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lunedì 8 marzo 2021

 
THE COMPLETE ENOCHIAN DICTIONARY 
 
Titolo originale: The Complete Enochian Dictionary:
    A dictionary of the Angelic Language as Revealed to Dr.
    John Dee and Edward Kelley
Autore: Donald C. Laycock 
Prefazione: Stephen Skinner 
Introduzione: Lon Milo Duquette 
Anno I edizione: 1979
Anno II edizione: 2001  
Editore: 
    Ia ed.: Askin Publishers Ltd  
    IIa ed: Weiser
Lingua: Inglese 
Formato: 
   I ed.: copertina rigida 
   II ed.: copertina flessibile  
Numero pagine: ‎ 272 pagine
Codice ISBN-10: ‎ 
   I ed.: 0905919017 
   II ed.: 1578632544
Codice ISBN-13: ‎ 
   I ed.: 978-0905919010  
   II ed.: 978-1578632541  
Link: 
 
Contenuti: 

Foreword to the 2001
    by Lon Milo DuQuette ...... vii
Preface to the Revised Edition
    by Stephen Skinner ...... 1
Preface
    by Stephen Skinner ...... 7
Enochian
    Angelic language or mortal folly? ...... 19 
       The personalities: John Dee (1527-1608) 
       The personalities: Edward Kelley (1555-1595) 
       The first seances 
       The appearence of the Enochian alphabet  
       The first 'angelical' language 
       Further seances 
       The appearence of the true Enochian language 
       The nature of the Enochian language 
       The pronunciation of Enochian 
       Dee and Kelley - the last years 
       Judgement of the spirits 
       Is Enochian a cipher? 
       The later history of Enochian 
       Conclusion 
Scope and Plan of the Dictionary
...... 65
Part I: ANGELIC-ENGLISH
...... 69
PartII: ENGLISH-ANGELIC
...... 191
Appendix: The Enochian Calls ...... 247 
     The First Call (Ol sonf vors g ...
     The Second Call (Adgt upaah zong om ...
     The Third Call (Micma, goho Piad ...
     The Fourth Call (Othil lasde babage ...
     The Fifth Call (Sapah zimii d diu ...)
     The Sixth Call (Gah s diu em ...)
     The Seventh Call (Raas i salman paradiz ...
     Thee Eighth Call (Bazm, elo, i ta ...
     The Ninth Call (Micaolz bransg prgel ...)
     The Tenth Call (Coraxo chis cormp ...)
     The Eleventh Call (Oxiyal holdo od zirom ...)
     The Twelfth Call (Nomci ds sonf babage ...
     The Thirteenth Call (Napeai babagen ds brin ...)
     The Fourteenth Call (Noromi bagie, pasbs Oiad ...
     The Fifteenth Call (Ils tabaan l ialprt ...
     The Sixteenth Call (Ils viu ialprt salman balt...
     The Seventeenth Call (Ils d ialprt, soba upaah...)
     The Eighteenth Call (Ils micaolz olpirt ialprg ...
     The Call of the Thirty Aethyrs
Bibliography ..... 269
 
Sinossi (tradotta da Hoepli.it): 
"Nel 1581, il dottor John Dee, un consigliere alla corte della regina Elisabetta I, iniziò una serie di esperimenti volti a esplorare la capacità di contattare il mondo degli spiriti. Con Edward Kelley che fungeva da medium in questi esperimenti, Dee è stato in grado di registrare queste comunicazioni mentre venivano trasmesse in Enochiano, il linguaggio degli angeli. Donald Laycock ha analizzato a fondo il lavoro di Dee e Kelley. In questo volume racconta la storia dei loro esperimenti. Il resto del lavoro consiste in una guida alla pronuncia delle ventuno lettere, significative per districare sia il significato che la derivazione dei messaggi tramandati da Dee e Kelley, e un dizionario di base Enochiano-Inglese/Inglese-Enochiano. Il risultato è un'affascinante storia di mistero linguistico e magico, parte integrante di qualsiasi studio sulla tradizione enochiana. La lucida prefazione di Stephen Skinner definisce il tono e il contesto storico per i lettori di oggi."
 
Recensione:  
Non mi risulta che quest'opera meritoria e interessantissima sia mai stata tradotta in lingua italiana. Potrei anche decidere di occuparmene di persona, informandomi sulle questioni legali relative alle traduzioni e ai diritti d'autore. Nella sua prefazione, Skinner ci fa una lunga cronistoria, che fa dal Conte Dracula a Elizabeth Bathory, da Rabbi Loew col suo Golem plasmato nel Ghetto di Praga ai Rosacroce. Si accenna anche al Nuovo Mondo e alla riforma del Calendario Giuliano. Vengono citati esempi di un supposto "Enochiano primitivo", in contrasto a quello pienamente compiuto. Dee è considerato uno studioso che perpetuò la tradizione di Ermete Trismegisto e che tentò di cristianizzare la Cabala. Poco di tutto ciò è a mio avviso degno di essere considerato un gioiello. Sono molto più interessato agli aspetti meramente linguistici, come fonologia, vocabolario, grammatica e semantica, piuttosto che a quelli cabalistici. Trovo oziosi i giochetti criptici e numerici, che non hanno molta attinenza con l'oggetto della mia passione. 
 
La natura della lingua Enochiana 
 
Cos'è ora della fine l'Enochiano? La domanda di Laycock e dei suoi collaboratori è anche la mia. La si può riassumere in questo estratto del paragrafo "Angelic language or mortal folly?":  
 
"Le lingue vanno e vengono. Qualcosa come settemila lingue naturali sono attestate, in una forma o in un'altra, fin dall'inizio della storia registrata; almeno un migliaio di altre lingue sono state inventate dagli esseri umani, per scopi che vanno dalla magia alla comunicazione extraterrestre. Ma nessuna lingua ha una storia più strana di quella della lingua Enochiana documentata in questo dizionario. Forse la cosa più strana di tutte è che noi ancora non sappiamo se è una lingua naturale o se è una lingua inventata - oppure se è, forse, la lingua degli Angeli, come i suoi originatori credettero. In questa introduzione, i dati sono presentati perché il lettore prenda una decisione." 
 
Nel corso di anni di studio, mi sono convinto che l'Enochiano sia una lingua naturale, anche se con ogni probabilità non appartenente a questo piano di realtà, al pari delle lingue che hanno generato i nomi riportati negli scritti degli antichi Gnostici e le iscrizioni nella misteriosa lingua Sethiana, su cui ho avuto occasione di pubblicare un sintetico trattatello. Questo è il link: 
 
 
Quello che a noi può apparire stravagante, abnorme e artificioso, altrove deve essere quotidiano e del tutto naturale. Anzi, deve essere il modo più ovvio e lineare con cui gli intelletti vedono l'Universo. Già avanzavo simili argomentazioni in un mio contributo di qualche anno fa, intitolato Perché la lingua Enochiana è nostratica?, pubblicato su questo stesso portale:
 
 
Lo dico e lo ribadisco. Si tratta di una lingua naturale come quella in cui sto scrivendo, anche se non necessariamente la l'idioma degli Angeli. Si può concludere che non è una lingua di origine glossolalica, come qualcuno ha ipotizzato. Non credo nemmeno che sia stata fabbricata scientemente a partire da una glossolalia. Sono convinto che sia piuttosto una lingua parlata da esseri in carne ed ossa come noi. La mia decisione è stata presa, anche se non piacerà certamente al mondo accademico. Essendo una lingua naturale, l'Enochiano deve essere studiato utilizzando i metodi della Scienza della linguistica, non quelli della Cabala.   
 
