mercoledì 10 febbraio 2021

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE E SUL GIUDIZIO DEI ROBOT

L'Intelligenza Artificiale (IA, in inglese AI) è l'intelligenza dimostrata dalle macchine, opposta all'intelligenza naturale degli animali, umani inclusi. La ricerca dell'Intelligenza Artificiale è stata definita come il campo di studi degli agenti intelligenti, che si riferisce a qualsiasi sistema che percepisce il suo ambiente e intraprende azioni che massimizzando le sue possibilità di raggiungere un obiettivo. Il termine "intelligenza artificiale" è stato usato per descrivere macchine che imitano le capacità cognitive associate alla mente umana, come l'apprendimento e la risoluzione dei problemi ("problem-solving"). Questa definizione è stata in seguito rigettata dai più grandi ricercatori in questo campo, che ora descrivono l'intelligenza artificiale in termini di razionalità e di azione razionale, cosa che non limita il modo in cui l'intelligenza può essere articolata (Russell, Norvig).
Fonte: Wikipedia in inglese
 
 
Kurzweil e la natura del'intelligenza 
 
Il tecnocrate Raymond Kurzweil (1948 - non ancora defunto) ha una convinzione molto peculiare: crede con fede granitica che non esista alcuna differenza qualitativa tra un essere umano e una macchina. La differenza, a suo dire, sarebbe unicamente quantitativa e dovuta a un fattore magico che egli chiama computing power, ossia "potenza di calcolo". Egli ha profetizzato il rapido avvento della Singolarità Tecnologica, capace di rendere le macchine esseri senzienti e spirituali. Molti tecnofeticisti accolgono questo concetto della potenza di calcolo come Verità Assoluta. Per contro, io reagisco con fermezza a queste ideologie abominevoli. Non dobbiamo mai dimenticarcelo: un simile presupposto kurzweiliano implica la superiorità della macchina rispetto al suo stesso artefice e sta già avendo conseguenze luttuose per l'intero genere umano. Mi accingo ad illustrarne alcune nel seguito.  

Come ben sappiamo, gli Americani sono affetti da una feroce germanofobia. Odiano tutto ciò che è tedesco o che anche solo appare tale. Così hanno trovato un sistema per esorcizzare il loro terrore per la Germanità in ogni sua forma: deturpano la pronuncia dei nomi di origini teutoniche (yiddish incluso), anglizzandola su base ortografica. Gli esiti di questo processo di assimilazione non sono sempre logici e prevedibili. Anche se diversi siti del Web riportano la pronuncia corretta, trascrivendola come Koorts-vile, questa non è necessariamente la norma. Ecco quindi che nella Terra dei Liberi il cognome Kurzweil viene pronunciato da alcuni come Kurz Evil. L'ho sentito con le mie orecchie: una bionda studiosa americana diceva /kə:ɹts 'i:vəl/ anziché /'kʊʁtsvaɪl/. Kurz il Malvagio. Oppure il Male-Kurz. Certo, la sintassi non è quella usuale della lingua inglese, ma rende l'idea. Sarà una coincidenza? Ne dubito. 
 
 
Politica robotica
 
Anni fa ero convinto che fosse possibile un proficuo utilizzo degli androidi per sostituire l'intera classe politica e religiosa, evitando i gravi problemi causati dalla natura umana, per sua stessa ontologia incline alla corruzione. Se Philip K. Dick aveva scritto i romanzi I simulacri (The Simulacra, 1964) e L'androide Abramo Lincoln (We Can Build You, 1972), io intendevo scriverne uno analogo ma adattato ai tempi moderni e alla specifica realtà del nostro Paese: L'androide Sergio Mattarella. Per me il Presidente della Repubblica appariva come la quintessenza della natura robotica, infinitamente placida, immune da qualsiasi compromissione col Male. Un androide non mangia, non dorme, non ha alcun bisogno, non è avido, agisce sempre in modo assolutamente razionale e disinteressato. L'idea portante del romanzo L'androide Sergio Mattarella, di cui poi non ho scritto neanche una riga, era stata ispirata da alcune percezioni organolettiche in apparenza allucinatorie, come l'aspetto quasi irreale dei capelli dell'illustre statista, che sembravano di plastica argentea e che non si bagnavano neppure sotto la pioggia battente. La mia fantasia ingenua si fondava in ogni caso sull'intuizione che il simulacro dickiano fosse una specie di automa settecentesco, funzionante per mezzo di schede perforate. Non certo un automa kurzweiliano! Infine mi sono reso conto che un meccanismo automatico funzionante a schede perforate non sarebbe in grado di gestire alcunché. Kurz Evil insisterà fin che volete con la sua potenza di calcolo, ma le cose non cambiano di un iota. Un meccanismo, simulacro, androide o intelligenza artificiale, è per sua definizione privo di empatia. Non può capire in nessun modo la natura umana. Non potrà mai farlo, nemmeno se studiasse per diecimia anni senza interruzione. Se chiamata a giudicare un essere fatto di carne e di ossa, una macchina sarebbe capace di infliggergli condanne spropositate per motivi incomprensibili quanto futili e irrilevanti. 
 

