LA VIA LATTEA
Titolo originale: La Voie lactée
Anno: 1969
Paese di produzione: Francia
Lingua: Francese, latino
(pronuncia mista ecclesiastica italica e restituta)
Durata: 92 min
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Genere: Grottesco, surreale
Regia: Luis Buñuel
Soggetto: Jean-Claude Carrière, Luis Buñuel
Sceneggiatura: Jean-Claude Carrière, Luis Buñuel
Fotografia: Christian Matras
Montaggio: Louisette Hautecoeur
Musiche: Luis Buñuel
Interpreti e personaggi:
Ellen Bahl: Mme Garnier
Claudine Berg: Una madre
José Bergos: Presbitero priscillianista
Julien Bertheau: Maitre Richard
Claudio Brook: Vescovo
Agnes Capri: Direttore dell'Istituto
Auguste Carriere: Sorella Françoise
Jean-Claude Carrière: Priscilliano
Claude Cerval: Brigadiere
Jean Clarieux: San Pietro
Pierre Clementi: Demone
Beatrice Constantini: Figlia di Priscilliano
Alain Cuny: Uomo col mantello
Georges Douking: Pastore
Jean Ehrman: Condannato
Michel Etcheverry: Inquisitore
Paul Frankeur: Pierre
Claude Jetter: Vergine nella taverna
Pierre Lary: Giovane monaco
Marius Laurey: Un cieco
Pierre Maguelon: Caporale
Rita Maiden: Figlia di Priscilliano
François Maistre: Prete matto
Denis Manuel: Rodolphe
Georges Marchal: Il gesuita
Muni: Madre superiora
Bernard Musson: Oste francese
Marcel Peres: Prete spagnolo
Jean Piat: Il giansenista
Michel Piccoli: Sade
Daniel Pilon: François
Edith Scob: Maria
Delphine Seyrig: Prostituta
Christian Simon: Ragazza incatenata
Laurent Terzieff: Jean
Bernard Verley: Gesù
Doppiatori italiani:
Alfredo Censi: Pierre
Luciano Melani: Jean
Mario Colli: Richard
Tina Lattanzi: direttrice del collegio
Maresa Gallo: sorella Francoise
Natalino Libralesso: Madame Garnier
Andrea Bosic: inquisitore
Mario Erpichini: condannato
Vittorio Di Prima: uomo col cappello
Diego Michelotti: gesuita, prete francese
Carlo Reali: marchese
Michele Kalamera: conte
Roberto Villa: prete spagnolo
Sergio Fiorentini: caporale delle guardie
Sergio Di Stefano: Gesù
Emanuela Rossi: Brigitte, la bambina
Carlo Buratti: autista
Stefano Carrasso: angelo della morte
Giancarlo Maestri: narratore
Francesca Palopoli: madre superiora
Carlo Sabatini: Rodolphe
Dario Penne: François
Maria Teresa Martini: la bambina diabolica
del collegio
Anno: 1969
Paese di produzione: Francia
Lingua: Francese, latino
(pronuncia mista ecclesiastica italica e restituta)
Durata: 92 min
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Genere: Grottesco, surreale
Regia: Luis Buñuel
Soggetto: Jean-Claude Carrière, Luis Buñuel
Sceneggiatura: Jean-Claude Carrière, Luis Buñuel
Fotografia: Christian Matras
Montaggio: Louisette Hautecoeur
Musiche: Luis Buñuel
Interpreti e personaggi:
Ellen Bahl: Mme Garnier
Claudine Berg: Una madre
José Bergos: Presbitero priscillianista
Julien Bertheau: Maitre Richard
Claudio Brook: Vescovo
Agnes Capri: Direttore dell'Istituto
Auguste Carriere: Sorella Françoise
Jean-Claude Carrière: Priscilliano
Claude Cerval: Brigadiere
Jean Clarieux: San Pietro
Pierre Clementi: Demone
Beatrice Constantini: Figlia di Priscilliano
Alain Cuny: Uomo col mantello
Georges Douking: Pastore
Jean Ehrman: Condannato
Michel Etcheverry: Inquisitore
Paul Frankeur: Pierre
Claude Jetter: Vergine nella taverna
Pierre Lary: Giovane monaco
Marius Laurey: Un cieco
Pierre Maguelon: Caporale
Rita Maiden: Figlia di Priscilliano
