martedì 20 ottobre 2020

HOWARD PHILLIPS LOVECRAFT ARABISTA: LE ORIGINI DI ABDUL ALHAZRED

Abdul Alhazred, che H. P. Lovecraft ha soprannominato l'Arabo Pazzo, è a tutti noto come l'autore del Necronomicon. La sua prima menzione nell'opera del Solitario di Providence appare nel racconto La città senza nome (The Nameless City), scritto nel 1921 e pubblicato nello stesso anno sulla rivista Wolverine. Le origini dell'Arabo Pazzo sono yemenite: sarebbe nato a Sanaa agli inizi dell'VIII secolo d.C. e morto a Damasco in circostanze misteriose. 
 
All'Arabo Pazzo è attribuito il Distico Inesplicabile, ben noto a tutti i Cultisti e menzionato per la prima volta proprio in The Nameless City
 
"That is not dead which can eternal lie,
And with strange aeons even death may die." 

La traduzione oggi più diffusa è questa: 

"Non è morto ciò che in eterno può attendere
e con il passar di strani eoni anche la morte può morire." 
 
Il nome Abdul non presenta misteri di sorta: in arabo significa "Servo di" e non è un antroponimo indipendente. La forma originale è عبد ال ʻAbd al, da ʻabd "servo" allo stato costrutto seguito dal ben noto articolo determinativo al. È possibile che la trascrizione Abdul mostri la desinenza fossile del nominativo, -u, ancora presente nella lingua coranica, con l'articolo determinativo al agglutinato. Secondo le opinioni più diffuse si tratta soltanto di una diversa traslitterazione, che tiene conto dell'indebolimento della vocale atona dell'articolo. Abbiamo anche le trascrizioni Abdol, Abdool, Abdoul, Abdil, Abdel. La forma meno distante da quella classica è senza dubbio Abdal
 
عبد الله ʽAbd Allāh, Servo di Dio
عبد العزيز ʽAbd al-ʽAzīz, Servo dell'Onnipotente
عبد الكريم ʽAbd al-Karīm, Servo del Generoso
عبد الرحيم ʽAbd ar-Rahim, Servo del Misericordioso 
عبد الرحمن ʿAbd ar-Raḥmān, Servo del Benevolo
عبد السلام ʿAbd as-Salām, Servo del Pacifico  
عبد القادر ʿAbd al-Qādir, Servo del Potente  
عبد اللطيف ʿAbd al-Latīf, Servo dell'Amabile  
 
Inutile nascondere che Alhazred è sempre parso abbastanza misterioso, tanto che ne è stata a lungo negata l'origine araba. 
 
La spiegazione dominante nel Web è che sia un gioco di parole inventato dal Solitario di Providence, inviso ai buonisti politically correct servi del Pensiero Unico, che negano ogni sua conoscenza della lingua araba. Così si sente affermare dovunque che Alhazred altro non è che l'inglese "all has read", ossia "ha letto tutto". Certo, l'ordine delle parole non è quello della maestrina gnè gnè gnè, che vorrebbe imporre "he has read all": anche se il sistema scolastico italiano lo ignora, nella lingua poetica c'è sempre stata maggor libertà sintattica, come Shakespeare stesso dimostra in innumerevoli occasioni. Ci sono anche alcuni sostenitori della derivazione di Alhazred dalla parola inglese hazard "azzardo" (di origine araba), tramite una capricciosa alterazione fonetica.  
 
Ci sono problemi fonologici. La pronuncia anglosassone di Alhazred è infatti /a:l'hæzred/ e non mostra alcuna traccia di derivazione dall'aggettivo all /ɔ:l/, che ha una vocale posteriore in tutti i suoi composti. L'articolo arabo al- non è adattato in /ɔ:l-/ in antroponimi di questo genere. Può essere invece reso con /æl-/, come in Aladdin /æ'la(:)dṇ/. La derivazione criptica da "all has read" mi sembra improponibile. 
 
Un problema morfologico riguarda il doppio uso dell'articolo determinativo, presente sia in Abdul che in Alhazred. In arabo una simile formazione non sarebbe possibile. Questo argomento, a cui è stato dato un peso eccessivo, è stato usato per corroborare la tesi della derivazione di Alhazred da "all has read" o da "hazard", unitamente a quella dell'assoluta ignoranza della lingua araba da parte dell'Autore. Lancio una provocazione E se il nome Abdul Alhazred fosse nato da una dittologia?      
 
Un'interessantissima proposta 
 
Il navigatore Deranged Cultist ha pubblicato su Reddit questo contributo, che reputo assai notevole: 

 
An etymology of "Abdul Alhazred" 
 
It seems strange to me that it has never been proposed that the name "Abdul Alhazred" is a corruption of "Abd-al-Hazra[h|t]" عبدالحضرة.

"Haẓrat" is the Persian and Ottoman Turkish form of the Arabic word Haḍra[t] حضرة meaning "presence", also used as an honorific title before the names of prophets, saints, as well as other high ranking people. It is also a mnemonic for the name of Allah. "Haḍra" is also the name of the Sufi Dhikr.

Abu al-Abbas al-Mursi, the Alexandrian Andalusian Sufi from the 13th century CE, is quoted to have said "All universes are slaves subdued for you, and you are the slave of the presence (lit. Abdu alHaḍra)" in Arabic: "الأكوان كلها عبيد مُسَخَّرة لك، وأنت عبد الحضرة".

The final taa marbuta in "Haḍra[t]" is variably turned into "t" or omitted in spoken Arabic in various varieties.

This is a simpler and well founded etymology than the convoluted ones commonly proposed, mostly revolving around حظر "fenced/prohibited".  
 
Per assicurare al testo la massima diffusione, ne pubblico anche la traduzione in italiano: 
 
Mi sembra strano che non sia mai stato proposto che il nome "Abdul Alhazred" sia una corruzione di "Abd-al-Hazra[h|t]" عبدالحضرة.

