Titolo originale: Memoirs of a gnostic dwarf
Autore: David Madsen
Anno: 1995
Lingua originale: Inglese
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Storico, grottesco
Sottogenere: Fantareligione, esoterismo
Edizione italiana: 2005
Editore (Italia): Meridiano Zero
Codice ISBN-10: 888237131X
Codice ISBN-13: 978-8882371319
Traduzione (in italiano): Lorenzo Borgotallo, Filippo
Patarino
Titoli tradotti:
Tedesco: Der Zwerg, der Papst und die Heiligkeit
Anno: 1995
Lingua originale: Inglese
Tipologia narrativa: Romanzo
Genere: Storico, grottesco
Sottogenere: Fantareligione, esoterismo
Edizione italiana: 2005
Editore (Italia): Meridiano Zero
Codice ISBN-10: 888237131X
Codice ISBN-13: 978-8882371319
Traduzione (in italiano): Lorenzo Borgotallo, Filippo
Patarino
Titoli tradotti:
Tedesco: Der Zwerg, der Papst und die Heiligkeit
Sinossi (da Meridianozero.it):
Roma, 1496. In un palazzo di una famiglia dell’aristocrazia romana, si svolge uno strano rito di iniziazione gnostico. Pochi giorni dopo, l’inquisitore domenicano fra Tomaso della Croce penetra nella villa e fa arrestare la bella Laura de’ Collini. Ma non riesce a mettere le mani sul Maestro della confraternita.
Firenze, 1503. Nella città ancora scossa dall’esperienza di Savonarola e dall’esilio dei Medici, fa tappa la carovana di mastro Antonio: un triste baraccone itinerante di "scherzi di natura", deformi esseri umani tra i quali si nascondono criminali, eretici e ogni sorta di sopravvissuti. Tra di loro il nano Peppe, la cui sofferenza fisica è mitigata dalla dotta conoscenza della verità. Peppe sa che il suo corpo storpio e sofferente non è che una produzione del funesto artefice Jaldabaôth, responsabile della creazione del mondo della materia in cui è imprigionata la scintilla divina. E una sera la misteriosa Barbara entra nella sua tenda, per riscattarlo al suo destino.
Qual è il filo nascosto che lega questi eventi? Quando Giuseppe Amadonelli, al secolo Peppe il nano gnostico, si mette a scrivere le sue memorie, è ormai un habitué della corte pontificia. Passato indenne attraverso i cenacoli segreti dei palazzi rinascimentali e i ferri roventi degli inquisitori, è diventato il segretario e il confidente di papa Leone X: un papa grasso, fiacco e dedito ai piaceri carnali, ossessionato dal quel "monaco folle" di Lutero che va divulgando le sue tesi in una Germania ormai in ebollizione.
E mentre con pungente irriverenza, racconta la dissolutezza e la corruzione del teatrino vaticano – in cui sfilano in gran pompa personaggi del calibro di Leonardo e del bellissimo Raffaello, di Francesco I e di Carlo V – Peppe tesse il filo del suo racconto: la storia di una complessa partita giocata sullo scacchiere dell’Italia, di una vendetta, del duello fra due grandi avversari, il Maestro e l’Inquisitore.
David Madsen, teologo e profondo conoscitore del Rinascimento, mescola sapientemente fiction e fatti storici, dando vita a un romanzo magico che illumina i sotterranei intrighi di un’epoca cruciale per l’Europa.
L'autore:
David Madsen è lo pseudonimo di un teologo e filosofo. Il suo talento barocco si vede soprattutto nei suoi romanzi: Memorie di un nano gnostico, Le confessioni di un cuoco eretico (Confessions of a Flesh-Eater) e Una scatola di sogni (A Box of Dreams), oltre che nel libro "cult" di cucina Orlando Crispe's Flesh-Eater's Cookbok (alla lettera Il ricettario del cannibale Orlando Crispe). I suoi lavori sono stati tradotti in 12 lingue. Questo ci dice Googlebooks. Amazon aggiunge che egli è anche un "terapista", senza specificare ulteriori dettagli di questa sua professione.
Va aggiunto che l'identità reale dell'autore permane ignota, a dispetto di tutti i tentativi di approfondire la questione.
Roma, 1496. In un palazzo di una famiglia dell’aristocrazia romana, si svolge uno strano rito di iniziazione gnostico. Pochi giorni dopo, l’inquisitore domenicano fra Tomaso della Croce penetra nella villa e fa arrestare la bella Laura de’ Collini. Ma non riesce a mettere le mani sul Maestro della confraternita.
Firenze, 1503. Nella città ancora scossa dall’esperienza di Savonarola e dall’esilio dei Medici, fa tappa la carovana di mastro Antonio: un triste baraccone itinerante di "scherzi di natura", deformi esseri umani tra i quali si nascondono criminali, eretici e ogni sorta di sopravvissuti. Tra di loro il nano Peppe, la cui sofferenza fisica è mitigata dalla dotta conoscenza della verità. Peppe sa che il suo corpo storpio e sofferente non è che una produzione del funesto artefice Jaldabaôth, responsabile della creazione del mondo della materia in cui è imprigionata la scintilla divina. E una sera la misteriosa Barbara entra nella sua tenda, per riscattarlo al suo destino.
