mercoledì 22 febbraio 2017

ALCUNE CONSIDERAZIONI SCETTICHE SUGLI IPERPOLIGLOTTI



Il contadino che conosce 100 lingue: "Ricordatemi per il mio lavoro, non come fenomeno"
Riccardo Bertani, 86 anni, dopo le elementari ha studiato da autodidatta idiomi dimenticati: dal mongolo alle lingue siberiane, pubblicando oltre 1000 volumi. La sua casa è diventata un Fondo e lui invita gli appassionati di lingue scomparse ad andarlo a trovare

di GIACOMO TALIGNANI
(continua a leggere

L'articolo in questione, pubblicato su Repubblica, ha destato il mio vivo interesse, come tutto ciò che di straordinario e di mirabolante ha a che vedere con i misteri del linguaggio umano. Già qualche tempo prima mi ero imbattuto nella figura di Riccardo Bertani da Campegine nel corso di alcune mie letture sugli iperpoliglotti, persone che parlerebbero fluentemente un gran numero di lingue. La definizione di iperpoliglotta spesso cambia a seconda degli autori, ma potremmo ritenere tale, senza timore di smentite, una persona in grado di padroneggiare almeno dieci lingue.   

Wikipedia elenca un certo numero di poliglotti e di iperpoliglotti a partire dall'Evo Antico e dal Medioevo per arrivare a tempi più recenti, fornendo per ciascuno la data di nascita e di morte, annotando brevemente molti nominativi con qualche dettaglio biografico. Si parte da Mitridate, Re del Ponto, che gli Antichi ci dicono fosse capace di amministrare la giustizia nelle ventidue lingue parlate nel suo regno, passando per Federico II di Svevia, soprannominanto Stupor Mundi, percorrendo secoli e giungendo infine a soggetti ancora viventi, come l'attore Viggo Mortensen - che a quanto pare parlerebbe soltanto sei lingue.


Non è certo mia intenzione negare a priori l'esistenza del fenomeno dell'iperpoliglottismo. Semplicemente non posso evitare di nutrire qualche dubbio. Nella sostanza, sento di essere profondamente scettico. Cominciamo con l'analizzare alcuni contesti in cui più facilmente possono trovarsi soggetti in grado di parlare diverse lingue. Presso le popolazioni in cui si ha convivenza di lingue diverse, spesso da secoli, è naturale che si sviluppi una certa capacità di parlare o almeno di comprendere diversi idiomi oltre al proprio. Posso citare i seguenti casi:

1) Gli Israeliti sono abituati a parlare diverse lingue e ne apprendono facilmente di nuove. Non per nulla sono spesso chiamati cosmopoliti dai gentili. In non pochi casi le loro famiglie sono composte da coniugi di diversa origine. Rammento i signori S., che conobbi a Sassello e che ormai sono defunti (Z''L). Il capofamiglia proveniva dall'Austria e parlava tedesco, oltre allo Yiddish. Sua moglie era di origine turca e conosceva il turco, il tedesco e lo Yiddish. Entrambi si esprimevano in un buon italiano e parlavano l'ebraico in modo fluente, tanto che intercalavano i loro discorsi con parole ed espressioni di tale lingua (e si mostrarono sommamente inquieti quando diedi prova di capire quello che dicevano). 
2) I Cinesi apprendono facilmente per motivi di affari lingue assai diverse dalla propria nella fonetica e nella struttura. Possono trovare utile apprendere anche lingue in via di estinzione, al punto che ho potuto udire un cinese rispondere a tono in perfetto brianzolo alle provocazioni di T., un anziano parlante di quel dialetto gallo-italico. Accadde in un ristorante cinese. Comportandosi da cafone, T. aveva borbottato qualcosa come "U mangià da schivi". Al che il cameriere, per nulla intimorito, lo seccò con un "Basta che te pàghet". Se noi dovessimo imparare il cinese, non riusciremmo neanche a memorizzare poche espressioni stereotipate, senza contare le infinite possibilità di essere fraintesi per via della natura tonale della lingua e delle numerosissime omofonie. Le genti della Cina invece già solo gestendo un ristorante arrivano a imparare sempre meglio la nostra lingua, tanto dissimile dal loro idioma natio nei suoni e nel modo in cui sono formate le parole.
3) Tra le genti Papua della Nuova Guinea ci sono uomini capaci di apprendere numerose lingue di tribù vicine, spesso molto distanti dalla propria. Le condizioni di diversità linguistica in certe aree impervie e poco conosciute sono a dir poco incredibili, tanto che in una singola valle si possono trovare tribù che non hanno nulla in comune. Non sempre quelle genti mostrano curiosità e interesse per i loro vicini: lo stato di belligeranza non è una rarità e si danno anche episodi di esocannibalismo, tutte cose che non favoriscono lo scambio di informazioni. Uno studioso ha provato a registrare le voci di un gruppo che viveva a un'estremità di una valle e le ha fatte poi sentire a un altro gruppo che viveva all'imbocco della stessa valle, a pochi chilometri di distanza. Risultato: le frasi risultavano del tutto incomprensibili, come se fossero giunte da un altro pianeta.
4) Nel Nordovest dell'Argentina imperava il caos linguistico. Vi erano genti come i Diaghiti, che oltre alla propria lingua Kakán conoscevano spesso anche il Tonocoté, il Quechua e una lingua affine all'Atacameño. I membri di non poche popolazioni parlavano di norma quattro o cinque lingue, avendo conoscenza passiva di altrettante per via della convivenza in zone ristrette di un gran numero di etnie dissimili. Ancora oggi nella regione del Gran Chaco può capitare di trovare casi di multilinguismo di contatto come quelli descritti, in cui convivono lingue di ceppo Mataco (Mataguayo) con lingue di ceppo Guaycurú, anche se tutte sono minacciate dall'azione corrosiva dello spagnolo, vero e proprio idioma infestante responsabile della perdita di un gran numero di idiomi che un tempo avevano moltissimi parlanti. 
5) Le genti del Caucaso abitano in valli di altissima densità linguistica. Come già visto nel caso della Papua Nuova Guinea, anche nel Caucaso esistono distribuizioni strane di lingue diversissime all'interno di aree ristrette. Vi sono enclavi in gran numero e i casi di multilinguismo non si contano. Le lingue del ceppo nord-caucasico sono tra loro tanto diverse che si fatica non poco a ricostruirne una protolingua che renda conto di tanta diversità. Esistono anche lingue del ceppo kartvelico o sud-caucasico, come il georgiano, che non hanno alcuna relazione con le lingue nord-caucasiche: la denominazione è soltanto di carattere geografico. Il georgiano è una lingua di una tale complessità che ben pochi stranieri sono riusciti a impararla. Convivono con queste lingue difficilmente classificabili alcune lingue di diversa origine come quella degli Osseti, che è indoeuropea di tipo iranico e che discende dalla lingua degli Alani. Per inciso, stupirà molti sapere che un tempo esistevano parlanti della lingua alanica anche nella pianura padana, giunti con i Longobardi. Poco a sud dell'area del Daghestan si estende l'Azerbaijan, la cui lingua è di tipo turcomanno, appartenente al gruppo altaico.

Cosa spicca nell'analisi di tutte queste situazioni? Innanzitutto si vede subito che sono parlate sì diverse lingue, ma sempre in numero limitato: abbiamo a che fare con poliglotti, non con iperpoliglotti. Di norma si tratta al massimo quattro o cinque lingue e in alcuni casi sono tra loro imparentate; già non si arriva a trovare persone che ne parlino dieci. Le persone capaci di parlare diverse decine di lingue sembrano figure mitologiche e a quanto pare si trovano con la stessa facilità dello Yeti, degli unicorni o delle sirene. Tutto ci porta ad essere profondamente critici ogni qual volta si discute della stessa esistenza di genuini iperpoliglotti in grado di parlare cento lingue con la stessa naturalezza della propria. Inoltre l'apprendimento delle varie lingue avviene per esposizione diretta col parlato fin dalla più tenera età e non per studio tramite materiale scritto. Nessuno è mai diventato poliglotta grazie all'istituzione scolastica, alla scrittura e ai corsi. 

Dovremmo tutti porci una domanda. Come mai un tempo si parlava tanto degli iperpoliglotti e in questi tempi non se ne parla quasi più? Per capirlo è necessario fare un bizzarro paragone antropologico.

Un tempo esistevano numerosissimi settimini, ossia bambini prematuri che le giovani madri mettevano al mondo dopo soli sette mesi di gestazione. I primi figli in certe zone della Lombardia erano quasi tutti settimini. Perché questo? Semplice. Perché i fidanzati copulavano in gran segreto e non esistevano metodi contraccettivi, demonizzati dalla Chiesa Romana, così quando una ragazza si smutandava davanti a un uomo, restava incinta e si gonfiava subito. Ecco dunque la necessità delle cosiddette nozze riparatrici organizzate in fretta e furia. Molta gente ignorante e ingenua credeva che ci fosse davvero un motivo fisiologico per tale abbondanza di settimini: si pensava o si fingeva di pensare che una donna primipara mettesse naturalmente al mondo un bambino prematuro. Tuttavia quando giunse l'emancipazione sessuale, la Chiesa Romana si indebolì fino a decadere, si propagò la pornografia e fu possibile usufruire di stratagemmi per evitare la gravidanza, i settimini sparirono all'improvviso. Non se ne trovano quasi più. 

Voi mi direte: "Che c'entrano i settimini con gli iperpoliglotti?" C'entrano eccome. Un tempo l'uomo che aveva fama di essere iperpoliglotta era considerato un fenomeno da baraccone. Si esibiva. Mostrava a tutti le sue presunte capacità di parlare decine di lingue. Il punto è che di ogni lingua il presunto iperpoliglotta conosceva soltanto un elenco di parole più o meno nutrito e un frasario di base, il resto era spesso un grammelot simulato. Molta gente ignorante ha poi l'idea che basti conoscere qualche parola per parlare una lingua e rimane subito impressionata. Questo non avviene soltanto in Italia. In Inghilterra numerosissime persone ottuse sono convinte di parlare italiano perché sanno dire "buon giorno", "buona sera", "buon appetito", "pizza", "spaghetti", "mandolino", "mafia". Se poi sanno dire anche "picciotto", "padrino", "stiletto", "vendetta", "ricatto", "pizzo", "minchia", "famiglia", allora si ritengono dantisti. Poi non sanno reggere una normale conversazione, in quanto ignorano persino le parole per dire "acqua", "terra", "fuoco", "pietra", "mano", etc. A prender per buone le millanterie di questi inglesi, si avrebbe un'idea del tutto distorta della realtà. Per fissare le idee, penso che gli iperpoliglotti abbiano subìto lo stesso fato dei settimini, sparendo nel nulla non appena si è diffusa una maggior conoscenza delle lingue e soprattutto non appena si è avuta la possibilità di verificare le informazioni. Si vuole affermare ad ogni costo l'esistenza di autentici iperpoliglotti? Si può dimostrare che si tratta in ogni caso di allucinazioni cognitive.

