Akikatsu Kagami (Aichi Gakuin University, Nagoya, Giappone) è l'autore dello studio Changes and Traces of Ainu Place Names in Contact with Japanese, ossia Cambiamenti e tracce dei nomi di luogo Ainu in contatto col giapponese, pubblicato nel 2009. Mi rendo conto che l'antroponimo nipponico in italiano fa un po' ridere, proprio come il famoso Urina Suimuri che compariva nelle barzellette sui Giapponesi, spesso assieme a Kagapoko Kifapokomoto. Immagino che i troll si faranno grasse risate, come se il nominativo dell'accademico di Nagoya fosse una trasposizione ironica di una frase italiana, "chi cazzo mi caga?" o qualcosa del genere. Ne sono consapevole e mi dispiace, ma non posso farci niente. Non l'ho inventato io, esiste davvero. Riporto la pagina con le opere dell'autore nel sito dell'editore De Gruyter:
Il lavoro di Kagami sui toponimi di origine Ainu è consultabile nel Web tramite questi link, che spero si manterranno a lungo funzionanti:
Questo è l'abstract, da me tradotto:
"Alla diciassettesima conferenza ICOS a Helsinki, ho rilasciato un articolo intitolato “Ainu Substratum in the Distribution of Japanese Microtoponyms” (Sostrato Ainu nella distribuzione dei microtoponimi giapponesi) e ora vorrei presentare i miei continui studi su questo argomento. A Tōhoku (Distretto del Giappone nordorientale), restano molti nomi di luogo che hanno la stessa struttura dei nomi di Hokkaidō, dove ancora sussistono aborigeni Ainu. Ma questi nomi di Tōhoku sono mutati attraverso il contatto con la lingua giapponese, ed è necessario interpretarli come se fossero cambiati dall'Ainu a parole nipponizzate."
Per chi non lo sapesse, gli Ainu sono una popolazione antichissima del Giappone, che vive nell'isola di Hokkaidō e nelle isole Curili (queste ultime appartenenti alla Federazione Russa). Sono molto diversi dai Giapponesi e caratterizzati da un somatismo più simile a quello europeo (manca la plica mongolica); gli uomini hanno folta barba e pelosità abbondante. La lingua tradizionale degli Ainu, ormai moribonda, non ha parentele note con alcun'altra lingua del mondo.
Queste sono le radici di sostrato indagate da Kagami nel suo articolo:
1) PI-NAY "fiume dei ciottoli"
Compare a Tōhoku come HI-NAI.
Metanalisi: Questo elemento è stato interpretato erroneamente a partire dall'antico giapponese hi "cipresso giapponese", con la variante hinoki. Si noterà che questi toponimi si trovano nella maggior parte dei casi oltre l'estremo limite settentrionale della crescita spontanea del cipresso giapponese (Chamecyparis obtusa), cosa che dimostra in modo semplice e diretto la falsità di questa etimologia popolare.
2) KOTAN "villaggio"
Compare a Tōhoku come KOTANI e KOTATE / KODATE.
Metanalisi: L'elemento kotani è stato interpretato in giapponese come "piccola valle" o come "vecchia valle" (ko "vecchio"), a partire da tani "valle". Tuttavia in Tohoku la parola giapponese usata per indicare la valle è ya, non tani. Le forme kotate e kodate sono state interpretate a partire da tate "scudo"; con sostituzione criptica di ko "vecchio" con furu, altra pronuncia dello stesso ideogramma, si sono ottenute le forme furutate e furudate, ancor più fuorvianti.
3) PENKE "superiore, alto"
Compare a Tōhoku come BENKE, BENKEI.
Metanalisi: Questo elemento non è stato sottoposto a metanalisi, dato che la sua peculiare struttura non ha permesso l'accostamento a parole nipponiche. Nella maggior parte dei casi è stato quindi sostituito dal giapponese kami "superiore, in alto". La forma Ainu originale Penke compare nella toponomastica di Hokkaidō, ad esempio in Penke-to "Lago Superiore".
4) PANKE "inferiore, basso"
Compare a Tōhoku come BANGE.
Metanalisi: Questo elemento non è stato sottoposto a metanalisi, dato che la sua peculiare struttura non ha permesso l'accostamento a parole nipponiche. Nella maggior parte dei casi è stato quindi sistituito dal giapponese shimo "inferiore, in basso". La forma Ainu originale Panke compare nella toponomastica di Hokkaidō, ad esempio in Panke-to "Lago Inferiore".
5) NUPRI "montagna"
Compare a Tōhoku come -NO-MORI
Metanalisi: In questo elemento -no è stato interpretato come particella giapponese del genitivo, mentre -mori è stato interpretato come una parola giapponese antica che significa "montagna" (e anche "foresta"). Si noti che nei toponimi giapponesi di origine non Ainu il suffissoide -mori non compare preceduto dalla particella genitivale -no (es. Aomori "Foresta Blu"). La forma Ainu originale -nupuri compare molto frequentemente nella toponomastica di Hokkaidō per designare montagne: Atusa-nupuri, Nisey-ko-an-nupuri, etc.