François Maistre: Prete matto
Denis Manuel: Rodolphe
Georges Marchal: Il gesuita
Muni: Madre superiora
Bernard Musson: Oste francese
Marcel Peres: Prete spagnolo
Jean Piat: Il giansenista
Michel Piccoli: Sade
Daniel Pilon: François
Edith Scob: Maria
Delphine Seyrig: Prostituta
Christian Simon: Ragazza incatenata
Laurent Terzieff: Jean
Bernard Verley: Gesù
Doppiatori italiani:
Alfredo Censi: Pierre
Luciano Melani: Jean
Mario Colli: Richard
Tina Lattanzi: direttrice del collegio
Maresa Gallo: sorella Francoise
Natalino Libralesso: Madame Garnier
Andrea Bosic: inquisitore
Mario Erpichini: condannato
Vittorio Di Prima: uomo col cappello
Diego Michelotti: gesuita, prete francese
Carlo Reali: marchese
Michele Kalamera: conte
Roberto Villa: prete spagnolo
Sergio Fiorentini: caporale delle guardie
Sergio Di Stefano: Gesù
Emanuela Rossi: Brigitte, la bambina
Carlo Buratti: autista
Stefano Carrasso: angelo della morte
Giancarlo Maestri: narratore
Francesca Palopoli: madre superiora
Carlo Sabatini: Rodolphe
Dario Penne: François
Maria Teresa Martini: la bambina diabolica
del collegio
Trama:
Pierre e Jean sono due pellegrini francesi che si incamminano sulla via per Santiago di Compostela. Durante il loro lungo e tormentato tragitto verso il santuario incontrano tutta una serie di personaggi in costume e si ritrovano nel bel mezzo di eventi storici, tra i quali anche scene della vita di Cristo. Assistono alla potente predicazione dualista e anticosmica del vescovo Priscilliano da Avila, poi si ritrovano nel bel mezzo delle guerre di religione e della controversia giansenista. Dopo tanto penare, arrivati finalmente al santuario di Santiago, vengono a sapere da una prostituta bionda che i pellegrinaggi sono cessati. Da quando si è scoperto che le spoglie credute a lungo di San Giacomo erano in realtà di Priscilliano, il luogo non è stato più visitato da nessuno. Così la meretrice propone ai due pellegrini di spogliarsi e di razzolarsi con lei nei campi fino a insozzarla di sperma e a darle un figlio. I poveri pellegrini - che per la verità erano sembrati scettici fin dall'inizio del film - appena constatano che Dio è morto e che la sua Estinzione è un fatto compiuto, dopo un'iniziale esitazione accettano di buon grado la proposta dell'oscena fallofora.
Recensione:
Un film decisamente surreale. Buñuel, che era un pensatore profondo, in questo film propone riflessioni sulla natura del tempo. L'ontologia temporale sostenuta dal regista è quella che va sotto il nome di eternismo o eternalismo non tensionale (B-eternismo). In altre parole, il regista spagnolo è convinto che il passato e il futuro siano reali e vivi proprio come il presente, che convivano con esso nell'eternità, essendo il flusso temporale una mera illusione umana. Tra i sostenitori di questa problematica forma di eternismo, al giorno d'oggi molto popolare anche se piena di fallacie logiche, ci fu anche Albert Einstein - le cui scarse capacità filosofiche non riflettono i suoi grandissimi meriti come fisico. Oltrepassando i limiti della speculazione metafisica, Buñuel arriva a credere che queste realtà, che noi per comodità etichettiamo come "passate", "presenti" e "future", arrivino ad influenzarsi a vicenda, dando origine a una molteplicità che trascende l'infinità numerabile.