Qual è il filo nascosto che lega questi eventi? Quando Giuseppe Amadonelli, al secolo Peppe il nano gnostico, si mette a scrivere le sue memorie, è ormai un habitué della corte pontificia. Passato indenne attraverso i cenacoli segreti dei palazzi rinascimentali e i ferri roventi degli inquisitori, è diventato il segretario e il confidente di papa Leone X: un papa grasso, fiacco e dedito ai piaceri carnali, ossessionato dal quel "monaco folle" di Lutero che va divulgando le sue tesi in una Germania ormai in ebollizione.
E mentre con pungente irriverenza, racconta la dissolutezza e la corruzione del teatrino vaticano – in cui sfilano in gran pompa personaggi del calibro di Leonardo e del bellissimo Raffaello, di Francesco I e di Carlo V – Peppe tesse il filo del suo racconto: la storia di una complessa partita giocata sullo scacchiere dell’Italia, di una vendetta, del duello fra due grandi avversari, il Maestro e l’Inquisitore.
David Madsen, teologo e profondo conoscitore del Rinascimento, mescola sapientemente fiction e fatti storici, dando vita a un romanzo magico che illumina i sotterranei intrighi di un’epoca cruciale per l’Europa.
L'autore:
David Madsen è lo pseudonimo di un teologo e filosofo. Il suo talento barocco si vede soprattutto nei suoi romanzi: Memorie di un nano gnostico, Le confessioni di un cuoco eretico (Confessions of a Flesh-Eater) e Una scatola di sogni (A Box of Dreams), oltre che nel libro "cult" di cucina Orlando Crispe's Flesh-Eater's Cookbok (alla lettera Il ricettario del cannibale Orlando Crispe). I suoi lavori sono stati tradotti in 12 lingue. Questo ci dice Googlebooks. Amazon aggiunge che egli è anche un "terapista", senza specificare ulteriori dettagli di questa sua professione.
Va aggiunto che l'identità reale dell'autore permane ignota, a dispetto di tutti i tentativi di approfondire la questione.
Recensione:
Senza dubbio questo è uno dei libri più stravaganti in cui mi sono imbattuto da quando sono al mondo! Somma è la sua importanza nella storia della letteratura satirica e grottesca. Per questo motivo ne consiglio vivamente a tutti la lettura. Che sia realmente un teologo o altro, Madsen ha saputo dar vita a tutta una galleria di personaggi distorti, al limite dell'incubico, che ben rappresentano un'umanità dannata. Ha ricoperto il nudo scheletro dei fatti storici acclarati col complesso tessuto muscolare e nervoso della sua creazione fantastica. Il linguaggio è vivido, crudo, non nasconde nulla e non fa concessioni ai detestabili idoli del politically correct. Lo si può amare oppure odiare, ma in ogni caso lascia il segno. Assolutamente indimenticabile.
L'artificio narrativo usato dal teologo-romanziere non è certo una novità, essendo ancora la finzione del manoscritto ritrovato da qualche parte. L'autore sembra dissociarsi, proprio come a suo tempo fece Alessandro Manzoni, dalla sua stessa creazione - oppure cerca soltanto di renderla più credibile agli occhi dei lettori?
Peppe, il nano gnostico, introduce innanzitutto la figura del dottor Bonet de Lattes, protomedico ebreo del Papa. Il suo cognome, che senza dubbio non si sente tutti i giorni per le vie, fa venire in mente un delizioso budino al cioccolato - quello che in piemontese è detto per l'appunto bonet. Nulla di più lontano dalla natura del personaggio, annusatore di feci e coltivatore di erbe fetidissime, che passa il suo tempo a manipolare le purulente emorroidi pontificie nel tentativo di recare sollievo a quell'immenso deretano rotto e ulcerato da incallita sodomia! Il protomedico dedito alla coproscopia e il gigantesco, fetidissimo culo suppurante del Papa: due presenze ingombranti che riempiono da sole l'intero orizzonte dell'Urbe, oscurando persino l'astro diurno e la volta celeste. Un corvo ripugnante su un panettone plasmato da un impasto di merda grassa e di pus. Adesso sfido chiunque a trovarmi un altro luogo della letteratura in cui è stato assemblato qualcosa di simile!
Ecco in tutto il suo putrido splendore Papa Leone X, un collerico tiranno che ama farsi sodomizzare da giovani nerboruti, assoldandoli perché immergano la verga eretta nel dilatato cratere fistoloso. Uno spettacolo apocalittico, in cui si fondono sangue, marciume, materia fecale e sperma! Certo, qualcuno fa notare, tra i tanti commenti a quest'augusta opera, che si tratta di qualcosa di poco adatto a coloro che si professano fedeli della Chiesa Romana. E con questo? Non me ne importa nulla. Se si sentono offesi, taglino la parte offesa. Non saranno certo le pretese revisioniste dei moderni cattolici a cancellare gli orrori e le storture del passato. Sta di fatto che le inclinazioni sodomitiche di Leone X non sono certo l'invenzione di uno scrittore anticlericale. Già gli autori vissuti all'epoca dei fatti ne parlarono diffusamente. Mi sento di affermare che la storia della Riforma sarebbe stata molto diversa se Lutero non avesse avuto sotto mano una simile evidenza della natura anticristica del Pontefice Romano e della sfrenata corruzione della sua Chiesa!