Facebook e il sesso oro-anale
 
L'Intelligenza Artificiale non è in grado di comprendere la natura del desiderio sessuale. Il suo giudizio sugli utenti della Rete e sui loro atti erotici, compiuti o anche soltanto sognati, è quindi per necessità distorto, fuorviante, semplicemente assurdo. Non credo che sia un mistero: Zuckerborg mi perseguita da tempo. I miei commenti su Facebook non vengono sottoposti a un team formato da esseri umani in carne ed ossa, bensì da un'Intelligenza Artificiale. Le conseguenze sono a dir poco paradossali. Ognuno di noi nasconde qualcosa di inconfessabile. È inutile quest'opera di occultamento, tanto prima o poi salta sempre fuori tutto ciò che si vuole celare alla vista delle genti. Quindi non userò mezzi termini. Ho una passione erotica sfrenata per la bellissima Bettie Page. Ogni volta che penso a lei, sono preso dal desiderio di metterle la faccia in mezzo alle natiche, di leccarle avidamente lo sfintere anale infilandole dentro la lingua. Qualcuno ha fatto notare che è molto improbabile che si troveranno erotica di Pierre Teilhard de Chardin. Ebbene, i miei erotica invece saranno trovati e si vedrà che non sono affatto elogi del "sesso vaniglia"! Orbene, ogni volta che ho messo un commento a una foto della sensualissima Bettie Page, palesando la mia bramosia, sono stato bloccato. L'accusa che mi è stata mossa dall'Intelligenza Artificiale è sorprendente: "HARASSMENT, BULLYISM". Ma come? Se io voglio leccare l'ano a una donna, sarei un molestatore e un bullo? Bene, abbiamo capito che per una macchina, il sesso oro-anale non è un atto di adorazione: è bullismo. Nessun essere umano darebbe un giudizio simile, nemmeno chi non farebbe mai ciò per cui io ardo di desiderio. Persino un pastore evangelico al massimo etichetterebbe tale pratica come "peccaminosa", "sodomitica" o "diabolica". Non come "bullismo". Penso quindi di aver provato al di di ogni dubbio che i blocchi su Facebook sono inflitti da robot, non da persone viventi. Inutile cercare delatori o traditori che segnalano post e commenti, come fanno molti. È soltanto una perdita di tempo
 

La Legge di Caino 

Cos'ha in comune l'Intelligenza Artificiale dei social network con Grendel? Semplice. L'appartenenza alla Stirpe di Caino! La mia esperienza su Facebook e su Quora mi ha insegnato una verità molto amara. Quando si viene insultati da uno stramaledetto troll e si reagisce rispondendogli a tono, è inutile aspettarsi giustizia per il danno morale ricevuto. L'imperativo delle gelide macchine è il seguente: "Nessuno tocchi Caino". Linciare chi viene aggredito e osa difendersi, attribuendogli tutte le colpe, è il modo di agire comune dei giudici robotici. Tra Abele e Caino, l'Intelligenza Artificale sceglie immancabilmente il secondo come modello etico e umilia il primo. Chi aggredisce senza motivo non può essere in alcun modo osteggiato, la sua iniquità deve prevalere e non ci si popporre, non si può contrattaccare, né si può compiere alcuna vendetta, alcuna pur legittima e sacrosanta ritorsione.

Conclusioni 
 
Bisogna combattere, o ci si ritroverà come scimmie imprigionate in una cella all'interno di un laboratorio di vivisezione! Possa sorgere lo Spirito di Ned Ludd!

lunedì 8 febbraio 2021

DIECI CHILI DI FRUTTA AL GIORNO E DIVENTI IMMORTALE!

Gli scienziati della Terra di Jimmy Savile e i diavoli dell'OMS si sono inventati una maledizione per torturare il genere umano: la trovata raccapricciante delle cinque porzioni quotidiane di frutta e di verdura per restare in salute. Sono sicuro che il loro ispiratore sia stato Belzebù in persona. Essendo essi tizzoni dell'Inferno, gli hanno obbedito prontamente e hanno preso volentieri l'incarico di diffondere tra le genti questo molestissimo comandamento. 
 
Le streghe naturiste e i giornalisti hanno cominciato a urlare senza sosta: "Cinque porzioni di frutta e verdura ogni giorno!" 
A un certo punto le cinque porzioni di frutta e verdura sono diventate insufficienti! Non bastano! Ecco che le streghe naturiste e i giornalisti si sono messi a strepitare: "Dieci porzioni di frutta e verdura ogni giorno!"  E perché no? Aumentano la dose: "Quindici porzioni di frutta e verdura ogni giorno!", "Venti porzioni di frutta e verdura ogni giorno!" Avanti così, fino a scoppiare!
Che palle! 

Mi faccio beffe di tutto ciò. Durante il lock down del 2020 mi sono trovato con sintomi di scorbuto: mi sanguinavano le gengive e barcollavo. Come ho mangiato una mela e ho bevuto un bicchiere di succo di limone, il sanguinamento è cessato e mi sono sentito meglio. Da tempo mi sostentavo unicamente con carne in scatola e alcol. Nel giro di tre anni ho mangiato in tutto quattro mele, e con un certo disgusto. A parte un paio di confezioni di lamponi e mirtilli durante l'estate, non ho ingerito frutta. A parte la guarnitura di lattuga dei piatti di pesce fritto mangiato al mare, non ho ingerito nemmeno verdura a foglia larga. Il mio consumo di bevande inebrianti si attesta sulle 60 unità alcoliche alla settimana. A sentire quei babbioni dell'OMS, dovrei essere una massa di cancro semovente, con giusto qualche cellula sana in un mare di metastasi! "Perché ti vuoi così male?", mi ha chiesto una volta una femmina. "Perché è mille volte meglio il mio male del bene imposto da altri!", le ho risposto.
 
Viviamo in tempi orribili, dominati da orde di convulsionarie e dai loro immondi deliri. Guardo con un certo sollievo a epoche lontane, in cui la terra era inzuppata di sangue e ingrassata dai cadaveri. Poco fa mi sono imbattuto nella foto del cranio di un guerriero celta, che era stato reciso ed esibito come trofeo. Uno splendido reperto archeologico! Morire spappolati da una scure sul campo di battaglia in quei giorni di gloria era infinitamente meglio che vivere nella presente epoca infame e degenerata, che il folle Steven Pinker si ostina a ritenere "Il migliore dei mondi possibili". Tanto l'Angelo della Morte giungerà a ghermire anche questo moderno Dottor Pangloss! Coglierà tutte le urlatrici che inneggiano alla Natura, ignorando che anche l'Amanita phalloides è un prodotto della loro adorata Madre Terra. A cosa serviranno, di fronte ad Azrael, tutte le loro porzioni di frutta e di verdura? A nulla. Conteranno meno delle pustole sull'ano di un cane smerdante.  
 
