versione tagliata)
   circa 90 min (versione originale perduta)
Colore: B/N
Audio: Sonoro
Genere: Drammatico, orrore
Regia: Tod Browning
Soggetto: Tod Robbins
Sceneggiatura: Clarence Robbins
Produttore: Tod Browning
Fotografia: Merritt B. Gerstad
Montaggio: Basil Wrangell
Scenografia: Merrill Pye, Cedric Gibbons
Interpreti e personaggi:
    Wallace Ford: Phroso
    Leila Hyams: Venere (Venus)
    Olga Baclanova: Cleopatra
    Roscoe Ates: Roscoe
    Henry Victor: Ercole (Hercules)
    Harry Earles: Hans
    Daisy Earles: Frieda
    Rose Dione: Madame Tetrallini
    Daisy e Violet Hilton: Le gemelle siamesi
    Schlitzie: Un microcefalo (travestito da donna)
    Josephine Joseph: Mezza Donna-Mezzo Uomo
        (un ermafrodita) 
    Johnny Eck: Half Boy
    Frances O'Connor: La ragazza senza braccia
    Peter Robinson: Lo Scheletro Umano
    Olga Roderick: La Donna Barbuta
    Koo Koo: Se stessa
    Prince Randian: Il Torso Vivente 
    Martha Morris: Moglie di Angeleno, senza
         braccia
    Elvira Snow: Ragazza microcefala
    Jenny Lee Snow: Ragazza microcefala
    Elizabeth Green: La Ragazza-Uccello
    Angelo Rossitto: Angeleno
    Delmo Fritz: Mangiatore di spade
    Edward Brophy: Fratello Rollo A
    Matt McHugh: Fratello Rollo B
Doppiatori italiani:
    Gianni Giuliano: Phroso
    Noemi Gifuni: Cleopatra
    Michele Kalamera: Ercole
    Lidia Montanari: Hans
    Claudia Balboni: Frieda
    Daniela Nobili: Daisy e Violet Hilton

Disclaimer:

I buonisti e i fautori del letame politically correct sono pregati di non proseguire nella lettura. Se intendono andare avanti comunque, non si lamentino e non infastidiscano con le loro crisi isteriche.

Trama: 

Nel microcosmo di un circo dove sono esibiti numerosi esseri deformi, si consumano storie d'amore squallide e senza speranza. Il nano Hans si strugge e spasima per la bella Cleopatra, una trapezista all'apparenza perfettamente eugenetica. Lei asseconda la passione del suo innamorato non per pietà e neppure per genuino amore: l'unica cosa che le interessa è il denaro. Infatti Hans è ricco, anzi, è ricchissimo e la sua eredità fa gola. In altre parole, Cleopatra è un tipico esemplare femminile della sciaguratissima specie umana. Le donzelle possono cianciare finché vogliono, fare gnè gnè, dire che amano il loro ragazzo per la sua intelligenza e che non danno importanza ai soldi, ma noi sappiamo bene che sono tutte stronzate. Tornando al film in analisi, Cleopatra è ben perfida: non intende affatto aspettare che Hans una volta divenuto suo marito si consumi nella vecchiaia, impiegando anni a morire. Assieme al suo amante Ercole, un nerboruto energumeno dotato di fallo colossale, una vera e propria scimmia (a quanto pare la specie preferita dalle femmine umane), progetta di affrettare la dipartita del suo futuro coniuge. Nonostante Hans sia messo in guardia dalla cupidigia della maligna Cleopatra, finirà col cedere alle sue lusinghe e si arriverà così al matrimonio. Cleopatra, che continua a copulare selvaggiamente con il suo scimmiesco amante subumano, inizia ad avvelenare il legittimo marito servendosi di una pozione. I suoi intenti non vanno però in porto. I due amanti sono scoperti e subiscono la feroce vendetta dei compagni di Hans. L'energumeno Ercole finisce ucciso, mentre Cleopatra va incontro a un fato peggiore di mille morti, sottoposta a supplizi spaventosi. Al termine del trattamento è ridotta a un vero e proprio mostro, simile a un'oscena anatra. Le sue gambe sono state amputate, la sua lingua mozzata, le braccia e le mani schiacciate e ridotte a moncherini ripugnanti, il suo busto perennemente cosparso di catrame e ricoperto di piume. In questa sua nuova repellente forma sarà esposta per il resto della sua vita di orrori al ludibrio e allo scherno del volgo crudele.

Recensione: 

Purtroppo questo capolavoro assoluto, interpretato da veri freaks, ci è giunto incompleto a causa della censura della perfida MGM. Non sembra esistere più alcuna possibilità di reperire la versione originale. Sono andate distrutte o irrimediabilmente perse le sequenze tagliate per ordine dell'iniquo tribunale della casa cinematografica. Solo la sceneggiatura è stata recuperata negli archivi. Alla sua proiezione di prova il film aveva un finale ben più truce, al punto che molti spettatori lo ritennero inguardabile. La MGM impose un finale ottimistico, in cui il nano Hans e la sua ex fidanzata Frieda si riconciliano - e tutti vissero felici e contenti. Nonostante questo l'accoglienza fu ancora negativa e presto la pellicola acquisì fama di essere maledetta. Riporto in questa sede alcuni preziosi commenti che ho trovato in merito:

Gianluca Galletti su Facebook (22/10/2016):

"A seguito delle forti e unanimi contestazioni sollevate dopo la proiezione della prima, il regista Tod Browning (al quale Hollywood chiuse le porte dopo questo film, a causa della sua vicenda maledetta), dovette tagliare quasi mezz'ora di pellicola, e le parti tagliate sono tuttora irreperibili perché distrutte o perse. Le scene tagliate mostravano la mutilazione di Cleopatra perpetrata dai freaks, che assalivano la donna dopo che era rimasta imprigionata da un albero caduto. Veniva poi mostrato il finale ufficiale, con la donna presentata al pubblico come un'attrazione da circo. Ercole, invece di morire per mano dei freaks, veniva castrato da essi con i coltelli e, nella scena finale del film, compariva effeminato e cantava in falsetto."

