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venerdì 15 febbraio 2019


MATTATOIO 5

Titolo originale: Slaughterhouse-Five
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1972
Durata: 104 min
Genere: Fantascienza, drammatico, tragicommedia 
Sottogenere: Autobiografico, guerra

Regia: George Roy Hill
Soggetto: Kurt Vonnegut Jr. (dal romanzo Mattatoio n° 5 o
      La Crociata dei Bambini
)

Sceneggiatura: Stephen Geller
Fotografia: Miroslav Ondříček
Montaggio: Dede Allen
Musiche: Glenn Gould
Scenografia: Henry Bumstead, Alexander Golitzen, John
      McCarthy Jr. e George C. Webb
Interpreti e personaggi
    Michael Sacks: Billy Pilgrim
    Ron Leibman: Paul Lazzaro
    Eugene Roche: Edgar Derby
    Sharon Gans: Valencia Merble Pilgrim
    Valerie Perrine: Montana Wildhack
    Holly Near: Barbara Pilgrim
    Perry King: Robert Pilgrim
    Friedrich von Ledebur: ufficiale tedesco
    Ekkehardt Belle: giovane guardia tedesca
    Sorrell Booke: Lionel Merble
    Roberts Blossom: Wild Bob Cody
    John Dehner: professor Rumfoord
    Gary Waynesmith: Stanley
    Richard Schaal: Howard W. Campbell Jr.
    Gilmer McCormick: Lily Rumfoord
    Stan Gottlied: vagabondo
    Karl-Otto Alberty: guardia tedesca (Gruppo 2)
    Henry Bumstead: Eliot Rosewater
    Lucille Benson: madre di Billy Pilgrim
    John Wood: ufficiale inglese

Premi
    Festival di Cannes 1972: Premio della giuria
    Saturn Award per il miglior film di fantascienza 1972

Trama:
Non esiste un vero filo conduttore, perché il protagonista, Billy Pilgrim, vive al di fuori del tempo. Per lui non ha un vero significato la successione degli eventi. Innanzitutto è un soldato americano poco più che adolescente, prigioniero a Dresda durante la seconda guerra mondiale. La sua dimora è chiamata Schlachthof Fünf, ossia Mattatoio 5, proprio perché ricavata da un edificio che era stato un macello. La sua vita in cattività è a dir poco grama: c'è un diabolico italoamericano, Paul Lazzaro, che gli dà il tormento, senza requie. Billy è però anche un uomo maturo, socio dell'azienda di famiglia, destinato ad imbarcarsi su un aereo pur sapendo che precipiterà, facendolo ritornare nella Dresda bombardata, attraverso un cunicolo nella realtà: a un certo punto si vedrà la sua faccia assiderata e paonazza, piena di frammenti di ghiaccio, sporgere dal suolo nevoso, la bocca tremula che borbotta qualche fonema indistinto, cercando di articolare proprio le parole
"Schlachthof Fünf". Mentre queste cose accadono - posto che l'avverbio "mentre" abbia qualche significato in questo contesto - vediamo lo stesso Billy Pilgrim sequestrato sul pianeta alieno Tralfamadore, in una specie di cupola. Infatti la ricca atmosfera di quel mondo ameno è composta da acido cianidrico. Insieme a Billy c'è la discinta Montana Wildhack, una pornodiva californiana che per lavoro prende i falli in bocca e si fa cospargere di genetico. Ecco che i Tralfamadoriani, che sono guardoni e oltremodo morbosi, cercano di spingere la coppia a copulare e a concepire un figlio. Billy si sente in imbarazzo, vuole che sia spenta la luce. Ecco che il protagonista si ritrova anziano nelle vesti di un guru New Age, un predicatore pacifista che invita il genere umano a rinunciare ad ogni guerra. Mentre parla al pubblico nel corso di un convegno, sorge dalla massa un esagitato Paul Lazzaro, che lo abbatte a colpi di arma da fuoco. La morte è soltanto un'illusione per un uomo che vive come le genti di Tralfamadore, in uno stato estraneo ad ogni parvenza di flusso temporale. Infatti si ritrova a Dresda, ancora una volta giovanissimo, nell'atto di osservare le rovine della città devastata dallo spaventoso bombardamento genocidario del febbraio del '45.

Recensione:
A mio avviso il film di Roy Hill è una pizza colossale, anche se la critica ne dice mirabilia. La sua visione è particolarmente consigliata a chi ha problemi d'insonnia. Nonostante l'imperante esagitazione, ci si sente tanto disorientati dai continui cambiamenti di scena da provare presto apatia e torpore. Sono portato a credere che ciò sia dovuto soprattutto all'incapacità del regista: l'autore del romanzo mi sembra molto interessante. La pellicola è stata proiettata il 5 giugno 2006 al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro, a Milano. Purtroppo non ho potuto assistere alla proiezione. Sarebbe stato molto interessante partecipare al dibattito.


Pronunce distorte!

Catturati dai militari del Reich, i soldati anglosassoni balbettano in preda al terrore. Quando il paonazzo comandante tedesco cerca di insegnare a prigionieri il nome della loro nuova dimora, i risultati sono a dir poco deprimenti. Il militare teutonico tuona con voce stentorea un virile e ben scandito Schlachthof Fünf, ossia Mattatoio 5, e i figli della Terra dei Coraggiosi biascicano un ridicolo SHUTTO FEE, che in italiano trascriveremmo come SCIATTOFÌ. Persino la ripetizione delle singole componenti di Schlachthof risulta difettosa: Schlacht diventa SHAH e Hof diventa O! Che dire? La propaganda antitedesca si nutre anche di queste cose. :) In realtà è solo una piccola parte di qualcosa di molto più vasto. Lo sappiamo fin troppo bene. Per tradizione inveterata, gli anglosassoni sono in massima parte arroganti e privi di qualsiasi rispetto per tutte le lingue del genere umano diverse dalla loro. 

Vonnegut e la distruzione di Dresda  

Il romanzo vonnegutiano da cui il film in analisi è stato tratto, Mattatoio n°5, o La Crociata del Bambini (Slaughterhouse-Five; or, The Children's Crusade: A Duty-Dance With Death), è soltanto in parte fantascientifico. Contiene elementi autobiografici degni della massima nota. L'autore fu realmente prigioniero in Germania durante la guerra. Ci testimonia quanto è accaduto a Dresda, e questo dovrebbe bastare a mettere a tacere i negazionisti che vorrebbero ridurre i criminali bombardamenti a lanci di miccette. Accade questo, che i miliziani americani della peste politically correct hanno criticato Mattatoio n° 5 dando vita ad indecorose polemiche. Questo è l'impianto delle loro tesi invereconde: Kurt Vonnegut avrebbe preso la stima di oltre 130.000 morti causati dai bombardamenti di Dresda da un'opera del controverso David Irving, Apocalisse a Dresda (1963). Siccome David Irving è negazionista dell'Olocausto e vicino a ideologie neonaziste, ecco che lo stesso Vonnegut è stato colpito dal discredito. Ma, Diabole Domine, Vonnegut là a Dresda ci è stato davvero, sotto le bombe! La sua testimonianza varra ben di più delle baggianate di qualche democratico rincoglionito!

Definizioni incongrue

A quanto ho potuto appurare, il pianeta Tralfamadore è stato introdotto per la prima volta nell'opera di Vonnegut dieci anni prima della pubblicazione di Mattatoio n°5, per la precisione nel romanzo Le Sirene di Titano (The Sirens of Titan, 1959). Compare poi qualche anno dopo in un altro romanzo, Dio la benedica, signor Rosewater (God Bless You, Mr. Rosewater, 1965). Mattatoio n° 5 non è l'ultima opera dello scrittore di Indianapolis a fare menzione dei Tralfamadoriani. A distanza di anni, nel 1990, li vediamo in Hocus Pocus. Nel 1997 compaiono infine in Cronosisma (Timequake). Non sembrano esserci riferimenti a scritti più recenti. L'autore è defunto nel 2007: stando al metodo logico-deduttivo di Sherlock Holmes, molto difficilmente può aver scritto qualcosa dopo l'exitus. In realtà i Tralfamadoriani sono descritti in modo assai diverso nei vari testi in cui compaiono, tanto che non possiamo sostenere la natura coerente dell'ispirazione.

Riporto un brano altamente significativo tratto proprio da Le Sirene di Titano

Non c'era nulla di offensivo in questo amore. Vale a dire, non era omosessuale. Non poteva esserlo, poiché Salo non aveva sesso.
Era una macchina, come tutti i tralfamadoriani.
Era tenuto insieme da biette, morse, dadi, bulloni e magneti.
La pelle color mandarino di Salo, che era così espressiva quando lui era turbato emotivamente, poteva essere messa o tolta come una giacca a vento terrestre.


