domenica 14 giugno 2020

 
LA BALLATA DI STROSZEK

Titolo originale: Stroszek
Lingua originale: Tedesco, inglese americano, turco 
Paese di produzione: Germania Ovest
Anno: 1976 
Durata: 115 min
Rapporto: 1,66:1
Genere: Drammatico
Regia: Werner Herzog
Soggetto: Werner Herzog
Sceneggiatura: Werner Herzog
Produttore: Willi Segler
Casa di produzione: Werner Herzog Filmproduktion, ZDF,
    Skelling Edition
Fotografia: Thomas Mauch
Montaggio: Beate Mainka-Jellinghaus
Musiche: Chet Atkins, Sonny Terry
Interpreti e personaggi:
    Bruno S.: Bruno Stroszek
    Eva Mattes: Eva
    Clemens Scheitz: Scheitz
    Wilhelm von Homburg: Il pappone biondo coi baffi 
    Burkhard Driest: Il pappone dai lineamenti duri
    Alfred Edel: Il direttore del carcere
    Clayton Szalpinski: Clayton, il meccanico grossolano
    Ely Rodriguez: L'aiutante indiano del meccanico
    Scott McKain: Scott 
    Bob Evans: Bob Evans
    Yücsel Topcugürler: Il prigioniero turco
    Al: Il camionista pappone energumeno (non accreditato) 
    Ralph Wade: Il banditore starnazzante 
    Der Brave Beo: Beo
Traduzioni del titolo: 
    Inglese: Stroszek. A Ballad
    Francese: La Ballade de Bruno

Trama: 
Siamo in una Berlino gelida, violenta e ostile. Bruno Stroszek è un musicista di strada che è stato appena scarcerato dopo aver scontato due anni di reclusione. È un uomo ingenuo, timido, autistico, disadattato. Il direttore della prigione teme che possa tornare a delinquere e lo mette in guardia, con incalzante paternalismo, intimandogli di evitare di bere. Bruno se ne frega e si reca subito nel bar che frequentava prima di finire in prigione. Riallaccia i rapporti con Eva, una giovane prostituta angariata da due papponi particolarmente molesti. Bruno invita Eva ad andare a vivere con lui, dato che l'eccentrico signor Scheitz, il simpatico vecchietto che era suo vicino, gli ha conservato l'appartamento. Purtroppo l'autismo impedisce all'infelice protagonista di capire che deve chiudere sempre a chiave la porta di casa, così i papponi fanno più volte irruzione, bullizzandolo in modo feroce. Anche Eva non sembra essere molto capace di difendersi: finisce più volte massacrata di botte e sottoposta a umiliazioni indicibili. Si presenta presto un'occasione per fuggire da una simile realtà degradante. L'anziano signor Scheitz intende emigrare nel Wisconsin per andare a vivere dal suo nipote Clayton, così invita Bruno ed Eva ad andare con lui. I soldi per il viaggio non sono un problema: la ragazza si prostituisce a un gruppo di turchi e riesce a racimolare la somma necessaria per i biglietti. I tre giungono così a New York, dove noleggiano un'auto e procedono verso la loro destinazione. La dimora di Clayton si trova in una prateria desolata e glaciale, in un paese di nessuno, nel nulla in mezzo al niente. Nessuno parla tedesco: l'unico ricordo della lingua avita coltivato dal ramo americano degli Scheitz consiste nella parola Willcommen, ossia "benvenuto", scritta su un cartello, con la -c- anziché con la -k-. Nonostante le difficoltà di comunicazione, tutto sembra mettersi al meglio. Bruno lavora come meccanico nell'officina di Clayton assieme a un assistente indiano, mentre Eva trova impiego come cameriera in un fast food, dove riesce presto ad apprendere l'inglese. La coppia abita in una specie di camper, ottenuto accendendo un mutuo presso una banca. Il problema è la cronica carenza di soldi: i magri salari non sono sufficienti per pagare le rate. Presto Eva torna a prostituirsi per far fronte alle spese, ma a un certo punto si stanca della sua vita con Bruno e se ne va assieme a due spaventosi energumeni, un cowboy tarchiato e un colossale gorilla biondiccio. I pagamenti cessano di colpo, così il camper viene requisito e finisce all'asta. Bruno e il signor Scheitz, abbandonati da Clayton e animati dalla forza della disperazione, tentano una maldestra rapina. L'anziano finisce catturato dai poliziotti, mentre Bruno per pura coincidenza riesce ad allontanarsi indisturbato. Ormai è completamente solo e procede verso il tragico epilogo: porrà fine alla sua esistenza di miseria e di dolore facendosi esplodere il cranio con una fucilata. 
 
