VIGILANZIO E CLAUDIO DI TORINO,
DUE CAMPIONI NELLA LOTTA ALL'IDOLATRIA
NELLA CHIESA DI ROMA
DUE CAMPIONI NELLA LOTTA ALL'IDOLATRIA
NELLA CHIESA DI ROMA
L'intrinseca nullità del culto dei simulacri
Studiando la storia del Cristianesimo in Occidente, si è tentati di credere che tra la protesta contro la Chiesa di Roma e l'eterodossia esista un nesso biunivoco, quando non un'identità assoluta. Questo non è del tutto vero, in quanto ci sono state anche in seno all'ortodossia personalità coraggiose capaci di denunciare le storture della struttura dominante, e in alcuni casi addirittura consuetudini ben radicate.
Per illustrare questo riportiamo due esempi di due epoche diverse, ma accomunati da una stessa pulsione ideale: Vigilanzio (IV-V secolo) e Claudio di Torino (VIII-IX secolo).
Vigilanzio nacque in Aquitania verso il 370, in un borgo presso Calagurris. La condizione sociale della sua famiglia era umile. Suo padre gestiva una taverna sulla strada romana che conduceva dalle Gallie alla Spagna. Fin da giovane entrò nella comunità cristiana e manifestò un grande talento, che attrasse l'attenzione di Sulpicio Severo. Sappiamo che nel 395 lo stesso Sulpicio lo inviò da Paolino di Nola, affinché potesse consegnargli alcune lettere. Al ritorno dalla missione, Vigilanzio fu ordinato prete. Grazie all'eredità paterna poté disporre dei mezzi necessari per un lungo viaggio in Palestina, dove fu accolto a Betlemme da San Girolamo. La permanenza di Vigilanzio in Terra Santa si protrasse per qualche tempo, ma i rapporti con l'oratore di Dalmazia gradualmente si deteriorarono a causa di una disputa dottrinale sulle dottrine di Origene.
Ritornato in Gallia, scrisse un libro in cui si pronunciava contro alcune pratiche consolidate della Chiesa di Roma. Condannava come residui di paganesimo il culto dei martiri, la venerazione delle reliquie, l'uso cerimoniale delle candele. Tra le altre costumanze da lui abominate vi era quella di inviare soldi ai monaci di Gerusalemme per ottenere la remissione dei peccati.
"Vediamo quasi i riti dei pagani introdotti nelle chiese sotto il pretesto della religione, file di candele sono accese nella piena luce del giorno, e ovunque la gente bacia e adora un po' di polvere in un vasetto avvolto di stoffa preziosa".
Mentre di norma il rifiuto dell'idolatria si accompagna alla condanna del matrimonio e dei beni terreni, Vigilanzio si scagliava contro la mortificazione del corpo e contro il celibato ecclesiastico.
Non stupisce che il suo libro sia andato perduto: i soli passi che conosciamo ci sono noti attraverso la risposta di San Girolamo. Questi compose un violentissimo trattato polemico, in cui fece largo uso di un efferato sarcasmo per screditare il suo avversario. Tra l'altro non sembrano intravedersi validi argomenti teologici attraverso la selva di insulti e di violenza verbale.
La giustificazione che Girolamo diede ai culti criticati era che le reliquie non erano venerate in quanto oggetti inanimati dotati di poteri taumaturgici, ma per stimolare la devozione verso martiri. "Non veneriamo le loro reliquie più di quanto veneriamo il sole, la luna, gli angeli, gli arcangeli, i serafini. Noi le onoriamo in onore di colui che trova testimonianza nella loro fede. Noi adoriamo il Maestro attraverso i suoi servi." (Girolamo, contra Vigilantium e Epistole).
Di certo Girolamo non era idolatra, ma quanto conosceva la realtà della sua Chiesa, isolato com'era nel suo eremo? La sua cultura non toccava le masse. L'argomentazione che ha usato è impeccabile dal punto di vista formale, eppure ci si può chiedere quanto possa applicarsi - solo per fare un esempio - alle contadine che fino a cinquant'anni fa praticavano una vera e propria LATRIA degli oggetti ritenuti sacri.
