domenica 4 marzo 2018


L'INVASIONE DEGLI ULTRACORPI

Titolo originale: Invasion of the Body Snatchers
Paese di produzione: USA
Anno: 1956
Lingua: Inglese
Durata: 80 min
Colore: B/N
Genere: Orrore, fantascienza, thriller
Sottogenere: Fantabiologia, fantabotanica
Regia: Don Siegel
Soggetto: The Body Snatchers, romanzo di Jack
    Finney (1954)
Sceneggiatura: Daniel Mainwaring, Richard
    Collins, Sam Peckinpah (non accreditato)
Produttore: Walter Wanger per Walter Wanger
    Production
Casa di produzione: Allied Artists
Fotografia: Ellsworth Fredericks
Montaggio: Robert S. Eisen
Effetti speciali: Milt Rice, Don Post
Musiche: Carmen Dragon
Scenografia: Ted Haworth
Trucco: Emile LaVigne, Mary Westmoreland
Interpreti e personaggi   
    Kevin McCarthy: dottor Miles J. Bennell
    Dana Wynter: Becky Driscoll
    Larry Gates: dottor Dan 'Danny' Kauffman
    King Donovan: Jack Belicec
    Carolyn Jones: Theodora Belicec
    Jean Willes: Sally Withers
    Ralph Dumke: Nick Grivett
    Virginia Christine: Wilma Lentz
    Jean Andrew: zia Eleda Lentz
    Everett Glass: dottor Ed Pursey
    Tom Fadden: Ira Lentz
    Kenneth Patterson: Stanley Driscoll
    Eileen Stevens: sig.ra Grimaldi
    Guy Way: Sam Janzek
    Bobby Clark: Jimmy
    Whit Bissell: dottor Hill
    Richard Deacon: Dr. Harvey Bassett
    Sam Peckinpah: operaio del gas
    Robert Osterloh: guidatore dell'ambulanza
Doppiatori italiani   
    Nando Gazzolo: dottor Miles J. Bennell
    Maria Pia Di Meo: Becky Driscoll
    Emilio Cigoli: dottor Dan 'Danny' Kaufman
    Gualtiero De Angelis: Jack Belicec
    Fiorella Betti: Theodora Belicec
    Dhia Cristiani: Sally Withers
    Lydia Simoneschi: Wilma Lentz
    Giovanna Scotto: zia Eleda
    Loris Gizzi: dottor Ed Pursey
    Bruno Persa: Stanley Driscoll
    Wanda Tettoni: sig.ra Grimaldi
    Carlo Romano: dottor Hill
    Renato Turi: dottor Harvey Bassett
    Aleardo Ward: operaio del gas
Remake:
Terrore dallo spazio profondo
, di Philip Kaufman
    (1978)
Ultracorpi - l'invasione continua, di Abel Ferrara
    (1993)
Invasion, di Oliver Hirschbiegel (2007)
N.B. Non è un remake il film franco-spagnolo The Pod People, di Juan Piquer Simón (1983). Potrebbe invece essere considerato un mockbuster il film Invasion of the Pod People, di Justin Jones (2007).

Trama:

In un ospedale della California, il dottor Miles J. Bennell, sconvolto ed esagitato, rivela una storia raggelante allo psichiatra dottor Hill. L'uomo, che si identifica come medico, descrive gli eventi che hanno portato al suo arresto e al suo arrivo nel nosocomio. La narrazione inizia nella vicina città di Santa Mira, dove il dottor Bennell si imbatte in alcuni casi di sindrome di Capgras, una rara patologia psichiatrica i cui pazienti sono convinti che un proprio familiare o amico sia stato sostituito da un impostore. Tornando da un viaggio di lavoro, il dottor Bennell incontra la sua ex ragazza, Becky Driscoll, che non vedeva da anni. La donna gli racconta che sua cugina Wilma si comporta in modo strano e va affermando che suo zio Ira sia in realtà un estraneo. Lo psichiatra dottor Kaufman consiglia al suo collega di non preoccuparsi, dato che simili casi sarebbero soltanto una "semplice" epidemia di isteria di massa. La sera stessa Jack Belicec, un amico del dottor Bennell, rinviene un corpo con le proprie fattezze, ma non pienamente sviluppato. Subito dopo nello scantinato della casa di Becky viene scoperto un duplicato della donna. Quando Kaufman arriva, il corpo con le sembianze di Becky è scomparso misteriosamente. Lo psichiatra è convinto che a causare tutto ciò siano allucinazioni prodotte dall'isteria epidemica. Tuttavia, la notte seguente Miles Bennell, Becky, Jack e sua moglie Teddy scoprono che i propri duplicati emergono da mostruosi baccelli nella serra dello stesso dottor Bennell. Giungono così alla conclusione che l'intera cittadinanza sta per subire un processo di sostituzione, in cui ogni persona viene rimpiazzata da una sua esatta copia fisica durante il sonno. Jack e Teddy Belicec si allontanano in auto in cerca di aiuto nella città vicina, mentre il dottor Bennell e Becky Driscoll tentano invano di allertare i federali. La dura realtà delle cose non tarderà a palesarsi. Le copie delle persone sono alieni che in qualche modo dissolvono e fagocitano le loro vittime. Sono completamente privi di empatia e sono mossi da un solo scopo: sostituire l'intera popolazione del pianeta! Dopo mille peripezie, soltanto Miles Bennell riesce a salvarsi, mentre la sua donna cade vittima degli extraterrestri, divenendo a sua volta un duplicato senz'anima. Così finisce il racconto. Il dottor Hill considera pura follia la storia raccontata dal collega, finché viene a sapere che un camion carico di baccelli gianteschi ha subìto un incidente, rovesciando i vegetali aberranti sull'autostrada. A questo punto lo psichiatra allerta l'FBI e l'esercito, che riescono a riportare l'ordine. 