Un testo priscillianista in latino
(con analisi fonologica)
(con analisi fonologica)
Nel film è presente una parte recitata in lingua latina. La pronuncia usata è mista, prevalentemente ecclesiastica ma con numerose parole pronunciate con alcuni fonemi della restituta. Possiamo notare quanto segue:
1) In diversi casi l'occlusiva /k/ è conservata velare davanti alle vocali anteriori /e/ e /i/, ma per il resto mostra palatalizzazione in /tʃ/ o in /ʃ/, quando non addirittura assibilazione completa in /s/. Così abbiamo carcer /'karker/, fornacem /for'nakem/, innocens /inno'kens/, confeci /kon'feki/, ma incipit /in'tʃipit/, decet /'deʃet/, principio /prin'sipjo/, ad caelestem /ad se'lestem/.
2) In un caso l'occlusiva /g/ è conservata velare davanti alla vocale anteriore /i/: intelligis /intelli'gis/. Per il resto mostra palatalizzazione in /dʒ/ davanti a vocale anteriore /e/ e /i/, ma a volte l'esito è /ʒ/. Es. igitur /i'dʒitur/, angeli /'anʒeli/.
3) Il nesso /sk/ davanti alla vocale anteriore /i/ può essere reso da /ss/. Es. Priscillianum /prissil'ljanum/.
4) Il nesso /gn/ non ha subìto palatalizzazione e si conserva integro. Es. indignam /in'dignam/.
5) Quasi sempre l'occlusiva /t/ è affricata davanti a semiconsonante palatale, avendo come esito /tsj/, ma in un caso l'occlusiva è invece conservata: Gratianus Imperator /gra'tjanus impe'rator/. Si noterà che poco dopo ricorre gratias /'gratsjas/.
6) Si ha conservazione del dittongo /ae/ in praedicabimus /praedi'kabimus/ e in animae /'animae/, per il resto è semplificato in /e/.
7) Si ha conservazione del dittongo /oe/ in poenas /'poenas/. Tuttavia si ha monottongazione in poenam /'penam/.
8) La posizione dell'accento è spessissimo erronea (igìtur anziché ìgitur; anìma anziché ànima, e via discorrendo), come se gli attori provassero una ripugnanza innata per le parole sdrucciole. Né va taciuto che in numerosi casi l'ultima sillaba attrae l'accento (intelligìs anziché intèlligis; debèt anziché dèbet; innocèns anziché ìnnocens, e via discorrendo).
1) In diversi casi l'occlusiva /k/ è conservata velare davanti alle vocali anteriori /e/ e /i/, ma per il resto mostra palatalizzazione in /tʃ/ o in /ʃ/, quando non addirittura assibilazione completa in /s/. Così abbiamo carcer /'karker/, fornacem /for'nakem/, innocens /inno'kens/, confeci /kon'feki/, ma incipit /in'tʃipit/, decet /'deʃet/, principio /prin'sipjo/, ad caelestem /ad se'lestem/.
2) In un caso l'occlusiva /g/ è conservata velare davanti alla vocale anteriore /i/: intelligis /intelli'gis/. Per il resto mostra palatalizzazione in /dʒ/ davanti a vocale anteriore /e/ e /i/, ma a volte l'esito è /ʒ/. Es. igitur /i'dʒitur/, angeli /'anʒeli/.
3) Il nesso /sk/ davanti alla vocale anteriore /i/ può essere reso da /ss/. Es. Priscillianum /prissil'ljanum/.
4) Il nesso /gn/ non ha subìto palatalizzazione e si conserva integro. Es. indignam /in'dignam/.
5) Quasi sempre l'occlusiva /t/ è affricata davanti a semiconsonante palatale, avendo come esito /tsj/, ma in un caso l'occlusiva è invece conservata: Gratianus Imperator /gra'tjanus impe'rator/. Si noterà che poco dopo ricorre gratias /'gratsjas/.