Ecco dunque una mia breve creazione satirica, che sono felice di presentarvi: 
 
Il coro greco delle Eumenidi fruttariane 
 
Navigatore (smarrito): "L'OMS dice che per vivere sani bisogna mangiare cinque porzioni di frutta e di verdura ogni giorno. Ma come si fa? Io proprio non ci riesco, dovrei passare il tempo soltanto per quello e nemmeno mi piace..."
Prima Eumenide (stizzita): "Ma cosa dici? Io ci riesco benissimo! Adoro la frutta e la mangio anche dieci volte al giorno!"
Seconda Eumenide (con fare moralista): "Dieci volte? Io mangio la frutta quindici volte al giorno!"
Terza Eumenide (sibilando): "Io mangio la frutta venti volte al giorno!"
Quarta Eumenide (con voce roca): "Io mangio la frutta anche quando sono seduta sulla tazza!"
Quinta Eumenide (petulante): "Io mangio la frutta anche quando parlo al cellulare!"
Sesta Eumenide (suadente): "Io mangio la frutta anche quando scopo!"
Settima Eumenide (rantolando): "Io mangio la frutta anche quando dormo!"
Ottava Eumenide (con voce piatta): "Io mangio la frutta... anche quando mangio!"

sabato 6 febbraio 2021

ALCUNE RIFLESSIONI SULLA NET NEUTRALITY E SULLA RETE A DUE VELOCITÀ

A lungo si è parlato di Net neutrality ("Neutralità della Rete"). Alcuni sinonimi sono Network neutrality, Internet neutrality, NN. Queste sono alcune definizioni semplici e al contempo ragionevoli del concetto. 
 
1) Internet è un bene comune.

2)
Una rete è considerata neutrale se non ci sono restrizioni arbitrarie sui dispositivi connessi e sul loro funzionamento. 
 
3) Se una rete è neutrale, i provider non possono bloccare, rallentare o segmentare l'accesso ai dati.

4) I provider di servizi Internet e telefonici devono fornire lo stesso trattamento a tutti i pacchetti di informazione transitanti, indipendentemente dai contenuti da essi codificati.

5) I provider
di servizi Internet e telefonici non devono far pagere agli utenti per ottenere un transito preferenziale di alcuni pacchetti rispetto ad altri.

6) I provider
di servizi Internet e telefonici non possono controllare l'accesso degli utenti.  
 
Com'è ovvio, esistono forze potenti a cui questi concetti non piacciono. Poniamoci ora una domanda, che a mio avviso non è affatto banale.

Com'è una rete non neutrale? Quali ne sono le conseguenze pratiche nelle nostre vite? Eccone un paio:  

1) I provider di servizi Internet e telefonici potrebbero vietare o mettere a pagamento l'accesso ad alcuni contenuti e siti.  

2) I provider di servizi Internet e telefonici potrebbero rendere a pagamento l'accesso alla Rete alle imprese basate sul Web.

Enuncerò il problema in estrema sintesi.
 
Gli ultraliberisti americani hanno pressato per introdurre una sostanziale disuguaglianza nella Rete, favorendo gli utenti disposti a pagare per ottenere un migliore accesso ai contenuti. 
 
Secondo questo modo di concepire Internet, coloro che non si adeguassero al cambiamento, sarebbero marginalizzati sempre più. Si crea una Rete a due velocità
 
Il motivo dell'allusione alla doppia velocità della Rete è presto compreso. Coloro che pagano di più vanno veloci, come in autostrada, mentre gli altri sono costretti a percorrere stradine congestionate. 
 
Si cominciava a parlare di queste cose già nel lontano 2006, negli States. Le discussioni in merito erano tuttavia abbastanza ingannevoli, facendo credere ai lettori che si trattasse soprattutto di dettagli tecnici incomprensibili ai non addetti ai lavori. 

Solo per fare qualche esempio, riporto la definizione del concetto di neutralità della Rete, data da due importanti personalità. Il primo esperto, Tim Wu, è un accademico di chiara fama e tra le altre è proprio colui che ha reso popolare la locuzione "Net neutrality". Il secondo, Tim-Berners Lee, può essere a buon diritto considerato il Padre Fondatore del World Wide Web.

Questo è la definizione data da Tim Wu: 

"La network neutrality è definita nel modo migliore come un principio di progettazione. L'idea è che una rete informativa pubblica massimamente utile aspiri a trattare tutti i contenuti, siti, e piattaforme allo stesso modo. Ciò permette alla rete di trasportare ogni forma di informazione e di supportare ogni tipo di applicazione. Il principio suggerisce che le reti informative abbiano maggior valore quando è minore la loro specializzazione – quando sono una piattaforma per usi diversi, presenti e futuri." 

Questa è la definizione data da Tim-Berners Lee: 

"Vent'anni fa, gli inventori di Internet progettarono un'architettura semplice e generale. Qualunque computer poteva mandare pacchetti di dati a qualunque altro computer. La rete non guardava all'interno dei pacchetti. È stata la purezza di quel progetto, e la rigorosa indipendenza dai legislatori, che ha permesso ad Internet di crescere ed essere utile. Quel progetto ha permesso all'hardware e alle tecnologie di trasmissione a supporto di Internet di evolvere fino a renderlo migliaia di volte più veloce, nel contempo permettendo l'uso delle stesse applicazioni di allora. Ha permesso alle applicazioni internet di venire introdotte e di evolvere indipendentemente.
Quando ho progettato il Web non ho avuto bisogno di chiedere il permesso a nessuno. Le nuove applicazioni arrivavano sul mercato già esistente di Internet senza modificarlo. Allora provai a rendere la tecnologia del web una piattaforma al contempo universale e neutrale, e ancora oggi moltissime persone lavorano duramente con questo scopo. Il web non deve assolutamente discriminare sulla base di hardware particolare, software, rete sottostante, lingua, cultura, handicap o tipologia di dati.
Chiunque può scrivere un'applicazione per il Web, senza chiedere a me, o a Vint Cerf, o al proprio ISP, o alla compagnia telefonica, o al produttore del sistema operativo, o al governo, o al fornitore dell'hardware. 
La neutralità della rete è questo:
Se io pago per connettermi alla rete con una certa qualità di servizio, e tu paghi per connetterti con la stessa (o una migliore) qualità di servizio, allora possiamo iniziare una comunicazione con quel livello di qualità. 
Questo è tutto. I fornitori di accesso ad internet (ISP) hanno il compito di interagire tra loro affinché questo avvenga. 
La neutralità della rete NON è chiedere l'accesso ad internet gratuito. 
La neutralità della rete NON è affermare che qualcuno non dovrebbe dover pagare di più per una maggiore qualità di servizio. È sempre stato così, e sempre lo sarà." 

