domenica 29 marzo 2015

ETRUSCOLOGIA TRAGICA: IL CASO PIRONTI

Riporto il link a un articolo di grande interesse di Riccardo Venturi sul caso Pironti, di cui al giorno d'oggi ben pochi conservano memoria: 


Francesco Pironti (1891 - 1935) fu un professore di greco e di latino che insegnava in un liceo a Napoli. Nell'articolo di Venturi il suo nome di battesimo è riportato erroneamente come Alberto, ma in calce compare la correzione. Pironti aveva una grande passione: l'etruscologia. La sua idea portante era l'identificazione della lingua etrusca come dialetto ellenico: pensava che la lingua dei Rasna dovesse essere una forma di greco difficile e mascherato, ma nonostante ciò riconoscibile. Allo scopo di dimostrare la sua tesi, raccolse nel corso degli anni una gran quantità di appunti e infine li organizzò in un volume, che intitolò "Il deciframento della lingua etrusca" e pubblicò nel 1933 (Venturi riporta la data 1930, che non è corretta). Il libro ebbe un successo strepitoso, in un anno ne furono vendute ben 3.000 copie, un numero davvero notevole per un argomento specialistico a quell'epoca. L'Osservatore Romano annunciò al mondo che il professor Pironti aveva trovato la chiave per la comprensione della lingua etrusca. Fu vantato come italico genio e ricevette premi e riconoscimenti per la sua opera: si pensava che il mistero della lingua etrusca fosse giunto a un definitivo chiarimento. Va detto che grande era l'ignoranza del pubblico, che confondeva "scrittura" e "lingua""lettere" e "fonemi", "decifrare" e "tradurre", e che si aspettava che ogni lingua sconosciuta dovesse per necessità avere una "chiave", trovata la quale tutto sarebbe stato ricondotto a qualcosa di noto.   

Negli ambienti accademici non tutti furono entusiasti delle controverse scoperte di Pironti. Il prof. Carlo Battisti lo attaccò dalle pagine dell'Archivio Glottologico Italiano, dando inizio ad un'accesa discussione che purtroppo non sembra essere reperibile nel Web. Battisti riuscì, servendosi dell'evidenza dei dati di fatto e del metodo scientifico, a stroncare le idee di Pironti, dimostrandone infine l'inconsistenza. Diciamo che andò anche oltre: tramite uno spietato sarcasmo massacrò il suo avversario. Alle confutazioni di Battisti fu data la massima eco possibile: come conseguenza Pironti da italico genio venne ad essere schiantato nella polvere. Il suo libro fu ritirato dalle librerie. A quei tempi non si scherzava. Ai nostri giorni scritti pseudoscientifici e nocivi come quelli di Alinei e di Semerano trovano accoglienza persino nelle università, e le assurdità che contengono prosperano nel Web. È concesso anche a consapevoli fautori di idee pseudoscientifiche andare avanti nella loro propalazione, nonostante si sia dimostrato in tutti i modi possibili che si tratta di cose assurde, vane e dannose. All'epoca non era così: il maglio dell'Accademia si abbatteva anche su persone in buona fede come Pironti, e chi era confutato era considerato un paria. Gli eventi ebbero un epilogo tragico. A Pironti mancavano pochi anni per andare in pensione, eppure fu costretto a dimettersi. Cadde in preda alla disperazione, si chiuse nel suo studio e si uccise, lasciando sei figli e una giovane vedova in stato interessante.  

Sul rapporto tra lingua greca e lingua etrusca     

Naturalmente l'etrusco non è affatto un dialetto greco, tuttavia esistono numerose isoglosse che legano le due lingue. La cosa non deve stupire, dato che la lingua greca è il risultato della sovrapposizione di una lingua chiaramente indeouropea con alcune lingue che gli invasori, giunti in più ondate, trovarono in loco. Essendo l'etrusco derivato dallo stesso ceppo di almeno due delle lingue preelleniche - l'eteo-cretese e l'eteo-cipriota - il fatto che ci siano isoglosse non è poi così strano. L'ottimo Giulio Facchetti ha esposto con ottimi argomenti questa tesi. Questi sono alcuni esempi di interessanti corrispondenze:    

Etr. farθan "genio" - Gr. παρθένος "vergine"*
Etr. netś- "interiora" - Gr. νήδυια "interiora"
Etr. puia "moglie" - Gr. ὀπυίω "prendo in moglie"
Etr. purθ "magistrato" - Gr. πρύτανις "signore" 

*La parola etrusca indica un nume tutelare femminile; la radice si trova anche come aggettivo nella locuzione śeχ farθ(a)na "figlia naturale" e nel verbo farθna- "generare"

In altri casi si tratta invece di prestiti entrati in etrusco dalla lingua greca in epoca più recente. Tra questi prestiti, che sono in genere di natura culturale, compaiono diversi lemmi vascolari e nomi di beni di consumo tipici del bacino del Mediterraneo: 

Etr. culiχna "bicchiere" - Gr. κυλίχνη
Etr. elaiva- "olio" - Gr. ἐλαιον
Etr. larnaś "contenitore" - Gr. λάρναξ
"scatola"
Etr. leχtum "vaso da olio" - Gr. λήκυθος
Etr. patna "scodella" - Gr. πατάνη
Etr. qutun "vaso potorio" - Gr. κώθων
Etr. vinum "vino" - Gr. ὀῖνος 

Alcune di queste forme sono passate in latino: 

Etr. elaiva- "olio" > Lat. oleum, oliva
Etr. patna "scodella" > Lat. patina
Etr. vinum "vino" > Lat. vinum* 

*La terminazione -um è stata reinterpretata come uscita del neutro (latino antico -om).  