6) Si ha conservazione del dittongo /ae/ in praedicabimus /praedi'kabimus/ e in animae /'animae/, per il resto è semplificato in /e/.
7) Si ha conservazione del dittongo /oe/ in poenas /'poenas/. Tuttavia si ha monottongazione in poenam /'penam/.
8) La posizione dell'accento è spessissimo erronea (igìtur anziché ìgitur; anìma anziché ànima, e via discorrendo), come se gli attori provassero una ripugnanza innata per le parole sdrucciole. Né va taciuto che in numerosi casi l'ultima sillaba attrae l'accento (intelligìs anziché intèlligis; debèt anziché dèbet; innocèns anziché ìnnocens, e via discorrendo).
Trascrizione dei dialoghi
1) Il pastore con la lanterna va verso i due pellegrini. Stupito di vederli così paludati, dapprima cerca di accertarne l'identità, poi dà loro il benvenuto e li invita alla congregazione. Parla ai due usando i verbi e i pronomi al singolare, tranne un singolo imperativo.
Pastore: Tu ergo nihil intelligis! Quia iam incipit. Quis tam es tu? Unde nam venis? Quicumque sis pax tibi! Venite! At tamen, de iis quae videbis debes nec verbum dicere tibi recipit.
2) Un presbitero annuncia la vittoria di Priscilliano. Questi si rivolge ai credenti proclamando i capisaldi della Dottrina.
Presbitero: Fratres mei carissimi, laetum nuntium de urbe per proconsule Volventio ad nos pervenit. Gratianus Imperator Priscillianum episcopum sedi Abulensi restituit.
Priscilliano: Igitur pars nostra vincit. Non ego haereticus sum, sed iste qui in cathedra Petri sedit, Damasus, iste qui Papae titulum sibi assumpsit. Nostra doctrina ergo vera est. Et eam cito aperto in universo mundo praedicabimus.
Presbitero: Gratias agamus Deo.
Priscilliano: Anima nostra essentia divina est.
Presbitero: Sicut angeli, ipsa quoque a Deo creata est. Stellarum cursu regitur.
Prima matrona: In peccati poenam unita fuit corpori. Corpus nostrum opus daemonis est.
Seconda matrona: Daemon autem existit a principio, sicut Deus ipse.
Priscilliano: Rem tam indignam et impuram sicut corpus nostro Deum creasse non decet.
Terza matrona: Corpus carcer animae est. Anima, ut ab eo sese liberet paulatim ab ipso separari debet.
Quarta matrona: Corpus humiliare et contemnere necessarium est. Delectationibus carnis incessanter submittendum est. Ad hoc ut, post mortem, anima mundata ad caelestem sedem redeat.
Priscilliano: Igitur pars nostra vincit. Non ego haereticus sum, sed iste qui in cathedra Petri sedit, Damasus, iste qui Papae titulum sibi assumpsit. Nostra doctrina ergo vera est. Et eam cito aperto in universo mundo praedicabimus.
Presbitero: Gratias agamus Deo.
Priscilliano: Anima nostra essentia divina est.
Presbitero: Sicut angeli, ipsa quoque a Deo creata est. Stellarum cursu regitur.
Prima matrona: In peccati poenam unita fuit corpori. Corpus nostrum opus daemonis est.
Seconda matrona: Daemon autem existit a principio, sicut Deus ipse.
Priscilliano: Rem tam indignam et impuram sicut corpus nostro Deum creasse non decet.
Terza matrona: Corpus carcer animae est. Anima, ut ab eo sese liberet paulatim ab ipso separari debet.
Quarta matrona: Corpus humiliare et contemnere necessarium est. Delectationibus carnis incessanter submittendum est. Ad hoc ut, post mortem, anima mundata ad caelestem sedem redeat.
3) Priscilliano fa giurare i credenti di non rivelare nulla di quanto hanno ricevuto.
Priscilliano: Iura, periura, secretum prodere noli.
La risposta, nos iuramus, in modo ben sorprendente sembra pronunciata in un idioma romanzo, come no giuramu!
