EVVIVA RANUCCIO II FARNESE,
IL DUCA DELLA MERDA!
IL DUCA DELLA MERDA!
Ranuccio II Farnese (Cortemaggiore, 1630 - Parma, 1694) è stato il sesto duca di Parma e Piacenza dal 1646 fino alla morte, oltre che il settimo e ultimo duca di Castro fino al 1649, anno di estinzione del ducato. Era figlio maggiore di Odoardo I Farnese e di Margherita de' Medici. Successe al padre nel 1646, governando per due anni con la reggenza della madre e dello zio, il cardinale Francesco Maria Farnese. Rifiutò un'offerta matrimoniale molto vantaggiosa: la Francia gli aveva offerto la mano di una nipote del cardinale Giulio Mazzarino, con una dote di 500.000 scudi. Il problema è che la giovane non era di rango principesco. Il ducato di Parma e Piacenza si mantenne neutrale nella lotta tra Francia e Spagna, anche se dall'attraversamento delle truppe di entrambe le nazioni derivò un gran nocumento agli abitanti.
Nel 1649 si innescò una catena di eventi che portò all'estinzione del ducato di Castro, situato nella Maremma laziale. Papa Innocenzo X accusò Ranuccio di aver commissionato l'omicidio del vescovo Cristoforo Giarda, dell'ordine dei Barnabiti. Si scatenò quindi una guerra. Le truppe pontificie espugnarono Castro, portandovi devastazione. L'esercito di Ranuccio, guidato da Jacopo Gaufrido, fu disfatto presso Bologna. Anni dopo, nel 1657, il Duca cercò di riscattare Castro, ma dovette rinunciarvi, non avendo il denaro necessario. Papa Alessandro VII, subentrato a Innocenzo X, decise di incamerare il ducato in via definitiva, ma Ranuccio riuscì comunque a far inserire una clausola che gli garantiva altri 8 anni di tempo per il riscatto. Quando ebbe messo insieme la somma dovuta, nel 1666, il suo pagamento fu rifiutato e Castro rientrò nel Patrimonium Sancti Petri.
Nel 1649 si innescò una catena di eventi che portò all'estinzione del ducato di Castro, situato nella Maremma laziale. Papa Innocenzo X accusò Ranuccio di aver commissionato l'omicidio del vescovo Cristoforo Giarda, dell'ordine dei Barnabiti. Si scatenò quindi una guerra. Le truppe pontificie espugnarono Castro, portandovi devastazione. L'esercito di Ranuccio, guidato da Jacopo Gaufrido, fu disfatto presso Bologna. Anni dopo, nel 1657, il Duca cercò di riscattare Castro, ma dovette rinunciarvi, non avendo il denaro necessario. Papa Alessandro VII, subentrato a Innocenzo X, decise di incamerare il ducato in via definitiva, ma Ranuccio riuscì comunque a far inserire una clausola che gli garantiva altri 8 anni di tempo per il riscatto. Quando ebbe messo insieme la somma dovuta, nel 1666, il suo pagamento fu rifiutato e Castro rientrò nel Patrimonium Sancti Petri.
Ranuccio si sposò tre volte. Il primo matrimonio, celebrato nel 1659, fu con Margherita Violante di Savoia, che morì precocemente. La donna, che univa una devozione intensa all'amore per la caccia alla volpe, morì di parto nel 1663 e non ebbe discendenza. Il secondo matrimonio, celebrato nel 1664 fu con la cugina Isabella d'Este, figlia di Francesco I d'Este, duca di Modena e Reggio. Anche lei morì di parto nel 1666, ma riuscì a procreare un figlio maschio e due figlie femmine. Il terzo matrimonio, celebrato nel 1668, fu con Maria d'Este. Con lei il Duca ebbe molti figli, ma soltanto due maschi e una femmina arrivarono all'età adulta.
