giovedì 4 febbraio 2021

ALCUNE RIFLESSIONI SULL'ERA DI SPLINDER E SULLA RETE SOLITARIA

Marco Palombi, il fondatore di Splinder, nel lontano 20 aprile 2001 scrisse un articolo di estremo interesse, intitolato The lonely net (ossia "La Rete solitaria"). Lo redasse in inglese e la scelta a parer mio non fu casuale. Voleva parlare al mondo intero ed essere compreso da più persone possibile, perché i cruciali argomenti trattati, tuttora attualissimi, non riguardavano soltanto l'Italia. Il testo è disponibile al seguente indirizzo, sul blog dell'autore, Ocrampal's place
 
 
Sono convinto che sia un contributo di capitale importanza, quindi provvedo a riassumerlo e ad elencarne i concetti portanti, a pubblica edificazione. 
 
I capisaldi palombiani 
 
1) Si parte dalla triste constatazione dell'assoluta solitudine dell'utente nella Rete. Le domande poste in questo vuoto abissale sono semplici ma restano senza risposta. Eccone alcune: 

Cosa stanno facendo gli altri? 
Cosa stanno guardando?
Di cosa stanno parlando? 
A cosa stanno giocando? 
Dove si svolge l'azione? 
Come posso partecipare? 
Cos'è eccitante? 
Cosa non è eccitante?

2) Nel mondo reale si riesce a capire facilmente se un luogo è o meno interessante, Nella Rete le cose sono più difficili, perché la navigazione è solo un contatto tra l'utente e il browser. 
 
3) Il Web, ossia il contenuto della Rete, non è nato come strumento di comunicazione. Le sue origini risalgono al CERN ed è stato pensato come un sistema per navigare nei documenti.
 
4) La comunicazione mediatica è sempre stata un'esperienza solitaria, già prima dell'avvento della Rete. Radio e televisione non prevedono l'interazione tra chi trasmette un programma e chi lo riceve. L'ascoltatore è completamente passivo! 
 
5) Il telefono è un sistema di comunicazione abbastanza avanzato, dato che richiede lo scambio di messaggi tra due persone (point-to-point). È però impossibile estendere questa comunicazione a un gruppo interconnesso di utenti. Se non si conosce il numero telefonico di qualcuno, non esiste modo di contattarlo. 
 
6) La Rete si è evoluta importando modelli modelli dai vecchi media e adattandoli alla nuova realtà. La natura di un sito Web è quella di trasmettere informazioni. Il contenuto è lo stesso per tutti. Non si può parlare ad altri utenti. 
 
7) Nasce l'intuizione di usare la Rete come combinazione di diversi mezzi di comunicazione: 
    i) navigazione di contenuti permanenti (il Web), 
    ii) strumenti per far fluire l'informazione (e-mail, etc.),
    iii) sistemi di transazione (autenticazione, etc.). 
 
8) Si comprende la lenta nascita di una nuova Rete, meno solitaria. All'epoca alcuni siti del Web hanno tentato di aggiungere funzionalità nuove per facilitare la comunicazione (es. SlashDot, i Wikies). I navigatori hanno cominciato a diventare parte di comunità di persone affini, accomunate da qualche interesse.
 
9) Si comprende l'esistenza di mezzi tecnologici in grado di favorire l'aggregazione di una Rete sociale, un vero salto rivoluzionario rispetto alla vecchia Rete solitaria. 
 
L'Era di Splinder 
 
Marco Palombi è riuscito a creare una piattaforma blogosferica che metteva a frutto le intuizioni enunciate in The lonely net. È stato qualcosa di epocale, mai visto prima a memoria di essere umano. Si era in preda alla frenesia e si assaporava l'ebbrezza di una libertà senza limiti. Si aveva l'impressione di poter compiere grandi cose. Lo stato da intossicazione splinderologica aveva più di un lato in comune con la dipendenza da cocaina: era come avere impiantata nel cranio una macchinetta che sovraeccitava i neuroni, frustava le sinapsi, trasformava gli impulsi elettrici nell'encefalo infiammato in colate di lava incandescente. Non esisteva più una vera discontinuità tra il sonno e la veglia. Ricordo ancora quando, in preda a vere e proprie allucinazioni, ero convinto di potermi connettere alla Rete con la sola potenza del cervello e persino di poter postare tramite un semplice comando telepatico. Esisteva un senso generale di impunità, tanto che sembrava presente un pungolo che spingeva a comportamenti rischiosi, folli. Era come stare in una stanza buia e toccare sconosciuti a caso. Non c'era nessuna garanzia reale di incolumità, ma questo non lo sapeva nessuno. Bastava un flame e ciascuno poteva diventare un thug. La perdita del senso della realtà incombeva ad ogni passo. Splinder aveva questa peculiarità: metteva in contatto persone ed ambienti che nella vita reale pre-Internet non avrebbero mai avuto alcuna connessione né conoscenza reciproca. Si affacciavano nella homepage della piattaforma realtà inquietanti e difficili a classificarsi. Ricordo ancora un episodio di quelli che lasciano il segno. Un blogger affermava di lavorare in un obitorio e pubblicava post in forma di diario su sue supposte attività necrofile e cannibaliche. Dichiarava di avere la costumanza di cucinare membra di cadaveri nel formo a microonde in dotazione alla morgue e di mangiarne dopo averle arrostite lentamente, deliziandosi nell'aspirare l'odorino rilasciato dal processo di cottura. A quanto pare ci sono state denunce, visto che i post inneggianti alla necrofagia avevano destato un immenso scandalo. A quanto quell'utente stravagante ha in seguito dichiarato, si trattava soltanto di una colossale invenzione. I gestori di Splinder gli avrebbero permesso di scagionarsi, provando che gli orari di pubblicazione dei post non corrispondevano ai suoi turni di lavoro. Ho sempre avuto il dubbio che anche questa affermazione fosse fantomatica. Potrei parlare di diversi altri casi assurdi, come quello di un attivista dei diritti umani che nei meandri di un blog abbandonato si è imbattuto casualmente in un presunto picciotto mafioso. E che dire di quella donna matura e sfatta che il marito sfruttatore costringeva a fare le gangbang spermatiche, pubblicando poi le foto su un blog? Forse tutte queste aberrazioni non sarebbero esistite nel vecchio mondo. Credo che Palombi non le avrebbe mai immaginate: ogni sua parola ha sempre trasudato di una fede assoluta nella bontà innata del genere umano. Del resto c'è un prezzo da pagare per ogni cosa. Non si può avere la connettività illimitata nel Web senza tenere in conto possibili conseguenze avverse. 
 