Come vediamo, stando a questa descrizione i Tralfamadoriani sarebbero macchine. Una specie di robot senzienti. Invece in Dio la benedica, signor Rosewater, Tralfamadore è soltanto un pianeta della mente, un Gedanken inventato nel corso di una discussione filosofica. In netta contrapposizione a quanto visto ne Le Sirene di Titano, i Tralfamadoriani di Mattatoio n° 5 o La Crociata dei Bambini sono creature organiche, seppur peculiarissime. Ecco un estratto vonnegutiano che ce li descrive come simili a utensili per sgorgare i cessi:

Passò un altro mese senza incidenti, e poi Billy scrisse una lettera al 'News Leader' di Ilium, e il giornale gliela pubblicò. In essa descriveva gli esseri di Tralfamadore.
La lettera diceva che erano alti sessanta centimetri, erano verdi, e avevano una strana forma. Le loro ventose d'aspirazione erano a terra, e i loro gambi, estremamente flessibili, puntavano di solito verso il cielo. In cima a ogni gambo c'era una piccola mano con un occhio verde nel palmo. Questi esseri erano amichevoli, e erano in grado di vedere in quattro dimensioni. Sentivano pietà dei terrestri che avevano esclusivamente una capacità visiva tridimensionale. 


I loro poteri hanno dell'incredibile: la loro definizione è in pratica un oggetto spaziotemporale, così esistono al contempo in ogni singolo istante dall'inizio alla fine dell'Universo. George Roy Hill nella sua trasposizione cinematografica ha mantenuto alcuni elementi, sopprimendone altri. Nessun riferimento alle occhiute ventose delle latrine. Alcuni affermano che i Tralfamadoriani di Hill sarebbero soltanto voci narranti, prive di corporeità, eppure in almeno una scena del film ho visto uno di questi alieni e aveva un corpo fisico: somigliava a una specie di sciatore gobbo e intabarrato in vesti sgargianti, con una maschera senza lineamenti sul volto.
In Hocus Pocus, i Tralfamadoriani sono i protagonisti di un racconto dello scrittore fallito Kilgore Trout, pubblicato a puntate su una rivista pornografica. Il titolo di questo racconto è evocativo: I Protocolli degli Savi di Tralfamadore. La natura di questi alieni è multidimensionale; essi hanno il controllo di ogni aspetto della vita del genere umano, un po' come i Rettiliani inventati da David Icke.
In Cronosisma vediamo forse l'immagine più suggestiva delle genti di Tralfamadore, descritti addirittura come elementi chimici antropomorfizzati! Questa è fantascienza che travalica i confini della psichedelia profonda.


Elementi di grammatica tralfamadoriana

Possediamo in sostanza soltanto due glosse dell'idioma degli alieni respiratori di acido cianidrico. Sappiamo, perché è lo stesso Vonnegut a dircelo, che il nome del pianeta Tralfamadore nella lingua degli sturalavandini animati e verdastri ha un duplice significato. Si traduce al contempo come "cinquecentoquarantuno" e come "tutti noi". Un caso abbastanza eclatante di polisemia. Vero è che queste traduzioni sono riportate ne Le Sirene di Titano, ma riteniamo ragionevole che valgano anche per i Tralfamadoriani di Mattatoio n°5, pur così dissimili. Da queste poche informazioni sfuggite a Vonnegut, possiamo tuttavia ricostruire qualcosa di interessante.

TRALFAMADORE = 541

Questi sono gli elementi estraibili dalla glossa e relativi al sistema numerale tralfamadoriano: 

ore = 1
ma = 4
tra = 5
ad = 10
adore = 11
adma = 14
attra = 15
mad = 40
madore = 41
madma = 44
mattra = 45
trad = 50
tradore = 51
tradma = 54
trattra = 55
alfa = 100
alfaore = 101
alfama = 104
alfatra = 105
alfad = 110
aldadore = 111
alfadma = 114
alfattra = 115
alfamad = 140
alfamadore = 141
alfamadma = 144
alfamattra = 145
alfatrad = 150
alfatradore = 151
alfatradma = 154
alfatrattra = 155
malfa = 400
malfaore = 401
malfama = 404
malfatra = 405
malfad = 410
malfadore = 411
malfadma = 414
malfattra = 415
malfamad = 440
malfamadore = 441
malfamadma = 444
malfamattra = 445
malfatrad = 450
malfatradore = 451
malfatradma = 454
malfatrattra = 455
tralfa = 500
tralfaore = 501
tralfama = 504
tralfatra = 505
tralfad = 510
tralfadore = 511
tralfadma = 514
tralfattra = 515
tralfamad = 540
tralfamadore = 541
tralfamadma = 544
tralfamattra = 545 


Abbiamo poi il prezioso pronome personale collettivo ed inclusivo: 

TRALFAMADORE = TUTTI NOI 

Questa è l'analisi: 

tral = tutto, tutti  
fa = io
fa-ma = noi (forma inclusiva)
d-ore = in uno, insieme  

Si capisce subito che il prefisso d- è quindi una specie di locativo. La possibilità concreta è che la lingua di Tralfamadore sia nata negli abissi della mente di Vonnegut e che abbia un significato filosofico profondo, per quanto a noi inconoscibile. In tale idioma gli parlavano le Voci. Si avverte nei suoi scritti l'angoscia che lo pervadeva, l'onnipresente tentativo di immaginare che forma avessero davvero coloro che gli trasmettevano questi strani suoni. 

Eternismo atensionale estremo  

Nell'ontologia temporale di Kurt Vonnegut non sono necessari passaggi che connettono tra loro regioni distanti dello spaziotempo, come ad esempio le singolarità nude e i wormholes: siamo di fronte a un quadro immobile, con un numero immenso di dimensioni e troppo complesso per essere descritto. I Tralfamadoriani in realtà non si spostano, non sperimentano il succedersi di diverse configurazioni come fanno i comuni mortali. Percepiscono nello stesso identico istante eterno ogni cosa! Siamo di fronte alla più estrema forma di eternismo atensionale finora concepita da mente umana. Nemmeno Einstein era arrivato a tanto. Si pone dunque un problema molto grave. Come possono gli alieni di Tralfamadore rapportarsi agli esseri umani? Come possono interagire con qualcuno che vive in una dimensione a loro ignota? Nel romanzo non mancano spunti umoristici e satirici: l'Universo finisce per un errore in un test di volo compiuto da un pilota di Tralfamadore. Questo dettaglio è stato ignorato da Roy Hill, che forse lo riteneva imbarazzante.

Altre recensioni e reazioni nel Web

Riporto alcuni interventi critici che mi paiono utili. Questi sono tratti da Filmtv.it

Un film a metà strada tra il sogno e l'incubo della prigionia in Germania durante il bombardamento di Dresda. Una delle cose più assurde che notai fu il personaggio di un nazista americano vestito come il generale Patton che incitava dei prigionieri di guerra angloamericani ad arruolarsi nelle SS. Roba da fantastoria. Più realistica la scena di un prigioniero fucilato perché sorpreso con un soprammobile trovato fra le macerie.
(Mr Rossi)


Diciamo che,"sotto suggerimento" mi sono accinto a vedere questo strano embrione di film semi fantascientifico-bellico e anche abbastanza sperimentale,anzi,molto sperimentale per certi versi.
Forse e' proprio questa eccessiva sperimentazione di mondi paralleli-onirici ,visionari,(dreamers) e ancora chi piu' ne ha piu' ne metta,rende la visione alquanto stranita e abbastanza incapace di far capire il senso della storia,gia' in se' insipida e poco attraente (nonostante riferimenti personali molto accattivanti tipo la storia della guerra,le parti semi-fantascientifiche e qualcosa di psicologico,anche se in forma ridotta rispetto a quello appena menzionato).
Purtroppo,tutto questo calderone di belle speranze e buoni propositi basati su un libro probabilmente di nicchia (ma forse neanche tanto...),personalmente mi e' sembrato grottesco e poco sublime nel doverlo ricordare:infatti si rimane con poco o nulla nel palmo della mano da dover rimembrare ai posteri,se non una visione di una pellicola difficile,anche abbastanza angosciante (forse anche per la voglia di capirdi qualcosa (!) e che alla lunga non soddisfa il palato degli spettatori di film di facile consumo (forse un po' come me) e convince molto di piu' a certi fruitori di Cinema piu' difficile o attratti da vette sublimi e pero' non facili da trovare.voto.5.

