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giovedì 24 gennaio 2019

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLE LINGUE IMPOSSIBILI: IL CASO DELL'EBRAICO BIBLICO

Nella sua utile e bella guida all'ebraico biblico, intitolata Lo stato costrutto ebraico - La costruzione ebraica del genitivo, Gianni Montefameglio spiega come funziona il complemento di possesso in quell'antica lingua. Il documento può essere consultato sul sito www.biblista.it e scaricato in formato .pdf al seguente url:


Premetto questo: per semplicità utilizzo la scrittura ebraica non vocalizzata, fornendo al contempo una trascrizione semplificata. Veniamo al dunque. Il nome del possessore si trova nello stato assoluto e porta l'articolo determinativo ה, ha-. Il nome della cosa posseduta lo precede, spesso è in forma ridotta foneticamente e non prende mai l'articolo. 

Così da עמק, ʻemeq "valle" e da מלך, melekh "re" abbiamo: 
עמק המלך, ʻemeq ha-melekh "la valle del re". 

Come ci viene detto, è sempre possibile sostituire il nome allo stato costrutto con una coppia di nomi in stato costrutto, tramite quello che è un bell'esempio di meccanismo di ricorsività possessiva. Così possiamo dire: 

עמק בן־המלך, ʻemeq ben ha-melekh "la valle del figlio del re". 

Volendo si può procedere oltre. Sarebbe possibilissimo coniare una frase come questa: 

דבש עמק בן־המלך, devash ʻemeq ben ha-melekh "il miele della valle del figlio del re"

Oppure, perché no, addirittura questa:

םתיקות דבש עמק בן־המלך, metiqut devash ʻemeq ben ha-melekh "la dolcezza del miele della valle del figlio del re". 

Bene, sappiamo che Noam Chomsky andrebbe in sollucchero studiandosi questi particolari, perché riterrebbe che la ricorsività possessiva della lingua dell'Antico Testamento sia una prova capitale della teorie della grammatica generativa. Esiste una sola Lingua Umana, archetipo platonico, emanazione dell'Uno: questo egli sostiene. Tutte le lingue parlate da qualsiasi gruppo umano manifestatosi nella Storia non sono che casi particolari dell'unica Lingua soggiacente. Questa Lingua archetipica è caratterizzata dal meccanismo della ricorsività, che rende possibile applicare una regola linguistica al risultato di una sua precedente applicazione. Se quella che è ritenuta la Prima Lingua, la lingua del Popolo Eletto, gioca tanto bene con la ricorsività, significa dunque che tale caratteristica è l'impronta stessa del Logos, che permea l'intera Creazione di Dio e la rende possibile. Mai entusiasmo potrebbe dirsi più fallace!

Ricordo don M., che era un uomo di dura cervice, oltre che smisuratamente vanitoso. Non aveva tratto gran profitto dai suoi studi in seminario, così il vescovo gli aveva raccomandato di seguire un corso di ebraico biblico. In realtà glielo aveva imposto (anche in un'altra occasione aveva fatto ricorso a misure coercitive, per far sì che il prete facesse uso di un inglese decente). Mi trovavo in Inghilterra, in quel di Brighton, ed ero ospite di una famiglia di tradizioni cockney assieme a don M. In quell'occasione, vidi che l'ecclesiastico teneva spesso in mano una grammatica della lingua ebraica e che aveva sulla scrivania una copia della Bibbia in tale lingua. Così ebbe a dirmi che stava facendo grandi progressi nell'imparare l'ebraico. "È una lingua primitiva di un popolo primitivo, anzi, primordiale", mi spiegò, "Quindi è di una semplicità estrema. È elementare, può esprimere soltanto concetti terra a terra." In pratica una lingua di ominidi. Queste affermazioni mi lasciarono basito. Ben sapevo che don M. stava dicendo spaventose stronzate, come del resto era suo costume. Il suo pensiero era una mistura di ignoranza, di antisemitismo e di pregiudizi medievali sull'ebraico come lingua adamitica - quindi infantile, priva di qualsiasi mezzo per esprimere pensieri elevati, da contrapporsi alla natura arzigogolata del latino. 

Questi concetti non sono poi così estranei al mondo accademico. Prendiamo ad esempio l'ottima Grammatica elementare dell'ebraico biblico, ad uso degli studenti dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Genova (è l'Istituto Superiore ad essere di Genova, non le Scienze Religiose...). Si può consultare e scaricare liberamente al seguente link:


Ebbene, a pagina 3 troviamo questo sunto: 

L’Ebraico è una lingua relativamente facile:
– il verbo, che ha solo due tempi, non ha nulla della complessità del verbo greco;
– il nome non ha declinazione;
– il vocabolario è relativamente povero;
– la sintassi è semplice e piana, ama mettere in fila le sue proposizioni coordinandole con una semplicità che potremmo dire infantile: è la “paratassi” ebraica.


Avremo modo di mostrare quanto queste tesi siano ingannevoli. 

Sappiamo che l'ebraico biblico non è la Prima Lingua del genere umano. Si tratta di una lingua derivata come tutte le altre. Nello specifico, è un idioma cananeo, proprio come il fenicio e l'ugaritico. C'è chi accusa queste lingue semitiche di non essere complesse dal punto di vista sintattico? E chi l'ha detto che la sintassi ipercomplessa sia un vantaggio? Possiamo facilmente mostrare che l'ebraico biblico è una lingua sobria. Si tratta di una caratteristica che deve essere vista come un pregio, non come un difetto. 

Fornisco il link al capitolo secondo della Encyclopedia of Hebrew Language and Linguistics, che tratta della sintassi: 


Innanzitutto faccio notare che nei testi in lingua inglese la definizione di paratassi e di ipotassi è un po' diversa da quella usata in Italia. Noi riteniamo pertinente all'ipotassi ogni proposizione subordinata, non le coordinate, che sono invece pertinenti alla paratassi. Per gli anglosassoni, basta l'uso di una congiunzione come "and", "or" o simili per far sì che si parli di ipotassi. Riporto in questa sede tre esempi presi dal documento di cui sopra, ma in scrittura non vocalizzata, usando una trascrizione meno precisa ma più comprensibile ai lettori:

ותרא האשה כי טוב העץ למאכל, wa-tere ha-'isha ki tov haets le-ma'akhal "e la donna vide che l'albero era buono come cibo." 

כי עשית זות אתה מכל־הבהמה ומכל חיתתהשדה, ki ʻasita zot 'arur 'atta mi-kal-ha-behema u-mi-kol khayyat ha-sade "perché hai fatto questo, sei più maledetto di ogni animale, domestico o selvatico."

וישלחהו יהוה אלהים מגן־עדן לעבד את־האדמה, wa-yshallekhehu YHWH 'elohim mi-gan ʻeden laʻavod et ha'-adama "e Dio YHWH lo cacciò fuori dal gardino dell'Eden affinché lavorasse la terra."