A questo punto, dopo aver discusso gli elementi toponomastici sopra riportati (per ognuno è inclusa una mappa che ne illustra la distribuzione), Kagami si auspica che l'applicazione del suo ineccepibile metodo possa portare a scoprire un maggior numero di toponimi Ainu mascherati. Segue una ricca bibliografia di suoi lavori precedenti, che purtroppo non sono riuscito a recuperare nel Web.
Nel Nordest dell'isola di Honshū, proprio in quella che oggi è conosciuta come regione di Tōhoku, viveva un popolo molto bellicoso i cui uomini erano caratterizzati da una pelosità abbondante. Sono conosciuti con il nome di Emishi (蝦夷, nell'epoca Nara 毛人) e hanno resistito a lungo all'espansione dell'Impero. I primi contatti con i Giapponesi si ebbero nel 658 d.C., quando una spedizione navale raggiunse Akita (all'epoca chiamata Aguta, ho sentito che qualche anno fa vi avvenivano apparizioni mariane, è come se fosse la Medjugorje giapponese). Ebbe inizio una lunga serie di guerre: alcune tribù erano alleate con i Giapponesi, altre erano ostili. Gli ultimi focolai di resistenza furono domati nell'811 d.C.; da allora gli Emishi furono incorporati nella società feudale e dominati da una casta di meticci, finché si perse ogni loro caratteristica distintiva. Si suppone con ottime basi che parlassero una lingua imparentata con quella degli Ainu di Hokkaidō. Una prova molto convincente sono gli idronimi in -betsu, derivati dall'Ainu pet "fiume" tramite adattamento naturale alla fonetica giapponese. Molto più a meridione della grande isola di Honshū, questa radice pet è stata adattata nella forma abbreviata -be, ad esempio in Kurobe e Oyabe, nomi di fiumi della Prefettura di Toyama. Chiaramente il suffissoide -be "fiume" era tipico di un popolo che parlava una lingua imparentata con quella degli Emishi, seppur non identica. Per secoli si sono tentate etimologie dell'etnonimo Emishi utilizzando parole giapponesi, ottenendo così i risultati grotteschi e inverosimili tipici del più crasso paleocomparativismo, fenomeno tristemente noto nella nostra Penisola. In realtà è tutto semplicissimo: nella lingua degli Ainu la parola emchiu significa "uomo, persona" (scritto anche enju, enzyu).
Esiste a Tōhoku, nella parte settentrionale dell'isola di Honshū (prefetture di Akita, Aomori, Iwate ed altre), una società di cacciatori d'orsi, chiamati Matagi. Questi usano tra loro, esclusivamente durante la caccia, un gergo chiamato Yama-kotoba, ossia "Parole della Montagna" (in giapponese yama "montagna", kotoba "parole") o Matagi-kotoba. Accanto ad alcuni termini giapponesi usati in senso traslato (es. ossama "orso", alla lettera "uomo anziano"), vi sono numerose parole Ainu adattate alla fonetica nipponica. Questi sono alcuni esempi:
sanpe "cuore"
(Ainu sanpe)
setta "cane"
(Ainu sita)
hakke "testa"
(Ainu pake)
hono "bambino piccolo"
(Ainu ponpe)
horo "grande"
(Ainu poro)
kappo "cuoio"
(Ainu kapkapuhu)
wakka "acqua"
(Ainu wakka)
Gli Emishi
Nel Nordest dell'isola di Honshū, proprio in quella che oggi è conosciuta come regione di Tōhoku, viveva un popolo molto bellicoso i cui uomini erano caratterizzati da una pelosità abbondante. Sono conosciuti con il nome di Emishi (蝦夷, nell'epoca Nara 毛人) e hanno resistito a lungo all'espansione dell'Impero. I primi contatti con i Giapponesi si ebbero nel 658 d.C., quando una spedizione navale raggiunse Akita (all'epoca chiamata Aguta, ho sentito che qualche anno fa vi avvenivano apparizioni mariane, è come se fosse la Medjugorje giapponese). Ebbe inizio una lunga serie di guerre: alcune tribù erano alleate con i Giapponesi, altre erano ostili. Gli ultimi focolai di resistenza furono domati nell'811 d.C.; da allora gli Emishi furono incorporati nella società feudale e dominati da una casta di meticci, finché si perse ogni loro caratteristica distintiva. Si suppone con ottime basi che parlassero una lingua imparentata con quella degli Ainu di Hokkaidō. Una prova molto convincente sono gli idronimi in -betsu, derivati dall'Ainu pet "fiume" tramite adattamento naturale alla fonetica giapponese. Molto più a meridione della grande isola di Honshū, questa radice pet è stata adattata nella forma abbreviata -be, ad esempio in Kurobe e Oyabe, nomi di fiumi della Prefettura di Toyama. Chiaramente il suffissoide -be "fiume" era tipico di un popolo che parlava una lingua imparentata con quella degli Emishi, seppur non identica. Per secoli si sono tentate etimologie dell'etnonimo Emishi utilizzando parole giapponesi, ottenendo così i risultati grotteschi e inverosimili tipici del più crasso paleocomparativismo, fenomeno tristemente noto nella nostra Penisola. In realtà è tutto semplicissimo: nella lingua degli Ainu la parola emchiu significa "uomo, persona" (scritto anche enju, enzyu).