Non conosco il signor Bertani e di certo ho per lui il massimo rispetto, perché in ogni caso bisogna riconoscere che ha dedicato l'intera sua vita allo studio. Nutro tuttavia il fondato dubbio che le sue conoscenze siano più che altro tratte dai libri e che non abbia altrettanta dimestichezza con le lingue parlate. Forse è per questo che declinò sempre gli inviti in Russia. Probabilmente non temeva tanto di trovarsi di fronte alle rovine della Grecia dopo essersi nutrito di Omero, ma di impappinarsi, di non distinguere bene i suoni pronunciati dai suoi interlocutori, di fare una brutta figura passando dal russo dei libri a quello articolato da persone in carne ed ossa, che spesso ha suoni sfuggenti e indistinti. Cosa umanissima e comprensibilissima. Le miei ipotesi non sono poi così peregrine. Basti ascoltare con attenzione le parole dello stesso Bertani, documentate nel video da me riportato in questo mio contributo. Egli con grande onestà intellettuale ci dice di trovarsi perfettamente a suo agio con il russo scritto, ma di avere qualche difficoltà col russo parlato. Risulta un ottimo traduttore delle lingue scritte, che usando grammatiche e dizionari riesce a venire a capo di testi difficilissimi. Essere un ottimo traduttore delle lingue scritte non implica necessariamente essere in grado di seguire un parlante madrelingua in una normale conversazione. Sono due capacità diverse, con buona pace di quei navigatori che non riescono a distinguere tra lingua parlata e lingua scritta.

Per inciso, certe opinioni dello stesso Bertani sono a dir poco sconcertanti. Sentir affermare che i Longobardi fossero "genti ugriche" e che fossero originari degli Urali e della Russia meridionale, è cosa che ad esser sinceri lascia come minimo di sasso. Evidentemente lo studioso ha assimilato concetti antiquati, che potevano essere creduti veri all'epoca di Bram Stoker. Infatti nel capolavoro dello scrittore irlandese il Conte Dracula affermava che i suoi antenati erano le tribù ugriche dell'Islanda. Siccome le parole hanno un loro significato ben preciso, va ricordato che ugrico è un aggettivo usato per indicare le lingue del ceppo uralico a cui appartiene l'ungherese, non indoeuropee e molto distanti dalle lingue germaniche. Orbene, uno studioso che non ha chiari questi concetti di per sé semplicissimi potrebbe essere definito un esperto di filologia germanica solo in un mondo in cui tale disciplina è per la massima parte delle persone un libro chiuso e un tabù. Sorprende il fatto che il contadino di Campegine affermi di non conoscere l'inglese e neppure il tedesco. Condizioni ideali per approfondire lo studio della filologia germanica e per avere accesso alla letteratura scientifica! Il perché di queste gravissime lacune è un mistero. Non voglio credere che tutto si riduca a una viscerale quanto banale avversione politica per la Germania dei brutti e cattivi nazisti e per l'America dei brutti e cattivi capitalisti! 

Reazioni nel Web

Tutte le mie perplessità le ho illustrate seguendo un filo conduttore razionale. Eppure quando si parla di iperpoliglotti, si scopre che non pochi navigatori nel Web affrontano l'argomento di pancia, scossi da furori e da flussi ormonali, reagendo con stizza indicibile ogni volta che un utente mette in discussione l'autenticità dell'iperpoliglottismo. Così pure si noterà che gli scettici sono sorprendentemente pochi. Non solo, non mi pare di averne trovato nemmeno uno in grado di argomentare e di tenere testa ai furibondi fan degli iperpoliglotti. Tutto parte da alcuni commenti sui video di falsi poliglotti postati in gran copia su Youtube. Gli autori di questi filmati non possono essere nemmeno lontanamente paragonati agli antichi fenomeni da baraccone, in quanto manca qualsiasi interattività: si capisce lontano un miglio che si tratta di sciorinatori di frasettine apprenditicce ripetute a macchinetta, con assoluta impossibilità di verifica della loro capacità di dire qualsiasi altra cosa. Sono un po' come quei presentatori russi dell'epoca sovietica che potevano presentare un programma in italiano perché avevano studiato la loro parte a memoria senza capire assolutamente nulla e senza saper dire assolutamente null'altro.

Riporto un interessante video dell'utente Flaze3, intitolato "Disonestà del mondo poliglotta", con link alla pagina di Youtube con i commenti: 



Flaze3 afferma giustamente: "Molti cosiddetti poliglotta ritengono di riuscire a palare in più di 8, 9 lingue, ma se le uniche cose che sanno dire sono 'mi piace imparare lingue' e 'questa lingua è bella', per me non costituisce 'parlare in un'altra lingua', e infatti è piuttosto disonesto."

Felix lama commenta: "Come dico sempre, più lingue si conoscono, più è basso il livello della media delle lingue parlate. La maggior parte dei "poliglotti" non sono tali."

Ecco la reazione scomposta di un certo Alessandro B., le cui affermazioni sarebbero considerate naïf persino tra i Puffi: "Falso! Quelli che come dici tu si spacciano per poliglotti e parlano oltre 8, 9 lingue lo hanno dimostrato in dei convegni parlando queste lingue con dei madrelingua! Inoltre sono stati intervistati da TV straniere! E non sanno dire solo "mi piace imparare lingue" . Queste persone che sono su youtube e che in realtà sono pochissime, i loro nomi escono addirittura su wikipedia. Il caso più famoso di poliglottia era Emil Krebs parlava e scriveva 68 lingue e ne aveva studiati altre 120! questa è storia non cavolate! Sono casi rarissimi!!! in quest' ultimo caso! Infatti il cervello di krebs funzionava diversamente! In vita c'è un Italiano che attualmente detiene un record si Chiama RICCARDO BERTANI è Italiano! Parla 100 lingue! La sua conoscenza è attualmente utilizzata dal "Grande Dizionario UTET" con cui collabora. Parliamo di persone cui le loro competenze sono state DIMOSTATE E SONO DI AIUTO AL MONDO DELLE ENCICLOPEDIE! E tu dici che è falso. ahahahahahahahahha"

Certo, Emil Krebs è su Youtube ed è stato intervistato da TV straniere. Come no! Oltre al fatto che Youtube ha notoriamente la stessa autorità del Vangelo 😄. Appurato che Riccardo Bertani scrive in 100 lingue e che traduce da 100 lingue, più che parlarle in modo fluente, dubito molto che il Grande Dizionario UTET contenga assurdità come l'attribuzione dei Longobardi al ceppo ugrico.

Nel mondo anglosassone qualcuno ci va giù abbastanza duro, come si vede dai seguenti articoli: 



In un farneticante thread apparso su Reddit, si leggono le incredibili parole dell'utente Electronp, che adduce aneddoti su Tesla come prova dell'esistenza dell'iperpoliglottismo. Oh bella! Forse ignorano che Tesla non fa testo perché era un alieno rettiliano 😀. Lo stesso Electronp, che vive nel mondo incantato delle favole, non si limita ad enumerare i miracoli compiuti dal fisico extraterrestre naturalizzato serbo. Arriva ad affermare quanto segue:

"Europeans have a very high standard for fluency; lots of euros I know will hold a conversation in perfect fluent English--after apologizing, in perfect fluent English, for their poor English. your English must be excellent, as I have never heard a European using the tone and terminology of your sentence: " ... anecdotal BS that makes for a good story but nothing else. How convenient the man is dead..."
you sound exactly like a snotty, 20-30 year old American male!
good job.

Certo, certo! Le genti dell'Unione Europea parlano tutte le lingue del pianeta in modo fluente senza sforzo alcuno e in particolare sono esperte di fonetica inglese! Se questo è vero, allora il pene di Jimmy Savile era inoffensivo! 😁

domenica 19 febbraio 2017

LONGOBARDO RICOSTRUITO: DUE INCANTESIMI PER LE API

Primo testo in longobardo (ricostruito):

CHRIST, IMPI IST UZZE! NU FLIUH THU, FIO MINAZ, ERA FREDO FRAUNO IN GODES MUND, AIM ZO QUEMAN CASUND. SITZI, SITZI, PIA, INPAUT THIR SANCTA MARIA. ORLAUP NI ABE THU: ZO ULZE NI FLIUH THU, NOH THU MIR NI ANDRINNES, NOH THU MIR NI ANDUINNES. SITZI FILO STILLO, GUERCHI GODES GUILION. 

Trascrizione fonologica (semplificata):

/'krist, 'impi ist 'u:tstse! nu 'fliuχ 'θu:, 'fio 'mi:nats, 'ɛra 'fredo 'frauno in 'gɔdes 'mund, 'aim tso: 'khwɛman ka'sund. 'sitstsi 'sitstsi 'pi:a, in'paut θir 'sankta ma'ri:a. 'ɔrlaup ni 'abe 'θu:, tso: 'ultse ni 'fliuχ 'θu:, nɔχ 'θu: mir ni and'rinne:s nɔχ 'θu: mir ni and'winne:s. 'sitstsi 'filo 'stillo, 'gwɛrxi 'gɔdes 'gwiljon./ 

Traduzione:

Cristo, lo sciame è fuori! ora mio sciame vola qui nella pace del Signore, nella protezione di Dio, per tornare sano a casa. Posati, posati ape, te lo ordinò Santa Maria.
Che tu non abbia il permesso, non volare nel bosco, non sfuggirmi e non allontanarti da me. Posati tranquilla, fai la volontà di Dio.

Testo di partenza in antico alto tedesco (francone renano, X sec.):

Krist, imbi ist hucze! nu fliuc du, uihu minaz, hera fridu frono in godes munt, heim zi comonne gisunt. sizi, sizi, bina: inbot dir sancte Maria.
hurolob nihabe du: zi holce nifluc du, noh du mir nindrinnes, noh du mir nintuuinnest.
sizi uilu stillo, vuirki godes uuillon.

Per approfondimenti rimando al lavoro di Eleonora Cianci (2004).

