giovedì 8 agosto 2019


LA CENA SEGRETA
TRATTATI E RITUALI CATARI

A cura di Francesco Zambon
Anno: 1997
Editore: Adelphi 
Collana: Biblioteca Adelphi
Numero: 332
Temi: Catarismo, Cristianesimo, dissidenza religiosa,
      testi medievali
Pagine: 471 pp.
Formato: Copertina flessibile
Illustrazione in copertina: Beato Angelico, Disputa di San
      Domenico e il miracolo del libro 
Codice EAN: 9788845912719
Codice ISBN: 884591271X
Link alla scheda: 
    Biblioteca Adelphi 332

Risvolto: 
Solo una cinquantina di anni fa le dottrine e i riti della più importante eresia cristiana del Medioevo, il catarismo - conflitto tra principio del bene e principio del male, creazione del mondo a opera di Satana, caduta degli angeli ribelli e loro imprigionamento nei corpi materiali, missione salvifica dell’angelo Cristo, cerimonia iniziatica del consolament riservato ai Puri, i Catari appunto -, erano noti quasi esclusivamente attraverso le fonti inquisitoriali e gli scritti, non di rado tendenziosi, degli oppositori cattolici. Da quando, nel 1939, l’erudito domenicano Antoine Dondaine scoprì per caso alla Biblioteca Nazionale di Firenze il Libro dei due princìpi e un Rituale cataro, è emerso a poco a poco dall’oblio un significativo corpus di testi originali, miracolosamente sopravvissuti alla distruzione, che hanno rinnovato la nostra conoscenza di questa grande religione scomparsa: dopo la prima, fortunosa scoperta sono infatti tornati alla luce un secondo Trattato dedicato al tema dei due creatori e dei due mondi, un ispirato scritto apologetico sulla Chiesa di Dio e un commento esoterico al Padre nostro. Il presente volume riunisce tutti questi testi, insieme alla Cena segreta - apocrifo di origine bizantino-slava che illustra il mito cosmogonico dei Catari - e a una preghiera in occitanico al Padre degli spiriti celesti. Questo corpus, di enorme valore storico e spirituale, ricompone finalmente davanti a noi i tratti di un grande movimento religioso che fu al tempo stesso un tentativo di ritornare alla purezza della Chiesa dei primi secoli - alla severità dei suoi costumi, all’austerità dei suoi riti - e forse l’ultimo affioramento, in seno al cristianesimo, di una prospettiva «gnostica» che aveva avuto nello gnosticismo tardoantico e nel manicheismo le sue espressioni più radicali. Una prospettiva che la Chiesa avversò sempre e combatté con persecuzioni feroci, culminate nel grande rogo di Montségur del 1244, vero sigillo dell’epoca catara. 

"Padre santo, Dio legittimo degli spiriti buoni, che non hai mai ingannato né mentito né errato, né esitato per paura della morte a discendere nel mondo del Dio straniero - perche noi non siamo del mondo né il mondo è nostro -, concedi a noi di conoscere ciò che tu conosci e di amare ciò che tu ami."

Il curatore: 
Francesco Zambon insegna Filologia romanza all'Università di Trento. Specialista di letteratura allegorica e simbolica del Medioevo, si è occupato in particolare di bestiari e del ciclo romanzesco del Graal. Ha curato per Adelphi Il Fisiologo (1975).

Struttura: 

Riporto qui l'indice del volume curato da Francesco Zambon, sperando di invogliare i navigatori interessati all'argomento a procurarsene una copia e ad immergersi nella sua lettura.  

Indice
Avvertenza
TRATTATI E RITUALI CATARI
LA CENA SEGRETA O DOMANDE DI GIOVANNI 
   Premessa
   Redazione di Carcassonne
   Appendice: Redazione di Vienna
IL LIBRO DEI DUE PRINCÌPI
   Premessa
   Il librero arbitrio
   La creazione e i segni universali
     I. La creazione
     II. I segni universali
   Compendio per l'istruzione dei principianti
   Contro i Garattisti
   Il libero arbitrio
   Le persecuzioni
TRATTATO CATARO
   Premessa
   Trattato dei Manichei
RITUALI CATARI
   Premessa
   Rituale occitanico
   Rituale latino
IL MANOSCRITTO DI DUBLINO: LA CHIESA DI DIO E COMMENTO AL PADRE NOSTRO
   Premessa
   La Chiesa di Dio
   Commento al Padre nostro
   La santa Chiesa
PREGHIERA CATARA
   Premessa
   Preghiera catara
Note
Repertorio bibliografico
Indice scritturistico 

Recensione: 
È necessario sfatare un luogo comune che purtroppo è ancora molto diffuso. Secondo moltissime persone, è ritenuto quasi un articolo di fede il fatto che i Catari non abbiano lasciato alcun testo. Nulla di più falso. I testi esistono eccome - e non mi stancherò mai di ripeterlo - anche se quanto ci è sopravvissuto è senza dubbio una piccolissima parte della produzione che dovette esistere. Il negare l'esistenza di testi superstiti è una proficua manovra da parte di chi intende affermare ogni genere di falsità sul Catarismo. Fa parte di una strategia ben organizzata lo spargere inconsistenze che attecchiscono molto bene a causa della diffusa ignoranza ed impreparazione. Prova ne sia che un trattato del Catarismo Radicale della Scuola di Desenzano è stato pubbicato dal domenicano Padre Dondaine nel 1939, eppure la notizia di una simile scoperta non sembra essersi ancora fatta sufficiente strada tra le genti. Il modo di combattere contro la disinformazione esiste e si trova proprio nei libri seri e nello studio. Esorto così chiunque intenda approfondire l'argomento ad acquistare questo pregevole volume a cura del professor Francesco Zambon, valente studioso e docente dell'Università di Trento, dove insegna Filologia romanza. In questo libro sono raccolti tutti i testi catari genuini che sono conosciuti allo stato attuale delle ricerche, corredati con grande abbondanza di spiegazioni.
(Il Volto Oscuro della Storia, 19/12/2009)  


Quando acquistai il prezioso libro e lo aprii per la prima volta, i miei occhi caddero subito su alcune frasi, che descrivono in modo mirabile e profondissimo l'essenza stessa della condizione umana su questo orrido pianeta ricolmo di abominazioni: 

"Partecipe di entrambi i mondi, l'uomo non ha, in quanto individuo, alcuna dignità ontologica: è soltanto il teatro di una lotta eterna fra le due nature o sostanze che lo formano. Creato in parte da Dio e in parte da Satana, miscuglio di bontà e di malignità, di verità e di falsità, di essere e di nulla, egli è destinato a restare, finché esiste come tale, un tragico nodo di contraddizione e di sofferenza." (cit.) 

A distanza di anni mi rendo conto che l'importanza della presente opera è ancor più capitale, dal momento che è in atto una vile strategia negazionista da parte di sedicenti "studiosi" il cui scopo è rimuovere dalla Storia l'esistenza stessa dei Catari e del loro Insegnamento. Non è bastato al tirannico governo francese inquinare la Linguadoca con ogni genere di paccottiglia, prima esoterico-massonica e poi New Age: in una fase successiva dell'offensiva si è messo a finanziare malfattori per far scomparire persino il ricordo della dissidenza religiosa dualista, per dimostrare che non sarebbe mai esistita, per relegarla nel mondo della fantasia. Eppure proprio nelle pagine 403-404 de La cena segreta si riporta la testimonianza di una luce che seppur fievole continua a irradiare qualche debole barlume proprio in Linguadoca. Una donna dell'Alta Ariège ha riportato al folklorista Urbain Gibert un caso singolare: la propria nonna, morta nel 1947, ignorava il Pater della Chiesa Romana, recitando invece una lunga preghiera. Il testo in occitano iniziava con queste parole: "Payre sant, Dieus dreyturier das bons esperits". Si tratta proprio della preghiera insegnata da Peire Autier ai Credenti, che compendia gli insegnamenti della Chiesa dei Buoni Uomini, tanto da poter esserne considerata un sintetico catechismo. Trovo che sia un peccato non conoscere il nome della coraggiosa credente occitana e della sua nipote. Mi sento commosso quando penso a questa dimostrazione che anche nei contesti più ostili la Fede è in qualche modo sopravvissuta.

