martedì 22 settembre 2015


LA PELÍCULA DEL REY

Titolo originale: La película del Rey
Aka: A King and His Movie; C'era una volta un re
Lingua originale: spagnolo
Paese di produzione: Argentina
Anno: 1986
Durata: 107 minuti (versione in inglese: 97 minuti)
Colore: colore
Audio: sonoro
Genere: drammatico, biografico  
Regia: Carlos Sorín
Aiuto regista: Miguel Fernández Alonso, José Luis Ambrosio,
   Gumersindo Rama, Cristian Pauls
Produttore: Axel Pauls, Perla Liechtenstein, Gustavo Sierra,
   Ezequiel Ábalos, Carlos Sor
ín Cine S.A.
Produttore esecutivo: Axel Pauls
Sceneggiatura: Carlos Sorín, Jorge Goldenberg
Scenografia: Margarita Jusid
Costumi: Margarita Jusid
Musiche: Carlos Franzetti
Fonico: Bebe Kamin
Fotografia: Esteban Pablo Courtalón
Montaggio: Alberto Yaccelini
Distribuzione: Motion Pictures

Interpreti e personaggi:
  
Ulises Dumont: Arturo
   Julio Chávez: David Vass
   Villanueva Cosse: Desfontaines
   Roxana Berco: Lucía
   Ana María Giunta: Madama
   David Llewelyn: Lachaise
   Miguel Dedovich: Oso
   Marilia Paranhos: Lulu (Lula) 
   Ricardo Hamlin: Maxi
   Eduardo Hernández: Rosales
   Rubén Patagonia: Quillapán
   Rubén Szumacher: interprete
   César García: Bonanno
   Carlos Rivkin: Rogelio
   Sergio Raso: assistente
   Alicia Curmona: assistente
   Marcela Luppi: truccatrice
   Fernando Bravo: giornalista
   Diego Varzi: sottosegretario
   Susana Tanco: Laura
   Monica Tosser: segretaria
   Victoria Lustig: artigiana
   Rubén Santagada: annunciatore
   Omar Tiberti: Antonio
   Susana Sisto: donna
   Guillermo Schaft: figlio
   Jesus Berenguer: gestore
   Felipe Méndez: gestore
   Iván Grey: padre
   Hilda Rey: madre
   Jorge Vela: rappresentante
   Aldo Piccioni: rappresentante
   Floreal Briasco: fotografo
   Pablo Castro Videla: assistente
   Roberto Pagés: giornalista
   Martín Coria: istruttore
   Jorge Goldenberg: tecnico
   Saúl Salvo: tecnico
   Carlos Urquiza: tecnico 
   Carlos Laterza: imitatore
   Victor Catalano: attore
   Alfredo Quesada: attore
   José Gramatico: vicino
   Juan José Valera: parrucchiere
   Diego Frasán: assistente
   Manuel Morales: elettricista
   Luisina Brando

Trama:
Il film narra la storia di David Vass, un regista di Buenos Aires ossessionato che tenta di fare un resoconto epico delle gesta dell'avventuriero francese Orélie-Antoine de Tounens, che nel XIX secolo si proclamò Re di Patagonia e di Araucania. Vass incontra gravi ostacoli, ma il principale problema è trovare l'attore perfetto per interpretare il Re. Tutti gli attori professionisti che si presentano sono ritenuti inidonei e respinti, tanto che alla fine Vass cerca per la strada. Trova una specie di hippie e riesce a convincerlo ad accettare la parte. Assembla il cast e si prepara ad andare in Patagonia per girare il film. Tuttavia il suo produttore si ritira dal progetto e fugge all'estero con i soldi. Vass rimane senza soldi per pagare il suo staff. Gli attori abbandonano il progetto, e Vass è ancora una volta costretto a cercare i suoi attori per la strada. Dopo una serie di disavventure, il cast si dissolve. Il regista, lasciato da solo e senza mezzi, sprofonda in uno stato di irrealtà e non intende abbandonare, così decide di interpretare lui stesso la parte del Re, effettuando le riprese usando manichini per dare vita alle scene più spettrali del film.

Recensione:
A tratti surreale e capace di esprimere un intenso senso della desolazione. Particolarmente significativa è la scena in cui lo studioso anziano, che si è aggiunto al cast perché capace di parlare la lingua dei Mapuche (nel film chiamati Araucani), si trova finalmente davanti a discendenti di tale popolo e cerca di iniziare una breve conversazione. Si accorge però che quelli non lo ascoltano nemmeno e che lo guardano straniti come se fosse un pazzo, dando segno di non ricordare più la lingua dei loro Padri e di non saperla neanche riconoscere. Così lo studioso crolla e le lacrime gli rigano gli occhi. "Questo mondo non ha cuore", singhiozza, e un'anziana prostituta è la sola che cerchi di consolarlo. Tutto ciò mi è rimasto impresso. L'Oblio che cancella ogni cosa, che la rende irriconoscibile. Se non vado errato, Pirandello diceva che qualcuno è morto non quando il suo cuore non batte più, ma quando non è più in grado di riconoscere se stesso e le cose che lo circondano. 
 
Produzione:
Un precedente progetto sullo stesso tema fu avviato in Argentina nel 1979, con il titolo La Nueva Francia. Diretto da Juan Fresán e Jorge Goldenberg (che compaiono nel cast de La Película del Rey), il film  non è mai stato concluso per una serie di complessi motivi, tra i quali la mancanza di fondi. Gli attori principali furnon Goran Nicolic, Rubén Falbo, Bernardino Rivadavia e Bertha Dreschler. Nel 1984 l'argentina Narcisa Hirsch diresse un mediometraggio girato in 16 mm, intitolato Orelie Antoine, rey de la Patagonia. Un altro progetto, sempre argentino, risale al 1988, a pochi anni dopo di quello della Hirsch. Questo film, mai girato, avrebbe dovuto essere prodotto da Lita Stantic col contributo di capitali tedeschi, francesi e italiani e si sarebbe dovuto intitolare Yo Antoine de Tounens, rey de la Patagonia.

EL TOPO

Titolo originale: El Topo
Lingua originale: spagnolo
Paese di produzione: Messico
Anno: 1970
Durata: 125 minuti
Colore: colore
Audio: sonoro
Genere: western
Regia: Alejandro Jodorowsky
Soggetto: Alejandro Jodorowsky
Sceneggiatura: Alejandro Jodorowsky
Produttore: Juan López Moctezuma,
     Moshe Rosemberg, Roberto Viskin
Fotografia: Rafael Corkidi
Montaggio: Federico Landeros
Musiche: Alejandro Jodorowsky, Nacho Méndez
Scenografia: Alejandro Jodorowsky
Costumi: Alejandro Jodorowsky

Interpreti e personaggi:  
 Alejandro Jodorowsky: El Topo
 Brontis Jodorowsky: Miguel, il figlio di El Topo
     (da piccolo)
 Mara Lorenzio: Mara
 Jacqueline Luis: la nana
 Robert John: Miguel, il figlio di El Topo
     (da grande)
 Paula Romo: la donna in nero
 David Silva: il colonnello
 Alf Junco: bandito del colonnello
 Gerardo Zapeda: bandito del colonnello
 Alfonso Arau: bandito del colonnello
 Federico Gonzales: bandito del colonnello
 Vincente Laura: bandito del colonnello
 Héctor Martínez: il Primo Maestro
 Juan José Gurrola: il Secondo Maestro
 Víctor Fosado: il Terzo Maestro
 Agustín Isunza: il Quarto Maestro
 Bertha Lomelí: la madre del Secondo Maestro

Premi:
 Ariel Awards, Mexico 1972
 Avoriaz Fantastic Film Festival 1974

Trama e recensione:

Un film western allegorico, bizzarro, ultraviolento e onirico. In spagnolo El Topo è la Talpa. Come si dice nella presentazione, la Talpa è un animale che scava le sue gallerie nel buio e quando arriva alla luce diventa cieco. Il film è diviso in due parti che sono spesso interpretate come complesse metafore dell'Antico e del Nuovo Testamento.