 
Recensione:
Quando mi sono imbattuto per la prima volta in questo film, mi trovavo in un periodo di particolare afflizione. Così l'ho avviato e sono rimasto abbattuto dalle prime sequenze, tipiche del genere carcerario. In me è sorta una grandissima angoscia e ne ho subito interrotto la visione. Per lungo tempo mi sono obliato della pellicola, decidendomi a recensirla soltanto dopo diversi anni. Un giorno finalmente ho guardato questo capolavoro, che si è rivelato un immenso tesoro e mi ha offerto moltissimi spunti di riflessione. Spero che gli eventuali lettori perdoneranno la natura erratica e contorta delle mie elucubrazioni, ma sento un bisogno insopprimibile di esprimerle. Molti anni fa vidi un film sulla mafia siciliana, nei cui dialoghi spiccava un detto: "A Palermo quando si è soli si muore". Non soltanto a Palermo! Dovunque sulla faccia di questo pianeta, quando si è soli si muore. Non si ha nessuno, si rimane isolati. Quando si ha bisogno non si può chiedere aiuto a nessuno. Così si dura soltanto il tempo necessario al corpo per conservare qualche capacità di smaltire l'entropia accumulata dall'usura del tempo. Poi ci si ammala in modo grave, non si trova sostegno, si deperisce e si muore. Nella solitudine più assoluta. Si rimane sulla propria poltrona, stecchiti per un infarto o per un ictus, a imputridire. Oppure ci si pianta una pallottola nel cranio. La vita di Bruno Stroszek è così, non troppo diversa dalla mia. Mentre scrivo queste righe, mi rendo conto di essere come lui e di tendere allo stesso identico epilogo, ineluttabilmente. Per questo ho amato il film di Herzog e mi sono sentito vicino al sofferente protagonista. 
 
La tragedia dell'incomunicabilità  
 
Bruno Stroszek è una monade, un'entità entelechiana che non conosce possibilità di comunicazione con l'universo esterno. Ma esiste poi davvero un universo esterno? No. Non esiste affatto. L'essere senziente è come un astro eternamente solitario nell'Abisso del Nulla. Non è definito un "fuori", non ha nemmeno senso chiedersi se qualcosa si possa estendere oltre i confini dell'autocoscienza. Esiste però una misteriosa forza ostile e reattiva, che si oppone ad ogni atto di volontà del senziente, in modo sistematico.  
 
La grande domanda  

Angoscioso è l'interrogativo di Bruno: 
 
"E adesso la grande domanda. Tutti gli amici mi hanno aspettato, ma questo è il mio migliore amico. L'unico. Dove finiranno tutte queste cose, quando Bruno sarà morto? Dove finiranno? Che ne sarà dei miei strumenti? Che ne sarà? Esiste qualcuno che può rispondermi?" 

Conosco la risposta, ma è troppo orribile per poter essere formulata.