Possiamo dire con certezza che non era ritenuto necessario applicare più di una volta i meccanismi ricorsivi di incorporazione di proposizioni subordinate, o coordinare un'infinità di proposizioni dello stesso livello della principale. Un singolo livello di ricorsività era più che sufficiente in caso di subordinazione. Si può dire che Dio cacciò Adamo dall'Eden perché coltivasse la terra. Non si può dire che Dio cacciò Adamo dall'Eden perché coltivasse quella terra che era ricchissima di argilla e priva di palmizi, diversamente dalle valli che sarebbero poi state date al primo principe del paese di Sodoma e Gomorra, divenute sterili dopo che la collera divina si fu abbattuta sulla zona, permettendo la sola fuga di Lot, che fu sedotto dalle proprie figlie dopo che bevve con avidità l'abbondante vino da loro elargitogli. Non si può dire, proprio perché non serve dirlo. A che scopo condensare un intero racconto in una lunghissima e inutile catena verbale? Lasciamo questi esercizi a Pdor figlio di Kmer! 

Prendiamo adesso le stringate frasi tratte dall'Antico Testamento, in tutta la loro essenziale chiarezza, e confrontiamole con alcuni brani del filosofo Peter Sloterdijk, ricchissimi di strutture ipotattiche, al punto da non risultare ben comprensibili. Ecco un estratto da Il quinto Vangelo di Nietzsche (2015): 

La famosa frase «l'uomo è l'auto-sperimentazione di se stessi» che tanto spaventa i sapienti moderni come quel noto cardinale di Milano che si è giocato di recente l’ultimo conclave, non è semplicista negazione di ogni contatto con Dio in nome dell’autosperimentazione umana fine a se stessa, altrimenti non si capirebbe nulla di cristianesimo così come degli almeno milleseicento anni post Christum che generarono la più robusta riforma dell’uomo dai padri della Chiesa fino agli albori dei tempi moderni. E lo stesso machiavellismo che Nietzsche esalta come il fenomeno decisivo del Rinascimento, non dovrebbe essere liquidato senza notare che tali entità nietzscheane furono date per l’elevazione dell’uomo dal fondo abrasivo, putrido, melmoso e ipocrita che aveva toccato e che lo fagocitava con forme di schiavitù e di male sempre più pervasive che furono effettivamente considerate ne II Capitale di Marx (altro famoso discepolo se non di Cristo almeno dell’intero arco che va da Cristo alla nascita della borghesia), il cui libro, che già aveva anticipato le idee di questa opera fondamentale per il socialismo politico e non purtroppo per il socialismo etico, Per la Critica dell’economia politica, apparve simultaneamente all’opera principale di Darwin. Tale è la genealogia di Nietzsche, che da qui in poi possiamo legittimamente definire “il quinto evangelista”.

Secondo voi questo è vero progresso? Quando sono arrivato a "il quinto evangelista" del finale, già avevo del tutto dimenticato l'inizio con "La famosa frase" e tutto quanto sta in mezzo, sentendomi un minus habens, quasi una moderna sottospecie di Homo erectus o di Australopithecus afarensis sprovvisto dell'area di Broca! Sono forse un ingenuo adamita? No, è in Sloterdijk, magnifico rettore mefistofelico, che c'è qualcosa che non va. Intanto confermiamo la natura pseudoscientifica della grammatica generativa chomskiana.

domenica 20 gennaio 2019

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLE LINGUE IMPOSSIBILI: IL CASO DELL'ITALIANO

Noam Chomsky, ritenuto uno dei massimi intellettuali viventi, è il fondatore della teoria della grammatica generativa. Egli opera secondo la convinzione indefettibile dell'esistenza di uno schema platonico immanente nel cervello umano, che plasma le strutture del linguaggio - al punto che, secondo tale dottrina plotiniana, tutte le lingue del mondo possono essere ritenute emanazioni di un singolo archetipo emanante dall'Uno: la Lingua Umana. In altre parole, se il latino è così diverso dal cinese, se il tedesco è così diverso dal turco, è soltanto perché i diversi parlanti usano etichette di aspetto dissimile per descrivere le stesse identiche cose. La discrepanza tra gli idiomi viene così ad essere classificata come un mero accidente, una bazzecola, una bagatella. Un punto nero dovuto alla pervicace e colpevole lontananza di Homo sapiens dall'Uno, sorgente di ogni perfezione. Secondo lo studioso ashkenazita, idolatrato dai radical chic e dai democratici del mondo intero, un pilastro della grammatica generativa, assolutamente irrinunciabile, è la natura ricorsiva della Lingua Umana, e di conseguenza di tutte le sue manifestazioni concrete nel corso della Storia. Vediamo di spiegare meglio questo cruciale concetto.  

Questo è riportato su Wikipedia in italiano alla pagina Ricorsività (linguistica)

La ricorsività in linguistica è il fenomeno per cui una regola linguistica può essere applicata al risultato di una sua stessa precedente applicazione. La semiotica distingue tra codici ricorsivi e non. Così, i codici animali (ad esempio, la danza delle api) non possono essere ricorsivi, mentre le lingue naturali (e i codici matematici) sì.

Questa proprietà di alcune regole è in linguistica legata ad esempio all'uso delle proposizioni relative. Così, nella frase

    Marco accarezza il cane.

i nomi "Marco" o "cane" possono essere sostituiti da una porzione di enunciato composta da uno dei due nomi e da una relativa: 

    Marco, che ben conosci, accarezza il cane.

E poi ancora:

    Marco, che ben conosci, accarezza il cane, che scodinzola davanti al portone. 

Infine:

    Marco, che ben conosci, accarezza il cane, che scodinzola davanti al portone, che è chiuso.

Come si vede, le subordinate possono agganciarsi a segmenti che sono essi stessi subordinati alla reggente "Marco accarezza il cane". Tale processo potrebbe continuare all'infinito.

Il linguista italiano Andrea Moro approfondisce il concetto a prima vista paradossale di "lingua impossibile", da lui concepita come lingua non ricorsiva. Infatti ha scritto due volumi sull'argomento, in verità non eccessivamente ponderosi: I confini di Babele. Il cervello e il mistero delle lingue impossibili (2015) e Le lingue impossibili (2017).
Va da sé che quando uno studioso fa propria la dottrina plotiniana di Chomsky e diviene un alfiere dell'Assoluto costituito dalla Lingua Umana, è tenuto a propugnare l'inesistenza di qualsiasi risultato di un'osservazione che possa portare ad inficiare la teologia dell'Uno riverberante nell'Universo. Questa è la deduzione di Moro: se la Lingua Umana è ricorsiva, ne consegue che tutte le lingue umane sono per necessità ricorsive, dunque le lingue impossibili sono tutte e sole le lingue che non possiedono la ricorsività. 