Nella prima metà, El Topo, un violento pistolero in abiti neri interpretato dallo stesso Jodorowsky, vaga nel deserto accompagnato dal suo figlio nudo. El Topo e il figlio giungono in un villaggio messicano la cui popolazione è stata sterminata: la strada è un fiume di sangue che scorre tra i cadaveri. A compiere l'eccidio sono stati gli uomini del Colonnello, un bandito megalomane che si è insediato in una missione francescana. I frati, ridotti in schiavitù, vengono abusati in modo atroce e sodomizzati dai malviventi. El Topo sconfigge il Colonnello e servendosi del coltello lo evira. Il Colonnello, nudo e castrato, per l'umiliazione si suicida sparandosi un colpo in bocca. Il viaggio di El Topo prosegue solitario: egli pensa bene di lasciare il figlio alle cure dei frati. Dopo aver a lungo vagabondato nel deserto con una donna salvata da un abietto rapporto col Colonnello, El Topo viene da lei istigato a sfida a duello quattro Maestri Zen. Li uccide uno dopo l'altro, ma per farlo ricorre ogni volta all'inganno e al tradimento. Quando si rende conto di ciò che ha fatto, il dolore è talmente lacerante che si innesca in lui una terribile crisi. Distrugge la sua pistola. Intanto la sua amata lo lascia per andare con un'altra donna, una dominatrice che l'ha sedotta sferzandola e leccandole il sangue colante dalle ferite. Gli eventi precipitano: El Topo viene colpito dalla sua ex, che gli scarica il revolver nello stomaco. Tuttavia si accorge di essere incapace di morire.   

Nella seconda metà del film, El Topo si risveglia dopo un lunghissimo sonno rigeneratore nelle viscere di una montagna cava. In quelle spelonche vive una comunità ctonia di emarginati resi deformi da generazioni di incesti. Sono persone spesso affette da nanismo e da rachitismo, che si nutrono di insetti ed anelano ad uscire alla luce del sole. El Topo si accorge presto di essere rinato con un nuovo aspetto: le sue chiome e la sua barba, un tempo corvine, sono ora di un color fulvo splendente. Purtroppo si fa radere completamente in una sorta di rito di passaggio, giungendo ad essere pelato come un bonzo. La sua nuova compagna è una nana che si è presa di lui durante il suo lungo sonno. Pensa di aver trovato la pace e si dà molto da fare per scavare un tunnel che permetta alla popolazione di giungere in superficie. Non riuscirà tuttavia ad eludere nuove terribili prove. Insieme alla sua compagna esce dalla montagna cava. I due si ritrovano in una città di gringos governata da una terribile setta massonica che ha fatto tappezzare ogni edificio con il suo emblema: la Piramide con l'Occhio Onniveggente. Questi settari, che per certi versi ricordano il Ku Klux Klan, commettono crimini spaventosi. Fanno marchiare gli schiavi con ferri roventi e sparano nella schiena dei fuggiaschi. Sotto una patina di ipocrisia nascondono ogni sorta di aberrazione. El Topo e la nana per vivere sono costretti ad elemosinare e a fare lavori umilianti. Arrivano persino a copulare in un bordello clandestino, e in questa occasione lei rimane gravida. Volendosi sposare, vanno in chiesa, ed è allora che El Topo si trova davanti suo figlio, che è un frate francescano. Gli eventi precipitano e finiranno in una spaventosa carneficina.   

I simbolismi sono talmente intricati da costituire una selva geroglifica. Si potrebbe parlarne per mesi. Le tombe dei Quattro Maestri; la religione superstiziosa degli adepti della Massoneria-KKK; il frate figlio di El Topo che preso dalla disperazione toglie l'enorme simbolo dell'Occhio Onniveggente dalla parete della chiesa dietro l'altare, scoprendo la Croce; il bambino che prende la pistola di un uomo durante una roulette russa collettiva e si spara finendo col cranio scoperchiato: tutte queste cose non si dimenticano facilmente. Potrei continuare, ma sarebbe inutile. Consiglio a tutti la visione di questo capolavoro assoluto. 

Trailer: 

Pubblichiamo il link al trailer del film su Youtube: 


martedì 15 settembre 2015

I PREFISSI NELLA LINGUA PALEOSARDA RICOSTRUITA: MARCATORI DEL SECONDO TIPO

Chiamo marcatori del secondo tipo alcuni prefissi in uso nella lingua paleosarda che si prefiggono a radici inizianti per consonante, salvo alcune eccezioni. Questi elementi si comportano in modo decisamente diverso dai marcatori di primo tipo già analizzati. 

1) Prefissi in consonante alveolare:

Presentano due varianti essenziali: una iniziante per T- e un'altra, chiaramente un allomorfo, iniziante per TZ-. Non in tutti i casi è chiaro quale delle due forme sia la più antica. Il vocalismo è incerto e può dipendere - anche se non sempre - dalla vocale tonica della parola a cui si aggiungono i prefissi. Questo tipo di prefisso non comporta alterazioni del vocalismo della radice a cui si prefigge.
Così abbiamo:

TA-, TZA-
TE-, TZE-
TI-, TZI-
TU-, TZU-

Questi elementi sono tuttora vivi nella lingua sarda neolatina, dove si ritrovano prefissi sia a resti del sostrato preromano che a parole di chiara origine latina. In sardo le varianti in tz- si scrivono solitamente come th-, esprimendo ormai un suono fricativo interdentale.   

Esempi di prefissi applicati a parole sarde di origine latina:

thi-ghinisa "cenere incandescente"
       < lat.
cinus 
thi-likerta "lucertola"
< lat. lacerta(m)  
th-ukru "collo" < lat. iugulu(m)
th-únniu "fungo" < lat. fungu(m)

Esempi di prefissi applicati a parole sarde di origine paleosarda:

thi-likukku, tza-lakuka "gongilo
        (un lucertolone)" 
thi-lingrone "lombrico" (1)
thi-lipirke "locusta" 
thu-lurthis "biscia d'acqua" (2) 

(1) Variante senza prefisso: lingrone "individuo allampanato"; altre forme molto lontane foneticamente potrebbero essere ricondotte a diverse radici.  (2) Varianti su-lurzi (con articolo romanzo) e lúrtsis, lircis (senza prefisso). 