(Chribio1)


Film decisamente palloso, da alcuni additato come immenso capolavoro, da altri come immane cagata. Nel mezzo, io.
(alfatocoferolo)

giovedì 15 novembre 2018


SEMI DEL CREPUSCOLO

Autore: Raymond Z. Gallun
Anno: 1938
Titolo originale: Seeds of Dusk
Lingua: Inglese
Conlang(s): Itorloo
Tipologia narrativa: Racconto lungo 
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Xeno SF, fantabotanica, fantabiologia,
    fantapatologia, fantascienza apocalittica  
1a edizione it.: 1979
2a edizione it.: 1984
Editori (it.): Editrice Nord (1979),
Arnoldo
     Mondadori Editore (1984)

Edizione italiana (antologie):
     1979: Avventure nel tempo e nello spazio, Grandi
          Opere Nord 5
     1984: Catastrofi!, Oscar 1767
Traduttori:
     Giuseppe Lippi (1984),
     Rita Botter Pierangeli (1979)
Dettagli dell'antologia Catastrofi!
    Titolo originale: Catastrophes!
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione dell'umanità  
Catalogo Vegetti: 



Trama:

La Terra è ormai moribonda. Le specie più evolute che vi si trovano sono gli umanoidi Itorloo, discendenti del genere umano, e un tipo di corvi altamente sociali in grado di parlare. In questo scenario, già di per sé non troppo allegro, fa la sua comparsa qualcosa di imprevisto quanto letale: sono le spore aliene provenienti da Marte. Per la verità, nemmeno Marte era il luogo d'origine di questi temibilissimi agenti infestanti. Prima di prosperare sul Pianeta Rosso, avevano infestato Ganimede. Quando gli Itorloo si accorgono del flagello, è già troppo tardi: i tentativi di disinfestazione risultano fallimentari. Le piante aliene, dotate di prodigiose capacità di adattamento e di grandissima intelligenza, fabbricano e diffondono un patogeno studiato a bella posta per annientare gli Itorloo. Una febbre mortale divora gli eredi dell'umanità, proprio quando fervono i preparativi per la loro migrazione su Venere.  

Recensione: 

Un angosciante racconto di xenobiologia. Del resto, se un autore che tratta di xenobiologia non scrivesse cose angoscianti, farebbe meglio a occuparsi dei Puffi! Il geniale fondamento della narrazione di Seeds of Dusk è una pianta infestante i cui semi vagano tra gli spazi interstellari, cullati dai venti cosmici, programmati per attecchire su pianeti adatti e uccidere tutti i viventi autoctoni che vi si trovano. Una pianta mostruosa dotata tra l'altro di raffinati organi di senso e di una potente memoria epigenetica, essendo persino in grado di riconoscre le sagome degli umanoidi e i loro veicoli, avendone visti di simili innumerevoli altre volte in passato. Quando lessi da giovane quest'opera di Gallun ero febbricitante e sentii in me il comando del genoma che mi imponeva di sopravvivere all'infezione, proprio come Zar, il sanguigno protagonista Itorloo, che si imponeva di lottare anche quando ormai era contaminato e condannato. Adesso, a distanza di tempo, sono convinto che l'annientamento dell'umanità ad opera di una pandemia sarebbe una cosa quanto mai auspicabile, in grado di cancellare definitivamente ogni problema e ogni sofferenza. Sarebbe una delle soluzioni migliori, anche se lì per lì si soffrirebbe un po'. Ognuno di noi forse reagirebbe come Zar, che non voleva arrendersi per nessun motivo, che con i suoi ultimi barlumi di forze ancora sognava una stagione di piaceri brutali su Venere, avventure anche erotiche che non ci sarebbero mai state. Questa tensione genetica è descritta e comunicata in modo magistrale. La cosa davvero notevole è che Seeds of Dusk fu scritto nel lontano 1938, eppure non dimostra la sua età, anche se certi concetti come l'abitabilità di Venere sono ormai da tempo obsoleti.

Dinamiche involutive

Gli Itorloo, chiamati "i freddi, crudeli, astuti esserini che discendevano dagli uomini" (the cold, cruel, cunning little beings who were the children of men), sembrano il concentrato di ogni aspetto deteriore della nostra specie. Quelle che furono le doti dell'umanità si sono da lungo tempo dissolto, perché gli accoppiamenti hanno favorito i peggiori energumeni. Non è stata tanto l'intelligenza a svilupparsi, quanto la furbizia, la capacità di nuocere con l'inganno - anche se va detto che la tecnologia ereditata si è conservata abbastanza bene. Per gli Itorloo l'empatia è inesistente, la violenza anche sessuale è una somma virtù e la tortura è un genere voluttuario. Le dimensioni del corpo si sono ridotte rispetto a quelle degli antenati umani, con ogni probabilità per via della diminuzione delle risorse e dell'ostilità dell'ambiente. 

La lingua degli Itorloo

L'autore pianta i semi di una conlang che però non sviluppa. La frase "Itorloo loaaah!", pronunciata da un corvo in grado di parlare, significa "Itorloo, pericolo!"; già sappiamo che Itorloo è l'endoetnico degli epigoni degenerati dell'antica umanità (voce di etimologia incerta). Per coincidenza o per cosciente intenzione dell'autore, il termine loaaah "pericolo" richiama nella forma grafica al nome degli spiriti della religione Voodoo di Haiti e della Louisiana, anche se chiaramente il significato attribuito non ha connessione alcuna con quello del vocabolo pseudo-africano. In realtà la pronuncia è senz'altro diversa: nel linguaggio del Voodoo, loa suona /lwa/ e deriva dal francese le lois "la legge". Possiamo supporre che proprio questo termine religioso sia stato all'origine dell'ispirazione di Gallun. 

La ricerca onirica dell'Antico Kolum

Gli Itorloo compaiono in un racconto di Jordan S. Bassior, The Dream-Quest of Old Kolum, del 2013, di cui si può leggere il primo capitolo in questo blog:  


Non sono riuscito a trovare i capitoli seguenti. Il titolo dimostra un citazionismo spinto che trovo abbastanza fastidioso. Dell'autore non so praticamente nulla e quanto ho letto lo trovo poco avvincente.  

Biblioteca Galattica

Questa è la pagina della Biblioteca Galattica dedicata al racconto, con annessa valutazione: 

mercoledì 14 novembre 2018


NEL CENTRO

Autore: Larry Niven
Anno: 1966
Titolo originale: At the Core
Aka: Pubblicità negativa
Lingua: Inglese
Tipologia narrativa: Racconto
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Space opera, grottesco, fantascienza
     apocalittica
1a edizione it.: 1974
2a edizione ita: 1984
Editore (it.): Arnoldo Mondadori Editore 

Edizione italiana (antologie):
    1974: Reliquia dell'Impero, Urania 642
    1984: Catastrofi!, Oscar 1767

Traduttori:

     Beata della Frattina (1974),
     Giuseppe Lippi (1984)
Dettagli dell'antologia Catastrofi!:     
    Titolo originale: Catastrophes!
    Curatore: Isaac Asimov
    Sezione: Distruzione della Terra

Catalogo Vegetti:


Trama:

Un'avventura spaziale con i Burattinai, che sono grotteschi e bizzarrissimi alieni con due teste. Questi alieni bicipiti inviano Beowulf Shaeffer fino al nucleo galattico perché da quelle regioni cosmiche inesplorate provengono segnali a loro avviso assai preoccupanti. L'uomo, avvicinatosi alla destinazione con un'astronave innovativa, la Lunga gittata, scopre che la distruzione è in atto: una serie di supernove in esplosione ha già reso inabitabile il centro della galassia. Anzi, l'espansione del fronte apocalittico non lascia speranza: la galassia è destinata a diventare intabitabile, anche se ci vorranno circa 20.000 anni prima che le radiazioni giungano a devastare l'Ecumene. Shaeffer ritorna e fa il suo rapporto ai Burattinai, ricevendo il compenso pattuito. A questo punto le creature bicipiti fanno subito qualcosa di molto logico, di cui nessun umano a parte l'eroico Shaeffer potrebbe sospettare il motivo... 

Recensione:

Notevole e interessante, anche se purtroppo è fantascienza obsoleta a tutti gli effetti: all'epoca in cui fu scritta le conoscenze sugli esopianeti e sulla loro formazione erano praticamente nulle. I viaggi interstellari li si faceva abbastanza facili nel mondo della fantascienza, concependo a getto continuo ogni sorta di escamotage per aggirare i vincoli imposti dalla teoria della relatività di Albert Einstein. Negli anni '70 si credeva ancora che l'intera galassia fosse potenzialmente abitabile. Lo stesso Asimov non vedeva nulla di assurdo nell'idea di pianeti simili alla terra posti proprio nel bel mezzo della Via Lattea. Ricordo ancora i primi timidi sospetti di inabitabilità causati dall'elevata densità stellare nel nucleo della galassia, che avrebbero innalzato temperatura e radiazione di eventuali pianeti formatisi in condizioni tanto estreme. Oggi siamo consapevoli del fatto che le regioni del nucleo galattico sono inabitabili a causa della spaventosa intensità delle radiazioni cosmiche dovuta non soltanto alla densità di stelle, ma anche alla presenza di buchi neri supermassicci, autentiche mostruosità al cui confronto i biblici Leviathan e Behemoth ci apparirebbero tranquillizzanti come la favola di Cappuccetto Rosso... o come i Puffi! Se sospendiamo l'incredulità, quest'opera di Larry Niven resta tuttora godibile. L'umorismo del protagonista Beowulf Shaeffer è leggero ma penetrante, ha l'effetto di una boccata d'ossigeno. 