4) Priscilliano si allontana con due presbiteri. Benedice il pane, lo spezza, ne dà una parte ai presbiteri stessi e ne mangia un boccone, recitando una formula suggestiva.
Priscilliano: Non ego te messui nec molui. Nec ego te massam confeci. Neque te ego in fornacem misi. Innocens sum ego ab omnibus afflictationibus tuis, utinam illi qui te afflixerunt illas poenas patiant.
Se uno ascolta bene i discorsi in latino, si rende conto che gli attori hanno una forte cantilena portoghese. Il Presbitero pronuncia chiaramente a Deo come /a 'deu/. Buñuel non era uno studioso dell'evoluzione della lingua latina nel corso dei secoli. Sono però convinto che avrebbe spiegato i motivi della sua scelta di una lingua fortemente disomogenea con l'incoerenza tipica di tutte le età in cui avvengono mutamenti storici. Immagino che si sia servito di un accademico, ma non sono riuscito a risalire al suo nome. A questo punto riporto la traduzione in italiano della Dottrina enunciata, che contiene gemme di Verità e che coincide con quanto io stesso professo salvo due punti (influenza delle stelle e utilità dei piaceri carnali per "sfinire" il corpo):
La nostra anima è essenza divina. Come gli angeli, anch'essa è stata creata da Dio. Ed è sottoposta al corso delle stelle. Nella pena del peccato fu unita al corpo. Il nostro corpo è opera del Diavolo. Il Diavolo esiste dal principio, come Dio stesso. Non è possibile che Dio abbia creato una cosa tanto misera e indegna come il nostro corpo. Il corpo è il carcere dell'anima. Affinché se ne liberi, l'anima si deve separare a poco a poco da esso. È necessario umiliare e disprezzare il corpo. Ai diletti della carne deve essere incessantemente soggiogato. Questo affinché l'anima, dopo la morte, sia purificata e faccia ritorno alla sede celeste.
Un accanimento feroce e satanico
La bambina demoniaca che recita un obbrobrioso remix di anatemi contro l'Insegnamento di Priscilliano, tratti dagli atti del Sinodo di Braga dell'anno 563, è la testimonianza di qualcosa che dovrebbe far riflettere tutti. Se i seguaci del Dualismo Anticosmico non esistono quasi più e sono quattro gatti, perché i poteri del mondo si accaniscono in questo modo? L'indecoroso e blasfemo spettacolo portato in scena da Buñuel trae la sua ispirazione da qualcosa che purtroppo non è affatto raro: ci si imbatte spesso in nemici accaniti. Gente che spende tempo e risorse allo scopo di abbaiare alla luna e di combattere contro le ombre. Esistono complottisti dal cervello bacato che inveiscono contro dottrine che da secoli non hanno più la benché minima rilevanza. È stato persino trovato un sito il cui gestore blaterava di un fantomatico "complotto della Gnosi orgiastica" messo in opera dai Rettiliani inserendo subliminali in un film i cui interpreti sono salsicce animate! Sarebbe bello poter applicare su questi elementi i sistemi usati dal grande Ezzelino III da Romano. Purtroppo una simile fantasia è destinata a restare una pia velleità, stante il tremendo Zeitgeist di quest'epoca abominevole, in cui la Verità è minacciata di estinzione e la menzogna prospera come una massa di cagnotti. Toccherà quindi usare contro i malfattori le armi della satira, dell'irrisione e dello scherno... e gli anatemi!
Le origini del Terzo Segreto di Fatima
Quando nell'anno 2000 fu rivelato il Terzo Segreto di Fatima, Karol Wojtyła disse di essersi riconosciuto in una presunta visione dei pastorelli portoghesi, incentrata sulla fucilazione del papa vestito di bianco. Ecco il testo della cosiddetta "profezia":
"E vedemmo ("qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti"), in una luce immensa che è Dio, un vescovo vestito di bianco ("abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre"), altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di tronchi grezzi, come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo, con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce, venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni."