Non è sempre facile in questi casi separare il lessema originario e ricostruirlo in modo corretto, anche perché spesso si presentano forme problematiche e molto complesse, come ad esempio: 

thilibríu "nibbio"
thurulía "poiana" 

tzarantzula "tarantola"
tzintzimureddu "pipistrello"
tzurrundeddu "pipistrello"

Frequenti sono le interferenze tra lemmi nativi e voci neolatine. Così sospetto che tzintzigorru, sitzigorru "chiocciola" risenta della voce neolatina corru, gorru (< lat. cornu:), che non ha nulla a che vedere con il paleosardo GORRU "rosso"

Possibili spiegazioni: le posizioni di Blasco Ferrer e di Pittau

Blasco Ferrer non riconosce la natura paleosarda di questi prefissi e aderisce alla teoria di molti romanisti, che vedono in tali formazioni nient'altro che agglutinazioni delle parole latine (di origine greca) thi:u(m) "zio" e thi:a(m) "zia". Accolgo senza dubbio le obiezioni di Pittau a una simile posizione, che mi pare inconsistente con l'impostazione di uno studioso come il Blasco Ferrer, che non è certo affetto da Horror Praeromanus e che tanto ha contribuito a chiarire la natura della lingua paleosarda. Una tale analisi è infatti tipica di persone che si fanno in quattro per negare qualsiasi realtà anteriore all'arrivo della lingua latina, spiegando a forza Omero con Omero.

Così si sintetizza la posizione di numerosi romanisti, adottata da Blasco Ferrer: 

1) Le parole latine thi:u(m) e thi:a(m) sono all'origine dei prefissi sardi;
2) La motivazione dell'uso di tali parole è totemica ed esprime aspirazione alla caccia o timore;
3) Esistono in dialetti dell'Italia meridionale e centrale forme tabuistiche in apparenza analoghe come ciammaruca "lumaca" < lat. *thi:am eru:ca(m); zimmadonna "chiocciola" : it. *Zia Madonna; zalaura "lupo" : it. *Zia Laura.

Così si sintetizza la posizione di Pittau: 

1) I vocabili thiu e thia in sardo non elidono mai le vocali -u, -a davanti a consonante, ma il solo thiu lo fa davanti a vocale;
2) Non si ha la benché minima documentazione di forme abbreviate *thu e *tha.
3) I prefissi si trovano con specie di animali che non sono mai state prede ambite o oggetto di timore; 
4) Si trovano questi prefissi anche con alcuni nomi inanimati, come il barbaricino ta-ni'ele "coso" per nikele id. (trascritti taniqele e nichele dal Pittau).

Aggiungerei alle considerazioni del Pittau anche il fatto che le forme tratte da dialetti meridionali e centrali sono argotiche e di natura diversa da quella delle forme sarde. Non si ha mai qualcosa come *thi:u(m) lupu(m) per esaugurare il lupo: si ricorre a un eufemismo di natura diversa (un nome proprio femminile). Anche ciammaruca non sarà tanto da *thi:am eru:ca(m), quanto piuttosto da *Zia Maria Ruca.

La soluzione offerta da Pittau a questi gravi difficoltà è il paragone con il pronome dimostrativo etrusco ta, arc. ita: i prefissi paleosardi sono da lui interpretati come articoli che si sarebbero poi cristallizzati perdendo la loro originaria funzione. La cosa mi pare sospetta, anche perché i sostantivi neolatini derivano quasi sempre da accusativi, e all'accusativo l'etrusco ta fa tn. Se le parole in questione fossero entrate nel latino volgare da una lingua affine all'etrusco, è molto probabile che avrebbero conservato un elemento nasale come antica desinenza dell'accusativo fossile. 

La teoria dell'origine berbera

Non va nascosto che esistono anche romanisti che accettano l'origine neolatina dei prefissi in questione, ma li ritengono di origine berbera e li utilizzano nel tentativo di ricondurre la popolazione isolana a un sostrato africano. Il prefisso berbero utilizzato per il paragone è il ben noto marcatore femminile ta-:

a-fullus, fullus "pulcino" < lat. pullus
ta-fullus-t "gallina" 

Va detto però che dall'analisi della parole sarde, non si evince affatto un uso di questo prefisso per marcare parole di genere femminile in opposizione a parole di genere maschile: l'ipotesi, basata su un'assonanza e contraddetta dai dati di fatto, è quindi da respingersi. Wagner, le cui conoscenze di berbero erano alla meglio fragili, credeva che vi esistesse un fantomatico prefisso maschile *tu- opposto al femminile in ta-, mentre invece nella realtà il prefisso maschile è a-.  

2) Prefissi in consonante velare: 

Per alcune parole che in molte varietà di sardo neolatino si hanno prefissi in dentale, esistono anche forme che presentano invece un prefisso in consonante velare, a volte palatalizzata: 

ka-
ci- /tʃi-/
 

Così abbiamo in campidanese per thi-likerta:

ka-lixerta
ci-lixerta  

Si dovranno quindi ricostruire le seguenti forme paleosarde: 

KA-
KI-

È lampante il fatto che questi prefissi non possono essere ridotti artificiosamente a thi:a(m). Pittau riterrebbe di certo questo prefisso confrontabile con il pronome dimostrativo etrusco ca, arc. ika; non mi risulta tuttavia che lo studioso barbaricino abbia trattato queste forme nel suo sito.

3) Prefissi in vocale:

Si danno casi di parole sarde con antichi prefissi in vocale agglutinati. Questi sono: 

a-
u-

Esempi:

a-tzanda "papavero", rispetto a tzanda id.
u-kau "gabbiano", rispetto a kau, kaone id.

Il prefisso u- non sembra mostrare alcuna vitalità, mentre il prefisso a- ha la proprietà di aggiungersi spesso ai prefissi in dentale per dare una sequenza a-tza- (a volte dissimilata in an-tza-) o at-ta-.
Ricostruiamo quindi i corrispondenti prefissi paleosardi: 

A-
U-

Ancora una volta, sembra che questi elementi non alterino in alcun modo il significato delle parole a cui sono aggiunti: non è facile capire la loro antica funzione.

Considerazioni finali

A parer mio la natura di tutti questi elementi non è chiara. In una fase molto antica del protobasco dovevano esistere simili marcatori, di cui restano oggi pochissime tracce.

In un caso particolare possiamo ricostruire tale situazione in basco: 

urki, burk(h)i "betulla" - varianti: turki (vizcaino di Zigoitia), epurki (Gipuzkoa, arc.) 

La situazione che si ricostruisce è questa: 

*burki, *te-burki 

L'occlusiva dentale sorda t- del prefisso è quindi sparita nella maggior parte dei dialetti; in questo modo *te- si è mutato in e-. Respingo l'idea di Michelena, che postulava un'improbabile assimilazione da burki a *gurki, passando poi a *kurki e quindi provvidenzialmente dissimilando in turki. Una spiegazione contorta che postula una serie di mutamenti non usuali. La mia spiegazione invece riduce a una sola origine le forme turki ed epurki.

In aquitano, una forma antica di basco e in pratica una varietà di protobasco, si danno casi di conservazione dell'antico T- accanto a forme in H-

TALSCO-, HALSCO- : basco haltz "ontano" + -ko
TARBEL-, HARBELEX : basco harbel "ardesia" (lett. "pietra nera")

In particolare TARBEL- deve essere da *TA-HAR-BEL-, con successiva contrazione. 

