martedì 6 settembre 2016

ANCORA SULLA LONTANANZA DELLA LINGUA NEOEBRAICA DA QUELLA SCRITTURALE

Riporto in questa sede la mia traduzione dell'abstract di un articolo oltremodo interessante di Ghil'ad Zuckermann dell'Università di Adelaide, intitolato Hybridity versus Revivability: Multiple Causations, Forms and Patterns.   


«Lo scopo di questo articolo è suggerire che per via di causazioni multiple ubiquitarie, il revival di una lingua non più parlata è improbabile senza la fertilizzazione incrociata dalla lingua (o dalle lingue) del revivalista. Così, ci si aspetta che gli sforzi di rivitalizzazione risultino in una lingua con una struttura genetica e tipologica ibrida. L'articolo evidenzia costruzioni morfologiche e categorie salienti, illustrando la difficoltà nel determinare una singola fonte per la grammatica della lingua di Israele. L'impatto europeo in queste caratteristiche è evidente tra le altre cose nella struttura, nella semantica e nella produttività. Essendo un articolo piuttosto che non un lungo libro, questo scritto non tenta di essere grammaticalmente esaustivo, ma piuttosto di gettare nuova luce sul parziale successo del revival linguistico in generale, e in particolare sulla genetica della lingua israeliana.
La causazione multipla è manifesta nel Principio di Congruenza, secondo il quale se una caratteristica esiste in più di una lingua che contribuisce <alla lingua rivitalizzata>, è più plausibile che persista nella lingua emergente. Questo articolo discute la causazione multipla
(1) nell'ordine costitutivo,
(2) nel sistema dei tempi verbali,
(3) nell'accrescimento della copula,
(4) nei calchi, e
(5) nella corrispondenza fono-semantica in israeliano (Zuckermann 1999, in modo un po' equivoco a.k.a. ‘ebraico rivitalizzato’ / ‘ebraico moderno’).
Ciò suggerisce che la realtà della genesi linguistica è di gran lunga più complessa di quanto permesso da un semplice sistema di albero familiare. È improbabile che le lingue ‘rivitalizzate’ abbiano un solo genitore. Parlando in generale, mentre la maggior parte delle forme dell'israeliano sono semitiche, molti dei suoi schemi sono europei. Si assume che
(1) mentre l'ebraico era sintetico, l'israeliano – seguendo lo Yiddish ecc. – è molto più analitico;
(2) l'israeliano è una lingua "habere" (cf. latino habere ‘avere’, che regge l'oggetto diretto), in forte contrasto con l'ebraico(*);
(3) le lingue europee talvolta dettano il genere delle parole israeliane coniate;
(4) la produttività (nascosta) e la semantica del sistema dei modelli verbali dell'israeliano, presumibilmente completamente ebraico sono, di fatto, spesso europee;
(5) in ebraico c'era una polarità di concordanza di genere tra nomi e numerali, es. ‘éser banót ‘dieci ragazze’(**) contro ‘asar-á baním ‘dieci ragazzi’(***) (femminile). In israeliano c'è un più semplice sistema europeo, es. éser banót ‘dieci ragazze’, éser baním ‘dieci ragazzi’;
(6) lo Yiddish ha plasmato la semantica del sistema verbale israeliano nel caso dell'incoatività;
(7) seguendo lo ‘standard medio europeo’, le proclitiche israeliane be- ‘in’, le- ‘a’ e mi-/me ‘da’, così come la congiunzione coordinata ve- ‘e’, sono fonologicamente meno dipendenti che in ebraico;
(8) la formazione di parole in israeliano abbonda di meccanismi europei come le parole macedonia.»

(*) Le lingue "habere" indicano il possesso con un verbo, mentre le lingue "non-habere" utilizzano una frase esistenziale (NdT)
(**) Più propriamente 'dieci figlie' (NdT)
(***) Più propriamente 'dieci figli' (NdT) 

Alcuni esempi concreti 

Lo stato costrutto non è più realmente produttivo, così anziché dire 'em ha-yéled "la madre del bambino", si dice ha-íma shel ha-yéled.

Abbondano costruzioni verbali analitiche che nella lingua biblica sono inconcepibili. Così sam tseaká "urlò" (lett. "mise un urlo"), natán mabát "guardò" (lett. "diede uno sguardo"), heíf mabát "guardò" (lett. "gettò uno sguardo"). Si tratta palesemente di calchi dallo Yiddish, es. gébṇ a kuk "dare uno sguardo" per "guardare".