Alcune parole aliene

Kdatlyno è il nome di una civiltà galattica. Non si capisce se sia un endoetnico o se sia il nome attribuito loro dai Burattinai. Bizzarramente il traduttore, il buon Giuseppe Lippi, utilizza gli articoli "il, i, un, etc." con questo nome: i Kdatlyno, dei Kdatlyno, quando a me parrebbe assai più logico usare gli articoli "lo, gli, uno, etc.", ossia gli Kdatlyno, degli Kdatlyno. Questo accade perché la maggior parte della gente fatica molto a pronunciare gruppi consonantici iniziali e immagina che le consonanti K- e -d- debba esserci una vocale sfuggente, come se fosse Kadatlyno. Come viene precisato, questi Kdatlyno sono ciechi a tutte le lunghezze d'onda tranne le onde radar. Una loro opera d'arte, esposta in un museo dei Burattinai e mostrata a Beowulf Shaeffer, è chiamata Hrodenu e ha come titolo SPAZIO IPERLUCE. Sul reale significato della parola non posso avanzare che timide ipotesi. Sarà un vocabolo dei Burattinai o degli Kdatlyno? A quanto pare, il modo migliore per godere dell'esperienza artistica con questo Hrodenu è leccarlo, come se fosse un succoso cunnus o un ano femminile simile a un bocciolo di rosa. Evidentemente le questioni igieniche derivanti da stratificazioni di salive promiscue non preoccupano troppo i Burattinai, che sotto sotto devono essere ben laidi.

Kzinti è il nome di una civiltà galattiva di energumeni assai bellicosi, di abitudini puramente carnivore. Anche questa volta non si capisce se Kzinti sia un endoetnico o se sia un epiteto poco lusinghiero appioppato dai Burattinai. L'unico modo per trattare con questi Kzinti è, a detta degli stessi Burattinai, assestare terribili mazzate ma astenersi dallo sterminio, concedendo qualcosa al commercio, vendendo loro cibarie, acquistando strani metalli e inviando come ludo-terapista qualche fellatrice particolarmente disinibita. Bizzarramente, il buon Giuseppe questa volta utilizza nella sua traduzione gli articoli "lo, gli, uno, etc." davanti al nome di questo popolo alieno: gli Kzinti, degli Kzinti. Perché gli Kzinti ma i Kdatlyno? Misteri della linguistica aliena!

Che dire? Larry Niven aveva una gran fantasia che ne avrebbe fatto un buon creatore di lingue costruite. Sapeva plasmare parole assai peculiari, con una fonotassi stravagante quanto suggestiva. Peccato a quanto pare che la glottopoiesi non fosse per lui una passione dominante! 

I Burattinai, che bizzarramente hanno dato alla loro società commerciale il nome inglese General Products, sono senza dubbio la forma di vita più intelligente della galassia plasmata da Niven. Consapevoli che l'annientamento incombe, lasciano precipitosamente la Via Lattea: anche un lasso di tempo di molti millenni li mette in grande allarme e li incoraggia a non perdere tempo, come se l'arrivo delle radiazioni mortifere potesse violare le leggi stesse della fisica ed essere questione di pochi giorni. Di fronte a questa trovata geniale, possiamo dire che la paranoia sia uno svantaggio evolutivo? Certo che no! 

Biblioteca Galattica

Questa è la pagina della Biblioteca Galattica dedicata al racconto, con annessa valutazione:

sabato 10 novembre 2018

LE LINGUE HELLICONIANE MINORITARIE

L'Olonets e il Sibish non sono le sole lingue parlate dai popoli umani del pianeta Helliconia, nato dalla fertile fantasia di Brian W. Aldiss. Oltre agli umani e a i Phagor, vi sono poi alcuni popoli di ominidi, ciascuno dotato di lingua propria. Facciamo il punto su quanto siamo riusciti a comprendere e a catalogare. 

La lingua degli Ondod

Nel terzo volume della trilogia helliconiana, L'inverno di Helliconia, sono fornite alcune parole della lingua degli Ondod di Sibornal, ominidi imparentati con i Nondad (le due denominazioni risalgono evidentemente alla stessa protoforma). Queste parole Ondod sono incorporate in frasi in inglese, spesso non sono provviste di glossa, tanto che soltanto analizzando il contesto si possono trarre le seguenti sicure nozioni: 

biwack "dormire; avere sesso" 
gumtaa
"buono"
ishto? "vero?" (particella interrogativa)
kakool "cattivo, cosa cattiva, male"
kharber "dannazione, evento funesto"
loobiss "grazie"
occhara "specie di tabacco", "erba-pipa"
smrtaa "vendetta, morte" (lett. "retribuzione",
     traduce il greco nemesis)
takit "bere"
yaya "signora" 

Aldiss spiega che l'erba chiamata occhara e usata per fumare è un'erba che cresce sulle montagne. Non è affatto certo che sia simile all'erba da fumo chiamata veronika in Olonets, resa per comodità con "tabacco". Il significato della parola yaya è abbastanza congetturale, anche se mi pare verosimile; la parola più ardua è kharber, che dà problemi. In un'occorrenza sembra proprio un'imprecazione violenta, qualcosa come "dannazione!", mentre in un altro passo potrebbe sembrare più che altro un'alterazione del toponimo Sibish Kharnabhar.

Lo stesso autore glossa l'endoetnico Ondod come "Spirit People" o "Spirited People", che possiamo tradurre con "Popolo dello Spirito" (o "Popolo Spiritato"). Da questa informazione deduciamo che anche Nondad debba avere lo stesso significato ancestrale. La radice della protoforma doveva essere *NOND- "spirito", avendo poi perso la prima n- in Sibornal per un naturale processo di dissimilazione.

Possiamo dedurre anche un'altra importantissima parola:

-gatt "montagna, montagne"

Esiste una regione montuosa di Sibornal che è chiamata Sharagatt. Nel continente di Campannlat esiste invece una regione montuosa chiamata Cosgatt, nella terra dei barbari Driat. Probabilmente la parola -gatt "montagna" è un antichissimo resto della lingua dei Nondad, comune agli Ondod, che affiora in entrambi gli oronimi.

Aldiss vuole dare l'idea di come potrebbe essere la lingua di un popolo estremamente primitivo. Con sua buona pace, non esistono lingue primitive. Infatti la fonotassi dei termini Ondod non sembra elementare. Una lingua primitiva dovrebbe avere soltanto poche sillabe aperte: già la presenza di gruppi consonantici e di consonanti finali di parola dimostra che ha una lungua storia di usura fonetica.

L'etimologia esterna di queste voci, ovvero la fonte della loro ispirazione, è spesso determinabile con sicurezza:

biwack "dormire; avere sesso" : inglese bivouac
      "campo temporaneo"
kakool "cattivo" : greco
κακός (kakós) "cattivo"
ishto? "vero?" : russo есть (jest') "c'è"
loobiss "grazie" : russo любишь (ljubiš) "tu ami"
smrtaa "morte" : russo смерть (smjert') "morte"

Abbiamo poi alcuni antroponimi Ondod, la cui fonetica è davvero interessante:

Ipaak (f.)
Moub (f.)
Uuundaamp (m.)

Purtroppo non abbiamo la benché minima traccia di un indizio per arrivare a capire il loro significato.

La lingua dei Madi

Sappiamo per certo che Madi non è soltanto l'esoetnico attribuito a un tipo di ominidi dai parlanti Olonets: è anche l'endoetnico con cui queste creature singolari designano se stesse. Non soltanto: L'estate di Helliconia ci rivela anche il nome della loro lingua: hr'Madi'h. L'apparato flessivo sembra avere qualcosa in comune con la lingua dei Phagor, che probabilmente ne costituisce l'origine. Si tratterà di una semplice formazione genitivale: "che appartiene ai Madi", "la cosa dei Madi". Un'altra parola che ci viene spiegata è Ahd, che indica la Via, il cammino degli ominidi nomadi che sono i Madi, ciò che fonda la loro religione e che costituisce la sola ragione della loro esistenza. Essendo il sentiero migratorio chiamato uct in Olonets, deduciamo una cosa mirabile: si tratta di un remoto prestito dalla lingua hr'Madi'h. Ahd è diventato uct. Vediamo che spesso passando all'Olonets, parole di altre lingue mostrano un cambiamento di /a/ in /o/ o in /u/. Così Sibish yahdahl "vino di alghe" diventa in Olonets yoodhl. Allo stesso modo si è avuto il passaggio da Ahd a uct. La consonante -h- seguita da altra consonante si trasforma in un suono trascritto in modo sistematico con la lettera c. Il toponimo Phagor Hrrm-Bhhrd-Ydohk è diventato così Embruddock in Olonets. Ecco dimostrata l'etimologia di uct. Domanda: Aldiss era consapevole di tutto questo?