Altre recensioni e reazioni nel Web 

Sul sito www.ibs.it il tema del libro è classificato come "Culti e sette cristiani e quasi cristiani"

Marco (un mio omonimo) nel lontano 2005 ha scritto:

"Manuale che illustra in modo esaustivo la dottrina, teologia e religione dei Catari avvalendosi di tutte le fonti originarie medievali di questo credo dualista; fonti riportate in quest'opera nella loro interezza. L'autore per di più introduce importanti nozioni storico-sociali-culturali dei secoli medievali nei quali questa eresia si sviluppò al fine di rendere al lettore un quadro completo sotto ogni punto di vista. Ottimo libro."  

Sul sito www.amazon.it il tema del libro è classificato come "Protestantesimo e chiese protestanti"

Monsieur ha scritto nel 2018 una recensione in odor di decostruzionismo, che riporto a titolo d'esempio: 

"Molto si è parlato dell'eresia catara e di coloro che l'hanno praticata e veicolata; poco, in realtà se ne conosce. Il presente testo ha l'indubbio merito di fare raccolta di quello che è uscito fuori nel tempo in vari siti. Di fatto non offre sostanziali novità, tuttavia consente una ordinata e chiara ricognizione di origini, varianti e riti ad essa legati. Di per sè, come possibile variante del cristianesimo, non contiene nulla di veramente rivoluzionario o seriamente stravolgente, anche se volendo, o non sapendo, sarebbe stato facile presumerlo. L' impotanza del catarismo sembra risiedere, soprattutto, nelle circostanze drammatiche che hanno accompagnato la sua fine e nel particolare periodo storico, i primi secoli del secondo millennio, che ha visto, in Europa, grandi crisi e profondi rivolgimenti e soprattutto la nascita e il protarsi di quel feroce strumento che furono le crociate, il cui eco e la cui funzione politica, purtroppo, sono ancora nell'aria.
Buona, dunque la parte storica e quella reativa all'ideologia; noiosa e riempitiva quella dedicata ai riti."
 


Le recensioni reperibili nel Web sono in genere abbastanza positive, anche se si trova qua e là qualche accento critico. Ricordo tuttavia un tale R., che ebbe una reazione violentissima alla lettura del volume. Era costui un individuo bizzarro, collerico e biondiccio, animato da un odio immotivato e feroce nei confronti dei Catari, tanto da farmi sospettare che potesse essere abitato dallo spirito immondo di uno sgherro di Simon de Montfort.

martedì 6 agosto 2019


LA CENA SEGRETA
(romanzo) 

Autore: Javier Sierra
Anno: 2004
Titolo originale: La cena secreta
Lingua originale: Spagnolo
Data di pubblicazione (1a ed. it.): giugno 2005
Data di pubblicazione (2a ed. it.): marzo 2012
Data di pubblicazione (3a ed. it.): marzo 2019
Editore (Italia): Mondolibri (1a ed.),   
       Tropea (2a ed.),
       DeA Planeta Libri (3a ed.)
Collana: I Marlin (Tropea, 2a ed.)
Tipologia narrativa: Romanzo 
Genere: Storico
Sottogenere: Fantareligione, esoterismo
Pagine (1a ed.): 285 pp.
Pagine (2a ed.): 288 pp.
Pagine (2a ed.): 398 pp.
Formato: Rilegato (1a e 3a ed.); flessibile (2a ed.) 
Codice ASIN (1a ed.): B00J7NX8BO
Codice EAN (2a ed.): 9788843805426
Codice EAN (3a ed.): 9788851169428
Codice ISBN: 885116942X
Traduttore (in italiano): Claudia Acher Marinelli 
Traduzioni: 
     Inglese: The Secret Supper
     Tedesco: Das geheime Abendmahl
     Portoghese: A ceia secreta
     Polacco: Tajemna wieczerza
     Turco: Gizli Akşam Yemeği 

Sinossi (da Googlebooks): 
Gennaio 1497. L’arrivo di alcune lettere anonime contenenti inquietanti insinuazioni getta la corte di papa Alessandro VI nello scompiglio. A Milano, nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, Leonardo da Vinci starebbe ultimando la realizzazione di un’opera dal contenuto blasfemo se non addirittura diabolico. L’affresco dell’Ultima cena, infatti, presenta anomalie a dir poco sconcertanti: sul capo di Cristo e degli apostoli non vi è traccia di aureola; sulla tavola non si vedono il pane e il vino dell’Eucarestia; e come se non bastasse l’artista ha avuto l’ardire di ritrarre se stesso nell’atto di dare le spalle a Gesù. Padre Agostino Leyre, inquisitore domenicano esperto nell’arte di interpretare messaggi cifrati, viene inviato d’urgenza nella città lombarda con il compito di fare chiarezza e di scoprire cosa abbia spinto il maestro toscano a stravolgere il testo biblico e a disattendere le aspettative dei committenti. E se Da Vinci fosse un eretico? Mentre una serie di efferati delitti semina il panico dentro e fuori le mura di Santa Maria delle Grazie, con il procedere delle indagini appare sempre più chiaro che l’Ultima cena nasconde un messaggio capace di sfidare i fondamenti stessi della dottrina cristiana. Con un ritmo che non lascia scampo, La cena segreta trasporta il lettore in una coinvolgente avventura fra arte, mistero, intrighi e investigazione storica. A quindici anni dalla sua prima comparsa, torna il grande romanzo con cui Javier Sierra si è imposto nelle classifiche internazionali dando del filo da torcere persino a Dan Brown. In una nuova edizione ampliata e arricchita da preziose immagini, per riscoprire il fascino di un’epoca e tutto il valore di un’opera che, da oltre cinque secoli, non cessa di incantare e stupire. 

«Sierra ha un talento speciale nel mescolare scienza e occultismo, enigmi teologici e cospirazioni mondane, la decifrazione di antichi documenti e l’interpretazione di opere d’arte. E tiene avvinto il lettore fino all’ultima pagina.»
- Il Messaggero 


«La cena segreta trasforma la storia dell’arte in un’avventura avvincente e illuminante per tutti i lettori.»
- Los Angeles Times


«Un successo senza precedenti per un romanzo storico che ha lasciato tutti senza fiato.»
- El Mundo 

L'autore: 
Javier Sierra Albert (Teruel, Aragona, 1971 - vivente), è giornalista, scrittore e ricercatore, laureato in giornalismo all'Università Complutense di Madrid. Il suo principale campo d'indagine è l'esoterismo.  

Recensione: 
Le recensioni e i commenti che si trovano nel Web in massima parte danno per scontato un discutibile presupposto: La cena segreta di Javier Sierra sarebbe una copia (più o meno brutta) del famoso Codice da Vinci di Dan Brown (The Da Vinci Code, 2003). Che vi siano alcuni elementi in comune non sembra potersi mettere in dubbio, ma la natura delle due narrazioni è alquanto dissimile. Questo già soltanto per il fatto che Dan Brown ambienta la sua vicenda sul finire del XX secolo: non si tratta quindi di un romanzo storico. Per contro, il romanzo di Sierra ha proprio come protagonista Leonardo da Vinci, svolgendosi sul finire del XV secolo. Anche se potrà sembrare una constatazione lapalissiana, a mio avviso ha la sua importanza. In entrambe le opere ha grande rilevanza il culto di Maria Maddalena; le assurde tesi sull'origine dei Merovingi sembrano però comparire nel romanzo di Sierra come un elemento decorativo, quasi erratico. La cena segreta mostra anche qualche elemento in comune con Il nome della rosa di Umberto Eco (1980), un autentico giallo in chiave medievale, che presenta Sherlock Holmes incarnato nei panni di Frate Guglielmo da Baskerville. A farci venire subito in mente l'abbazia partorita dall'ingegno di Eco, popolata da frati grotteschi e ingrugniti, è la tecnica narrativa della catena di omicidi.       