Mi spiace togliere Cristo dalla croce al neoplatonico Noam Chomsky e al suo gonfaloniere Andrea Moro, ma il concetto di ricorsività linguistica presenta non poche difficoltà intrinseche. Innanzitutto non è assolutamente vero che è possibile applicare la ricorsività ad libitum, come un'operazione reiterabile un numero infinito di volte. Certo, i grammatici generativi sono i primi a sostenere che la ricorsività presenta limiti pratici, ma de facto questa loro precisazione rimane lettera morta: essi non ne tengono conto in concreto, sostenendo a spada tratta il principio romantico della mente umana infinita, illimitata e senza vincoli di sorta. Lo studio dei casi concreti ci racconta una storia diversa. Moro et alteri citano come un significativo esempio di ricorsività il testo della famosa canzone di Angelo Branduardi, Alla Fiera dell'Est, che si ispira alla tradizione ebraica: 

E infine il Signore, sull'Angelo della Morte, sul macellaio, che uccise il toro, che bevve l'acqua, che spense il fuoco, che bruciò il bastone, che picchiò il cane, che morse il gatto, che si mangiò il topo, che al mercato mio padre comprò. 

L'originale è un canto pasquale noto come Chad Gadya, ossia "Un Capretto", redatto in una lingua singolare che sembra un misto di ebraico e aramaico. Appartiene al tipo delle canzoni cumulative, in cui una struttura metrica semplice viene modificata tramite aggiunte successive, cosicché ogni verso è più lungo del precedente. Si tratta senza dubbio di una costruzione artificiosa (alcuni direbbero che è una pippologia - cosa senza dubbio un po' irrispettosa - o un gioco escogitato da qualche bell'ingegno per stupire i commmensali). Sfido chiunque a usare simili concatenazioni verbali nel linguaggio di tutti i giorni. Esiste un limite invalicabile all'uso di meccanismi ricorsivi in grado di incassare proposizioni in altre proposizioni o anche soltanto di accostare tra loro diversi segmenti. Dopo un certo numero di iterazioni, un ascoltatore si sente un Neanderthal e perde il filo del discorso, immancabilmente: gli elementi incorporati o saldati in altro modo contribuiscono a formare architetture contorte in modo diabolico, oltre che prive di qualsiasi utilità concettuale.

Non possiamo definire "processo innocuo" l'incassamento o incorporazione di segmenti, come ad esempio frasi subordinate (ipotassi), o la giustapposizione di frasi coordinate (paratassi). Questo modo di enunciare il pensiero umano presenta anzi numerose complicazioni anche interpretative. Spesso sorge il dubbio che la ricorsività spinta sia stata favorita artificialmente dal mondo scolastico e che non sia poi qualcosa di così innato e naturale come i chomskiani vorrebbero. Grammatica universale dell'unica Lingua Umana? Ma anche no. Prova ne sia un fatto scomodo: non poche persone inciampano nel meccanismo ricorsivo e producono frasi senza senso. La sorgente del linguaggio di Homo sapiens sarà anche pura e cristallina, ma la sua estrinsecazione reale non somiglia affatto a un abisso senza fondo, in cui possono essere travasati interi oceani a proprio piacimento; somiglia piuttosto all'uretra di un uomo venereo affetto da gonorrea, che diviene angusta e piena di cavernule - o a un intestino colpito dal morbo di Crohn, in cui abbondano occlusioni e diverticoli, con tratti in necrosi e altre similari amenità.  

Non è necessario incassare frasi oltremodo elaborate per generare assurdità marchiane: bastano anche elementi meno complessi. Può essere ambigua la ricorsività aggettivale (quella di segmenti come "una bella, grande e accogliente dimora"). Altrettanto ambigua può rivelarsi la ricorsività possessiva (quella di segmenti come "il pelo del cavallo della figlia del barone"). Del resto i chomskiani considerano una manifestazione di ricorsività linguistica già la semplice applicazione dell'operatore logico denominato merge, ossia in pratica la stessa giustapposizione di due parole in una frase semplice del tipo soggetto + verbo (es. "i cadaveri puzzano"). Fanno questo per togliersi dalle ovvie difficoltà del caso, potendo esistere combinazioni di ricorsività di diversi tipi, che generano problemi senza fine e che non sono universali nel complesso panorama delle lingue umane.

Fornisco alcuni semplici esempi di ambiguità meritevoli di essere commentati, tratti dalla lingua italiana. Il primo proviene dal linguaggio disarticolato dei giornalisti: 

L'uomo era stato arrestato per aver compiuto la truffa su ordine della magistratura di Siracusa. 

Con tutto il rispetto, a leggere il titolo sembra che sia stata la magistratura di Siracusa ad aver ordinato all'uomo di compiere la truffa! Questo non è un modo corretto di fare informazione.

Il giornalista strutturava così la frase: 

<L'uomo era stato arrestato> [per aver compiuto la truffa] <su ordine della magistratura di Siracusa>. 

Credeva che fosse evidente riferire il segmento <su ordine della magistratura di Siracusa> alla proposizione principale <l'uomo era stato arrestato>. Cosa ho invece inteso io quando ho sentito l'annuncio? Questo: 

<L'uomo era stato arrestato> [per aver compiuto la truffa su ordine della magistratura di Siracusa]. 

In questo caso, su ordine della magistratura di Siracusa si riferisce alla truffa! Nel mio cervello si è mosso all'istante il comando dell'esilarazione: mi sono messo a ridere per una buona mezz'ora.

L'ambiguità si risolve facilmente riformulando la frase in questo modo:

L'uomo era stato arrestato su ordine della magistratura di Siracusa per aver compiuto la truffa.  

Certo, in questo caso c'è un po' troppa distanza tra il verbo era stato arrestato e il segmento per aver compiuto la truffa, che descrive la causa dell'azione.  

Passiamo a un secondo esempio, anch'esso proveniente dal linguaggio destrutturato dei giornalisti: 

Il cadavere è stato trovato nell'appartamento in avanzato stato di decomposizione.  

Il giornalista avrebbe potuto evitare di farmi esplodere in un accesso di riso convulso, semplicemente annunciando: 

Il cadavere in avanzato stato di decomposizione è stato trovato nell'appartamento. 

Naturalmente, ogni individuo con capacità mentali nella norma sa che a decomporsi sono i cadaveri, non gli appartamenti. Possiamo anche formulare: 

Il cadavere è stato trovato in avanzato stato di decomposizione nell'appartamento. 

Però così facendo rimane un'ambiguità residua, dato che si potrebbe pensare di raggruppare in avanzato stato (di decomposizione nell'appartamento) anziché (in avanzato stato di decomposizione) nell'appartamento. In questo caso, il cadavere avrebbe potuto essere anche trovato in un parco pubblico, a patto che fosse giunto a un avanzato stato di decomposizione mentre si trovava in un appartamento. Ancora una volta, soltanto il buon senso riesce a risolvere il problema. 

Il tema della decomposizione dei cadaveri ha prodotto frasi giornalistiche anche più ambigue. Questa, per esempio:

Una donna di 48 anni con patologie psichiatriche gravi è rimasta chiusa in casa con il cadavere del padre morto da un circa mese in totale stato di decomposizione. 

