mercoledì 14 ottobre 2015

UN ANNOSO PROBLEMA: L'ETIMOLOGIA DI FROCIO

Il termine romanesco frocio "omosessuale; effeminato, arga", variante froscio - ormai bandito dal politically correct e per paradosso tollerato più dagli omosessuali che dai buonisti - è da sempre una crux per gli etimologi. Le proposte escogitate per spiegarlo sono numerose, ma nessuna è davvero convincente. Hanno tutte le caratteristiche delle paretimologie. Le riporto sinteticamente: 

1) Da feroci, donde froci, con allusione ai violentissimi saccheggi operati dai Lanzichenecchi. La tradizione riporta che i Lanzichenecchi avrebbero sodomizzato la popolazione di Roma senza distinzione tra i sessi, guadagnandosi l'epiteto di Feroci. Da froci si sarebbe poi formato un singolare analogico frocio anziché *froce, così come in romanesco da ceci si è retroformato cecio, da bruci si è avuto brucio e da buci si è avuto bucio. Obiezione: la parola frocio è connessa soprattutto con comportamenti passivi e vale "effeminato", non è quindi molto adatta a descrivere forme di violenza carnale. 

2) Dalla voce precedente, ma con interpretazione sarcastica, per satirizzare la mancanza di virilità e di aggressività in una persona. Non è difficile immaginarsi un bullo romano sfottere un effeminato apostrofandolo: "Anvedi che ferocione!" Di qui la frase si sarebbe sincopata in "Anvedi che frocione!" 

3) Da frogia "narice" (parola di origine celtica, cfr. gallico *frogna "naso"), con allusione ai nasi paonazzi degli Svizzeri ubriachi che si inchiappettavano. Le varianti frocia e froscia sono effettivamente documentate a Roma e altrove. Anche se i Lanzichenecchi hanno accusato da sempre gli Svizzeri di sodomia e persino di intrattenere rapporti carnali con le loro pecore, la cosa appare poco probabile; per altri le froge rubizze sarebbero invece state proprio quelle dei Lanzichenecchi. In ogni caso le difficoltà semantiche sono notevoli. Non si capisce perché gli ubriaconi autoctoni non dovessero essere etichettati come "frocioni", visto che il troppo vino rende rubicondo il naso di tutti i bevitori. Non si spiega neppure come mai l'omosessuale non sia chiamato *frogio o *frogione: tali forme dovrebbero invece essere le più comuni. 

4) Dalla fantomatica Fontana delle Froge, ossia Fontana dei Nasoni, dove i sodomiti si sarebbero dati convegno. Non soltanto non si capisce il perché della denominazione della fontana, ma di essa non si trova menzione alcuna nella toponomastica romana, presente o passata. Si presentano inoltre gli stessi problemi che rendono improbabile la summenzionata derivazione da frogia.

5) Da *francio "francese", voce sarcastica, pronunciata dapprima *froncio o *fronscio con vocale nasale, ad imitazione dei suoni della lingua francese, donde direttamente frocio o froscio. Il termine avrebbe avuto almeno all'inizio il senso di "francese; straniero" e sarebbe solo in seguito passato a significare "sodomita passivo": tale abitudine sessuale sarebbe stata attribuita ai Francesi per via dei loro modi, raffinati in confronto a quelli del volgo romano. In uno stornello antifrancese un padre geloso minaccia uno straniero che gli corteggia la figlia, e dice:

"Fiore de pera;
quer frocio che a mi fija fa la mira,
ha voja de cenà l'urtima sera".
 

Qualcuno argomenta che se lo straniero fosse stato omosessuale, difficilmente avrebbe ronzato intorno a una donzella. Questo però non è secondo me necessario: se qualcuno impreca dicendo "cornuto" a un cane che lo ha morso, questo non implica affatto un nesso causale con l'incapacità dell'animale di imporre la monogamia alle sue femmine: si tratta dell'espressione di un'ira eruttiva e anteriore alla logica. 

6) Dal tedesco Frosch "rana", rivolto ai francesi come epiteto insultante o derisorio. Questo singolare uso sarebbe stato comune agli inglesi, che a loro volta chiamavano i francesi frogs. È una riedizione della tesi di coloro che ritengono il termine frocio un epiteto indicante genericamente gli stranieri. Li indicava sì, ma per schernirli, per insultarli, perché erano odiati. Se un siciliano di oggi chiamasse i continentali "cornuti", cosa bisognerebbe dedurne? Che nella Sicilia dei primi del XXI secolo "cornuto" significa "straniero"? No di certo. 

7) Dal tedesco Friese "frisone", passato poi a indicare tutti gli stranieri. Il Belli ad esempio chiamava Frocioni i Frisoni. È tuttavia possibile che il Belli abbia voluto fare un gioco di parole sagace per denigrare i Frisoni di cui parlava, e che già fosse sottinteso un doppio senso incentrato sulla sodomia. Va riportato che esisteva una famosa scuola di cantori Frisoni a Roma: i ragazzi potrebbero essere stati inclini a subire pederastia, ma anche di questo non esiste documentazione alcuna. 

8) Da floscio, con fl- mutato regolarmente in fr- (ad esempio in Belli si trova fraggello per flagello). L'origine ultima è lo spagnolo flojo "uomo senza carattere o volontà" (da cui deriva l'italano floscio). L'allusione sarebbe a una pretesa incapacità erettile di chi non ama il genere femminile, credenza popolare molto diffusa fino a tempi abbastanza recenti e forse non ancora del tutto spenta tra il volgo. Resta però difficile spiegare come si sia prodotta la forma frocio, che è di gran lunga la più diffusa. In Brianza quando ero giovane ho sentito molto spesso floscio anziché frocio, ma si sarà trattato del risultato di una falsa etimologia popolare.