Leonardo da Vinci e i Catari 

Questo è il postulato cardine del romanzo di Sierra: la Chiesa Catara di Concorezzo, ascrivibile al Dualismo mitigato, era ancora attiva sul finire del XV secolo. Leonardo da Vinci, secondo l'autore spagnolo, si sarebbe avvicinato alla religione Catara mentre si trovava a Milano alla corte degli Sforza. Sono incline a considerare Leonardo da Vinci come un cataro ab origine, collegato in modo diretto alla Chiesa Catara di Firenze, il cui ultimo vescovo noto fu catturato a Figline Valdarno nel 1321. Si chiamava Cione di ser Bernardo. Non è affatto improbabile che qualche fiume carsico di dissidenza dualista sia perdurato a lungo nella valle dell'Arno e altrove. Il Vasari notò la stranezza delle idee di Leonardo, ma a quanto pare non ne capì appieno le origini. Scrisse così che il Maestro era platonico al punto di non essere cristiano. Certo, se avesse scritto in modo esplicito che egli era "manicheo e patarino" la cosa avrebbe potuto essere ancor più problematica, per via del significato profondamente negativo attribuito a quelle parole. Qualcuno dirà che Leonardo era un esponente dell'Umanesimo e che concepiva l'essere umano come metro e misura dell'Universo. Qualcuno menzionerà i progetti della città a misura d'uomo, oppure dell'uomo vitruviano. Stiamo pur sempre parlando di un figlio del proprio tempo, che non poteva manifestare troppo il suo sentire. Vediamo con la massima chiarezza che la sua non una mente asettica. Una grande inquietudine lo ha sempre pervaso, manifestandosi ad esempio nelle sue caricature. Nella sua indagine utilizzava strumenti inediti come la sistematica dissezione dei cadaveri, non esitando a mettere le mani nella carne putrefatta e nei liquami. Posso trarre dagli scritti leonardeschi una prova lampante della sua professione del Catarismo più radicale:    

"L'atto dei coito e le membra a quello adoprate son di tanta bruttura, che, se non fusse la bellezza de' volti e li ornamenti delli opranti e la sfrenata disposizione, la natura perderebbe la spezie umana."
(De Anatomia, fogli A. 10 r.)



La citazione viene definita uno dei pochissimi riferimenti alla sessualità umana fatta nei suoi taccuini dal Maestro. Tuttavia è un riferimento eloquente che ci permette di capire il suo mondo spirituale. Sono parole di severo giudizio nei confronti dello stesso ordine delle cose, attribuito a un'entità maligna, in nettissima contraddizione con l'essenza stessa del Rinascimento. Riporto a questo punto un aneddoto ameno. L'unica testimonianza concreta della vita sessuale di Leonardo consiste in una denuncia che subì quando aveva 24 anni: venne accusato di aver rotto tramite sodomia violenta l'ano di un passivo, certo Jacopo Saltarelli, che sarebbe stato posseduto carnalmente anche da altri tre giovani uomini.

La Legenda Aurea  

L'ingegno dell'autore spagnolo in fondo sta tutto qui. Ha preso la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine (l'odierna Varazze) e ha tratto la lettera iniziale dall'epiteto attribuito in quel testo a ciascuno dei commensali di Cristo all'Ultima Cena. In questo modo dimostra che la sequenza ottenuta, letta al contrario è proprio la parola CONSOLAMENTUM. Sierra ritiene che un nodo, a sua parere indice di consacrazione alla Maddalena, indichi la direzione di lettura. Questo riferimento è a mio avviso superfluo, inessenziale: sappiamo tutti che Leonardo scriveva sempre da destra a sinistra! Riportiamo dunque le identificazioni di ciascun partecipante all'Ultima Cena, procedendo come nostro costume da sinistra a destra. Otteniamo quanto segue: 

Bartolomeo = Mirabilis
Giacomo il Minore = Venustus
Andrea = Temperator
Giuda Iscariota = Nefandus 
Pietro = Exosus
Giovanni = Mysticus
Gesù Cristo = Alpha-Omega  
Tommaso = Litator
Giacomo il Maggiore = Oboediens
Filippo = Sapiens
Matteo = Navus
Giuda Taddeo = Occultator
Simone = Confector


Risultato: MVT-NEM-A-LOS-NOC.
Lo si legga al contrario, secondo il costume leonardesco:
CON-SOL-A-MEN-TUM.


Senza dubbio questo è oltremodo interessante, anche perché non si potrebbe spiegare tutto ciò come una semplice coincidenza! Ora ci tocca un compito abbastanza arduo: dobbiamo capire perché Leonardo abbia criptato un simile messaggio nel Cenacolo. Posso dedurre che questo strano rebus fosse diretto ad artisti e persone assai colte in grado di di decifrarlo. Dovevano quindi esistere conventicole segrete in tale ambito. Non sono chiari i rapporti con sopravvivenze di quella che era stata la Chiesa di Concorezzo. Una cosa è certa. Non mi sembra che potesse essere una propaganda rivolta a popolani illetterati. Tanto per fare un esempio, un cataro di Saronno doveva essere un semplice contadino ostile alla Chiesa di Roma, che bestemmiava senza sosta contro l'Artefice del mondo: di certo non leggeva la Legenda Aurea e non frequentava i conventi dei Cani del Signore.  

L'importanza del romanzo sierriano 

Nonostante tutte le imprecisioni e le fantasticherie di cui è infarcito, questo libro ha in ogni caso un nucleo adamantino che lo rende meritevole di considerazione. Attira l'attenzione su argomenti che non vengono trattati e approfonditi dagli accademici. Quando muore una religione? In che modo muore? Possiamo sapere quando ha reso il suo respiro il suo ultimo adepto che l'ha ricevuta in eredità tramite una catena ininterrotta? Quando la continuità col passato finisce con l'interrompersi e perché? Possiamo davvero scrivere un trattato di tanatosi religiosa? Come collegare i processi di decomposizione postuma di una religione estinta a quello che tale fede era quando vivevano i suoi rappresentanti? Oppure una religione è qualcosa di insanabilmente diverso dal suo cadavere? Perché nessuno studioso del mondo universitario è in grado di rispondere a queste domande? Perché nessuno si cura di questi problemi?

Il titolo 

La cena segreta di Sierra trae il suo titolo dal testo cataro noto come Interrogatio Johannis, il cui titolo completo è Interrogatio Iohannis apostoli et evangelistae in cena secreta regni coelorum de ordinatione mundi istius et de principe et de Adam. Spesso questo prezioso documento medievale è citato anche semplicemente come Cena segreta. Sappiamo per certo che l'Interrogatio Johannis fu portata in Lombardia da un vescovo della Chiesa di Concorezzo, Nazario, che si recò dai Bogomili in Bulgaria. Abbiamo poi il testo del professor Francesco Zambon, La cena segreta. Trattati e rituali catari (Adelphi, 1997), che raccoglie oltre all'Interrogatio Johannis nelle due redazioni a noi pervenute, anche tutti gli altri testi catari finora noti, corredandoli di interessantissimi commenti. Tratteremo in modo adeguato tutti questi argomenti in altra sede.  

Confutazione delle obiezioni 

Stupisce l'inconsistenza delle critiche rivolte al romanzo di Sierra, anche tenuto conto del fatto che Il codice da Vinci è stato invece attaccato con particolare accanimento. Qualcuno dirà che l'opera browniana ha avuto un successo fenomenale e che ha destato in particolare le ire di una congregazione, l'Opus Dei. Non bisogna però dimenticare che anche La cena segreta ha avuto un certo successo e ha tenuto testa alla concorrenza del Codice in diversi paesi. Eppure pare che il mondo cattolico abbia ritenuto irrilevante ogni allusione al Catarismo. Non mi risulta che Massimo Introvigne si sia mosso per attaccare La cena segreta, mentre è ben risaputo con quanto vigore si è scagliato contro il best seller di Brown. Dal mondo anglosassone giungono critiche dementi da parte di commentatori che possiamo soltanto definire scemi. Così un tale riteneva che il Catarismo fosse esclusivo della Linguadoca e che dopo l'espugnazione di Montségur non potesse più esistere alcun cataro - quasi come i dinosauri dopo l'asteroide. Una tale profonda ignoranza storica a stento meriterebbe la fatica di un commento. Anche se in forme meno grossolane, la sostanza dell'argomento vive anche in Italia. Fabrizio Falconi, nel suo trattato I monumenti esoterici d'Italia (2013), riporta quanto segue: 

"La principale obiezione alla teoria di Sierra è dunque che il catarismo italiano, come anche quello francese, era stato estirpato a furia di eccidi ed è davvero molto arduo sostenere che all'epoca di Leonardo fossero ancora presenti comunità così radicate, in grado di avvicinare e influenzare un grande artista, ospite della corte degli Sforza."