Un antroponimo dei Madi è menzionato ne La primavera di HelliconiaCathkaarnit. Il nome designa una coppia, così per distinguere i coniugi si preficce un pronome. Nell'originale inglese, il maschio è chiamato Cathkaarnit-he e la femmina Cathkaarnit-she. Evidentemente ad Aldiss interessava esprimere il concetto in modo comprensibile, così non ha usato forme pronominali hr'Madi'h oppure Olonets, che i lettori avrebbero trovato complicate. Ne consegue però un'importante deduzione: sia in hr'Madi'h che in Olonets esistevano - proprio come in inglese - pronomi di terza persona singolare differenziati per genere. Nel secondo romanzo, L'estate di Helliconia, abbiamo un antroponimo simile a Cathkaarnit portato da una Madi meticcia che è stata sposata dal Re di Oldorando. La Regina è chiamata Bathkaarnet-she. Il pronome inglese she non è stato riconosciuto: chi ha eseguito la traduzione ha pensato che fosse parte del nome originale. Forse i nomi propri di persona usati dai Madi sono tutti formati secondo questo schema: consonante + -athkaarn- + vocale + -t. Una molteplicità davvero scarsa, con poche combinazioni possibili:

Bathkaarnat, Bathkaarnet, Bathkaarnit,
Bathkaarnot, Bathkaarnut, Cathkaarnat,
Cathkaarnet, Cathkaarnit, Cathkaarnot,
Cathkaarnut, Dathkaarnat, Dathkaarnet,
Dathkaarnit, Dathkaarnot, Dathkaarnut,
Fathkaarnat, Fathkaarnet, Fathkaarnit,
Fathkaarnot, Fathkaarnut, Gathkaarnat,
Gathkaarnet, Gathkaarnit, Gathkaarnot,
Gathkaarnut, Hathkaarnat, Hathkaarnet,
Hathkaarnit, Hathkaarnot, Hathkaarnut,
Jathkaarnat, Jathkaarnet, Jathkaarnit,
Jathkaarnot, Jathkaarnut, Kathkaarnat,
Kathkaarnet, Kathkaarnit, Kathkaarnot,
Kathkaarnut, Lathkaarnat, Lathkaarnet,
Lathkaarnit, Lathkaarnot, Lathkaarnut,
Mathkaarnat, Mathkaarnet, Mathkaarnit,
Mathkaarnot, Mathkaarnut, Nathkaarnat,
Nathkaarnet, Nathkaarnit, Nathkaarnot,
Nathkaarnut
, etc. 

Originale ma un po' monotono, non trovate?

La lingua dei Kaci

I Kaci sono un popolo di Campannlat, che risiede in una regione selvosa e impervia chiamata Kace. La loro capitale è Akace. Non sappiamo con certezza se Kace sia una denominazone autoctona poi passata anche in Olonets, o se sia sorta in Olonets e l'endoetnico sia del tutto diverso. Come ci viene spiegato dall'autore, i Kaci sono pagani e hanno combattuto aspramente contro l'oppressiva Chiesa di Akhanaba. Possiamo dedurre che la lingua dei Kaci fosse diversa dall'Olonets. Il grado di parentela tra le due lingue non risulta chiaro, più che altro per mancanza di materiale da analizzare. Queste sono le poche nozioni estraibili dall'opera di Aldiss:

pabowr "idromele" :
     corrisponde all'Olonets beethel "idromele"
shoatapraxi "erba spinosa" :
     corrisponde all'Olonets brooth "spina" (lunga)

Evidentemente pabowr è formato dalla radice pab "miele", che corrisponde all'Olonets beeth. In shoatapraxi si vede in modo abbastanza agevole un composto formato da shoat "erba" e da praxi "spina": è il secondo elemento che si deve paragonare all'Olonets brooth. A questo punto si comprende all'istante il nome di un capo ribelle dei Kaci, menzionato nel secondo vomume della trilogia:

Skrumppabowr "Bevitore di Idromele" (n. pers.)

Così si aggiunge un altro interessantissimo vocabolo:

skrump- "bere"

Si tratta di una delle poche radici verbali deducibili con questi metodi dal materiale di Aldiss. Approfondendo l'analisi del poco che conosciamo, possiamo azzardarci ad affermare che il Kaci e l'Olonets derivano da una protolingua comune molto remota. Queste sono le protoforme attese:

*PɁAPƟJ- "miele" 
*PɁRAHƟW- "spina"

Non escludo che in futuro si potranno moltiplicare le deduzioni e le conoscenze.

I popoli maledetti di Helliconia

Nel secondo romanzo della trilogia, L'estate di Helliconia, troviamo un cenno significativo all'esistenza di popolazioni di colore nel continente di Campannlat. Il brano in questione è il seguente: 

"Re Sayren Stund inviò a JandolAnganol un uomo gobbo e dalla pelle scura chiamato Fard Fantil, munito di credenziali che lo qualificavano come un esperto in fatto di fornaci di ferro e di nuovi metodi. JandolAnganol lo mise immediatamente al lavoro."

Questo è il testo originale in inglese:

"King Sayren Stund sent JandolAnganol a dark hunchbacked man called Fard Fantil. Fard Fantil came with credentials showing him to be an expert in iron furnaces who understood new methods. JandolAnganol sent him to work immediately." 

La traduzione in spagnolo è molto significativa e soprattutto priva di ipocrisia. Il "dark hunchbacked man" di Aldiss è descritto in modo molto realistico come "negro jorobado"

"El rey Sayren Stund envió a JandolAnganol un negro jorobado llamado Fard Fantil. Las credenciales de Fard Fantil afirmaban que era un experto en fundición de hierro y que conocía los nuevos métodos. JandolAnganol lo puso a trabajar de inmediato." 

Ovvio che non ci si poteva attendere da Aldiss l'uso di parole come negro, nigger, Jim Crow e simili, anche se possiamo vedere che Fard Fantil, uomo di condizione servile, non era molto ben visto dall'etnia dominante di Campannlat. Interessante è la connessione tra questa infelice persona e il mestiere del fabbro. Presso molti popoli, i fabbri sono malvisti e creduti capaci di lanciare incantesimi. Questo pregiudizio nei confronti dei lavoratori di metalli si trova ad esempio tra i Tuareg. Il fabbro aveva come epiteto l'aggettivo "nero" nell'antica Irlanda. Persino in inglese troviamo la parola blacksmith "fabbro" (che fonde il ferro), che mostra incorporato l'aggettivo black, riferito alle polveri di ossidi scuri che emanano dalle fucine. Dalla narrazione di Aldiss, si capisce che Fard Fantil ha come lingua materna l'Olonets. La spiegazione più probabile è che la sua gente fosse ormai assimilata linguisticamente, ma sempre guardata con estremo sospetto e detestata. 

Driat e Thribriat

I Driat, il cui paese è chiamato Mordriat in Olonets, sono descritti più volte come barbari. Sono considerati subumani dai seguaci della religione di Akhanaba e spesso associati agli ominidi Madi e Nondad, eppure sembano più che altro umani marginali, odiati da tutti per i loro costumi pagani e per la loro ferocia. Sappiamo che parlano una lingua diversa dall'Olonets, ma non ne abbiamo potuto acquisire nemmeno una parola. Altre popolazioni considerate barbariche abitano più a sud. C'è il paese chiamato Thribriat in Olonets, il cui nome può essere analizzato come "Driat Meridionali", da un originario *Thrib-Driat, essendo il suffisso thrib- "sud" opposto a sib- "nord", donde vengono Sibornal e Sibish. Anche in questo caso non abbiamo molte informazioni. Aldiss menziona una regina barbara di Thribriat, Shannana, il cui nome richiama senza dubbio il materiale mitologico relativo a Tarzan e ai Tarzanidi. L'autore del libro epico intitolato Thribriatiad porta un nome assai singolare, Brakst, anche se è certo che l'opera è stata scritta in Olonets.