Non essendo riuscito a riscattare il feudo di Castro, nel 1682 Ranuccio riuscì ad acquistare il principato di Bardi e Compiano. Nel 1691 il ducato fu invaso dalle truppe imperiali, che vi imperversarono con violenze, saccheggi e stupri, gravando per giunta sulla popolazione indifesa. Nel 1964 il Duca morì all'improvviso. Il decesso viene attribuito a una complicanza della sua obesità. Il suo regno, pur essendo afflitto da numerose criticità, non ebbe un bilancio del tutto negativo. Ranuccio si è segnalato per il suo mecenatismo e per il suo amore per la cultura in tutte le sue forme: fu collezionista di libri rari e amante della musica. Si diede da fare per apportare migliorie e per accrescere la prosperità delle terre che governava, anche se fu costretto a spese ingenti per mantenere una corte parassitaria. Fece coniare una moneta d'argento del valore di 40 soldi, detta quarantana o quarantano.
Ranuccio II e la coprofagia
Abbiamo esposto in estrema sintesi quanto ci dice la storia monumentale, quella fatta di battaglie, trattati, date. Frugando nel vasto Web, mi sono imbattuto in qualcosa che ha destato subito la mia curiosità: un articolo di un blog di WordPress in cui si parla della coprofagia di Ranuccio II Farnese! Il Duca di Parma e Piacenza sarebbe stato un ghiottissimo trangugiatore di escrementi umani e persino animali. Purtroppo a un'attenta analisi sorge il sospetto che il documento sia un semplice pacchetto memetico fatto di informazione degenerata. In parole povere, potrebbe trattarsi di un fake, per quanto originale. Passiamo a discuterlo in dettaglio.
Il blog si intitola Piazenza - Leggende & Misteri Piacentini e ha avuto vita effimera, dal novembre 2007 al gennaio 2008. Può quindi definirsi un portale estinto. Due sono gli autori che hanno pubblicato i testi: Sabanaumann e Raputt.
Anche se questi link dovessero in futuro "rompersi", e Piazenza scomparisse dal Web, spero che questa mia testimonianza rimarrà visibile a tutti. Certo, non depone molto a favore della serietà del blog la presenza di un articolo, pubblicato in due parti, che identifica il cardinale Ersilio Tonini con un agente segreto del KGB, con nome in codice Vakulincuk. Sarebbe però un grave errore sottovalutare la goliardia, nelle cui trovate stravaganti talvolta si nascondono cose di estremo interesse.
Questi sono i tag surreali apposti all'articolo che sitamo analizzando:
1500
afta epizootica
afta epizootica
copra
coprofagia
Gianni Morandi
merda
Mozart
Parma
Ranuccio II Farnese
volley
merda
Mozart
Parma
Ranuccio II Farnese
volley
Alcuni sono incongruenti: 1500 non ha senso, visto che Ranuccio è vissuto nel '600; si capisce che copra è un'abbreviazione di coprofagia, quindi la sua aggiunta è superflua (in realtà la copra è la polpa di cocco essiccata). L'afta epizootica è una malattia che colpisce i bovini e non è tipica degli umani coprofagi. Non esiste un filo conduttore che unisca coprofagi vissuti in epoche diverse e in luoghi diversi: sarebbe come accomunare persone diverse perché hanno i capelli rossi o i porri. Sarò limitato, ma volley mi sembra incomprensibile in questo contesto.
Il castello della merda di cavallo
Nel luogo chiamato Bardi, il sovrano di Parma e Piacenza avrebbe fatto costruire una piscina, che a detta del blogger Sabanaumann veniva riempita di feci equine e usata da Ranuccio per prolungate immersioni escrementizie. Proprio da questo malsano costume avrebbe tratto origine un oscuro detto, supposto essere tuttora in uso: "Bardi, Bardi, castel ed merda ad cavai<i>", ossia "Bardi, Bardi, castello di merda di cavalli". Non ho potuto trovare alcuna prova sulla sua esistenza e tutto sembra indicare che è soltanto il parto di una fantasia. L'esistenza di una particolare razza equina locale, il cavallo Bardigiano, non costituisce di per sé una prova, neanche se si dimostrasse che tali animali sono grandi smerdatori. Si fa poi allusione a ricerche archeologiche, forse fantomatiche, volte a individuare la sunnominata piscina fecale. Sarei felice di poter contattare nativi di Bardi per cercare riscontri sul bizzarro detto e più in generale se nella memoria popolare esistono tracce del ricordo della figura del famoso Duca di Parma. Aggiungiamo qualche considerazione sull'etimologia del toponimo Bardi, che sta per Longobardi: quel luogo deve aver ricevuto il suo nome perché l'identità etnica e nazionale dei Longobardi vi perdurò più a lungo che altrove.