Se devo essere franco, mi pare un'obiezione ben poco consistente. A Chieri è ben attestata l'esistenza di una Chiesa Catara ancora negli anni '90 del XIV secolo; alcuni antenati di Camillo Benso di Cavour furono esumati e cremati nel 1412. Si riporta che il domenicano San Vincenzo Ferrer trovò alcuni Catari in Lombardia e in Piemonte nel 1402, perseguitandoli e costringendoli all'abiura. Si potrebbe andare avanti a lungo sull'affascinante argomento del tardo Catarismo. Tutto ciò è già sufficiente a respingere l'obiezione riportata da Falconi. Noi dobbiamo partire dai fatti cercando di spiegarli, non negarne l'esistenza perché non si adattano ai manuali scolastici!

Divagazione etimologica

Il toponimo Osiricella viene interpretato da un cardinale studioso a partire dal nome del dio egiziano Osiride, come se significasse "Cella di Osiride". Viene così postulato un antico composto da analizzarsi come *Osiri-cella, anche se in quell'augusta lingua si sarebbe detto piuttosto Cella Osidiris. Nel testo di Sierra si specifica che il paesino chiamato Osiricella si troverebbe vicino a Treviso, in Veneto. Il problema è che non sono riuscito a trovarne traccia alcuna nella toponomastica moderna. Forse per mia incapacità, o forse perché è davvero inesistente. Nell'Archivum fratrum praedicatorum troviamo invece una citazione attribuita ad Annio da Viterbo: "Osiricella praedium olim conventus nostri in Horchia" - dove Horchia è la Val d'Orcia, in Toscana. Si noterà che Annio da Viterbo era un noto falsario, tutto va preso con estrema cautela. Non trovo improbabile che una formazione come Osiricella per Cella Osiridis avesse il suo corso nel mondo dell'immaginario esoterico rinascimentale, anche se per il momento non so dire nulla di più concreto.

sabato 3 agosto 2019


MEMORIE DI UN NANO GNOSTICO 

Titolo originale: Memoirs of a gnostic dwarf
Autore: David Madsen
Anno: 1995
Lingua originale: Inglese
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Storico, grottesco
Sottogenere: Fantareligione, esoterismo
Edizione italiana: 2005
Editore (Italia): Meridiano Zero
Codice ISBN-10: 888237131X
Codice ISBN-13: 978-8882371319
Traduzione (in italiano): Lorenzo Borgotallo, Filippo
      Patarino
Titoli tradotti:
     Tedesco: Der Zwerg, der Papst und die Heiligkeit

Sinossi (da Meridianozero.it):
Roma, 1496. In un palazzo di una famiglia dell’aristocrazia romana, si svolge uno strano rito di iniziazione gnostico. Pochi giorni dopo, l’inquisitore domenicano fra Tomaso della Croce penetra nella villa e fa arrestare la bella Laura de’ Collini. Ma non riesce a mettere le mani sul Maestro della confraternita.
Firenze, 1503. Nella città ancora scossa dall’esperienza di Savonarola e dall’esilio dei Medici, fa tappa la carovana di mastro Antonio: un triste baraccone itinerante di "scherzi di natura", deformi esseri umani tra i quali si nascondono criminali, eretici e ogni sorta di sopravvissuti. Tra di loro il nano Peppe, la cui sofferenza fisica è mitigata dalla dotta conoscenza della verità. Peppe sa che il suo corpo storpio e sofferente non è che una produzione del funesto artefice Jaldabaôth, responsabile della creazione del mondo della materia in cui è imprigionata la scintilla divina. E una sera la misteriosa Barbara entra nella sua tenda, per riscattarlo al suo destino.
Qual è il filo nascosto che lega questi eventi? Quando Giuseppe Amadonelli, al secolo Peppe il nano gnostico, si mette a scrivere le sue memorie, è ormai un habitué della corte pontificia. Passato indenne attraverso i cenacoli segreti dei palazzi rinascimentali e i ferri roventi degli inquisitori, è diventato il segretario e il confidente di papa Leone X: un papa grasso, fiacco e dedito ai piaceri carnali, ossessionato dal quel "monaco folle" di Lutero che va divulgando le sue tesi in una Germania ormai in ebollizione.
E mentre con pungente irriverenza, racconta la dissolutezza e la corruzione del teatrino vaticano – in cui sfilano in gran pompa personaggi del calibro di Leonardo e del bellissimo Raffaello, di Francesco I e di Carlo V – Peppe tesse il filo del suo racconto: la storia di una complessa partita giocata sullo scacchiere dell’Italia, di una vendetta, del duello fra due grandi avversari, il Maestro e l’Inquisitore.
David Madsen, teologo e profondo conoscitore del Rinascimento, mescola sapientemente fiction e fatti storici, dando vita a un romanzo magico che illumina i sotterranei intrighi di un’epoca cruciale per l’Europa.


L'autore:
David Madsen è lo pseudonimo di un teologo e filosofo. Il suo talento barocco si vede soprattutto nei suoi romanzi: Memorie di un nano gnostico, Le confessioni di un cuoco eretico (Confessions of a Flesh-Eater) e Una scatola di sogni (A Box of Dreams), oltre che nel libro "cult" di cucina Orlando Crispe's Flesh-Eater's Cookbok (alla lettera Il ricettario
del cannibale Orlando Crispe). I suoi lavori sono stati tradotti in 12 lingue. Questo ci dice Googlebooks. Amazon aggiunge che egli è anche un "terapista", senza specificare ulteriori dettagli di questa sua professione.
Va aggiunto che l'identità reale dell'autore permane ignota, a dispetto di tutti i tentativi di approfondire la questione. 

Recensione: 
Senza dubbio questo è uno dei libri più stravaganti in cui mi sono imbattuto da quando sono al mondo! Somma è la sua importanza nella storia della letteratura satirica e grottesca. Per questo motivo ne consiglio vivamente a tutti la lettura. Che sia realmente un teologo o altro, Madsen ha saputo dar vita a tutta una galleria di personaggi distorti, al limite dell'incubico, che ben rappresentano un'umanità dannata. Ha ricoperto il nudo scheletro dei fatti storici acclarati col complesso tessuto muscolare e nervoso della sua creazione fantastica. Il linguaggio è vivido, crudo, non nasconde nulla e non fa concessioni ai detestabili idoli del politically correct. Lo si può amare oppure odiare, ma in ogni caso lascia il segno. Assolutamente indimenticabile.

L'artificio narrativo usato dal teologo-romanziere non è certo una novità, essendo ancora la finzione del manoscritto ritrovato da qualche parte. L'autore sembra dissociarsi, proprio come a suo tempo fece Alessandro Manzoni, dalla sua stessa creazione - oppure cerca soltanto di renderla più credibile agli occhi dei lettori? 