Peppe ci parla diffusamente della propria orrenda e brutale infanzia. Figlio di una venditrice di vino scadente di Trastevere, subisce fin da piccolo ogni genere di abusi. Anche l'incesto ha il suo piccolo spazio in questo scenario da girone dantesco: in un'occasione la donna dissoluta che ogni giorno caricava suo figlio di botte, cerca di costringerlo a ficcarle il budellino tra le gambe. Va detto che la Natura è stata sommamente ingenerosa col povero Peppe, non limitandosi a plasmarlo gobbo, ma privandolo persino di quella che De André in una sua canzone su un nano definiva "fra tutte le virtù la più indecente". Lo stesso Papa di Sodoma è costretto a constatarlo di persona. Non ha fondamento alcuno la voce secondo cui tutti i nani avrebbero, quasi per compensazione, una virilità esuberante. In altre parole, esistono anche nani che si ritrovano con un falletto esiguo, come quello dei bambini. Le miserie della vita di Peppe non si esauriscono a quanto finora descritto. Cresciuto, è entrato a far parte della compagnia di un guitto itinerante, nel cui baraccone ha conosciuto una degradazione ancor più spaventosa. Si è così ritrovato costretto a recitare ogni santo giorno un abietto numero teatrale come schiavo sessuale di una gigantesca scimmia, impersonata da un energumeno dal peloso travestimento. Il giovane nerboruto quanto ottuso esalava un tanfo schifoso dai piedi e dalle ascelle, ma era dotato di uno smisurato Schwanzstücker, che era compito del povero Peppe masturbare fino a produrre violenti getti di liquame spermatico! Simili spettacoli, che non dovevano essere infrequenti, hanno fornito un'arma molto efficace a Lutero, che era un eroe dall'intelligenza acutissima, non un "monaco pazzo"!
Peppe ci descrive nei dettagli il suo incontro con il Maestro Leonardo da Vinci. Un incontro alquanto deludente. Il genio toscano è presentato come un vecchio laido la cui barba esala un forte fetore di vomito. Raggelante. Le sue vesti sono incrostate di residui di cibo masticato, il suo corpo è immerso in lezzi insostenibili e ben peggiori del sentore di vomito della barba. Il tanfo penetrante è paragonato da Peppe a quello di un frutto esotico di cui ha sentito parlare, chiamato durio. In parole povere, si tratta del pestilenziale puzzo di formaggio fortissimo tipico dei cadaveri in avanzata decomposizione! Peppe collega subito questa peculiarità oscena alle abitudini necrofile dell'uomo di Scienza: a forza di sezionare corpi tratti dagli obitori, è rimasto impregnato del loro sentore. Questo non basta: Leonardo, che parla in un rozzissimo vernacolo reso quasi incomprensibile da una gorgia corrosiva, non mostra il benché minimo interesse verso gli argomenti esoterici. Sfiora il materialismo più bieco. Peppe dal canto suo si guarda bene dall'accennargli alle dottrine gnostiche. Eppure un accenno di critica catara alla Chiesa di Roma a un certo punto emerge dalla bocca del sublime artista. Quando egli offre a Peppe un bicchiere di distillato autoprodotto, afferma che la bevanda è molto apprezzata in Arabia. Il nano gnostico esprime i suoi dubbi, ricordando al Maestro che nelle scritture della religione maomettana le bevande inebrianti sono proibite in modo esplicito. Così replica l'uomo di Vinci: "La Bibbia proibisce di forni'are - ma ciò non toglie che la gente 'ontinui a farlo".
Questo possiamo arguire: l'autore non dimostra di avere una conoscenza profonda dei Catari e della dissidenza dualista medievale. Non sembra essere nemmeno al corrente delle differenze tra Catari assoluti e moderati. In particolare non sa davvero nulla del Battesimo di Spirito, anche noto come Consolamentum, come si evince ad esempio dalla descrizione dei rituali con cui viene iniziato Peppe. Quello che invece pare conoscere abbastanza bene è lo Gnosticismo dell'epoca dell'Impero. Il punto è che lo Gnosticismo di Valentino e di Basilide non è affatto l'antenato del Catarismo medievale. In altre parole non sussiste tra le due religioni un rapporto filogenetico - a dispetto di un nucleo comune di idee e di dottrine sul Cosmo e sulla condizione umana. Per contro Madsen professa proprio questo preteso nesso filogenetico. Egli commette un grave errore concettuale identificando e confondendo i Catari con gli Gnostici antichi. Non si tratta soltanto di un anacronismo. Il linguaggio è uno strumento di cui l'essere umano si serve per interpretare la realtà. Al linguaggio piano, netto e semplice dei Catari medievali contrasta in modo stridente il linguaggio criptico e misterioso degli Gnostici antichi, che si servivano di vocalizzazioni bizzarre indicanti il nome divino e di una complessa glossolalia, forse unica nel suo genere. Esistono diverse testimonianze scritte della lingua occulta usata dagli Gnostici, non soltanto nei famosi testi rinvenuti a Nag Hammadi, ma anche in alcune tavole di defissione. Dovendo dare un nome a questa glossolalia, la definisco lingua Sethiana. Leggiamo così nel romanzo i nomi degli angeli che plasmarono le membra umane: queste singolari parole erano usate per nominare le stesse parti del corpo in Sethiano.