Un presagio funesto 
 
Il cortile è come un tetro pozzo scavato in un gigantesco blocco di cemento. Nelle pareti compatte si aprono finestre simili a quelle di un carcere, mancano soltanto le sbarre. Bruno si siede vicino a una fila di bidoni dell'immondizia, dispone di suoi strumenti musicali e annuncia di voler cantare una dolce storia d'amore, perché non è più solo, ora vive con Eva. Comincia così a suonare una ballata popolare, interpretandola in modo originale e divertente. La canzone si intitola Sabine war ein Freuenzimmer, ossia "Sabine era una cameriera" (in altre versioni il nome è diminutivo: Sabinchen). Il testo parla di una ragazza virtuosa che serviva il suo signore con fedeltà, finché un giorno giunse un giovane uomo da Treuenbrietzen (una cittadina vicino a Berlino), che di mestiere faceva il calzolaio. Un adoratore, un proletario, specifica Bruno. Innamorato di Sabine, il calzolaio riesce a sedurla. C'è però un problema: egli è dedito alle bevande inebrianti. Trangugia grandi quantità di birra e di liquori, facendo fatica a trovare i soldi necessari per alimentare a dovere questa passione. Quindi cerca il denaro alla compagna. Trovandosi sempre più in difficoltà, la ragazza finisce col deviare dalla sua onestà: permette al calzolaio di introdursi nella casa del suo padrone. Il malfattore ruba sei cucchiai d'argento, nascondendoli in tasca. Dopo 18 settimane, l'accaduto viene alla luce del sole. Bruno omette il finale truculento in cui il calzolaio finisce sgozzato, limitandosi a dire che il padrone derubato caccia Sabine dalla sua casa. Non mi pare che si possa definire "una dolce storia d'amore". Sembra piuttosto un canto portentoso, che contiene in sé l'annuncio della tragica fine del protagonista. 

Questo è il testo cantato da Bruno, non troppo dissimile da quello di Claire Waldoff:

Sabine war ein Frauenzimmer,
Gar hold und tugendhaft.
Sie diente immer treu und redlich
Bei ihrer Dienstherrschaft.

Da kam aus Treuenbrietzen
Ein junger Mann daher.
Der wollte gern Sabine besitzen
Und war ein Schuhmacher.

Sein Geld hat er ganz versoffen
In Schnaps und auch in Bier,
Da kam er zu Sabine geloffen
Und wollte welches von ihr.

Sie konnt ihm keines geben,
Denn keines stahl zur Stell
Da stahl er von ihrer Dienstherrschaft
Sechs silberne Blechlöffel.

Da schon nach langen achtzehn Wochen
Da kam der Diebstahl raus.
Da jagte man mit Schimpf und Schande
Sabine aus dem Haus. 
 
La pronuncia di Bruno è abbastanza peculiare (molti direbbero "dialettale"). Solo per fare qualche esempio, immer suona ümmer, mentre geben suona come se fosse scritto kiepe /'ki:pə/. Interessante la pronuncia "francesizzata" di Schuhmacher e Blechlöffel, con l'accento sull'ultima sillaba per fare la rima.
 
Ecco la parte omessa (dal testo di Claire Waldoff):

Sie rief: "Verfluchter Schuster,
Du rabenschwarzer Hund!"
Da nahm er sein Rasiermesser
Und schnitt ihr ab den Schlund.

Ihr Blut zum Himmel spritzte,
Sabinchen fiel gleich um.
Der böse Schuster aus Treuenbrietzen,
Der stand um ihr herum.

In einem dunklen Loche
Bei Wasser und bei Brot,
Da hat er endlich eingestanden
Die grausige Moritot.

Und die Moral von der Geschichte:
Trau keinem Schuster nicht!
Der Krug, der geht so lange zu Wasser,
Bis daß der Henkel bricht!

Der Henkel ist zerbrochen,
Er ist für immer ab,
Und unser Schuster muß nun sitzen
Bis an das kühle Grab! 

 
Interessante questo documento antropologico del pregiudizio verso i calzolai, che in Germania dovevano essere considerati intoccabili come i Dalit in India. Mi ha sempre affascinato il Lumpenproletariat tedesco, in cui confluivano resti di antichi popoli maledetti, tribù criminali, assassini e cannibali! Forse Herzog ha voluto rimuovere questi versi sommamente lividi e macabri perché poco consoni all'annuncio di un amore.  
 