"Haẓrat" è la forma persiana e turca ottomana della parola araba Haḍra[t] حضرة che significa "presenza", anche usata come titolo onorifico prima dei nomi di profeti, santi, come anche di altre persone di alto rango. È anche un aiuto per ricordare il nome di Allah. "Haḍra" è anche il nome del Sufi Dhikr.

Si riporta che Abu al-Abbas al-Mursi, il Sufi alessandrino andaluso del XIII secolo d.C., abbia detto: "Tutti gli universi sono schiavi soggiogati per te, e tu sei lo schiavo della presenza (lett. Abdu alHaḍra)", in Arabo: "الأكوان كلها عبيد مُسَخَّرة لك، وأنت عبد الحضرة".

La taa marbuta finale in "Haḍra[t]" è variamente mutata in
"t" oppure omessa in diverse varietà dell arabo parlato.

Questa è un'etimologia più semplice e ben fondata rispetto a quelle contorte comunemente proposte, che per lo più ruotano attorno a  حظر "recintato / proibito"(1).
  

(1) hazr, propriamente "bandito", "proibito".
 
Ecco scoperta la vera spiegazione del nome dell'Arabo Pazzo. Wikipedia riporta quanto segue: 
 
Hadrat, Hadhrat, or Hadrah (Arabic: حَضْرَة‎, romanized: ḥaḍra, pl. حَضْرَات ḥaḍrāt; Persian: pronounced Hazret or Hazrat) is a common Pakistani, Iranian, and honorific Arabic title used to honour a person. It literally denotes and translates to "presence, appearance."

Initially, the title was used for the prophets of the Islamic faith: the twenty-five great Hadhrats include Muhammad, Abraham, Noah, Moses, and Jesus.

It carries connotations of the charismatic and is comparable to traditional Western honorifics addressing high officials, such as "Your Honour" (for judges), "His/Her Majesty" (for royalty), or "His Holiness" (for clergies or highly religious clergies).

This word may sometimes also appear after the names of respected Muslim personalities, such as imams, e.g. Turkish Hazretleri ('his Hadrat') in Islamic culture. This is similar to the French honorifics Monsieur and Madame, and Japanese honorific Sama. The term was also loaned into Turkish and Bosnian as Hazreti
 
Traduzione: 
 
Hadrat, Hadhrat, o Hadrah (Arabo: حَضْرَة‎, traslitterazione: ḥaḍra, pl. حَضْرَات ḥaḍrāt; Persiano: pronunciato Hazret o Hazrat) è un comune titolo onorifico arabo, iraniano e pakistano usato per ossequiare una persona. Alla lettera si traduce con "presenza, apparenza."

Inizialmente il titolo era usato per i Profeti della religione islamica: i venticinque grandi Hadhrat includono Maometto, Abramo, Noè, Mosè e Gesù.

Porta connotazioni di carisma ed è confrontabile con le tradizionali onorificenze occidentali che si rivolgono ad alti funzionari, come "Vostro Onore" (per i giudici), "Sua Maestà" (per i sovrani), o "Sua Santità" (per le più alte autorità religiose).

Questa parola può talvolta apparire dopo il nome di personalità musulmante rispettate, come gli imam, es. turco
Hazretleri ('suo Hadrat') nella cultura islamica. Questo è simile agli onorifici francesi Monsieur e Madame, e all'onorifico giapponese Sama. Il termine è stato anche preso a prestito in turco e in bosniaco come Hazreti.   
 
Come c'era da aspettarsi, Deranged Cultist è stato attaccato e contestato, sulla base del solito fragilissimo argomento ripetuto ad nauseam nel Web: il Solitario di Providence non avrebbe conosciuto quasi nulla dell'Islam e della lingua araba, ovviamente a causa del proprio razzismo. Sarebbe anche ora di finirla con queste baggianate.   
 
Quello che a molti internauti dà un enorme fastidio è un fatto molto semplice: H. P. Lovecraft, che tra l'altro a cinque anni si dichiarava "fedele maomettano", si inventò il nome Abdul Alhazred e lo usò come proprio pseudonimo, quando i suoi coetanei ancora avevano bisogno del pannolino!

domenica 18 ottobre 2020

HOWARD PHILLIPS LOVECRAFT ARABISTA: ETIMOLOGIA DI AL AZIF

H. P. Lovecraft affermò che il titolo originale del Necronomicon è Al Azif. Una variante Kitab al-Azif (in arabo kitāb significa "libro") è comparsa soltanto negli anni '70 del XX secolo. La spiegazione del nome Al Azif, considerato di origine araba, è la seguente: "quel suono notturno (fatto dagli insetti) che si suppone sia l'ululato dei demoni" (originale in inglese: "that nocturnal sound (made by insects) supposed to be the howling of demons"). Così nel Web è data per assodata la glossa Al Azif "suono delle voci dei demoni". Al contempo sono in molti a ritenere che non si tratti realmente di un lemma arabo. Accade spesso che alcuni curiosi facciano qualche tentativo di ricerca per poi affermare che la lingua araba non è affatto in grado di tradurre questo termine tecnico della demonologia lovecraftiana. Come portare chiarezza dove regna tanta confusione? Al Azif è arabo o non lo è? Se non lo è, qual è dunque la sua origine? Com'è arrivato il Solitario di Providence a concepirlo? 
 
Questa è la Vulgata di Wikipedia, che circola ampiamente nel Web: 

“In 1927, Lovecraft wrote a brief pseudo-history of the Necronomicon that was published in 1938, after his death, as "History of the Necronomicon". According to this account, the book was originally called Al Azif, an Arabic word that Lovecraft defined as "that nocturnal sound (made by insects) supposed to be the howling of demons", drawing on a footnote by Samuel Henley in Henley's translation of "Vathek". Henley, commenting upon a passage which he translated as "those nocturnal insects which presage evil", alluded to the diabolic legend of Beelzebub, "Lord of the Flies" and to Psalm 91:5, which in some 16th Century English Bibles (such as Myles Coverdale's 1535 translation) describes "bugges by night" where later translations render "terror by night". One Arabic/English dictionary translates `Azīf (عزيف) as "whistling (of the wind); weird sound or noise". Gabriel Oussani defined it as "the eerie sound of the jinn in the wilderness". The tradition of `azif al jinn (عزيف الجن) is linked to the phenomenon of "singing sand".” 