Commenti:

In protogermanico esistevano le due varianti *imbja- e *umbja- per indicare lo sciame d'api. Mentre in antico inglese è usata la forma con -u- (anglosassone ymbe), nell'area alto tedesca si trova la forma con -i-. L'attestazione degli antroponimo longobardi IMPO e IMPERT (< *IMPIPERT) conferma la forma ricostruita IMPI.

A.a.t in godes munt "nella protezione di Dio": si noti l'uso del ben noto termine giuridico comune al longobardo, tipico del diritto germanico. 

Si osserva che la formula longobarda ricostruita ha una rima in SITZI SITZI PIA, INPAUT THIR SANCTA MARIA, che manca nella formula di partenza, dato che la parola francone per "ape" suona bina, che non rima con Maria. In un altro caso si ha una rima in entrambe le versioni: longobardo ricostruito NI ANDRINNES - NI ANDUINNES : francone renano nindrinnes - nintuuinnest. Longobardo ricostruito ANDRINNAN "allontanarsi" è formato a partire da RINNAN "correre", mentre ANDUINNAN "fuggire" corrisponde a a.a.t. intwinnan, da winnan < *winnanan "lottare", nei composti "spingere, allontanare". Per contro in un altro verso vi è una rima imperfetta nel testo in longobardo ricostruito: STILLO - GUILION : francone renano stillo - guillon

Secondo testo in longobardo (ricostruito): 

GUIDER IMPI, NIM ERDA, OBERUERF MIT THINERU ZESUON ANDI, UNDAR THINEMO ZESUON FOZI, ANDI QUID:  

   FAHU IH UNDAR FOZ, FUNDI IH IZ
   GUAZ, ERDA MACH GUIDER ALLERO GUECTO CAUELICHA  
   ANDI GUIDER ANADON ANDI GUIDER AAMINDI 
   ANDI GUIDER THEA MICHILON MANNES ZUNCON.  
ANDI MIT THIO FERUERF OBER CREUS, THARANA THEO SUARMIAND, ANDI QUID:
   SITZI THU, SICHEUIP, SINCH ZO ERDU
   NI AI THU GUILDIS ZO GUIDON FLEUGAN
   GUIS THU SUA CAMUNDIGA MINES GODES
   SUA IST MANNISCO CAUELIH MATZES ANDI ODELES.

Trascrizione fonologica (semplificata):

/gwider 'impi, 'nim 'ɛrda, ɔber'wɛrφ mit 'θi:neru 'tsɛswo:n 'andi undar 'θi:nemo 'tsɛswon 'fo:tsi, andi 'khwid :
'fa:hu iç undar 'fo:ts, 'fundi iç 'its  
'gwats, 'ɛrda 'maχ gwider 'allero 'gwɛkto ka'wɛli:çça 
andi gwider 'anadon andi gwider 'a:mindi
andi gwider θea 'miççilo:n 'mannes 'tsunko:n
andi mit 'θio fer'wɛrφ ɔber 'kreus̪, θa:r'ana θeo 'swarmjand, andi 'khwid :
'sitstsi 'θu: 'sixewi:p, 'sinkh tso: 'ɛrdu 
ni 'ai θu: 'gwildi:s tso: 'gwidon 'fleugan
'gwis 'θu: swa: ka'mundi:ga 'mi:nes 'go:des
swa: ist 'mannisko ka'wɛli:ç 'matstses andi 'o:deles/ 
 

Traduzione: 

Contro uno sciame d'api, prendi della terra, gettala con la tua mano destra sotto il tuo piede destro e di':
    Io prendo sotto il piede, là ho trovato ciò.
    Che abbia potere la Terra contro tutte le creature,
    e contro la malizia e contro la dimenticanza
    e contro la grande lingua di un uomo.
E con ciò, getto la ghiaia sopra, dove esse sciamano, e dichiara:
    Siediti, donna vittoriosa,  affonda fino a terra!
    Non volare mai via nei boschi.
    Sii tu così grata del mio beneficio,
    Come ogni umano lo è del cibo e della patria. 

Testo di partenza in anglosassone: 

Wið ymbe, nim eorþan, oferweorp mid þinre swiþran handa under þinum swiþran fet, and cwet:
    Fo ic under fot,    funde ic hit.
    Hwæt, eorðe mæg    wið ealra wihta gehwilce
    and wið andan    and wið æminde
    and wið þa micelan   mannes tungan.
And wiððon forweorp ofer greot, þonne hi swirman, and cweð:
    Sitte ge, sigewif,   sigað to eorþan!
    Næfre ge wilde  to wuda fleogan.
    Beo ge swa gemindige   mines godes,
    swa bið manna gehwilc   metes and eþeles. 

Commenti:

Mentre la prima formula è interamente cristianizzata, la seconda è di chiara origine pagana senza alcun adattamento alla nuova religione. C'è qualcosa di profondamente ambivalente: se nel testo cristianizzato l'ape è amica e cara a Maria, a Cristo e a Dio Padre, si vede che nel testo pagano l'ape è sinistra e nemica, capace di dare all'uomo grandi benefici col suo miele e con l'idromele che se ne ricava, eppure ingrata e potenzialmente pericolosa. Si noterà che in anglosassone esisteva già l'uso di dare del voi (con verbo a volte al plurale e a volte al singolare, in modo incostante), mentre il longobardo ricostruito ha soltanto l'uso del tu, che sia per rivolgersi a un servo, a un semilibero, al Duca, al Re, alla Regina, a Godan o allo stesso Cristo. In antico alto tedesco le prime testimonianze dell'uso del voi risalgono a Otfrid (X sec.). Il fastidioso Sie del tedesco moderno era del tutto sconosciuto e risale ad epoca abbastanza recente. 

Ags. under può reggere il dativo e l'accusativo, come in a.a.t.; è usato col dativo in under þinum swiþran fet, mentre compare con l'accusativo poco dopo in under fot. Abbiamo mantenuto questo uso in longobardo ricostruito.

Ags. andan "malizia; ira invidia" (acc.): questo sostantivo maschile è identico ad a.a.t. anado, anto "ira"

Ags. æminde "dimenticanza": stesso identico prefisso aa- del longobardo attestato aamund "libero, senza tutela" (< protogermanico *æ:-). 

Ags. sigað /'si:ɣað/ "affondate" (imp.): il verbo deriva da *si:ɣanan e corrisponde a a.a.t sīgan "gocciolare", longobardo ricostruito SIGAN /'si:gan/ "gocciolare". Un verbo imparentato è *si:xwanan "filtrare", a.a.t. sīhan, longobardo ricostruito SIHAN /'si:han/. Abbiamo ritenuto opportuno usare longobardo ricostruito SINCHAN /'sinkhan/ "affondare" (intr.), SANCHIAN /'sankhjan/ "affondare" (tr.), "sommergere", di ottima tradizione germanica.

mercoledì 15 febbraio 2017

LONGOBARDO RICOSTRUITO: UNA FORMULA PER GUARIRE L'ESCRESCENZA DELL'OSSO

Testo in longobardo (ricostruito), con istruzioni in latino:

CONTRA OBERPAIN.
LIGNUM DE SEPE UEL ALIUNDE SUMPTUM PONE SUPER OBERPAIN FACIENS CRUCEM ET TER DICENS PATER NOSTER, ADDITIS HIS TEUTONICIS UERBIS: 

IH PISUARIU THIH, OBERPAIN, PI THEMO ULZE, THA THER ALMACTIGO GOD AN ORSTERPAN GUILDA THUR MANNISCON SUNDAS, THAZ THU SUINIST ANDI IN AL SUACCHOST.
SI HOC TRIBUS DIEBUS DILUCULO FECERIT, OBERPAIN EUANESCERE CITIUS UIDEBIS.  

Trascrizione fonologica (semplificata):

/'kontra 'ɔberpain.
'lignum de 'sepe vel a'ljunde 'sumptum 'pone super 'ɔberpain 'fatsjens 'krutsem et 'ter 'ditsens 'pater 'noster, 'additis is teu'tonitsis 'verbis :
iç pi'swarju θiç 'ɔberpain pi θɛmo 'ultse, 'θa: θɛr al'makti:go 'gɔd an or'stɛrpan 'gwilda θur 'mannisko:n 'sundas, θats θu: 'swi:nist andi in 'al 'swaχχo:st.
si 'ok 'tribus di'ebus di'lukulo 'fetserit, 'ɔberpain evan'essere 'tsitsjus vi'debis/ 

Per la pronuncia delle parole latine in questo genere di formule rimando a quanto specificato a proposito dell'incantesimo per curare la paralisi del cavallo

Traduzione: 

Contro il soprosso. Metti sopra il soprosso il legno di una siepe o ricavato da qualche altra parte, facendo una croce e dicendo tre Padre nostro, aggiungendo queste parole tedesche: ti scongiuro, soprosso, per il legno sul quale Dio onnipotente volle morire per i peccati degli uomini, che tu sparisca e ti indebolisca completamente. Se farai questo per tre giorni all’alba, vedrai presto sparire il soprosso.

Testo di partenza in antico alto tedesco (latino-francone, XII sec.):

Contra uberbein.
Lignum de sepe uel aliunde sumptum pone super uberbein faciens crucem et ter dicens pater noster, additis his teutonicis uerbis: Ih besueren dich, uberbein, bi demo holze, da der almahtigo got an ersterban wolda durich meneschon sunda, daz du suinest unde in al suacchost*.
Si hoc tribus diebus diluculo feceris, uberbein euanescere citius uidebis. 

*Altri riportano suachost.

Per approfondimenti rimando al lavoro di Eleonora Cianci (2004).

Commenti: 

Il termine francone ersterban "morire" è ben attestato nei testi in a.a.t.: irstërban, urstërban, arstërban e anche senza prefisso, stërban, stërpan. Il prefisso er-, ir-, ar-, ur- deriva dal protogermanico *uz- (gotico us-, uz-). Queste variazioni vocaliche sono state causate dal rotacismo dell'antica sibilante sonora, che ha prodotto un precoce Umlaut (senza relazione alcuna con quello causato da -i- atona). In longobardo ricostruito è OR-, ER- (cfr. ERRAHIT "paralizzato") se atono (nei verbi), mentre è OR- se tonico (nei sostantivi). Si noterà che uno dei più nobili termini giuridici del latino medievale, ordalium "giudizio di Dio", permette di ricostruire la forma longobarda ORDAIL /'ɔrdail/, variante ORDALI /'ɔrda:li/ < *uz-daili(ja)-. La radice da cui il composto deriva dà invece longobardo ricostruito TAIL "parte" (la sonora d- si conserva in taluni casi nei composti). In a.a.t si ha urteil, variante urteili "giudizio, sentenza". Anche il tedesco moderno mantiene la forma Urteil, con vocale /u/.