E ancora, sempre dello stesso autore:

"Alla proiezione vi erano stati casi di persone che si erano sentite male e, secondo diverse voci, una donna, dopo la visione del film, subì un aborto spontaneo. Il film fu vietato dalla Germania nazista dal 1933 al 1945, nel Regno Unito la visione fu vietata fino al 1964. Fu vietata la visione nella città di Cleveland. Anche nell'Italia fascista il film venne bandito e uscì solo all'inizio degli anni settanta; in televisione, invece, dopo essere stato doppiato su richiesta della RAI, fu trasmesso per la prima volta verso la fine degli anni 80 in una trasmissione notturna di Enrico Ghezzi."

Freaks e il Nazionalsocialismo 

Il divieto imposto dalla censura in Germania deve far meditare. Tutte le ciance buoniste sulla cosiddetta "paura verso il diverso" partono da un presupposto erroneo: attribuiscono alle genti dell'epoca un sentire moderno. Peccano quindi di anacronismo. Non esisteva il concetto di "diverso" amato dai buoni e odiato/temuto dai cattivi. Neppure esisteva il concetto tutto moderno di "paura" e "odio" come sinonimi. Esisteva un'idea molto più forte e definita: tutto ciò che deviava dallo standard di individuo sano doveva essere rimosso in quanto errore, difetto, aberrazione. Per quanto portato avanti in modo spietato, il fine ultimo - i moderni se ne stupirebbero molto - era quello di rimuovere dal mondo ogni malattia e ogni sofferenza. L'errore di fondo era l'idea, contraddetta dalla Scienza, di poter eliminare i difetti genetici tramite selezione. Per quanto riguarda i carnefici, numerosissimi, che prosperarono in quel contesto, erano come predatori che dilaniano le loro prede. È una stronzata colossale dire che un lupo attacca e strazia un agnello perché "odia la diversità"

Dato che era propagandato il culto della forza e della perfezione fisica, i mostri di Tod Browning non potevano avere spazio alcuno, neppure nell'immaginario: dovevano in tutti i modi essere tenuti nascosti. Non perché facessero paura, ma perché provocavano disgusto e sdegno. Si credeva, in altre parole, che la semplice vista dei freaks fosse ammorbante e potesse corrompere le menti così come la sifilide corrompe le membra. Quello che più faceva orrore alla dirigenza della NSDAP era di certo il matrimonio tra una donna perfettamente formata e un nano ipofisario. Da questo orrore nasceva la necessità di censurare, per far sì che il popolo non vedesse e non immaginasse la negazione di ogni ideale di salute e di estetica. Proprio in questo tentativo di allontanare la gente dalla realtà e di farla vivere in un mondo che non esiste, si deve cogliere la causa prima della rovina del Nazionalsocialismo tedesco. 



Freaks nel mondo anglosassone

Bisogna tuttavia notare che in America e in Inghilterra il sentire non era poi tanto dissimile da quello della Germania di Hitler. Non a caso la censura si abbatté su Freaks anche negli States e in Albione, terre di radicata tradizione eugenetica e famose per quel calderone di atrocità che era il mondo circense. La crudeltà nel mondo anglosassone era decisamente maggiore di quella in auge nel Reich. Prendiamo per esempio i manifesti teatrali del film che mostrano il seguente commento: "Can a full grown woman truly love a midget?", ossia "Può una donna pienamente cresciuta amare davvero un nanerottolo?" Si noterà il tono di irrisione, sottolineato dall'uso della parola midget, termine dispregiativo che negli USA ha sostituito quasi del tutto l'originaria parola anglosassone dwarf, di nobile e antichissima origine. Credo sia il caso di far notare che il significato principale di midget è "pappataci", "flebotomo". Non male per la nazione che ha imposto al mondo il buonismo politically correct. Anche a costo di apparire impopolare, ritengo che il tremendo fato di irrisione e di disprezzo in un circo di mostruosità fosse qualcosa di ben più orrendo della stessa eliminazione fisica. Se mi trovassi nelle condizioni di scegliere tra essere esibito vita natural durante come un fenomeno da baraccone e ricevere un'iniezione letale, opterei senza esitare minimamente per la seconda soluzione. 

Interpretazione

Questo film mostra l'atroce condizione dei corpi, con gli orridi travagli e le miserie insostenibili a cui sono sottoposti incessantemente. Lungi dall'essere una metafora di fatui concetti partoriti dalle menti nocive degli psicologi, Freaks ci mette davanti agli occhi l'essenza maligna di una Natura tremenda, non soltanto matrigna come da proverbio, ma assassina e torturatrice. La vita è mostrata per quello che è, una mostruosa perturbazione che ha posto fine alla quiete assoluta della Non Esistenza per dare origine a un ricettacolo di dolore e di abominio. Non è la forma del corpo di un essere umano ad avere importanza, perché ogni creatura è maledetta e destinata alla Tenebra. Questo è l'Abisso più nero, in cui non filtra un solo raggio di luce e la speranza è solo una scintilla esigua che esiste all'unico scopo di essere annientata.  

Il fato di Tod Browning

La MGM intendeva battere la concorrente Universal Studios, che aveva registrato incassi da capogiro con Frankenstein di James Whale (1931). Così intendeva realizzare un film horror ancora più terrificante servendosi di Tod Browning, che aveva diretto assieme a Karl Freund il famoso Dracula (1931), interpretato da Bela Lugosi. Tuttavia ben presto la MGM si accorse che il film non destava realmente orrore: gli spettatori provavano disgusto, sdegno e ira. Per il regista fu una spaventosa sconfitta. Diresse ancora altri quattro film. Questi furono Fast Workers (1933), I vampiri di Praga (Mark of the Vampire, 1935), La bambola del diavolo (The Devil-Doll, 1936) e Miracles for Sale (1939). Nel 1942 si ritirò a vita privata nella sua villa di Malibù, nel cui bagno fu trovato morto nel 1962, ben trent'anni dopo l'uscita di Freaks


Curiosità

Il nano tiroideo Angelo Salvatore Rossitto (Angeleno) fu scoperto da John Barrymore ed ebbe una lunga carriera nel cinema, vestendo i panni di nani, pigmei, mostri e persino alieni. Comparve nel controverso Child Bride (1938), oltre che in Alex in Wonderland (1970) e in Dracula vs. Frankenstein (1971). Il suo ultimo ruolo maggiore fu quello di Master in Mad Max - Oltre la sfera del tuono (1985).