La grande influenza che Girolamo ebbe sull'Occidente fece sì che le posizioni di Vigilanzio fossero condannate dalla Chiesa di Roma, e poco a poco finirono con l'essere etichettate come ereticali. Ancora oggi si trovano non pochi siti di matrice cattolica che si scagliano con acredine contro questo personaggio vissuto molti secoli fa, denunciando la sua ripugnanza per l'idolatria come "errore".
Eppure nella dottrina di Vigilanzio non esiste NULLA che possa essere definito eretico. Lo stesso Gerolamo riconosce questo quando stupito dalle posizioni paradossali dell'aquitano, scrive di non aver mai sentito di un altro cristiano occidentale sostenitore dell'Homoousion (ossia non seguace dell'Arianesimo) che al contempo criticasse il culto dei Santi.
Claudio nacque in Spagna nel 780, e visse in un contesto molto diverso da quello in cui Vigilanzio e Girolamo condussero le loro lotte. Ormai l'Impero Romano di Occidente non esisteva più da secoli, e in seguito alle invasioni barbariche era quasi scomparsa l'eterodossia, assieme al dibattito teologico e a ogni segno di una robusta vita culturale. Pure Claudio fu discepolo del vescovo Felice di Urgel, uno dei pochi eretici di quell'epoca. Assieme a Elipando di Toledo, Felice aveva infatti sostenuto l'idea adozionista, ritenendo Cristo un uomo divenuto Figlio di Dio per i suoi meriti piuttosto che non per sua intrinseca natura. Nonostante questo, Claudio mantenne sempre posizioni dottrinali ortodosse. Non appena fu nominato vescovo di Torino, iniziò a manifestare una forte insofferenza per ogni rappresentazione della Divinità, tanto che nell'824 iniziò un'intransigente campagna iconoclasta. Si spinse molto oltre il suo predecessore aquitano, al punto che ordinò la distruzione di ogni immagine sacra e di ogni croce nella sua diocesi. Vietò i pellegrinaggi, il culto della Madonna, la venerazione delle reliquie e l'uso delle candele, e sopra ogni cosa abominò il ricorso all'intercessione dei Santi.
Anche se la sua radicale opera purificatrice lo portò in contrasto con l'abate Teodomiro, giova far notare che Claudio di Torino non fu MAI condannato dalla Chiesa di Roma come eretico. Rimase nella sua sede vescovile fino alla morte, avvenuta nell'840, e pur opponendosi anche ai poteri temporali del Papa, conservò la carica di Esegeta Ufficiale. La Chiesa Valdese lo considera tuttora uno dei suoi ispiratori, e in suo onore gli fu intitolata la Libreria Claudiana.
Vigilanzio nacque in Aquitania verso il 370, in un borgo presso Calagurris. La condizione sociale della sua famiglia era umile. Suo padre gestiva una taverna sulla strada romana che conduceva dalle Gallie alla Spagna. Fin da giovane entrò nella comunità cristiana e manifestò un grande talento, che attrasse l'attenzione di Sulpicio Severo. Sappiamo che nel 395 lo stesso Sulpicio lo inviò da Paolino di Nola, affinché potesse consegnargli alcune lettere. Al ritorno dalla missione, Vigilanzio fu ordinato prete. Grazie all'eredità paterna poté disporre dei mezzi necessari per un lungo viaggio in Palestina, dove fu accolto a Betlemme da San Girolamo. La permanenza di Vigilanzio in Terra Santa si protrasse per qualche tempo, ma i rapporti con l'oratore di Dalmazia gradualmente si deteriorarono a causa di una disputa dottrinale sulle dottrine di Origene.
Ritornato in Gallia, scrisse un libro in cui si pronunciava contro alcune pratiche consolidate della Chiesa di Roma. Condannava come residui di paganesimo il culto dei martiri, la venerazione delle reliquie, l'uso cerimoniale delle candele. Tra le altre costumanze da lui abominate vi era quella di inviare soldi ai monaci di Gerusalemme per ottenere la remissione dei peccati.
"Vediamo quasi i riti dei pagani introdotti nelle chiese sotto il pretesto della religione, file di candele sono accese nella piena luce del giorno, e ovunque la gente bacia e adora un po' di polvere in un vasetto avvolto di stoffa preziosa".
