Alexander Lubotsky (Università di Leida) è l'autore del lavoro Against a Proto-Indo-European phoneme *a (Contro un fonema protoindoeuropeo *a), consultabile e scaricabile al seguente url di Academia.edu:
Il problema trattato è cruciale negli studi sul protoindoeuropeo e a parer mio di grande interesse.
La ricostruzione di un fonema protoindoeuropeo *a accanto ai fonemi *e e *o è stata spesso contestata. Questo presunto fonema ha le seguenti mirabili proprietà:
i) ricorre limitatamente,
ii) non è presente nelle terminazioni e nei suffissi,
iii) non mostrare praticamente apofonia,
iv) è presente solo in poche radici isolate che non appartengono al vocabolario di base.
Per i motivi sopra elencati, alcuni studiosi hanno ipotizzato che *a non sia un genuino fonema protoindoeuropeo, ma che si sia sviluppato in diverse lingue dal contatto con una ipotetica consonante poi scomparsa e trascritta come *H2. Nonostante ciò, più tardi è prevalsa un'opinione comune che considera il fonema *a una presenza inevitabile, dal momento che la sua spiegazione in termini di consonanti laringali è impossibile - tranne che in posizione iniziale, a quanto pare. Ebbene, l'autore dell'articolo è dell'opinione che il fonema *a sia superfluo. Volendo dimostrare l'esistenza del fonema *a in protoindoeuropeo dobbiamo considerare quelle lingue in cui il fonema *o non è diventato *a. Queste sono il greco, l'armeno, il tocario, il celtico, l'italico (falisco-latino e osco-umbro). Ci sono tuttavia problemi notevoli. Non è chiaro il vocalismo del tocario. In armeno non c'è ancora consenso sulle condizioni in cui il protoindoeuropeo *o è diventato a. In italico e in celtico ci sono molti casi di parole che mostrano a anziché o (es. latino cavus "cavo, profondo" accanto a un più logico ma raro covus). In celtico abbiamo almeno un caso di -o- al posto dell'atteso -a-: mori- "mare", ma in latino mare. Così l'autore deduce che l'unica lingua che mostra prove valide per dirimere la questione sia il greco. A parer mio è come andare dalla padella alla brace. Proprio il greco è proposto come soluzione, con tutte le sue infinite controversie etimologiche, col suo imponente sostrato pre-indoeuropeo, con tutti i tentativi di ricondurre all'indoeuropeo forme che appartengono a lingue perdute, con tutte le sue chimere e i molteplici strati di relitti di lingue indoeuropee residuali non altrimenti attestate.
Detto tra noi, non mi piace più di tanto questo studio, le sue argomentazioni mi sembrano troppo contorte, tanto che è persino difficile esporle in forma sintetica. Comunque la si giri, non si riesce a spiegare nulla. Esistono elenchi di parole indoiraniche con -a- a cui corrisponde la stessa vocale -a- / -ā- nelle lingue indoeuropee cosiddette "meridionali". Il punto è che non si arriva ad afferrare il senso di questi dati - senza tener conto della possibilità di etimologie fallaci. L'autore dà diverse spiegazioni a seconda dei casi, così divide il materiale in diverse sezioni. Ecco una breve lista, a titolo di esempio:
Sanscrito pajra- "fermo" :
Greco pḗgnūmi "io rendo saldo" < *pāg-
Sanscrito svadati "è dolce" :
Greco hēdús "dolce" < *swādus
Greco pḗgnūmi "io rendo saldo" < *pāg-
Sanscrito svadati "è dolce" :
Greco hēdús "dolce" < *swādus
Sanscrito bajati "divide" :
Greco phageĩn "mangiare"
Sanscrito radati "morde"
Latino rādō "io rado"
Sanscrito śāśaduḥ "eccelsero" :
Greco kekadménos "eccellente"
Sanscrito śad- "cadere" :
Latino cadō "io cado"
Greco phageĩn "mangiare"
Sanscrito radati "morde"
Latino rādō "io rado"
Sanscrito śāśaduḥ "eccelsero" :
Greco kekadménos "eccellente"
Sanscrito śad- "cadere" :
Latino cadō "io cado"
Alcuni raffronti li rigetterei subito per motivi semantici. Non collegherei una radice che significa "dividere" con una radice che significa "mangiare", o una radice che significa "mordere" con una che significa "radere". Notiamo poi un falso raffronto: il greco kekadménos "eccellente" è un hapax di Pindaro, che lo ha costruito "anticando" la forma kekasménos, derivante dal verbo kaínūmai "io supero, io eccello" e senza traccia alcuna di un'antica -d-.