Il mitico paese di Ponipot

Anticamente esisteva il Regno di Ponpt, con le sue gloriose città, Powachet, Prowash e Gal-Dundar, che sorgeva sulle rive del fiume Aza, le cui acque sono definite "gelide". All'epoca dei fatti narrati ne L'estate di Helliconia, la regione era quasi disabitata e il toponimo Ponpt era pronunciato Ponipot per via della difficoltà di un così complicato gruppo di consonanti, che aveva reso necessario l'inserimento di due vocali eufoniche. Possiamo dedurre che nell'antica lingua di Ponpt la parola aza significasse "freddo, gelido". Penso che si trattasse di una lingua imparentata con l'Olonets, forse come il greco antico è imparentato col latino. Pur avendo molto in comune, tra i parlanti delle due lingue non sussisteva mutua intelligibilità. Proprio la mitica città di Gal-Dundar, il cui nome interpreto come "Mille Torri", doveva essere il centro di irradiazione del megalitismo helliconiano. Ne L'inverno di Helliconia si menzionano alcuni porti di Campannlat con nomi singolari, come Vaynnwosh, Dorrdal e Dowwel. Il primo comprende certamente -osh "città", mentre il secondo richiama il nome della regione di Findowel, che deve essere formato a partire dalla stessa parola. Non è impossibile che questi porti appartenessero all'area in cui anticamente si parlava la lingua di Ponpt. 

L'enigma di Oldorando

Il nome Oldorando fu attribuito dal sacerdote Yuli a uno stanziamento che in seguito sarebbe diventato un importantissimo regno. Aldiss ci spiega nel primo volume della trilogia, che quando Yuli dimorava nella città sotterranea di Pannoval e voleva diventare un sacerdote del dio ctonio Akha, era rimasto incantato da una melodia conosciuta come Oldorando. Quando poi riuscì a fuggire da Pannoval e a trovare spazio per sé, per sua moglie Iskador e per la sua progenie, usò proprio questa misteriosa parola, Oldorando, come nome della nuova fondazione. Ecco il brano tratto da La primavera di Helliconia, in cui si parla della fonte d'ispirazione di Yuli: 

"I cori erano importanti, e la monodia lo era anche di più, con una voce solista lanciata nella cavità della tenebra; ma ciò che Yuli finì per amare di più erano gli interventi delle voci inumane, le voci degli strumenti di Pannoval.
Nelle Barriere non s’era mai udito nulla di simile. L’unica musica conosciuta dalle tribù assediate era il rullo prolungato d’un tamburo di pelle, il ticchettare delle ossa animali battute l’una contro l’altra, e il battito delle mani umane accompagnate da una cantilena monotona. La lussureggiante complicatezza della nuova musica convinse Yuli della realtà della sua vita spirituale ancora in fase di risveglio. Una grande melodia, in particolare, lo travolgeva: “Oldorando”, che aveva una parte in cui uno strumento dominava tutti gli altri, e poi si confondeva con essi e finalmente si ritraeva in un suo rifugio armonioso."

Da tutto questo possiamo dedurre che Oldorando non era una parola del linguaggio corrente. Potrebbe essere una forma antica e ormai incomprensibile di Olonets, persino anteriore a quello che era conosciuto come antico Olonets, nel qual caso la sillaba ol- potrebbe stare per olle "dieci", ma non si può escludere che la lingua sacerdotale da cui il vocabolo Oldorando è stato tratto non avesse alcun nesso con l'Olonets. Trovo notevole che Aldiss, che plasmò Oldorando da El Dorado, abbia inserito questo nome come un masso erratico nel continente di Campannlat, ammantandolo di mistero e rendendolo inanalizzabile. 

Il senso degli studi su Helliconia

La filologia helliconiana, scienza inutile agli occhi delle genti, sembra provare che una creazione fantastica contiene una coerenza interna indipendente dall'autore, ossia che uno scrittore evoca qualcosa che esiste indipendentemente piuttosto che crearla da zero. So che può sembrare pazzesco, ma tutto mi spinge a crederlo. Tra l'altro, Aldiss in un'occasione ha scritto che tutto ciò che di filologico c'è nelle trilogia di Helliconia ("anything sound philological") si deve al Professor Thomas Shippey (si noterà l'errato verbo "sound" per "sounds", di certo è solo un refuso). Ho dato un'occhiata ad alcune delle creazioni di questo, e mi sembrano qualcosa di molto diverso dalle conlangs helliconiane. Già soltanto per questioni pratiche, non mi sembra possibile che Aldiss abbia consultato il Professor Shippey ogni volta prima di scrivere anche un semplice nome: la sua scrittura ne avrebbe risentito e si sarebbe inceppata di continuo.


Sarebbe una bella cosa se l'accademico in questione, che mentre mi accingo a pubblicare questo contributo risulta vivente, leggesse i miei articoli sulle conlangs helliconiane e dicesse la sua. Naturalmente questo mio appello cadrà nel vuoto, come è accaduto ogni volta che ho invitato un accademico. Convinzione disgraziatamente comune è che i blog siano merda e che nemmeno una sillaba di ciò che vi è scritto meriti una qualsiasi considerazione.

mercoledì 7 novembre 2018

LA LINGUA SIBISH DI HELLICONIA

Brian W. Aldiss riporta soprattutto informazioni sulla tipologia grammaticale della lingua Sibish, parlata dalle genti del continente settentrionale del pianeta Helliconia, Sibornal. Fornisce però ben pochi elementi concreti. Mentre sappiamo qualcosa della lingua Olonets parlata nei continenti di Campannlat e di Hespagorat - perché vi sono suoi vocaboli inclusi nei testi, oltre a numerosissimi antropinimi e toponimi da cui possiamo ricavare informazioni assai utili - della lingua Sibish ci mancano proprio i mattoni fondamentali. Per nostra sfortuna le glosse Sibish sono rare. L'inverno di Helliconia si svolge in gran parte a Sibornal tra parlanti della lingua Sibish, eppure nella massima parte dei casi gli appellativi relativi alla natura e alla cultura sono forniti in inglese o viene utilizzato il corrispettivo in Olonets, a cui siamo già abituati nel resto della saga helliconiana (ad esempio arang "capra", asokin "cane cornuto", hoxney "cavallo", yelk "bufalo", tenner "mese", pauk "trance", gossie "ombra di un morto", fessup "ombra di un morto", tether "annientamento", etc.); sono Olonets anche i termini astronomici (i nomi dei due soli, Batalix e Freyr, oltre a Weyr "Grande Inverno" e Myrkwyr "apparizione  della luce fioca"). A rigor di logica non sappiamo nemmeno con certezza se Sibish sia l'adattamento inglese con lo stesso suffisso -ish di English, etc., derivato da Sibornal per abbreviazione, o se sia realmente il nome dato alla lingua del continente settentrionale dai parlanti dell'Olonets. Possiamo dedurre che sia una parola genuina, dato che il nome dato a un abitante di Sibornal nell'originale inglese è Sibornalan (pl. Sibornalans) o Sibornalese, ma non *Sibishman sul modello di Englishman. La formazione non è chiarissima, a dover essere sinceri, comunque possiamo concludere che Sibish è proprio un vocabolo Olonets e che il suo suffisso -ish mostra consonanze con l'inglese per puro caso. Non sappiamo nulla del modo in cui le genti di Sibornal, gli Uskuti, chiamavano la propria lingua.

Queste sono le informazioni riportate nel secondo volume della trilogia, L'estate di Helliconia: 

   "– Naturalmente, ci aspettiamo che popoli primitivi abbiano credenze altrettanto primitive, perché è questo che li àncora al loro stato primitivo. Le cose sono in continuo miglioramento, là dove stiamo andando. – Quell'ultima frase era un’evidente traduzione in olonets di uno dei molti tempi usati dalla lingua sibish.
   Essendo di rango così elevato, Dienu Pasharatid si rivolgeva a SartoriIrvrash in olonets puro, mentre nel Campannlat l’olonets puro, contrapposto all’olonets locale, era appannaggio delle caste più elevate e dei capi religiosi, soprattutto all’interno del Sacro Impero Pannovalano, e stava diventando sempre più appannaggio esclusivo della Chiesa.
La lingua principale usata nel continente settentrionale era il sibish, un linguaggio pesante con un suo alfabeto, e, nel complesso, l’olonets era poco più diffuso del sibish, tranne lungo alcune coste meridionali dove erano comuni i traffici con il Campannlat.
   Il sibish usava molti tempi multipli e condizionali, non aveva la y, sostituita dalla i, che veniva pronunciata con durezza, mentre ch ed sh erano quasi sibilati. Il risultato di tutto questo era quello di conferire un suono sinistro ad un nativo di Askitosh quando parlava con uno straniero nella lingua di quest’ultimo. Forse, l’intera storia delle continue guerre settentrionali poggiava sul suono beffardo che i popoli di lingua sibish davano ad una parola come «Matrassyl». Peraltro, dietro la piccola smorfia delle labbra resa necessaria, si celava la forza spietata del clima di Helliconia, che scoraggiava la gente dall’aprire inutilmente la bocca per metà del Grande Anno."

E ancora:

"La preghiera ebbe inizio, recitata in denso sibish, con un abile uso del presente continuato, del condizionale eterno, del passato-nel-presente, del trasferenziale e di altri tempi complessi destinati a trasportare quel messaggio di ringraziamento fino all’Azoiaxic: forse la lunghezza della preghiera era calcolata in modo che fosse proporzionale alla distanza."