Il termine francone suinest deriva dalla protoforma germanica *swi:nanan "sparire". Esiste anche una protoforma *swindanan "sparire", cfr. tedesco moderno schwinden "diminuire". In longobardo ricostruito abbiamo sia SUINAN /'swi:nan/ che SUINDAN /'swindan/.

Per il termine francone sua(c)chost, cfr. a.a.t. swahhōn, swachōn "indebolirsi", tedesco moderno schwach "debole".

Nel suo lavoro, Eleonora Cianci riporta un interessantissimo testo in tedesco moderno che mostra sorprendenti analogie con quello antico, a riprova di come spesso le conoscenze umane non muoiano ma scorrano attraverso i secoli come fiumi carsici. 

Gegen das Oberbein:
Der Mond, den ich sehe, der nehme zu,
und mein Oberbein, das cih bestreiche,
Das nehme ab
Wie der Tote im Grab.
Im Namen Gottes usw.
 

Un'altra formula contro l'escresceza ossea, in latino, si deve a Ildegarda di Bingen:

Apis de calore solis est, et aestatem diligit, sed et velocem calorem habet, ita quod frigus pati non potest. Et si alicui uberbeyn crescit, aut si aliquod membrum de loco suo motum est, aut si aliqua membra contrita sunt, apes quae in vasculo suo mortuae sunt, et non vivas accipiat, et sufficienter ex eis in lineum pannum istum apibus interius consutum in baumoleo sveysze, et eumden pannum dolenti membro superponat, et hoc saepe faciat, et melius habebit.
(Physica, Liber subtilitatum diversarum creaturarum)

Si noti la parola m.a.t. uberbeyn "soprosso" presente nel testo. Un altro frammento m.a.t. è in baumoleo sveysze, che si tradurrà "nel sudore di olio d'albero". Questo "sudore di olio d'albero" è a quanto pare il semplice olio di oliva. In antico alto tedesco si aveva soltanto olei, oli "olio" (< lat. oleum). In medio alto tedesco sono comparse forme composte con boum "albero", come boumolei, boumoleum, boumoleo, boymoleo, etc. La declinazione latina non era ben compresa dai parlanti, così la forma latina ha dato origine a tutta una serie di desinenze sclerotizzate. L'opera di Ildegarda contiene moltissime parole germaniche degne di nota, incorporate nei suoi testi in latino medievale. Basta dare un'occhiata alle sue pagine per raccoglierne in gran numero: 

amsla "merlo"
  longobardo ricostruito AMPSELA 

biber "castoro" 
  longobardo ricostruito
PIPOR 

cungelm "scricciolo"
  longobardo ricostruito CHUNINGELM 

dasch "tasso" (animale) 
  longobardo ricostruito THAX 

eichorn "scoiattolo" 
  longobardo ricostruito AICHORNO 
 

gans "oca" 
  longobardo ricostruito GANS 

glimo "lucciola" (insetto)
  longobardo ricostruito GLIMO 

hamstra "marmotta"
  longobardo ricostruito AMISTRA 


harmini "ermellino" 
   longobardo ricostruito ARMO 

humbelen "ape terrestre"
  
longobardo ricostruito UMPOL 

illediso "puzzola" 
  longobardo ricostruito ILLINDISO 

isenbrado "martin pescatore"
   longobardo ricostruito ISENPRADO,
   ISARNO
 

luchs "lince" 
   longobardo ricostruito LUX

marth "martora" 
   longobardo ricostruito MARTH, MARD

mugga "pappataci, flebotomo"
   longobardo ricostruito MUCCA 

mus "topo"    
longobardo ricostruito MUS 

nachtgalla "usignolo"
  longobardo ricostruito NACTEGALA 

nebelkraha "corvo incappucciato" 
  longobardo ricostruito NEBULCRAHA 

otther "lontra" 
  longobardo ricostruito OTTAR 

rech "capriolo"
   longobardo ricostruito RAIH, RAH 

reyger "airone" 
  longobardo ricostruito ACHIRO, AHIRO 

sperwere "sparviero" 
  longobardo ricostruito SPARUARI 

spiczmus "toporagno" 
  longobardo ricostruito SPITZEMUS 

steynbock "stambecco" 
  longobardo ricostruito STAINEPOCH

swinegel "riccio" 
  longobardo ricostruito ICHIL, IHIL 

vedehoppo "upupa" 
  longobardo ricostruito GUIDEOPPHO 


vynco "fringuello"
   longobardo ricostruito FINCHO 

wachtela "gallo cedrone"
   longobardo ricostruito GUACTELA 

wasser marth "martora d'acqua" 
   longobardo GUATZEMARTH

wespa "vespa"
   longobardo ricostruito GUASPA 

wisand "bisonte" 
   longobardo ricostruito GUISAND 

wisela "donnola" 
  longobardo ricostruito GUISILA 

domenica 12 febbraio 2017

LONGOBARDO RICOSTRUITO: UNA FORMULA PER GUARIRE IL MAL CADUCO

Testo in longobardo (ricostruito), con introduzione e altre parti in latino:

CONTRA CADUCUM MORBUM
ACCEDE AD INFIRMUM IACENTEM ET A SINISTRO USQUE AD DEXTRUM LATUS SPACIANS, SICQUE SUPER EUM STANS DIC TER:
THONOR THUTIGO, THEUDEUIGO! 
THAU QUAM THES TIUFOLES SUNO, UF ADAMES PRUCCON, ANDI SCHITODA AINAN STAIN ZO GUIDE. THAU QUAM THES ADAMES SUNO, ANDI SLOH THES TIUFOLES SUNO ZO AINERU STUDON. PETRUS CASANTIDA PAULUM SINAN PRODER THAZ ER ADERRUNA ADERON FERPUNDI, FERPUNDI THEN PANDON. FERSTEZ ER THEN SATANAN. ALSUA TON IH THIH UNRAINER ATHMO FRAM THISEMO CHRISTINON LICHAMON. SUA SCAIRO IH MIT THEN ANDON THEA ERDA PIRORIU. POST HEC TRANSILIAS AD DEXTRAM ET DEXTRO PEDE DEXTRUM LATUS EIUS TANGE ET DIC: STAND UF GUAZ GUAS THIR. THER GOD CAPAUT THIR IZ. HOC TER FAC ET MOX VIDEBIS INFIRMUM SURGERE SANUM. 
 

Trascrizione fonologica (semplificata): 

/'kontra ka'dukum 'morbum
ats'tsede ad in'firmum ja'tsentem et a si'nistro 'uskwe ad 'dekstrum 'latus 'spatsjans, 'sikkwe super 'eum 'stans et 'dik 'ter :
'θɔnor 'θu:ti:go 'θeud'e:wi:go
θau 'khwam θɛs 'tiufoles 'suno u:φ 'adames 'prukko:n, andi 'skito:da ainan 'stain tso: 'gwide.
θau 'khwam θɛs 'adames 'suno andi 'slo:χ θɛs 'tiufoles 'suno tso: 'aineru 'stu:do:n
'petrus ka'santida 'paulum si:nan 'pro:der θats er 'a:derru:na 'a:dero:n fer'pundi, fer'pundi θe:n 'pandon. fer'ste:ts 'ɛr θɛn 'satanan. 'alswa: 'to:n iç 'θiç, 'unraine:r 'a:tmo, fram 'θisemo 'kristi:non 'li:ççamon. swa: 'skairo iç mit θe:n 'andon θea 'ɛrda pi'ro:rju. post 'ek tran'siljas ad 'dekstram et 'dekstro 'pede 'dekstrum 'latus 'ejus 'tanje et 'dik : 'stand 'u:φ, gwats 'gwas θir. θɛr 'gɔd ka'paut 'θir its. ok 'ter 'fak et 'moks vi'debis in'firmum 'surjere 'sanum/ 

Per la pronuncia delle parole latine in questo genere di formule rimando a quanto specificato a proposito dell'incantesimo per curare la paralisi del cavallo.   

Traduzione: 

Contro il morbo caduco.
Avvicinati al malato che sta disteso e, protendendo<ti> dal lato sinistro al destro e stando così sopra di lui, di’: 
Donar* Tonante, Eterno del Popolo!
Allora venne il figlio del Diavolo sul ponte di Adamo e spaccò una pietra sul legno. Allora venne il figlio di Adamo e uccise il figlio del Diavolo a un ramo.
Pietro mandò suo fratello Paolo perché legasse la runa delle vene alle vene, <la> legasse con legacci. Egli cacciò fuori Satana. Allo stesso modo faccio io con te, spirito immondo, da questo corpo cristiano, così velocemente come io tocco la terra con le mani. E tocca la terra con entrambe le mani e di’ un Padre nostro.
Dopo questo, passa a destra e tocca il piede destro dal lato destro e di’:
Alzati! Cosa avevi? Dio te lo ordinò! Fai questo per tre volte, e subito vedrai il malato alzarsi sano.

*Corrisponde a Thor, teonimo universalmente noto ai lettori. 

Testi di partenza:

1) Testo in antico alto tedesco tardo (francone renano, XII sec.):

Contra caducum morbum.
Accede ad infirmum iacentem et a sinistro vsque ad dextrum latvs spacians. sicque super eum stans dic ter.
Donerdutigo. dietewigo.
do quam des tiufeles sun. uf adames bruggon. unde sciteta einen stein ce wite. do quam der adames sun. unde sluog des tiufeles sun zuo zeinero studon. petrus gesanta. paulum sinen bruoder. da zer aderuna. aderon ferbunde pontum patum. ferstiez er den satanan. also tuon ih dih unreiner athmo. fon disemo christenen lichamen. so sciero so ih mit den handon. die erdon beruere. et tange terram utraque manu. et dic pater noster. Post hęc transilias ad dextram et dextro pede dextrum latus eius tange et dic. stant uf waz was dir. got der gebot dir ez. hoc ter fac. et mox uidebis infirmum surgere sanum.

2) Testo in antico alto tedesco tardo (bavarese, XI sec.):

pro cadente morbo
Doner dutiger
diet mahtiger
stuont uf der adamez prucche schitote den stein zemo Wite.
Stuont des adamez zun. unt sloc den tieules zun. zu der studein.
Sant peter. sante zinen pruder paulen daz er arome adren ferbunte frepunte den paten. frigezeden samath friwize dih unreiner atem. fon disemo meneschen.
zo sciero zo diu hant wentet zer erden.
ter cum pater noster. 

Per approfondimenti rimando al lavoro di Eleonora Cianci (2004).