Si segnala a questo punto la presenza dei cognomi rari Frocione e Frocioni, che menziono in questa sede per motivi di conoscenza e senza alcuna intenzione di scherno verso chi li porta (un'ottantina di persone circa in tutta Italia). A quanto pare esisteva anche una variante Froscioni, che oggi risulta estinta. Per ovvi motivi, questi cognomi sono ritenuti imbarazzanti. Quale ne è l'origine?

Sono connessi a frocio o non lo sono? Si tratta forse di una mera assonanza generatasi per una sorte beffarda? Erano forse i Frocione chiamati un tempo Frisone, e i Frocioni chiamati Frisoni? Devo ammettere che al momento non ne ho idea. Se i cognomi Frocione e Frocioni derivassero davvero dalla voce frocio, potrebbe essere l'indizio di una maggior antichità della parola, la cui origine permane oscurissima. Riporto un'interessante discussione sull'argomento, che ho trovato in un forum nel corso delle mie ricerche nel Web.


Un'audace ipotesi

Non posso evitare di menzionare l'esistenza dei cognomina Fraucus e Fraucius nell'Antica Roma: ci è noto ad esempio un Lucius Fraucus. Questi cognomina erano di origine etrusca e corradicali del gentilizio maschile Fraucni, varianti Frauχni, Frauni, Farauni, femminile Fraucnei, ben documentato tra i Rasna. Esiste una voce latina fraucus, citata dal Pittau e tradotta con "campo non lavorato", e quindi incolto o sterile (con ogni probabilità una glossa o un termine tecnico). A partire da questi dati si ricostruisce in etrusco un termine *frauc, *frauχ "campo improduttivo". Il senso centrale della radice doveva essere proprio "improduttivo, sterile", donde "persona dappoco, spregevole". Di qui un aggettivo *fraucius, che evolvendo in romanzo sarebbe diventato regolarmente frocio. Formalmente sarebbe come l'aggettivo saucius "ferito" < etr. *sauci, formato dalla radice sauc-, sauχ- "ferita" presente nel teonimo Savcne-s (gen.) e nel gentilizio Saucni. Se questa fosse davvero l'origine di frocio, la parola sarebbe dunque antica, anche se non attestata nei secoli ed emersa come un fiume carsico; la varante froscio dovrebbe essersi prodotta in seguito per via di una pronuncia analoga a quella di Gigi Proietti, che parlando di un caffè in una pubblicità diceva "me piasce", oppure per l'influenza di froscio "floscio".

La catena di deduzioni mi pare impeccabile fino alla ricostruzione della forma etrusca per "campo improduttivo", e altamente probabile per quanto riguadra un aggettivo col senso di "improduttivo, sterile". Prima di affermare per certo che il romanesco frocio ne è la prosecuzione diretta, attendo che siano trovate attestazioni più antiche rispetto a quelle che possediamo.

4 commenti:

Stefano ha detto...

come molte parole derivano dall'Olandese (per esempio il "selderij" - pronuncia selderei - si ritrova nel "sellero" nel viterbese oppure lo stoccafisso dallo "stokvis" o burino/a dalla parola "boerin" - leggi burin = contadina.... troviamo in Olandese "vrouwtje" - leggi fraucie, che significa donnina... Chissa!

Antares666 ha detto...

Ciao Stefano, benvenuto in questo spazio e scusa il ritardo nella risposta: a causa della presenza di troll e di spammer sono costretto alla moderazione dei commenti. Detto questo, l'origine delle parole citate dall'olandese non è sempre così ovvia. Il termine olandese selderij somiglia al viterbese sèllero non perché il secondo venga dal primo, ma perché entrambi provengono dal latino selinum, a sua volta del greco selinon. Così abbiamo che in tutt'Italia si trovano forme simili (milanese sèller, sardo sèllaru, veneto sèleno, etc.), oltre all'ingelse celery (dall'antico francese), etc. La parola boerin "contadina" ha un tipico suffisso -in del femminile, e questo la rende un candidato poco probabile all'origine di burino, oltre al fatto che un passaggio diretto dall'olandese al romanesco sembra piuttosto improbabile. Trovo interessante la forma vrouwtje, anche se rimane il problema di chiarire il flusso che l'avrebbe portata a Roma, oltre al trattamento del dittongo (vediamo che il termine scrauso, che è dal longobardo, non ha ridotto il dittongo in -o-, e ho sentito invece una variante rara scruso). 

Alberto ha detto...

A me sembra che la derivazione da floscio sia molto plausibile, perché l'omosessuale, fin dall'età classica è principalmente il soggetto passivo e dunque quello che non esercita la penetrazione e che dunque viene indicato come floscio. Del resto la massima parte degli epiteti con cui sono chiamati i gay fanno riferimento alla figura passiva, busone, culattone, buliccio e in definitiva anche le varianti di recchione

Antares666 ha detto...

Ciao Alberto, benvenuto in questo spazio. Non è detto che il soggetto passivo sia incapace di erezione, come popolarmente si crede: il fallo può anche tirare a vuoto, pur non penetrando alcun orifizio. Se ci fai caso, il busone, il culattone, etc., fanno riferimento all'orifizio penetrabile, mai al membro inerettile. Il termine "floscio" è uno spagnolismo, da "flojo" (nel XVI secolo -j- trascriveva la fricativa /ʃ/, non /h/ come nello spagnolo odierno). Il passaggio dallo "floscio" a "frocio" non sarebbe impossibile: Belli scriveva "fraggello" per "flagello" e potrebbe esserci stato un ipercorrettismo nel passaggio da -sci- /ʃ/ a -ci- /tʃ/. La cosa in ogni caso non mi convince. Siamo in una situazione definibile come PANTANO ETIMOLOGICO.
Saluti
Marco