L'annoso problema della grammatica dell'Enochiano 
 
Già ho esposto per sommi capi alcune considerazioni sulla natura grammaticale della lingua Enochiana in un mio contributo, notandone la natura profondamente idiosincrasica: 
 

Non è una questione di poco conto ed è ben lungi dall'essere risolta. Discuto alcuni esempi riportati dall'autore.
 
Abbiamo CAOSG "terra" (inglese "earth") con la variante CAOSGA. Nel caso accusativo abbiamo invece CAOSGI. Altre forme che sembrano essere declinate sono CAOSGIN "rispetto alla terra" (inglese "than the earth"), CAOSGO "della terra" (inglese "of the earth"), CAOSGON "alla terra" (inglese "to the earth"). Laycock si chiede se queste siano vere manifestazioni di un paradigma o piuttosto varianti casuali. La sua è una domanda retorica: giunge subito alla conclusione che la seconda ipotesi sia quella giusta. Non sono d'accordo con lui e sono convinto che siamo in presenza di forme sclerotizzate di paradigmi perduti. Sarebbe interessante analizzare in dettaglio i testi per vedere se l'occorrenza di suffissi è realmente casuale o se segue qualche schema. Non mi risulta che finora questo lavoro sia stato fatto. Non posso tuttavia fare a meno di notare un dettaglio di natura fonologica. Nella parola CAOSG la consonante finale è un'affricata postalveolare (come nell'italiano getto, giro, o come nell'inglese general). Lo stesso suono, che noi chiameremmo palatale, si ha in GAOSGI e in  GAOSGIN. Tuttavia c'è il suono occlusivo velare (come nell'italiano gatto, gusto, o nell'inglese God) quando la vocale del suffisso non è anteriore: CAOSGA, CAOSGO, CAOSGON. Laycok fornisce in modo chiaro la pronuncia di queste forme trascrivendole per come gli è possibile, attribuendo però il suono occlusivo velare anche a CAOSG
 
ka-ozg 
ka-oz-ga
ka-oz-ji 
ka-oz-jin
ka-oz-go
ka-oz-gon
 
ka-ozg deve essere un refuso per ka-ozj, visto che nelle istruzioni per la pronuncia l'autore raccomanda correttamente la pronuncia affricata della consonante -G finale di parola: "as j before i, e, in final position, after d, and in clusters of consonants". Pure la parola ABRAMG "preparare" è trascritta foneticamente come a-bramg anziché come a-bramj. Come spiegarci queste variazioni fonetiche nelle forme flesse di CAOSG? Credo che ci sia una sola risposta possibile. Deve essere esistita una radice originale con la consonante finale occlusiva velare, che si è palatalizzata in alcuni casi ma non in altri, seguendo regole precise, che poi sono diventate incomprensibili. 
 
La teoria verbale non è meno controversa e difficile. Così si esprime l'autore: 

"È difficile essere dogmatici sulla grammatica enochiana. I verbi mostrano forme singolare e plurale e presente, futuro e passato, e hanno anche alcune forme participiali e congiuntive; ma lo facciamo non avere una declinazione completa di alcun verbo." 

Il verbo "essere" ha una coniugazione capricciosa che utilizza diverse radici, anche più irregolare di quanto sia la norma nelle lingue indoeuropee.
 
1) radice ZIR-
ZIR "io sono" 
ZIRDO "io sono" 
ZIROP "egli era, egli fu"
ZIROM "essi erano, essi furono" 

2) radice GEH-
GEH "tu sei" 
 
3) radice I-
I "egli è" 
 
4) radice CHIIS-
CHIIS, CHIS, CHISO "essi sono" 
 
5) radice AS-
AS "egli era, egli fu" (sinonimo di ZIROP)
 
6) radice NOA(N)-
NOAN "essere; divenire"  
(varianti: NOAS, NOASMI, NOAR, NOALN
A complicare le cose, quando il senso del verbo è "divenire" anziché "essere", non si hanno forme suppletive e si usa soltanto la radice NOA(N)-.
 
Per questo verbo ci sono poi numerose altre radici per il futuro, il condizonale, l'imperativo e via discorrendo. 
 
Persino le forme negative non sono scontate. Se è riconoscibile la natura negativa del prefisso IP- "non", la radice verbale cambia e si trova AM-

IPAM "non è"
IPAMIS "non può essere" 
 
Lo stesso prefisso negativo IP- lo troviamo in IPURAN "non vede", da URAN "vedere". Non sono sicuro che si possa estendere una simile formazione ad ogni verbo. Sembra un relitto di uso limitato e sclerotizzato, non più vitale.
 
Per contro, il verbo "dire" mostra una radice, GOH-, seguita da suffissi. Ecco un abbozzo di coniugazione:
 
GOHUS "io dico"
GOHE "egli dice" 
GOHO "egli dice" 
GOHIA "noi diciamo" 
GOHOL "dicendo" 
GOHON "essi hanno detto" 
GOHULIM "è detto a te"   
 
In buona sostanza, non sembra possibile estrapolare desinenze valide per tutti i verbi. Non risulta un suffisso universale -US per la prima persona singolare del presente indicativo, oppure -IA per la prima persona plurale, -E o -O per la terza persona singolare, -OL per il gerundio e via discorrendo. In genere i verbi non si coniugano e la loro radice serve anche come nome verbale. Ogni eccezione è come se fosse un caso a sé, con suffissi unici o uso di radici suppletive. Serviranno studi approfonditi per capire meglio come stanno le cose, in ogni caso sono fiducioso. 
 
L'enigmatico sistema numerale 
 
Un aspetto completamente inesplicabile della grammatica è il sistema numerale. Non è fondato come il nostro sul concetto di unità, decine, centinaia e migliaia. Questi sono i numeri da 1 a 10, più lo zero, che però non ha alcuna funzione logica nella numerazione, nulla di paragonabile a quanto accade con le cifre arabe: credo che sia solo unantica parola che significa "nulla" 

0 - T
I - L, EL, L-O, ELO, LA, LI, LIL
2 - Y, VI-I-V, VI-VI
3 - D, R
4 - S, ES
5 - O
6 - N, NORZ
7 - Q
8 - P
9 - M, EM
10 -
 
Andando avanti, il mistero si infittisce: 
 
12 - OS
19 - AF
22 - OP
24 - OL
26 - OX
28 - OB, NI
31 - GA
33 - PD
42 - VK
456 - CLA
1000 - MATB
1636 - QLIAR
3663 - MIAN
5678 - DAOX
6332 - ERAN
6739 - DARG
7336 - TAXS
7699 - ACAM
8763 - EMOD
9639 - MAPM
9996 - CIAL
69636 - PEOAL 
 
Domanda: come si dice 11? Potremmo andare avanti all'infinito: come si dice 25? come si dice 1020? Ignoramus. Spero che non si debba arrivare a definire la questione con le parole ignoramus et ignorabimus.  
 