Johnny Eck (nato John Eckhardt Jr.) era privo della parte inferiore del corpo fin dalla nascita. In realtà era dotato di zona pelvica e di gambe, anche se tali membra erano atrofiche e inutilizzabili. Aveva grandi abilità di prestigiatore e di animatore di burattini. Visse felice per quarant'anni, poi la visita dei ladri nella sua dimora gli provocò un grave declino cognitivo. 

Peter Robinson, lo Scheletro Umano, era un attore shakespeariano.

Il tetramelico Prince Randian (a volte scritto Rardion o Randion) era un hindu nato nella Guyana Britannica e parlava hindi, inglese, francese e tedesco. Fu soprannominato anche Uomo Serpente (Snake Man) o Bruco Umano (The Human Caterpillar)

Il microcefalo Schlitzie (forse nato Simon Metz) aveva le capacità mentali di un bambino di tre anni. Fu spesso presentato come di sesso femminile o androgino; vestiva abiti femminili lunghi perché più pratici, dato che la sua incontinenza urinaria lo costringeva a indossare il pannolone. Per via della sua forma del cranio fu spesso presentato come "The Last of the Aztecs".  

Etimologia di freak 

Il termine inglese freak ha il significato centrale di "capriccio, cambiamento improvviso d'idea". Il suo uso per indicare un individuo fisicamente anormale passa attraverso la nozione di "cosa inusuale", influenzato poi dalla locuzione latina lusus naturae "scherzo della Natura". Anche in italiano esiste la locuzione "capriccio della Natura". L'origine ultima della parola è molto incerta e più si risale indietro nei secoli, più si registrano slittamenti semantici importanti. Soltanto nel medio inglese era friken "muoversi agilmente", mentre nell'anglosassone era frician "danzare". Secondo alcuni l'origine ultima è la stessa dell'omonimo freak "guerriero, uomo coraggioso" (antico inglese freca), ma la cosa non è affatto sicura.

martedì 15 novembre 2016


IL VILLAGGIO DEI DANNATI

Titolo originale: Village of the Damned
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Gran Bretagna, USA
Anno: 1960
Durata: 77 min
Colore: B/N
Audio: sonoro
Genere: fantascienza, orrore
Regia: Wolf Rilla

Soggetto:
 I figli dell'Invasione, di John Wyndham
Sceneggiatura: Stirling Silliphant
Produttore: Ronald Kinnoch
Fotografia: Geoffrey Faithfull
Montaggio: Gordon Hales
Musiche: Ron Goodwin
Interpreti e personaggi:
    George Sanders: Gordon Zellaby
    Barbara Shelley: Anthea Zellaby
    Martin Stephens: David Zellaby
    Michael Gwynn: Mag. Alan Bernard
    Laurence Naismith: Dott. Willers
    Richard Warner: Harrington
    Jenny Laird: Sig.ra Harrington
    Sarah Long: Evelyn Harrington
    Rosamund Greenwood: Miss Ogle
    Thomas Heathcote: James Pawle
    Charlotte Mitchell: Janet Pawle
    Pamela Buck: Milly Hughes
    John Phillips: Generale Leighton
    Keith Pyott: Dott. Carlisle
Doppiatori italiani:
    Emilio Cigoli: Gordon Zellaby
    Dhia Cristiani: Anthea Zellaby
    Sergio Graziani: Mag. Alan Bernard
    Manlio Busoni: Dott. Willers
    Nino Bonanni: Sig. Harrington
    Wanda Tettoni: Miss Ogle
    Nino Bonanni: James Pawle
    Nino Pavese: Generale Leighton
    Amilcare Pettinelli: Dott. Carlisle 

Trama: 

In una cittadina inglese, Midwich, si manifesta uno strano fenomeno. Gli abitanti sono colpiti dal deliquio, finendo in uno stato di completa incoscienza. Allo stesso modo tutti coloro che entrano nel territorio del borgo perdono i sensi. Dopo alcune ore la gente collassata si riprende e l'evento portentoso si risolve da sé senza mostrare danni di sorta. Due mesi dopo accade qualcosa di veramente strano: tutte le donne dell'abitato sono incinte. Non soltanto quelle sposate, ma anche quelle che non hanno una vita sessuale attiva e persino le vergini. Tutte le donne partoriscono nello stesso giorno. I bambini nati da queste gravidanze hanno le stesse caratteristiche, come se fossero tutti gemelli omozigoti: hanno i capelli color biondo platino e strani occhi dallo sguardo ipnotico. Si sviluppano rapidamente e presto diviene chiaro che sono dotati di poteri telepatici. Comunicano tra loro servendosi del pensiero, hanno una forte coesione di gruppo ed evitano la compagnia degli altri bambini. Gli stessi concetti di empatia e di amore sono loro estranei. Tre anni dopo il professor Gordon Zellaby, la cui moglie Anthea è madre di uno degli bambini telepatici, apprende dalle autorità governative e militari che i portenti di Midwich non sono isolati. Anche in altre parti del mondo si sono verificate nascite dello stesso tipo: tra gli Eschimesi del Canada, tra gli aborigeni australiani e in due diversi luoghi dell'Unione Sovietica, uno in Siberia e l'altro ai confini con la Mongolia. Gli Inuit, le genti native dell'Australia e i Mongoli hanno prontamente sterminato la progenie albina, ritenendola opera di spiriti maligni. Soltanto in Inghilterra e in Siberia ai bambini anomali è stato permesso di sopravvivere. Tuttavia il villaggio siberiano a un certo punto è stato distrutto dai militari con un'arma atomica e l'accaduto è stato fatto passare per un incidente. Le autorità sono giunte a questa risoluzione drastica, dal momento che un precedente tentativo di occupare l'abitato era fallito a causa dell'azione telepatica degli infanti mostruosi, che avevano fatto sì che i soldati si uccidessero a vicenda. L'unica conclusione possibile è che si tratti di alieni. Zellaby, compresa la terribile minaccia, riuscirà a trovare il modo di schermare i propri pensieri alla lettura da parte dei giovani invasori, li radunerà in una scuola e si farà saltare in aria, distruggendoli. Il film si conclude con l'immagine piuttosto grottesca di un grande sciame di occhi luminosi che, liberi dai corpi che avevano generato e occupato, si dirigono verso lo spazio esterno. 