Splinderdämmerung 
 
L'ipereccitazione dei primi anni dell'Era di Splinder non poteva durare a lungo. Quello che ha fatto seguito all'Espansione è stato un oscurissimo periodo di down. Anche in questo caso è utile servirsi del gergo dei cocainomani per comunicare il concetto. Certo si può ben comprendere che la piattaforma blogosferica splinderiana è stata condannata al suo epilogo dalla politica, eppure erano già in atto dinamiche autodistruttive. Splinder era una macchina termodinamica che rendeva possibile la creazione di un fiorire di reti neurali di blog. La formazione di queste sinapsi concettuali non è però in nessun caso gratuita. Richiede lavoro ed energia per poter esistere ed essere accresciuta. Ogni uso di lavoro e di energia provoca in maniera ineluttabile l'aumento esponenziale dell'entropia. Splinder è diventato come un pollaio privo di sistemi di drenaggio per far defluire la merda. La stagnazione escrementizia è diventata imperante. Si è instaurato un clima pestilenziale e i patogeni sono dilavati. Una specie di sepsi blogosferica. Come è ben risaputo, un potentissimo magnate aveva da tempo l'idea di annientare Splinder e non si è lasciato sfuggire l'occasione. Ha comprato la piattaforma e l'ha chiusa, nel disinteresse generale. Nel mondo dei blogger ben pochi si sono accorti di quanto stava accadendo. Nessun giornalista ha trattato il problema come avrebbe meritato. Da anni profetizzavo la Splinderdämmerung, ma nessuno mi ha mai voluto credere. Quando il Ragnarok blogosferico è diventato realtà, un amico sardo (RIP) si chiedeva se il magnate da me menzionato sarebbe stato il nuovo padrone di Splinder. Mi è venuta in mente una scena del film Il dottor Živago (David Lean, 1965), quella in cui un anziano contadino, sfinito dagli stenti, di fronte alla Rivoluzione bolscevica chiedeva se Lenin sarebbe stato il nuovo Zar. Qui era stato uno Zar a mandare in rovina il vecchio mondo, non certo un Lenin, eppure trovo calzante il confronto con quelle sequenze cinematografiche, perché esprimono l'incapacità di comprendere il mutare dello Zeitgeist.

IoBloggo e la Rete Solitaria
 
IoBloggo, una piattaforma blogosferica che aveva molto in comune con Splinder sia a livello tecnico che di funzionalità comunicative offerte, non è mai riuscito ad essere davvero parte della Rete sociale. Nonostante la sua forma, non aveva nulla di splinderiano nella sostanza. Dalla mia personale esperienza ho potuto trarre conclusioni deprimenti. Non vi è mai esistita alcuna community, a parte alcuni gruppuscoli di adolescenti che usavano uno strumento di messaggistica istantanea incorporato nel template dei loro blog. I messaggi che si scambiavano erano inconsistenti e fatti di abbreviazioni, con un lessico poverissimo, al punto di sembrare quasi una forma di monolingua degenerata, una regressione del linguaggio al livello dei pre-ominidi. IoBloggo non ha mai conosciuto una vera espansione. Molti blogger in fuga dalla distruzione di Splinder hanno migrato i loro portali su IoBloggo, ma limitandosi a usarlo come repositorio: nella maggior parte dei casi i backup dei blog sono stati abbandonati al loro destino. La piattaforma è stata lasciata nell'incuria più totale, finendo più volte devastata da violenti attacchi hacker, tanto che a un certo punto ha cessato di esistere nel Web.
 