Questa è invece la definizione adottata da Google, che mi sembra più chiara e meno farraginosa: 

"La network neutrality è il principio per cui gli utenti di internet dovrebbero avere il controllo su cosa possono vedere e quali applicazioni vogliono usare su internet."  
 
Utile è anche la definizione data dal Sole 24 Ore, per quanto riguarda la menzione esplicita dei diritti degli utenti:  

"Per neutralità della rete s'intende il principio secondo cui gli operatori devono gestire il proprio traffico senza discriminazioni che danneggino concorrenza, innovazione e, in generale, i diritti degli utenti e delle aziende web."

La storia della Net neutrality è contorta e assai controversa. Non mi dilungherò in sterili dettagli legali. Non riporterò tediosi elenchi di normative. Mi limiterò a dire che Barack Obama ha cercato di difendere la neutralità (2014-2015). Donald Trump ha fatto di tutto per affossarla (2017). L'Unione Europea l'ha sostenuta (2015), anche se mi sembra che si sia giunti a risultati paradossali. 

Cosa sta accadendo? 

Capisco bene che molti potrebbero accusarmi di avere le idee confuse e non comprendere bene la natura delle cose. Li invito a leggere con attenzione questo mio scritto e a porsi qualche domanda.   
 
Capisco bene che, fin dalla preistoria, per godere di qualcosa è necessario compierne l'acquisto. Dire che il cibo è un diritto universale non implica che il cibo possa essere gratuito. 
 
Capisco bene che la neutralità della Rete non è l'accesso illimitato e gratuito a tutti i contenuti e a tutti i servizi. Possono benissimo esistere siti a pagamento, applicazioni a pagamento, etc., senza che la neutralità della Rete sia compromessa.
 
Se però tutti i siti di una certa tipologia nel Web diventassero a pagamento, l'utente si troverebbe a non poter più scegliere liberamente. Facciamo un esempio. Se tutti i siti pornografici dovessero essere a pagamento e non fosse più fruibile alcun contenuto gratuito, la Rete non sarebbe più neutrale

Anche se una gran parte dei siti di una certa tipologia nel Web diventassero a pagamento, pur restando alcuni siti (ad esempio scadenti, ingannevoli, etc.) ad accesso libero, l'utente si troverebbe a non poter più scegliere liberamente. Facciamo un esempio. Se i più importanti siti pornografici dovessero essere a pagamento, e un utente trovasse on line soltanto spazzatura e banner pubblicitari, la Rete non sarebbe più neutrale

Perché le cose siano ancora più chiare, adesso vorrei che al posto della pornografia si considerasse l'informazione. Cosa accadrebbe se una gran parte dei siti di informazione nel Web fossero a pagamento e restassero soltanto siti scadenti ad accesso libero, come media complottisti e simili?

Ora dirò una cosa sorprendente. Non sono stati i provider dei servizi Internet e telefonici a compromettere la neutralità della Rete. La neutralità della Rete è stata erosa dai quotidiani on line. Pochi sembrano rendersene conto, ma è proprio così. Sono stati i giornalisti ad introdurre il vulnus, tramite un meccanismo chiamato paywall (ossia "barriera del pedaggio") e senza agire in alcun modo sulla velocità della connessione e sulla trasmissione dei pacchetti. 
 
Era l'estate del 2016 quando il Corriere della Sera introdusse la possibilità di leggere un piccolo numero di articoli, dopo di che scattava una schermata con offerte di abbonamento, che cercava di indurre il navigatore a pagare pur di accedere ai contenuti. Fu seguito poi da La Repubblica, agli inizi del 2017. I siti di informazione dotati di paywall sono sempre più numerosi. Resistono pochi siti di agenzie come ANSA e Adnkronos, i cui sintetici articoli sono ancora consultabili liberamente. 
 
Come ho percepito il paywall quando per la prima volta l'ho dovuto subire? Ve lo dico. L'ho percepito come un ricatto. L'ho percepito come un tentativo di estorsione. Come se un brigante volesse bucarmi la panza per cercare di sottrarmi poche monete. 
 
Reazione: boicottaggio. Mi sono sempre rifiutato categoricamente di pagare! Come me devono aver fatto molti altri, visto che la crisi dell'editoria non si risolve. 
 
Capisco che è un argomento molto delicato, ma sono convinto che le questioni da me sollevate siano di importanza capitale. 

Ok, se vado in edicola per comprare un po' di carta straccia, è giusto che io paghi. Però non lo faccio. Vediamo anche qual è stata la vergognosa gestione dell'informazione durante la pandemia di COVID-19, durante i lock down. I quotidiano hanno reso difficile l'accesso a informazioni vitali, soprattutto alla popolazione anziana e disagiata, che mostra meno dimestichezza con i metodi di pagamento telematico.

Alla luce di questi fatti e di queste considerazioni, siete proprio sicuri che la Net neutrality sia solo una questione tecnica di provider e di pacchetti? Se nella Rete non esistessero più quotidiani on line, di nessun tipo, si potrebbe ancora parlare di neutralità? Anche se provo disgusto per la massima parte di questi giornalai, mi sento di dare una risposta chiara e inequivocabile. No, non si potrebbe in alcun caso parlare ancora di neutralità. Se nessuno potesse diffondere nemmeno un concetto, per quanto distorto, non pensate che sarebbe invece un mondo anche fin troppo simile alla Corea del Nord?

Siamo sempre alle solite. Le leggi del Mercato strozzano ciò che non è composto di materia. Strozzano lo Spirito. Strozzano la Conoscenza. Strozzano quella che Platone chiamava Idea. Pretendono di monetizzare tutto. Ciò che non è monetizzabile, viene considerato immondizia e abbandonato all'Oblio. Tutto ciò è estremamente rischioso. 
 