Il padre della donna è morto in totale stato di decomposizione? Oppure è il mese ad essere in tali poco augurabili condizioni? 

Le cose si fanno ancor più grottesche quando entrano in gioco le mirabili proprietà degli aggettivi. Anche un semplice aggettivo può infatti essere problematico, visto che i giornalisti hanno la brutta tendenza di farlo migrare a proprio piacimento all'interno della frase. Prendiamo questo esempio: 

Il marito cornuto della contessa le ha ucciso l'amante. 

Naturalmente non si può dire:

Il marito della contessa cornuto le ha ucciso l'amante. 

Ci sono diverse soluzioni. La prima è usare una diversa intonazione (in cui sia amante che cornuto hanno il pieno accento sulle loro sillabe toniche), marcata nella grafia dall'uso della virgola: 

Il marito della contessa, cornuto, le ha ucciso l'amante. 

Altrimenti, se contessa cornuto fosse un tutt'uno fonetico in cui l'accento principale cade su cornuto, saremmo costretti a interpretare così: 

Il marito della contessa Cornuto le ha ucciso l'amante.

In tal caso, Cornuto sarebbe proprio il cognome della contessa fedifraga. 

In ultimo, un giornalista abbastanza creativo potrebbe pensare di migrare lo scomodo aggettivo cornuto alla fine della proposizione. In tal caso avremmo: 

Il marito della contessa le ha ucciso l'amante cornuto. 

Ciò non avrebbe il benché minimo senso, perché da che mondo è mondo sono i mariti a essere resi cornuti dalle mogli che si fanno l'amante, non gli amanti ad essere resi cornuti dal sesso fatto dalle mogli coi propri mariti, ritenuto legittimo dalle religioni e dalle leggi del mondo. E se la contessa avesse avuto un secondo amante? Beh, in tal caso l'amante ucciso avrebbe avuto le corna a causa del rivale. Tuttavia non si capisce perché il consorte della nobildonna ninfomane non abbia ucciso entrambi gli amanti, accanendosi anzi sul più sfortunato.  

Letto sul Corriere della Sera

Erdoğan porta in spalla la bara di un suo amico ucciso durante i funerali delle vittime del golpe. 

Che significa? Che l'amico è stato ucciso durante i funerali? Il giornalista voleva dire che Erdoğan ha portato in spalla la bara dell'amico durante i funerali in questione. Il termine "ucciso", riferito alle circostanze della morte dell'amico di Erdoğan, genera tuttavia una grave ambiguità. Infatti è possibile interpretare così:

<Erdoğan porta in spalla la bara di un suo amico> [ucciso durante i funerali delle vittime del golpe].

Vediamo che si comprende qualcosa di errato, ossia si è indotti a pensare che l'uccisione dell'amico di Erdoğan sia avvenuta durante i funerali delle vittime del golpe, e che lo statista turco possa aver portato in spalla la bara dell'amico in una diversa occasione. Ad esempio durante una conferenza stampa.

Anche le etichette più semplici, se male usate, provocano paradossi. Basti pensare a queste frasi:

Trovata cura per tumore al seno non metastatico.
In aumento i casi di tumore al pancreas metastatico.


Certo, è chiaro che "metastatico" e "non metastatico" sono etichette riferite alla neoplasia, non alla parte del corpo colpita. Eppure il cervello tenta di fare l'associazione a prima vista più improbabile, analizzando le frasi in questo modo:

<Trovata cura per tumore> [al seno non metastatico].
<In aumento i casi di tumore> [al pancreas metastatico].


Avremmo dunque a che fare con un "seno non metastatico" e con un "pancreas metastatico", il che è del tutto fuorviante, anche se logicamente ben fondato. Ancora una volta possiamo porci una domanda: era poi così difficile enunciare il concetto con frasi non ambigue? Eccole:

Trovata cura per tumore non metastatico al seno.
In aumento i casi di tumore metastatico al pancreas.  


Se uno indagasse a fondo, si perderebbe in un universo grottesco. Una volta mi sono imbattuto in una casetta per uccelli antincendio. Ospita stormi di colibrì che trasportano in minuscoli ditali l'acqua per spegnere gli incendi, seguono i corsi di educazione civica e ripetono all'infinito: "Faccio la mia parte! Ognuno deve fare la sua!"
Ci sono problemi persino con la famosa focaccia di Recco al formaggio. Questo è un breve dialogo tratto da Invasori dallo Spazio di Acciaio, un mio romanzo di fantascienza erotico-satirica, che non è mai stato pubblicato:


- L’uomo assisté all’uccisione del figlio impotente – commentò il Topo, come se stesse leggendo i messaggi che un suggeritore nascosto gli mostrava su uno schermo piatto.
- E come mai il figlio impotente è stato ucciso? – iniziò a cavillare il Cinque Cervelli. Il Topo non rispose utilizzando la logica, ma pronunciò un nuovo paradosso in stile giornalistico. Era prigioniero, non si rendeva conto dell’inconsistenza.
- Ho mangiato una focaccia di Recco al formaggio – disse.
Il Cinque Cervelli obiettò subito: - Quindi sei stato in un luogo che si chiama “Recco al Formaggio” per mangiare una focaccia?
- No, credo che fosse una focaccia condita con formaggio di Recco – specificò il Topo.
- Diamine – esclamò il Cinque Cervelli – Ma potrebbe essere stata anche una focaccia di Recco condita con un formaggio generico, magari non di Recco. Magari gorgonzola.
- Quindi una focaccia al gorgonzola di Recco – concluse il Topo.
- Non si è mai prodotto gorgonzola a Recco – affermò ironico il Cinque Cervelli.


Le conclusioni che possiamo trarre sono a dir poco deprimenti. E pensare che l'italiano è facilitato dalla presenza di uscite aggettivali spesso distinte per genere, che evitano molte ambiguità. Provate a pensare a cosa accadrebbe se si facesse un uso disinvolto di una lingua che non distingue il genere degli aggettivi e che non ha una sintassi rigidissima! Altra conclusione è questa: Moro dovrebbe concludere che l'italiano corrente non è una lingua pienamente ricorsiva, perché produce frasi secondo regole che i parlanti non riescono più a comprendere bene. Certo, potrebbe sempre sostenere, come spesso fanno i chomskiani, che noi siamo programmati per comprendere enunciati ricorsivi, e che non è colpa di nessuno se poi ne produciamo di gravemente difettosi e se il nostro potere di ricorsione linguistica non è infinito. Allora come può sostenere, di fronte a una concreta fallibilità, l'esistenza di un archetipo eterno che nessuno ha mai potuto misurare? Sarebbe come fantasticare di un'isola perfetta fatta di cristallo, descrivendone le coste con grande dettaglio, senza che nessuno possa mai fornire nemmeno la più esile prova della sua esistenza. Se Karl Popper fosse qui, direbbe che i discorsi di Moro e del suo mentore, l'ashkenazita americano, non possono essere falsificati. In realtà potrebbero essere falsificati benissimo, come ho dimostrato. l punto è che non serve a nulla, è come la lotta di Don Chisciotte contro i mulini a vento. Questo perché nel loro idealismo, i grammatici generativi rifiutano di considerare come tale ogni falsificazione delle loro teorie.