Blogspot e la Rete Solitaria 

Blogspot permette di creare e di mantenere blog in gran numero e non troppo diversi da quelli che c'erano su Splinder. Saltano comunque all'occhio alcune differenze marchiane. Non esiste un servizio di messaggistica privata. Nulla di simile ai cosiddetti pvt (ossia "messaggi privati") può essere inviato ad altri utenti. Non esiste un servizio di chat. La cosa più importante è però un'altra. Non esiste una homepage che mostri in tempo reale gli aggiornamenti postati dai blogger. Non esistono strumenti di navigazione nella blogosfera. Non posso sapere chi sta postando cosa. Non posso avere la benché minima idea di quali siano i blog più aggiornati o che trattano un certo argomento, se non ricorrendo ai motori di ricerca. Una ricerca di questo tipo, effettuata tramite Google, solo per fare un esempio, si rivela essere tutt'altro che facile. In altre parole, non c'è possibilità di compiere ricerche interne alla piattaforma. Questi limiti sono talmente gravi che Blogspot mi pare ascrivibile in tutto e per tutto alla Rete Solitaria, senza nemmeno l'ombra della possibilità di formare una community. I commenti sono rarissimi, non si formano thread. Non si riescono a conoscere nuove persone. In pratica il blogger si trova alla deriva nel Nulla.

Il Nulla dei Social 

Certo, i Social non hanno niente a che vedere con la Rete Solitaria, già per definizione. Resta il fatto che sono qualcosa di molto diverso dalla Rete Sociale sognata da Palombi. Prendiamo ad esempio Facebook, che è il Social per eccellenza. La sua immensità è tale che si può esplorarne soltanto una sezione infinitesimale, microscopica, senza avere la benché minima idea di ciò che c'è al di fuori. Non è quindi una community in senso splinderiano, perché non è completamente aperta. È come se uno si trovasse in un ammasso galattico gigantesco e cercasse di navigarvi, avendo però le dimensioni di una minuscola scintilla. Dove potrebbe andare? Potrebbe avere consapevolezza dei densissimi grappoli di stelle che si stanno formando? Potrebbe tracciare una mappa dei sistemi solari più antichi, delle stelle a neutroni e dei pianeti vagabondi? Allo stesso modo, in Facebook tutto dipende dai contatti e dagli ambienti che si frequentano (pagine, gruppi, etc.), che sono soltanto microscopiche particelle in un Cosmo vastissimo. Cercare spiriti affini può essere una fatica soverchiante quanto inutile. Torniamo quindi al problema della solitudine. Si va alla deriva, si posta qualcosa, si mette qualche reazione ai post che compaiono nella homepage, si pubblica qualche commento e tutto finisce lì. Sono azioni compulsive e futili. Il senso è scomparso da tempo. Facebook non è un contenitore adatto alle idee. Non è nemmeno un luogo in cui poter trovare quello che si desidera, qualunque cosa possa essere. Immaginiamo che un utente cerchi sesso occasionale. In Splinder si poteva anche riuscire a trovare un pompino. Anzi, c'è gente che in Splinder ha trovato addirittura il partner della vita e ci ha anche fatto un figlio. Facebook è un deserto. Solo per fare un esempio, se ci fosse una ninfomane che si mette in posa a gambe allargate, sarebbe un inutile massacro: si formerebbero masse di energumeni in competizione tra loro, facendo finire tutto in uno schifo che non può nemmeno essere descritto a parole. Ormai Zuckerborg riesce persino ad anticipare i processi di formazione di un desiderio, sommergendo l'utente di post pubblicitari di siti per incontri. Siti che sono soltanto trappole con cui speculatori senza scrupoli sfruttano le miserie umane. Per quanto riguarda la mia esperienza su Facebook, diventa sempre più solitaria ogni giorno che passa. La socialità va estinguendosi, come un ruscello che si secca sotto il solleone. Credo che sia significativo far notare che molti dei miei contatti, e tra questi i più attivi, siano un'eredità dei lontani tempi di Splinder. Ho conosciuto ben poche persone nuove, non splinderiane.     
 
Una rivoluzione fallita 
 
Con la triste fine di Splinder, la Blogosfera è tornata ad essere il regno oscuro della Rete Solitaria! Eppure i mezzi di comunicazione non mancano, anzi, si sono evoluti notevolmente dai tempi in cui Palombi descriveva la sua utopia. Com'è possibile questo? Ci ho pensato moltissimo, inutilmente. Non me lo riesco a spiegare. L'esperimento antropologico di Splinder non si è più ripetuto. Non è mai più comparso nulla di simile. Quando ho esposto questo problema a svariati conoscenti e ho domandato loro quali potessero esserne le cause, nessuno mi ha saputo dare una risposta convincente. L'ipotesi più comune è questa: Splinder avrebbe suscitato un enorme entusiasmo perché era una novità. Come tutte le novità, sarebbe poi venuto a noia. Non sono convinto che sia così. C'era davvero qualcosa di magico, quasi un'alchimia folle che non ha potuto essere riprodotta in condizioni diverse da quelle in cui è stata generata.

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