Costituzioni merdose
Uno degli atti più importanto di Ranuccio sarebbe stata la promulgazione di un editto noto come "Sulle cortesi e nobili genti che affollano il patrio suolo". Anche in questo caso il condizionale è d'obbligo, perché non si riesce a risalire al testo. Il documento è descritto da Sabanaumann come un insieme di regole di convivenza civica, qualcosa di molto simile ai regolamenti comunali dei nostri tempi. Si vuole che nell'ultimo foglio, in corrispondenza della firma del Duca e del suo sigillo, sia presente una chiazza brunastra, che a un'analisi accurata si sarebbe rivelata composta da materia fecale. Si ipotizza dunque, non sena ingegno e mirabile fantasia, che Ranuccio sia stato sorpreso con le mani grondanti di pastone intestinale e costretto a firmare così, all'istante, senza potersi ripulire. È un vero peccato che la Settima Arte perda il suo tempo in stupidissimi remake e non attinga a questo materiale... a piene mani!
Esperimenti di cucina fecale
Si riportano diverse citazioni piuttosto fantasiose quanto prive di qualsiasi riscontro. Certo, non voglio dire che se una cosa non si trova in Google debba essere inesistente, ma si converrà che la ricerca potrebbero incontrare ostacoli insormontabili. Questo è un estratto dalla fonte blogosferica:
"Numerosi cronisti che vissero a corte, hanno costellato i loro resoconti con riferimenti curiosi riguardo al sovrano, spesso con parole che per il tempo suonavano enigmatiche e di non facile comprensione. Come se volessero far filtrare un messaggio per i posteri."
Si passa quindi a nominare i cronisti suddetti, con i rispettivi contributi. Essi sono tre: Francesco Antinori, Giovannone Potestì detto Busello (immagino per via del suo ano integro, mai rotto da sodomia) e Cassandro Zilioli. Alcuni commenti, che ritengo doverosi:
1) Il mite Francesco Antinori avrebbe definito Ranuccio con parole moderate ma comunque poco lusinghiere: "Il Duca sturlissimo". Per chi non lo sapesse, nell'italiano antico esisteva l'aggettivo sturlo "ottuso, di intelletto tardo". In toscano si traduce con "grullo". Francesco di Vannozzo (XIV sec.) ha nelle sue Rime: "Chi sa mal darlo sa ben peggi[o] durlo; / tal va con ferle che già seppe farlo / e provò Carlo già tratte de curlo, / unde sei sturlo se non lassi starlo."
2) A prestar fede a Giovannone Potestì detto Busello, Ranuccio sarebbe stato "Il Sovran che feci di tutti sue fea". La parafrasi non è poi difficile. Il verbo è fea "faceva". Così si deve tradurre in italiano moderno con "Il Sovrano che faceva sue le feci di tutti". Si rimarca l'assoluta promiscuità della coprofagia ranuccesca: ce lo immaginiamo mentre prende la merda a badilate, da chiunque la deponga, portandosela alla bocca e masticandola con frenesia.
2) A prestar fede a Giovannone Potestì detto Busello, Ranuccio sarebbe stato "Il Sovran che feci di tutti sue fea". La parafrasi non è poi difficile. Il verbo è fea "faceva". Così si deve tradurre in italiano moderno con "Il Sovrano che faceva sue le feci di tutti". Si rimarca l'assoluta promiscuità della coprofagia ranuccesca: ce lo immaginiamo mentre prende la merda a badilate, da chiunque la deponga, portandosela alla bocca e masticandola con frenesia.
3) A un certo Cassandro Zilioli viene attribuita una frase sconcertante sul Duca: "Se marron la cena non parea, sua non la volea". Non credo sia necessaria la parafrasi. In ogni caso, per facilitare eventuali lettori non abituati all'italiano antico, spiego le forme verbali: parea "pareva", ossia "sembrava"; volea "voleva". Di questi tempi si direbbe così: "Se la cena non sembrava marrone, non voleva mangiarla".