Desiderata 
 
Credo che sia di somma importanza preparare una grammatica completa dell'Enochiano. Questa impresa non mi risulta sia mai stata fatta fino ad ora. Tocca a me farmene carico. Se gli strali della Sorte non mi colpiranno nel mentre, il mio compito sarà completato. 

Le conclusioni dell'Autore 

Lo scetticismo pragmatico è alla base del giudizio espresso verso la fine di questo volume, pur con qualche apertura alla possibile esistenza di una dimensione trascendente come sorgente ultima del linguaggio degli Angeli. Queste sono le sue parole: 
 
"Credo che nessuno possa permettersi di essere dogmatici in questo campo. Come studioso, sono per temperamento incline al dubbio ovunque sia possibile il dubbio; ma io ho conosciuto bene persone che hanno proseguito lo studio dell'Enochiano dal punto di vista dell'occultismo pratico, e che affermano che, qualunque sia l'origine del sistema, funziona come magia pratica. E non ho motivi particolari per non crederci."
 
L'idea piuttosto ambigua che si è fatto Laycock sull'Enochiano è quella di un'origine ibrida della sua natura, considerata il prodotto di una serie di reali esperienze di trance vissute da John Dee e delle loro successive rielaborazioni, che in alcuni casi si sarebbero spinte fino all'invenzione. In altre parole ci sarebbe un nucleo di rivelazioni genuine alla base delle visioni dell'esoterista inglese, su cui però avrebbero agito manipolazioni più o meno consapevoli. È come se Laycock non volesse scontentare nessuno spingendosi troppo oltre. In particolare, temeva il giudizio del mondo esoterico, a cui si sarebbe esposto se non avesse riconosciuto l'autenticità della complessa opera di Dee.  

Per quanto riguarda le interessanti considerazioni di Laycock sulla magia pratica, posso confermare che l'Enochiano funziona, anche se mi limito a usare questa lingua in imprecazioni, bestemmie e maledizioni. Faccio un esempio. Mentre attraversavo i giardinetti, una laida carampana non ha trattenuto il suo grosso cane e mi derideva perché ne avevo paura. L'ho maledetta, augurandole di essere annientata dal Dragone-Morte. Dopo un paio di mesi ho visto il suo annuncio funebre. Lo strale che le ho lanciato è andato a segno e non me ne pento assolutamente. 

L'obbrobrio delle pronunce alterate 

Non soltanto la pronuncia adottata da Aleister Crowley è assurda e da rigettare, ma ne esistono anche di peggiori. Sul massone e antiquario Wynn Westcott, uno dei fondatori della Golden Dawn, deve essere scagliato un tremendo anatema, visto che ha osato deturpare la lingua Enochiana pronunciando ogni lettera di ogni parola in modo separato, col suo nome inglese (!), creando concatenazioni sconce, ridicole e del tutto prive di senso! Il principale motivo delle pronunce cabalistiche fondate sulle lettere anziché sui suoni è la codardia: chi le propugna ha terrore delle Entità e crede così di usare eufemismi per non scatenare la loro furia distruttiva. Questa è la verità! 
 
Westcott, che ormai è defunto da tempo, sosteneva quanto segue:
"In pronouncing the Names, take each letter separately"
,
"NRFM is pronounced En-Ra-Ef-Em or En-Ar-Ef-Em"
.
Che i sostenitori di queste scempiaggini provino invece a pronunciare /'nṛfṃ/ o /'nərfəm/, se ne hanno il coraggio! 
 
Chiunque dovrebbe essere in grado di comprendere che Westcott ha introdotto un'assurdità, dal momento che i nomi inglesi delle lettere nulla possono avere a che fare con la pronuncia di una lingua che può essere compresa dai Demoni! Già questo potrebbe gettare sulla setta chiamata Golden Dawn un immenso discredito. Esiste però anche un'altra spiegazione possibile. La conoscenza completa dell'Enochiano sarebbe tenuta nascosta, così come la sua pronuncia corretta, per timore che possano giungere danni qualora venisse diffusa tra profani; pronunce fuorvianti sarebbero state quindi fabbricate e propalate a bella posta per confondere le acque, finendo con l'essere raccolte da utenti inconsapevoli e da conventicole in cui domina l'Ignoranza. La trovo una strategia inutile e nociva.
 
Le fonti 
 
Queste sono le fonti considerate da Laycock per il vocabolario: 
 
1) Parole usate da Dee (nei manoscritti originali e nella versione stampata di Casaubon). 
Sono state incluse le parole per cui è possibile attribuire un significato almeno approssimativo, oltre ad alcune di cui si specifica che è ignota la traduzione.
 
2) GD
The Golden Dawn.
I testi delle Invocazioni, con alcune varianti usate nei rituali e qualche nome santo e "angelico".    
 
4) AC:C
La versione di Aleister Crowley delle Invocazioni, con alcuni dati magici aggiuntivi pubblicati in The Equinox (Vol. I, Nos. 7 & 8). 

5) AC:VV 
Parole Enochiane (alcune delle quali non sono dall'opera di Dee), usate da Aleister Crowley nelle sue invocazioni alle Etire in The Vision and the Voice. 
(Nota: in questo libro Crowley usa altre lingue magiche senza connessioni con l'Enochiano. Queste non sono state incluse). 
 
6) AC:G
Varianti di parole enochiane nelle invocazioni goetiche pubblicate da Aleister Crowley come supplemento alla traduzione della Goetia, di MacGregor Mather. 
(Nota: solo raramente queste parole non sono identificabili con parole dell'Enochiano di Dee, ma ci sono molti errori di stampa e di traduzione).  
 
L'autore ha esaminato anche la Bibbia Satanica (Satanic Bible) di Anton Szandor LaVey, constatando che le formule in Enochiano incluse seguono la versione di Aleister Crowley delle Invocazioni (AC:C). A parte due errori di stampa, non si segnalano differenze. Così l'opera di LaVey non è stata considerata come una fonte a sé stante.  

sabato 24 ottobre 2020

HOWARD PHILLIPS LOVECRAFT AMERICANISTA: L'INVASIONE DEGLI INUTO

La Stella Polare (Polaris) è un breve racconto fantasy di H. P. Lovecraft, scritto nel 1918 e pubblicato per la prima volta nel dicembre del 1920 sulla rivista amatoriale The Philosopher (da non confondersi con l'omonima rivista accademica fondata nel 1923). Quando lo lessi, molti anni fa, ne fui molto colpito. Narra di un uomo ossessionato dalla Stella Polare, convinto di essere vissuto in un'epoca remotissima, nella terra che oggi conosciamo come Groenlandia e che lui chiamava Lomar. Il suo nome non viene mai rivelato nel corso della narrazione. Egli è convinto di essere stato un guardiano incaricato di sorvegliare la capitale del Regno, Olathoë, che sorgeva nel mezzo della piana di Sarkis, tra i monti Noton e Kadiphonek. La città era assediata da orde di genti bellicosissime e barbare, gli Inuto (nell'originale Inutos, col tipico plurale sigmatico anglosassone), descritti come "tarchiati e gialli".
 