Il primo, Raphaô, iniziò con il formare il cocuzzolo della testa.
Arôna formò il cranio.
Meniggestrôeth formò il cervello.
Asterekmé, l'occhio sinistro.
Thaspomaka, l'occhio destro.
Ierônumos, l'orecchio sinistro.
Bissoumeemi, l'orecchio destro.
Akiôreim, le narici.
Banénephroum, le labbra.
Amon-ffshata, i denti anteriori.
Ibikan, i denti posteriori.
Adabani, la nuca.
Khaamani, la gola.
Tébar, la spalla sinistra.
Dêarkhô, la spalla destra.
Abitriôon, la mano sinistra.
Euanthên, la mano destra.
Astrôpsamini, il capezzolo sinistro.
Barrûph, il capezzolo destro.
Baoum, l'ascella sinistra.
Ararim, l'ascella destra.
Pthauê, l'ombelico.
Gêsole, lo stomaco.
Aggromauma, il cuore.
Mnashakka, l'orifizio anale.
Eilô, il pene.
Sôrma, i testicoli.
E Sôrma, la vagina.
Ormaôth, la gamba sinistra.
Psêrêm, la gamba destra.
Akhiêl, il piede sinistro.
Phnèmê, il piede destro.
Boozabel, le dita del piede sinistro.
Phiknipna, le dita del piede destro.
Essendo trascrizioni dall'originale in lettere greche, -gg- è pronunciato -ng-. Se Meniggestrôeth sembra contenere il greco μῆνιγξ "membrana che ricopre il cervello" (donde anche la parola meningi), Ierônumos potrebbe essere greco e stare per "nome santo" - anche se non si capisce bene il nesso semantico. Per il resto brancoliamo nel buio. Avremo modo di approfondire in altra sede l'affascinante argomento.
Riporto a questo punto un estratto del capolavoro che compare verso la fine della narrazione. Lo faccio a pubblica edificazione, in quanto è un testo che irradia bagliori di Verità.
Credo in un unico, vero Dio, Padre, onnipotente, che dimora nei cieli, nel regno della luce gloriosa, e che è Creatore increato del regno che è la sua dimora. Dal suo amorevole grembo siamo caduti, precipitando su questa terra e in questo mondo, che il Padre non ha creato. Poiché questa terra e questo mondo sono un niente, pieni della miseria e della sofferenza del niente. Come ci testimonia il diletto discepolo nel suo vangelo:
La traduzione e interpretazione gnostica di queste parole differisce da quella della tradizione; la Chiesa la intende come: "Niente è stato creato senza di lui". Al contrario, noi volgiamo: "Il niente è stato creato, ed è stato creato senza di lui". Ogni traduzione è un'interpretazione; come potrebbe essere altrimenti? Ora, il niente che coincide con l'inferno del nostro mondo è stato creato senza il Verbo divino; ma non è il 'nostro' mondo perché siamo a esso estranei ed esuli in esso. La nostra origine, e vera dimora, è il regno di luce del Padre. Perché questo mondo è stato creato dal nemico del Padre, il diavolo, e ogni forma materiale, ogni vita e ogni istinto carnale, ogni sviluppo e ogni decadimento corporeo sono opera sua.
Dalla Luce precipitiamo ora nell'oscurità più greve e densa! Alla lettera ruzzicàne li porci significa "rotolare nei maiali". Così ci viene descritto da Peppe questo orrendo rito che si svolgeva a monte Testaccio:
"è un evento davvero agghiacciante: carrette cariche di maiali terrorizzati, scagazzanti dalla paura, vengono trainate in cima al monte Testaccio, quindi letteralmente rovesciate sulla folla giù in basso, che si accapiglia per impossessarsi degli animali. Questi si abbattono sulle persone, i più pesanti ferendole o addirittura uccidendole; quando le strida assordanti dei maiali e le urla della gente si placano, ai piedi del monte c'è un groviglio sanguinolento di corpi umani e animali, e l'aria è fetida dell'evacuazione di vesciche, tanto degli esseri umani quanto dei suini. Non riesco davvero a capire come si possa trovare divertente questo genere di cose."
Queste cose sono reali, non invenzioni letterarie del Madsen. Questo è riportato da Costantino Maes (1839 - 1910) in Curiosità romane, Roma, Edizioni del Pasquino (1983, ristampa dell'originale anastatico del 1885):
"I giuochi di Testaccio che comprendevano giostre di tori, cuccagne, lotte, […], si aprivano con uno strano spettacolo. […] Si teneva pronto qui un branco di porci, ben pettinati e tosati, i quali al giungere del corteo venivano collocati a due a due in 6 carrette coperte di seta rossa: bell’accordo davvero! Trasportati i carri alla sommità del monte, si abbandonavano alla loro gravità: il nobile treno scendeva così precipitosamente alle radici della verde collina sparnazzando tra le confuse pieghe della porpora i neri animali. Questo si diceva in gergo romanesco ruzzicàne li porci da Testaccio."