Quando Alessandro Manzoni codificò la lingua italiana perché divenisse la lingua del Regno d'Italia, fu sfiorato dal presentimento di sviluppi aberranti? Probabilmente no. Non ebbe neppure un vaghissimo sentore del fatto che le cose sarebbero finite in modo tanto squallido.  La sua lingua, che aveva con tanta cura risciacquato nell'Arno, è stata ridotta a una pseudolingua giornalistica! E cosa direbbe Dante Alighieri se sapesse che secoli dopo la Commedia si sta qui a borbottare di seni non metastatici e di magistrature che ordinano di compiere truffe?

Già quanto ho finora esposto è ricco di indizi assai solidi del fatto che la grammatica generativa di Noam Chomsky non è una teoria dotata di credibile fondamento scientifico; può invece essere ascritta al vasto reame della Pseudoscienza.

sabato 22 dicembre 2018

NOTE SUL LAVORO DI BEICHLER

James "Jim" E. Beichler (ricercatore indipendente) è l'autore del saggio To Die For: The physical reality of conscious survival, pubblicato nel 2008. Su Academia.edu è presente un estratto del capitolo 6, The Nature of Death. Questo è il link: 


Questo è il breve abstract, da me tradotto: 

La Scienza, per come definisce se stessa, non accetterà mai il paranormale e i fenomeni correlati, per non parlare della possibilità di un aldilà, non importa quante evidenze sono raccolte e non importa quanto convincenti esse sian, perché la Scienza non ha mai sviluppato gli strumenti concettuali e intellettuali o il vocabolario per maneggiare simili possibilità. La Scienza accetterà il paranormale e la possibilità di un aldilà solo quando emergerà una nuova teoria della realtà fisica, come un'unificazione della relatività generale e della teoria quantistica nella fisica, che implica direttamente e logicamente l'esistenza di queste cose come sue proprietà fondamentali.

Questo è l'indice dell'opera:

Introduction   4-5

Chapter 01 Some things never change (some things do)
   The boy cried   6-10
   Science, Religion and Nature   10-18
   Science does mind   17-24

Chapter 02 Supernatural Perspectives of Death
   The religious pot of stew   25-28
   Eastern Religious Perspectives   28-33
   Western Religious Perspectives   33-44
   The religious stew boiled down   44-49

Chapter 03 Natural Perspectives of Death
   The road not so well traveled   50-54
   From Thanatology to NDEs   54-63
   The nature of consciousness   63-70

Chapter 04 Paranormal Perspectives of Death
   Science beyond the normal   71-75
   The spirit of science   75-85
   The loss of soul and spirit   85-98
   Apparitions and Ghosts R Us   98-107
   Small, Mediums and Large   107-112
   There and back again   112-117

Chapter 05 The SOFT Life
   That’s Life   118-120
   Physical Reality   120-124
   Imagining the un-imaginable   124-129
   Our five-dimensional Life   129-138
   LIFE: The body inside out   139-143
   Memories are made of this   143-154

Chapter 06 The Nature of Death
   Irimi - Entering Death   155-158
   We enter death SOFTly   158-164
   SOFT NDEs   164-171
   Post NDE SOFT landings   171-179
   NDLEs   179-187
   ‘Where’ is death?   187-191

Chapter 07 A Universe of Purpose
   Everything that has a beginning has an end   192-195
   Natural Purpose  196-203
   Some things never change and some things do   203-209
   To live and let die   209-213

Chapter 08 Epilogue: (Some things never change, but …) Some things do
   Play it again Sam   215-221
   What goes around, comes around   221-225
   And goes around again   225-231
   Solving the Universe   231-240
   Buddha, Jesus, Human Enlightenment, and the dawn of the
         MYSPHYTS   240-248
   The Kaballah – a Warning   248-250
   The Boy Cried   250

Bibliography   251-255

Il libro è un ambizioso tentativo di comprendere la natura della Morte, che non riesce tuttavia a convincere il lettore e ad aiutarlo a risolvere l'atavico problema del rapporto che l'essere umano ha con la propria cessazione. Va precisato che Beichler non è un semplice guru propalatore di baggianate New Age a buon mercato: è un fisico teorico con un curriculum accademico di tutto rispetto, che a un certo punto è stato isolato dai colleghi per le sue idee eterodosse. Il suo interesse principale è infatti lo studio della parafisica, che consiste nel tentativo di applicare la fisica ai fenomeni paranormali, esplorando la possibilità teorica della sopravvivenza dell'essere oltre la morte. Il fondamento della parafisica beichleriana è di per sé rivoluzionario, in quanto consiste nella derivazione diretta dell'autocoscienza e dell'immortalità dello spirito umano dalle leggi fisiche che governano l'Universo. Riporto il link a un'intervista in cui Beichler risponde a numerose domande sulle sue idee e sul suo lavoro, poste da Michael E. Tymn:


La parafisica è una scienza?

Luigi Pirandello affermò che se vogliamo capire la vita, i lumi ci devono venire da ciò che sta al di fuori della vita stessa, ossia dalla Morte. Il problema è che nessuno è mai riuscito a inviare sonde nei tenebrosi abissi del Tartaro. Allo stesso modo, nessuna sonda è mai giunta a noi da quelle spaventose profondità. Secoli prima un altro grande, Galileo Galilei, ebbe a raccomandare di misurare ogni cosa e di rendere misurabile ciò che non è misurabile. La pietra d'inciampo è ancora una volta la Morte. Possiamo rendere misurabile tutto, anche lo sterco, ma ciò che è connesso con la cessazione della vita continua a sfuggirci. Alla domanda se la parafisica sia o non sia una scienza, non posso rispondere in modo netto e immediato senza aver prima analizzato il materiale disponibile. Dobbiamo ammettere che gli intenti della parafisica sono di certo quanto di più nobile possa esistere. Tuttavia gli intenti non sono sufficienti a rendere scientifico qualcosa. Il mio sospetto è che ci vorrà ancora molto tempo per fare della parafisica una scienza vera e propria. Al di là delle solite fumisterie sulla quantistica, come al solito estesa al dominio macroscopico, non vedo una sola definizione di osservabile fisica che serva a chiarire i problemi in causa. Il modello teorico sviluppato da Beichler si fonderebbe a suo dire su un continuum spaziotemporale di Einstein-Kaluza a cinque dimensioni. Uso il verbo al condizionale perché non ho visto da nessuna parte nemmeno una singola equazione utile. Non sono stato in grado di reperire informazioni dettagliate e chiare sulla teoria, e soprattutto su come implicherebbe in automatico la natura immortale della consapevolezza umana. Su Academia.edu si trovano  alcuni contributi dell'insigne parafisico, ma nessuno è dotato del necessario rigore scientifico. Si parla soprattutto delle seguenti amenità: Tao, nuovo paradigma, unificazione della fisica occidentale col misticismo orientale, prana, chakra, etc. In una presentazione viene mostrata in modo provocatorio un'equazione, senza alcuna spiegazione, con la scritta ironica "For those who need an equation". La matematica beichleriana non semba molto robusta. Più oltre, scorrendo le slide, si trovano figure relative alla teoria del campo unificato, finendo poi per scivolare nella New Age, con il corpo materiale descritto come "curvatura quantizzata o schema materia/energia" e a destra della strana figura gli organi interni (intestino, fegato, cuore, cervello, etc.) che prendono forma come "paranormale o input del sesto senso". A questo punto il fetore della New Age mi satura già le narici e monta in me la furia. Una slide dopo, ecco il flusso Chi dell'agopuntura e i chakra. Non ci credete? Si trova tutto qui:  