Lo Yiddish ha dato un'infinità di calchi nella fraseologia corrente. Le radici usate sono genuinamente ebraiche, ma il loro uso idiomatico è Yiddish e non ha nulla a che vedere con la mentalità di un antico parlante di una lingua semitica. 
m
á nishmá "come stai?" (lett. "cosa si sente?"),
     cfr. Yiddish vos hert zikh
khamúda-le "ragazza carina", formato da khamuda
     "carina"
 e dal suffisso Yiddhish -le;
miluim-nik "riservista", formato da milu
ím
     "riserva"
  (lett. "riempimento") e dal suffisso
     Yiddish -nik.

Esiste un massiccio uso di mezzi produttivi internazionali (suffissi e prefissi):
bitkhon-
íst "uno che valuta tutto dalla prospettiva
     della sicurezza nazionale"
: suffisso -ist 
kiso-lógya "arte di trovarsi un seggio in
     parlamento"
: suffisso -logya 
anti-hitnatkut "anti-disimpegno" : prefisso anti-
post-milkhamt
í "postbellico": prefisso post- 
pro-arav
í "pro-arabo": prefisso pro-
Alle orecchie del Re Davide questi elementi sarebbero suonati alieni come se fossero giunti dalla lingua delle genti di Altair o di Vega: non avrebbe avuto nemmeno la minima idea della natura di queste sillabe o della loro origine. 

Le forme ebraiche sono state riplasmate, reinterpretate per adattarsi agli schemi delle lingue europee. Così anziché il corretto yesh l-i ha-séfer ha-zè "è a me questo libro" (i.e. "io ho questo libro) - in cui ha-séfer ha-zè "questo libro" è il soggetto - si dice yesh l-i et ha-séfer ha-zè "io ho questo libro" - in cui et ha-séfer ha-zè "questo libro" è l'oggetto, come si evince anche dall'uso della particella accusativa et. La forma yesh l-i "è a me" non sembra essere più compresa ed è vista come traduzione dello Yiddish ikh hob, khob "io ho"

Si ha un uso massiccio di prestiti dallo Yiddish per formare verbi:
la-khróp "russare" < Yiddish khr
ópṇ 
le-fargén "non invidiare" < Yiddish farg
ínən 
le-hafl
ík "schiaffeggiare" < Yiddish flik "buffetto"
le-hashpr
íts "spruzzare" < Yiddish shprits "spruzzo"
le-hashv
íts "vantarsi" < Yiddish shvits "sudore"
le-katér "gemere" < Yiddish kótər "gatto maschio" 

Si ha un uso massiccio di prestiti internazionali (in genere inglesi) per formare verbi: 
le-daskés "discutere" < discuss
le-fakés "focalizzare" < focus
le-flartét "flirtare" < flirt
le-hasn
íf "sniffare coca" < sniff
le-natrél "neutralizzare" < neutralize
le-tarpéd "sabotare" < torpedo

Rispetto ai contenuti dell'articolo, aggiungo alcune note sulla consunzione fonetica. Nella lingua parlata in Israele in questi tempi si sono prodotte numerose e singolari contrazioni che la renderebbero assolutamente incomprensibile agli Antichi. Così avviene che il termine biblico avikhem "vostro padre" è sostituito da aba shelkhem, che a rigor di logica, stando alla pronuncia vigente, dovrebbe suonare /a'ba ʃel'xem/. Invece è in auge una sua contrazione /abaʃ'xem/. Ditemi voi cosa avrebbe capito Isaia.

Commenti e considerazioni

Noi ci opponiamo ad ogni interazione tra la lingua madre del revivalista e la lingua oggetto di rivitalizzazione. Un buon prodotto non deve mostrare calchi che non sarebbero comprensibili a un parlante della lingua estinta su cui quella da rivitalizzare si fonda. Noi rifiutiamo il concetto di carattere genetico e tipologico ibrido. Soprattutto insidiosi sono i calchi grammaticali, specialmente quelli di natura sintattica. Il caso del neoebraico insegna. La conlang neoebraica è una lingua profondamente differente da quella biblica e non può in nessun caso essere vista come un suo sviluppo naturale nell'ambito di un'evoluzione storica continua. È una creazione artificiale in larga misura abusiva. Se ignorassi la natura irreversibile di ogni evento e di ogni processo di questo mondo, direi che il neoebraico necessiterebbe di un profondo processo di riforma. Sono tuttavia pienamente consapevole che un simile progetto fallirebbe prima ancora di cominciare. 

Una soluzione semplice

È chiaro che ormai la lingua di Israele è ben consolidata nell'uso e che evolverà seguendo il suo percorso, finendo col divenire ancor più irriconoscibile. In ogni caso non posso fare a meno di notare che molti problemi sarebbero stati evitati se fosse stato scelto l'aramaico come lingua ufficiale dello Stato di Israele.

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