Troppo grande è la somiglianza con la scena della fucilazione del papa nel film di Buñuel del 1969 per pensare che possa trattarsi di una coincidenza! La verità è questa e non lascia adito a dubbio alcuno: i malfattori porporati hanno assemblato un testo confusionario traendo ispirazione proprio dalle sequenze de La Via lattea!
Le conseguenze della falsa profezia
È credenza comune tra i papisti e moda tra i malfattori chiamati "veggenti" narrare le proprie visioni del futuro, siano esse il parto del delirio o pure invenzioni. Poi, di fronte al mancato avverarsi delle stesse visioni, affermano immancabilmente che il futuro è cambiato perché loro e i loro seguaci hanno pregato e convinto Dio a rinunciare ai suoi piani, tanto banali da essere modificabili su richiesta di quattro babbioni. Se un profeta fa una previsione che non si avvera, dovrebbe essere ritenuto un falso profeta. Karol Wojtyła, nel riconoscersi in una profezia falsa, si è attribuito l'etichetta di falso profeta. Forse consapevoli di rischiare grosso, i porporati del Collegio Cardinalizio pensarono bene di non obbligare i fedeli cattolici a credere al Terzo Segreto da loro fabbricato con grande frode, lasciando libertà di coscienza. La loro subdola macchinazione ha avuto un grande successo nell'insabbiare l'accaduto: ormai la falsa profezia è quasi caduta nell'Oblio, non ne parla più praticamente nessuno, salvo alcuni cattolici-belva emarginati che vorrebbero riutilizzarla per augurare la fucilazione a Papa George Pompeo Bergoglio. Ormai c'è soltanto il Terzo Segreto di Satira.
Pretesa esattezza rigorosa e inesattezze varie
Finito il film e scorsi i titoli di coda, ecco che compare un bizzarro quanto famoso disclaimer:
«Tutto ciò che, in questo film, riguarda la religione cattolica e le eresie che essa ha suscitato, particolarmente dal punto di vista dogmatico, è rigorosamente esatto. I testi e le citazioni sono conformi sia alle sacre scritture, sia a delle opere di teologia e di storia ecclesiastica antiche e moderne.»
Eppure già in questa introduzione c'è un errore. Le cosiddette eresie non sono sempre semplici deviazioni discese dalla dottrina della Chiesa Cattolica, come accade ad esempio col Giansenismo. Sono in diversi casi vere e proprie religioni indipendenti. Le dottrine dei Patarini e di Priscilliano non hanno la loro origine nella teologia della Chiesa di Roma, dato che la loro sorgente prima è rimasta immune ai perniciosi effetti del Primo Concilio di Nicea.
Patarini e paté
Vediamo che un singolarissimo prete cattolico entra in una trattoria e si mette a disquisire sulla Transustanziazione con un brigadiere. Un cameriere interviene e fa un esempio fuori luogo, dicendo che il corpo di Cristo è presente nel pane eucaristico come la carne di lepre in un paté. Il prete va su tutte le furie e attribuisce questa similitudine della lepre nel paté alle opinioni dei Patarini, ossia dei Catari (da non confondersi con la Pataria milanese), cosa che è senza dubbio abusiva. Il cameriere aveva alluso senza saperlo alla Consustanziazione, secondo cui il corpo di Cristo è effettivamente contenuto nell'ostia consacrata ma non coincide con la sua sostanza. Il bello è che soltanto poche frasi prima, il prete aveva invece affermato che per gli Albigesi l'Eucarestia era una rappresentazione, contraddicendo la propria sparata sui Patarini, che evidentemente riteneva una setta diversa. Le cose invece stanno così: per i Patarini il pane eucaristico è un semplice impasto di farina. "Fanno dèi di pastella e se li mangiano", diceva un Buon Uomo di Tolosa, come riportato dal Duvernoy. Presso tutti i Catari, Radicali e Mitigati, l'Eucarestia è considerata un sacramento meritevole di irrisione e di scherno. "Se anche il corpo di Cristo fosse stato grande come il Monte Morella", diceva il Buon Uomo Belibasta, "i preti con la loro voracità lo avrebbero già divorato per intero". Il Buon Uomo Peire Autier, che era l'Apostolo della Linguadoca, diceva che la Chiesa Romana mente, perché sostiene che il pane eucaristico è il corpo di Cristo, mentre i Buoni Uomini non mentono mai, in quanto chiamano il pane benedetto col suo nome. Alla fine il prete, preso dalla confusione, dice all'improvviso che il corpo di Cristo è contenuto nell'ostia come la lepre nel paté, affermando ciò che fino a poco prima aveva condannato e facendo trasecolare il brigadiere. Le sue continue antinomie sono interrotte dall'arrivo di un'ambulanza, il cui personale lo riconduce in manicomio.