Traduzione per i non anglofoni:

“Nel 1927, Lovecraft scrisse una breve pseudostoria del Necronomicon che fu pubblicata nel 1938, dopo la sua morte, come "Storia del Necronomicon". Secondo questo resoconto, il libro in origine era chiamato Al Azif, una parola araba che Lovecraft definì come "quel suono notturno (fatto dagli insetti) che si suppone sia l'ululato dei demoni", traendolo da una nota a piè di pagina di Samuel Henley nella sua traduzione di "Vathek". Henley, commentanndo un passaggio che tradusse come "quegli insetti notturni che annunciano il male", alludeva alla diabolica leggenda di Belzebù, "Signore delle Mosche" e al Salmo 91:5, che in alcune bibbie inglesi del XVI secolo (come la traduzione di Myles Coverdale del 1535) descrivono gli "spettri di notte" dove le traduzioni successive traducono "terrore di notte". Un dizionario arabo-inglese traduce `Azīf (عزيف) come "sibilo (del vento); suono bizzarro o rumore". Gabriel Oussani lo definisce come "il suono inquietante del the jinn nel deserto". La tradizione del `azif al jinn (عزيف الجن) è legata al fenomeno della "sabbia che canta".”

Nonostante l'arabo non sia una lingua perduta e sconosciuta, molti sono convinti che nel suo lessico non esista affatto la parola Azif. Mi è capitato più volte di imbattermi in questa opinione nel corso della mie ricerche sui testi fittizi del Necronomicon. Invece indagando con un po' di pazienza si scopre che il fatidico vocabolo esiste eccome, che è una parola con le carte in regola: ʽazīf (عزيف) è un derivato del verbo ʻazafa "ululare" ed è riportato nel dizionario di Hans Wehr e Milton Cowan, A Dictionary of Modern Written Arabic (1979). Tale opera, ci tengo a precisarlo, non è un'invenzione di Venustiano Carranza o di qualche altro decerebrato fabbricatore di stronzate. Riporto il link allo screenshot che ho catturato su Google Books: 
 
 
Questo è il testo esteso la nota di Samuel Henley: 

"It is observable that, in the fifth verse of the Ninety-first Psalm, "the terror by night," is rendered, in the old English version, "the bugge by night." In the first settled parts of North America, every nocturnal fly of a noxious quality is still generically named a bug; whence the term bugbear signifies one that carries terror wherever he goes. Beelzebub, or the Lord of Flies, was an Eastern appellative given to the Devil; and the nocturnal sound called by the Arabians azif was believed to be the howling of demons. Analogous to this is a passage in Comus as it stood in the original copy:--
    But for that damn'd magician, let him be girt
    With all the grisly legions that troop
    Under the sooty flag of Acheron,
    Harpies and Hydras, or all the monstrous buggs
    'Twixt Africa and Inde, I'll find him out."

Traduzione: 

"Si può osservare che, nel quinto versetto del Salmo novantunesimo, "the terror of night" ("il terrore della notte"), è reso, nella vecchia versione inglese, con "the bugge of night". Nelle parti colonizzate per prime in Nordametrica, ogni mosca notturna di specie nociva è ancora chiamata genericamente "bug", ossia "insetto", da cui il termine "bugbear" che significa "colui che porta terrore ovunque vada". Belzebù, o Signore delle mosche, era un appellativo orientale dato al Diavolo, e il suono notturno chiamato "azif" degli Arabi era creduto essere l'ululato dei demoni. Analogo a questo è un passaggio di Comus così com'era nella copia originale:--
    Ma per quel dannato mago, lascia che sia cinto
    Con tutte le orribili legioni che si schierano
    Sotto la fuligginosa bandiera di Acheronte,
    Arpie e Idre, o tutti i mostruosi insetti
    Tra Africa e India, lo scoprirò."

Non sono finora riuscito a reperire la locuzione ʽazīf al jinn (عزيف الجن), citata da Oussani, ma sono convinto che la troverò a breve. Ovviamente se si cercano nel Web queste chiavi di ricerca, si trovano sorprendenti risultati connessi con il Necronomicon. Questi sono alcuni esempi tratti da Reverso (le traslitterazioni sono state ottenute cliccando l'iconcina del microfono sotto le scritte in alfabeto arabo): 

و أنت أيضاً تعرف أننى كرست حياتى لدراسة"العزيف"
"wa anta ayḍan tuʿrifu annaniā karastu ḥayātiā lidurāsati" ālʿazīfi
Then you also know I've dedicated my life to studying the Necronomicon 
 
وقف عن ملاحقاتى أنا لن أعطيك "العزيف" أبداً 
tawaqqafa an mulāḥiqātiā anā lan uʿṭiyaka "ālʿazīfa" abadan
Stop following me. I'll never give you the Necronomicon.

لقد اعتقد بأنه امتلك. كتاب يُدعى العزيف
laqad āʿtaqada biʾannahu āmtalaka. kitābu yudʿā ālʿazīfa
it was thought that he had gained possession... of a book called the necronomicon. 
 
Però, con mia grande sorpresa, troviamo anche qualcosa di molto interessante:  
 
على عزيف الرياح غرقت في الظلام
alā ʿazīfi alrriyāḥi ḡariqat fī alẓẓalāmi 
As the wind howled, I sank into darkness. 

In questo esempio, una radice ʽzf traduce il concetto di ululare, e nella traduzione inglese è usato proprio il verbo con cui Lovecraft descrive i versi dei demoni. Non mi è chiaro perché la traslitterazione di Reverso abbia in modo sistematico ālʿazīfa (acc.), con l'articolo dotato di vocale lunga. Forse è il frutto di qualche contrazione? Forse è un banale errore, anche se recidivante. Sarei felice se qualche esperto arabista si facesse vivo e mi desse una spiegazione.   
 