Per fortuna esistono siti come Academia.edu, in cui la Conoscenza può essere ancora condivisa gratuitamente e sottoposta a discussione. Altrimenti si aprirebbero scenari raccapriccianti, in cui intere branche del Sapere finirebbero dimenticate solo perché non soggiacciono alle leggi della domanda e dell'offerta!

giovedì 4 febbraio 2021

ALCUNE RIFLESSIONI SULL'ERA DI SPLINDER E SULLA RETE SOLITARIA

Marco Palombi, il fondatore di Splinder, nel lontano 20 aprile 2001 scrisse un articolo di estremo interesse, intitolato The lonely net (ossia "La Rete solitaria"). Lo redasse in inglese e la scelta a parer mio non fu casuale. Voleva parlare al mondo intero ed essere compreso da più persone possibile, perché i cruciali argomenti trattati, tuttora attualissimi, non riguardavano soltanto l'Italia. Il testo è disponibile al seguente indirizzo, sul blog dell'autore, Ocrampal's place
 
 
Sono convinto che sia un contributo di capitale importanza, quindi provvedo a riassumerlo e ad elencarne i concetti portanti, a pubblica edificazione. 
 
I capisaldi palombiani 
 
1) Si parte dalla triste constatazione dell'assoluta solitudine dell'utente nella Rete. Le domande poste in questo vuoto abissale sono semplici ma restano senza risposta. Eccone alcune: 

Cosa stanno facendo gli altri? 
Cosa stanno guardando?
Di cosa stanno parlando? 
A cosa stanno giocando? 
Dove si svolge l'azione? 
Come posso partecipare? 
Cos'è eccitante? 
Cosa non è eccitante?

2) Nel mondo reale si riesce a capire facilmente se un luogo è o meno interessante, Nella Rete le cose sono più difficili, perché la navigazione è solo un contatto tra l'utente e il browser. 
 
3) Il Web, ossia il contenuto della Rete, non è nato come strumento di comunicazione. Le sue origini risalgono al CERN ed è stato pensato come un sistema per navigare nei documenti.
 
4) La comunicazione mediatica è sempre stata un'esperienza solitaria, già prima dell'avvento della Rete. Radio e televisione non prevedono l'interazione tra chi trasmette un programma e chi lo riceve. L'ascoltatore è completamente passivo! 
 
5) Il telefono è un sistema di comunicazione abbastanza avanzato, dato che richiede lo scambio di messaggi tra due persone (point-to-point). È però impossibile estendere questa comunicazione a un gruppo interconnesso di utenti. Se non si conosce il numero telefonico di qualcuno, non esiste modo di contattarlo. 
 
6) La Rete si è evoluta importando modelli modelli dai vecchi media e adattandoli alla nuova realtà. La natura di un sito Web è quella di trasmettere informazioni. Il contenuto è lo stesso per tutti. Non si può parlare ad altri utenti. 
 
7) Nasce l'intuizione di usare la Rete come combinazione di diversi mezzi di comunicazione: 
    i) navigazione di contenuti permanenti (il Web), 
    ii) strumenti per far fluire l'informazione (e-mail, etc.),
    iii) sistemi di transazione (autenticazione, etc.). 
 
8) Si comprende la lenta nascita di una nuova Rete, meno solitaria. All'epoca alcuni siti del Web hanno tentato di aggiungere funzionalità nuove per facilitare la comunicazione (es. SlashDot, i Wikies). I navigatori hanno cominciato a diventare parte di comunità di persone affini, accomunate da qualche interesse.
 
9) Si comprende l'esistenza di mezzi tecnologici in grado di favorire l'aggregazione di una Rete sociale, un vero salto rivoluzionario rispetto alla vecchia Rete solitaria. 
 
L'Era di Splinder 
 
Marco Palombi è riuscito a creare una piattaforma blogosferica che metteva a frutto le intuizioni enunciate in The lonely net. È stato qualcosa di epocale, mai visto prima a memoria di essere umano. Si era in preda alla frenesia e si assaporava l'ebbrezza di una libertà senza limiti. Si aveva l'impressione di poter compiere grandi cose. Lo stato da intossicazione splinderologica aveva più di un lato in comune con la dipendenza da cocaina: era come avere impiantata nel cranio una macchinetta che sovraeccitava i neuroni, frustava le sinapsi, trasformava gli impulsi elettrici nell'encefalo infiammato in colate di lava incandescente. Non esisteva più una vera discontinuità tra il sonno e la veglia. Ricordo ancora quando, in preda a vere e proprie allucinazioni, ero convinto di potermi connettere alla Rete con la sola potenza del cervello e persino di poter postare tramite un semplice comando telepatico. Esisteva un senso generale di impunità, tanto che sembrava presente un pungolo che spingeva a comportamenti rischiosi, folli. Era come stare in una stanza buia e toccare sconosciuti a caso. Non c'era nessuna garanzia reale di incolumità, ma questo non lo sapeva nessuno. Bastava un flame e ciascuno poteva diventare un thug. La perdita del senso della realtà incombeva ad ogni passo. Splinder aveva questa peculiarità: metteva in contatto persone ed ambienti che nella vita reale pre-Internet non avrebbero mai avuto alcuna connessione né conoscenza reciproca. Si affacciavano nella homepage della piattaforma realtà inquietanti e difficili a classificarsi. Ricordo ancora un episodio di quelli che lasciano il segno. Un blogger affermava di lavorare in un obitorio e pubblicava post in forma di diario su sue supposte attività necrofile e cannibaliche. Dichiarava di avere la costumanza di cucinare membra di cadaveri nel formo a microonde in dotazione alla morgue e di mangiarne dopo averle arrostite lentamente, deliziandosi nell'aspirare l'odorino rilasciato dal processo di cottura. A quanto pare ci sono state denunce, visto che i post inneggianti alla necrofagia avevano destato un immenso scandalo. A quanto quell'utente stravagante ha in seguito dichiarato, si trattava soltanto di una colossale invenzione. I gestori di Splinder gli avrebbero permesso di scagionarsi, provando che gli orari di pubblicazione dei post non corrispondevano ai suoi turni di lavoro. Ho sempre avuto il dubbio che anche questa affermazione fosse fantomatica. Potrei parlare di diversi altri casi assurdi, come quello di un attivista dei diritti umani che nei meandri di un blog abbandonato si è imbattuto casualmente in un presunto picciotto mafioso. E che dire di quella donna matura e sfatta che il marito sfruttatore costringeva a fare le gangbang spermatiche, pubblicando poi le foto su un blog? Forse tutte queste aberrazioni non sarebbero esistite nel vecchio mondo. Credo che Palombi non le avrebbe mai immaginate: ogni sua parola ha sempre trasudato di una fede assoluta nella bontà innata del genere umano. Del resto c'è un prezzo da pagare per ogni cosa. Non si può avere la connettività illimitata nel Web senza tenere in conto possibili conseguenze avverse. 
 