Per rendere l'idea della complessità grammaticale della lingua in questione, vengono usati artifizi poco gradevoli al lettore: 

"Dal momento che si trattava di un discorso, la donna utilizzò una sorta di sibish mandarino riservato ai preti-militanti.
   – Preti-Militanti, membri delle Commissioni Belliche, amici e nostro nuovo alleato – esordì, in tono imponente, agitando le corna bionde, – il tempo scarseggia sempre, quindi sono/sarò breve. Fra soli ottantatré anni, Freyr sarà/è al massimo della sua potenza, e di conseguenza il Continente Selvaggio e le sue barbare popolazioni sono/dovrebbero essere in una triste situazione, profetizzando l’imminenza della catastrofe. Esso sono/erano incapaci di affrontare il futuro come noi di Uskutoshk… giustamente, a mio parere… ci vantiamo di fare/facendo/continuando a fare.

Questo brano è invece dal terzo volume della trilogia, L'inverno di Helliconia:

Le discussioni nel corso delle riunioni sinodali si svolgevano in sibish altissimo, con clausole multiple, elaborate parentesi e spettacolari strutture verbali, ma in questa occasione l’argomento era di natura strettamente pratica e riguardava i rapporti fra i due grandi poteri di Sibornal, lo Stato e la Chiesa.
La Chiesa osservava con occhi allarmati, man mano che gli editti dell’Oligarchia diventavano sempre più severi, ed ora uno dei sacerdoti del Sinodo stava parlando all’assemblea proprio di questo.
– Il nuovo Decreto di limitazione del numero di persone per abitazione e simili regolamentazioni sono / continuano ad essere presentati dallo Stato come mosse per bloccare la pestilenza. Però stanno già causando altrettanto sconvolgimento quanto la peste può provocarne / ne provocherà / ne provoca. I poveri vengono sfrattati ed arrestati per vagabondaggio, oppure periscono a causa del freddo sempre più intenso.

Riporto un elenco di antroponimi di Sibornal.

1) Nomi propri di persona:

Besi (f.)
Devit (m.)

Dienu (f.)
Ebstok (m.)
Eedap Mun (m.)
Favin (m.)
Gagrim (m.)
Ghufla (f.)
Harbin (m.)
Insil (f.)*
Io (m.)
Kennigg (m.)

Lobanster (m.)
Lourna (f.)
Luterin (m.)
Odi (m.)
 
Odirin Nan (m.)
Rostadal (f.)

Umat (m.) 
Yaringa (f.)

*L'ipocoristico è Sil: Luterin Shokerandit chiama così Insil Esikananzi, da cui aveva invano cercato di ottenere una prestazione sessuale.

2) Cognomi:

Asperamanka
Besamitikahl
Chubsalid
Drikstalgil
Esikananzi
Evanporit
Fashnalgid
Gardeterark
Hernisarath
Jeseratabhar
Jheserabhay
Nainpundeg
Odim
Parlingelteg
Pasharatid
Rostadal
Shokerandit
Torkerkanzlag

Questo è un elenco di toponimi di Sibornal:

città:

Askitosh (Ashkitosh)**
Braijth
Ijivibir
Isturiacha
Juthir

Koriantura
Rattagon
Rungobandryaskosh
Utoshki
Vajabhar

**Ne La primavera di Helliconia si parla della fondazione della colonia sibornalana di Nuova Ashkitosh, mentre ne L'estate di Helliconia la forma usata è Askitosh.

province: 

Bribahr
Carcampan
Hazziz
Kharnabhar
Kuj-Juvec
Loraj
Sharagatt
Shivenink
***  
Uskutoshk 

***È anche un oronimo (vedi sotto).

altro:

Bambekk (un monastero)
Jerddal (fiume)

Rivenjk
(golfo)
Shiven (penisola)
Shivenink (monte)
Venj (fiume)

Glosse:

Azoiaxic "epiteto di Dio", prob. "Sommo"
eldawon "albero con tronchi sottili multipli"
savrila "pasticcino"
sherb "topo"
treebrie "carne di Nondad arrostita"
yadahl "bevanda alcolica di alghe"

La parola yadahl è passata in Olonets come yoodhl: i mutamenti fonetici dimostrano che l'età del prestito deve essere abbastanza antica. Appurato questo, comprendiamo che la vocale /a/ originaria si è oscurata dopo che il vocabolo è stato adottato dall'Olonets, con ogni probabilità in epoca anteriore a quella del Re Denniss. A parte lo strano epiteto di Dio, questa è anche l'unica delle glosse Sibish fornite da Aldiss ad avere una qualche rilevanza culturale. 

La parola sherb viene usata come termine ingiurioso usato sia dagli Uskut che dagli ominidi Ondod e compare soltanto ne L'inverno di Helliconia, così si può ipotizzare che appartenga alla lingua Sibish. Se fosse una parola degli Ondod, i fieri Uskut difficilmente l'avrebbero presa a prestito, dato il loro odio razziale nei confronti degli ominidi (definiti "protognostici" da Aldiss). Deduco che il significato originale di sherb sia proprio "topo" perché a poca distanza nel libro, in conversazioni tra Uskut si sentono le ingiurie "razza di sherb" e "razza di topo". Probabilmente il topo era ritenuto la quintessenza dell'idiozia e dell'ignoranza. Va detto che un termine gergale sherb è documentato in inglese, come mostrato dal dizionario dello slang urbano:


Sherb

1. something so unbelievably awesome that it can only be described by a nonsensical word.
2. something so downright sexy that reducing it to words by actually describing it would never be equivalent to its actual sexiness
"That's so totally sherb, bro."
"Did you see that guy we just passed?"
"Yeah, way sherb!"

Il vocabolo slang ha un connotato positivo, mentre la parola Sibish è chiaramente un'ingiuria.

Il termine savrila "pasticcino" è dedotto dalla forma attestata savrilas, che porta probabilmente il plurale inglese in -s. L'uso di Aldiss è quello di formare i plurali delle parole Sibish e Olonets come se fossero parole inglesi. Spesso i traduttori, a cui fa molto difetto il senno, riportano queste parole con la -s del plurale inglese come se facesse parte della radice. Così il testo originale ha pastry savrilas, tradotto una volta con "pasticcini di savrilas" e un'altra come "savrilas di pastella". Mi auguro che la persona responsabile di questo scempio possa essere presto inghiottita da una voragine o colpita da un micrometeorite mentre dorme. 

Elementi deducibili dall'analisi del materiale toponomastico e da altre attestazioni:

-osh "città", pl. -oshk  
uskut "uomo" (di Sibornal) 
ask- "terra, paese"
askit- / ashkit- "patria"
kharna- "ruota" 
-bhar / -bahr
"paese, distretto" 

La parola -osh (pl. -oshk) "città" corrisponde evidentemente all'Olonets volgare osh (Olonets puro os, ad esempio nel toponimo Osoilima), che ricorre nel toponimo Oysha come variante locale, a quanto ci dice lo studioso SartoriIrvrash ne L'estate di Helliconia. Esiste la possibilità che si tratti di un prestito culturale.

L'endoetnico Uskut "Sibornalano" e il suo aggettivo derivato Uskuti (usato anche come sostantivo) sono passati in Olonets come prestiti e sono ben attestati nelle opere helliconiane di Aldiss. Segue così all'istante che il toponimo Uskutoshk significa alla lettera "Le Città degli Uskuti", ossia "Le Città degli Uomini". Risulta evidente che, essendo Uskutoshk il nome della provincia ove si trovano due diverse città di Askitosh, il suffisso -k di -oshk abbia funzioni di plurale o di collettivo. Abbiamo chiara anche un'altra importante nozione: uskut- "uomo" (di Sibornal). Secondo una tradizione tipica di genti fiere, soltanto l'uomo della propria etnia è un essere umano in senso proprio, mentre gli uomini di altre etnie sono qualcosa di diverso, di inferiore. Vediamo un uso simile delle parole nella lingua Romaní, in cui rrom indica l'uomo gitano e gadjó indica l'uomo non gitano. Con ogni probabilità la radice uskut- è imparentata con la radice askit- / ashkit-, che possiamo trovare nel nome della città di Askitosh. Possiamo attribuire ad askit- / ashkit- il valore di "patria". La cosa è molto plausibile; ne potremmo dedurre che il Sibish conoscesse un fenomeno paragonabile all'apofonia (Ablaut). Andiamo anche oltre: il toponimo Rungobandryaskosh è interpretabile come "Città della Terra di Rungobandry", essendo ask- "terra, terra natia, paese", che è la base da cui sono stati formati askit- / ashkit- e uskut-. Proprio come in tedesco Heimat "Patria" è formato da Heim "casa, dimora".