Recensione: 

L'idea portante della progenie aliena parassitaria è geniale e trae la sua origine dall'attenta osservazione della Natura. Non a caso il romanzo da cui Wolf Rilla ha tratto il film, ossia I figli dell'Invasione, di John Wyndham (1957), ha il titolo originale The Midwich Cuckoos, ossia I cuculi di Midwich. Si tratta di una forma di parassitismo sociale. Il cuculo, come tutti ben sanno, depone le proprie uova in nidi di uccelli di altre specie, a cui è lasciato l'onere di allevare la molesta prole. Il pulcino del cuculo si rivela voracissimo, cresce più di quelli degli uccelli che gli danno ospitalità, tanto che a un certo punto li scalza dal nido, provocandone la morte. Anche il mondo degli insetti ha i suoi parassiti sociali, ancor più simili a quelli immaginati da Wyndham. Esiste una vespa della carta, Polistes semenowi, che si insinua nei nidi di altre specie di vespe della carta, come Polistes dominula, soggiogandone la regina e usando il nido per far crescere la propria covata, che è interamente femminile. Questa vespa parassitaria si distingue per gli occhi di un diverso colore, ma ha feromoni simili a quelli degli individui della specie parassitata - il che rende l'inganno perfetto. Allo stesso modo gli alieni del film hanno trovato il modo di far concepire alle donne della cittadina inglese, assumendo così un corpo fisico e crescendo a spese della popolazione locale. L'idea è tanto piaciuta che il film di Wolf Rilla ha avuto un seguito, La stirpe dei dannati (Children of the Damned, 1963), diretto da Anton Leader, e ne è stato fatto anche un remake: Villaggio dei dannati di John Carpenter (John Carpenter's Village of the Damned, 1990). 


I Figli di Savile

Il film si è dimostrato profetico, proprio come il romanzo fantascientifico da cui è stato tratto, I figli dell'Invasione. Infatti Il villaggio dei dannati preconizza la più grande sciagura che abbia colpito l'Inghilterra nel corso dei secoli: l'opera luttuosa del demoniaco Jimmy Savile, il più efferato predatore sessuale vissuto in quella nazione infelice. Egli commise innumerevoli violenze carnali e seminò figli illegittimi fino a riempire il Regno Unito del suo genoma. Anche se prediligeva il vaso escrementizio, lo sperma che colava sui genitali femminili dopo l'atto fu spesso fecondo. I bastardi che ne nacquero nel corso degli anni hanno ereditato l'abominevole genetica di quel figlio di Grendel. Sono riconoscibili dal loro laido sembiante, dagli occhi spiritati e dai capelli chiari, spesso di color biondo platino. Dai pur approssimativi calcoli che ho fatto, risulta possibile che Jimmy Savile abbia procreato almeno un migliaio di figli. La sua mostruosa eredità di Figlio di Caino vive dunque in Albione nei cromosomi di questi rampolli e non si spegnerà di certo. Come non pensare a Wyndham e al film di Wolf Rilla? La cosa non è sfuggita ai malfattori della BBC, che dopo aver coperto per decenni le scelleratezze del DJ, misero in giro la voce che questi si era fatto vasectomizzare e che quindi le sue violenze sessuali dovevano per necessità essere sterili. Non bisogna credere a simili grossolane manipolazioni: è chiaro che hanno il solo intento di insabbiare un grave scandalo. Una cosa è certa. Se dirigessi un remake de Il villaggio dei dannati, lo intitolerei I Figli di Savile.


Partenogenesi e censura religiosa 

Il primo progetto di un film tratto dal romanzo di Wyndham fu portato avanti in America da Ronald Colman nel 1957. La Metro Goldwyn Mayer ha accantonato la produzione perché temeva le ire dei gruppi fondamentalisti cristiani, che avrebbero reagito con furia all'immagine inquietante e negativa della partenogenesi. La cosa è di una tale assurdità da far rimanere di sasso. Se vi sono cristiani che non sanno distinguere tra la nascita di Gesù Cristo e quella di un demonio, significa che a regnare tra loro è un'ignoranza così spaventosa da non avere confini, dal momento che non conoscono neppure la religione che dicono di professare. Non mi risulta che in Inghilterra si siano segnalati simili problemi con una qualsiasi comunità religiosa: sono convinto che l'accantonamento del progetto fosse dovuto in realtà a motivi di diversa natura. Forse gli ashkenaziti della MGM avevano trovato irritante qualcosa nella trama, oppure Colman in qualche occasione aveva detto qualcosa che essi avevano ritenuto degno di vendetta. La cosa non potrà mai essere chiarita. Ronald Colman morì nel 1958 e dopo un anno la sua vedova, Benita Hume, sposò l'attore George Sanders, a cui per mera coincidenza fu assegnato il ruolo del professor Zellaby nel film diretto da Wolf Rilla, di cui pure si menziona l'origine ashkenazita (la sua famiglia fuggì dalla Germania all'ascesa della NSDAP). 

Un surreale fraintendimento

Il film fu proiettato nel Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro il primo marzo del 2010, come ricordato da questa pagina: 


Ero presente alla proiezione e sono riuscito a seguire bene il film, pur trovandomi in uno stato di torpore indotto non soltanto dalla stanchezza, ma anche da libagioni di whisky. Come di costume, alla visione è seguita una discussione. In genere non intervenivo, anche perché tra i presenti erano molto popolari idee radical shit che detesto vivamente e non avevo nessuna intenzione di litigare. Del resto, nessuno sospettava nemmeno lontanamente la mia avversione per il concetto di democrazia e il fatto che tra i miei referenti politici ci sia Ezzelino III da Romano. Ricordo ancora che tra le spettatrici se ne levò una a porre una domanda stupidissima. Costei aveva poppato le baggianate di Gad Lerner che ulula alla luna vedendo nazisti dovunque, così chiese se i bambini dai capelli albini del film di Rilla fossero "una manifestazione dell'arianesimo". Pur tra i fumi dell'alcol, trasecolai. "Cosa intende questa gallina?", furono le parole che mi balenarono nel cranio. Intanto la donna provò a spiegarsi farfugliando. Secondo lei quei bambini, tutti uguali e chiari di capelli, avrebbero rappresentato l'ideale genetico della razza eletta teorizzata da Adolf Hitler. Incredibile dictu, col nome di "arianesimo" questa intendeva le dottrine razziali del Nazionalsocialismo tedesco. In realtà Arianesimo è il nome di una confessione religiosa cristiana che afferma la creaturalità di Cristo e la sua non consustanzialità a Dio Padre: il suo nome viene dal prete alessandrino Ario (Arius), che l'affermò per primo. Nulla a che vedere con Hitler! Del resto, sappiamo che i radical shit riducono il Nazionalsocialismo a "quella roba là dei brutti e cattivi che non vogliono l'amico negretto in classe". Dato il bianco e nero del film, la buonista politically correct credeva che i bambini alieni fossero "biondi con gli occhi azzurri", mentre in realtà erano dotati di chiome del color del platino e di occhi abbastanza scuri, che diventavano color ghiaccio quando esercitavano la telepatia. Forse non realizzava un paio di cose molto semplici:

1) In Inghilterra di persone bionde con gli occhi azzurri ce n'è a bizzeffe;
2) L'eugenetica non era tipica soltanto del III Reich, ma anche degli anglosassoni: tuttora ha molti seguaci in America.