Splinderdämmerung 
 
L'ipereccitazione dei primi anni dell'Era di Splinder non poteva durare a lungo. Quello che ha fatto seguito all'Espansione è stato un oscurissimo periodo di down. Anche in questo caso è utile servirsi del gergo dei cocainomani per comunicare il concetto. Certo si può ben comprendere che la piattaforma blogosferica splinderiana è stata condannata al suo epilogo dalla politica, eppure erano già in atto dinamiche autodistruttive. Splinder era una macchina termodinamica che rendeva possibile la creazione di un fiorire di reti neurali di blog. La formazione di queste sinapsi concettuali non è però in nessun caso gratuita. Richiede lavoro ed energia per poter esistere ed essere accresciuta. Ogni uso di lavoro e di energia provoca in maniera ineluttabile l'aumento esponenziale dell'entropia. Splinder è diventato come un pollaio privo di sistemi di drenaggio per far defluire la merda. La stagnazione escrementizia è diventata imperante. Si è instaurato un clima pestilenziale e i patogeni sono dilavati. Una specie di sepsi blogosferica. Come è ben risaputo, un potentissimo magnate aveva da tempo l'idea di annientare Splinder e non si è lasciato sfuggire l'occasione. Ha comprato la piattaforma e l'ha chiusa, nel disinteresse generale. Nel mondo dei blogger ben pochi si sono accorti di quanto stava accadendo. Nessun giornalista ha trattato il problema come avrebbe meritato. Da anni profetizzavo la Splinderdämmerung, ma nessuno mi ha mai voluto credere. Quando il Ragnarok blogosferico è diventato realtà, un amico sardo (RIP) si chiedeva se il magnate da me menzionato sarebbe stato il nuovo padrone di Splinder. Mi è venuta in mente una scena del film Il dottor Živago (David Lean, 1965), quella in cui un anziano contadino, sfinito dagli stenti, di fronte alla Rivoluzione bolscevica chiedeva se Lenin sarebbe stato il nuovo Zar. Qui era stato uno Zar a mandare in rovina il vecchio mondo, non certo un Lenin, eppure trovo calzante il confronto con quelle sequenze cinematografiche, perché esprimono l'incapacità di comprendere il mutare dello Zeitgeist.

IoBloggo e la Rete Solitaria
 
IoBloggo, una piattaforma blogosferica che aveva molto in comune con Splinder sia a livello tecnico che di funzionalità comunicative offerte, non è mai riuscito ad essere davvero parte della Rete sociale. Nonostante la sua forma, non aveva nulla di splinderiano nella sostanza. Dalla mia personale esperienza ho potuto trarre conclusioni deprimenti. Non vi è mai esistita alcuna community, a parte alcuni gruppuscoli di adolescenti che usavano uno strumento di messaggistica istantanea incorporato nel template dei loro blog. I messaggi che si scambiavano erano inconsistenti e fatti di abbreviazioni, con un lessico poverissimo, al punto di sembrare quasi una forma di monolingua degenerata, una regressione del linguaggio al livello dei pre-ominidi. IoBloggo non ha mai conosciuto una vera espansione. Molti blogger in fuga dalla distruzione di Splinder hanno migrato i loro portali su IoBloggo, ma limitandosi a usarlo come repositorio: nella maggior parte dei casi i backup dei blog sono stati abbandonati al loro destino. La piattaforma è stata lasciata nell'incuria più totale, finendo più volte devastata da violenti attacchi hacker, tanto che a un certo punto ha cessato di esistere nel Web.
 
Blogspot e la Rete Solitaria 

Blogspot permette di creare e di mantenere blog in gran numero e non troppo diversi da quelli che c'erano su Splinder. Saltano comunque all'occhio alcune differenze marchiane. Non esiste un servizio di messaggistica privata. Nulla di simile ai cosiddetti pvt (ossia "messaggi privati") può essere inviato ad altri utenti. Non esiste un servizio di chat. La cosa più importante è però un'altra. Non esiste una homepage che mostri in tempo reale gli aggiornamenti postati dai blogger. Non esistono strumenti di navigazione nella blogosfera. Non posso sapere chi sta postando cosa. Non posso avere la benché minima idea di quali siano i blog più aggiornati o che trattano un certo argomento, se non ricorrendo ai motori di ricerca. Una ricerca di questo tipo, effettuata tramite Google, solo per fare un esempio, si rivela essere tutt'altro che facile. In altre parole, non c'è possibilità di compiere ricerche interne alla piattaforma. Questi limiti sono talmente gravi che Blogspot mi pare ascrivibile in tutto e per tutto alla Rete Solitaria, senza nemmeno l'ombra della possibilità di formare una community. I commenti sono rarissimi, non si formano thread. Non si riescono a conoscere nuove persone. In pratica il blogger si trova alla deriva nel Nulla.