Cosa molto importante, tre nomi radicali sono stati ricostruiti in protoindoeuropeo con il vocalismo -a- che alterna col grado -ā- nel nominativo singolare. Sono i seguenti:
1) IE *sal- "sale":
Armeno: ał
Tocario B: salyiye
Greco: háls "sale"
Latino: sāl "sale"
Gotico: salt "sale"
Lettone: sā̀ls "sale"
Lituano: sólymas "acqua salata"
Slavo ecclesiastico: solĭ "sale"
Antico irlandese: salann "sale"
Gallese: halen "sale"
Armeno: ał
Tocario B: salyiye
Greco: háls "sale"
Latino: sāl "sale"
Gotico: salt "sale"
Lettone: sā̀ls "sale"
Lituano: sólymas "acqua salata"
Slavo ecclesiastico: solĭ "sale"
Antico irlandese: salann "sale"
Gallese: halen "sale"
2) IE *g'hans- "oca"
Greco: khḗn "oca"
Latino: ānser "oca"
Gotico: *gansus "oca"
Norreno: gǫ́ss "oca"
Greco: khḗn "oca"
Latino: ānser "oca"
Gotico: *gansus "oca"
Norreno: gǫ́ss "oca"
Antico irlandese: géiss "cigno" (< *ghansi-)
Lettone: zùoss "oca"
Sanscrito: haṁsa- "cigno"
Avestico: zā "oca"
Lettone: zùoss "oca"
Sanscrito: haṁsa- "cigno"
Avestico: zā "oca"
Lo slavo *gǫsĭ "oca" ha tutta l'aria di essere un prestito da una varietà di gotico.
3) IE *nas- / *nās- "naso"
Latino: nāris "narice", nāsus "naso"
Norreno: nǫs "narice"
Antico alto tedesco: nasa "naso"
Sanscrito: nāsā "naso" (du.)
Antico persiano: nāham "naso" (acc.)
Avestico: nɔ̄ŋhā "naso"
Lituano: nósis "naso"
Norreno: nǫs "narice"
Antico alto tedesco: nasa "naso"
Sanscrito: nāsā "naso" (du.)
Antico persiano: nāham "naso" (acc.)
Avestico: nɔ̄ŋhā "naso"
Lituano: nósis "naso"
Lettone: nãss "narice"
Slavo ecclesiastico: nosŭ "naso"
Slavo ecclesiastico: nosŭ "naso"
Queste sono le forme protoindoeuropee ricostruite da Kortlandt nel 1985 (teoria delle laringali) e riportate dall'autore:
1) nom. *seH2ls "sale"
acc. *sH2elm
gen. *sH2los
gen. *sH2los
2) nom. *g'heH2ns "oca"
acc. *g'hH2ensm
gen. *g'hH2nsos
acc. *g'hH2ensm
gen. *g'hH2nsos
3) nom. *neH2s "naso"
acc. *neH2sm
gen. *nH2sos
acc. *neH2sm
gen. *nH2sos
A mio avviso sono ricostruzioni un po' opinabili, poi mi sbaglierò. Potrò anche essere il peggiore degli incompetenti, tuttavia mi domando perché l'accusativo singolare di *neH2s "naso" dovrebbe essere *neH2sm e non *nH2esm, come dovrebbe essere dal confronto con gli altri paradigmi. Domanda: quale lingua mostra in concreto un esito di *neH2s tal quale, senza suffisso alcuno? Non è che c'è qualche fallacia nelle forme ricostruite? Il problema è capire se la criticità che ha dato il fonema -a- nelle lingue storiche si trova a monte o a valle della lingua con le laringali.
Nell'edificio presentato le criticità esistono.
1) L'autore cita il sanscrito salila- (n.) "mare" (tra l'altro omesso da Starostin nel suo database). Intanto bisogna dimostrare che la parola abbia come suo significato centrale proprio "salato". Il suo significato originale potrebbe invece essere "acqua". Bisogna anche dimostrare che sia corretta l'etimologia, dal momento che il "suffisso" -ila- mi pare soverchiamente sospetto. E se fosse da dividersi *sa-lila- e fosse una parola para-Munda che ha *sa- come prefisso? Sarebbe proprio una bella beffa!
2) Non ci sono soltanto esiti del protogermanico *gansu- / *gansi- con sibilante: esistono anche strane forme che hanno un'occlusiva dentale. In antico inglese abbiamo ganot "maschio dell'oca" e in antico alto tedesco ganazzo, ganzo, con lo stesso significato. Non solo: in antico inglese c'è anche gandra, sinonimo di ganot, che ha dato l'inglese moderno gander "maschio dell'oca". E queste forme come diamine le spieghiamo? Lubotsky suggerisce sommessamente che queste forme siano indoeuropee genuine e che vadano considerate come una prova della necessità di analizzare IE *g'hans- come *g'han-s-. Mi pare lampante che si tratti di prestiti da una lingua perduta.
3) Non si fa una parola sugli strani esiti latini di IE *nas- / *nās- "naso": non esiste infatti soltanto nāris "narice", con rotacismo, ma anche nāsus "naso" senza rotacismo. Sono convinto che sia un po' ingenuo pensare che l'accusativo nārem sia un esito diretto di una forma come *neH2sm, quando potrebbe benissimo essere il prodotto di vari livellamenti analogici. Insomma, si cerca di capire ogni minimo dettaglio aggiustando queste benedette laringali, trascurando il ruolo della patafisica. Si rischia l'anacronismo.
A questo punto al lettore potrebbe anche venire in mente un'idea provocatoria: esasperato, potrebbe pensare che le ricostruzioni con le laringali siano soltanto un gran mucchio di balle. Non arrivo a tanto, ovviamente. Quello che penso è in buona sostanza questo: il fonema *a doveva essere presente in protoindoeuropeo in parole prese a prestito da lingue perdute (di sostrato, superstrato o adstrato, non sappiamo dirlo) - e per di più in una fase posteriore alla scomparsa delle laringali.
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