Davvero singolare che più tempo passa dalla caduta del Reich più aumenti a dismisura questo strepitare delirante. Dovunque getti lo sguardo si vede propaganda memetica in totale assenza di cognizione di causa.

Una storia anticomunista? 

Appurato che il romanzo di Wyndham non ha nulla a che fare con la Germania di Hitler, dobbiamo riportare una diversa interpretazione ritrovata nel Web nella seguente interessante recensione: 


Secondo l'autore del blog, sarebbe piuttosto evidente che si tratta di una storia tipica della Guerra Fredda, concepita in funzione anticomunista. All'epoca era comune il terrore della minaccia stalinista, con il suo modello di società costituita da atomi privi di personalità individuale, simili a ingranaggi in un meccanismo cartesiano privo di spirito. Di certo è più logico pensare che un romanzo sia ispirato dalla paura del futuro incombente, piuttosto che dalla necessità di stigmatizzare un passato finito da un pezzo. La condanna moralistica di un regime dissolto non insinua quel brivido che solo può provenire da un orizzonte denso di nubi nerissime. Il dubbio tuttavia resta. Anzi, l'idea della fiaba anticomunista non mi convince affatto. Non dimentichiamo che quando si manifesta la progenie aliena nel territorio dell'Unione Sovietica, viene prontamente riconosciuta come una gravissima minaccia e annientata, ricorrendo persino all'arma atomica. A mio avviso questo fatto deve intendersi come un eloquente prova che l'opera di Wyndham non aveva alcuna finalità politica. 

Alcune note su Midwich

A quanto risulta dalle ricerche compiute, non sembra che il villaggio di Midwich esista realmente. Il nome deve essere stato coniato dallo stesso Wyndham con ingredienti tipicamente anglosassoni: il prefisso mid- che sta per middle "medio, di mezzo" come in Midsummer "solstizio d'estate"  (lett. "mezza estate") e l'elemento -wich, che si trova anche in Greenwich e che risale all'antico inglese wīċ "villaggio (fortificato)", prestito dal latino vicus /'wi:kus/ "centro abitato, villaggio". Si noterà che esiste Middlewich nella Contea di Cheshire, il cui nome potrebbe essere servito da ispirazione all'autore. A scanso di equivoci, questi toponimi in -wich non hanno nulla a che vedere con la parola witch "strega": si tratta di un'omofonia fortuita. Così Greenwich è il Villaggio Verde, non la Strega Verde, come invece qualcuno si ostina a credere a dispetto di ogni evidenza.

sabato 12 novembre 2016


MONDO CANDIDO

Paese di produzione: Italia
Lingua originale: Italiano
Anno: 1975
Durata: 110'
Colore: Colore
Audio: Mono
Genere: Grottesco, trash, black comedy, erotico
Regia: Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi
Soggetto: Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi,
     Claudio Quarantotto
Sceneggiatura: Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi,
     Claudio Quarantotto
Tratto da: Candido, o l'ottimismo, di Voltaire
Produttore: Camillo Teti
Casa di produzione: Perugia Cinematografica
Direttore di produzione: Averroè Stefani
Ispettore di produzione: Franco Coduti
Aiuto regista: Stefano Rolla
Fotografia:
Giuseppe Ruzzolini
Montaggio: Franco Letti
Effetti speciali: Giovanni Corridori
Musiche:
Riz Ortolani
Scenografia: Franco Vanorio
Costumi: Franco Carretti
Aiuto costumista: Tiziana Mancini
Operatore: Alessandro Ruzzolini
Maestro d'armi: Remo De Angelis
Interpreti e personaggi:  
    Christopher Brown: Candido
    Michelle Miller: Cunegonda
    Jacques Herlin: Dottor Pangloss
    José Quaglio: L'Inquisitore / il prete cornificato
         (amante di Cunegonda)
    Steffen Zacharias: Il Guru New Age
    Gianfranco D'Angelo: Il Barone
    Salvatore Baccaro: L'Orco necrofilo
    Alessandro Haber: Il giudeo Don Issacar 
         (amante di Cunegonda)
    Richard Domfe (Domphe): Cacambo
    Sonia Viviani: La servetta sifilitica
    Carla Mancini: Soldatessa israeliana
    Lorenzo Piani:  Soldato bulgaro biondo / soldato
         inglese biondo 
    Giancarlo Badessi: Il Governatore spagnolo
    Annick Berger: La Baronessa
    Giancarlo Cortesi:
Giovane vestito da angelo /
        fedayin palestinese
   
    Marcello Di Falco: Cavaliere effeminato /
         carrista inglese
    Mauro Perrucchetti: Attila, il cantante demoniaco
        (amante di Cunegonda)
    Valerio Ruggeri: Amerigo Vespucci 
    John Stacy: Capitano della nave
Personaggi senza attori identificati:
   Al Capone
   Boia portoghese 

   Carampana New Age
   Cristoforo Colombo
   Gli amanti nel globo 

   Marilyn Monroe
   Nobile portoghese panzone
       (amante di Cunegonda)
   Ragazza morta brutalizzata dall'orco 

    Soldatessa israeliana bionda e crespa
   Soldatessa israeliana mora
   Soldato bulgaro dalla barba corvina
   Soldato portoghese barbuto
   Soldato portoghese glabro
   Strega ingabbiata
   Streghe nude con la cuffia
   Vecchia fellatrice

Trama: 

