Negli ultimi anni si è andata imponendo sempre più la cosiddetta linguistica tipologica, che consiste in un procedimento comparativo il cui fine è ricercare fenomeni strutturali comuni alle lingue, senza considerare in alcun modo la loro parentela genealogica. Le caratteristiche individuate da questi studi possono riguardare elementi morfologici o sintattici, come l'ordine delle parole nella frase. Si vengono così a definire diversi "tipi linguistici". Le tipologie morfologiche individuate sono le seguenti:
1) Lingue agglutinanti
2) Lingue isolanti
3) Lingue flessive
- Sottotipo: Lingue sintetiche
- Sottotipo: Lingue analitiche
4) Lingue polisintetiche
2) Lingue isolanti
3) Lingue flessive
- Sottotipo: Lingue sintetiche
- Sottotipo: Lingue analitiche
4) Lingue polisintetiche
Rimando al materiale reperibile nel vasto Web per approfondimenti. Se a qualcuno non basta, esistono i libri. Per quanto riguarda le tipologie sintattiche, sono state definite due diverse classificazioni. La prima è relativa al posizionamento del soggetto, del verbo e dell'oggetto all'interno delle frasi. Abbreviando il soggetto in S, il verbo in V e l'oggetto in O, ecco i tipi linguistici individuati:
1) Lingue SVO
2) Lingue SOV
3) Lingue VSO
4) Lingue VOS
5) Lingue OSV
6) Lingue OVS
2) Lingue SOV
3) Lingue VSO
4) Lingue VOS
5) Lingue OSV
6) Lingue OVS
La seconda classificazione tipologica sintattica prevede la distinzione seguente:
1) Lingue ergativo-assolutive
2) Lingue nominativo-accusative
3) Lingue sia ergative che accusative
4) Lingue attivo-stative
2) Lingue nominativo-accusative
3) Lingue sia ergative che accusative
4) Lingue attivo-stative
Tutto splendido, schematico, cristallino come acqua di fonte e ben definito dal punto di vista logico. La linguistica tipologica dovrebbe essere un sublime giardino di perfezione. Di cosa dunque mi lamento?
In poche parole: il problema è il seguente. Nel mondo anglosassone, così affetto da psicorigidità, gli studiosi tendono automaticamente a credere che le classificazioni di natura tipologica siano ipso facto anche genealogiche, nonostante nella definizione stessa di questa branca della linguistica sia fatta esplicita menzione del fatto che si tratta soltanto di classificazioni strutturali. Così ci si imbatte spesso in proposizioni futili che condizionano la ricerca, specialmente quando dallo studio delle singole lingue si passa allo studio della loro evoluzione nel tempo e della loro origine. Elenco alcuni pregiudizi di base:
1) Due lingue appartengono a una stessa tipologia, quindi devono essere imparentate.
2) Due lingue non possono essere imparentate se appartengono a tipologie diverse.
3) Da una serie di lingue con una data struttura tipologica deve essere ricostruita una protolingua con uguali caratteristiche.
2) Due lingue non possono essere imparentate se appartengono a tipologie diverse.
3) Da una serie di lingue con una data struttura tipologica deve essere ricostruita una protolingua con uguali caratteristiche.
Da questi principali errori ha origine un vero e proprio perniciosissimo stupidario, che appesta il mondo accademico con aberrazioni di ogni tipo.
Il basco è una lingua ergativo-assolutiva, quindi i suoi parenti vengono ricercati per necessità tra le lingue ergativo-assolutive. Se qualcuno proponesse una lontana parentela con una lingua non ergativo-assolutiva, sarebbe considerato un mezzo deficiente e guardato dall'alto in basso con spocchia da accademici che in realtà sono emeriti minchioni. Questo non perché ci sia del falso nella proposta, ma perché essa è scartata a priori.
Un altro esempio significativo è quello della tipologia sintattica dell'ipotetica protolingua dell'Umanità: a volte si trovano articoli su qualche quotidiano online cha aggiornano sullo stato delle ricerche, garantendo che l'ordine sintattico nella lontana preistoria doveva essere OSV. Viene poi fornito a titolo esplicativo il classico esempio della frase di Yoda "tuo padre lui è" non è calzante perché il verbo "essere" non regge l'accusativo - lo imparano anche i bambini alle elementari durante le lezioni di grammatichina e di analisi logica. Meglio sarebbe dunque citare come esempio un'altra sentenza del Maestro Yoda: "Quando lo scolo fatto sei volte tu avrai, dritto non piscerai".