Scrutatore di escrementi  

Peppe, il nano gnostico, introduce innanzitutto la figura del dottor Bonet de Lattes, protomedico ebreo del Papa. Il suo cognome, che senza dubbio non si sente tutti i giorni per le vie, fa venire in mente un delizioso budino al cioccolato - quello che in piemontese è detto per l'appunto bonet. Nulla di più lontano dalla natura del personaggio, annusatore di feci e coltivatore di erbe fetidissime, che passa il suo tempo a manipolare le purulente emorroidi pontificie nel tentativo di recare sollievo a quell'immenso deretano rotto e ulcerato da incallita sodomia! Il protomedico dedito alla coproscopia e il gigantesco, fetidissimo culo suppurante del Papa: due presenze ingombranti che riempiono da sole l'intero orizzonte dell'Urbe, oscurando persino l'astro diurno e la volta celeste. Un corvo ripugnante su un panettone plasmato da un impasto di merda grassa e di pus. Adesso sfido chiunque a trovarmi un altro luogo della letteratura in cui è stato assemblato qualcosa di simile! 

Leone X di Sodoma 

Ecco in tutto il suo putrido splendore Papa Leone X, un collerico tiranno che ama farsi sodomizzare da giovani nerboruti, assoldandoli perché immergano la verga eretta nel dilatato cratere fistoloso. Uno spettacolo apocalittico, in cui si fondono sangue, marciume, materia fecale e sperma! Certo, qualcuno fa notare, tra i tanti commenti a quest'augusta opera, che si tratta di qualcosa di poco adatto a coloro che si professano fedeli della Chiesa Romana. E con questo? Non me ne importa nulla. Se si sentono offesi, taglino la parte offesa. Non saranno certo le pretese revisioniste dei moderni cattolici a cancellare gli orrori e le storture del passato. Sta di fatto che le inclinazioni sodomitiche di Leone X non sono certo l'invenzione di uno scrittore anticlericale. Già gli autori vissuti all'epoca dei fatti ne parlarono diffusamente. Mi sento di affermare che la storia della Riforma sarebbe stata molto diversa se Lutero non avesse avuto sotto mano una simile evidenza della natura anticristica del Pontefice Romano e della sfrenata corruzione della sua Chiesa!

Una tragedia della Natura

Peppe ci parla diffusamente della propria orrenda e brutale infanzia. Figlio di una venditrice di vino scadente di Trastevere, subisce fin da piccolo ogni genere di abusi. Anche l'incesto ha il suo piccolo spazio in questo scenario da girone dantesco: in un'occasione la donna dissoluta che ogni giorno caricava suo figlio di botte, cerca di costringerlo a ficcarle il budellino tra le gambe. Va detto che la Natura è stata sommamente ingenerosa col povero Peppe, non limitandosi a plasmarlo gobbo, ma privandolo persino di quella che De André in una sua canzone su un nano definiva "fra tutte le virtù la più indecente". Lo stesso Papa di Sodoma è costretto a constatarlo di persona. Non ha fondamento alcuno la voce secondo cui tutti i nani avrebbero, quasi per compensazione, una virilità esuberante. In altre parole, esistono anche nani che si ritrovano con un falletto esiguo, come quello dei bambini. Le miserie della vita di Peppe non si esauriscono a quanto finora descritto. Cresciuto, è entrato a far parte della compagnia di un guitto itinerante, nel cui baraccone ha conosciuto una degradazione ancor più spaventosa. Si è così ritrovato costretto a recitare ogni santo giorno un abietto numero teatrale come schiavo sessuale di una gigantesca scimmia, impersonata da un energumeno dal peloso travestimento. Il giovane nerboruto quanto ottuso esalava un tanfo schifoso dai piedi e dalle ascelle, ma era dotato di uno smisurato Schwanzstücker, che era compito del povero Peppe masturbare fino a produrre violenti getti di liquame spermatico! Simili spettacoli, che non dovevano essere infrequenti, hanno fornito un'arma molto efficace a Lutero, che era un eroe dall'intelligenza acutissima, non un "monaco pazzo"!

Un Leonardo abbrutito 

Peppe ci descrive nei dettagli il suo incontro con il Maestro Leonardo da Vinci. Un incontro alquanto deludente. Il genio toscano è presentato come un vecchio laido la cui barba esala un forte fetore di vomito. Raggelante. Le sue vesti sono incrostate di residui di cibo masticato, il suo corpo è immerso in lezzi insostenibili e ben peggiori del sentore di vomito della barba. Il tanfo penetrante è paragonato da Peppe a quello di un frutto esotico di cui ha sentito parlare, chiamato durio. In parole povere, si tratta del pestilenziale puzzo di formaggio fortissimo tipico dei cadaveri in avanzata decomposizione! Peppe collega subito questa peculiarità oscena alle abitudini necrofile dell'uomo di Scienza: a forza di sezionare corpi tratti dagli obitori, è rimasto impregnato del loro sentore. Questo non basta: Leonardo, che parla in un rozzissimo vernacolo reso quasi incomprensibile da una gorgia corrosiva, non mostra il benché minimo interesse verso gli argomenti esoterici. Sfiora il materialismo più bieco. Peppe dal canto suo si guarda bene dall'accennargli alle dottrine gnostiche. Eppure un accenno di critica catara alla Chiesa di Roma a un certo punto emerge dalla bocca del sublime artista. Quando egli offre a Peppe un bicchiere di distillato autoprodotto, afferma che la bevanda è molto apprezzata in Arabia. Il nano gnostico esprime i suoi dubbi, ricordando al Maestro che nelle scritture della religione maomettana le bevande inebrianti sono proibite in modo esplicito. Così replica l'uomo di Vinci: "La Bibbia proibisce di forni'are - ma ciò non toglie che la gente 'ontinui a farlo".  

Catari e Gnostici antichi 

Questo possiamo arguire: l'autore non dimostra di avere una conoscenza profonda dei Catari e della dissidenza dualista medievale. Non sembra essere nemmeno al corrente delle differenze tra Catari assoluti e moderati. In particolare non sa davvero nulla del Battesimo di Spirito, anche noto come Consolamentum, come si evince ad esempio dalla descrizione dei rituali con cui viene iniziato Peppe. Quello che invece pare conoscere abbastanza bene è lo Gnosticismo dell'epoca dell'Impero. Il punto è che lo Gnosticismo di Valentino e di Basilide non è affatto l'antenato del Catarismo medievale. In altre parole non sussiste tra le due religioni un rapporto filogenetico - a dispetto di un nucleo comune di idee e di dottrine sul Cosmo e sulla condizione umana. Per contro Madsen professa proprio questo preteso nesso filogenetico. Egli commette un grave errore concettuale identificando e confondendo i Catari con gli Gnostici antichi. Non si tratta soltanto di un anacronismo. Il linguaggio è uno strumento di cui l'essere umano si serve per interpretare la realtà. Al linguaggio piano, netto e semplice dei Catari medievali contrasta in modo stridente il linguaggio criptico e misterioso degli Gnostici antichi, che si servivano di vocalizzazioni bizzarre indicanti il nome divino e di una complessa glossolalia, forse unica nel suo genere. Esistono diverse testimonianze scritte della lingua occulta usata dagli Gnostici, non soltanto nei famosi testi rinvenuti a Nag Hammadi, ma anche in alcune tavole di defissione. Dovendo dare un nome a questa glossolalia, la definisco lingua Sethiana. Leggiamo così nel romanzo i nomi degli angeli che plasmarono le membra umane: queste singolari parole erano usate per nominare le stesse parti del corpo in Sethiano.

Il primo, Raphaô, iniziò con il formare il cocuzzolo della testa.  
Arôna formò il cranio. 
Meniggestrôeth formò il cervello.
Asterekmé, l'occhio sinistro.
Thaspomaka
, l'occhio destro.  
Ierônumos, l'orecchio sinistro.
Bissoumeemi
, l'orecchio destro. 
Akiôreim, le narici.
Banénephroum
, le labbra.
Amon-ffshata
, i denti anteriori. 
Ibikan, i denti posteriori.  
Adabani, la nuca.
Khaamani
, la gola. 
Tébar, la spalla sinistra. 
Dêarkhô, la spalla destra.
Abitriôon
, la mano sinistra.  
Euanthên, la mano destra.
Astrôpsamini
, il capezzolo sinistro.
Barrûph
, il capezzolo destro. 
Baoum, l'ascella sinistra.  
Ararim, l'ascella destra. 
Pthauê, l'ombelico.
Gêsole
, lo stomaco.
Aggromauma
, il cuore.  
Mnashakka, l'orifizio anale. 
Eilô, il pene.  
Sôrma, i testicoli. 
E Sôrma, la vagina.
Ormaôth
, la gamba sinistra.  
Psêrêm, la gamba destra.
Akhiêl
, il piede sinistro. 
Phnèmê, il piede destro.
Boozabel
, le dita del piede sinistro.  
Phiknipna, le dita del piede destro.