 
Questa poi, con Necronomicon tradotto come "Libro dei Morti", è spettacolare: 
 
أَنَا (رُوبِي) وَأَنَا الْمُظْلَمَةُ وَأَنَا مَنْ كَتَبَ كِتَابُ الْمُوْتَى
anā (rūbī) waʾanā almuẓlamatu waʾanā man kataba kitābu almuwtā
I'm Ruby, I'm The Dark One. I wrote The Necronomicon.
(Ecco come mai Ruby ha portato tanti guai a Berlusconi!!!) 
 
L'uso non è infrequente: 

قَالَ أَنَّ كِتَابَ الْمَوْتَى كَانَ مَكْتُوبًا بِوَاسِطَةِ "الْمُظْلِمِينَ"
qāla anna kitāba almawtā kāna maktūban biwāsiṭati "al-muẓlimīna"
The Necronomicon was written by The Dark Ones. 

آخَرُ بَعْثَةٌ إسْتِكْشَافِيَّةٌ لِي وَجَدَتْ كِتَابُ الْمُوتَى
ākharu baʿṯatun istikshāfiyyatun lī wajadat kitābu almūtā
On my last expedition, I found the Necronomicon.
 
In altri esempi ancora, il Necronomicon è citato soltanto come "Il Libro". Ho poi appreso che Lovecraft ha moltissimi fans in Arabia Saudita! 
 
عِنْدَمَا أَخَذْتُ الْكِتَابَ مِنْ الْمَقْبَرَةِ هَلْ قُلْت الْكَلِمَةُ ؟
indamā akhathtu ālkitāba min almaqbarati hal qult alkalimatu ?
When you removed the Necronomicon from the cradle... did you speak the words? 
 
الْكِتَابُ - حَقِيقَةً هُوَ الشَّخْصُ الْمَوْعُودُ -
ālkitābu - ḥaqīqatan huwa alshakhṣu almawʿūdu -
The Necronomicon! - Truly he is The Promised One! 

 
Sul pestilenziale social Quora un certo Therion Tiberius Ware domanda quanto segue: 

Why doesn't Al Azif translate as Arabic? Is it possible H.P. Lovecraft meant Altajdif (The Blasphemy) or Alnazif (The Bleeding)?  
 
No. Non è proprio possibile. In una lingua semitica come l'arabo le consonanti hanno un'importanza capitale, non le su può cambiare come se nulla fosse! Direi che non è un caso se il greco Therion traduce il latino Bestia.  

Alla luce dei fatti sopra esposti, direi che non ha sostanza quanto sostenuto da Dan Clore, che sostiene quanto segue: 
 
"In any case, however, the word is not a real term from Arabic. The source of Henley's note is unknown. There is, however, an Arabic word aziz, which translates as "buzzing, rumbling (as of thunder)" and other buzzing or rumbling sounds in general."
 
Ossia: 
 
"In ogni caso, tuttavia, la parola non è un reale termine preso dall'arabo. La fonte della nota di Henley non è nota. C'è comunque una parola araba aziz, che si traduce come "ronzio, brontolio (come di tuono)" e di altri suoni ronzanti o rombanti in generale." 
 
No, non può nemmeno essere che azif e aziz possano scambiarsi. Anche perché "azif" è in realtà 'azīf, mentre "aziz" è in realtà ḥāzīz. Anche le consonanti iniziali delle due parole sono completamente diverse, per quanto deboli possano essere nel parlato odierno.  
 
 
Conclusioni 
 
Saremmo portati a ritenere ragionevole che Lovecraft abbia avuto una conoscenza seppur elementare della lingua araba, ma di certo non sufficiente a scavare nei suoi misteri. Lo dimostra il fatto che ha preso Al Azif da un romanzo del viaggiatore e scrittore inglese William Beckford (1760 - 1844). L'opera, denominata Vathek, An Arabian Tale o The History of Caliph Vathek, fu scritta in francese nel 1785 e pubblicata per la prima volta a Losanna due anni più tardi, nel 1787. Cosa sorprendente è che Vathek è un romanzo erotico, concepito su ispirazione dell'opera del Divino Marchese, Donatien-Alphonse-François de Sade. La cosa deve stupire il lettore, visto che Lovecraft è comunemente ritenuto sessuofobo: non ci si aspetterebbe che leggesse simili testi pruriginosi. In ogni caso non si è inventato nulla. Detto questo, trovo assurde le affermazioni farneticanti di una fanatica utente di Reddit, che definiva "razzista" il Solitario di Providence, deducendo da questa sua assunzione che non poteva aver usato l'arabo come fonte di ispirazione. Razziste saranno semmai le femministe radicali e convulsionarie! Possa Cthulhu sorgere, masticarle e trasformarle tutte in sterco!  

Un riferimento bizzarro 

Nell'opera di Ibn Wāḍiḥ al-Yaʽqūbī (IX secolo) troviamo proprio la parola al-ʽazīf! A quanto pare, non comprendendo il suo senso, gli studiosi si sono sentiti in difficoltà. Martin Theodoor Houtsma ha proposto addirittura di emendarla in al-ʽarīf "il perfetto, il maestro". E se fosse invece una genuina menzione del Necronomicon?

venerdì 16 ottobre 2020

HOWARD PHILLIPS LOVECRAFT GRECISTA: ETIMOLOGIA DI NECRONOMICON

Il Necronomicon è universalmente noto come uno dei più famosi pseudobiblia, libri che sono considerati reali anche se non sono stati mai scritti. Si crede che questo testo di magia nera e di evocazioni di Demoni sia stato inventato di sana pianta da Howard Phillips Lovecraft per conferire maggior verosimiglianza alle proprie opere. Va detto che l'idea che si tratti di un'opera reale e non di uno pseudobiblion non è mai davvero morta.
 
Questa è la citazione corrente, diffusa dalla Vulgata wikipediana:  

«Lovecraft wrote that the title, as translated from the Greek language, meant "an image of the law of the dead", compounded respectively from νεκρός nekros "dead", νόμος nomos "law", and εἰκών eikon "image".» 
 