Ho una domanda da porre sia al Blasco Ferrer che al Pittau, e spero che non cada nel vuoto. Quanto visto per le fasi più antiche del basco e per l'aquitano è poi così diverso dalla situazione dell'attuale sardo?

lunedì 14 settembre 2015

I PREFISSI NELLA LINGUA PALEOSARDA RICOSTRUITA: MARCATORI DEL PRIMO TIPO

Numerose radici paleosarde, a prima vista enigmatiche, vengono comprese non appena si capisce che sono formate a partire da radici ben note tramite aggiunta di prefissi. Chiamo marcatori del primo tipo i prefissi in uso nella lingua paleosarda, che si prefiggono a radici inizianti per vocale. Ce ne sono diversi:

a) prefisso B-, con variante M-
b) prefisso D-, con variante L-
c) prefisso G- d) prefisso N- (raro)
e) prefisso S- 
f) prefisso TZ- 

Non sempre è evidente la funzione di questi elementi, che in alcuni casi modificano il significato della parola a cui si aggiungono. In non poche occasioni potrebbero tradursi come se fossero antichi articoli agglutinati, anche se non sappiamo bene che sfumature esprimessero. Occorre anche stare attenti a non separare consonanti che fanno in realtà parte di una radice, dando luogo a fraintendimenti, dato che il paleosardo, così come il protobasco, aveva un gran numero di parole omofone o quasi omofone.

Così abbiamo le seguenti derivazioni:

1) da ARANA = valle

Senza chiara modifica del significato:
G-ARANA = la valle
   Toponimi derivati:
   G-ARAU-NELE = la valle nera.

Con modifica del significato:
M-ARANA = fenditura
M-ARA-GONI < *M-ARAN-GONI = masso con fenditura.
Il vocabolo maragoni "crepaccio" vive tuttora nel sardo neolatino e non può certo essere ricondotto a mara "stagno, palude".

2) da ARDAULE, ARDIULE = lana

Senza chiara modifica del significato:
S-ARDULE = la lana
   Toponimi derivati:
   S-ARDUL-AI = alla lana, luogo della lana 
 

3) da ILI = villaggio

Con possibile modifica del significato: 
G-ILI = presso il villaggio
   Toponimi derivati:
   G-ILI-ARTZ-AI = alla pietraia presso il villaggio
   G-IL-ISTI = la palude presso il villaggio    G-ILI-ORRO = il fogliame presso il villaggio 

4) da IRI = paese

Senza chiara modifica del significato:
B-IRI = il paese
    Toponimi derivati:
    B-IRI-A = al paese, verso il paese
    B-IRI-AI = al paese
G-IRI = il paese
    Topomimi derivati:
    G-IRI-AI = al paese
    G-IR-IL-É = del villaggio del paese
    G-IR-ITZO = paese freddo
    G-IR-ITZ-OL-AI = alla capanna del paese freddo

5) da ISA = acqua, flusso d'acqua

Senza chiara modifica del significato:
B-ISI = il flusso d'acqua, il rivolo
     Toponimi derivati: 
     B-ÍS-INI = luogo del rivolo

L-ISA = il flusso d'acqua, il rivolo
   Toponimi derivati:
      L-IS-ORG-ONI = il buon flusso del ruscello   

6) da ISTI = fango, palude

Con possibile modifica del significato:
G-ISTI = presso la palude
    Toponimo derivato:
    G-IST-ORR-AI = al fogliame presso la palude

7) da ITILE = acquitrino

Con modifica del significato:
B-ITILE = luogo dove le bestie si abbeverano
  Sardo neolatino: bidíle
I romanisti hanno proposto la derivazione di questa parola da un fantomatico latino volgare *bibiti:le, formato male e mai esistito.

Con possibile modifica del significato:
G-ITILE = presso l'acquitrino
Toponimi derivati:
     G-ITILE (antico GITIL) = presso l'acquitrino

8) da ITZO = brina, gelo

Con modifica del significato:
B-ITZO, B-ITZI = rio freddo, acqua fredda
    Toponimi derivati:
    B-ITZ-ITZ-AI = alle acque fredde 
       (con collettivo collettivo -ITZA = basco -tza,
       -tze
; attestato come Vithithai)
    B-ITZI-KORO = acque fredde rossicce
        (oggi Bissicoro)
    B-ITZO-NELE = acque fredde scure
        (attestato come Bissonele)

9) da OBI = caverna, fossa, tana 

Con possibile modifica del significato:
G-OBI = presso la caverna, la fossa, la tana

     Toponimi derivati:
     G-ÓB-OLO = la capanna presso la caverna
         (oggi Gòvolo)
     G-OB-OS-AI = alla fonte presso la caverna
         (oggi Govosai)   
 

10) da ORGA = fonte

Senza chiara modifica del significato:
D-ORGA = la fonte
   D-ORG-ONE = buona fonte
   D-URGU-DEI = la fonte bianca
   D-URG-UI = alla fonte
G-ORGA = la fonte
   Toponimi derivati:
   G-ORG-ONI-AI = al colle della fonte
M-ORGA, M-URGA = la fonte
   Toponimi derivati:
   M-ORG-OL-AI = alla capanna della fonte
   M-URG-ULI-AI = alla capanna delle fonte
N-ORGA = la fonte
   Toponimi derivati:
   N-ORG-ERI = il paese della fonte
S-ORGA = la fonte
   Toponimi derivati:
    S-ORG-ONO = colle della fonte
TZ-URGA
= la fonte

Composti e derivati:
D-ORGA-LI, D-ÓRGA-LE = trogolo, canalone 
   Sardo neolatino:
      dúrgalu "trogolo"
TZ-URGA-LE = trogolo, canalone 
   Sardo neolatino:
      túrgalu, thúrgalu "trogolo";
      thurgále "pantano, luogo acquitrinoso" 
TZ-URG-USA = sedanino
   Sardo neolatino: 
      thurgusa
, urgusa "sedanino".
Queste forme sarde sono tratte da Pittau, ad eccezione di urgusa, che è riportata da Blasco Ferrer. 

È interessante notare che Pittau, che pure critica questa procedura di analisi, a suo dire arbitraria, riporta poi parole che ne danno conferma. Così egli arriva a tradurre il toponimo Sorgono con "abbeveratoio" a partire da parole sarde come sorgonada "lungo sorso" e sorgonare "tracannare". Un'associazione con latino sorbi:re, da lui proposta per spiegare questi dati, è senza dubbio da rifiutarsi. 
Ciò è perfettamente consistente con la parentela protobasca:

S-ORG-ONO (1), lett. "colle o base della fonte"
S-ORG-ONO (2); lett. "(atto di) bere a fondo" 
dove il suffisso -ONO equivale a basco oin "piede, base".

Blasco Ferrer reputa che il prefisso S- sia l'articolo neolatino sardo su < lat. ipsu(m), ma non mi sento di sottoscrivere questa ipotesi. Tra l'altro esiste anche una località chiamata Su Sorgono.