Commenti: 

Giustamente si è visto nell'incantesimo francone renano e nel suo analogo bavarese un'eredità dell'epoca in cui i missionari cristiani combattevano contro il paganesimo dei Germani. Il tema del duello tra Cristo e Donar (Thor) si trova ben documentato. Tra i Sassoni pagani in guerra contro i Franchi era credenza comune che uno dei passatempi del dio rossochiomato fosse duellare con il dio dei cristiani. In Islanda è riportata la discussione tra un missionario e una valente poetessa, Steinunn Refsdóttir (Brennu-Njáls saga, ossia Saga di Njáll del rogo, cfr. Chiesa Isnardi). Steinunn affermò che Thor aveva sfidato a duello Cristo, chiedendosi con parole di scherno come osasse il nuovo dio confrontarsi con il dio dei Padri.

Esiste però anche un altro tema nel materiale a.a.t., che non è stato finora messo nella giusta evidenza. Nella mitologia scandinava, Thor combatte contro il gigante Hrungnir e riceve nel cranio il frammento di una cote (pietra per affilare). La maga Gróa cerca di estrarre il frammento di selce, ma non ci riesce: come conseguenza quel corpo estraneo continua a causare a Thor forti dolori e periodiche convulsioni. Le coti erano ritenute manufatti magici e pericolosi, tanto che non era permesso ai bambini usarle per giocare. Si deduce quindi che l'epilessia era ritenuta dai Germani il prodotto di questo problema cranico del fulvo figlio di Wotan. Nulla di più naturale quindi di una serie di invocazioni a tale divinità per guarire dal mal caduco. A riprova di questo, nel testo francone renano la divinità pagana viene invocata esplicitamente. Sono perciò indotto a credere che le formule siano rudimentali cristianizzazioni di qualcosa di più antico e che il motivo del duello tra Donar e Cristo sia soltanto un'innovazione successiva sovrapposta al racconto del frammento di cote conficcato nel cranio del dio pagano. Con ogni probabilità il duello originale era tra Donar e un gigante. Se così fosse, sarebbe Donar ad essere chiamato "Figlio di Adamo", mentre il nome del gigante sarebbe finito rimosso e sostituito da "Figlio di Satana". Non dimentichiamo infine che il nome norreno Hrungnir ha la stessa radice del gotico hrugga "bastone" (-gg- suona -ng-): nel materiale tedesco abbiamo una pietra scagliata e un ramo. La studiosa dell'Università di Chieti fa molti interessanti riferimenti a materiale biblico, tuttavia non si cura molto della religione nativa e conclude che non si riesce a giungere a un'interpretazione soddisfacente. 

A.a.t. Donerdutigo e Doner dutiger: l'aggetivo è una crux per i germanisti. Credo di poterne finalmente offrire una sicura soluzione. Elenchiamo le proposte finora fatte dagli accademici per passare poi a confutarle:

1) A.a.t. dutigo viene tradotto con "del popolo" e ritenuto corradicale di a.a.t. diota "popolo, gente", che è come il gotico þiuda "popolo, nazione", dal protogermanico *θiuðo: id. La Cianci aderisce a questa proposta, seppur obtorto collo.
2) A.a.t dutigo viene tradotto con "pettoruto" e ricondotto ad a.a.t. tutto, tutta "mammella, poppa". Secondo Grienberger, il riferimento sarebbe stato al torace muscoloso dell'Aso dalla barba rossa.
3) A.a.t. dutigo viene tradotto con "valente", riconducendolo a un vocabolo anglosassone *dytig, glossato con lat. valens. La proposta si trova in un testo della Catholic University of America (Studies in German, 1944, vol. 19-21), più vecchio del famoso chinotto di Leone di Lernia. 
4) A.a.t. dutigo viene tradotto con "benigno" e ricondotto al gotico þiuþeigs "buono, degno di lode".

Tutte queste proposte non sono soltanto errate, ma sono anche impossibili per elementari ragioni fonetiche.

1) A.a.t. dutigo non può aver nulla a che fare con diota. In nessuna varietà di germanico la forma protogermanica mostra qualcosa di diverso dal dittongo /iu/ (con l'accento sulla -i-). Se guardiamo anche le altre lingue indoeuropee in cui la radice è rappresentata, vediamo che tutte le forme attestate sono riconducibili a una protoforma IE col dittongo /eu/. Anche il latino totus /'to:tus/ "tutto", l'osco touto "cittadinanza" e tovtix "pubblico", così come le forme celtiche, mostrano regolari esiti di /eu/. Dove sarebbe dunque la variante con una /u/ semplice? Anche l'ittita tuzzi "armata" a parer mio ricade in quanto visto: la sua vocale /u/ è chiaramente il frutto di una monottongazione. Se un celtico *toutikos fosse l'antenato della voce a.a.t. dutig-, per avere /u:/ dovremmo essere in presenza di un prestito tardo e non si spiegherebbe d- iniziale, che viene regolarmente da th-2) Per prima cosa a.a.t. tutto, tutta "poppa" è una forma di origine basso tedesca dovuta a prestito. La forma genuina con II rotazione è documentata dal m.a.t. zutzel, glossato con Sauglappen "panno assorbente". Grienberger non si è accorto che il consonantismo non quadra per nulla e che d- sarebbe impossibile, perché evidentemente era uno studioso scadente. Inoltre tutto, tutta indica solo il seno femminile e non il torace maschile. Giova ricordare che a Thor è attribuita quella che i buonisti oggi chiamerebbero omofobia feroce. Soltanto insinuare che la divinità avesse atteggiamenti femminei o caratteristiche equivoche era un insulto che avrebbe portato i suoi fedeli a uccidere i responsabili della bestemmia. Tra i Germani una simile onta poteva essere lavata soltanto col sangue.   3) L'anglosassone *dytig "valente" non può essere corradicale al nostro dutig-. Non è proprio possibile, visto che la corretta parola anglosassone è dyhtig. In a.a.t. /χt/ non si semplifica mai in /t/. Evidentemente gli studiosi della Catholic University of America erano troppo distratti dalla presenza di bambini nell'ateneo per ricordare correttamente parole in antico inglese. 
4) La soluzione non è soddisfacente per il vocalismo e neppure per il consonantismo. Ci aspetteremmo *diedigo come riflesso di *θiuθi:ɣ- e *dietigo come riflesso di un'eventuale variante *θiuði:ɣ-. Resta il fatto che forme con un'antica /u(:)/ non se ne trovano.

In protogermanico abbiamo la radice verbale *θiutanan "fare rumore, tuonare", donde è formata una variante ablautica *θu:tanan, documentata ad esempio nel gotico wulfiliano þuthaurn /'θu:t-hɔrn/ "tromba" e nel norreno þútr "rumore", "frastuono". Noi ipotizziamo che in gotico esistesse un derivato *þuteigs /'θu:ti:xs/ "tonante", che sarabbe entrato in longobardo come prestito, a causa della forte influenza del germanico orientale su tale lingua. Così la forma longobarda si espanse nell'area bavarese e francone renana in un tempo in cui il mutamento da /t/ a /ts/ e a /s̪/ non era più attivo, ma in cui restava vivo l'adattamento di /θ/ con /d/. Questo portò alle forme dutigo (flessione aggettivale debole) e dutiger (flessione aggettivale forte). Tutto ciò è ben plausibile, vista la natura magica delle formule. La genuina forma a.a.t. del verbo è diozan "fare frastuono". Le forme corrispondenti in longobardo ricostruito sono THUZAN /'θu:tsan/ e THEUSSAN /'θeus̪s̪an/

A.a.t. zuo zeinero studon è una grave crux. Cianci traduce con "al suo ramo", come fanno molti altri accademici. La parola per dire ramo in questo testo è studa, con la flessione debole, gen. e dat. studon. Il problema, ben grave, è che c'è un errore marchiano. Tradurre zuo zeinero con "al suo" (dat. f.) è una palese assurdità. C'è un anacronismo, perché l'aggettivo possessivo sarebbe sinero! Potremmo supporre una traduzione errata. Qualche studioso avrebbe confuso zeinero col la forma moderna dittongata, interpretando incredibilmente z- iniziale come la s- sonora del tedesco moderno sein "suo"! L'errore si sarebbe poi propagato e nessuno se ne sarebbe accorto, nemmeno la Cianci. Il problema è che un aggettivo a.a.t *zein o *zeini non sembra esistere. Non c'è alcuna connessione con a.a.t. zein "ramo", che corrispondente a gotico tains "ramo" ed è di genere maschile. Infatti zuo zeinero è una contrazione di un più antico zuo zi einero. Tutto è iniziato da zi einero contratto in zeinero, rafforzato quindi con zuo. Reduplicazioni di questo tipo non sono rare.

A.a.t aderuna aderon: a quanto pare la corretta traduzione era finora impossibile. C'è chi etichetta il termine aderuna come ungedeutet, ossia "non interpretato". C'è chi considera la parola ostica come un nome proprio e non lo traduce, lasciando Aderun. C'è chi lo vede come semplice plurale della parola ādra, ādara "vena", cosa che dal punto di vista morfologico è impossibile. Cianci sorvola su aderuna, limitandosi a parlare di aderon, che è un dativo plurale. A parer mio sta per *āderrūna, un antico composto formato da ād(a)ra "vena" e da rūna "segreto, mistero", i.e."formula magica" o "segno magico".  

A.a.t. pontum patum: un altro passaggio difficile. Per alcuni sarebbe una fantasiosa abbreviazione di Pontium Pilatum (acc.), che non ha il minimo senso nel contesto. Il testo bavarese ha invece frepunte den paten, che potrebbe spiegarsi bene se paten stesse per panten "ai legacci". Senza il minimo senso è la proposta di vedere patum come voce del verbo beiten "spingere, impellere" non quadra assolutamente il vocalismo, oltre al fatto che è un verbo debole. Sbagliare è certo una cosa normale, ma questi sono errori che difficilmente uno si aspetta di trovare tra gli accademici. 

giovedì 9 febbraio 2017

LONGOBARDO RICOSTRUITO: UNA FORMULA UTILE PER IL FLUSSO FEMMINILE E PER LE FERITE

Testo in longobardo (ricostruito): 

TUMPO SAZ IN PERGHE MIT TUMPEMO CHINDE IN ARME
TUMP EEZ THER PERG, TUMP EEZ THAZ CHIND:
THER AILAGO TUMPO FERSECHINO THISA UNDA.
AD STRINGENDUM SANGUINEM.