 
Una signorina a cui piace fare l'amore 
 
Comprensibilmente, una prostituta non ama considerarsi tale. A dispetto dell'evidenza dei fatti, non ama per niente essere etichettata in questo modo abietto. Così Eva si considera semplicemente come una signorina a cui piace fare l'amore. In questo modo si presenta ai turchi arrapati, che si accalcano su di lei, bramosi di fare una gangbang spermatica. Quando il film herzoghiano fu fatto, la parola escort non era ancora nell'uso corrente. Nessuno avrebbe mai immaginato che un giorno in Italia sarebbe stato effettuato un esperimento antropologico, con un esito tremendo, devastante: la puttanizzazione di massa. A Eva sarebbe piaciuta molto l'idea portante del Satiro di Hardcore. Secondo una simile visione del mondo, ogni ragazza dovrebbe considerarsi come un'intelligente imprenditrice in grado di gestire il proprio corpo per elevarsi nella scala sociale, guadagnando cospicui proventi in modo facile e piacevole. Divertendosi.  
 

Bruno, l'America e il III Reich 
 
Tirate le somme della sua misera esistenza, il protagonista arriva alla conclusione che in realtà gli Stati Uniti sono ancora più disumani del III Reich - realtà da lui provata sulla propria pelle da bambino e non certo evocata per sentito dire. Una conclusione che potrà anche apparire sconcertante, non ci sono dubbi, eppure merita di essere presa in seria considerazione. 
 
Tu ritieni che gli squadristi d'assalto fossero demoni? Ma almeno erano demoni che capivano la tua lingua! Tu in America ti troverai tra demoni incapaci di capire la tua lingua! Parleranno una lingua che non potrai mai apprendere e sarai dannato, come un uomo nudo abbandonato nella tundra! Sarai schiacciato da una pressa, preso tra gli ingranaggi e ridotto a tritume di carne e di schegge ossee. I demoni che non capiscono la tua lingua rideranno di te, perché ai loro occhi sarai meno di un escremento. Così scoprirai che la loro democrazia può essere peggio delle afflizioni che ti ha elargito il Reich!   

Woody Allen ebbe a dire che se fosse nato in Polonia sarebbe stato trasformato in gas illuminante, o qualcosa del genere. Non ricordo l'esatta battuta. Il senso era quello, in ogni caso. Così egli benediceva l'America, che lo avrebbe salvato da un destino tanto crudele. Ma se non fosse stato un prospero Figlio di Ashkenaz, se fosse stato come Bruno Stroszek, sarebbe finito in modo egualmente misero nella Terra dei Liberi. Sarebbe stato soltanto una carogna abbandonata in un immondezzaio. Nessuno avrebbe pianto per lui. Nessuno lo avrebbe ricordato. 
 
Ecco un significativo dialogo tra Bruno ed Eva: 
 