È dimostrato che in moltissimi casi per spiegare la forma latina di un prestito dal greco è necessario un intermediario etrusco. 

Lat. amurca "morchia" - Gr. ἀμόργη
Lat. citrus "cedro (albero)" - Gr.
κέδρος 
Lat. groma "filo a piombo" - Gr. γνώμων (1)
Lat. taeda "torcia" - Gr. δᾷς, δαΐς
Lat. triumphus "trionfo" - Gr. θρίαμβος (2)

(1) Il termine greco indica tra le altre cose l'esaminatore e l'ago della meridiana.
(2) Il termine greco indica l'inno a Dioniso.

Anche il ricorso alle glosse di Esichio e di altri autori non deve essere disprezzato e deriso, come non di rado accade: infatti i lessicografi greci ci hanno tramandato moltissime voci di lingue sommerse parlate nel bacino del Mediterraneo, spesso e volentieri senza indicarne la fonte. Nei vocabolari si trovano termini di estremo interesse, come ad esempio la parola θάμνα "vinello", di cui non è fornita alcuna etimologia credibile. Ebbene, questa parola è tirrenica. In latino abbiamo la glossa tamnum "vino", e questi dati ci permettono di risalire all'etrusco *θamna "vinello, tipo di vino". La parola era simile nell'aspetto fonetico a *tamna "cavallo", glossato da Esichio come δάμνος. Questo dovrebbe porre fine all'ambiguità tra *tamna e *θamna (con una certa predilezione per la forma aspirata) nella ricostruzione della parola etrusca per indicare il cavallo, facendo propendere decisamente per *tamna

Pironti non aveva semplicemente compreso la differenza tra prestiti e voci ereditate, e tendeva ad applicare a parole etrusche il principio dell'assonanza per ricondurle a viva forza a una forma di greco. Un esempio è il termine hare che compare nel testo del Cippo di Perugia, con ogni probabilità una voce del verbo har- "entrare", che Pironti interpretò invece come "inferiore" a partire dal greco κάρ, forma breve di κατά "giù".   

Conseguenze del caso Pironti e suo uso strumentale da parte degli archeologi   

Come risultato del suicidio del Pironti, Massimo Pallottino scagliò un anatema e impose un diktat per proibire ogni ricerca delle origini degli Etruschi. Pur non menzionando Pironti, Massimo Pittau riporta nel suo sito un bell'articolo sul fantasma di Pallottino.


Anche se non condivido le conclusioni di Pittau sulla natura indoeuropea dell'etrusco, molte delle cose che dice sullo strapotere degli archeologi e sulla loro influenza deleteria sono assolutamente corrette. A causa della fatwa di Pallottino - postdatata da Pittau al 1947 ma in realtà già operante in piena età mussoliniana - in pratica per decenni è stata vietata l'applicazione del metodo scientifico agli studi sulla lingua etrusca, pena l'incorrere in conseguenze sgradevoli. Chiunque insista nelle indagini e porti avanti idee sgradite agli archeologi viene isolato, trattato come un lebbroso, boicottato, privato di ogni mezzo valido per assicurare ampia diffusione ai suoi studi e per promuovere un dibattito sereno quanto produttivo. 

Gli antefatti sono a dir poco stupefacenti. Ossessionato dalle richieste di Mussolini, a cui stava a cuore l'idea degli Etruschi "italici" e "ariani", Pallottino aveva trascorso non poche notti insonni, riuscendo infine a concepire l'idea del "farsi" della nazione etrusca a partire da diverse componenti tra loro fuse sul suolo italico. Un po' come Peppone, che pressato da Don Camillo e da un esercito di vecchie isteriche, dopo una notte di delirio concepisce l'idea di inglobare una cappella nell'edificanda Casa del Popolo anziché demolirla. Così teorizzando, Pallottino era riuscito a salvare la capra della Scienza e i cavoli del Duce. In quel contesto c'era una forte confusione tra origini linguistiche di un popolo e origini genetiche. Se non si poteva dire che l'etrusco fosse una lingua indoeuropea, ossia "ariana", tuttavia non si poteva nemmeno dire che non lo fosse, in quanto al suo "farsi" avrebbero partecipato componenti di vario genere. Naturale corollario di questa idea del "farsi" era l'impossibilità di indagare il processo di formazione e il rifiuto di identificare chiaramente le componenti d'origine del lessico e della grammatica della lingua dei Rasna. L'argomento di Pallottino non regge. Solo per fare un esempio, se l'inglese è il frutto di un "farsi" avvenuto in Britannia, è altrettanto vero che possiamo capire come questo processo è avvenuto e dire che l'inglese discende dall'anglosassone con influenze norrene e soprattutto con moltissimi prestiti dall'antico francese e dal latino accademico. Un giorno, forse non lontano, si potrà conoscere ogni dettaglio della formazione della lingua etrusca.   

Il testo di Pironti, i cui diritti d'autore sono verosimilmente estinti, si può scaricare qui:

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