Che altro dire? Il testo madseniano mescola realtà e fantasia, ma ha il pregio di richiamare l'attenzione su piccoli tesori antropologici che altrimenti correrebbero il rischio di svanire nell'Oblio.
Mi stupisce non poco il cognome di uno dei traduttori, Patarino, che deve la sua origine alla più combattiva dissidenza religiosa medievale. Nella Toscana rinascimentale la parola patarino "cataro" era ancora ben conosciuta, ma aveva acquisito il generico significato di "irreligioso". Certo, suona come una coincidenza davvero strana, di quelle che lasciano basiti.
Un certo numero di recensioni - quasi tutte microscopiche - si trovano su Anobii.com. Ne riporto un paio, che reputo di un certo interesse:
leontrevis ha scritto:
caustico...unico
Un libro unico nel suo genere, in quanto e' difficile fare letteratura su argomenti di queto genere. L'autore (storico inglese) descrive in maniera dettagliata, realistica (e per questo divertente) le "schifezze" della curia pontificia del XVI secolo. A parte roghi e inquisizioni, sembrerebbe che nulla o poco sia cambiato sotto il cielo di San Pietro!!
Piacevolissima lettura.
Tanzen ha scritto:
Il romanzo di Madsen non è esente da qualche strafalcione di carattere storiografico in merito alla dottrina gnostica, ma la complessità di questi movimenti religiosi dei primi secoli e la scarsa conoscenza della loro teologia che permane ancor oggi ne fanno un difetto di poco conto. Nel complesso il libro scorre bene: la storia non trascina il lettore se non nell'ultima parte della narrazione, ma la lettura delle pagine del diario del nano gnostico è comunque piacevole. La descrizione della corte - e dei vizi - papali risulta esagerata: per quanto la Roma pontificia fosse un bordello le descrizioni fantastiche di Madsen sfociano nel dileggio. Allo stesso modo, il ritratto della sessualità gnostica è volutamente provocatorio e senza alcun riscontro nella dottrina di quei movimenti. Nel complesso si tratta di una lettura gradevole, che lascia sul volto qualche sorriso e che non deve essere intesa se non come un ritratto dissacrante della Roma pontificia cinquecentesca tratteggiato dalla mano di uno "scherzo della natura" desideroso di raccontare la propria ascesa alle camere papali ed il suo incrollabile amore per la Verità della Gnosi.
Ebbene sì, c'è anche il mio contributo, abbastanza critico, risalente al lontano 2010. Eccolo:
Un giudizio difficile
Potrebbe essere un libro eccellente, per come è scritto e per le vivide immagini che comunica. Un capolavoro del genere grottesco. Però non posso fare a meno di notare che confonde il Catarismo con lo Gnosticismo di Valentino, attribuendogli poi dei costumi nati dalle calunnie della maligna Chiesa Romana, tipo comunioni a base di sperma e altre turpitudini similari. L'autore si qualifica come un teologo in incognito e uno studioso di storia, ma a quanto pare non ha potuto trarre giovamento da opere credibili sui Buoni Uomini. A queste pecche pone in parte rimedio il Credo Gnostico finale, che riassume in modo mirabile la nostra condizione in questo universo infernale.
Senza dubbio questo è uno dei libri più stravaganti in cui mi sono imbattuto da quando sono al mondo! Somma è la sua importanza nella storia della letteratura satirica e grottesca. Per questo motivo ne consiglio vivamente a tutti la lettura. Che sia realmente un teologo o altro, Madsen ha saputo dar vita a tutta una galleria di personaggi distorti, al limite dell'incubico, che ben rappresentano un'umanità dannata. Ha ricoperto il nudo scheletro dei fatti storici acclarati col complesso tessuto muscolare e nervoso della sua creazione fantastica. Il linguaggio è vivido, crudo, non nasconde nulla e non fa concessioni ai detestabili idoli del politically correct. Lo si può amare oppure odiare, ma in ogni caso lascia il segno. Assolutamente indimenticabile.
L'artificio narrativo usato dal teologo-romanziere non è certo una novità, essendo ancora la finzione del manoscritto ritrovato da qualche parte. L'autore sembra dissociarsi, proprio come a suo tempo fece Alessandro Manzoni, dalla sua stessa creazione - oppure cerca soltanto di renderla più credibile agli occhi dei lettori?
Scrutatore di escrementi
Peppe, il nano gnostico, introduce innanzitutto la figura del dottor Bonet de Lattes, protomedico ebreo del Papa. Il suo cognome, che senza dubbio non si sente tutti i giorni per le vie, fa venire in mente un delizioso budino al cioccolato - quello che in piemontese è detto per l'appunto bonet. Nulla di più lontano dalla natura del personaggio, annusatore di feci e coltivatore di erbe fetidissime, che passa il suo tempo a manipolare le purulente emorroidi pontificie nel tentativo di recare sollievo a quell'immenso deretano rotto e ulcerato da incallita sodomia! Il protomedico dedito alla coproscopia e il gigantesco, fetidissimo culo suppurante del Papa: due presenze ingombranti che riempiono da sole l'intero orizzonte dell'Urbe, oscurando persino l'astro diurno e la volta celeste. Un corvo ripugnante su un panettone plasmato da un impasto di merda grassa e di pus. Adesso sfido chiunque a trovarmi un altro luogo della letteratura in cui è stato assemblato qualcosa di simile!