Sopravvivenze di elementi di sostrato
Esiste a Tōhoku, nella parte settentrionale dell'isola di Honshū (prefetture di Akita, Aomori, Iwate ed altre), una società di cacciatori d'orsi, chiamati Matagi. Questi usano tra loro, esclusivamente durante la caccia, un gergo chiamato Yama-kotoba, ossia "Parole della Montagna" (in giapponese yama "montagna", kotoba "parole") o Matagi-kotoba. Accanto ad alcuni termini giapponesi usati in senso traslato (es. ossama "orso", alla lettera "uomo anziano"), vi sono numerose parole Ainu adattate alla fonetica nipponica. Questi sono alcuni esempi:
sanpe "cuore"
(Ainu sanpe)
setta "cane"
(Ainu sita)
hakke "testa"
(Ainu pake)
hono "bambino piccolo"
(Ainu ponpe)
horo "grande"
(Ainu poro)
kappo "cuoio"
(Ainu kapkapuhu)
wakka "acqua"
(Ainu wakka)
Per ulteriori informazioni si rimanda al lavoro di Catherine Knight:
Mentre si continua ad affermare nel Web che gli studiosi non sono riusciti a ricostruire la lingua degli Emishi, a dispetto della presenza di ricco materiale non soltanto toponomastico nella regione che hanno abitato, nessuno sembra collegare proprio agli Emishi il lessico di origine Ainu presente nello Yama-kotoba. In effetti si trova ben poco sullo Yama-kotoba e non ho avuto modo di approfondire l'affascinante argomento quanto avrei voluto. Oltre alle parole fornite dalla Knight, se ne possono riportare poche altre, riportate in un blog di Tumblr (dunque non esistono soltanto i porno-Tumblr!):
ege "fuoco"
kodataki "gatto"
nasashi "sake"
surube "fucile, pistola"
takase "cavallo"
kodataki "gatto"
nasashi "sake"
surube "fucile, pistola"
takase "cavallo"
Per questi vocabili non sono riuscito a trovare corrispondenze in Ainu; in particolare il termine ege "fuoco" mi pare enigmatico (ho trovato che in Ainu si ha invece ape, abe "fuoco", mentre il verbo corrispondente è ruy "bruciare"). Faccio notare al mondo accademico che il termine kodataki "gatto" non ha nulla a che vedere col giapponese neko "gatto": somiglia molto di più alla parola preistorica che ha dato il nostro vocabolo "gatto" (dal latino cattus, comune al celtico e al germanico). Potrebbe trattarsi di una falsa etimologia e potrei peccare fortemente di ingenuità, ne sono consapevole. Tuttavia potremmo anche essere di fronte a qualcosa di importante. Mi piacerebbe che il professor Guido Borghi si occupasse della questione. Che spiegazione dare a questi dati bizzarri? Faccio notare che le cronache giapponesi menzionano un popolo diverso dagli Emishi, che competeva con loro per il possesso di Tōhoku. Queste genti, la cui origine ignoriamo, sono note col nome di Mishihase. Non è chiaro se parlassero una lingua del ceppo Ainu. Posso soltanto notare che l'etnonimo contiene l'elemento mishi-, che potrebbe avere la stessa etimologia del nome degli Emishi. Forse invece l'origine è del tutto diverso e si trattava di un popolo anteriore agli stessi Ainu, un relitto di una preistoria ormai sprofondata nell'Oblio. La mia ipotesi, forse non del tutto peregrina, è che il gergo dei Matagi comprenda sia elementi lessicali della lingua degli Emishi che di quella dei Mishihase. Così ege "fuoco" sarebbe una parola del perduto idioma di questi ultimi! La ricostruzione che posso tentare è abbastanza verosimile: gli Emishi non assimilati, oppressi duramente dai meticci giapponesizzati, si sono ritirati in zone remotissime, dove vivevano anche i discendenti dei loro ancestrali nemici, i Mishihase. Sarebbero dunque avvenute unioni tra i due gruppi considerati reietti.
Perché nessuno si occupa di tutto ciò? Perché non si trovano studi accessibili? Vorrei sbagliarmi, eppure ho il sospetto che la scienza ideologica non sia una peculiarità del solo Occidente. Evidentemente se ne trovano manifestazioni anche nel paese del Sol Levante. Non dimentichiamoci che gli stessi Ainu di Hokkaidō sono stati sottoposti a spaventose persecuzioni e a discriminazioni di ogni genere. Se nominassi poi gli intoccabili dell'Arcipelago, gli Eta, quale sarebbe la reazione degli accademici?