Un'interessante incoerenza narrativa 
 
A un certo punto il narratore ascolta nella sua mente una poesia, che sembra essere pronunciata dalla Stella Polare, avvertita come una presenza ostile e maligna. Questo è il testo: 
 
"Slumber, watcher, till the spheres,
Six and twenty thousand years
Have revolv'd, and I return
To the spot where now I burn.
Other stars anon shall rise
To the axis of the skies;
Stars that soothe and stars that bless
With a sweet forgetfulness:
Only when my round is o'er
Shall the past disturb thy door."
   
 
Questa è la traduzione libera di Giuseppe Lippi (RIP):  
 
"Dormi, guardiano, dormi in fila
Per lunghi anni Ventiseimila,
Svegliati solo nel momento
Che brillerò nel firmamento
Proprio dove brillo adesso.
Tu nel ciel vedrai spuntare
Molte stelle da guardare;
E la calma ti daranno,
Dimenticare ti faranno:
Ma quando tornerò nella vecchia posizione
Il passato ti darà una bella lezione." 
 
Non so se sono soltanto io a trovare strano questo canto. La bizzarria non sta nei suoi contenuti: sta nel fatto che è in inglese e che presenta ingegnose rime. Il compianto Giuseppe Lippi ha fatto del suo meglio per rendere la sua struttura poetica, concependo rime idonee in italiano. Direi che il risultato è ottimo, anche se in alcuni punti si ravvisa una certa distanza dal significato dell'originale. La domanda è questa: nella testa del protagonista non avrebbe dovuto pulsare un componimento nella lingua di Lomar? I versi avrebbero presentato rime simili a quelle riportate nel racconto? Quali rime? Dovremmo pensare che il cervello di quell'uomo avesse trasposto i contenuti in inglese adattandoli alle circostanze? Oppure, semplicemente, l'Autore non ci ha pensato e ha dato per scontato che a Lomar si parlasse inglese? Non voglio credere a quest'ultima alternativa, che mi pare oltremodo ingenua e grottesca. 
 
L'ignota lingua di Lomar 
 
Certo è un vero peccato che l'ignota lingua di Lomar non sia stata documentata. Ci saremmo almeno aspettati di veder menzionati i nomi lomariani degli astri funesti, la Stella Polare e Aldebaran. Non sono in grado di ricavare elementi utili dal materiale citato, che consiste in alcuni toponimi (Lomar, l'altopiano di Sarkis, il monte Noton, il monte Kadiphonek, la torre di Thapnen, la valle di Banof, le città Daikos e Zobna), in un antroponimo (Alos) e in poco altro: oltre agli Inuto è menzionato un etnonimo (Gnophkeh), ma questi saranno endoetnici presi a prestito, non esoetnici imposti dai Lomariani; ci sono poi i Manoscritti Pnakotici (in inglese Pnakotic Manuscripts), che compaiono anche in altre opere lovecraftiane e che hanno tratto il loro nome dalla perduta città di Pnakotus, edificata dalla Grande Razza di Yith.
 
Gli Inuto, gli Inuit e la Terra del Sogno    

Ora leggete attentamente queste parole, che concludono il racconto: 

"I have failed in my duty and betrayed the marble city of Olathoë; I have proven false to Alos, my friend and commander. But still these shadows of my dream deride me. They say there is no land of Lomar, save in my nocturnal imaginings; that in those realms where the Pole Star shines high and red Aldebaran crawls low around the horizon, there has been naught save ice and snow for thousands of years, and never a man save squat yellow creatures, blighted by the cold, whom they call “Esquimaux”.
And as I writhe in my guilty agony, frantic to save the city whose peril every moment grows, and vainly striving to shake off this unnatural dream of a house of stone and brick south of a sinister swamp and a cemetery on a low hillock; the Pole Star, even and monstrous, leers down from the black vault, winking hideously like an insane watching eye which strives to convey some strange message, yet recalls nothing save that it once had a message to convey." 

Traduzione:
 
"Ho fallito nel mio compito, ho tradito la marmorea città di Olathoë; mi sono mostrato indegno di Alos, mio amico e comandante, e ancora le ombre del sogno mi deridono. Dicono che la terra di Lomar esiste solo nelle mie fantasie notturne, che nelle regioni dove la Stella Polare brilla alta nel cielo e Aldebaran striscia lungo l'orizzonte non c'è altro che neve e ghiaccio da migliaia d'anni e che l'uomo non ci si è mai avventurato, a parte una razza di individui gialli e tarchiati che qui chiamano "esquimesi".
E io mi tormento nel rimorso, desiderando ardentemente di poter salvare la città: ma ad ogni momento il pericolo cresce e io lotto invano per scuotermi di dosso il sogno innaturale di questa casa di pietra e mattoni, a sud della palude e del cimitero che sorge sulla collina. E la Stella Polare, malvagia e mostruosa, mi deride dalla volta nera, ammiccando orribilmente come un occhio folle che guarda, guarda in continuazione e cerca di trasmettere un messaggio misterioso; ma non ricorda quale, se non che una volta ce n'era uno."  

Stupisce molto che Lovecraft abbia usato l'etnonimo Inuto, in cui si riconosce all'istante un'alterazione di Inuit, ben noto endoetnico delle genti note come Eschimesi (variante obsoleta Esquimesi). Proprio il finale del racconto, sopra riportato, prova al di là di ogni dubbio che questa scelta dell'Autore non è stata casuale. Quanti se ne sono accorti tra i suoi esegeti? Possiamo dire a questo punto che gli Inuto sono i corrispondenti Eschimesi delle Terre dei Sogni (Dreamlands), anzi, uno dei pochi punti di contatto tra queste due realtà parallele. Il nome Dreamlands è dato a una vasta dimensione parallela a cui è possibile avere accesso unicamente tramite l'attività onirica. Proprio in tale mondo si trovano il Paese di Ulthar, ove non si possono uccidere i gatti, l'Altopiano di Leng, l'Isola di Oriab, le Rovine di Sarnath, la Terra di Mnar e innumerevoli altri luoghi incantati. La gelida Lomar appartiene alla stessa geografia del Sogno. Si potrebbe quindi pensare che sia vana la sua identificazione con la Groenlandia, con cui pure presenta molte analogie. Eppure è evidente che il Solitario di Providence ha tratto in qualche modo ispirazione dalla nostra realtà, da quanto poteva immaginare sulle origini degli Eschimesi e della calotta glaciale artica.     
 