Se all'inizio il film mostra una qualche aderenza al Candide di Voltaire, presto comincia ad allontanarsene in modo irrimediabile, dando vita a una sequenza di eventi folli e deliranti. Il povero Candido si trova sbalzato da un'epoca all'altra. Cacciato dal castello del Barone dopo aver fatto godere la bella Cunegonda leccandola, Candido si ritrova in un campo militare. Nel libro di Voltaire questi soldati erano i Bulgari, versione satirica dei Prussiani. Nel film sembra piuttosto di essere in Francia all'epoca di Napoleone. A comandare l'esercito non è certo Federico il Grande ma un effeminato. Si capisce che qualcosa inizia a non andare, anche perché il sovrano sodomitico si fa piantare giganteschi chiodi nell'armatura senza risentirne. I soldati, che sono dotati di vistosi cappelli col simbolo massonico dell'Occhio Onniveggente, vengono sterminati da colpi di mitragliatrice di un esercito moderno. Candido finisce quindi in una distorsione spaziotemporale che lo porta nel Portogallo dell'Inquisizione, dove Pangloss viene impiccato. Ritrova Cunegonda e la lecca di nuovo tra le gambe. Quando arrivano gli amanti della bella nobildonna, l'Inquisitore, il ricco giudeo e un diabolico cantante rock, si scatena il putiferio. Segue un duello a colpi di chitarra tra Candido e il cantante, in cui il protagonista ha la peggio. Salvato dal mandingo Cacambo, il giovane viene imbarcato su una nava diretta in America. Soltanto che nel film di Jacopetti l'America è quella attuale. Per colmo dell'anacronismo, assieme a Candido e a Cacambo si imbarcano Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Al Capone, Marilyn Monroe e altri. La nave giunge a New York nel bel mezzo degli anni '70 del XX secolo e i suoi passeggeri sono accolti come eroi. Candido ritrova Pangloss, che è un cronista esperto nell'arte di imbambolare le masse dementi. Amerigo Vespucci è alle prese con una bottiglia di Ballantine's, Cristoforo Colombo si ritrova a fissare inebetito due lattine di Coca Cola che gli sono state messe in mano, mentre Cacambo, tirato a lucido, viene liberato dal collare di ferro dalle Pantere Nere e si fuma un grosso sigaro. A questo punto Candido viene a sapere che Cunegonda è diventata una pornodiva e una cantante, il cui spettacolo itinerante si chiama "The Best Possible Orgasm in the World". Il giovane è preso da una crisi di gelosia; Pangloss gli dice che la sua amata è andata in Irlanda a combattere e lui parte senza pensarci due volte assieme a Cacambo. Giunti nell'Ulster distrutto dalla guerra civile, i due trovano finalmente traccia della donna fatale: raggiungono una chiesa desolata in cui non ci sono più né Dio né i Santi. Un prete furibondo assesta al grande crocefisso formidabili martellate per abbatterlo. Candido si accorge che le vetrate della chiesa ritraggono Cunegonda in veste di Maria. Il prete afferma di essere stato reso becco da un giudeo, che si è perso la donna e l'ha condotta con sé. In preda alla furia il cornuto estrae un mitra e si mette a sparare raffiche. Senza soluzione di continuità, Candido e il suo fedele servitore giungono in Israele, dove è in corso un'esercitazione militare a cui partecipano numerose soldatesse ashkenazite, bellissime e angeliche quanto letali. Anche qui la ricerca di Cunegonda fallisce e si scatena una tremenda battaglia tra le israeliane e i fedayin palestinesi, che si combatte in un campo di papaveri. I fiori finiscono insanguinati. Le peripezie del protagonista continuano: arriva nel bel mezzo del deserto, dove vive una comune hippy dedita alle baggianate New Age e a faticose attività insensate. Dopo alcune significative conversazioni volte a svelare la vana essenza dell'Universo, si ha il gran finale. Candido ritrova Cunegonda consunta dagli stenti, viene abbandonato dall'irridente Cacambo e in riva al fiume viene catturato in una specie di loop temporale che lo riporta al punto di partenza.  

Recensione:

Se devo essere franco, la prima volta che ho visto questo film mi è sembrato una schifezza immondissima e per giunta senza né capo né coda. Rivedendo questo cult del trash, la mia opinione è stata un po' più mite e l'ho trovato tollerabile. Non nego che abbia qualche momento felice, ma nell'insieme rimane comunque davvero pesante.

Reazioni nel Web

Recensione lapidaria ma significativa su Mymovies.it:

"Jacopetti adatta il Candido di Voltaire alla misura dei suoi Mondo cane." 

Nulla di più vero: lo stesso titolo fa il verso a Mondo cane: è quasi Mondo can...dido.

Questo invece è il parere del commentatore samtam90 su Filmtv.it:

"Voltaire si starà rivoltando nella tomba, grazie alla nuova porcata di Jacopetti & Co. Voto: 4"

Oscenità varie e costumi grotteschi

Il regista si è preso non poche libertà, trasformando completamente l'opera dell'Illuminista e introducendo innumerevoli turpitudini. Così il bacio tra Candido e Cunegonda diventa qualcosa che ha dell'incredibile: il giovanotto infila la testa sotto la gonna della figlia del Barone e si mette a lapparle con infinita voluttà gli orifizi inferi. Anche se il lungo indumento femminile nasconde l'atto, si capisce benissimo cosa sta succedendo. Il volto della figlia del Barone di Vestfalia è illuminato dall'estasi mentre Candido la lavora con la lingua senza mai smettere, donandole una catena di orgasmi. Visti i costumi igienici dell'epoca, dubito molto che l'atto sarebbe stato godibile. Tanto più che Jacopetti non descrive la corte del Barone come il villaggio dei Puffi. La laida Baronessa si ingozza a tavola e ha il vaso da notte sotto il culo sempre smerdante, quello stesso pitale pieno di feci con cui le sarà poi spaccato il cranio. Devo dire che il personaggio di Pangloss è rappresentato alla perfezione. Certo, la sifilide gli fa cadere un orecchio anziché divorargli il naso, ma per il resto la corrispondenza è perfetta. Lo strabico e segaligno Jacques Herlin, quasi una versione smagrita di Marty Feldman, interpreta magistralmente il ruolo ed è una delle poche scelte felici. Pestilenziale, al punto che nulla più farlo deflettere dalla sua teodicea, Pangloss incarna l'ottimismo nel film come nel libro. Tanto gradito è all'Artefice, che nemmeno l'impiccagione riesce a ucciderlo. La sua cuffia nera con due appendici laterali che coprono le orecchie, simili a corna mozze, i ciuffi di capelli bisunti non contenuti dallo stravagante copricapo, tutto contribuisce a renderlo ancor più odioso. Non male il Barone, interpretato da un delirante e grottesco Gianfranco D'Angelo. Alessandro Haber si trova assai bene nei panni del sefardita Don Issacar col suo sembiante scuro e il suo abito nero con una gigantesca Stella di David per fibbia. In questi tempi le scene con quel personaggio non si sarebbero potute più girare senza guadagnare al regista accuse di antisemitismo. 