Non ho mai avuto dubbi sul fatto che la lettera in questione sia davvero esistita, anche se non è stato facile reperirne il testo. Sono riuscito a venirne a capo in un sito della Chiesa di Satana di Anton Szandor LaVey, in cui è riportato il riferimento: 
 
"The name Necronomicon (nekros, corpse; nomos, law; eikon, image = An Image [or Picture] of the Law of the Dead) occurred to me in the course of a  dream, although the etymology is perfectly sound."
(Selected Letters, Volume V, pag. 418)
 
 
Una pagina di Oocities (resto del defunto Geocities di Yahoo) mi ha permesso di risalire a un testo più esteso: 

"The name Necronomicon (νεκρος [nekros], corpse; νομος [nomos], law; εικων [eikôn], image = An Image [or Picture] of the Law of the Dead) occurred to me in the course of a dream, although the etymology is perfectly sound. In assigning an Arabic author to a Greek-named book I was whimsically reversing the condition whereby the monumental astronomical work of the Greek Ptolemy (Μεγαλη Συνταξις Της 'Αστρονομιας  [Megalê Syntaxis Tês `Astronomias]) is commonly known by the Arabic name Almagest (or more truly, Tabrir al Magesthi), which was evolved from a corruption of the original title when the Arabs made their translation (μεγιστη [megistê] is the superlative of μεγαλη [megalê], & the Arabs probably found it in common use to distinguish the work from another of Ptolemy's)" 

 
Le parole tra parentesi quadre sono essere aggiunte, tranne [or Picture], che compare già nell'originale testo lovecraftiano. Si noti che mancano del tutto gli accenti e i diacritici tipici dell'ortografia greca. 
 
Traduzione: 
 
"Il nome Necronomicon (νεκρος [nekros], cadavere; νομος [nomos], legge; εικων [eikôn], immagine = un'Immagine [o Figura] della Legge dei Morti) mi capitò durante un sogno, anche se l'etimologia è perfettamente valida. Nell'assegnare un autore arabo a un libro dal titolo greco stavo capricciosamente invertendo la condizione per cui il monumentale lavoro astronomico del greco Tolomeo (Μεγαλη Συνταξις Της 'Αστρονομιας  [Megalê Syntaxis Tês `Astronomias]) è comunemente conosciuto col nome arabo di Almagesto (o più correttamente, Tabrir al Magesthi), che si è evoluto dalla corruzione del titolo originale quando gli Arabi fecero la loro traduzione (μεγιστη [megistê] è il superlativo di μεγαλη [megalê], e gli Arabi probabilmente l'acquisirono nell'uso comune per distinguere l'opera da un altra di Tolemeo)"

La lettera in questione fu scritta nel 1937, anno della morte dell'Autore. La raccolta Selected letters V fu pubblicata da Arkham House molti anni dopo, nel 1976. 

In realtà l'etimologia non è "perfettamente valida", come sostenuto dal Solitario di Providence. Il nome del Libro è formato in modo perfetto, ad essere erronea è l'analisi che ne ha fatto colui che l'ha sognato e portato nel nostro mondo. 
 
Vediamo che le cose sono in realtà molto semplici. Non c'è alcun bisogno di evocare il sostantivo "immagine" εἰκών (da cui deriva "icona"), come fatto da Lovecraft nella sua razionalizzazione. L'aggettivo νομικός (nomikós) significa "relativo alla legge", formato da νόμος (nómos) "legge, uso, costume" mediante il comunissimo suffisso -ικός, di chiara origine indoeuropea. Così vediamo che il titolo greco deve essere stato Βιβλίον Νεκρονομικόν (Biblíon Nekronomikón) "Libro relativo alla Legge dei Morti", con l'aggettivo al genere neutro per concordare col sostantivo. In seguito l'aggettivo stesso sarebbe stato sufficiente a designare il volume esoterico. Ciò dimostra che a volte il mondo onirico ha in sé un'immensa Conoscenza, ma fa molta fatica a farla passare attraverso il filtro dello stato di veglia. Lovecraft fu un grecista inesperto e non poté comprendere una formazione elementare tipica della lingua degli Elleni: messo in difficoltà, si inventò una formazione grottesca, scambiando un mero suffisso per un sostantivo indipendente. 
 
Ambiguità e insidie 
 
In greco esiste una parola che è quasi omofona di νόμος (nómos) "legge, uso, costume", ma con un diverso accento: è νομός (nomós) "regione, provincia, divisione politica; pascolo". Così accade che tuttora vi sia chi interpreta Necronomicon come "Libro delle Regioni dei Morti", quasi fosse una mappa dell'Oltretomba, oppure come "Libro dei Pascoli dei Morti". Queste traduzioni sono in contrasto con quanto dichiarato da Lovecraft nella sua lettera. La fragilità estrema di una simile etimologia sta nel fatto che da νομóς non deriva affatto un aggettivo νομικóς col significato di "relativo alla regione" o "relativo al pascolo". In ultima analisi, la radice di origine di entrambe le parole è il verbo νέμειν (nemein), che significa "dispensare, distribuire; gestire, detenere, possedere; godere, mietere il raccolto; pascolare". Anche Nemesi deriva da qui il suo nome, che è di origine indoeuropea.   
 
Abbiamo visto che da νόμος deriva l'aggettivo νομικός "relativo alla legge". Tale aggettivo può anche comparire in forma sostantivata col significato di "avvocato". Stando a questa insidiosa interpretazione, il Necronomicon sarebbe addirittura il "Libro degli Avvocati dei Morti"! Questa formazione è tuttavia grammaticalmente ardua, a meno che non si ammetta un genitivo plurale νομικών (nomikṓn) "degli avvocati". Inutile dire che così facendo si devia in modo considerevole dagli intenti e dall'immaginazione dell'Autore. 
 