Terre del sogno e realtà  
 
Facciamo ora un rapido confronto tra gli eventi ricostruibili e quelli esposti nel racconto. Secondo quanto Lovecraft ha narrato in Polaris, le cose erano tutto sommato abbastanza semplici, se così possiamo dire. Fino a ventiseimila anni prima del suo tempo, la Groenlandia era libera dai ghiacci e abitata da genti di aspetto europeo. Quindi sarebbero giunti dall'Asia gli Inuto a portare devastazione. Distrutta la civiltà di Lomar, sarebbe poi giunta la glaciazione e gli Inuto, adattati al nuovo clima, avrebbero infine dato come discendenti gli attuali Inuit. In realtà gli Inuit sono una presenza molto più recente nell'Artico: sono giunti alcuni secoli dopo la fondazione delle colonie norvegesi in Groenlandia, come spiegato con maggior dettaglio nel seguito. Anche per quanto riguarda la climatologia e la geologia, non c'è rispondenza alcuna tra quanto raccontato in Polaris e gli eventi del nostro pianeta. L'ultima glaciazione, quella di Würm, fu la quarta del Pleistocene: iniziò circa 110.000 anni fa e si concluse circa 12.000 anni fa. La sua massima estensione fu raggiunta circa 18.000-18.000 anni fa in Europa e circa 22.000-18.000 anni fa in Siberia. La calotta di ghiaccio (Islandsis) che ricopre la Groenlandia si formò molto prima, nel tardo Pliocene, circa 3 milioni di anni fa. Le prove delle glaciazioni quaternarie furono scoperte nel corso del XVIII e del XIX secolo, come parte della Rivoluzione Scientifica. Notiamo che la cronologia non torna affatto con quella descritta dal Solitario di Providence. Eppure c'è un dettaglio inquietante quanto innegabile: il cielo del nostro mondo è lo stesso di quello delle Terre del Sogno, con le medesime stelle che vi brillano!  
 
L'origine degli Inuit  
 
Gli attuali Eschimesi includono gli Inuit (Canada, Groenlandia) e gli Yupik (Alaska). Sono anche chiamati Neo-Eschimesi e discendono dalla Cultura di Thule, che è giunta in Groenlandia nel XIII secolo d.C. I loro antenati provenivano dalla regione di Birnirk, in Alaska settentrionale, come suggerito dai reperti archeologici e dall'analisi del genoma (presenza dell'aplogruppo A). Prima della migrazione delle genti della Cultura di Thule, le regioni del Canada settentrionale e della Groenlandia erano occupate da altri popoli, conosciuti come Paleo-Eschimesi. Appartenevano ai Paleo-Eschimesi le culture conosciute come Saqqaq (2500 a.C. - 800 a.C.), Indipendence I (2400 a.C. - 1000 a.C.), Indipendence II (700 a.C. - 80 a.C.) e infine Dorset (500 a.C. - al più tardi 1500 d.C.). Il nome dato a queste culture è tratto dai luoghi delle scoperte archeologiche: le loro lingue sono perdute. L'aplogruppo D è dominante, in netto contrasto con gli antenati degli Inuit. L'origine ultima dei Paleo-Eschimesi, come quella dei Neo-Eschimesi, è la Siberia, da cui sono partite ondate migratorie separate.  

Etimologia di Inuit
 
In proto-eschimese la parola *ińuɣ significa "persona". Ne derivano le seguenti protoforme: proto-Inuit: *inuɣ "persona" e proto-Yupik *yuɣ "persona". 
 
Questa è la declinazione di inuk "persona" in groenlandese: 
 
Singolare:
 
Assolutivo: inuk 
Ergativo: inuup
Allativo: inummut
Ablativo: inummit
Prosecutivo: inukkut
Locativo: inummi
Strumentale: inummik
Equativo: inuttut  
 
Plurale: 
 
Assolutivo: inuit  
Ergativo: inuit 
Allativo: inunnut
Ablativo: inunniit
Prosecutivo: inutsigut
Locativo: inunni
Strumentale: inunnik
Equativo: inuttut  

La forma lovecraftiana Inuto sembra quasi l'equativo di inuit, ossia inuttut "come una persona; come le persone". Non credo tuttavia plausibile che Lovecraft avesse simili conoscenze. Avrà derivato l'etnonimo Inuto a partire dalla forma assolutiva plurale inuit, che certamente doveva essere ben nota agli etnologi. Non dobbiamo dimenticarci che Lovecraft non era Tolkien e non dava grande importanza al rigore filologico.   
 
Lingue Inuit e algonchine: possibili contatti  
 
Le lingue eschimesi sono considerate parte della macrofamiglia nostratica. Eppure i contatti e gli scambi con altri ceppi linguistici del Nordamerica sono senza dubbio stati assai intensi. Nella lingua Innu-aimun parlata dalla popolazione algonchina conosciuta come Montagnais, autoctona della penisola del Labrador, la parola innu significa "persona, essere umano". Potrebbe trattarsi di un prestito da un sostrato o da un adstrato eschimese, dal momento che la lingua dei Montagnais appartiene al gruppo delle lingue Cree e non ha parentela con le lingue degli Inuit. Dal confronto con le altre lingue algonchine emerge che la parola innu è derivata da una protoforma *elenyiwa. A prima vista sembrerebbe difficilmente compatibile con la protoforma eschimese *ińuɣ, ma le difficoltà non sono insormontabili. Se diamo un'occhiata a qualche esito storico, notiamo che potrebbe comunque essere esistita una protoforma comune. 
 
Esiti di *elenyiwa si trovano in tutte le lingue algonchine. Questi sono alcuni esempi: 
 
Cree: iyiniw "uomo"
Fox: ineniwa "uomo"
Menominee: enɛᐧniw "uomo"
Ojibwe: aniniw "uomo"  
Abenaki: alnôba "essere umano"
Massachusett: ninnu "uomo"
Mohegan-Pequot: in "uomo" 
etc.
 
All'interno delle lingue Cree, abbiamo questi dati:  

    Plains Cree: iyiniw
    Woods Cree: iθiniw
    Swampy Cree: ininiw
    Moose Cree: ililiw
    Atikamekw: iriniw
 Cree Occidentale:
    Nord Est Cree: īyiyiw 
    Sud Est Cree: īyiyū 
Montagnais: īlnu (Ovest), innu (Est)
Naskapi: iiyuw, iyyū
 
E se questa radice proto-algonchina fosse un prestito remoto da una lingua artica anteriore da genti anteriori agli Inuit? Potrebbe questa radice essere un antico termine importato dalla Siberia da epoca immemorabile ed evolutosi in seguito in modi indipendenti nelle lingue di popoli diversi, anche non imparentati tra loro? La butto lì.  
 