Trascrizione fonologica (semplificata):

/'tumpo 'sats in 'pɛrge mit 'tumpemo 'khinde in 'arme
'tump 'e:ts θɛr 'pɛrg, 'tump 'e:ts θats 'khind
θɛr 'ailago 'tumpo fer'sɛxino θisa 'unda.

ad strin'jendum 'sangwinem/

Per la pronuncia delle parole latine in questo genere di formule rimando a quanto specificato a proposito dell'incantesimo per curare la paralisi del cavallo.

Traduzione:

Tumpo (uno Stupido) sedeva su un monte con un bimbo stupido in braccio.
La montagna si chiamava Tump, il bambino si chiamava Tump.
Il Santo Tumpo benedica questa ferita.
Per fermare il sangue.

Testo di partenza in antico alto tedesco (alemannico, XI sec.): 

Tumbo saz in berke mit tumbemo kinde enarme
tumb hiez ter berch, tumb hiez taz kint:
ter heiligo Tumbo uersegene tivsa uunda.
Ad stringendum sanguinem.

Commenti: 

Non è chiara l'origine di questo singolarissimo incantesimo. Eleonora Cianci (Università di Chieti) è convinta che si tratti di un calco dell'uso latino del verbo stupeo, da cui anche stupidus è formato. In seguito, stupidus sarebbe stato sostituito da stultus e quindi tradotto in germanico come tumbo, facendo perdere la trasparenza dell'originale. 

Questi sono i significati di stupeo riportati sul Dizionario Latino Olivetti online:

1) restare stupito, rimanere attonito, essere stupefatto
2) essere intontito, stordito
3) guardare con stupore, ammirare
4) fermarsi, arrestarsi, rimanere immobile
5) (delle acque) ristagnare; ghiacciare

Come si vede, esistono alcuni significati pertinenti: gli ultimi due. Dal concetto di fermare le acque facendole ristagnare o ghiacciare, si sarebbe arrivati infine a quello di fermare il sangue, anche se un simile slittamento semantico andrebbe documentato meglio. Personalmente questa proposta non mi convince molto. La radice protogermanica *dumb- doveva avere in origine sia il significato di "stupido" che quello di "muto". Non si trovano esempi dell'uso di questa radice per indicare l'arresto di un flusso di qualunque natura. Si tenga tuttavia presente che slittamenti semantici singolari si sviluppano spesso in modo indipendente in diversi contesti. Consideriamo ad esempio l'italiano incantare, che ha dato tra le altre cose incantarsi "restare attonito", donde anche "bloccarsi". Così abbiamo incantato "attonito", ma anche "bloccato", detto sia di persona che di congegni di vario genere (in passato di giradischi, poi di mangianastri o di videoregistratori, oggi anche di lettori mp3 o di altri programmi). 

La studiosa dell'Università di Chieti riporta un incantesimo in latino del X/XI secolo, che mostra singolari parallelismo con lo Scongiuro di Tumbo: 

Stulta femina super fontem sedebat
et stultum infantem in sinu tenebat
siccant montes, siccant valles, siccant venae,
vel quae de sanguine sunt plenae. 

Una donna stolta sedeva su una fonte e teneva in braccio un neonato stolto, si seccano i monti, si seccano le valli, si seccano le vene, che di sangue sono piene. 

Ne riporta anche un altro, di poco più antico (X sec.), ma risalente all'opera di Marcello Empirico (IV-V sec.): 

Carmen hoc utile profluvio muliebri:
Stupidus in montem ibat, stupidus stupuit;
adiuro te, matrix, ne hoc iracunda suscipias.

Carme utile per il flusso femminile: uno stupido andava sul monte, lo stupido si arrestò/si stupì; ti scongiuro, femmina, non incorrere nell’ira.

Questi testi latini, decisamente tardi, potrebbero tuttavia essere adattamenti del testo magico germanico e il nesso causale potrebbe dunque essere invertito. Il primo incantesimo (Stulta femina super fontem) è stato composto in ambiente germanofono, a Berna. Il secondo incantesimo (Stupidus in montem ibat) è stato trascritto da Marcello Empirico in un'epoca in cui nelle Gallie la presenza germanica era massiccia. Anche a costo di essere impopolare, concordo con Grimm nel ritenere che le radici di queste formule vadano cercate nella mitologia germanica. Il Santo Stupido e la donna stupida devono essere della stirpe dei Giganti.  

La forma a.a.t. uersegene è un ottativo presente. Nella lingua più antica il verbo era sëganōn, sëgenōn, della coniugazione in -ōn, quindi l'ottativo III pers. sing. era sëgano, sëgeno: evidentemente la diversa coniugazione in -en (< -*jan) dello Scongiuro di Tumbo è un'innovazione. L'origine di queste parole è dal latino signum, inteso come "segno della Croce", donde a.a.t. sëgan. La forma longobarda ricostruita è SECHIN, SEHIN /'sɛxin/, con l'usuale passaggio da /g/ a /x/ (e quindi a /h/ o addirittura dileguata) se seguita da vocale anteriore /e/, /i/. Così il verbo SECHINON, SEHINON, da cui si forma il composto FERSECHINON, FERSEHINON

domenica 5 febbraio 2017

LONGOBARDO RICOSTRUITO: UNA FORMULA PER GUARIRE UN CAVALLO PARALIZZATO

Testo in longobardo (ricostruito):

AD EQUUM ERRAHIT
MAN GENG APTER GUECHE,
ZAUH SIN ROS IN ANDON
THAU PIGAHINDA IMO MIN TROCTIN
MIT SINERU ARINGARECTI
"GUES, MAN, GANGISTU?
ZO GUIO NI RIDISTU?" 
"GUAZ MACH IH RIDAN?
MIN ROS IST ERRAHIT" 
"NU ZIUH IZ THA PI FERU,
THU RUNO IMO IN THAZ AURA,
TRID IZ AN THEN ZESUON FOZ:
SUA GUIRD IMO THES ERRAHIDON POZ."
PATER NOSTER, ET TERGE CRURA EIUS ET PEDES, DICENS "ALSUA SCAIRO GUERDE THISEMO -
CUIUSCUMQUE COLORIS SIT, RAUD, SUARZ, PLANCH, FALO, GRISIL, FAI - ROSSE THES ERRAHIDON POZ,
SAMO THEMO GOD THA SELPO POZIDA.  

Trascrizione fonologica (semplificata):

/ad 'ekwum er'ra:hit
'man 'ge:ng apter 'gwɛxe
'tsauχ si:n 'rɔs in 'andon
θau pi'gaxinda imo mi:n 'trɔkti:n
mit 'si:neru 'a:ringarekti
"gwɛs 'man 'gangistu?
tso: 'gwio ni 'ri:distu?" 

"gwats 'max iç 'ri:dan? 
mi:n 'rɛs ist er'ra:hit."
"nu 'tsiuxits pi 'fe:ru
θu: 'ru:no imo in θats 'aura
'tridits an 'tsɛswon 'fo:ts 
swa: 'gwird imo θɛs er'ra:hidon 'po:ts."  
'pater 'noster et 'terje 'krura 'ejus et 'pedes 'ditsens
'alswa: 'skairo 'gwɛrde 'θisemo kujus'kumkwe ko'loris 'sit
'raud, 'swarts, 'plankh, 'falo, 'gri:sil, 'fai - 'rɔsse θɛs er'ra:hidon 'po:ts
'samo 'θɛmo 'gɔd θa: 'sɛlpo 'po:tsida/
 

Data la complessità del problema delle pronunce locali del latino ecclesiastico prima della Riforma Carolingia, utilizziamo per le parole latine una pronuncia affine a quella ecclesiastica italica, ma con qualche differenza (es. /ts/ anziché /tʃ/; /j/ anziché /dʒ/), cosa che del resto pare molto vicina alla realtà nel contesto del Regno dei Longobardi. Nella trascrizione fonologica delle parole latine non ho distinto /e/, /o/ da /ɛ/, /ɔ/.

Traduzione: 

Per il cavallo paralizzato.
Un uomo andava per la strada, conduceva il suo cavallo con le mani.
Allora il mio Signore lo incontrò, con la sua carità: “Uomo, perché vai a piedi e non cavalchi?”.
“Come faccio a cavalcare? Il mio cavallo è paralizzato”.
“Orsù, tiralo là da una parte, sussurragli nell’orecchio, dagli una pedata al piede destro. Così gli guarisce la paralisi.”
[Di’ un] Padre nostro e strofina la sua zampa e il suo piede dicendo: “Questo cavallo - di qualunque colore sia, rosso, nero, bianco, fulvo, grigio, maculato - guarisca così velocemente dalla paralisi come Dio guarì quello stesso!
 

Testo di partenza in antico alto tedesco tardo (alemannico, XII sec.):

Ad equum erręhet
Man gieng after wege,
zoh sin ros in handon.
do begagenda imo min trohtin
mit sinero arngrihte.
“wes, man, gestu?
zu neridestu?”
“waz* mag ih rîten?
min ros ist erręhet.”
“nu ziuhez da bi fiere,
tu rune imo in daz ora,
drit ez an den cesewen fuoz:
so wirt imo des erręheten bůz”.
Pater noster. et terge crura eius et pedes, dicens “also sciero
werde disemo -cuiuscumque coloris sit, rot, suarz, blanc ualo,
grisel, feh - rosse des erręheten buoz, samo demo got da selbo
bůzta”.

Per maggiori informazioni cfr. Eleonora Cianci, Incantesimi e benedizioni nella letteratura tedesca medievale (IX-XIII sec.), Kümmerle Verlag, Göppingen, 2004. 
*La Cianci riporta was, che deve essere un refuso per waz, come provato dalla logica e dalle altre pubblicazioni del testo nel Web.

Commenti:

Il contesto presenta elementi cristiani, ma il Signore che l'uomo incontra è senza dubbio Wotan, detto in longobardo Godan (varianti Guodan e Odan, cfr. Meyer) e mai davvero obliato, dato che ancora ai tempi del Re Carlo persistevano resti cospicui del suo culto. Il sincretismo era cosa comunissima di cui non dobbiamo stupirci. 

A.a.t. errehet "paralizzato" è una parola di incerta origine, attestata anche come irreiht e simile al francone renano gerâys "della paralisi" (gen.). La radice si trova anche nella parola ræhe "rigidità degli arti del cavallo". Da questi dati è facile ricostruire la forma longobarda, pur permanendo oscura la provenienza ultima della radice (con ogni probabilità preindoeuropea).