Bruno (mostrando un groviglio): "Eva, questo l'ho fatto io per darti un'idea di quello che è la mia vita. Questo rappresenta Bruno. La sua vita maledetta. Tutti quanti gli uomini mi hanno sempre chiuso la porta in faccia. Tutti quanti, senza nessuna pietà. Ora sono in America. Doveva essere tutto più facile. Speravo una volta per tutte di trovare una sistemazione, di cominciare veramente a vivere. Niente. Ma da oggi Bruno non esiste, come se non fosse mai nato, mai venuto sulla Terra. Da oggi tu non mi riconoscerai più."
Eva: "Bruno, qui nessuno ti fa niente."
Bruno: "Oh, materialmente no. Moralmente sì.
Eva: "Ma cosa dici?"
Bruno: "Anche nei riformatori, le cosa andavano proprio come vanno qui. Se per caso tu facevi pipì a letto - allora c'erano ancora i nazisti - sai che facevano per risparmiare la corda per stendere? Ecco, costringevano il pisciasotto a tenere nelle mani il lenzuolo. Le braccia in alto e a sventolarlo nel cortile finché il lenzuolo non si fosse asciugato. E intanto alle sue spalle c'era una guardia con un grosso bastone e guai a chi abbassava le braccia o non sventolava il lenzuolo. E se cadevi a terra per la stanchezza avevi chiuso, quello ti ammazzava di botte."  
Eva: "Su, siediti."
Bruno: "Sì, sì, sì, d'accordo, mi siedo, mi siedo."
Eva: "E a te è successo?"
Bruno: "Sì, ma sapevo quello che mi aspettava. Oggi, oggi invece è molto diverso. Gli uomini non ti frustano più, non ti ammazzano più così, ma ti distruggono lentamente, con delicatezza. Ed è il modo peggiore! E io lo sento! Lo sento, lo avverto ancora di più. Chi lo sa che cosa mi riserva il futuro? Il carcere è sempre aperto!"
Eva: "Che cosa? Non capisco che vuoi dire."
Bruno: "Gia. Te lo ridico. Chi lo sa che cosa mi riserva il futuro? Il carcere è sempre aperto! Non siamo in Germania, qui. Qui bisogna stare attenti!"
Eva: "Ma Bruno, non essere così tragico."
Bruno: "Tragico? Tragico, non devo essere tragico. Quando un uomo è disperato, quando un uomo non ha più niente e ha bisogno d'amore, proprio allora non lo trova! Niente amore! Non devo più dormire con te perché tu hai deciso così. Devo dormire da solo buttato in un angolo, come una bestia!"
Eva: "Bruno, ascoltami, ti prego. Senti, io ho bisogno di stare sola, qualche volta."
Bruno (mostrando ancora il groviglio): "Sì, succede sempre così. Quando Bruno ha bisogno d'amore, succede sempre così. La sua donna gli dice sempre di no. Questa è la mia vita. Beh, se tu credi di farcela da sola qui in America, allora provaci. Sì, provaci!"
Eva: "Bruno, io vorrei tanto che tu capissi. Io ho bisogno di stare da sola, ho bisogno di una stanza tutta mia. Io non ho mai avuto una stanza tutta per me. Ne ho proprio bisogno. In fondo anche se... anche se noi due non dormiamo insieme, viviamo sempre sotto lo stesso tetto. Non vuol dire che non siamo più niente. Noi siamo noi, anche senza fare l'amore."
 
Le conclusioni sono inevitabili. "È stato un grosso sbaglio venire in America. Ti crolla di nuovo il mondo addosso. Tanto valeva che restassi dov'eri, in Germania." 
 
Il mimo erotico  
 
A un certo punto accade qualcosa di inaudito. Clayton, che somiglia un po' a Putin ma ha meno capelli, è in officina assieme al suo assistente e a Bruno, quando comincia a mimare nei minimi dettagli un atto sessuale. Ansimando ed ancheggiando simula un coito more ferarum, volgarmente detto "pecorina". Alla fine della sua esibizione, muove il pube come se stesse sparando getti di sperma in una vagina accogliente, da dietro. Non ci vuole una grande immaginazione per capire l'arcano: egli ha goduto dei favori carnali di Eva, tutta nuda, a gattoni sul pavimento, svuotando in lei i testicoli. Pieno di disprezzo per Bruno e per la sua passività, il meccanico lo irride con ferocia, esibendo davanti ai suoi occhi la rappresentazione scenica dell'atto consumato. Sa bene che il povero autistico non reagirà mai, neppure di fronte a una provocazione così spietata. Pensa che forse non arriverà nemmeno a ritenersi un cornuto, che non comprenderà nulla di quanto gli sta accadendo attorno. Eppure Clayton, che è un energumeno come i papponi, non sa che l'uomo da lui schernito capisce tutto benissimo, sentendo in sé un immenso dolore, perché ama quella ragazza che l'ha seviziato in modo atroce nello spirito. Bruno avrebbe voluto farla felice, mentre lei vuole essere schiacciata e maltrattata. Vorrebbe donarle qualcosa di prezioso, una gemma distillata dall'anima spremuta dagli eventi, un tesoro che lei reputa più spregevole delle feci lasciate cadere in una latrina.  
 
