giovedì 4 gennaio 2018

L'USO DEL LONGOBARDO MORGINCAP NELLA PUGLIA DEL XIII SECOLO

Il carissimo amico Rocco Zunino mi ha trasmesso un testo altamente significativo e di grande importanza, tratto dal Codice diplomatico terlizzese e risalente al XIII secolo. Lo riporto nel seguito: 



[Anno incarnationis Christi millesimo ducentesimo quadragesimo tertio] Imperii vero domini nostri Frederici [invictissimi Romanorum imperatoris semper augusti anno vigesimo tertio] et regni eius Ierusalem anno octavodecimo, [regno vero Sicilie anno quadragesimo sexto] eiusdem indictionis prime, ego Caro-Iohannes in nomine Iesu Christi ut puella nomine Pasca filia Riccardi Iohannis de Troia iugum sacrassem tunc alio die nuptiarum nostrarum, ante amicos, vicinos et parentes [sedundum ritus] gentis nostre Longobardorum ostendi et tradidi tibi hoc scriptum morgincap subscripto domino iudico et ydoneis testibus roboratum, et per ipsum tradidi [ei, videlicet] quartam partem omnium rerum mearum stabilium et mobilium, tam earum quas nunc [abeo] ubicumque, quam et illarum quas in antea diebus vite mee undecumque et quandocumque [acquisiero]. [Ita ut ipsa quarta pars in tue et tuorum heredum ait dominio et potestate, et quicquid inde feceris vel iudicaveris, semper firmum et stabile permaneat. Et hoc morgincap scriptum semper firmum et stabile permaneat, quod Nicolaus Notarius meis precibus [scripsit] 
(Signum) 
   Roggerius imperialis Barensium iudex
   Nicollay propontini Benedictus notarius
 
Bisantius

Salta subito all'occhio l'uso della parola longobarda morgincap, letteralmente "dono del mattino", che nel diritto delle genti germaniche indicava per l'appunto il dono fatto dal marito alla sposa la mattina successiva alla prima notte di nozze, al fine di sancirne l'onorabilità davanti ai parenti. L'etimologia del composto è di una chiarezza cristallina: senza entrare troppo nei dettagli, dirò che ancor oggi in tedesco Morgen è il mattino e Gabe è il dono. In italiano esiste l'aggettivo morganatico, che ha la stessa identica origine e definisce un tipo di matrimonio in cui la seconda moglie di un nobile riceveva una donazione ed era esclusa assieme ai suoi eventuali figli da ogni pretesa sull'eredità e sulle sostanze del marito. 

L'amico che mi ha segnalato il documento del 1243 mi ha anche riferito di aver sottoposto la questione ad alcuni romanisti. Questi, pieni di spocchia e di accademica sicumera, hanno subito liquidato la cosa come "una semplice memoria tradizionale", aggiungendovi con tono sprezzante l'etichetta "nulla di speciale". Per loro l'intero mondo germanico è da dichiararsi "inesistente" in quanto "barbarico". Una semplice memoria tradizionale? Sarà, ma essa dista da Alboino come questi dista da Cristo e da Augusto. Se stendessimo una corda ponendo a un capo Cristo e all'altro il documento terlizzese, Alboino verrebbe a trovarsi all'incirca nel mezzo. Una cosa che deve dare da pensare e che non può essere liquidata tanto facilmente come "nulla di speciale". Evidentemente ancora nel XIII secolo esisteva la consapevolezza dell'esistenza della lingua dei Longobardi ed era possibile studiarla, anche se non sappiamo con quale dettaglio. Le tesi dei romanisti possono essere descritte in un solo modo, come disonestà intellettuale.

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