Per il resto, dovunque nel Web si trovano soltanto descrizioni giornalistiche, a mio avviso prive di qualsiasi valore. Questa, per esempio:


La mia conclusione, stando così le cose, è che tutto questo materiale si collochi nel vasto campo della pseudoscienza. 

Reazioni controproducenti 

Di fronte a questi argomenti parafisici scatta in genere la furibonda reazione degli inquisitori dello scientismo materialista. Strepitando come gallinacci, urlano e pestano i piedi, affermando che tutto si spiega con il Dio Cervello e con l'Evoluzione. Essendo stato sfidato un dogma, essi intervengono. Entra in campo il CICAP per difendere e imporre l'Ortodossia. Eppure tutti questi sforzi sono vani e non sortiscono l'effetto sperato. A me destano soltanto irritazione per la loro natura essenzialmente religiosa. Quello che invece si deve fare è analizzare ogni teoria per evidenziarne contraddizioni intrinseche. Il punto è che emergono numerose incoerenze sia nelle teorie parafisiche che in quelle materialistiche. Il mondo accademico dovrebbe poi occultare con somma verecondia le baggianate di Roger Penrose sui microtubuli quantistici, proprio come un soldato ha il dovere di nascondere alla vista dei civili un commilitone ubriaco.  

Il problema delle NDE 

Lo stesso Beichler afferma di aver sperimentato nella sua vita un'esperienza di pre-morte (near death experience, NDE) che gli avrebbe permesso di sfuggire al disastro di Ramstein e all'incidente aereo di Lockerby. Aggiunge che quanto gli è capitato non è l'origine del suo interesse per la parafisica, semmai ha soltanto rinforzato una fede che già possedeva. Anche le NDE presentano problemi non indifferenti, che non possono essere aggirati, essendo pertinenti all'ontologia. Se restassi al confine tra la vita e la morte e vedessi la figura di un angelo con l'aspetto di una donna bellissima, mi porrei alcune domande. Tale angelo è fatto di materia? Ha un corpo fisico? A cosa gli servono le sue fattezze fisiche e gli organi di senso? A che gli serve, per esempio, la bocca? Per parlare? Per mangiare? Per fellare? Capite il problema? Se l'angelo parla, diffonde onde acustiche nell'atmosfera, fatte di variazioni di densità dell'aria circostante, che propagano a una data velocità giungendo fino alle mie orecchie, venendo convertite in onde elettriche dal mio cervello e interpretate. Se l'angelo mangia, significa che esiste un ciclo biologico che costringe a ingerire sostanze biologiche, destinate ad essere digerite e defecate. Quindi anche l'aldilà sarebbe un mondo imperfetto fondato sui princìpi della termodinamica. Se l'angelo pratica la fellatio, significa che è un individuo facente parte di una specie dotata di sessualità. Quindi una specie i cui individui nascono, crescono, si accoppiano, decadono e muoiono. Una specie che può essere dotata delle più svariate parafilie. Come diceva Lautréamont, aspettatevi di trovare in Cielo le stesse aberrazioni che imperversano sulla Terra! Un'amica affermava anni fa di aver vissuto una NDE e di aver visto i verdi pascoli di cui parlano le Scritture. Bene, se ci sono valli e montagne coperte di erba, significa che siamo su un pianeta dotato di ciclo dell'acqua, con mari e fiumi, evaporazione e pioggia. Un mondo fisico con cicli biologici complessi, che comportano la crescita di vegetazione, la presenza di animali che se ne nutrono, che ingurgitano e defecano. Quindi ancora una volta un mondo imperfetto, materiale, tutto fuorché spirituale! Ricordo il caso di un neurochirurgo americano, Eben Alexander, che sosteneva di aver avuto una NDE durante un coma durato sette giorni, mentre il suo cervello non registrava la benché minima attività. In queste condizioni Alexander avrebbe visto un mondo bellissimo, con un'incredibile numero di farfalle e una fanciulla incantevole dai grandi occhi, che gli avrebbe rivelato i misteri più reconditi dell'Universo. Il tutto è stato descritto nel suo libro, Milioni di farfalle (2013). Quando ho letto questa notizia, ho subito pensato che un mondo con milioni di farfalle è un mondo con milioni di bruchi!

venerdì 30 novembre 2018



IL TRIANGOLO DELLE BERMUDE

Titolo originale: El Triángulo diabólico de las Bermudas
Aka: The Bermuda Triangle; The Secrets of the Bermuda Triangle;
     Devil's Triangle of Bermuda
Paese di produzione: Italia, Messico
Anno: 1978
Durata: 115 min
Rapporto: 1.78 : 1
Genere: Avventura, drammatico, fantascienza
Regia: René Cardona Jr.
Soggetto: René Cardona Jr.
Sceneggiatura: Carlos Valdemar, René Cardona Jr.
Casa di produzione: Nucleo Intern - Conacine
Distribuzione (Italia): Nucleo Star
Fotografia: Leon Sanchez
Montaggio: Alfredo Rosas Priego
Effetti speciali: Federico Farfán
Musiche: Stelvio Cipriani
Interpreti e personaggi
    John Huston: Edward Marvin
    Gloria Guida: Michelle Marvin
    Marina Vlady: Kim Marvin
    Hugo Stiglitz: Mark Briggs
    Carlos East: Peter
    Claudine Auger: Sybill
    Al Coster: Dave Marvin
    Andrés García: Alan
 
    Andrés García Jr.: Billy 

    Miguel Fuentes Azpiroz: Gordon
    Gretha: Diana Marvin
    Mario Arévalo: Tony, un membro dell'equipaggio
    Adalberto Arvizu: un pilota dell'esercito
    Jorge Zamora: Simon, il cuoco
Doppiatori italiani
    Glauco Onorato: Mark Briggs
    Pino Colizzi: Alan 

Titoli tradotti: 
   Germania: SOS-SOS-SOS Bermuda Dreieck
   Francia: Le mystère du triangle des Bermudes
   Portogallo: O Triângulo Diabólico das Bermudas
   Russia: Тайна Бермудского треугольника
   Danimarca: Mysteriet i dybet