Essendo trascrizioni dall'originale in lettere greche, -gg- è pronunciato -ng-. Se Meniggestrôeth sembra contenere il greco μῆνιγξ "membrana che ricopre il cervello" (donde anche la parola meningi), Ierônumos potrebbe essere greco e stare per "nome santo" - anche se non si capisce bene il nesso semantico. Per il resto brancoliamo nel buio. Avremo modo di approfondire in altra sede l'affascinante argomento.

Riporto a questo punto un estratto del capolavoro che compare verso la fine della narrazione. Lo faccio a pubblica edificazione, in quanto è un testo che irradia bagliori di Verità.

CREDO

Credo in un unico, vero Dio, Padre, onnipotente, che dimora nei cieli, nel regno della luce gloriosa, e che è Creatore increato del regno che è la sua dimora. Dal suo amorevole grembo siamo caduti, precipitando su questa terra e in questo mondo, che il Padre non ha creato. Poiché questa terra e questo mondo sono un niente, pieni della miseria e della sofferenza del niente. Come ci testimonia il diletto discepolo nel suo vangelo: 

Omnia per ipsum facta sunt;
et sine ipse factum est nihil, quod factum est. 

La traduzione e interpretazione gnostica di queste parole differisce da quella della tradizione; la Chiesa la intende come: "Niente è stato creato senza di lui". Al contrario, noi volgiamo: "Il niente è stato creato, ed è stato creato senza di lui". Ogni traduzione è un'interpretazione; come potrebbe essere altrimenti? Ora, il niente che coincide con l'inferno del nostro mondo è stato creato senza il Verbo divino; ma non è il 'nostro' mondo perché siamo a esso estranei ed esuli in esso. La nostra origine, e vera dimora, è il regno di luce del Padre. Perché questo mondo è stato creato dal nemico del Padre, il diavolo, e ogni forma materiale, ogni vita e ogni istinto carnale, ogni sviluppo e ogni decadimento corporeo sono opera sua.     

Ruzzicàne li porci 

Dalla Luce precipitiamo ora nell'oscurità più greve e densa! Alla lettera ruzzicàne li porci significa "rotolare nei maiali". Così ci viene descritto da Peppe questo orrendo rito che si svolgeva a monte Testaccio:

"è un evento davvero agghiacciante: carrette cariche di maiali terrorizzati, scagazzanti dalla paura, vengono trainate in cima al monte Testaccio, quindi letteralmente rovesciate sulla folla giù in basso, che si accapiglia per impossessarsi degli animali. Questi si abbattono sulle persone, i più pesanti ferendole o addirittura uccidendole; quando le strida assordanti dei maiali e le urla della gente si placano, ai piedi del monte c'è un groviglio sanguinolento di corpi umani e animali, e l'aria è fetida dell'evacuazione di vesciche, tanto degli esseri umani quanto dei suini. Non riesco davvero a capire come si possa trovare divertente questo genere di cose." 

Queste cose sono reali, non invenzioni letterarie del Madsen. Questo è riportato da Costantino Maes (1839 - 1910) in Curiosità romane, Roma, Edizioni del Pasquino (1983, ristampa dell'originale anastatico del 1885): 

"I giuochi di Testaccio che comprendevano giostre di tori, cuccagne, lotte, […], si aprivano con uno strano spettacolo. […] Si teneva pronto qui un branco di porci, ben pettinati e tosati, i quali al giungere del corteo venivano collocati a due a due in 6 carrette coperte di seta rossa: bell’accordo davvero! Trasportati i carri alla sommità del monte, si abbandonavano alla loro gravità: il nobile treno scendeva così precipitosamente alle radici della verde collina sparnazzando tra le confuse pieghe della porpora i neri animali. Questo si diceva in gergo romanesco ruzzicàne li porci da Testaccio." 

Che altro dire? Il testo madseniano mescola realtà e fantasia, ma ha il pregio di richiamare l'attenzione su piccoli tesori antropologici che altrimenti correrebbero il rischio di svanire nell'Oblio.

Nomen omen  

Mi stupisce non poco il cognome di uno dei traduttori, Patarino, che deve la sua origine alla più combattiva dissidenza religiosa medievale. Nella Toscana rinascimentale la parola patarino "cataro" era ancora ben conosciuta, ma aveva acquisito il generico significato di "irreligioso". Certo, suona come una coincidenza davvero strana, di quelle che lasciano basiti.

Altre recensioni e reazioni nel Web 

Un certo numero di recensioni - quasi tutte microscopiche - si trovano su Anobii.com. Ne riporto un paio, che reputo di un certo interesse:

leontrevis ha scritto:

caustico...unico

Un libro unico nel suo genere, in quanto e' difficile fare letteratura su argomenti di queto genere. L'autore (storico inglese) descrive in maniera dettagliata, realistica (e per questo divertente) le "schifezze" della curia pontificia del XVI secolo. A parte roghi e inquisizioni, sembrerebbe che nulla o poco sia cambiato sotto il cielo di San Pietro!!
Piacevolissima lettura.


Tanzen ha scritto: 

Il romanzo di Madsen non è esente da qualche strafalcione di carattere storiografico in merito alla dottrina gnostica, ma la complessità di questi movimenti religiosi dei primi secoli e la scarsa conoscenza della loro teologia che permane ancor oggi ne fanno un difetto di poco conto. Nel complesso il libro scorre bene: la storia non trascina il lettore se non nell'ultima parte della narrazione, ma la lettura delle pagine del diario del nano gnostico è comunque piacevole. La descrizione della corte - e dei vizi - papali risulta esagerata: per quanto la Roma pontificia fosse un bordello le descrizioni fantastiche di Madsen sfociano nel dileggio. Allo stesso modo, il ritratto della sessualità gnostica è volutamente provocatorio e senza alcun riscontro nella dottrina di quei movimenti. Nel complesso si tratta di una lettura gradevole, che lascia sul volto qualche sorriso e che non deve essere intesa se non come un ritratto dissacrante della Roma pontificia cinquecentesca tratteggiato dalla mano di uno "scherzo della natura" desideroso di raccontare la propria ascesa alle camere papali ed il suo incrollabile amore per la Verità della Gnosi. 

Ebbene sì, c'è anche il mio contributo, abbastanza critico, risalente al lontano 2010. Eccolo: 

Un giudizio difficile

Potrebbe essere un libro eccellente, per come è scritto e per le vivide immagini che comunica. Un capolavoro del genere grottesco. Però non posso fare a meno di notare che confonde il Catarismo con lo Gnosticismo di Valentino, attribuendogli poi dei costumi nati dalle calunnie della maligna Chiesa Romana, tipo comunioni a base di sperma e altre turpitudini similari. L'autore si qualifica come un teologo in incognito e uno studioso di storia, ma a quanto pare non ha potuto trarre giovamento da opere credibili sui Buoni Uomini. A queste pecche pone in parte rimedio il Credo Gnostico finale, che riassume in modo mirabile la nostra condizione in questo universo infernale.