Thule, Dorset ed Amerindiani 
 
Non ci sono somiglianze genetiche tra Eschimesi e Paleo-Eschimesi. Questo ci dice l'analisi delle sequenze dei resti rinvenuti. Gli accademici non riescono a capire come gli Eschimesi possano aver adottato alcune tecnologie della Cultura di Dorset senza contatti genetici. Ad esempio, risulta che la Cultura di Thule abbia preso da quella di Dorset un particolare tipo di arpione e la tecnica di caccia alle foche tramite un buco nel ghiaccio - anche se non sembra che le genti di Dorset avessero cani per aiutare i cacciatori. Le leggende degli Inuit parlano di una stirpe di giganti che avrebbero abitato in tempi antichi le terre artiche. Sono chiamati Tuniit (al singolare Tuniq) o Sivullirmiut (ossia "Primi Abitanti"). Secondo questa tradizione, questi Tuniit sarebbero stati molto timidi, cosicché gli antenati degli Inuit li avrebbero messi facilmente in fuga. Ma in fuga dove? Questi confusi racconti potrebbero essere nati dal tentativo di nascondere un'orrenda colpa ancestrale, quella del genocidio. Proprio il vocabolo Tuniit potrebbe essere un prestito dalla lingua dei Dorset, il suo ultimo resto e il suo solo documento vivente. Potrebbe essere la prova di qualche contatto intercorso tra le due culture, prima che esplodessero le ostilità con conseguente sterminio degli abitanti più antichi. Se così fosse, prenderebbe sostanza la tesi di coloro che considerano i Paleo-Eschimesi all'origine della diffusione delle lingue Na-Dené in Nordamerica. Tra le lingue di questo ceppo menzioniamo quella dei Navajo e quella degli Apache, popolazioni ben note e gloriose. Il vocabolo dené si trova nelle lingue del ceppo Athabaskan e significa "gente, popolo". Non sembra troppo difficile affermare che la radice *tuni- significasse proprio questo nella lingua della Cultura di Dorset e che avesse la stessa origine. Trovo assurda l'idea di quegli accademici che credono alla scomparsa della Cultura di Dorset prima dell'arrivo di quella di Thule, postulando il saccheggio dei villaggi ormai deserti come fonte di approvvigionamento di manufatti e tecnologie. Proprio la persistenza dell'etnonimo Tuniit confuta questa tesi.  
 
Un esperimento stravagante 
 
D'accordo. Non ho certo l'ardire di ritenermi anche lontanamente pari a Tolkien. Vorrei però tentare un esperimento filologico, a mio avviso di enorme interesse. Pongo i primi rudimenti di una grammatica della lingua degli Inuto che hanno invaso Lomar, portandovi devastazione e morte. Ecco la declinazione di inug "persona, essere umano":
 
Singolare:
 
Assolutivo: inug
Ergativo: inoof
Relativo: inoom
Allativo: inumboth
Ablativo: inumbith
Prosecutivo: inuthkoth
Locativo: inumbë
Strumentale: inumbikh
Equativo: inuhtoth 
 
Plurale: 
 
Assolutivo: inuto
Ergativo: inutof 
Relativo: inutom
Allativo: inumnoth
Ablativo: inumneyth
Prosecutivo: inuthsigoth
Locativo: inumnë 
Strumentale: inumnikh
Equativo: inuhtoth  

A differenza della lingua di Lomar, quella degli Inuto è già fin d'ora ricostruibile.

Un'importante missione 

Anche se non ci riuscirò nel breve termine, vorrei riuscire a produrre un vero e proprio atlante linguistico delle Terre del Sogno! Se tutto andrà per il verso giusto, potrò presentare la mia opera nel giro di qualche anno, rivelando i misteri di Lomar, di Ulthar, del Paese di Mnar e di innumerevoli altri luoghi incantati!   

sabato 6 giugno 2020

UNA GLOSSOLALIA DI POSSIBILE ORIGINE IPERMNESTICA

Presento per il vostro piacere filosofico una lingua che ho assemblato con grande facilità, mentre ero in stato di veglia e perfettamente lucido. Risale al 2013 e non ricordo alcun dettaglio del contesto in cui ho annotato il materiale. Sono riuscito soltanto a trascrivere le parole isolate, senza tuttavia avere la capacità di formulare frasi e di capire appieno la struttura grammaticale. Mi sono chiari soltanto pochi suffissi della declinazione, oltre la formazione di verbi in -a a partire dai sostantivi. Le forme plurali dei sostantivi sono spesso irregolari e difficilmente prevedibili. Ne ho trascritti in gran numero. Talvolta si trovano forme duali distinte da quelle plurali ordinarie. Noto alcune peculiarità fonotattiche. Nessuna parola di questo idioma inizia per vocale, se ne trovano però molte che iniziano con un'aspirazione h-. Il suono aspirato trascritto con -kh- si trova molto spesso all'interno o alla fine delle parole, ma non in posizione iniziale. 
 
Elementi grammaticali: 
 
-ma, suffisso dell'accusativo
-di, suffisso del locativo 
 
Pronomi personali:  
 
hoy, da me; mio 
gu, noi 

Lessico:

bada, molti; moltitudine 
baga, apparire 
baha, splendere
bakhgu, braccio 
bakhi, abbondanza 
bakhlo, ferita 
    bakhlot, ferite (pl.)   
bal, nero; scuro; torbido; cieco
   balal, neri; scuri; torbidi
   balkho, ciechi  
balna, immergere 
bara, dare 
belkògu, ventre; cintola 
bela, arroventare, far ardere 
belo, essere rovente, ardere
benkhi, testa 
bepto, labbra 
bilo, rovente, ardente 
bohènya, ossa 
bokhka, ardere 
bokhro, polvere, sozzura 
bolkho, foglie, verdure 
bolo, piccione 
     bolond, piccioni (pl.) 
bong, seno di donna 
     bonget, seni di donna (du.) 
     bonge, seni di donna (pl.)
bor, montagna
budukha, essere attento, essere vigile 
bunga, gonfio, turgido 
buro, tempesta 
dal, dolce 
dalkau, onda 
dalkha, leccare 
dam, fumo  
damda, coprire 
daura, stare  
dayra, irrigidirsi
dika, capra
dila, sole 
dima, respirare  
dimòngae, spazzatura; feci animali 
dost, luna; mese 
    dosto, mesi 
doya, luogo
dukhlo, polvere 
dukhmo, tenebra 
duli, fuoco 
dumkhu, quercia 
dure, interiora 
dzamb, coda 
dzemùkae, fumo; fuliggine  
dzèroe, spalla 
dzerul, flusso, corrente rapida 
dzoàwa, brutto 
dzomokh, cera d'api
dzort, vulva, figa 
    dzorto, vulve, fighe (pl.)  
dzuhud, dolce (agg.) 
dzukhlo, fiamma
gab, testa
   gabal, teste (pl.)
gada, lato
gahan, sonno 
gakta, due; coppia 
gakhba, raccogliere; afferrare 
gakhna
, dormire
gal
, grano 
    galil, cereali (pl./coll.)   
gam, bocca 
    gamdi, in bocca (loc.)
    gamam, bocche (pl.)
    gamamdi, nelle bocche (loc. pl.)
gandu
, maschio
    gandun, maschi (pl.)
gankh
, larghezza
gardz
, eminente; grosso
garkh
, aguzzo 
   garkha, aguzzi; cose aguzze (pl.)
garkh
, desiderio
garkha, aver bisogno; desiderare
garud
, lato
garung
, tuono
gata
, possedere 
gaun, ventre, addome
    gaundi, nel ventre (loc.)
    gaung, ventri, addomi (pl.) 
gay, alto
   gayo, alti (pl.)
gaya
, lanciare 
gayalu, tartaruga 
gaydi, antilope, gazzella 
    gaydya, antilopi, gazzelle (pl.) 
gedus, crepuscolo
    geduzdi, al crepuscolo
    geduso, crepuscoli (pl.) 
gem, forte
geyra
, fornace
geys
, freccia, arma da getto
geysa
, gettare un'arma 
gilu, ragazzo 
    gilum, ragazzi (pl.) 
gohom, mano, pugno 
   gokhmot, mani, pugni (du.)
   gomokh, mani, pugni (pl.) 
gol, feto 
    golo, feti (pl.) 
golpa, debole
golu
, intestino 
golwa, teschio 
gomo, tenebra, notte (pl. tantum)
gond, formica 
    gondan, formiche (pl.) 
gònkhalo
, avambraccio
gonob
, bordo
gor
, cinghiale
gorand, gorond, tronco
gorayu, uccidere
gorb
, buio 
gore, braci, carboni ardenti
got
, formica
goyna
, colpire 
guhàno, voce 
   guhàngo, voci (pl.)  
gun
, pene, fallo  
   gunu, peni, falli (pl.) 
gudza, annusare  
gus, vita 
gusa, vivere
guspa
, vomitare
hal
, luce; goia 
hala, gioire
haleu
, elefante
   halewa, elefanti (pl.) 
halok
, passo 
haloku, andare
haloka
, camminare 
ham, vagina 
    hamam, vagine (pl.)
han
, testa 
    hano, teste (pl.)  
hana, su, sopra
hank
, fuoco
hant
, nòcciolo 
    hantar, nòccioli (pl.) 
hanu
, altro 
haru, valle
has
, fiamma
hasa, bruciare (trans.)
haso, bruciare (intrans.)
hau, desiderio
haun
, spirito 
     haung, spiriti (pl.)  
hausa
, uomo
haut
, formula magica, incantesimo 
    hauto, formule magiche, incantesimi (pl.)
hauta
, pronunciare incantesimi 
hawa, desiderare 
hayu, vivere
hemona
, tronco
hemud
, desiderio, concupiscenza 
    hemudo, desideri sessuali
hemuda
, desiderare, concupire
henom
, prendi!
henoma
, prendere
heru
, alto 
hewa, cadere; affondare 
hiltur, vaso sanguigno
himarimp
, palpebra 
hoge, sopra
hoku
, copula
hokwa
, copulare 
hokhwa, scorrere
homp
, ape
   hompi, api (pl./coll.) 
hontsa, fronte
hori, giovane
horoba, correre 
horya, procreare
howa
, caverna
humpo
, ombelico 
    humpwa, ombelichi (pl.)
hund
, radice 
    hundo, radici (pl.)
hupel
, fiume 
kada, roccia 
kahar, duro
kake
, furioso
kal
, donna; moglie
   kalu, donne; mogli 
kalwa, assieme; tutto; tutti
kame
, sangue 
kamya, sanguinare
kamp
, labbra
   kampo, labbra (pl.)
kar
, cerchio
kar, gru (uccello) 
kara, sorgere
karem
, muro 
   karemo, muri, mura (pl./coll.)
karo
, asino 
   karor, asini (pl.)
kart
, taglio
karta
, recidere
karya
, seppellire 
kaswa, crescere; diventare grosso 
kat, farro, spelta (tipo di cereale) 
kat, parola 
   kato, parole (pl.) 
kata, parlare; pensare
kaura
, fuoco
kekhpo
, bocca 
kerkum, furetto; puzzola
keuka
, verdura; verde; azzurro 
keya, fare 
keya
, foresta
keyp
, leggero 
   keypo, leggeri (pl.)
kirkh
, vecchio 
   kirkha, vecchi (pl.)
kirugay
, masticare
kirup
, pesce 
   kìrupo, pesci (pl./coll.) 
kohàpo, rana 
   kohapwa, rane (pl.)  
kohom
, uomo, persona
   kokhma, uomini, persone (pl.) 
kokhp
, caverna 
   kokhpo, caverne (pl.) 
kolkha, morire, finire
komol
, larva
kops
, morte
kopsa
, morire
kopur
, grande
korau
, gallina
korawa
, marcire 
korb, focolare 
   korbo, focolari (pl.) 
kore, cervo 
   koreb, cervi (pl.)
korekh
, gola 
   korekha, gole (pl.)
kork
, puledro
korut
, cagnotti
kot
, fine 
kot, parola magica 
   koto, parole magiche (pl.)
kote
, ano 
koya, chiamare 
koyr, animale maschio 
   koyro, animali maschi (pl.) 
koyt
, pus 
koyta, spurgare
koyu
, grasso (agg.) 
koyu, larva, bruco 
   koywa, larve, bruchi (pl.) 
koyur, mucchio di pietre  
   kòyoro, mucchi di piete
kudzum, fumo
kudzma, mandare fumo
kul, gelo 
kulya, gelare
kuni
, donna 
    kunya, donne (pl.)
kunts
, unghia
    kuntse, unghie (pl.)
kurkh
, urlo 
    kurkho, urla (pl.) 
kurkha, urlare 
kuti, casa, capanna
     kùtidi, nella casa, nella capanna (loc.)
     kutya, case, capanne (pl.)  
     kùtyadi, nelle case, nelle capanne (loc. pl.)
laba, ottenere
lahak
, crescita (di piante, etc.)
lahaka, far crescere
lahako
, crescere (detto di piante, etc.)
laham
, palude  
      lahamdi, nella palude (loc.)
      lahamp, paludi (pl.)
      lahampti, nelle paludi (loc. pl.) 
      lakhmu, paludi, terre paludose (pl.)
      lakhmudi, nelle paludi, nelle terre paludose (loc. pl.)
lahap, fiamma 
     lakhpo, fiamme (pl.) 
lak, tenero 
lakwa, leccare
lakh
, lotta
lakha
, uccidere
lakhga
, tagliare
lakhpa
, palmo della mano 
lakhpa, bruciare 
lamud, basso (detto di terra) 
lank
, lingua (organo della bocca) 
     lanko, lingue (pl.)  
lapta, appiattire 
lark
, clava 
     larko, clave (pl.) 
larwa, molti; moltitudine
     hausa-larwa, moltitudine di uomini 
     kalu-larwa, moltitudine di donne
laukh
, tronco; trave 
    laukho, tronchi; travi (pl.) 
lauko
, buco 
    laukwa, buchi (pl)
lauts
, debole 
    lautso, deboli (pl.)
las
, debole 
    laso, deboli (pl.) 
layba, essere soffice
layp
, bello  
    laypo, belli, belle (pl.)
lekhko
, malattia
lend
, uccello 
    lendo, uccelli (pl.)
lenda
, volare
leuda
, trovare 
lihau, uro, bovino (n.)
    lihùwa, uri, bovini (pl.)
lik
, dolore
lil
, mare 
    lilu, mari, acque (pl.)
lip
, grasso (n.), adipe 
lipkha
, trafiggere
lisa
, ammucchiare 
lonka, legare
luk
, mucchio
luka
, legare
luke
, rottura
lukudz
, frusta 
lùkudza, frustare 
lukhka, saltare
lum
, magia
    lumo, magie, incantesimi (pl.)
luma, fare incantesimi
lungau
, orso 
    lungaug, orsi (pl.) 
madu, miele
malank, verme 
   malanko, vermi (pl.) 
mald, giovane (agg.) 
malkh, montagna 
   malkho, montagne (pl.) 
malkho, teschio 
   malkhwa, teschi (pl.)
mana, davanti 
manakanta, faccia a faccia
mau
, no 
mayta, luogo 
mel, occhio 
   melot, occhi (du.) 
   melo, occhi (pl.) 
melòkha, lucertola 
meuda, parlare 
mig, regalo, dono
miga, donare
mud, fine; estinzione 
muda, finire; estinguersi 
munkau, pesante; grave  
muy, acqua
nahar
, giovane (n.; agg.)
    nakhre, giovani (pl.) 
nak, sorella 
    nako, sorelle (pl.) 
nakhgo, affamato; assetato 
nakhgwa, essere affamato; essere assetato 
nakhto, donna (di un altro clan) 
nal, lingua (idioma, linguaggio)
    nalo, lingue (pl.)
namta
, dare 
namwa, spremere
nauka
, capelli
naun
, cielo
nayn
, andare
nekha
, occhio; vista 
nekha, vedere
nelehomp
, zanzara 
    nelehòmpi, zanzare (pl.)
net
, albero 
nidzu, femmina (di animale) 
    nidzwa, femmine (pl.) 
niturk
, pugno 
    niturko, pugni (pl.)  
niturka, prendere a pugni
nohor, ricco di acqua; umido 
nuk, sonno 
nuku, dormire 
nulunk, cervello; midollo spinale 
     nulunko, cervelli (pl.) 
palka, spaccare 
palo, pianura 
     palwa, pianure (pl.) 
pang, fronte (parte anteriore della testa) 
    pange, fronti (pl.) 
pond, gamba 
    pondot, gambe (du.)
    pondo, gambe (pl.) 
ponos, zanzara
poyamb, drago 
    poyambo, draghi (pl.)
poyu, cucciolo 
    poywa, cuccioli (pl.) 
pulkhu, giallastro 
puna, rosso (detto di capelli) 
punèya, capelli, chioma
rak
, tempo 
    raka, tempi (pl.) 
rakau, mettere in ordine
rakhba, tremare
rakht, ramo 
    rakhto, rami (pl.)
raku
, corno 
rakhum, ventre; stomaco di animale 
    rakhmo, ventri; stomaci di animali (pl.) 
raugu
, distruggere 
raukh, largo, spazioso
rauma
, succhiare; masticare  
rawa, bere
rayam
, pesce 
    raymi, pesci (pl.)
regul
, piede
    roglot, piedi (du.) 
    roglo, piedi (pl.)
repa
, spaccare
rints
, chioma 
    rintso, chiome (pl./coll.)
rogu
, perverso  
rom
, quiete 
roya, vedere
ruhum
, tenebra 
    rukhmo, tenebre 
rum
, vermi
    rumum, vermi
rumon
, vena 
    rumona, vene (pl.) 
sada
, legare
sarikh
, fiume
satìma
, udire
sau
, nel mezzo 
sauba, deserto, terra salina 
saus
, indurito
sagoyra
, capelli
sana
, parola
sèara
, entrare
sela
, portar via
sera
, arrostire
serom
, tendine 
    sèromu, tendini (pl.) 
seukh, figlio; figlia 
    seukho, figlio; figlie (pl.) 
seukha, venire al mondo, nascere 
sewa, corpo umano
sil, occhio 
silma, vedere, osservare
singer
, topo 
    singri, topi (pl.)
sirga
, tortura
siwa
, sole 
sobokh, tribù
sòroba
, ingurgitare 
soyu, pieno 
soywa, riempire 
sundu, fiume 
    sundwa, fiumi (pl.)
sur
, gregge; sciame
surd
, filo
suwa
, buono, buoni 
tab
, buono 
   tabo, buoni (pl.)
takt
, pulce 
   takto, pulci (pl.) 
takùna
, scarafaggio 
talkho, piatto; piano (agg.) 
tangau, tirare, trarre, spingere  
tapkha, distruggere, annientare
tarkha
, bere 
tayk, dito della mano; uno 
teke
, casa
tik
, destro
tika
, essere diritto
togae
, terra 
tògama, mordere
tok
, palmo della mano
tomos
, mucchio
tòmosa
, raccogliere
ton
, vista
tona
, vedere
tor
, corteccia
torga
, debole
tubo
, lago 
    tubokh, laghi (pl.)
tupkha, profondo
tur
, deretano
tus
, contro
yaka, ghiaccio 
yanakh, voce, suono; discorso  
yankha, dire 
yekae, bianco 
yelay, splendere
yomurt
, uovo 
yorob, forte, solido 
    yorbo, forti (pl.) 
yowa, buono, buoni  
yuma, cielo diurno
yupukh, leopardo 
   yupkho, leopardi (pl.) 