Alcuni rozzi americani hanno estratto l'elemento -nomy da parole come astronomy "astronomia", economy "economia" e via discorrendo, interpretandolo come "scienza, conoscenza". Così hanno dedotto che Necronomicon dovesse significare "Libro della Conoscenza dei Morti". Naturalmente queste parole in -nomy sono di chiara origine greca e sono formate proprio a partire dalla radice di νόμος "legge", quindi "regola, ordine". Va in ogni caso menzionata l'opera di Manilio (I secolo d.C.), gli Astronomica, poema didascalico in latino sui corpo celesti, che è anche noto come Astronomicon. Scritto in esametri dattilici e suddiviso in cinque libri, l'Astronomicon è di datazione incerta, potendo risalire all'epoca di Augusto o a quella di Tiberio. Si potrebbe credere che Necronomicon sia una formazione fatta proprio a partire da Astronomicon.   

Un comune fraintendimento 

Moltissimi credono che Necronomicon significi "Libro dei Nomi dei Morti". Se la derivazione fosse dal greco ὄνομα, ὄνυμα (ónoma, ónyma) "nome", il fatidico libro non si chiamerebbe Necronomicon, bensì *Necronomaticon o *Necronomasticon. Così non è. Infatti da ὄνομα, genitivo ὀνόματος (onómatos), derivano gli aggettivi ὀνοματικός (onomatikós) e ὀνομαστικός (onomastikós). Se la lingua greca non fosse un tabù o un libro chiuso, si eviterebbe la diffusione di molte falsità e informazioni distorte.

L'errore di Frate Guglielmo da Baskerville 

Non credo che possano esistere persone tanto rozze e incolte da pensare che Necronomicon possa derivare dal latino nōmen "nome" (genitivo nōminis). Eppure anche grandi intelletti, in mancanza di mezzi filologici opportuni, possono essere tratti in inganno. Questo ha scritto Umberto Eco nel suo romanzo Il nome della rosa (1980): 
 
"Dio condusse all'uomo tutti gli animali per vedere come li avrebbe chiamati, e in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ciascun essere vivente, quello doveva essere il suo nome. E benché certamente il primo uomo fosse stato così accorto da chiamare, nella sua lingua edenica, ogni cosa e animale secondo la sua natura, ciò non toglie che egli non esercitasse una sorta di diritto sovrano nell'immaginare il nome che a suo giudizio meglio corrispondesse a quella natura. Perché infatti è ormai noto che diversi sono i nomi che gli uomini impongono per designare i concetti, e uguali per tutti sono solo i concetti, segni delle cose. Così che certamente viene la parola "nomen" da "nomos", ovvero legge, dato che appunto i "nomina" vengono dati dagli uomini "ad placitum", e cioè per libera e collettiva convenzione." 
(Guglielmo: Quinto giorno, Terza) 

Il fratacchione inglese è caduto nella trappola delle assonanze. Non è riuscito a comprendere che il latino nomen "nome" è parente del greco ónoma "nome", non del greco nómos "legge". Non credo che Eco fosse ignaro di tutto ciò: avrà voluto illustrare il grottesco di quel metodo pseudoetimologico che in epoca medievale era imperante.

mercoledì 14 ottobre 2020

ETIMOLOGIA DI NODENS

Nodens è un dio celtico associato al mare, ai cani, alla caccia e alle guarigioni. Il suo nome è documentato con le varianti Nudens e Nodons. Nell'interpretatio romana è associato a Marte, a Nettuno e a Silvano. Il suo culto era diffuso in Britannia, dove ne abbiamo testimonianze nel complesso di templi di Lydney Park (Gloucestershire, Inghilterra), collocato nei pressi dell'estuario del fiume Severn. Nel 1920 il sito fu scavato dall'archeologo Sir Mortimer Wheeler, che ritrovò numerose iscrizioni in latino con dediche a Nodens. 
 
Questo è il testo di una maledizione inciso su una tavoletta di piombo, ritrovato nel complesso di Lydney:  
 
DEVO NODENTI SILVIANVS ANILVM PERDEDIT DEMEDIAM PARTEM DONAVIT NODENTI INTER QVIBVS NOMEN SENICIANI NOLLIS PETMITTAS SANITATEM DONEC PERFERA(T) VSQVE TEMPLVM (NO)DENTIS 
 
Traduzione: 
"Per il dio Nodens. Silviano ha perso un anello e ha donato metà [del suo valore] a Nodens. Tra coloro che sono chiamati Seniciano non permettere alcuna guarigione finché non sarà restituito al tempio di Nodens."

Le lettere tra parentesi si trovavano sul bordo eroso della lamina, così non sono leggibili, anche se le si può reintegrare con sicurezza. 
 

A fare la defissione deve essere stato un romano, Silviano, il cui anello era stato rubato da un certo Seniciano. Un britanno avrebbe scritto il testo in lingua celtica, che coesisteva col latino nello stesso ambiente. Non era raro per un cittadino romano ricorrere a divinità dei popoli presso cui risiedeva. Il fatto curioso è che l'anello di Silviano fu poi ritrovato nel 1785 in un luogo distante, a Silchester, nello Hampshire. Il prezioso reca un'iscrizione: SENECIANE VIVAS IIN DE<O> (la preposizione IN è scritta con due I e manca la vocale finale di DEO). Il ladro era cristiano! 
 
Una piastra di bronzo, sempre da Lydney, riporta questa iscrizione: 
 
D(EO) M(ARTI) NODONTI FLAVIVS BLANDINVS ARMATVRA V(OTUM) S(OLVIT) L(IBENS) M(ERITO) 
 
Traduzione:
Al dio Marte Nodons, Flavio Blandino l'istruttore d'arme adempie volentieri e meritatamente al suo voto. 
 

Su un'altra piastra di bronzo, assieme all'immagine di un cane compare la seguente iscrizione:  
 
PECTILLVS VOTVM QVOD PROMISSIT DEO NVDENTE M(ARTI) DEDIT 
 
Traduzione:
Pettillo dedica questa offerta votiva che aveva promesso al dio Nudens Marte. 


La ricostruzione delle forme celtiche britanniche è molto agevole. Sono le seguenti:

nom. *Noudons, *Noudens 
gen. *Noudontos, *Noudentos
dat. *Noudontī, *Noudentī 
acc. *Noudontan, *Noudentan 
voc. *Noudons, *Noudens

Il dittongo celtico /ou/ aveva un suono chiuso ed era spesso reso nelle trascrizioni latine con /o:/ (scritto -o-) o con /u:/ (scritto -u-), sia in Britannia che nelle Gallie. 
 