Il Nulla dei Social 

Certo, i Social non hanno niente a che vedere con la Rete Solitaria, già per definizione. Resta il fatto che sono qualcosa di molto diverso dalla Rete Sociale sognata da Palombi. Prendiamo ad esempio Facebook, che è il Social per eccellenza. La sua immensità è tale che si può esplorarne soltanto una sezione infinitesimale, microscopica, senza avere la benché minima idea di ciò che c'è al di fuori. Non è quindi una community in senso splinderiano, perché non è completamente aperta. È come se uno si trovasse in un ammasso galattico gigantesco e cercasse di navigarvi, avendo però le dimensioni di una minuscola scintilla. Dove potrebbe andare? Potrebbe avere consapevolezza dei densissimi grappoli di stelle che si stanno formando? Potrebbe tracciare una mappa dei sistemi solari più antichi, delle stelle a neutroni e dei pianeti vagabondi? Allo stesso modo, in Facebook tutto dipende dai contatti e dagli ambienti che si frequentano (pagine, gruppi, etc.), che sono soltanto microscopiche particelle in un Cosmo vastissimo. Cercare spiriti affini può essere una fatica soverchiante quanto inutile. Torniamo quindi al problema della solitudine. Si va alla deriva, si posta qualcosa, si mette qualche reazione ai post che compaiono nella homepage, si pubblica qualche commento e tutto finisce lì. Sono azioni compulsive e futili. Il senso è scomparso da tempo. Facebook non è un contenitore adatto alle idee. Non è nemmeno un luogo in cui poter trovare quello che si desidera, qualunque cosa possa essere. Immaginiamo che un utente cerchi sesso occasionale. In Splinder si poteva anche riuscire a trovare un pompino. Anzi, c'è gente che in Splinder ha trovato addirittura il partner della vita e ci ha anche fatto un figlio. Facebook è un deserto. Solo per fare un esempio, se ci fosse una ninfomane che si mette in posa a gambe allargate, sarebbe un inutile massacro: si formerebbero masse di energumeni in competizione tra loro, facendo finire tutto in uno schifo che non può nemmeno essere descritto a parole. Ormai Zuckerborg riesce persino ad anticipare i processi di formazione di un desiderio, sommergendo l'utente di post pubblicitari di siti per incontri. Siti che sono soltanto trappole con cui speculatori senza scrupoli sfruttano le miserie umane. Per quanto riguarda la mia esperienza su Facebook, diventa sempre più solitaria ogni giorno che passa. La socialità va estinguendosi, come un ruscello che si secca sotto il solleone. Credo che sia significativo far notare che molti dei miei contatti, e tra questi i più attivi, siano un'eredità dei lontani tempi di Splinder. Ho conosciuto ben poche persone nuove, non splinderiane.     
 
Una rivoluzione fallita 
 
Con la triste fine di Splinder, la Blogosfera è tornata ad essere il regno oscuro della Rete Solitaria! Eppure i mezzi di comunicazione non mancano, anzi, si sono evoluti notevolmente dai tempi in cui Palombi descriveva la sua utopia. Com'è possibile questo? Ci ho pensato moltissimo, inutilmente. Non me lo riesco a spiegare. L'esperimento antropologico di Splinder non si è più ripetuto. Non è mai più comparso nulla di simile. Quando ho esposto questo problema a svariati conoscenti e ho domandato loro quali potessero esserne le cause, nessuno mi ha saputo dare una risposta convincente. L'ipotesi più comune è questa: Splinder avrebbe suscitato un enorme entusiasmo perché era una novità. Come tutte le novità, sarebbe poi venuto a noia. Non sono convinto che sia così. C'era davvero qualcosa di magico, quasi un'alchimia folle che non ha potuto essere riprodotta in condizioni diverse da quelle in cui è stata generata.

martedì 2 febbraio 2021

QUANDO SI SCONTRANO I DOPPIONI

Nella maggior parte delle lingue del globo terracqueo, salvo forse pochissime eccezioni dovute a un grande isolamento, sono presenti allotropi o doppioni. Si tratta di esiti diversi dello stesso vocabolo. Ho pubblicato un articolo sugli allotropi della lingua italiana, che forse sarà di una qualche utilità al lettore. Eccolo: 
 
https://perpendiculum.blogspot.com/2020/12/
i-doppioni-nella-lingua-italiana.html


Il bello degli allotropi è che i parlanti in genere non li riconoscono affatto come originati da una stessa protoforma più antica giunta tramite diverse trafile (es. una trafila dotta e una trafila volgare). Talvolta addirittura sono possibili esiti contraddittori. Posso fornire due esempi molto significativi:

1) sopportare significa "tollerare, farsi carico di qualcosa di molesto";
2) supportare significa "sostenere, essere un sostenitore di qualcuno o di qualcosa" (viene dall'inglese americano). 
 
Si può capire una cosa molto semplice: sopportare Berlusconi non significa supportare Berlusconi!
 
1) recuperare significa "ritrovare qualcosa; ritrovare la salute";
2) ricoverare significa "mettere qualcuno in ospedale, in un gerontocomio o in altro simile luogo di detenzione". 

In tempi di pandemia di COVID-19, molti hanno equivocato e tradotto male la parola inglese recovered "guarito", interpretandola come "ricoverato (in ospedale)". Così i pazienti guariti dall'infezione, che molti si ostinano assurdamente a ritenere fantomatica, si sono ritrovati per incanto intubati nei nosocomi. La vedete l'assurda contraddizione? 