Leone X di Sodoma
Ecco in tutto il suo putrido splendore Papa Leone X, un collerico tiranno che ama farsi sodomizzare da giovani nerboruti, assoldandoli perché immergano la verga eretta nel dilatato cratere fistoloso. Uno spettacolo apocalittico, in cui si fondono sangue, marciume, materia fecale e sperma! Certo, qualcuno fa notare, tra i tanti commenti a quest'augusta opera, che si tratta di qualcosa di poco adatto a coloro che si professano fedeli della Chiesa Romana. E con questo? Non me ne importa nulla. Se si sentono offesi, taglino la parte offesa. Non saranno certo le pretese revisioniste dei moderni cattolici a cancellare gli orrori e le storture del passato. Sta di fatto che le inclinazioni sodomitiche di Leone X non sono certo l'invenzione di uno scrittore anticlericale. Già gli autori vissuti all'epoca dei fatti ne parlarono diffusamente. Mi sento di affermare che la storia della Riforma sarebbe stata molto diversa se Lutero non avesse avuto sotto mano una simile evidenza della natura anticristica del Pontefice Romano e della sfrenata corruzione della sua Chiesa!
Una tragedia della Natura
Peppe ci parla diffusamente della propria orrenda e brutale infanzia. Figlio di una venditrice di vino scadente di Trastevere, subisce fin da piccolo ogni genere di abusi. Anche l'incesto ha il suo piccolo spazio in questo scenario da girone dantesco: in un'occasione la donna dissoluta che ogni giorno caricava suo figlio di botte, cerca di costringerlo a ficcarle il budellino tra le gambe. Va detto che la Natura è stata sommamente ingenerosa col povero Peppe, non limitandosi a plasmarlo gobbo, ma privandolo persino di quella che De André in una sua canzone su un nano definiva "fra tutte le virtù la più indecente". Lo stesso Papa di Sodoma è costretto a constatarlo di persona. Non ha fondamento alcuno la voce secondo cui tutti i nani avrebbero, quasi per compensazione, una virilità esuberante. In altre parole, esistono anche nani che si ritrovano con un falletto esiguo, come quello dei bambini. Le miserie della vita di Peppe non si esauriscono a quanto finora descritto. Cresciuto, è entrato a far parte della compagnia di un guitto itinerante, nel cui baraccone ha conosciuto una degradazione ancor più spaventosa. Si è così ritrovato costretto a recitare ogni santo giorno un abietto numero teatrale come schiavo sessuale di una gigantesca scimmia, impersonata da un energumeno dal peloso travestimento. Il giovane nerboruto quanto ottuso esalava un tanfo schifoso dai piedi e dalle ascelle, ma era dotato di uno smisurato Schwanzstücker, che era compito del povero Peppe masturbare fino a produrre violenti getti di liquame spermatico! Simili spettacoli, che non dovevano essere infrequenti, hanno fornito un'arma molto efficace a Lutero, che era un eroe dall'intelligenza acutissima, non un "monaco pazzo"!
Un Leonardo abbrutito
Peppe ci descrive nei dettagli il suo incontro con il Maestro Leonardo da Vinci. Un incontro alquanto deludente. Il genio toscano è presentato come un vecchio laido la cui barba esala un forte fetore di vomito. Raggelante. Le sue vesti sono incrostate di residui di cibo masticato, il suo corpo è immerso in lezzi insostenibili e ben peggiori del sentore di vomito della barba. Il tanfo penetrante è paragonato da Peppe a quello di un frutto esotico di cui ha sentito parlare, chiamato durio. In parole povere, si tratta del pestilenziale puzzo di formaggio fortissimo tipico dei cadaveri in avanzata decomposizione! Peppe collega subito questa peculiarità oscena alle abitudini necrofile dell'uomo di Scienza: a forza di sezionare corpi tratti dagli obitori, è rimasto impregnato del loro sentore. Questo non basta: Leonardo, che parla in un rozzissimo vernacolo reso quasi incomprensibile da una gorgia corrosiva, non mostra il benché minimo interesse verso gli argomenti esoterici. Sfiora il materialismo più bieco. Peppe dal canto suo si guarda bene dall'accennargli alle dottrine gnostiche. Eppure un accenno di critica catara alla Chiesa di Roma a un certo punto emerge dalla bocca del sublime artista. Quando egli offre a Peppe un bicchiere di distillato autoprodotto, afferma che la bevanda è molto apprezzata in Arabia. Il nano gnostico esprime i suoi dubbi, ricordando al Maestro che nelle scritture della religione maomettana le bevande inebrianti sono proibite in modo esplicito. Così replica l'uomo di Vinci: "La Bibbia proibisce di forni'are - ma ciò non toglie che la gente 'ontinui a farlo".