La forma accusativa è in -*an. La protolingua vocalizzava le antiche sonanti /ṃ/ e /ṇ/ dell'indoeuropeo con una vocale centrale.
 
L'adattamento di queste forme alla III declinazione in latino è immediata, data la somiglianza tra le due lingue, dovuta alla comune origine indoeuropea: 
 
nom. NODONS, NODENS, NVDENS 
gen. NODONTIS, NODENTIS, NVDENTIS 
dat. NODONTI, NODENTI, NVDENTI 
acc. *NODONTEM, *NODENTEM, *NVDENTEM
voc. *NODONS, NODENS, *NVDENS 
abl. *NODONTE, *NODENTE, *NVDENTE 

Troviamo un'occorrenza di NVDENTE come dativo, in luogo di NVDENTI. Potrei non disporre della totalità delle iscrizioni in cui il teonimo è presente, tuttavia è verosimile che i testi non contengano le forme accusative, vocative e ablative. 

Nodens in Irlanda 
 
Fu J. R. R. Tolkien il primo autore ad accorgersi dell'identità tra le forme britanniche attestate nelle iscrizioni in latino e il teonimo irlandese Nuadha (antico irlandese Nuaḋu, Nuaḋo, Nuaḋa, attualmente scritto Nuadu, Nuada), che designava il primo sovrano del popolo divino dei Túatha Dé Dánann.  

Questa è la declinazione del teonimo:

nom. Nuaḋu, Nuaḋo 
gen. Nuaḋat 
dat. Nuaḋait 
acc. Nuaḋat n-
voc. Nuaḋu, Nuaḋo
 
Queste sono le protoforme da cui sono derivate le forme iberniche riportate: 
 
nom. *Noudons 
gen. *Noudontos 
dat. *Noudontī
acc. *Noudonten
voc. *Noudons 
 
Il dittongo /ou/ (dai dittonghi protoceltici /ou/ e /eu/) si è evoluto naturalmente in /ua/, in cui l'accento cade sulla prima vocale. La consonante /d/ si è lenita in /ð/ (la pronuncia è come nell'inglese the ed è scritta ). In irlandese moderno questa consonante è sparita, così Nuadha si pronuncia /nuə/
 
La forma accusativa è in -*en, che in antico irlandese sparisce lasciando una pronuncia palatale della consonante precedente. La protolingua vocalizzava le antiche sonanti /ṃ/ e /ṇ/ dell'indoeuropeo con una vocale anteriore. 
 
Un chiaro esito moderno dell'antroponimo Nuadha è il cognome gaelico irlandese Ó Nuadhain (anglicizzato in Noon o Noone). Si trova soprattutto nelle Contee di Galway, Mayo e Roscommon.
 
Epiteti del Re Nuadu 
 
Il Re Nuadu dei Túatha Dé Danann era chiamato Airgetláṁ, ossia "Mano d'Argento" o "Braccio d'Argento". La protoforma ricostruibile è *Argentolāmos (da *argenton "argento" e *lāmā "mano; braccio"). Aveva tuttavia anche un altro notevolissimo nome: Nechtan. Questa denominazione lo qualifica come divinità delle acque ed ha la stessa origine del latino Neptūnus. In protoceltico l'antico gruppo consonantico /-pt-/ è diventato /-χt/, con un suono fortemente aspirato come -ch nel tedesco nach. Così Nechtan deriva da un precedente *Neχtonos, a sua volta da *Neptonos. Questo prova che Nuadu era una divinità molto venerata dai Picti, con il nome di Nechtan, dato che questo compare come antroponimo. Nelle iscrizioni ogamiche in lingua pictica (non indoeuropea ma con notevoli prestiti celtici) ne abbiamo varie attestazioni:  
 
NEHHTONS (iscrizione di Lunnasting),  
NAHHTO... (iscrizione di Latheron),  
NEHHT(VROBBACCENNEVV) (iscrizione di Aboyne), 
NAHHTVVDDAḌḌS (iscrizione di Bressay). 
 
Beda il Venerabile ci tramanda questo nome come Naiton. In antico irlandese, oltre a Nechtan, è attestata anche la denominazione Nuadu Necht, che potremmo tradurre con "Nuadu delle Acque", da *Noudons Neχton, a riprova del fatto che nel linguaggio druidico doveva esistere il vocabolo necht "acqua", da *neχton "acqua" (genitivo plurale *neχton "delle acque"). Simili arcaismi sono preziosi, eppure non mi risulta che siano molto studiati dal mondo accademico. 
 
Un altro epiteto del Re Nuadu Braccio d'Argento, che dimostra la sua natura ambigua, era Elcṁar (in irlandese attuale Ealcmhar), che significa "Funesto". La protoforma ricostruibile è *Elcomāros. L'aggettivo -māros "grande" era usato come intensivo e si trova ampiamente nell'antroponimia celtica, ad esempio nelle Gallie. Solo per fare un esempio, il nome del capo degli Insubri Viridomarus (adattamento di *Viridomāros) significa "Molto Virile". 
 
Il Re Braccio d'Argento nel Galles 
 
Il Re Nuadu Airgetlám nella letteratura gallese medievale è l'eroe Ludd Llaw Ereint, il cui nome era in origine Nudd Llaw Ereint. L'epiteto Llaw Ereint significa "Mano d'Argento" o "Braccio d'Argento". Vediamo subito che llaw "mano; braccio" viene dal britannico *lāmā, a sua volta da *plāmā (cfr. latino palma), mentre ereint viene dal britannico *argantijā "d'argento", aggettivo femm. derivato da *arganton "argento". Nudd è proprio l'evoluzione regolare di *Noudons, *Noudens. La sua successiva trasformazione in Lludd si può spiegare con una sorta di tabù, una plausibile reazione cristiana a contenuti pagani di cui permaneva qualche consapevolezza - oppure la sequenza Nudd Llaw Ereint sarebbe stata mutata in Llud Llaw Ereint per semplice assimilazione attillterante.   
 