L'uso dell'anacronismo     

Il film di Jacopetti e di Prosperi è stato rovinato non tanto dalle licenze sessuali, quanto dall'introduzione di un elemento innovativo quanto irrazionale, demenziale e incontrollabile: l'ANACRONISMO. Fanno la loro irruzione nella Vestfalia e nel Portogallo del XVIII secolo personaggi del XX secolo come bikers e cantanti rock. Ad espugnare il castello del Barone non sono i Bulgari, ossia i Prussiani di Federico II, ma i Satanassi, una gang di motociclisti scatenati simili agli Hell's Angels, che portano con sé una montagna di vinili, giradischi e televisori. Provate a immaginarvi l'assurdità della cosa. L'effetto straniante è come un pugno nello stomaco. Il capo dei Satanassi trova Cunegonda in sottoveste e la possiede carnalmente, realizzando con lei tutte le posizioni del Kamasutra. La penetra un'infinità di volte e le fa fare anche un 69, con lei sopra a fellarlo mentre lui le lecca il cunnus - anche se non con la perizia con cui lo faceva Candido. Nelle intenzioni dei registi vorrebbe essere uno stupro, in realtà si vede benissimo che la nobildonna partecipa agli atti sessuali in modo gioioso. Il Grande Inquisitore a Lisbona è affiancato dallo stesso motociclista diabolico, armato ci chitarra elettrica. Una visione surreale che fa quasi dubitare di essere sani di mente. 

Sesso senile e necrofilia

L'ascensione di Candido vestito da angelo sulla cima di una montagna è l'inizio di una sequenza allucinante. Una vecchia vestita di nero mette la testa tra le gambe del giovane nudo, gli prende il pene in bocca e inizia a succhiarlo per poi ritrarsi disgustata, sputacchiando, perché ha trovato che sul glande c'era lo smegma, il cui sapore di formaggio rancido non è certo grato. Anche in questo caso Voltaire ha motivo di rivoltarsi nella tomba. Questa laida scena anticipa e profetizza l'epidemia di sesso senile che ha colpito il mondo occidentale agli inizi del XXI secolo, provocata dall'operato nocivo di un singolo uomo: Rocco Siffredi. Quella che all'epoca di Jacopetti era una surreale intuizione, ora è dura realtà: per capire la portata della rivoluzione antropologica del sesso senile basti pensare che le stesse quarantenni che soltanto vent'anni o trent'anni fa avevano schifo a praticare la fellatio, oggi sono carampane avidissime che passano il tempo a poppare bischeri - dopo essersi tolte la dentiera e averla messa in un bicchier d'acqua, è ovvio. Persino le ottantenni decrepite sono diventate appetibili per l'industria della pornografia. Tutto ciò non basta. Quando Candido si trova in mezzo alle rovine, tra mucchi di cadaveri, accade qualcosa di raggelante. Un gigante dai tratti incredibilmente grotteschi, interpretato dall'acromegalico Salvatore Baccaro, vede una giovinetta morta da poco, così si mette a denudarla e a palparle i seni. Estrae i genitali e fa per penetrarla, quando Candido è preso da una furia inaudita e lo colpisce ripetutamente al cranio con una grossa pietra fino a farlo cadere a terra esanime. Si sprofonda in un Caos in cui non è più possibile mettere un freno alla natura belluina degli esseri umani.

Oblio per i Diaghiti

Cacambo da fiero discendente dei Diaghiti di Tucuman diventa un remissivo schiavo africano. Senza dubbio un Diaghita sembrava a Jacopetti e a Prosperi meno vendibile di un Mandingo. Anche perché chi li conosce i Diaghiti in Italia? Se si chiedesse in giro il significato del nome Diaghiti, la risposta più gettonata sarebbe che si tratta di una varietà di insetti: chi mai potrebbe sognarsi che fossero fierissime genti indigene dell'Argentina? La mossa dei registi non è tuttavia dovuta a un semplice calcolo commerciale. Il personaggio di uno schiavo africano ha permesso di impostare un discorso sociale che riusciva molto gradito agli spettatori. Non dimentichiamo che quelli erano i tempi in cui l'intero sistema educativo italiano andava plasmandosi sulla questione razziale negli Stati Uniti. Le maestrine costringevano gli alunni a intonare la marcia di John Brown, non si faceva che parlare di Martin Luther King e della lotta al segregazionismo americano. Il risultato di tutto ciò sarebbe stato negli anni seguenti un contagio buonista pervasivo in cui non si sarebbe più sostenuto il fragile concetto di uguaglianza di tutti gli esseri umani, ma la superiorità delle genti dell'Africa subsahariana. Chi ricorderà il sistematico etnocidio che ha colpito i Diaghiti? Nessuno, perché per questa società essi sono irrilevanti. Persino gli studiosi se ne disinteressano. Quando sarò morto, nessuno in Italia ne parlerà più.