11) da ORTU = valle

Senza chiara modifica del significato:
B-ORTU, B-URTU = la valle
   Toponimi derivati:
   B-ORT-OL-AKE = le capanne della valle
   B-URT-EI = alla valle
   F-URT-EI = alla valle (/f/ è una bariante di /b/)
G-URTU = la valle
  Toponimi derivati:
  G-URT-EI = alla valle 
M-ORTU = la valle
  Toponimi derivati:
  M-ORTU-NELE = valle nera
  M-ORT-URU-NELE = acqua nera della valle

12) da OSA = fonte

G-USA = la fonte
   Toponimi derivati:
   G-US-UN-ÍE = al colle presso la fonte 
B-OSA, B-USA, M-OSA = pozzo. 
   Toponimi derivati:
   B-US-AKE = i pozzi


13) da OSTO = fogliame

Con possibile modifica del significato:
G-OSTO, G-USTO = presso il fogliame
Toponimi derivati: 
   G-OST-OL-AI = alla capanna presso il fogliame
   G-UST-OSP-ENE = del nasturzio presso il
      fogliame

Si noterà che il paleosardo è molto attento a non formare nello stesso modo derivati dalla parola corradicale ORRI "foglia, fogliame": si ingenererebbe infatti grave confusione con una diversa radice, ossia GORRI, GORRU, GURRI "rosso".

14) da URA, URI  = acqua

Con possibile modifica del significato:
G-URI = presso l'acqua
    Toponimi derivati:
    G-UR-UI = luogo presso l'acqua
TZ-URRU = getto d'acqua
TUT-T-ÚRRI-KE = rivolo 
    Parole sopravvissute in sardo:
    tzurru, thurru, turru, ciurru "zampillo"; tuttúrrihe
    "rivolo"
.
Si noti la rotica intensa. Malgrado la somiglianza fonetica di certi esiti sardi, questa forma va tenuta ben distinta da TURRI "fonte" (basco iturri id.).

15) da USSU, USSI = bosco, selva

Senza chiara modifica del significato: 
B-USA = selva, macchia.

Nella sua pagina Toponimi della Sardegna meridionale, Pittau riporta le seguenti forme sarde: busa, usa "macchia, grosso cespuglio" (Illorai, Bolotana). Non è chiaro il perché della differenza della sibilante rispetto a USSU e derivati. A causa di questo non sarà sempre facile distinguere la forma paleosarda dal quasi omofono B-USA "pozzo", allomorfo di B-OSA.  

Secondo Blasco Ferrer, queste formazioni sarebbero alterazioni arbitrarie dovute a una tendenza dell'antica lingua degli abitanti dell'isola di prefiggere consonanti alle parole per evitare che iniziassero per vocale, come è avvenuto nel sardo neolatino b-essire "uscire", etc. A parer mio si tratta invece di residui di qualcosa di molto antico che è andato quasi perduto in basco e che si è in parte conservato in paleosardo. La giustificazione addotta da Blasco Ferrer circa l'irrilevanza di queste consonanti prefisse è la seguente: "I prefissi non sono di regola ammessi nelle lingue agglutinanti". Quanto questo assunto sia falso lo dimostra l'esistenza stessa del ceppo delle lingue del Nord Caucaso (orientali e occidentali), ricchissime di prefissi che servono a classificare i sostantivi in diverse categorie (ad es. animati, inanimati, femminili, etc.).

Lo stesso basco, oltre ai ben noti prefissi verbali, conosce relitti di formazioni tramite prefissi fossili che a parer mio presentano affinità con quelli incontrati nell'analisi dei toponimi paleosardi. Ecco alcune tipologie: 

1) Il prefisso reduplicativo m- in formazioni espressive come le seguenti:
handi-mandi "persona pomposa", derivato da handi
     "grande"

hizka-mizka "spettegolando"
, derivato da hitz
    "parola"
;
ikusi-makusi "vedo-vedo (gioco infantile)", derivato
    da ikusi "vedere".

2) Il prefisso m- in formazioni come le seguenti:
magal "ala", derivato da hegal "ala";
mako "gancio", derivato da kako "gancio";
madari "pera", derivato da udari "pera".  

3) Il prefisso tx- /tʃ/ che si trova in alcune varianti di parole inizianti per i-:
txenara "rondine", variante di enara "rondine"
txingude
"incudine", variante di ingude "incudine"
    < lat.
txingurri "formica"
, variante di ingurri "formica".

4) Altri prefissi in sibilante, s- e z-:
saltza "ontano" da haltza "ontano"
sokal "riccio di castagna" da akal "vuoto (detto di
    castagna)"

zenbor "tronco d'albero" da enbor "trondo d'albero"

5) Il prefisso e-, i-, che marca molti infiniti verbali, compare anche nella formazione di sostantivi e aggettivi:
eile "lana", variante dialettale di ile "lana"
eiloba "nipote"
, variante dialettale di iloba "nipote"
ipete "obeso", derivato da bete "pieno"
itsu arri "pietra focaia", variante dialettale di
     suharri "pietra focaia"

Osservate poi le varianti del basco ospel "luogo ombroso", forme che i vasconisti ritengono "espressive" e che non indagano a fondo:

mospel
nospel
suspel
 

Ci aspetteremmo, anche se non mi risultano attestate, forme paleosarde corrispondenti, che sarebbero perfette in ogni dettaglio:

M-ÓSPILE
N-ÓSPILE 
S-ÚSPILE

Quanto riassunto in questo articolo conferma il valore della toponomastica nativa della Sardegna nel progresso della conoscenza delle caratteristiche più oscure e misteriose della lingua basca, rinnovando l'auspicio che in futuro la nostra capacità di indagine della preistoria linguistica europea sia accresciuta in modo sostanziale. 

sabato 12 settembre 2015

PALEOSARDO RICOSTRUITO: ANALISI DI ALCUNI RESTI DEL SOSTRATO SOPRAVVISSUTI IN SARDO

Nelle diverse varietà della lingua sarda neolatina sopravvivono ancora oggi numerosi vocaboli preromani, che sono di grande utilità nella ricostruzione della lingua paleosarda. Alleghiamo una lista di voci che sono state recuperate. 

1) ALAUSSA < *ALABUSSA = senape bianca 
     basco: -
     ligure: *alab-, *aleb- 'bianco' < IE *albh-
Un notevole prestito da una lingua paleindoeuropea.

2) ALIKUKKU = ciottoli (coll.)
    basco: -
Con ogni probabilità un composto, il cui primo membro ALI- è l'equivalente nativo di KILI "letto roccioso del ruscello", di origine iberica.

3) ÁPPARA = porro; aglio selvatico
    basco: -
Secondo Pittau avrebbe la stessa radice del latino cappari "cappero", dal greco κάππαρις. Se la cosa fosse confermata, si tratterebbe di un prestito molto antico, con k- dileguato. 

4) ARGÁSA < *ARGÁBASA = pecora a cui è stato ucciso l'agnello
   basco: ardi 'pecora' + gabe 'senza'
Il termine è riportato da Wagner ed è molto diffuso. Evidentemente -GASA significa "privato di" e corrisponde precisamente al basco gabe con l'aggiunta di un formante sigmatico. Da questo termine si forma in sardo neolatino un verbo argasare, che è giunto a significare "uccidere"

5) ARPAU < *ARDIBABU = scorpione; scrofoloso 
    basco: ardi 'pulce' + mamu 'insetto'
Sardo neolatino arpau, aprau. Tradizionalmente i romanisti lo reputano un derivato dal latino arcua:tu(m), ma è stato dimostrato da Roberto Bolognesi che questo non è possibile. Intanto /kw/ avrebbe dato /b/ e non /p/. Poi c'è l'attestazione di aprau nel senso di "scrofoloso"; evidentemente è la stessa parola, ma con una semantica incompatibile con la proposta derivazione latina.