 
Lo Sceriffo di Paperopoli 

Nella vasta moltitudine degli autistici, siamo in molti ad avere gravi problemi di udito. Così Bruno Stroszek non è assolutamente in grado di distinguere i suoni della lingua inglese d'America, perché giungono ai suoi nervi acustici proprio come lo starnazzare delle papere. Già ebbi modo di dirlo: se per gli antichi Greci e Romani gli stranieri erano Barbari, perché le loro lingue suonavano alle loro orecchie come un indistinto bar-bar-bar, così per me gli Americani sono tutti Quaqueri (con tutto il rispetto possibile per i Quaccheri), perché quando parlano fanno quack-quack-quack come le anatre. Faccio una fatica immensa a capire quello che dicono. Immensa. Il genio di Herzog ha dato voce a questa mia angoscia esistenziale che per decenni ha minato la mia fiducia in me stesso e nelle mie capacità. Bruno ha appena perduto tutto. Il camper che era la sua casa è ancora lì, ma presto sarà portato via. Il tronfio sceriffo dirige l'asta e lo fa strepitando orrendamente in un megafono. Le parole anglosassoni che emette perdono istante dopo istante ogni parvenza di forma e di sostanza, fino a diventare un suono grottesco e incalzante, a metà tra il verso di un'anatra e un allarme. Atroce. Assolutamente atroce. Il signor Scheitz è distolto dai suoi vani studi sul mesmerismo animale e precipita di colpo nella dura realtà di un mondo fecale. Quello stesso mondo che presto lo stritolerà, riducendolo a pochi brandelli di carne e di ossa macinate dagli ingranaggi della legge. Pensando a questi orrori, mi pongo la stessa domanda che si pone il protagonista. Non sarebbe stato meglio se non si fosse gettato a capofitto in questa sciagurata impresa? Anzi, non sarebbe stato meglio se nessuno fosse emigrato, solo per essere inghiottito dalle fauci del Leviatano? 
 
Nessun ritorno è possibile. Bruno non potrà mai raggiungere la Germania. Chi non parla l'inglese americano (quello della Regina è utile quanto l'italiano o il tedesco) non può comunicare. Non può trovare lavoro. In una terra di assoluta deregulation, possono pagarti 50 centesimi per un'ora di lavoro, e devi ancora baciare loro le emorroidi perché ti danno la possibilità di guadagnare qualcosa. Se non ti sta bene, questo è un problema tuo. Non puoi dire: "Prendi il bastone e ammazza il padrone". Sei finito. E questa è l'America.   

 
Il teatrino lisergico dei polli 
 
Giustamente il finale di questo film è stato ritenuto una delle più feroci e taglienti critiche del modello americano mai apparse in tutta la Settima Arte. Il luogo è remoto, annidato in una valle boscosa. Vi si trova un Casinò gestito da Indiani. Un tempo erano fieri guerrieri, oggi sono biscazzieri. Gli Stati Uniti d'America, con tutta la loro retorica di civilizzazione, hanno assimilato e gangsterizzato numerose genti native di quella grante terra. Magari Uncas fosse stato davvero l'Ultimo dei Mohicani! I discendenti delle antiche tribù, spesso ridotti al meticciato, colpiti da etnocidio, si sono degradati. La gangsterizzazione e la puttanizzazione sono le due colonne portanti dell'ultraliberismo turbocapitalista. Una mostruosità che si irradia come l'Uno di Plotino, come un'abbacinante metastasi, fino a raggiungere anche i più infimi angiporti. A simboleggiare questo Fato di atrocità vediamo alcuni polli tormentati da luci psichedeliche e costretti da automatismi a una serie di movimenti innaturali. C'è persino un coniglio montato sul simulacro di un veicolo dei pompieri, intrappolato in quello che sembra un loop infinito di flash colorati, che penetrano nei nervi ottici fulminando le sinapsi!