Quando si considera l'evoluzione delle lingue, è futile cercare di classificare le lingue in funzione dell'ordine delle parole nella frase: tale ordine può infatti cambiare nel corso della loro storia. Basti citare il caso del latino, che ammette frasi come philosophum non facit barba "la barba non fa il filosofo", in cui l'ordine OVS sarebbe dai linguisti tipologici considerato un'anomalia inaccettabile se paragonato all'ordine SVO tipico delle lingue romanze. Eppure le lingue romanze sono derivate dal latino. Quello di cui certi accademici psicorigidi non tengono conto è un fatto molto semplice: l'usura fonetica degli apparati grammaticali porta a ridefinire nuove strutture, a rendere rigido qualcosa che prima era più libero. Le lingue del genere umano non sono sistemi in equilibrio. Quando dalla consunzione dei morfemi nasce l'ambiguità, la sopravvivenza impone di far scattare un sistema che permetta di risolvere il problema alla radice.
Per fissare le idee, in latino forme come canis (soggetto) e canem (oggetto) sono ben distinte a livello fonetico, mentre in italiano abbiamo una sola forma, cane, sia per il soggetto che per l'oggetto. Di conseguenza un romano poteva dire ursus laniavit canem "l'orso straziò il cane", ma anche canem laniavit ursus o ursus canem laniavit. Per dire "il cane straziò l'orso" si può scegliere tra canis laniavit ursum, ursum laniavit canis o canis ursum laniavit, senza problema alcuno. In italiano c'è invece una sola alternativa possibile: esprimere il soggetto e l'oggetto tramite la posizione nella frase: "l'orso straziò il cane" è una frase del tutto diversa da "il cane straziò l'orso".
La stessa esagerata importanza attribuita alla linguistica tipologica deriva dalla rigidità dell'inglese moderno: gli anglofoni reputano la propria lingua il centro dell'universo e proiettano su ogni cosa le proprie categorie mentali. Dal ritenere tali categorie "innate" al crederle intrinseche al linguaggio in quanto tale, il passo è più breve di quanto non sembri. Per la maggior parte degli anglosassoni, è sufficiente che una lingua posponga l'aggettivo al nome per essere automaticamente etichettata come "difficile", figuriamoci se ha caratteristiche come una diversa collocazione del verbo o l'ergatività. La natura sclerotica della sintassi dell'inglese, in cui una regola ammette ben poche eccezioni o non ne ammette affatto, porta a pensare che in tutte le lingue viga una stessa struttura inviolabile, assoluta e definibile in poche parole, quando invece vediamo che in molte lingue convivono diversi schemi sintattici. Il rischio di fraintendimento è molto elevato. La ricerca sulle origini genetiche delle lingue rischia di essere disturbata e di venire meno.
Il caso del norreno
Oltre a quanto visto per la lingua di Roma, si possono fare infiniti esempi. In antico nordico la ricchezza dell'apparato morfologico dei sostantivi e degli aggettivi rende possibile una grande libertà sintattica, inconcepibile nelle lingue germaniche odierne come ad esempio l'inglese. È sufficiente riportare alcuni esempi salienti per vedere come le tipologie sintattiche SVO e OVS convivano nella lingua dei Vichinghi senza alcun problema. Questo dovrebbe bastare a gettare forte discredito sulle pretese di certi linguisti tipologici, se il buonsenso governasse.
Dalle parole dvergr "nano", eiga "possedere" e baugr "anello", si hanno due diversi modi per tradurre la frase "il nano ha un anello":
dvergrinn á baug
baug á dvergrinn
baug á dvergrinn
La prima frase è SVO, la seconda è OVS. Non sussiste alcuna ambiguità per via della morfologia: il nominativo maschile singolare di dvergr e di baugr è marcato da un suffisso rotico -r che manca nell'accusativo. In inglese si direbbe "the dwarf has got a ring", con un ordine rigido. Invertendo i membri si otterrebbe una frase senza senso: "*a ring has got the dwarf", vietata dalla logica delle cose. Il verbo to have (got) non si presta a usi metaforici, si eviti quindi di pensare al Gollum e al suo famoso tessoro. Nemmeno nel mondo dei Puffi può accadere che un oggetto inanimato sia il proprietario di un essere animato.
Passiamo ora a una frase più complessa: "Olaf vide la vecchia donna". Queste sono le due traduzioni possibili in norreno:
Óláfr sá konu þá ina gǫmlu Konu þá ina gǫmlu sá Óláfr
Anche in questo caso, la prima frase è SVO e la seconda è OVS. Si noterà che in inglese abbiamo "Olav saw the old woman". Invertendo i membri della frase si inverte in automatico anche il significato, dando origine a "The old woman saw Olav", ossia "la vecchia donna vide Olaf". Se vogliamo invertire il senso nella frase norrena, dobbiamo cambiare la morfologia. Così per dire "la vecchia donna vide Olaf" abbiamo le seguenti possibilità:
Óláf sá kona sú in gamla Kona sú in gamla sá Óláf.
Decisamente troppo per una mente irrigidita in schemi e schemini per necessità banali, che si limita all'ABC del mondo detestando ogni indagine.