6) ÁRTZANA = gelo, assideramento; nebbia nociva 
    basco: harpa 'crampo, intorpidimento'   
Sardo neolatino arthana, artana "nebbia (nociva)"artanare "addiacciare, intirizzire". La voce paleosarda non va confusa con il suo omofono ÁRTZANA "luogo pietroso", ma potrebbe tuttavia risalire in ultima istanza alla stessa radice, da un originario significato di "rendere rigido come un sasso".

7) ATZOBA  = salice viminale
    basco: atze 'albero' (arc.)
Le varietà di sardo neolatino conservano un gran numero di forme come atzova, attoa, tzova, tzoa, thova, toa, etc. Formato con un suffisso -BA. Le proposte che riconducono questa parola al basco zume "vimini" < *zur-bene "legno stretto" non convincono per motivi fonetici.
Toponomastica: ATZÓBARA = salici (coll.) > Tóvara.

8) AUTZÁRA = clematide
    basco: -
    berbero: aussar, wussar 'vecchio'
Il termine latino senecio "senecione" potrebbe essere un calco di denominazioni tabuistiche molto antiche, dovute alla presenza di un pappo (latino pappus, dall'etrusco papa "nonno"), ossia di un ciuffo di peluria bianca che ricorda la chioma di un vecchio.

9) BARDA, PARDA = zolla
    basco: mardo 'soffice; robusto' (< 'consistente')
Sardo neolatino bardula, bardule, baldile "zolla" e pardula "un tipo di dolce". Al momento non sono stati trovati parallelismi convincenti. Toponomastica: BARDU-NOLI = zolla scura. Il termine pardula è una variante di questa radice. I romanisti credono che questi termini derivino dal latino *quadrula(m), che tra l'altro, come mostrato dal Bolognesi, non può spiegare la /p/ di pardula.  

10) BEKA, IBEKA < *(I)BAIKA = vallata fertile
    basco: ibai, hibai 'fiume'
    iberico: bai- 'fiume' (negli idronimi)
Il termine sardo bega "vallata fertile" è stato ritenuto a lungo un prestito dallo spagnolo o dal catalano. Tuttavia, come giustamente fa notare il Wagner, la cosa non è proprio possibile, essendo questa parola documentata in una pergamena originale risalente ai tempi del Giudice Torchitorio (1107-1129). La presenza di una radice idronimica bai- in Iberia parla contro una ricostruzione *ur-bani con una -n- mediana.

11) BILLURI = cicuta
     basco: belar zuri 'erba bianca'
Questa denominazione è evidentemente un termine tabuistico. Nel sardo neolatino, il vocabolo sopravvive come bidduri, con trasformazione del paleosardo -ll- in un suono cacuminale -dd-. Che la forma basca zuri "bianco" avesse un'antichissima *d-, è provato dall'occorrenza della forma beluri "pallido" accanto a beltzuri id.

12) BITTI = agnellino
    basco: bitin, bitiña 'capretto'
Numerosi sono stati i tentativi dei romanisti di dare un'origine romanza alla parola basca, e nessuno si dimostra convincente. I dati del sardo mostrano che si tratta di un lemma nativo, che è attestato anche col significato di "cerbiatto".

13) GARGA = tana
   GÁRGARA = burroni (coll.)
    basco: -
Wagner riporta il vano tentativo di associare questa voce al basco harpe "grotta", che è invece il parallelo esatto del sardo garroppu "burrone" (vedi KARROPE nel seguito). 

14) GARULEU = crisantemo; polline (< giallo chiaro)
    basco: -
    etrusco: γαρ
ουλεου (*χarule) 'crisantemo' (glossa)
Pittau riporta le forme sarde garuléu, galuréu, galiléu "polline dei fiori", con altre varianti, oltre a ghirielle, chirielle "crisantemo selvatico". Queste parole derivano da un termine deve essere giunto in paloesardo dall'etrusco o da una lingua affine.

15) GOLLEI < *GONLEDEGI = colle; piccolo altopiano
    basco: gora 'alto' (< *goni-la)
Pittau riporta le varianti golléi, olléi, gulléi, ancora vitali nel sardo neolatino. Non può derivare dal latino colle(m) per motivi fonetici. Anche l'idea dei romanisti di ricondurre questa parola al latino colle:giu(m) presenta gravi difficoltà semantiche e fonetiche; tra l'altro l'esito di colle:giu(m) è invece boddeu, coddeu "gruppo di case di pastori". Per contro golléi si trova in campidanese come in nuorese, e con un significato ben preciso. Sarà piuttosto da *GON-LE- "alto" + -*DEGI "luogo"  

16) IRRUSSU = cinghiale
   basco: herauts 'cinghiale'
   aquitano: HERAUS- 'cinghiale'
La rotica della forma paleosarda è forte, mentre in protobasco si ha una rotica semplice. È possibile che un tempo esistesse un nesso consonantico, poi semplificato in modo diverso nelle due lingue. 

17) ISPÉLI = argilla
     basco: istil beltz 'fango nero'
Un composto molto antico, derivato da ISTI "fango" e da MELE "scuro". In origine doveva riferirsi ad argille scure.

18) ISPÉLI = ghianda
    basco: ezpel 'bosso (albero)'
Un composto molto antico, derivato da IS- "albero, legno" e da MELE "scuro". Dal nome di un albero è passato a indicare quello del suo frutto, come spesso accade.  

19) ISTÉL(L)I = piombaggine (erba)
     basco: - Sardo neolatino isteli, ispeli, ispéliu.
Da questa radice si formano i toponimi riportati da Pittau: ISTELÉNNORE, ISTELLAI, ISTELAI, ISTELLATZEI, etc. Le forme con -p- devono essere state formate in epoca romanza per influenza con le due precedenti voci ISPÉLI "ghianda; argilla".

20) ITILE = pozza, luogo acquitrinoso
   basco: itil 'stagno, palude'
In sardo il vocabolo è sopravvissuto e ha subìto una lenizione dell'occlusiva dentale intervocalica, divenendo idíle.

21) ITZOLOBE = strato di neve
    basco: izotz 'ghiaccio'
Pittau riporta l'enigmatica parola sarda tholove "strato di neve sulla campagna". La si può ben spiegare tramite un composto di ITZO "gelo, brina", anche se il secondo membro -LOBE permane al momento oscuro.

22) ITZURPU, ITZORPO = cieco
    basco: itsu 'cieco' 
Sardo neolatino itzurpu, intzurpu, tzurpu, tzorpu, surpu, ciurpu "cieco". Deve essere un antico composto, anche se il secondo membro non mi risulta chiaro. Non è connesso con il latino orbus
 

23) KAK(K)ABARRE = screziato
    basco: kaka 'merda'
Sardo neolatino kakarru, kakabarre "screziato", formazione non romanza. La forma con -b- mediana è evidentemente la più antica.