L'elemento -bhar "paese, distretto" è contenuto chiaramente in Kharnabhar, nome di una regione glaciale e di uno stanziamento dove si trovava la Grande Ruota, un immenso monumento megalitico di somma importanza per la religione di tutte le genti di Sibornal. Kharnabhar ci appare subito come un composto: nessuno potrà mai farmi credere che sia una parola semplice e inanalizzabile come "sasso", "monte" o "albero". A riprova del fatto che l'analisi è corretta, troviamo questo stesso elemento -bhar nel cognome Jesaratabhar, chiaramente di origine locativa. Abbiamo poi una variante -bahr nel toponimo Bribahr. Data l'enorme rilevanza della Grande Ruota di Kharnabhar, non è poi così peregrino supporre che Kharna- significhi proprio "Ruota". Queste evidenze ci fanno pensare alla possibile presenza nel Sibish di consonanti aspirate simili a quelle del sanscrito: è innegabile la sonorità indianeggiante del toponimo Kharnabhar. Sembra tuttavia più probabile, data la scarsa frequenza di questi suoni nel materiale attestato, che si tratti di meri gruppi consonantici e non semplici fonemi: kh = k + h; bh = b + h. Un'altra prova è l'alternanza tra -bhar e -bahr

Il problema del sostrato

Gli Uskut chiamano spessissimo Campannlat "Continente Selvaggio". E se fosse una traduzione letterale? Certo, potrebbe alludere al fatto che quella terra era coperta in gran parte da foreste. Ne deduciamo che in Olonets la parola campann significa "foresta", mentre -lat significa "estensione". A sorpresa possiamo ritrovare la stessa radice nel nome della provincia sibornalana di Carcampan, analizzabile quindi come Car-campan. Le popolazioni di quelle terre, ritenute barbare dagli Uskut, forse parlavano una lingua diversa dal Sibish e più simile all'Olonets. Altri nomi di province, di città e di caratteristiche geografiche sono a dir poco strani, tanto da far sospettare l'esistenza di antiche lingue, in alcuni casi scomparse e assorbite dal Sibish, in altri casi conservate ancora in epoca storica. Così sembrano aver ben poco a che fare con la lingua di Uskutoshk nomi come Loraj, Kuj-Juvec e Hazziz.  

Un possibile prestito

Il termine Olonets keedrant "lunga veste" (da kee-, keev- "davanti", dran- "lungo") è usato più volte nel terzo volume nella sorprendente variante heedrant, come se l'occlusiva velare iniziale avesse subìto un'aspirazione. Non mi risultano altri casi simili, così ne deduco che la parola sia entrata in Sibish dall'Olonets come prestito, subendo il mutamento fonetico del tutto inatteso. Non mi risultano fenomeni di gorgia in Sibish, questo sarebbe al momento l'unico caso documentabile, a cui non sono in grado di dare una spiegazione attendibile. Notiamo però un possibile esempio di spirantizzazione: il cognome Jeseratabhar è formato con un elemento Jeserata-, che sembra ricorrere con una lieve variante anche nel cognome Jheserabhay. La lettera j- esprime senza dubbio un suono postalveolare, come quello dell'inglese jet e dell'italiano getto. Forse il digramma jh di Jheseratabhay indica una consonante simile ma aspirata, presente in sanscrito. Come interpretare questi dati? La parola keedrant è giunta a Sibornal tramite la mediazione di un dialetto dotato di gorgia? L'interferenza di un'etimologia popolare? Oppure è soltanto la labile memoria di Aldiss, che non si è ricordato bene una parola da lui stesso creata?

Abro Hakmo Astab!

Aldiss ci specifica con la massima chiarezza che questa maledizione è in una lingua antica che i parlanti del Sibish non comprendono, anche se il senso tradizionalmente tramandato è connesso con la contaminazione della luce dei due soli. Questo è quello che possiamo dedurre:

abro "luce solare"
hakmo "si contamini"
astab "diventi nera"

L'ultima parola può anche apparire come insulto indipendente, dal significato di "oscuramento" (id est morte). Questo è il rimprovero rivolto da Fashnalgid a Luterin Shokerandit: "Astab a te, razza di stupido arrogante. Perché non puoi neppure tentare di obbedire al sistema?"

Il punto è che non si tratta di radici Sibish. Probabilmente la formula blasfema appartiene alla lingua sacra degli Architetti, l'antico popolo che ha costruito la Ruota di Kharnabhar.

Il problema delle origini

Secondo la narrazione di Aldiss, sia l'Olonets che il Sibish dovrebbero derivare dall'evoluzione di una protolingua comune, a sua volta derivata dalla semplificazione fonetica della lingua dei Phagor. Tutto ciò appare assai poco plausibile. La narrazione dell'origine dell'umanità di Helliconia a partire da una specie di scimpanzé è talmente assurda e grottesca da meritare a stento una menzione: si tratta chiaramente di una favola inventata nella stazione spaziale terrestre Avernus, in orbita attorno al pianeta bisolare, tra i cui abitanti le epidemie di demenza non dovevano affatto essere una rarità. Per quanto riguarda la possibile derivazione del Sibish e dell'Olonets da un'antica protolingua comune, siamo in alto mare a causa delle immense lacune nel lessico conosciuto, specialmente della lingua degli Uskut. Potrei azzardarmi a supporre che l'Olonets mor "terra, paese" e il Sibish -bhar / -bahr "paese, distretto", abbiano un'origine comune. La protoforma attesa sarebbe *MBAHR-. A causa della natura altamente congetturale di questo materiale, specialmente di quello relativo al Sibish, direi che per ora è meglio non spingersi oltre.

Materiale lessicale infido

Tutto il materiale di Aldiss va attentamente filtrato, perché sono sempre possibili abbagli clamorosi. Ad esempio, a un certo punto ne L'estate di Helliconia leggiamo:

"Una volta che il complesso pasto fu terminato ed i liquori furono fatti circolare, ebbero inizio i discorsi.
Per primo, venne pronunciato un discorso di benvenuto da parte del
panjandrum locale, formulato in una terminologia quasi incomprensibile, poi Dienu Pasharatid si alzò in piedi.
Dopo un breve preliminare, e un fugace accenno al marito, la donna venne al punto, e disse di essersi sentita in dovere di fare ammenda per il modo in cui lui si era distaccato dalle procedure diplomatiche. Pertanto, aveva salvato il Cancelliere SartoriIrvrash dalla malinconica posizione in cui era venuto a trovarsi e lo aveva portato là."

Cosa significa panjandrum? La parola sarà Sibish? Sarà Olonets? Nessuna delle due: è semplicemente... inglese! Per colpa di un traduttore incompetente, la parola è rimasta inalterata nel testo in italiano, potendo così trarre in inganno i lettori. Pochissimi infatti conoscono termini così ricercati e stravaganti, che possono passare - anche per via della loro singolare fonotassi - per parole helliconiane. Aldiss faceva largo uso di forme simili e perdeva il suo tempo a baloccarsi con le più ingannevoli bizzarrie della lingua inglese, anziché pensare seriamente a scrivere dizionarietti di Sibish e di Olonets!

Così glossa la voce panjandrum il traduttore di Google:

panjandrum/panˈdʒandrəm/

noun
  
person who has or claims to have a great deal of authority or influence.
   "e greatest scientific panjandrum of the 19th century"

Questa è invece la spiegazione data da Etymonline:


panjandrum (n.)

mock name for a pompous personage, 1755, invented by Samuel Foote (1720-1777) in a long passage full of nonsense written to test the memory of actor Charles Macklin (1697-1797), who said he could repeat anything after hearing it once.

Peccato! 

L'ispirazione di Aldiss

Già abbiamo appurato che il nostro autore fabbricava parole a partire da lingue esistenti, di cui aveva qualche conoscenza erratica. A volte possiamo intuire anche la genesi di dettagli più complesse. Il nome di Luterin Shokerandit, protagonista del terzo romanzo helliconiano, è nato da una frase pronunciata sottovoce da qualcuno e udita per puro caso: Luther shoke (i.e. shook) her hand and hit it, ossia "Luther ha scosso la mano di lei e l'ha colpita". Con ogni probabilità si alludeva a un uomo chiamato Luther piuttosto che a Martin Lutero.

Purtroppo Aldiss non era un filologo e non mostrava uno speciale interesse per la linguistica, così non è mai riuscito a costruire interamente le lingue di Helliconia. Non ha prodotto qualcosa di paragonabile all'opera di Tolkien e ha fornito soltanto indicazioni scarse e contraddittorie sulla pronuncia delle proprie conlangs. Tutto quello che sappiamo lo abbiamo dovuto dedurre usando la logica a partire dai dati estratti. In sostanza, si tratta di una splendida occasione persa, come spesso accade. Qualcosa che avrebbe potuto arricchire immensamente il genere umano e che invece è rimasta in una specie di Limbo, destinata a sprofondare verso il Macigno Originale, tra i gossie e i fessup.