A.a.t. fiere "lato", più anticamente fiara, fēra, corrisponde al gotico fera "paese, provincia". In longobardo si trova questa radice nel nome femminile Ferlinda "Tiglio della Provincia", "Scudo della Provincia". Il vocalismo prova che si deve trattare di un prestito dal gotico, giunto in longobardo e quindi in tutto l'antico alto tedesco. 

A.a.t. rune "sussurra" (imperativo). Nel longobardo ricostruito il verbo "sussurrare" ha le varianti RUNON /'ru:no:n/ (a.a.t. rūnōn) e RUNIAN /'ru:njan/ (a.a.t. rūnen).

A.a.t. sciero "rapidamente", con le varianti skiaro, skioro, è una forma avverbiale derivata dall'aggettivo skieri, skēri. La forma più antica, skēri, è glossata come "sagax, acer ad investigandum" e proviene da una precedente forma con dittongo /ei/ < /ai/. Per influenza di skiri "puro" (cfr. got. skeirs /ski:rs/), si sono prodotte le forme alterate skiari, skieri. Nel longobardo ricostruito abbiamo così SCARI /'ska:ri/ (m.), SCAIRA (f.), SCAIRO (avv.).

A.a.t. blanc, blank, blanch "bianco" (lett. "lucente"), della stessa radice che ha tra l'altro dato l'italiano bianco. Il vocabolo è giunto nella Penisola già con i Goti ed è attestato nell'antroponimo maschile Blanca, con il suffisso -a della flessione debole maschile di origine gotica (passato anche in longobardo in alcune forme). Si noterà che i romanisti scrivono il germanico *blank con l'asterisco, come se fosse una forma non attestata. Ebbene, stupirà constatare che non è affatto così. Troviamo lo stesso vocabolo, oggi più diffuso nelle lingue romanze che in quelle germaniche, anche nell'antico inglese blanc "bianco" e blanca "stallone bianco" (m.).

A.a.t. grisel "grigio". La radice è ben attestata in Germania ed è sopravvissuta nel tedesco moderno greis, con regolare dittongazione. Si noti l'estensione -il, che tra l'altro è comunissima in longobardo e che spesso si trova in formanti antroponimici. Il termine era comune alla lingua dei Franchi col senso di "cavallo grigio" e di "uomo dai capelli grigi", donde è passato all'antico francese grisel, dando infine l'inglese grizzle, grizzled

Presenza di longobardismi
nel testo alemannico

Cosa che finora sembra essere sfuggita agli studiosi, troviamo nel testo del XII secolo due forme che hanno tratti fonetici longobardi e che si oppongono alle caratteristiche native dei dialetti dell'area alto tedesca antica e media. Questi elementi devono essere stati ereditati da un'epoca precedente e testimoniano l'influenza della lingua longobarda oltre le Alpi.

1) A.a.t. trohtin "Signore" anziché truhtīn. Questa variante, che si trova anche in numerosi altri testi, ha una -o- nonostante la vocale del suffisso sia una -i-. Le vocali aperte toniche /ɛ/ e /ɔ/ anziché /i/ e /u/ davanti alle consonanti /χ/ e /r/ sono una caratteristica tipica del gotico che ha influenzato il longobardo, pur con diverse eccezioni. 
2) A.a.t. arngrihte presenta un elemento arn- con una fonetica diversa dalla forma êragrêhti "carità, misericordia" attestata altrove. Ad esempio, nel Ludwigslied o Rithmus Teutonicus (francone renano, IX sec.) si legge Gihalde inan truhtin bi sinan ergrehtin. Questo arn- deriva da una forma *arin- /a:rin-/ < *airin- /airin-/, il cui dittongo si è semplificato per via della -i- seguente, cosa che accade solo in longobardo. Invece a.a.t. ergrehtin e simili hanno er- /e:r-/ da *air-.

Un video nel Web

Ho trovato su Youtube un video con la formula in antico alto tedesco tardo, postato da un certo Mister Wanna Calculate. La pronuncia non mi pare buona ed è troppo viziata dalle abitudini fonetiche del lettore, nativo dell'odierna Germania. Non mancano gli errori. Sentir pronunciare sciero come "sziro" /'stsi:ro/ anziché come "schìero" /'skiero/ mi ha fatto sobbalzare. Nonostante la traduzione indicata sia corretta, la pronuncia adottata è quella ecclesiastica del latino in uso in Germania! Un altra critica che rivolgo al webmaster è la totale assenza di pathos nel recitare la formula: la legge come se fosse un elenco della spesa. Questi Germani moderni sono così anemici, potesse tornar loro un po' dell'antico carattere sanguigno!  

mercoledì 1 febbraio 2017

LONGOBARDO RICOSTRUITO: IL PADRE NOSTRO (CONFESSIONE ARIANA)

Testo in longobardo (ricostruito):

FADER UNSER THU PIST IN IMILE
GUIHI NAMON THINAN
QUEME RISSI THIN
GUERDE GUILIO THIN
SUA IN IMILE, SUASO IN ERDU
PRAUD UNSER TACHELIH CHIP UNS IUTAGU
OBLAZ UNS SCULDI UNSERO SUA GUIR OBLAZEN UNSEREN SCULDIHEN
ANDI NI UNS FERLAID IN CHORUNCA
UZZAR LAUSI UNS FRAM UBILE
THAZ THIN IST CUNINGRISSI ANDI MACT ANDI ULDOR IN EUON. 

Trascrizione fonologica (semplificata):

/'fader 'unser θu: 'pist in 'imile
'gwi:hi 'namo 'θi:nan 
'khwɛme 'ri:ʃʃi 'θi:n
'gwɛrde 'gwiljo θi:n
'swa: in 'imile 'swaso in 'ɛrdu
'praud 'unse:r 'taxeli:ç 'kip uns 'iutagu
ob'la:ts uns 'skuldi 'unsero 'swa: gwir ob'la:tse:n 'unsere:n 'skuldi:xe:n
andi ni uns fer'laid in 'khɔrunka 
'u:tstsar 'lausi uns fram 'ubile
θats 'θi:n ist 'khuningri:ʃʃi andi 'makt andi 'uldor in 'e:wo:n/ 

Traduzione: 

Padre nostro che sei in cielo,
sia santificato il tuo nome,
sia fatta la tua volontà, 
come in cielo così anche sulla terra.
Il nostro pane quotidiano dacci oggi e perdona a noi il nostro debito
come noi lo perdoniamo ai nostri debitori
e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal Maligno,
perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nel secoli.

Testo di partenza in antico alto tedesco (alemannico, VIII sec.):

Fater unser, thu bist in himile
uuihi namun dinan
qhueme rihhi diin
uuerde uuillo diin,
so in himile, sosa in erdu
prooth unseer emezzihic kip uns hiutu
oblaz uns sculdi unsero
so uuir oblazem uns skuldikem
enti ni unsih firleit in khorunka
uzzer losi unsih fona ubile

Commenti:

THU PIST IN IMILE: è possibile anche la variante THU PIST IN IMILON, in cui la parola IMIL "cielo" è al dativo plurale. Sia il singolare che il plurale sono ben attestati nella letteratura in a.a.t.

La forma a.a.t. emezzihic (varianti emezzigaz, emizzīgaz) traduce il latino assiduus, nel senso di "costante, continuo, ininterrotto". Si trova in molte versioni del Padre Nostro, tuttavia ho scelto la forma TACHELIH "quotidiano" (cfr. tagalīhhaz nella versione di Taziano). Il longobardo ricostruito corrispondente alla forma a.a.t. è AMAZZIH /'amatstsi:ç/, senza Umlaut. 

La forma a.a.t. khorunka "tentazione" ha la variante costunga e deriva dal verbo kiosan "scegliere". Significava all'inizio qualcosa come "occasione di scelta". Si noti che anche in anglosassone si usava costnung "tentazione", segno che questa scelta lessicale è anteriore alla divisione delle lingue degli Ingaevones da quelle degli Herminones e degli Istaevones: non si tratta di un calco.

Abbiamo FRAM anziché a.a.t. fona. Si noti che fram è forma arcaica ben documentata nelle fasi più precoci dell'antico alto tedesco, poi sostituita da fona.  

Il Padre Nostro della confessione ariana aveva la dossologia finale che manca nella preghiera cattolica. Per ottenere quest'ultima è sufficiente non pronunciare tale dossologia: le restanti parole sono identiche. Questa è la dossologia in gotico di Wulfila:

unte þeina ist þiudangardi jah mahts jah wulthus in aiwins.

Mentre in gotico abbiamo þiudans "re", che è una parola del lessico comune, in antico alto tedesco esiteva il termine raro e dotto thiodan, come in anglosassone þēoden. Di queste forme però non sono attestati derivati. Così anche nel longobardo ricostruito abbiamo THEUDAN "re", vocabolo poetico senza derivati. Per questo motivo anziché ricostruire una forma come il gotico þiudangardi abbiamo scelto la parola CUNINGRISSI

In antico alto tedesco abbiamo in êwôm, zi êwôm "in eterno, nei secoli" , un po' diverso dal gotico in aiwins /in 'ɛ:wins/, formato con un accusativo anziché con un dativo. Si noterà che in longobardo la forma presenta una vocale anziché l'atteso dittongo perché si tratta di un prestito dal gotico, proprio come in EUA /'e:wa/ "legge immutabile" (vocabolo attestato come ewa in vari codici, anche in riferimento ai Longobardi, cfr. Princi Braccini, Lindenbrog) e nei nomi propri EOIN /'e:wi:n/ "Eterno", EONAND /'e:onand/ "Audace della Legge", EOARD /'e:oward/ "Guardiano della Legge" (attestato come Eoardus) e EOLPH /'e:olf/ "Lupo della Legge" (attestato come Eolphus). La forma longobarda genuina per dire "sempre" è invece ricostruita come ai (variante ei), donde ni ai "mai" (variante ni ei).