Trama: 
Nel 1945 un gruppo di quattro aerei Avenger decollati da Fort Lauderdale scompare misteriosamente durante la traversata dell'area denominata Triangolo delle Bermude. Gli strumenti impazziscono. Nell'ultimo contatto radio uno dei piloti afferma che il mare è molto alterato e che una luce accecante viene verso di lui.
Una trentina di anni dopo, nel 1978, l'archeologo Edward Marvin si trova con la sua numerosa famiglia a bordo dello yacht Black Whale III (notare il nome augurale e lieto), diretto verso il mare delle Bermude. Lo studioso è impegnato in una missione ambiziosa: spera di scoprire nientepopodimeno che i resti sommersi della civiltà scomparsa di Atlantide, in modo tale da concludere con onore la propria carriera lavorativa. Oltre al capitano Mark Briggs e all'equipaggio ci sono il dottor Peter, la cui vita è distrutta dai sensi di colpa derivanti da una diagnosi errata, e sua moglie Sybill, creatura fatua e volubile. Il viaggio procede, ma una volta arrivati a destinazione cominciano ad accadere fenomeni inspiegabili. Gli strumenti di bordo sono fuori controllo e viene scoperta una bambola d'epoca che galleggia tra le onde. Il simulacro viene pescato dall'equipaggio e Diana Marvin, la figlia più giovane dell'archeologo, se ne impadronisce. Presto risulta chiaro che la bambola è un manufatto diabolico in grado di prendere vita. Il suo volto è orribile e contratto in un ghigno spaventoso. Quando uno stormo erratico di pappagalli investe l'imbarcazione, il mostruoso giocattolo si anima e con un piccolo coltello fa a pezzi i volatili, uno per uno. Cominciano ad abbattersi disgrazie sulle persone presenti a bordo, che finiscono decimate dai più orrendi incidenti, evidentemente non occorsi per caso. Il cuoco finisce sgozzato da un coccio di bottiglione durante una caduta in cambusa, il macchinista viene tritato da un'elica, riattivatasi proprio durante la manutenzione. Durante un'immersione, Edward e i suoi scoprono imponenti colonnati, vestigia di una sconosciuta civiltà scomparsa, ma vengono sorpresi da un tremendo terremoto. La figlia maggiore dell'archeologo, Michelle, rimane gravemente ferita a una gamba e necessita di essere operata al più presto. Viene così caricata su un gommone da suo fratello Dave, che cerca di dirigersi verso il più vicino avamposto umano. Il mezzo di fortuna non arriverà mai alla meta: una globo di luce innaturale affiora dalle acque, facendo sparire Michelle e Dave. Lo yacht è ormai in stato di desolazione, rimane soltanto il capitano, che cerca aiuto tramite la radio. L'orrore lo pietrifica quando alla sua chiamata risponde la guardia costiera e viene quindi a sapere che la Black Whale III è scomparsa da dodici anni! La nebbia avvolge l'imbarcazione, che si dissolve nel Nulla.


Recensione:
Considerato un immondo polpettone-horror dalla critica, il film di Cardona Junior è invece secondo me abbastanza interessante. Non certo perché dotato di qualche parvenza di veridicità, sia ben chiaro. Resta però una storia inquietante e capace di trasmettere la consapevolezza della nullità dell'essere umano di fronte a forze terribili che si nascondono dietro il pelo della quotidianità, pronte a fare irruzione e a portare la Morte Ontologica. La pellicola è stata stigmatizzata da giornalisti incapaci di comprendere che il vero Orrore non è il grandguignolesco, l'ammasso di frattaglie estratte da un cadavere sventrato, la testa mozzata e virescente o simili amenità. Se questi recensori non comprendono il potere terrificante di un elemento incongruo come una sinistra bambola che sta dove non dovrebbe esserci, significa che forse farebbero meglio a impiegare il loro tempo a cantare le lodi dell'epopea dei Puffi! Forse un limite del film è l'incapacità di dare una spiegazione univoca degli eventi funesti che colpiscono le persone a bordo della Black Whale III, ma credo che tutto sommato sia un difetto di poco conto. Trovo esagerate le opinioni di chi accusa il regista di aver fatto un lavoro disastroso. Incantevole come sempre la bionda Gloria Guida, che qui interpreta la figlia dell'archeologo votata fin dall'inizio a un fato di atrocità inesprimibile.

Splendida la colonna sonora di Stelvio Cipriani, che comunica un'angoscia e un senso subliminale di contatto con l'Ignoto, in grado di insinuare brividi profondi nell'anima. Secondo me il miglior Cipriani è in assoluto quello giovanile. Sono rimasto basito quando ho appreso da amici che l'hanno visitato, che il celebre compositore riteneva di aver raggiunto il culmine della sua realizzazione con la Missa solemnis, considerando invece quasi irrilevanti i brani musicali composti in gioventù, a mio avviso così ispirati. 

Il mito memetico del Triangolo Diabolico 

Ormai non se ne parla praticamente più, nemmeno negli ambienti dei complottisti, ma ci fu un tempo in cui il Triangolo delle Bermude era sulla bocca di tutti. Circolavano le più mirabolanti narrazioni mitologiche. Si diceva che le compagne aeree rifiutassero di far sorvolare l'area maledetta ai loro piloti e che quando erano costrette a fare un'eccezione, i membri dell'equipaggio si facessero il segno della croce per tutti i morti che c'erano stati - e a quanto pare anche per le genti di Atlantide perite nello sprofondamento della loro terra. Si tratta certamente di invereconde fanfaluche, inventate da qualcuno e diffuse su vasta scala tramite contagio memetico. L'origine di questo interesse per le sparizioni di navi e di aerei nel mar dei Sargassi è facile individuarla: si tratta di un libro di Charles Berlitz, Bermuda, il triangolo maledetto (Bermuda Triangle), pubblicato per la prima volta nel 1974, soli quattro anni prima dell'uscita del film italo-messicano di Cardona Junior. L'opera di Berlitz ha conosciuto una diffusione straordinaria e un immenso successo, in un'epoca in cui la gente era ben disposta ad accogliere qualsiasi suggestione misteriologica senza alcun barlume di elementare senso critico. Charles Frambach Berlitz (1914-2003), scrittore statunitense, era il nipote di Maximilian Berlitz, fondatore della famosa scuola di lingue che tuttora porta il suo nome. Il suo apparato dottrinale era composto da una pastone di teorie pseudoscientifiche prese da Peter Kolosimo, prima tra tutte quella degli Antichi Astronauti - secondo cui la Terra sarebbe stata visitata nella preistoria da svariate civiltà extraterrestri, che avrebbero contribuito a fondare le culture e le tecnologie umane. Un altro caposaldo kolosimiano professato da Charles Berlitz consiste nella fede in una fitta rete di discontinuità spaziotemporali, composta da wormholes in grado di connettere alcuni luoghi del nostro pianeta a chissà quali dimensioni di altri universi. Le argomentazioni berlitziane sull'antico continente perduto di Altlantide sono volte a dimostrare, con mezzi scarsi e paralogici, l'origine delle civiltà precolombiane d'America da profughi giunti dalla terra ricoperta dalle acque. Così il termine nahuatl Aztlan, che significa "Luogo degli Aironi Nivei" - da cui deriva Aztecatl "persona di Aztlan" (da cui azteco) - viene attribuito ai Maya e trascritto come Aztlán o Atlán, la seconda variante essendo una fabbricazione per rendere il toponimo amerindiano più simile a quello riportato da Platone. Immagino che anche questa perla sia stata presa da Kolosimo. Le lingue dei Maya sono di ceppo diverso dal Nahuatl degli Aztechi e sono assai dissimili anche nella fonetica: le trame degli pseudoscienziati saltano subito all'occhio a chi abbia un minimo di conoscenza. 