Il dialogo dei camerieri teologi
In una scena particolarmente surreale, vediamo alcuni camerieri discutere di teologia e di eresiologia intorno a un buffet in un albergo spesso usato da pellegrini estenuati e poco amanti della sana vita spartana. Una cosa che ben difficilmente può avere una sua corrispondenza nella nostra realtà, in quanto raramente si trova un cameriere incline a studiare e a filosofare: capita più spesso di scoprire camerieri che manipola il cibo con mani sporche di culo e di merda al fine di trasmettere agli avventori fastidiose diarree. La tesi dei camerieri mostrati da Buñuel era relativa al docetismo, ossia alla natura illusoria, apparente, del corpo di Cristo. Durante la dissertazione, il docetismo era attribuito a Nestorio e ai Monofisiti. Se devo essere franco trovo ben strana questa tesi. Il Docetismo è tipico delle varie forme di Dualismo Anticosmico, dagli antichi Gnostici ai Manichei, e ai Neomanichei medievali come Bogomili e Catari. Nasce dall'attribuzione della creazione della carne al Diavolo: essendo la carne malvagia, Cristo non può averla indossata. Per Nestorio, Cristo è formato dall'unione morale di due persone distinte, essendo Maria la madre della sola natura umana, corporale. Un insegnamento incompatibile col Docetismo. Per il Monofisismo la natura umana di Cristo è assorbita in quella divina, accolta in essa "come una goccia nell'oceano". Per il Miafisismo che ne è derivato, umanità e divinità di Cristo sono tra loro unite e indivisibili, fuse in un sinolo. Anche qui non abbiamo alcun rapporto con il rifiuto della materia. Quindi possiamo dire che asserito da Buñuel su Nestorio e sul Monofisismo non corrisponde a verità.
L'Arcivescovo Carranza e il suo strano destino
Merita infine una rapida menzione la figura dell'Arcivescovo di Toledo Bartolomé Carranza (1503-1576), a cui secondo molti internauti allude nel film il cadavere del porporato che vediamo esumato, sottoposto a processo e dato alle fiamme a causa del ritrovamento di un suo manoscritto. In realtà Carranza fu imprigionato e processato per eresia mentre era ancora in vita. Quale fu la causa di tutto questo? Leggendo la documentazione, ci si rende conto che l'eresia di Carranza consisteva in alcuni prestiti dottrinali presi dall'umanista e riformatore tedesco Filippo Melantone (Philipp Melanchthon). Il primate spagnolo, che aveva combattuto fieramente contro la Riforma, rifiutò sempre ogni addebito e non capì mai perché l'Inquisizione lo perseguitasse. Corse addirittura la voce che fosse riuscito a convertire al Luteranesimo l'Imperatore Carlo V in punto di morte, essendo stato da lui per dargli l'estrema unzione. Questa illazione, pur priva di qualsiasi fondamento, destò un immenso scalpore in tutta la Spagna. Dopo anni di tribolazioni giudiziarie, alla fine fu costretto ad abiurare un certo numero di posizioni teologiche ritenute erronee. Fu talmente sconvolto da questa sentenza che morì pochi giorni dopo.