24) KALA = tana della volpe; formicaio
   basco: -
   ligure: *kala- 'riparo, baia' 
La peculiare semantica di questa voce in Sardegna prova il suo arcaismo. Avendo k- iniziale integra, deve essere un prestito, avvenuto in epoca preromana. 

25) KALANKA = crepaccio; antro 
   basco: -
   ligure: *kalanko-, *kalanka- 'canalone, dirupo'
Da questa parola deriva il toponimo KALANK-OI, ossia Calancoi (Osilo).

26) KARBA = ramo
    basco: karbaza, arbazta, garbasta, arba 'ramo;
        tronco'
    ligure: *karba-, *garba- 'ramo, ramaglia'
Il termine, diffuso su un'ampia area, non è una parola antichissima in basco. A causa dell'iniziale k-, deve essere un prestito medievale da una lingua pirenaica poi scomparsa, che ha dato moltissimi vocaboli immediatamente riconoscibili dalle caratteristiche fonetiche: se questi fossero stati adottati in epoca romana sarebbero stati assimilati in modo sistematico, come è avvenuto con molti prestiti latini (k-g-). Avremo modo di parlare diffusamente di questo argomento in altra occasione. Pittau nota i termini di sostrato sopravvissuti in Spagna e in Occitania, e ne conclude che l'affinità tra il lemma sardo e quello basco non è univoca. Vero, ma in paleosardo si trovano moltissimi prestiti, come del resto in basco: la constatazione di Pittau nihil probat e non confuta la relazione del lessico nativo paleosardo con quello del protobasco.

27) KARKURI = saracchio (un'erba usata per legare
        le viti)
     basco: -
Al momento la parola permane oscurissima.

28) KARROPE = sotto la roccia > burrone
    basco: harpe 'grotta'
Questo vocabolo vive tuttora nella lingua sarda neolatina come karroppu, garroppu, gorroppu "burrone, crepaccio, gola montana".

29) KASSÍBILE = martora
     basco: -
La parola sopravvive nel sardo neolatino nelle seguenti forme: assile, ansile, assaíle, grassibile, grassimile, kassibi, kassíle, issíle, etc. È di certo un antico composto il cui secondo membro è un allomorfo di MELE "scuro".

30) KEIA = buca, fossa
     basco: -
Una parola oscurissima, sulla cui origine è al momento difficile persino fare supposizioni sensate.

31) LÍMBARA = rocce, pietre
   basco: -
Formato con un suffisso collettivo -ARA, la sua radice è verosimilmente imparentata con quella del latino lapis e del greco λέπας.

32) LOLLE, LOLLO = volpe
   basco: -

Sardo neolatino lodde, grodde, con suono cacuminale. Il toponimo Lollove è evidentemente da LOLL-OBI = caverna della volpe. Pittau associa lodde il vocabolo a loddu "sporco": se l'etimologia fosse confermata, si tratterebbe di una denominazione tabuistica. Un antroponimo medievale Lollo, Lollu era particolarmente diffuso.

33) LOLLOI = fiore
     basco: -
Il termine, conservato nel dialetto di Perdasdefogu, non può essere paragonato al basco lili "fiore", che è un prestito dall'occitano lilh "giglio". Esiste in basco anche lirio "giglio", che è un più antico prestito dal latino li:liu(m). Se la voce paleosarda aveva un corrispondente nel protobasco, questo è sparito prima della comparsa dei più antichi documenti in basco, rimpiazzato da lore "fiore", regolarmente derivato dal latino flo:re(m)

34) LURTZI(S), LIRTZIS = serpente d'acqua
     basco: -
Al momento la parola permane oscurissima. 

35) MATTA = albero, pianta 
    basco: - 
Termine di sostrato di ampia diffusione, che si trova anche nella penisola iberica. Non può tuttavia essere uno spagnolismo, trovandosi nella toponomastica con formazioni antiche: MATT-URR-EI, MATT-AL-EO.  

36) MELAKE = scarafaggio, blatta
    basco: beltz 'nero' 
Un termine tabuistico, sopravvissuto nel sardo neolatino melaghe

37) NARBONE = debbio; disboscamento; maggese
   basco: eihar, igar 'secco' < *einaR 
Il secondo membro del composto potrebbe essere ONE, ONI "buono". Il vocabolo è alla base del toponimo Narbona. Da respingersi senza esitazione una derivazione da un fantomatico latino *in arvo:ne(m).

38) NÉNNIRI, NÍNNIRI = germoglio  
    basco: -
In sardo neolatino il termine indica piantine di grano o di orzo appena nate, di significato augurale, cresciute al buio e portate in chiesa in occasione del Giovedì Santo.

39) NÉPIDI = nebbia
    basco: -
    ligure: *nebid- 'nebbia' < IE *nebh-
Sardo neolatino nébide, népide, etc. Non può essere dal latino nebula(m) per via della fonetica e della morfologia.

40) NINIERI = rosa selvatica
     basco: ihintz 'rugiada' 
Chiaramente si tratta di un derivato di NINI "rugiada" con il suffissoide -ERI "luogo" (< "paese"). Blasco Ferrer pensa che si tratti di un appellativo derivato da un toponimo. Non credo che sia necessario: il significato originale del lemma sarà stato "(fiore) del terreno umido".

41) NURRE, NURRI = stalla o recinto di pietre
   basco: ehorz- < *e-nor-z- 'seppellire'
È chiaramente un antico derivato di NUR(R)A "pietra", a cui si rimanda. 

42) NURRILE = erba parassita
   basco: ehorz- < *e-nor-z- 'seppellire'
Il termine indica un'erba che cresce sulle rovine, ed è un altro derivato di NUR(R)A "pietra".

43) OPPO = giusquiamo
    ÓPPORO = giusquiami (coll.) 
    basco: -
Il collettivo è attestato nella toponomastica.

44) OSPO(A) = secco
    basco: -
Riportata da Pittau, questa radice antichissima è tuttora usata come verbo nel sardo neolatino: ospoare "seccare".

45) OSSASSI = betonica glutinosa (lett. erba spessa)
    basco: usi 'denso'

46) SAKKAIA = agnello di un anno
     basco: segaila 'capretto di un anno'
Vani borborigmi sono i tentativi dei romanisti di ricondurre il vocabolo al latino saccu(m) "sacco".

47) SASAIA, SISAIA = scarafaggio fetido
     basco: sats 'sterco'; sits(a) 'tarma' (< *sis-sa)
Sardo neolatino sasaia, sasagia, voci riportate dal Wagner, di cui esiste anche una variante sisagia. I dati del basco farebbero postulare una consonante -SS-, anche se le forme sarde mostrano -s-.

48) SASSOINI < *SASSOGINI = erba da vetri
         (lett. facitore di sale) 
    basco: itsaso 'mare' (< 'acqua salata') + -gin 'facitore'
Sardo neolatino sassoíni, sossoíni, sossóini "erba da vetri (Suaedia fruticosa)". Un caso che mostra come il confronto con il protobasco - e non il ricorso a mere assonanze - sia in grado di rendere trasparenti parole paleosarde.