Mentre di norma il rifiuto dell'idolatria si accompagna alla condanna del matrimonio e dei beni terreni, Vigilanzio si scagliava contro la mortificazione del corpo e contro il celibato ecclesiastico.
Non stupisce che il suo libro sia andato perduto: i soli passi che conosciamo ci sono noti attraverso la risposta di San Girolamo. Questi compose un violentissimo trattato polemico, in cui fece largo uso di un efferato sarcasmo per screditare il suo avversario. Tra l'altro non sembrano intravedersi validi argomenti teologici attraverso la selva di insulti e di violenza verbale.
La giustificazione che Girolamo diede ai culti criticati era che le reliquie non erano venerate in quanto oggetti inanimati dotati di poteri taumaturgici, ma per stimolare la devozione verso martiri. "Non veneriamo le loro reliquie più di quanto veneriamo il sole, la luna, gli angeli, gli arcangeli, i serafini. Noi le onoriamo in onore di colui che trova testimonianza nella loro fede. Noi adoriamo il Maestro attraverso i suoi servi." (Girolamo, contra Vigilantium e Epistole).
Di certo Girolamo non era idolatra, ma quanto conosceva la realtà della sua Chiesa, isolato com'era nel suo eremo? La sua cultura non toccava le masse. L'argomentazione che ha usato è impeccabile dal punto di vista formale, eppure ci si può chiedere quanto possa applicarsi - solo per fare un esempio - alle contadine che fino a cinquant'anni fa praticavano una vera e propria LATRIA degli oggetti ritenuti sacri.
La grande influenza che Girolamo ebbe sull'Occidente fece sì che le posizioni di Vigilanzio fossero condannate dalla Chiesa di Roma, e poco a poco finirono con l'essere etichettate come ereticali. Ancora oggi si trovano non pochi siti di matrice cattolica che si scagliano con acredine contro questo personaggio vissuto molti secoli fa, denunciando la sua ripugnanza per l'idolatria come "errore".
Eppure nella dottrina di Vigilanzio non esiste NULLA che possa essere definito eretico. Lo stesso Gerolamo riconosce questo quando stupito dalle posizioni paradossali dell'aquitano, scrive di non aver mai sentito di un altro cristiano occidentale sostenitore dell'Homoousion (ossia non seguace dell'Arianesimo) che al contempo criticasse il culto dei Santi.
Claudio nacque in Spagna nel 780, e visse in un contesto molto diverso da quello in cui Vigilanzio e Girolamo condussero le loro lotte. Ormai l'Impero Romano di Occidente non esisteva più da secoli, e in seguito alle invasioni barbariche era quasi scomparsa l'eterodossia, assieme al dibattito teologico e a ogni segno di una robusta vita culturale. Pure Claudio fu discepolo del vescovo Felice di Urgel, uno dei pochi eretici di quell'epoca. Assieme a Elipando di Toledo, Felice aveva infatti sostenuto l'idea adozionista, ritenendo Cristo un uomo divenuto Figlio di Dio per i suoi meriti piuttosto che non per sua intrinseca natura. Nonostante questo, Claudio mantenne sempre posizioni dottrinali ortodosse. Non appena fu nominato vescovo di Torino, iniziò a manifestare una forte insofferenza per ogni rappresentazione della Divinità, tanto che nell'824 iniziò un'intransigente campagna iconoclasta. Si spinse molto oltre il suo predecessore aquitano, al punto che ordinò la distruzione di ogni immagine sacra e di ogni croce nella sua diocesi. Vietò i pellegrinaggi, il culto della Madonna, la venerazione delle reliquie e l'uso delle candele, e sopra ogni cosa abominò il ricorso all'intercessione dei Santi.
Anche se la sua radicale opera purificatrice lo portò in contrasto con l'abate Teodomiro, giova far notare che Claudio di Torino non fu MAI condannato dalla Chiesa di Roma come eretico. Rimase nella sua sede vescovile fino alla morte, avvenuta nell'840, e pur opponendosi anche ai poteri temporali del Papa, conservò la carica di Esegeta Ufficiale. La Chiesa Valdese lo considera tuttora uno dei suoi ispiratori, e in suo onore gli fu intitolata la Libreria Claudiana.
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