Il calabrone e il gravalone
 
Racconterò ora un singolare aneddoto sull'allotropia nella lingua italiana e sulle sue interferenze con i dialetti galloitalici. Un cugino materno di Cuneo, G. (RIP), che era originario della Lomellina, aveva fatto leggere a me e a mia madre (RIP) alcuni suoi bizzarri componimenti giovanili. Mi era molto caro e lo chiamavo affettuosamente Zio Janni. I suoi testi erano scritti a mano su fogli gelosamente custoditi in un cassetto. Ormai sono di certo finiti al macero. Uno di questi componimenti riguardava la sua sfrenata passione per una milf, da lui chiamata la Brunetta: a suo dire l'affondamento dell'Andrea Doria sarebbe stato causato dal fatto che lui aveva messo il cappello sul letto della maliarda durante un convegno amoroso proprio in quella nave. All'epoca si credeva che mettere un cappello sul letto portasse disgrazia. Un altro componimento di G. parlava di alcune bellissime ragazze che ballavano lo shake coi capelloni. Si coglieva nelle parole una certa invidia. Ormai nessuno ne sa più qualcosa: lo shake era un tipo di ballo degli anni '60, sprofondato nell'Oblio da decenni. A quei tempi bastava che un uomo avesse i capelli un po' lunghi per destare scandalo: i cosiddetti "capelloni", che spesso avevano soltanto una frangia o un po' di zazzera, non erano ammessi nei ristoranti e nei mezzi pubblici. Un ultimo lavoro, che mia madre giudicò "informe" e "ancora in cantiere", riguardava gli insetti che infestavano un orto. Si parlava di mosche e di mosconi, di cimici, di bruchi schifosi e via discorrendo. Tra questa fauna brulicante figuravano anche un calabrone e un gravalone. Col suo fare aggressivo, mia madre disse giustamente che il calabrone e il gravalone altro non erano che lo stesso insetto. G. non si era accorto dell'allotropia. Ignorava il fatto che sia calabrone che il lombardo gravalone (in questo caso un prestito dal lomellino), altro non sono che discendenti del latino crābrone(m). Abbozzò un tentativo di difesa, affermando che il gravalone sarebbe un bombo peloso e brunastro, mentre chiamava correttamente calabrone la Vespa crabro. Mia madre considerò vane le parole di G., che nascose prontamente i fogli col componimento informe, quasi temendo di essere fulminato. Tutti quegli scritti saranno purtroppo finiti nella spazzatura: l'appartamento in cui G. viveva in affitto apparteneva a una famiglia di avvocati ed è stato subito reclamato non appena egli è morto a causa di una paralisi indotta da una forma particolarmente maligna di influenza. 

Il Bannato e il bandito
 
Un altro aneddoto sugli allotropi è molto più recente e proviene da Facebook. Un amico conosciuto in quel vastissimo social si fa chiamare con diversi pseudonimi, tra cui Bannato. Questo per il fatto che, proprio come me, è molto turbolento e viene spesso sottoposto a blocchi da parte dell'Idiozia Artificiale di Zuckerborg. Un blocco nei Social è chiamato tecnicamente ban, parola inglese derivante dall'anglosassone bannan "proclamare, comandare, convocare", che ha la stessa etimologia dell'italiano bando. Il latino medievale ha adottato questa parola come bandum e bannum. Il bando era eseguito tramite un proclama pubblico. Il corrispondente verbo italiano bandire, che risale ovviamente alle stesse nobilissime origini germaniche (gotico bandwa, bandwo "segno, segnale", bandwjan "dare il segnale", "indicare", "mostrare"), è l'origine della parola bandito. Così possiamo dire che bandito e bannato sono due doppioni, di cui il primo è ereditario, risalente all'Alto Medioevo, mentre il secondo è giunto tramite l'inglese in tempi molto più recenti. Quindi Bannato equivale in qualche modo a bandito, una coincidenza davvero bizzarra. L'allotropia in questione è dovuta all'immissione di un vocabolo inglese nel lessico della lingua italiana, ma la sostanza non cambia. 

Carta oleata e carta oliata
 
La carta oleata ha l'aspetto dell'olio, perché è lucidissima alla vista e liscia al tatto, mentre la carta oliata è semplicemente sporca di olio, da buttare, del tutto inutile. Se la carta oleata serve a qualcosa, la carta oliata è un rifiuto, destinato allo smaltimento. In ogni caso l'origine etimologica è identica: viene pur sempre dal latino oleum "olio". Mio cugino D. (RIP), che era un robusto milanesone, non comprendeva l'identica origine della carta oleata e della carta oliata. Per lui erano due cose completamente diverse, come se la prima fosse nativa della Terra e l'altra provenisse da Marte. Diversi anni dopo questo episodio, D. è invecchiato e la sua salute è improvvisamente decaduta. Azrael lo ha còlto, lo ha portato nell'Oltre mentre era ricoverato in un ospedale a causa di una carenza di ferro. Le sue spoglie mortali sono state cremate a Lambrate, dopo un lungo funerale a cui erano presenti gli ultimi parlanti della lingua meneghina. Ricordo bene un dettaglio di non poco conto: il prete che ha officiato la cerimonia ha pronunciato parole misteriose, affermando che i Morti sono come uccelli tra i rami degli alberi, sulla base di un passo evangelico che ora mi sfugge. 
 
Un altro esito contraddittorio  
 
La perdita della trasparenza etimologica delle parole adottate è un dramma terribile che affligge il genere umano. Fa smarrire per sempre la consapevolezza del linguaggio e del suo uso! Il problema non riguarda soltanto gli allotropi. Posso citare un esempio che non è affatto allotropico, avendo a che fare con termini di identica semantica ma di diversa origine. In italiano esistono due parole che potrebbero essere benissimo considerate sinonimi: salute e sanità. La trafila di entrambe è dotta e latina, ma non proviene da una singola radice. 

1) Il latino salūs (genitivo salūtis) deriva da salvus "incolume, intatto, integro" (da cui l'italiano salvo). 
2) Il latino sanitās (genitivo sanitātis) deriva da sānus "integro, intatto, in buona salute" (da cui l'italiano sano). 
 
I parlanti dei dialetti galloitalici dell'Italia Settentrionale interpretavano "salute" come "condizione di chi non ha malattie", mentre per "sanità" intendevano "mondo degli ospedali, della Sanità pubblica" e quindi "malattia". Un paradosso incredibile! Esisteva un proverbio grottesco, che mi è stato riferito da mia madre: "Soldi e sanità, metà della metà". Il suo significato era questo: "Non bisogna dire a nessuno quanti soldi si hanno, altrimenti si viene invidiati e linciati da torme di comunisti furiosi; non bisogna dire a nessuno di quali malattie si soffre, altrimenti si viene odiati dai bigotti che attribuirebbero tali problemi a una maledizione divina". Questo era uno dei pilastri portanti del contesto della Lomellina della seconda metà del XX secolo. Un altro era la segretezza del voto: nessuno doveva poter accusare qualcuno di aver cambiato idee politiche nel corso degli anni e di essere quindi considerato un voltagabbana. Erano tempi atroci. Ogni tanto mi viene in mente che i Varunna cantavano queste parole: "In un'Italia democristiana, con un solo paio di scarpe, con un proiettile in tasca a scuola, e negli occhi la rivolta! Negli occhi la rivolta!"