49) SAURRA < *SABURRA  = rugiada
   basco: -
   ligure: *sab- 'succo' < IE *sab-
La stravagante proposta di Pittau, che ritiene il vocabolo corradicale del latino ro:s 'rugiada' (gen. ro:ris) e del sanscrito rasa- id., è inaccettabile per motivi fonetici. Immaginare non soltanto una metatesi, ma anche lo sviluppo di una vocale -o:- in un dittongo -au- o addirittura in un iato -aú-, è davvero troppo.  

50) SÉSSINI = tipo di giunco (Cyperus longus)
    basco: -
    berbero: sezzerθ 'stelo d'alfa'
Sardo neolatino séssene, séssini "giunco marino". L'etimologia presenta qualche difficoltà, ma in assenza di meglio l'accoglierò.

51) SIMI = canapicchia
    basco: -
Il vocabolo ha formato toponimi come SIMI-ERI "paese della canapicchia", SIMIS e SIMISI, e sopravvive tuttora in Barbagia come simu, riportato da Pittau. Non sono affatto sicuro che la forma sia corradicale di thymu(m).

52) TETTI, TITTIONE = erba spinosa (Smilax) 
   basco: -
Etimologia sconosciuta.

53) TIBANI = corvo
    basco: -
Sardo neolatino (campidanese) krobu tivani, tivani "corvo". L'origine è sconosciuta, non mi sovviene alcun parallelismo.

54) TITONE = colombaccio
    basco: -
    etrusco: tite, titu 'colombaccio'*
    *Attestati come antroponimi, donde latino Titus. Il termine era anche suscettibile di significato fallico (cfr. lat.  titi:nus, titu:nus). 
In sardo neolatino il vocabolo sopravvive come tidone, tidori (per -r- < -n- confronta liori "volpe" < lat. leo:ne(m) con slittamento semantico tabuistico). La connessione con l'etrusco è stata proposta da Pittau. Senza dubbio da scartare la proposta di Blasco Ferrer, che vede in tidori l'antroponimo greco Θεόδωρος.

55) TONERI, TÓNERI = altipiano scistoso
     basco: -
Chiaramente si tratta di un derivato di DONI, TONI "luogo franoso" con il suffissoide -ERI "luogo" (< "paese"). Notare la variante con l'accento retratto. Il vocabolo è tuttora vitale nella lingua sarda (neolatina); si noterà che il plurale romanzo è toneris.

56) TÚBARA = erica (arborea)
      basco: -
Sardo neolatino túvara. È evidente il suffisso collettivo -ARA. Il termine sardo indica anche il tartufo, e in quell'accezione deriva dal latino tu:beru(m): è possibile che due voci distinte nell'origine e nel significato siano diventate omofone. 

57) TUMBU = timo
   basco: -

Da questa radice è stato formato il toponimo TUMB-OI "luogo del timo". Il sinonimo tumu può essere invece regolarmente da lat. thymu(m) con -u- per greco -y-.

58) TZÁKARU, ATZÁKARU = segugio
     basco: zakur 'cane'
In sardo neolatino abbiano giágaru, sgiágaru "segugio", con una consonante sonora che si deve essere prodotta da un'antica sorda, anche se i dettagli di tale sviluppo permangono oscuri. Non è un catalanismo. 

59) TZÁNDARA, ATZÁNDARA = papavero
    basco: and(e)re 'signora'
    aquitano: ANDERE 'signora'
Sardo neolatino attanda, attanna, thanda, thranda, tzanda, tzandza, tz
ándara, tanda, tranda, etc. Evidentemente un termine tabuistico, che ha un preciso parallelo nel provenzale ander "papavero" (< celtico *anderos). Del prefisso TZ- e delle sue varianti parleremo diffusamente in altra occasione.

60) TZAPPU, TZAPPI = cencio
   basco: zapi 'stoffa; panno'
Sardo neolatino tzappulu "cencio", con suffisso diminutivo romanzo. Anche se Blasco Ferrer dubita di questo parallelismo, non porta ragioni fonetiche, ma soltanto culturali. Il raffronto mi pare invece del tutto valido.

61) TZÉPPARA = luogo pietroso
    basco: -
È evidente il suffisso collettivo -ARA, ma la base non è chiara.

62) TZONKA = violetta, mammola     basco: -
Sardo neolatino tzonka, sonka (nuorese). Etimologia sconosciuta.

63) TZONKA, ATZONKA = assiolo, chiù  
    basco: -
Sardo neolatino tzonka, atzonka, antzonka, tonka "assiolo". Il termine deve essere ben distinto dall'omonimo fitonimo.

64) TZONKI, TZÓNKINI = resina
    basco: -
Etimologia sconosciuta.

65) TZONNI(A) = giunco (Juncus acutus)
    basco: zi 'giunco'
Chiaramente una variante apofonica di TZIN(N)IKA "Juncus acutus", con un vocalismo ignoto al protobasco.

66) TZORROMPI(S) = lucertola
    basco: ume zorrotz 'giovane animale aguzzo'
Un termine tabuistico, che svela l'origine di una parola enigmatica. L'iniziale TZ- non andrà quindi interpretata come un prefisso.


67) UDURI = fusto d'albero
     basco: zur 'legno'
Sardo neolatino uduri, duri "fusto d'albero (usato come appenditoio)". Il termine paleosardo aveva un prefisso che ha evitato il passaggio della d- della radice in tz-

68) UKAU = gabbiano
     basco: kaio 'gabbiano'
     etrusco: kavie 'gabbiano'*
     *Attestato come antroponimo
Sardo neolatino ukau, kau, kao, kaone "gabbiano". Non può essere dal latino gavia, che tra l'altro è di origine etrusca. La corrispondente parola basca è un prestito da una lingua pirenaica scomparsa, come mostra la sua inusuale struttura fonetica.

69) UNELE = volpe (lett. cane funesto)
    basco: hor beltz 'cane nero'
Chiaramente un termine tabuistico, con -NELE "nero, scuro" inteso come "funesto", "sciagurato". Anche in basco la corrispondente parola beltz < *belez è usata in un simile modo nella locuzione gezur beltz "calunnia" (lett. "menzogna nera"). Pittau ha il merito di aver reso nota la glossa sarda sa nela "la volpe", vocabolo tuttora in uso a Sindia, e di aver ricostruito UNELE come forma protosarda, riconoscibile nei toponimi TA-UNELE e UNEL-AI. Tuttavia non posso concordare sul suo tentativo di estendere questa forma a tutti i toponimi in cui -NELE significa semplicemente "nero, scuro": non solo non vi è un tal pullulare di volpi nella toponomastica sarda, ma questo -NELE è in genere un chiaro allomorfo di -NULE, -MELE, -MULE, -MALA e via discorrendo, da cui non può essere separato. La forma U-, che corrisponde in modo perfetto al basco (h)or "cane", è un residuo di un'antica parola, poi decaduta nel paleosardo e sostituita da KALU "cane", prestito da una lingua correlata all'etrusco.

70) ÚRTZULA, URTZÚLA = clematide
    basco: ur 'acqua' + -zale 'avido di'
Una definizione tabuistica, che con ogni probabilità allude alle proprietà vescicanti della pianta. Il vocalismo del secondo membro del suffisso deriverà da assimilazione, essendo la forma d'origine *URTZALA.