Catari e Gnostici antichi
Questo possiamo arguire: l'autore non dimostra di avere una conoscenza profonda dei Catari e della dissidenza dualista medievale. Non sembra essere nemmeno al corrente delle differenze tra Catari assoluti e moderati. In particolare non sa davvero nulla del Battesimo di Spirito, anche noto come Consolamentum, come si evince ad esempio dalla descrizione dei rituali con cui viene iniziato Peppe. Quello che invece pare conoscere abbastanza bene è lo Gnosticismo dell'epoca dell'Impero. Il punto è che lo Gnosticismo di Valentino e di Basilide non è affatto l'antenato del Catarismo medievale. In altre parole non sussiste tra le due religioni un rapporto filogenetico - a dispetto di un nucleo comune di idee e di dottrine sul Cosmo e sulla condizione umana. Per contro Madsen professa proprio questo preteso nesso filogenetico. Egli commette un grave errore concettuale identificando e confondendo i Catari con gli Gnostici antichi. Non si tratta soltanto di un anacronismo. Il linguaggio è uno strumento di cui l'essere umano si serve per interpretare la realtà. Al linguaggio piano, netto e semplice dei Catari medievali contrasta in modo stridente il linguaggio criptico e misterioso degli Gnostici antichi, che si servivano di vocalizzazioni bizzarre indicanti il nome divino e di una complessa glossolalia, forse unica nel suo genere. Esistono diverse testimonianze scritte della lingua occulta usata dagli Gnostici, non soltanto nei famosi testi rinvenuti a Nag Hammadi, ma anche in alcune tavole di defissione. Dovendo dare un nome a questa glossolalia, la definisco lingua Sethiana. Leggiamo così nel romanzo i nomi degli angeli che plasmarono le membra umane: queste singolari parole erano usate per nominare le stesse parti del corpo in Sethiano.
Il primo, Raphaô, iniziò con il formare il cocuzzolo della testa.
Arôna formò il cranio.
Meniggestrôeth formò il cervello.
Asterekmé, l'occhio sinistro.
Thaspomaka, l'occhio destro.
Ierônumos, l'orecchio sinistro.
Bissoumeemi, l'orecchio destro.
Akiôreim, le narici.
Banénephroum, le labbra.
Amon-ffshata, i denti anteriori.
Ibikan, i denti posteriori.
Adabani, la nuca.
Khaamani, la gola.
Tébar, la spalla sinistra.
Dêarkhô, la spalla destra.
Abitriôon, la mano sinistra.
Euanthên, la mano destra.
Astrôpsamini, il capezzolo sinistro.
Barrûph, il capezzolo destro.
Baoum, l'ascella sinistra.
Ararim, l'ascella destra.
Pthauê, l'ombelico.
Gêsole, lo stomaco.
Aggromauma, il cuore.
Mnashakka, l'orifizio anale.
Eilô, il pene.
Sôrma, i testicoli.
E Sôrma, la vagina.
Ormaôth, la gamba sinistra.
Psêrêm, la gamba destra.
Akhiêl, il piede sinistro.
Phnèmê, il piede destro.
Boozabel, le dita del piede sinistro.
Phiknipna, le dita del piede destro.
Essendo trascrizioni dall'originale in lettere greche, -gg- è pronunciato -ng-. Se Meniggestrôeth sembra contenere il greco μῆνιγξ "membrana che ricopre il cervello" (donde anche la parola meningi), Ierônumos potrebbe essere greco e stare per "nome santo" - anche se non si capisce bene il nesso semantico. Per il resto brancoliamo nel buio. Avremo modo di approfondire in altra sede l'affascinante argomento.
Riporto a questo punto un estratto del capolavoro che compare verso la fine della narrazione. Lo faccio a pubblica edificazione, in quanto è un testo che irradia bagliori di Verità.
CREDO
Credo in un unico, vero Dio, Padre, onnipotente, che dimora nei cieli, nel regno della luce gloriosa, e che è Creatore increato del regno che è la sua dimora. Dal suo amorevole grembo siamo caduti, precipitando su questa terra e in questo mondo, che il Padre non ha creato. Poiché questa terra e questo mondo sono un niente, pieni della miseria e della sofferenza del niente. Come ci testimonia il diletto discepolo nel suo vangelo:
Omnia per ipsum facta sunt;
et sine ipse factum est nihil, quod factum est.
et sine ipse factum est nihil, quod factum est.
La traduzione e interpretazione gnostica di queste parole differisce da quella della tradizione; la Chiesa la intende come: "Niente è stato creato senza di lui". Al contrario, noi volgiamo: "Il niente è stato creato, ed è stato creato senza di lui". Ogni traduzione è un'interpretazione; come potrebbe essere altrimenti? Ora, il niente che coincide con l'inferno del nostro mondo è stato creato senza il Verbo divino; ma non è il 'nostro' mondo perché siamo a esso estranei ed esuli in esso. La nostra origine, e vera dimora, è il regno di luce del Padre. Perché questo mondo è stato creato dal nemico del Padre, il diavolo, e ogni forma materiale, ogni vita e ogni istinto carnale, ogni sviluppo e ogni decadimento corporeo sono opera sua.