Ontologia temporale

Il presupposto del film è un'ontologia temporale eternista non tensionale (B-eternista), caratterizzata da cunicoli (wormholes) in grado di connettere regioni dello spaziotempo con coordinate temporali molto diverse: accade così che dal suo cronotopo presente un navigatore possa venirsi a trovare nel lontano futuro, a distanza di anni, prendendo una sorta di scorciatoia. Allo stesso modo è possibile che un segnale dal lontano futuro percorra il cunicolo spaziotemporale venendo così captato nel presente, dando persino origine a dialoghi paradossali. In pratica sarebbe possibile la propagazione retrograda di un segnale subluminale senza coinvolgere un universo tachionico o superluminale. Il segnale radio che parte dalla guardia costiera, in una regione spaziotemporale a dodici anni di distanza dal cronotopo del capitano Briggs, procede senz'altro in modo assurdo. Questo perché  va dal presente della guardia costiera verso il futuro, non presuppone un'inversione del nesso causa-effetto, eppure questo futuro verso cui tende... è nel passato! Tutto ciò, oltre a provocare orripilazione, non sarebbe possibile in un'ontologia temporale presentista, e penso che presenterebbe qualche difficoltà anche  in un'ontologia eternista tensionale (A-eternista). 

La famigerata lista dei veicoli scomparsi

La pellicola si chiude con un lungo elenco di aerei e di imbarcazioni scomparse nel Triangolo del Diavolo, preso dal libro di Charles Berlitz. In realtà, come fa notare lo stesso CICAP, che si è occupato della questione, nel numero di queste sparizioni non c'è di per sé nulla di anomalo, dato che l'area in cui sono avvenute è caratterizzata da un intenso traffico aereo e marittimo. Pur non avendo alcuna simpatia per gli Angela e per le loro opere, debbo ammettere che c'è della coerenza logica nelle confutazioni pubblicate dal CICAP: per fare un ragionamento lapalissiani, se nel fatidico Triangolo nessuno avesse voluto recarsi per paura della maledizione di Atlantide o degli alieni, non si capirebbe nemmeno come possano esserci state sparizioni. A detta di Berlitz il nostro pianeta sarebbe come una groviera tutta piena di buchi: nella sua opera ha persino dato notizia di altre anomalie simili al Triangolo delle Bermude, come ad esempio il Mare del Diavolo al largo del Giappone, anch'esso caratterizzato da un elevato numero di disgrazie - cercando di attribuirle a cause soprannaturali. La gente si è bevuta tante di quelle stronzate negli anni, che adesso ci sono molti allergici che chiedono le fonti anche per affermazioni come "la formula chimica dell'acqua è H2O". Magari un po' di senso critico nei passati decenni avrebbe aiutato. 


Premonizioni abissali! 

La bambola vivente galleggiante nel Mare Maledetto e l'attivista svedese Greta Thunberg: due gocce d'acqua! Forse il regista e sceneggiatore messicano è stato visitato da un raccapricciante spettro notturno che gli ha recato un'immagine dell'arcigna e fanatica sostenitrice dello sviluppo sostenibile, facendogli tremare le membra dal terrore! Purtroppo non lo si può facilmente appurare; se fosse vero, dovrei cominciare a rivedere le mie posizioni sull'ontologia temporale presentista.
P.S.
Nessun buonista osi reagire alle mie parole dicendo che la svedese è malata, perché soffro della medesima malattia, posto che così la si possa definire: sono io stesso un Asperger e quando vado in burnout le mie bestemmie le sentono fino in Argentina! 


Il filone cinematografico del Triangolo 

Il film di Cardona Jr. è stato il capostipite di una serie di altre opere sullo stesso argomento. Potremmo quasi dire che ne è nato un sottogenere dell'horror. Già nel 1978 si segnala Bermude: la fossa maledetta, di Tonino Ricci alias Anthony Richmond. Vi sono significativi tratti in comune con Il Triangolo delle Bermude: la bambola diabolica e gli alieni aberranti, oltre a elementi del cast come l'attore Andrés García. L'anno successivo è uscito un altra opera di Ricci-Richmond: Incontri con gli umanoidi (aka Uragano sulle Bermude), una volta di più con Andrés García. Infine abbiamo, sempre nel 1979, Bermuda now... il film (aka The Bermuda Triangle), di Richard Friedenberg. In realtà si tratta più che altro di un documentario, in cui il commentatore Brad Crandall esplora fatti, leggende e folklore a partire dal libro di Berlitz. A un certo punto la febbre del Triangolo Maledetto ha cominciato a scemare, per poi presentare qualche nuovo picco agli inizi del XXI secolo. In questa pagina di Imdb.com si trovano testimonianze di altri lavori sull'argomento, alcuni abbastanza recenti:


Altre recensioni e reazioni nel Web: 


Tutt'altro che tenera la recensione su Mymovies.it, di cui riporto un estratto:

"Maldestro tentativo di abbozzare un'inchiesta documentaristica sui misteri del "Triangolo maledetto" sotto forma di un racconto drammatico di avventure sul mare. L'intento didattico è soffocato dallo spettacolo, ma lo spettacolo è, a sua volta, banalizzato e frammentato nella rappresentazione orrorifica delle morti che tolgono di mezzo, l'uno dopo l'altro, tutti i personaggi del film. Lungi dall'informare correttamente sulle inspiegabili tragedie registrate nella zona compresa tra Bermuda, Porto Rico e le Bahamas, la sceneggiatura sfiora i temi del filone catastrofico (un gruppo di uomini variamente afflitti da pene personali e riuniti in una situazione di pericolo) senza, peraltro, suscitare emozioni." 

Una delle rare recensioni positive trovate nel Web è quella dell'utente Zombi, trovata su Filmtv.it. Questo è il suo commovente finale:

"una ghost story in piena regola quindi? la nave sparisce nel nulla e ritroviamo la bamboletta diabolica galleggiare nel blu profondo fino a quando un'altra nave non la ripesca e non si ritrova catapultata in uno spazio temporale che non le appartiene. palma del migliore all'attore che interpreta peter martin il marito della auger... bello, bello, bello! belle e avvolgenti, tendenti in alcuni momenti al sacro le musiche del maestro stelvio cipriani."