Etimologia e pronuncia di Stroszek 

Il cognome del protagonista è di origine polacca, nonostante egli in un'occasione giuri e spergiuri di essere ungherese. Non è facile condurre approfondimenti etimologici. La parola strosz, che potrebbe essere la base del cognome, in polacco indica l'erbaccia da noi conosciuta col nome di ambrosia. Esistono tuttavia anche le parole stroszek e stroczek, tra loro molto simili. La prima è tradotta con "baccello", la seconda indica il fungo legnoso giallastro il cui nome scientifico è Serpula. La pronuncia polacca di Stroszek è /'stroʃek/: il digramma -sz- esprime lo stesso suono che in italiano è trascritto con sc- nella parola scena (mentre -cz- suona come c- nella parola cena). In tedesco si mantiene la pronuncia originale in quei distretti in cui c'è stata una grande presenza di immigrati polacchi, ma altrove è diffusa una pronuncia ortografica /ʃtros'tsek/, che è a dir poco orripilante. Il traduttore di Google è molto approssimativo e va stigmatizzato. Rende il polacco strosz con "ambrosia" senza spiegare il significato di quest'ultima parola e creando molte ambiguità. Bisogna allora ricorrere alla traduzione in inglese che dà "ragweed", senza dubbio il nome della detestabile gramigna fortemente allergenica. 
 
Scene memorabili

Clayton ha un dente marcio: in officina prende una tenaglia e se lo cava, senza urla di dolore, lamentandosi soltanto un po'. Poi si fa portare dall'indiano una lattina di birra, si risciacqua la bocca e sputa copiosamente.
Due bifolchi montano la guardia a un appezzamento, ciascuno guidando un trattore con una mano e reggendo un fucile con l'altra. Percorrono tutto il giorno lo stesso tragitto in loop infinito, guardandosi in cagnesco.  

 
Curiosità 

L'unica attrice professionista è Eva Mattes, che è stata la compagna di Herzog, avendone una figlia nel 1980. Da bambina ha doppiato Pippi Calzelunghe nella versione tedesca. Ha recitato per Werner Rainer Fassbinder diverse volte, comparendo due volte in film herzoghiani, oltre che nel documentario Kinski, il mio nemico più caro (1999). Era una bella ragazza, ma col passar degli anni è diventata gonfia e assai poco attraente. Un triste destino su cui invito tutti a meditare. 
 
Bruno S. (1932 - 2010), il cui vero cognome è Schleinstein (secondo alcuni S. sta invece der Schwarze "Il Nero") era realmente un autistico disadattato con esperienze di riformatorio e di carcere. Pittore e musicista autodidatta - suonava la fisarmonica e il pianoforte - era il figlio illegittimo di una prostituta. Per guadagnarsi da vivere fu costretto a lavori gravosi in fonderia, dove manovrava un carrello elevatore. Privo di esperienza cinematografica, nel 1974 interpretò L'enigma di Kaspar Hauser. Avrebbe dovuto interpretare anche il film Woyzeck (1979), ma Herzog gli disse all'ultimo che il ruolo era stato assegnato a Klaus Kinski. Siccome Bruno ci rimase molto male, il regista gli scrisse la sceneggiatura di Stroszek in un paio di giorni.     
 
L'attore che ha interpretato il pappone biondo con i baffi, Wilhelm von Homburg, era un famoso pugile che è stato incriminato, anni dopo aver girato il film, per reati molto simili a quelli descritti da Herzog. Lenocinio, violenze e simili amenità gangsterologiche. Era il Re di St. Pauli. Non appena l'ho visto, la sua figura mi ha subito ricordato quella di un Hurenwebel, l'Ufficiale delle Puttane che si trovava in ogni glorioso esercito di Lanzichenecchi. Aveva molte funzioni che potremmo definire di ordine pubblico; altre erano molto prosaiche ma altrettanto necessarie: grazie a lui i soldati avevano la possibilità di sfogare il proprio surplus seminale con una donna, ricevendone in cambio infezioni gonorroiche. Era riconoscibile dal gigantesco imbottimento inguinale, spesso ornato di campanelli!
 
Correva l'Anno del Signore 1980. Ian Curtis, il cantante dei Joy Division, si suicidò dopo aver visto questo film. Non fu capace di reggere la Grande Rivelazione: quella dell'insensatezza della vita umana!

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