Ruzzicàne li porci
Dalla Luce precipitiamo ora nell'oscurità più greve e densa! Alla lettera ruzzicàne li porci significa "rotolare nei maiali". Così ci viene descritto da Peppe questo orrendo rito che si svolgeva a monte Testaccio:
"è un evento davvero agghiacciante: carrette cariche di maiali terrorizzati, scagazzanti dalla paura, vengono trainate in cima al monte Testaccio, quindi letteralmente rovesciate sulla folla giù in basso, che si accapiglia per impossessarsi degli animali. Questi si abbattono sulle persone, i più pesanti ferendole o addirittura uccidendole; quando le strida assordanti dei maiali e le urla della gente si placano, ai piedi del monte c'è un groviglio sanguinolento di corpi umani e animali, e l'aria è fetida dell'evacuazione di vesciche, tanto degli esseri umani quanto dei suini. Non riesco davvero a capire come si possa trovare divertente questo genere di cose."
Queste cose sono reali, non invenzioni letterarie del Madsen. Questo è riportato da Costantino Maes (1839 - 1910) in Curiosità romane, Roma, Edizioni del Pasquino (1983, ristampa dell'originale anastatico del 1885):
"I giuochi di Testaccio che comprendevano giostre di tori, cuccagne, lotte, […], si aprivano con uno strano spettacolo. […] Si teneva pronto qui un branco di porci, ben pettinati e tosati, i quali al giungere del corteo venivano collocati a due a due in 6 carrette coperte di seta rossa: bell’accordo davvero! Trasportati i carri alla sommità del monte, si abbandonavano alla loro gravità: il nobile treno scendeva così precipitosamente alle radici della verde collina sparnazzando tra le confuse pieghe della porpora i neri animali. Questo si diceva in gergo romanesco ruzzicàne li porci da Testaccio."
Che altro dire? Il testo madseniano mescola realtà e fantasia, ma ha il pregio di richiamare l'attenzione su piccoli tesori antropologici che altrimenti correrebbero il rischio di svanire nell'Oblio.
Nomen omen
Mi stupisce non poco il cognome di uno dei traduttori, Patarino, che deve la sua origine alla più combattiva dissidenza religiosa medievale. Nella Toscana rinascimentale la parola patarino "cataro" era ancora ben conosciuta, ma aveva acquisito il generico significato di "irreligioso". Certo, suona come una coincidenza davvero strana, di quelle che lasciano basiti.
Altre recensioni e reazioni nel Web
Un certo numero di recensioni - quasi tutte microscopiche - si trovano su Anobii.com. Ne riporto un paio, che reputo di un certo interesse:
leontrevis ha scritto:
caustico...unico
Un libro unico nel suo genere, in quanto e' difficile fare letteratura su argomenti di queto genere. L'autore (storico inglese) descrive in maniera dettagliata, realistica (e per questo divertente) le "schifezze" della curia pontificia del XVI secolo. A parte roghi e inquisizioni, sembrerebbe che nulla o poco sia cambiato sotto il cielo di San Pietro!!
Piacevolissima lettura.
Tanzen ha scritto:
Il romanzo di Madsen non è esente da qualche strafalcione di carattere storiografico in merito alla dottrina gnostica, ma la complessità di questi movimenti religiosi dei primi secoli e la scarsa conoscenza della loro teologia che permane ancor oggi ne fanno un difetto di poco conto. Nel complesso il libro scorre bene: la storia non trascina il lettore se non nell'ultima parte della narrazione, ma la lettura delle pagine del diario del nano gnostico è comunque piacevole. La descrizione della corte - e dei vizi - papali risulta esagerata: per quanto la Roma pontificia fosse un bordello le descrizioni fantastiche di Madsen sfociano nel dileggio. Allo stesso modo, il ritratto della sessualità gnostica è volutamente provocatorio e senza alcun riscontro nella dottrina di quei movimenti. Nel complesso si tratta di una lettura gradevole, che lascia sul volto qualche sorriso e che non deve essere intesa se non come un ritratto dissacrante della Roma pontificia cinquecentesca tratteggiato dalla mano di uno "scherzo della natura" desideroso di raccontare la propria ascesa alle camere papali ed il suo incrollabile amore per la Verità della Gnosi.
Ebbene sì, c'è anche il mio contributo, abbastanza critico, risalente al lontano 2010. Eccolo:
Un giudizio difficile
Potrebbe essere un libro eccellente, per come è scritto e per le vivide immagini che comunica. Un capolavoro del genere grottesco. Però non posso fare a meno di notare che confonde il Catarismo con lo Gnosticismo di Valentino, attribuendogli poi dei costumi nati dalle calunnie della maligna Chiesa Romana, tipo comunioni a base di sperma e altre turpitudini similari. L'autore si qualifica come un teologo in incognito e uno studioso di storia, ma a quanto pare non ha potuto trarre giovamento da opere credibili sui Buoni Uomini. A queste pecche pone in parte rimedio il Credo Gnostico finale, che riassume in modo mirabile la nostra condizione in questo universo infernale.
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