Scomparsa di un Manicheo

Il personaggio di Martino il Manicheo è scomparso dalla trama sconnessa del film, si è perso durante l'adattamento del racconto di Voltaire. Questo perché le sue idee non erano gradite. Si poteva sostenere un certo discorso sull'insensatezza dell'esistenza, facendolo passare per il delirio di un derviscio fumato, ma non si poteva tollerare una trattazione sistematica sulla malvagità intrinseca dell'intero Universo. Le parole di Martino non sarebbero state capite dal pubblico. Lo avrebbero ritenuto un semplice sfigato o un pazzoide e non gli avrebbero dato alcun ascolto. Se Voltaire aveva trovato necessario riesumare i Manichei per combattere la teodicea di Leibniz, il discorso sfugge totalmente a Jacopetti e a Prosperi. Le finalità originarie del Candide nel film non si avvertono quasi più, così come è sparito ogni riferimento al Grande Terremoto di Lisbona del 1755. Cancellato Martino e ridimensionata la discussione su come mai il mondo possa essere malvagio se Dio è buono, non resta che una peregrinazione del protagonista su un pianeta di merda in cui non è possibile alcuna comprensione degli orrori a cui assiste. Tutta la discussione filosofica è ridotta a un fumoso Nulla, non a caso Candido e Cacambo finiscono in una comune hippy i cui membri rotolano istante dopo istante il loro macigno di Sisifo senza scopo alcuno, in un deserto dove i sogni vengono dalla droga e la massima saggessa consiste nel pulire con una scopa un gigantesco padiglione auricolare scolpito nella roccia per liberarlo dal cerume immaginario.

La profezia della Chiesa in rovina

La fine della Chiesa Romana è preconizzata in questo film. L'edificio religioso è in completa rovina, i muri sono cadenti e polverosi. Se in passato le genti erano convinte che Dio fosse presente in quel luogo santo, ora è evidente che non ve ne è alcuna traccia. È la Chiesa di Jorge Pompeo Bergoglio. Gettata alle ortiche la sua intera biblioteca, composta da un numero incredibile di volumi, un intero universo di proposizioni teologiche è stato sostituito da borborigmi bassoventrali. Frasi del tipo "la corruzione spuzza" dove un tempo c'era la Summa Theologiae. Così come Candido vede il cadavere di un santo parlare e indicargli la via, per poi risprofondare nel sonno di Thanatos, allo stesso modo sembra alle genti che la Chiesa Romana viva una stagione fulgida, quando invece i suoi movimenti sono solo spasmi cadaverici, simili alle convulsioni di un pollo decapitato. I movimenti cattolici sono autentiche sètte, ogni segno di vitalità ecclesiastica non è che il brulicare di masse di cagnotti. Il prete incontrato da Candido è un folle che abbatte il Crocefisso e inveisce perché sa di avere le corna. Offuscato dalla demenza, rappresenta lo stato terminale e agonico di un clero dannato composto da fornicatori e da pedofili.

Pesante retorica sociale
e lampi di Apocalisse

I registi hanno stravolto la trama del Candide per calare la narrazione nel contesto storico della loro epoca. Per questo Candido e Cacambo si ritrovano a vivere la guerra tra l'IRA e gli Inglesi nell'Irlanda del Nord e il conflitto tra Israeliani e Palestinesi. In quegli anni c'era una grande ipersensibilità su questi argomenti e un film completamente avulso dall'atttualità sarebbe stato criticato in modo pesante dalle masse. A questo moralismo fanno da contraltare alcune sequenze visionarie e apocalittiche, che compensano appieno ogni forzatura. Un bambino irlandese raccoglie da terra una granata e ci gioca, pestandola con una pietra. Sembra che l'ordigno della esplodere da un momento all'altro, invece resiste ad ogni incauto trattamento. Poi l'infante toglie la sicura e lancia la granata, uccidendo i soldati inglesi di pattuglia. Nel vedere i morti, un'allegria profonda invade il bambino, le sue sono le uniche risate gioiose in quell'Inferno. Che dire allora della battaglia tra soldatesse israeliane e fedayin nel campo di papaveri? I fedayin pensano di sorprendere le israeliane mentre sono nude nella doccia, ma il loro assalto fallisce miseramente. Le donne bellissime hanno i mitra a portata di mano e si mettono a sparare, crivellando molti palestinesi. I proiettili perforano le mimetiche e fiotti di sangue fuoriescono dalle ferite, danzando nel sole sullo sfondo dei papaveri. La battaglia all'inizio volge in favore delle israeliane, che presto cominciano a registrare perdite: si vedono donne colpite da proiettili, con fontanelle di sangue che schizzano dai loro corpi venusti. Alla fine sarà la distruzione per entrambi gli schieramenti: si vede una soldatessa nuda dai capelli biondi con in pugno il mitra, le cui carni diventano un colabrodo. Anche il corpo di una mora dalle lunghe chiome finisce col danzare la propria morte convulsa sotto una tempesta di piombo. Seguirà il silenzio, i cadaveri in mezzo ai fiori intrisi di sangue. Eros e Thanatos, Sangue e Morte. Per tornare alla banalità, verso la fine del film, il Guru della setta New Age mostra a Candido il fiume che trascina via i simboli, gettati via dai giovani. Tra questi si vedono numerose svastiche, fasci littori e segni del movimento hippy, geroglifici del famoso "Peace and Love". Nemmeno un esemplare di falce e martello, si noterà. Questo perché i registi non volevano irritare le folle giovanili che all'epoca credevano fanaticamente in tali simboli. Sono sicuro che la mente di Jacopetti avrebbe potuto escogitare di meglio.       

Vite dimenticate

Notevole è la difficoltà nell'identificazione di parte degli attori: ho dovuto completare il cast per via delle lacune e delle inesattezze che si trovano nei vari siti Web. Per esempio alcune pagine forniscono una foto di Lorenzo Piani che è errata e dovuta a un'omonimia: ritrae infatti un prete dai capelli scuri, mentre l'attore di Mondo Candido è il soldato biondo dell'esercito dei Bulgari simil-napoleonici, che compare poi anche nell'Ulster all'epoca della guerra civile - come mostrato da questo link: 


Questo invece è il Lorenzo Piani prete, che nulla sembra aver a che fare col film: 


C'è poi un terzo Lorenzo Piani, che è pseudonimo di Lorenzo Piattoni, che è un cantautore e che di certo non c'entra nulla. Questo rende l'idea di quanto labili siano le reali possibilità di conoscenza offerte dalla Rete. Se appena si vuole scavare sotto la superficie, trovare nel Web le informazioni desiderate non è affatto semplice: in casi come questi sembra agire in modo spietato una sorta di "diritto all'oblio", come se attori e attrici si vergognassero delle parti recitate in gioventù. Altri personaggi di Mondo Candido sono da me stati associati agli attori cercando immagini in Google e tentando di riconoscere le fattezze dei volti visti nel film, cosa che può sempre risultare erronea, anche perché non sono molto fisionomista. Mi scuso fin d'ora se qualche identificazione dovesse risultare erronea.