Un possibile parallelo in Renania 
 
Un dio NOADATUS (o più probabilmente NOADAS) è stato identificato in un'iscrizone trovata a Magonza, incisa su blocco di arenaria. L'enigmatica divinità è identificata con Marte. Questo è il testo: 

DEO MAR(TI) / NOADAT(O?) / [F]L(AVIVS?) MVCATR/ALIS VET(ERANVS) LEG(IONI) / XXII EX VOT[O] / [POSV]IT 

La lettura NOADAT(O) potrebbe non essere corretta. Ritengo molto probabile che si debba invece leggere NOADAT(I). Se ciò fosse confermato, avremmo il dativo di un tema in consonante (sia in latino che in celtico terminava in -i). Il teonimo si spiegherebbe come una derivazione da un precedente *Noudons seguendo una trasformazione simile a quella che si è verificata in irlandese. La cosa sorprende non poco, dato che l'altare risale ai primi decenni del III secolo d.C. (datazione probabile: 200 - 230 d.C.). Si potrebbe pensare a una comunità alloctona, deportata dai Romani da una regione lontana, probabilmente l'Ibernia o la Caledonia. Questa comunità trapiantata non deve essere stata effimera. Si noterà che nella terminologia legale dei Merovingi restano tracce di una lingua celtica con caratteri simili a quelli dell'antico irlandese.  
 
Il significato della radice indoeuropea *neud- 
 
Le protoforme ricostruibili con sicurezza dai dati a disposizione (iscrizioni in latino, esiti nelle lingue celtiche medievali) puntano a una radice *noud-, *neud-, di cui il teonimo Nodens è un participio presente attivo. Cosa significa questa radice? Qual è la sua provenienza? Per rispondere a questa domanda è necessario fare riferimento ad altre lingue indoeuropee. Pokorny ha ricostruito una forma protoindoeuropea *neu-d- "acquisire, far uso di qualcosa". Pokorny ha ipotizzato *neu-d- "acquisire, utilizzare; pescare". In tempi più recenti, Starostin ricostruisce *neud- "godere di qualcosa, utilizzare". Il principale parallelo del teonimo celtico è il protogermanico *neutanan "utilizzare". In gotico abbiamo niutan "utilizzare", unnuts "stupido; inutile" (un- è il prefisso negativo), ma soprattutto nuta "pescatore" (la locuzione evangelica "pescatori di uomini" è resa da Wulfila con nutans manne). A parer mio il significato originario era "afferrare; catturare", da cui "cacciare; pescare", con naturale slittamento semantico. Esistono anche corrispondenti in baltico e in slavo. Si tratta quindi di una radice tipica dell'indoeuropeo occidentale, che potrebbe essere a sua volta un prestito antichissimo da una lingua di origine sconosciuta. Tutto questo è tuttavia di somma utilità: ci permette di capire che Nodens è proprio la fonte da cui è derivato il mito del Re Pescatore. Il Ciclo di Artù è derivato da un'assimilazione cristiana di materiale celtico. 
 
Nodens e il sassone Saxnot 
 
La divinità nazionale dei Sassoni era il guerriero Saxnōt, che è attestato in antico inglese come Seaxnēat. Si tratta di un teonimo formato a partire dal nome della spada corta, una sorta di gladio: antico sassone sax, antico inglese seax. Proprio come il nome stesso dei Sassoni. Possiamo facilmente comprendere che è un antico parente del latino saxum "sasso"; l'etimologia dall'indoeuropeo *sek- "tagliare" (da cui il latino secāre) è fallace e non spiega il vocalismo. Il vocabolo in questione rimanda all'epoca neolitica in cui le armi erano fatte di ossidiana. Così Saxnōt significa "Che usa il gladio", "Che afferra il gladio". La seconda parte del composto punta a una protoforma *naut-, che è proprio dal verbo *neutanan di cui abbiamo parlato in precedenza. 
 
Nodens e H. P. Lovecraft 
 
Molti conoscono Nodens soltanto per via delle sue menzioni nell'opera del Solitario di Providence. Nodens è chiamato "Il Cacciatore" e "Il Signore del Grande Abisso" (Lord of the Great Abyss). Considerato una divinità del Ciclo dei Sogni, è annoverato tra i Grandi Antichi. I suoi servitori sono i Magri Notturni (Nights Gaunts, Nightgaunts) In qualche modo è dipinto come benevolo, se non altro perché si oppone a Nyarlathotep, il Caos Strisciante. Compare nel romanzo fantastico La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath (The Dream-Quest of Unknown Kadath), scritto nel 1926-1927 e pubblicato postumo nel 1943. Si trova anche nel racconto horror La casa misteriosa lassù nella nebbia (The Strange High House in the Mist), scritto nel 1926 e pubblicato nel 1931 su Weird Tales:  
 
"And upon dolphin’s backs was balanced a vast crenelate shell wherein rode the grey and awful form of primal Nodens. Lord of the Great Abyss…. Then hoary Nodens reached forth a wizened hand and helped Olney and his host into the vast shell" 
 
Il suo aspetto è quello di un uomo canuto con la barba grigia, anziano ma robusto e vitale. Viaggia su una specie di carro costituito da una grande conchiglia marina e trainato da un cetaceo. Sembra quasi rassicurante, in confronto all'insondabile orrore alieno di Cthulhu e di Yog-Sothoth. Per il resto, sono sconosciuti i suoi poteri, così come le sue reali intenzioni.  

Nodens e J. R. R. Tolkien 

Sembra evidente che lo scrittore sudafricano sia rimasto molto colpito dalla scoperta delle iscrizioni di Lydney e dall'allusione all'anello di Silviano rubato dal perfido Seneciano. Da questi fatti deve aver sviluppato una vera e propria ossessione per gli anelli! Una cosa è certa: senza Nodens non avremmo Il Signore degli Anelli. Si è tanto insistito sull'adesione di Tolkien alla religione della Chiesa di Roma, eppure non si menziona quasi mai la pervasività dell'influenza delle antichità pagane nella sua formazione e nella sua opera.