Il livello di questo italiano antico è certamente abbastanza elevato, specie se confrontato con i maccheronismi del Brancaleone di Monicelli o di Feudalesimo e Libertà (che effettua addirittura perigliose mescolanze col latino fatto e finito). Purtroppo non ho notizia di cronisti o altri uomini illustri che rispondano ai nominativi di, Giovannone Potestì e Cassandro Zilioli. Peccato. Va però detto che un Niccolò Francesco Antinori (1633 - 1722) fu senatore e segretario di stato proprio a Parma, nel 1698, quando il Duca era morto da qualche anno. Se le frasi coprolaliche sopra riportate fossero autentiche, dovremmo dedurne che il buon Ranuccio faceva usare lo sterco in complesse preparazioni culinarie a lui specificamente destinate. E pensare che già la mia fantasia si era messa a galoppare. Sono persino riuscito, servendomi dei pochissimi elementi disponibili, a ricostruire due di queste ricette: la merda alla parmigiana e i tortellini ripieni di escrementi, conditi con ragù fecale. Sappiamo infatti che i tortellini sono comparsi proprio alla corte di Ranuccio II Farnese, basta fare due più due e si arriva a quattro. Per quanto riguarda la merda alla parmigiana, la mente va subito alla famosa scena in cui l'ispettore Nico Giraldi, interpretato dal mitico Tomas Milian, costringeva Bombolo a cibarsi di feci e infieriva dopo aver steso sugli stronzi una cucchiaiata di formaggio grattugiato. Bombolo abbozzava una timida protesta: "Sempre merda è!" Al che l'ineffabile Ispettore: "Sì, ma è merda alla parmigiana!" Come non collegare tutto ciò al nobile Ranuccio, Duca di Parma?
L'importanza scientifica della coprofagia
Se anche l'intera faccenda della coprofagia ranuccesca dovesse rivelarsi interamente posticcia e fabbricata ad arte da alcuni blogger, resta un dato di fatto: sono esistite ed esistono tuttora persone dotate di un sistema immunitario molto peculiare, che permette loro di resistere ai patogeni fecali. Andrebbero condotti studi clinici rigorosi su questi individui. Eppure ciò non avviene. Non solo: la tendenza del mondo scientifico è quella di negare alla radice l'esistenza stessa del fenomeno. Per colpa del cieco moralismo di accademici ottusi, la Scienza perde molte opportunità di migliorare la condizione umana.
Conclusioni
Mentre si può documentare bene la coprofagia di Wolfgang Amadeus Mozart, il caso di Ranuccio II Farnese necessita di ulteriori e ardui studi. Allo stato attuale delle cose, la questione rimane indeterminabile. Resta la speranza che il futuro possa portare prove sostanziali e ci permetta di capire meglio anche le pagine più oscure della Storia. La spiegazione potrebbe trovarsi in una tradizione di campanilismo, in cui possono essersi preservate, seppur in forma vaga e distorta, antiche narrazioni. La cosa non dovrebbe soprendere: anni fa mi un amico mi raccontò di essersi imbattuto in alcuni vecchi toscani che litigavano in modo accanito per via della battaglia di Montaperti.
Etimologia del nome Ranuccio
Tra i romanisti è diffusa la convinzione che l'antroponimo Ranuccio (con la variante Ranuzio) sia un ipocoristico di Rinaldo, in pratica una forma abbreviata di Rinalduccio. In realtà esiste un'etnimologia più probabile e diretta, dalle radici protogermaniche *raγina- "consiglio; decisione" e *nutja- "utile" (antico alto tedesco nuzzi "utile", tedesco moderno nütze). Possiamo così ricostruire una forma longobarda *RAHINNUZZI, il cui naturale esito è proprio Ranuzio, ipercorretto poi in Ranuccio. In antico alto tedesco si ha Regin- come primo elemento di nomi propri: la radice non è sopravvissuta in forma indipendente. Si noti la metafonesi palatale, a differenza di quanto accade in longobardo.