mercoledì 31 luglio 2019


RAMI SECCHI

Piero Angela sostiene che il solo fine di un essere umano è la riproduzione. Egli ritiene che una persona senza progenie sia qualcosa di inutile, un ramo secco dell'Evoluzione. Quindi, seguendo simili premesse evoluzionistiche e neopositiviste, recidere un ramo secco non sarebbe affatto un male, bensì il compimento dell'opera della Natura, ovvero la rimozione di qualcosa che pesa sulla società. Da questo pensiero allo sterminio di massa tramite iniezioni letali o alle camere a gas il passo è brevissimo. Il tutto senza nessuna necessità di affermare una qualsiasi forma di razzismo, senza propugnare la selezione di una fantomatica razza eletta, senza evocare lo spettro di Adolf Hitler a ogni piè sospinto e soprattutto senza cambiare le istituzioni vigenti. Senza che la costituzione muti di un iota e mantenendo intatta l'impalcatura democratica delle nazioni, sarà possibile cancellare la vita di chiunque per ragioni a cui nessuno sembra pensare anche solo per un attimo. Il genocidio non riguarderà soltanto gli anziani e i malati cronici di ogni genere: un giorno per finire terminati potrebbe bastare essere single e non aver generato. Quello che le genti non possono capire è che la radice del genocidio prossimo venturo è sempre rimasta operante e indisturbata. Nessuno si è reso conto dell'esistenza di questo serpente, la cui radice è eminentemente darwinista.

domenica 28 luglio 2019


CARNE

Titolo originale: Carne
Paese di produzione: Francia
Anno: 1991
Durata: 40 min
Rapporto: 2.35 : 1
Genere: Drammatico
Regia: Gaspar Noé
Soggetto: Gaspar Noé
Sceneggiatura: Gaspar Noé
Produttore: Les Cinémas de la Zone
Fotografia: Dominique Colin
Montaggio: Lucile Hadžihalilović
Musiche: Olivier Le Vacon
Interpreti e personaggi:
    Lucile Hadžihalilović: infermiera
    Blandine Lenoir: figlia del macellaio
    Philippe Nahon: macellaio
    Frankie Pain: padrona del locale
    Hélène Testud: cameriera
Sottotitoli in italiano: ZiaMarti & deadkennedys (TnTvillage)
Premi e riconoscimenti: 
    Prix George Sadoul 1991
    Prix des Rencontres Cinématographiques Franco-
         Américaines d'Avignon 1991


Sinossi:
Riporto in questa sede la didascalia che appare all'inizio, in caratteri gialli su uno sfondo scuro e opprimente: 

La viande de cheval, interdite dans la plus part des pays du monde, est pourtant très appréciée du peuple français. Des chevaux provenant des quatre coins du monde, sont quotidiannement dépecés puis commercialisés dans les deux milles boucheries chevalines de France. Cette chair, de nature douceâtre, a la réputation d'être la plus saine des viandes rouges.
Mais par préjugé, à cause de son prix modéré et de sa teinte violacée, certains l'appelent "CARNE".
 

Anche se il francese è soltanto un dialetto del latino volgare, proprio come l'italiano, e per questo dovrebbe essere ben comprensibile a tutti, riporto la traduzione a cura di ZiaMarti e dei deadkennedys: 

La carne di cavallo, proibita nella maggior parte dei paesi del mondo, è invece particolarmente apprezzata dal popolo francese. I cavalli provenienti dai quattro angoli del mondo sono quotidianamente fatti a pezzi e la loro carne messa in vendita nelle duemila macellerie cavalline della Francia. Questa carne di natura dolciastra ha la reputazione di essere tra le carni rosse più salutari in assoluto, ma per pregiudizio a causa del suo prezzo basso e del suo colore violaceo, alcuni la chiamano "CARNE".  


Trama:
È la tetra storia di un macellaio in cui non brilla neppure un barlume dello Spirito. Fatto senza il Verbo, egli è un puro e semplice golem, è come un ammasso di creta semovente mosso dai demoni. Questo essere brutale e osceno ingravida un'operaia, che fugge da lui lasciandogli il frutto della concupiscenza. Così il macellaio gestisce il suo negozio e cresce da solo la figlia, visibilmente ritardata e incapace persino di verstirsi. La lava e cerca di fare di tutto per trattenere la propria natura animalesca, che lo spingerebbe a consumare un rapporto incestuoso. Accade un giorno che la giovane, sconvolta dal suo primo menarca, raggiunge il padre in macelleria. Lui crede che lei sia stata stuprata da un garzone, un saraceno. Così lo raggiunge e gli assesta una pugnalata in corpo. Non riesce nel suo intento omicida, ma viene gettato in carcere. Perde la macelleria e la figlia, incapace di badare a se stessa, viene ricoverata in un manicomio. Scontata la pena, l'energumeno trova lavoro come cameriere in un bar gestito da una procace bionda di mezz'età, con cui finisce con l'avere una relazione. Qui viene la parte più tremenda... 


Recensione: 
Fin dal primo istante ci si trova immersi nell'angoscia e nell'incubo. Quella mostrata da Carne è una realtà degradata, un vero e proprio deserto ontologico. Non sembra nemmeno che sulla sua desolazione splenda lo stesso sole che l'abitudine ci spinge a considerare una preziosa fonte di luce. Persino i colori non sono normali, sembra che tutto viri verso un rosso fosco, quasi bruno, di certo allo scopo di imitare l'aspetto della carne equina sanguinolenta. La colonna sonora è inquietante, induce frenesia. Ho come una certezza in me, emersa dapprima in modo subliminale e poi sempre più esplicito, che in realtà l'intera vicenda non si svolga sul nostro stesso pianeta, bensì in qualche profondissimo recesso delle Tenebre Esteriori.

Alcune note etimologiche

Nel francese gergale, il vocabolo carne "carne equina" è chiaramente un prestito dall'italiano. Si tratta di un doppione di chair "carne", che invece si è evoluta come naturale esito dal latino carnem, forma accusativa di caro "carne". Nei sottotitoli in italiano questa opposizione si perde, dato che sia chair che carne vengono resi nella lingua di Dante con un'unica parola: carne

Una grande verità 

A un certo punto, in uno dei momenti più drammatici della pellicola, il brutale macellaio si protende verso la prosperosa donna bionda che ha davanti a sé. Si slaccia la patta. Prima che che la penetri, stantuffando dentro il suo canale procreativo e riempiendola di sperma, compare lo sfondo nero con una scritta che inchioda lo spettatore:  

LA PLUPART DES EMRYONS SONT CONÇUS PAR ACCIDENT.

La maggior parte  degli embrioni sono concepiti accidentalmente.

Un monito che andrebbe scolpito nel marmo e affisso ad ogni angolo di strada! Eppure l'uomo continua. Verso la fine della pellicola lo vediamo possedere more ferarum l'amante che ormai odia e disprezza - e lo fa con una certa violenza, sempre iniettandole il genetico nella matrice fertile. E pensare che la donna bionda avrebbe potuto soddisfare l'uomo usando la bocca, senza correre il pericolo di rimanere fecondata, senza immettere nel mondo un nuovo dannato! Evidentemente l'energumeno non apprezza neppure la sensuali voluttà della fellatio: in lui tutto è genoma fremente, teso come un argano di balestra da campo. Nessuna consapevolezza, nemmeno l'ombra di un pensiero. Soltanto il buio bestiale di un golem. Non è neppure la bramosia del piacere a muovere quel corpo immane, ma il comando del DNA e in ultima analisi la forza da cui ha origine: IL TERRORE DELLA MORTE! 

giovedì 25 luglio 2019


THE CHIMP

Anno: 1932
Regia:
James Parrott 
Produzione: Hal Roach 
Sceneggiatura: Harley M. Walker
Distribuzione: Metro-Goldwin-Mayer
Dialoghi: Harley M. Walker
Fonico: Elmer Raguse
Durata: 25 min 13 sec
Genere: Comico
Interpreti e personaggi:  
  Stan Laurel e Oliver Hardy, nei panni di sé stessi;
  Charles Gemora (la gorilla Ethel);
  Tiny Sandford (Destructo, il forzuto del circo);
  Jimmy Finlayson (presentatore dei numeri circensi);
  Billy Gilbert (proprietario della pensione);
  Dorothy Granger (Ethel, moglie del proprietario);
  Bobby Burns (pensionante).
Titolo in italiano: Il circo è fallito 