sabato 28 gennaio 2017


PASSENGERS

Titolo originale: Passengers
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2016
Durata: 116 min
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Rapporto: 2.35: 1
Genere: Fantascienza, avventura, drammatico,
    sentimentale
Regia: Morten Tyldum
Sceneggiatura: Jon Spaihts
Produttore: Stephen Hamel, Michael Maher, Ori
    Marmur, Neal H. Moritz
Produttore esecutivo: David Householter, Ben
    Browning, Jon Spaihts, Lynwood Spinks, Bruce
    Berman, Greg Basser, Ben Waibren
Casa di produzione: LStar Capital, Village
     Roadshow Pictures, Original Film, Company
     Films, Start Motion Pictures, Columbia Pictures
Distribuzione (Italia): Warner Bros.
Fotografia: Rodrigo Prieto
Montaggio: Maryann Brandon
Effetti speciali: Daniel Sudick, Erik Nordby, Digital
     Domain, Moving Picture Company, The Senate
     Visual Effects
Musiche: Thomas Newman
Scenografia: Guy Hendrix Dyas
Costumi: Jany Temime
Trucco: Vivian Baker, Amanda Bianchi, Gigi
     Collins, GigiEvelyne Noraz
Interpreti e personaggi    
    Jennifer Lawrence: Aurora Lane
    Chris Pratt: Jim Preston
    Michael Sheen: Arthur
    Laurence Fishburne: Gus Mancuso
    Andy Garcia: capitano Norris
Doppiatori originali    
   Emma Clarke: Astronave Avalon
Doppiatori italiani    
    Gemma Donati: Aurora Lane
    Marco Vivio: Jim Preston
    Oreste Baldini: Arthur
    Massimo Corvo: Gus Mancuso
    Francesca Fiorentini: Astronave Avalon
    Luca Ward: Voce dell'Osservatorio

Trama:
Avalon è il nome di una nave interstellare che ha il compito di trasportare un carico di cinquemila coloni terrestri sul pianeta extrasolare noto come Homestead II, che dovrà essere opportunamente terraformato e coltivato. Date le immense distanze tra i sistemi stellari, i membri dell'equipaggio della nave e i pionieri destinati al nuovo mondo hanno subìto ibernazione e giacciono immobili in tombe criogeniche. Tutto sembra filare liscio per molti anni. A un certo punto si produce un evento inatteso che ha conseguenze non evidenti nell'immediato. Un minuscolo meteorite colpisce Avalon, sfuggendo ai sistemi di controllo, bucando lo scafo e causando tra le altre cose il risveglio di un colono, Jim Preston. Questi si accorge ben presto di essere stato scongelato con ben novant'anni di anticipo. Non c'è nulla che possa fare: i suoi tentativi di comunicare con la Terra risultano vani, dato che i segnali non possono viaggiare a velocità maggiore di quella della luce. Gli resta una vita da passare nella più completa solitudine, con ben poche distrazioni. Tra questi diversivi c'è un barista robotico, Arthur, che gli serve da bere e ascolta le sue lamentele. A un certo punto, osservando le persone in ibernazione nelle capsule, Jim nota una donna bionda e bellissima che lo colpisce. Si informa su di lei e viene a sapere il suo nome: Aurora Lane. Per lui è l'inizio di un'ossessione e si fa sempre più strada nel suo cranio l'idea di scongelarla. Questo lenirebbe molto la sua tremenda solitudine. Non solo: Jim sa bene che in una simile situazione si attiverebbe nella donna una pulsione sessuale fortissima, perché il genoma di lei spingerebbe per ottenere la prosecuzione della Specie con ogni mezzo. Dopo aver respinto la tentazione per mesi a causa di un dilemma morale insopprimibile, alla fine l'uomo cede e avvia il processo di risveglio della sua amata. Il problema è che aveva parlato ampiamente di questi tarli etici assillanti con l'androide barista, facendogli promettere di non parlarne per nessuna ragione con la donna. Il punto è che la logica di un robot non è quella di un essere in carne ed ossa: più che di Intelligenza Artificiale si dovrebbe parlare di Idiozia Artificiale. In seguito la confidenza avrà gravi conseguenze. Dopo un periodo in cui tutto sembra andare a gonfie vele, accade infatti che il barista cibernetico interpreta male una frase di Jim e rivela ad Aurora ogni dettaglio sul suo risveglio. La donna passa dall'amore e dalla passione sessuale per il suo corteggiatore a un odio violento, tanto che i due vivono a lungo nella nave evitandosi con cura, arrivando persino a usare il bar a giorni alterni per non correre il rischio di incontrarsi. A un certo punto accade qualcosa di strano. Si verificano inquietanti blackout e si ha il risveglio del tutto inatteso di un membro dell'equipaggio, Gus Mancuso, un bizzarro afroamericano dal cognome italiano, che svolge il compito di tecnico manutentore. È l'inizio di un incubo. Di fronte alla situazione critica, Aurora decide di porre fine alla sua ostilità verso Jim e di collaborare, anche perché altrimenti sarebbe impossibile evitare il disastro incombente. Dopo mille peripezie, scongiurato il pericolo e nuovamente soli dopo la morte di Gus, la fiamma di Eros si riaccende di nuovo. Si tratta del classico "e tutti vissero felici e contenti", anche se in una condizione di solitudine a due su un veicolo spaziale immerso nella tenebra cosmica.

Recensione:  
Una girandola di odio-amore declinata all'insegna dell'isterismo. I flussi ormonali sono palpabili. A un certo punto la prolattina prevale sull'adrenalina e la donna passa dall'avversione per l'uomo che le avrebbe "distrutto la vita" al cosiddetto amore, ossia a uno stato di mero calore sessuale. Quante volte abbiamo visto cose simili nella realtà? In un rapporto di coppia è possibile passare da un estremo all'altro dello spettro emotivo con facilità estrema. Una donna che oggi accarezza i testicoli a un uomo, dicendogli di volerlo bere, domani può odiarlo al punto di volergli piantargli un piolo nel cranio. Una donna che oggi è corrosa dal risentimento nei confronti di un uomo, domani può desiderare di infilargli la lingua tra le natiche. Il mutamento può avvenire nell'arco di pochi attimi e spesso anche senza alcun motivo logico. Ecco, Passengers ci ricorda tutto questo fino allo sfinimento, cercando addirittura di farme l'apologia. A tratti futile, a tratti intollerabile, questo film uterino e mestruale presenta ben poche sequenze interessanti, nonostante si basi su materiale inedito, al punto che Forbes lo ha definito "il più grande live-action originale visto nel 2016"

Non mancano le trovate assolutamente inverosimili. Viaggiare su una nave che procede a velocità relativistica e pensare di poter fare surf nello spazio, assicurati allo scafo da un semplice cavo d'acciaio, è senza il minimo dubbio follia bella e buona. Galleggiare in tuta spaziale proprio nei pressi dello scarico di un reattore a fusione, beccandosi in pieno un flusso di plasma a milioni di gradi centigradi e credere di non finire annientati, è pure un'assurdità marchiana. A un certo punto il protagonista muore, eppure non si tratta di morte definitiva. Esiste infatti nell'infermeria di Avalon un kit di resurrezione, ossia una macchina in grado di rianimare con estrema facilità i cadaveri freschi. Così Aurora avvia la procedura premendo alcuni tasti e avviene il miracolo: l'estinto Jim torna a respirare. È ancora poco dire che pare una trovata del tutto inconsistente, dato che siamo in pieno campo dell'esilarante. Una simile violazione delle stesse leggi su cui si fonda l'esistenza biologica è tra l'altro sbrigativa e raffazzonata, come se servisse unicamente a far continuare la storia d'amore della coppietta. Certo, la Scienza sta per raggiungere un risultato tanto strabiliante nel campo della resurrezione, peccato che funzionerà soltanto sui topi! Evidentemente chi ha concepito la trama aveva proprio esaurito le idee.  

Il finale è semplicemente patetico e meritevole di scherno. Quando i passeggeri ibernati si risvegliano e scoprono che l'interno dell'astronave è diventato un gran bosco, ci si aspetta che da un momento all'altro saltino fuori i Puffi! Gli ideatori hanno pensato di non far concepire figli alla coppia, forse temendo gli sviluppi tutt'altro che idilliaci di una simile scelta. Se Jim e Aurora avessero procreato una progenie, questa sarebbe giunta a commettere incesto e un gran numero di mostruosi atti sanguinari, tanto che su Homestead II sarebbe giunto soltanto un anziano sopravvissuto dal volto imbrattato di coaguli di sangue ormai nero. Inutile dire che gli ibernati sarebbero stati scongelati uno dopo l'altro e sarebbero finiti uccisi, macellati e divorati. Proprio il risultato che otterrà quel malfattore demoniaco che è Elon Musk nel suo tentativo di colonizzare Marte. I pionieri, costretti a vivere in cubicoli nel sottosuolo del Pianeta Rosso e a cibarsi dei loro escrementi, arriveranno in breve allo stupro, all'incesto, al massacro e al cannibalismo! Se ci fosse stato il coraggio di mostrare queste conseguenze del dissennato agire umano in un ambiente in cui non c'è legge che valga, allora sì che avremmo visto un film davvero interessante e utile! 

Etimologia di Avalon

L'unica cosa che davvero mi ha fatto piacere nel vedere Passengers è stata l'occasione di riflettere sull'etimologia di Avalon. Si tratta di un nome antico, nonostante sia attestato per la prima volta nella Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth. Descritta nel ciclo di Artù come un'isola, Avalon rimanda al mitico Paese dell'Immortalità della mitologia celtica. Tradizionalmente si interpreta il toponimo come "Paese delle Mele". Infatti in gallese afal /'aval/ "mela" < *aballus. Nel Glossario di Vienne, che riporta parole neogalliche ancora in uso in certe regioni selvose del Massiccio Centrale all'epoca dei Franchi, si riporta la voce avallo, glossata "poma". Le protoforma è *aballoves /'aballowes/, plurale di *aballus. Tuttavia l'attestazione del dio Anvalonnacos in un'iscrizione in gallico trovata ad Autun (Augustodunum), rende malferma questa etimologia di Avalon. Questo Anvalonnacos è attestato al dativo come Anvalonnacu. La sua pronuncia è ricostruibile come /anwa'lonna:kos/, e il suo significato deve essere "(dio) di *Anvalonna". È evidente che questo *Anvalonna è proprio il nome gallico di Avalon - il suffisso di derivazione -aco- /-a:ko-/ è estremanente produttivo ed è passato in un imenso numero di toponimi terminanti in -acum. Si vede che il teonimo in questione è del tutto privo di correlazione con il nome celtico della mela. Quindi siamo di fronte a una paretimologia o etimologia popolare. Queste formazioni, ben poco studiate finora, rimandano a un teonimo originale *Anvallos /'anwallos/, attestato come Anvallus in grafica latina in due iscrizioni, trovate sempre ad Autun. Interpreto il nome divino in questione come "Signore dell'Oltretomba", dalla radice -*wal- "dominare, regnare" e dal prefisso an- simile a quello che troviamo nel nome gallese degli Inferi, Annw(f)n (variante Annwyn), derivato da *An(de)-dumnon, alla lettera "Altro Mondo". La forma gallica attestata in una tavoletta di defissione è antumnos (di genere maschile anziché neutro), in cui la consonante sorda è stata prodotta da un diverso esito della semplificazione della protoforma.