sabato 30 gennaio 2016

LE ANTICHE MODALITÀ DEL SONNO: SINGOLARI CONTRADDIZIONI TRA DIVERSI STUDI SCIENTIFICI

Secondo uno studio scientifico, pubblicato dal professore di storia Roger Ekirch (Virginia Tech, USA) nel suo libro At Day's Close: Night in Times Past, fino alla rivoluzione industriale il sonno sarebbe stato bimodale, ossia ripartito in due periodi con un intervallo di veglia di alcune ore nel cuore della notte. L'autore espone in modo almeno in apparenza convincente un certo numero di nozioni molto interessanti. Questo costume del doppio sonno avrebbe cominciato il suo declino nel periodo della rivoluzione industriale, fino a sparire dal sapere comune agli inizi del XX secolo. Le cause principali sarebbero da ricercarsi nell'introduzione dell'illuminazione pubblica e nella popolarità del caffè, che avrebbero alterato il ciclo sonno-veglia.

L'articolo che presenta i risultati della ricerca, intitolato "Il doppio sonno degli antenati", si può leggere seguendo questo link:


Ecco alcuni estratti particolarmente significativi:  

"Una volta si dormiva in due tranche separate, e la notte, nel senso di periodo adibito al dormire, durava di più, ovvero 12 ore. Si iniziava da un sono di 3/4 ore, poi si stava svegli per 2/3 ore e ci si riaddormentava fino al mattino. Si trovano ovunque riferimenti a questa pratica nella letteratura, nei documenti di corte, negli scritti personali e in vari altri reperti del passato. Ciò che sorprende non è tanto il fatto che le persone dividessero il sonno in due momenti, ma che fosse un concetto così incredibilmente comune." 

"Dormire due volte era lo standard, era il modo accettato di dormire. “Non ci ha colpito solo il numero dei riferimenti, ma il modo in cui si cita la pratica, come se fosse una cosa ovvia”, spiega Ekirch. Per esempio, un medico inglese scriveva che l’ora ideale per lo studio e la contemplazione era fra il “primo sonno” e il “secondo sonno”. Ne I racconti di Canterbury, Chaucer diceva che un personaggio andava a letto in seguito al “primo sonno”. E, spiegando il motivo per cui la classe lavoratrice concepiva più figli, un medico del 1550 citava il fatto che tipicamente queste persone facevano sesso dopo il primo sonno."    

"Ma che cosa facevano le persone con queste ore buie in più? Più o meno quello che vi aspettereste. Per lo più stavano a letto o nella loro stanza, a volte a leggere, e spesso usavano questo tempo per pregare. I manuali religiosi comprendevano delle preghiere speciali da recitare nelle ore fra un sonno e l’altro. Altri fumavano, parlavano con il partner o avevano rapporti sessuali. Alcuni erano più attivi e uscivano per andare a trovare i vicini."  

A detta dell'articolista, quanto esposto troverebbe conferma nelle ricerche condotte dallo psichiatra statunitense Thomas Wehr del National Institute of Mental Health (NIMH): egli ci garantisce che se una persona si trovasse per incanto a dover vivere in una zona impervia priva di illuminazione pubblica e di corrente elettrica, tornerebbe presto alla naturale condizione di sonno bimodale. A sostegno di questa tesi ci sono esperimenti condotti su volontari. Altre informazioni si trovano in un articolo del sito della BBC: 


Ma le cose stanno davvero così?

Secondo un altro studio scientifico, almeno a prima vista altrettanto autorevole di quelli di Ekirch e di Wehr, i popoli primitivi dormirebbero invece all'incirca sei ore per notte senza insonnia o interruzioni. A condurre la ricerca è stato lo psichiatra Jerome Siegel del Semel Institute (University of California, Los Angeles). Per arrivare a queste conclusioni, l'autore a quanto pare ha condotto osservazioni sul campo tra alcuni popoli che vivono tuttora isolati dalla civiltà tecnologica: i San della Namibia (più noti come Boscimani), gli Hadra della Tanzania e gli Tsimane della Bolivia. Questo è il link:


È evidente che lo studio sul sonno dei popoli isolati e pretecnologici contraddice quello sul sonno bimodale: se è vero l'uno, l'altro deve essere per necessità falso. Non è infatti possibile che due cose che si contraddicono siano entrambe vere. Possono essere entrambe false, ma non entrambe vere. Questo lavoro di Siegel lascia perplessi, anche perché sembra contraddire l'idea più comune sul sonno in epoca più antica, quello della sua natura frammentaria o polifasica. Il costume del sonno frammentario della preistoria è stato ribadito anche da altri, tra cui Thor Heyerdahl, che ebbe modo di sperimentarlo di persona durante le sue mirabolanti spedizioni. Era necessario dormire quando capitava, per via del costante pericolo dei predatori: non era possibile per i membri un'intera comunità addormentarsi nello stesso lasso di tempo. Secondo alcuni, questa usanza sarebbe durata fino all'epoca medievale, ad esempio tra i Vichinghi.  

Si può cercare una possibile spiegazione nel diverso modo di vivere dei popoli antichi e di quelli pretecnologici odierni: i predatori in epoca preistorica erano ben diversi da quelli attuali (tigri dai denti a sciabola, leoni delle caverne, iene giganti, etc.), e i mezzi per combatterli meno efficaci. Non esistendo più questi pericoli ed essendosi sviluppata una struttura sociale abbastanza complessa, si sarebbe passati dal sonno frammentario a un diverso regime. Tuttavia la contraddizione resta insanabile: o il sonno frammentario è stato sostituito dal sonno bimodale, oppure è stato sostituito dal sonno continuo. Nel secondo caso, il sonno bimodale non sarebbe la naturale condizione del sonno umano.  

Chi ha ragione? Chi ha torto? Sarebbero necessari studi più approfonditi, documentati e trasparenti. Di fronte a tanta incoerenza, si subodora lo Spettro della Disinformazione. Che si può fare? Innanzitutto sarebbe opportuno analizzare i lavori di Ekirch, di Wehr e di Siegel, controllando l'esattezza di ogni citazione e di ogni informazione riportata, per avere la certezza che non si tratti di un pacchetto memetico. In non pochi casi si sono scoperti accademici che si sono costruiti interi studi verosimili ma non veri, allo scopo di aumentare il proprio prestigio. La ricerca dei bachi è un'ottima cosa. Il problema è che mancano tempo e risorse per indagare a fondo, quindi la stessa volontà viene facilmente meno. Tutto ciò mostra quanto il rumore di fondo renda difficile ricostruire con precisione realtà della vita quotidiana di periodi a noi abbastanza vicini. 

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