Comicità anarchica 

I copioni dei cortometraggi prodotti da Hal Roach, aventi per protagonisti Laurel e Hardy, subivano aggiustamenti e modifiche durante le riprese. Una cosa tutto sommato naturale e niente affatto rara nel mondo del cinema. Secondo quanto si legge in Laurel and Hardy: The Magic Behind the Movies, di Randy Skretvedt (Bonaventure Press, 2019), ciò accadeva spesso allorché si trattava di testi scritti da Harley M. Walker, accreditato come autore dei dialoghi di “The Chimp”.
L’espressione che meglio si presta a descrivere questo cortometraggio è “comicità anarchica”.
Non vi è traccia alcuna della melassa profusa a piene mani da Charlie Chaplin in “The Circus” (1928): a regnare è il gusto per la sovversione dei ruoli e delle regole, in barba a tutti i canoni.
Per questo “The Chimp”, a quasi novant’anni dalla sua realizzazione, conserva una sorprendente freschezza, cosa che non si può certo dire di opere coeve o posteriori.
Nel cast si segnalano alcuni straordinari caratteristi presenti in altri cortometraggi di Hal Roach. Mi riferisco anzitutto a James Finlayson, l’attore calvo coi baffoni ben noto ai fan di Laurel e Hardy.
Nel ruolo del proprietario della pensione troviamo il bravissimo Billy Gilbert, che molti di voi ricorderanno nei panni del medico ospedaliero in “County Hospital” (1932). Merita una menzione anche Stanley J. "Tiny" Sandford nella parte del forzuto del circo (nel 1933 lo ritroveremo sul set di “Busy Bodies”).
Straordinaria l’interpretazione della gorilla Ethel da parte di Carlos Cruz “Charles” Gemora. Era, questi, un immigrato filippino di piccola statura dalle spiccate doti artistiche. Trovò lavoro come scultore e truccatore a Hollywood e, in seguito, come attore, sempre indossando un costume da gorilla.
In questo ruolo ebbe modo di recitare accanto a Lon Chaney in “The Unholy Tree”, di Jack Conway (1930); Bela Lugosi in “Murders of the Rue Norgue”, di Robert Florey (1932); i Fratelli Marx in “At the Circus”, di Edward Buzzell (1939); Robert Mitchum in “White Witch Doctor”, di Henry Hathaway (1953). 

Pietro Ferrari


Trama: 
Stan e Oliver lavorano presso un circo equestre come inservienti. A causa della loro proverbiale inettitudine provocano il crollo del tendone, facendo fallire il circo. L’impresario, a corto di quattrini, annuncia ai dipendenti che non potendo pagarli in denaro suddividerà fra loro i beni del circo. A ciascuno verrà assegnato ciò che saprà disegnare su un foglio. Oliver si ritrova così proprietario di Ethel, una simpatica e intelligentissima femmina di gorilla; Stan del “circo delle pulci”, una scatoletta piena di insetti molesti. Mentre Oliver tenta di fabbricare con delle assi una gabbia per Ethel, si materializza un leone che prende a inseguire il bizzarro terzetto. Dopo una lunga corsa per le vie della città, i fuggitivi giungono nei pressi di una pensione il cui proprietario, proprio in quel mentre, è in preda a una crisi di gelosia furiosa poiché la moglie, che di nome fa Ethel proprio come la gorilla, è andata chissà dove e tarda a tornare. Mentre Oliver si accinge a firmare il registro degli ospiti, piombano nella hall Stan e Ethel, terrorizzati dal riapparire del leone. Il proprietario dà in escandescenze e intima loro di uscire. A questo punto non resta ai due che ingegnarsi. Oliver entra in una rimessa, si spoglia e fa vestire Ethel con i propri pantaloni, la giacca e il cappello. Lui, a sua volta, indossa la gonna di tulle di Ethel (che è una provetta ballerina). A vestizione conclusa, Stan e la scimmia riescono a farsi ammettere alla pensione. Mentre Oliver attende un segnale dell’amico, vede ricomparire il leone. Urlando per il terrore riesce, non si sa bene come, a chiudere il felino nella rimessa. Stan si affaccia alla finestra e Oliver gli fa segno di lanciargli i propri abiti: l’imbranatissimo Stan lancia i pantaloni dritti su un filo steso poco più sotto. Nel tentativo di recuperarli, Stan e Ethel cadono entrambi addosso al povero Oliver. Dopo aver abbandonato Ethel nei pressi di un cassonetto, i due amici tornano alla pensione. Arrampicandosi per la grondaia, Ethel raggiunge la finestra della loro stanza e vi si introduce, andandosi poi stendere nello stesso letto dove dorme Oliver, cui schiocca un bacio sul collo. Questi lancia un urlo e scaccia la scimmia, dicendole di andare a coricarsi nello sgabuzzino. Ethel obbedisce, ma non senza aver sottratto a Oliver la coperta. A questi non rimane che coricarsi accanto a Stan. Dopo pochi istanti i due cominciano a grattarsi: Stan ha lasciato inavvertitamente aperta la scatola del “circo delle pulci”! Nel frattempo, in una stanza vicina, un anziano pensionante mette in funzione un grammofono. Nell’udire il motivo musicale, Ethel si mette a ballare trascinando con sé Stan nella danza. Oliver esorta ripetutamente Ethel a tornare a letto. Il proprietario della pensione, che ancora rimugina sopra il ritratto della moglie fedifraga, nell’udire le parole di Oliver crede che siano rivolte alla “sua” Ethel e, impugnata una pistola, si precipita verso la stanza dei due amici, intimando loro di aprire la porta. I due fanno appena in tempo a nascondere Ethel nel letto della stanza accanto, quand’ecco che il proprietario fa saltare la serratura con una pistolettata e irrompe nella stanza gridando “Dov’è lei?”. “Lei chi?” replica basito Oliver. “La mia Ethel!” Stan indica senza esitazioni la stanza accanto. Il proprietario, scorgendo una figura nascosta sotto le coperte, attacca una vera e propria filippica – il cui effetto comico è moltiplicato dalle espressioni stupefatte di Stan e Oliver. “Pensa a quello che mi hai fatto, tu, che porti il mio nome, tu, la madre dei miei figli! Tu che io amo più della vita stessa!” In quel preciso istante la moglie del proprietario, rientrata a casa con l’aria trionfante della moglie infedele reduce da un appuntamento con l’amante, fa il suo ingresso nella stanza attirata dal vociare del marito. Questi nel vederla esclama: “Ethel!”. La gorilla, sentendo pronunciare il proprio nome, esce da sotto le coperte. La Ethel depilata scappa in preda al terrore e il marito, per lo spavento, lascia cadere a terra la pistola gridando a Stan e Oliver di portar via la scimmia. Ethel, stanca di tutto quel baccano, afferra la pistola e si mette sparare una gragnuola colpi sul pavimento, facendo fuggire tutti quanti.


Pietro Ferrari 


Alcune considerazioni

Ricordo di aver visto questo filmato quando ero ancora allo stadio larvale! Ne rammento anche un altro, in cui Oliver finiva immerso in una piscina piena di un elisir ringiovanente, emergendone come uno scimpanzé: una splendida satira al darwinismo! Peccato che queste comiche siano sempre state associate alla più estrema superficialità, quando in realtà contengono fulgidi tesori.  

Una constatazione lapalissiana 

Il titolo originale del corto cozza in modo stridente con il fatto che Ethel, la scimmia protagonista, non è affatto uno scimpanzé (genere Pan), bensì un gorilla (genere Gorilla). La forma abbreviata chimp, derivata da chimpanzee, è documentata per la prima volta nel 1877. Il nome esteso chimpanzee è documentato in inglese già nella prima metà del XVIII secolo (1738) e deriva da una lingua Bantu del Congo o dell'Angola (cfr. Kikongo chimpenzi "scimmia") - anche se attualmente non risulta che l'ominide sia presente sul territorio dell'ex colonia portoghese. Come mai il cortometraggio mostra una simile confusione tra grosse scimmie? La risposta è abbastanza semplice: non ci si può aspettare che una persona di cultura anche media avesse, nella prima metà del XX secolo, l'acume e le conoscenze di un tassonomo. Non è poi escluso che la scelta abbia avuto una sua componente estetica: The Gorilla non sarebbe suonato bene come The Chimp.