Ho notato la presenza di parole altaiche (yomurt "uovo"), uraliche (sil "occhio"), semitiche (rum "vermi", etc.) e persino affini al basco (gal "grano", gu "noi") - oltre a numerose radici indoeuropee (madu "miele", etc.). Freud direbbe certamente che ho restituito parole ruminate a lungo nel subconscio. A distanza di tempo, credo di aver compreso la fonte di questa glossolalia: le ricostruzioni nostratiche di Aharon Dolgopolsky. 
 
 
Se così fosse, si tratterebbe dell'output ipermnestico di materiale da me assimilato nel corso dei miei studi. Sarebbe composto da parole simili al miele delle api, che è il prodotto dell'elaborazione del nettare. Se si dovesse invece provare un giorno che questa lingue è realmente esistita, si tratterebbe di una xenoglossia. 
 
Noto alcune somiglianze con la lingua delle antiche genti fulve della tundra himalayana, da me trascritta nel 2016. 
 
 
Se chiamiamo "glossolalia A" la lingua esposta nel presente articolo e "glossolalia B" l'altra lingua, abbiamo le seguenti corrispondenze: 
 
glossolalia A: kame, sangue
glossolalia B, pamp, sangue
protoforma attesa: *kwam- 
 
glossolalia A: gu, noi 
glossolalia B: -γu, noi, nostro 
protoforma attesa: *Gu- 
 
glossolalia A: bal, nero; scuro
glossolalia B: bir, nero 
protoforma attesa: *bɨL- 
 
glossolalia A: hayu, vivere
glossolalia B: awa-, vivere 
protoforma attesa: *XaywV-  

glossolalia A: golwa, teschio 
glossolalia B: gul, testa 
protoforma attesa: *golu- 
 
Se la Scienza dell'etimologia fosse applicata anche alle glossolalie e alle lingue create dall'ingegno umano, si otterrebbero risultati sorprendenti. Ne sono convinto.