Recensione:

Il film è stato tratto dal romanzo di Jack Finney The Body Snatchers, pubblicato nel 1954. Direi che si tratta di un adattamento cinematografico eseguito con estrema prontezza, a soli due anni dall'uscita del libro. Prodotto con scarsi mezzi (416.911 dollari), all'inizio fu quasi ignorato dal pubblico e dalla critica, divenendo un cult soltanto in seguito. Il produttore, l'ashkenazita Walter Wanger, nato Walter Feuchtwanger, aveva goduto di grande fama dagli anni '20 ai '40, arrivando persino a finanziare alcuni film di Alfred Hitchcock. Tuttavia in seguito era caduto in disgrazia: avendo sorpreso la moglie in pose equivoche, aveva aggredito l'amante di lei, piantandogli una pallottola nei testicoli e scontando otto mesi di carcere. Per fortuna è riuscito a riprendersi dalla disgrazia e a finanziare questo capolavoro, che è stato capace di mantenere la sua orrifica potenza fino ai nostri giorni, sfidando il trascorrere degli anni. L'unico difetto che riesco a trovare è il poco spazio lasciato al fato delle vittime degli alieni, che si limitano a dileguarsi nel nulla alla comparsa dei loro ultracorpi, in pratica lasciando tutto all'immaginazione. Credo che sia perché all'epoca vigevano codici molto severi su ciò che poteva essere o meno mostrato al pubblico.


Film e romanzo: finali incompatibili

Rispetto al film di Don Siegel, il romanzo di Finney era decisamente più ottimistico. Gli alieni restavano stupiti dalla determinazione con cui il dottor Bennell e la sua amata si opponevano all'invasione, così i baccelli finivano con l'abbandonare la Terra, prendendo la via delle profondità cosmiche alla ricerca di altri mondi da infettare. Per quanto riguarda i duplicati rimasti, era specificato che il loro ciclo vitale era di soli cinque anni: non essendo in grado di riprodursi senza i baccelli, potevano essere facilmente identificati e annientati. Non solo Becky non moriva, ma anche i coniugi Belicec restavano incolumi. In pratica finiva a tarallucci e vino. Siccome mi sono imbattuto in un navigatore che riteneva il finale del romanzo più pessimistico di quello del film, mi prendo la briga di smentirlo riportando un brano significativo, in cui viene sancita la sconfitta degli invasori alieni:

«Una cosa era chara: i baccelli lasciavano un pianeta che si era dimostrato ostile e nocivo. Questo lo seppi subito e un'onda di grandissima esultanza, così forte che mi lasciò tremante, mi attraversò tutto, perché sapevo che Becky e io avevamo recitato una parte importante nel provocare il fenomeno che si svolgeva sotto i nostri occhi. Non eravamo, non potevamo essere stati i soli a combattere disperatamente contro la minaccia di distruzione totale che incombeva non solo su Santa Mira e la California, ma su tutta l'umanità. C'erano stati altri che, individualmente o in piccoli gruppi, avevano fatto quello che avevano potuto, che avevano lottato o che avevano semplicemente rifiutato di arrendersi. Parecchi erano stati sconfitti, ma tutti quelli che non erano stati presi si erano battuti decisamente, implacabilmente, e mi tornò alla mente il brano di un discorso fatto in tempo di guerra: "Li combatteremo nei campi e nelle strade, li combatteremo sui monti, non ci arrenderemo mai". E questo incitamento valido per un popolo valeva per tutta la razza umana.
E capii che nulla, in questo sterminato universo, avrebbe potuto mai sconfiggerci.»

Sembra un inno di apoteosi dell'umanità! In netto contrasto con la visione di Finney, in origine il finale del film doveva essere tragico: la narrazione si sarebbe conclusa con il dottor Bennell urlante mentre vedeva un camion carico di baccelli passargli accanto. Puntando il dito contro gli spettatori, il protagonista doveva urlare "You're next", un meme che in ogni caso avrebbe conosciuto una certa fortuna in seguito. Temendo il pessimismo come la peste, la compagnia di produzione impose a Siegel e a Mainwaring la macchinosa costruzione del racconto in forma di flashback e del ricovero del protagonista in psichiatria. Naturalmente avrei preferito un finale privo di scampo per il genere umano. 


Ultracorpi e politica

Più volte è stata avanzata l'ipotesi che la pellicola di Don Siegel debba essere interpretata in chiave politica come un'allegoria anticomunista. Non bisogna mai dimenticarsi del plumbeo clima dell'epoca in cui L'invasione degli anticorpi vide la luce: si era da poco conclusa la carriera del senatore Joseph McCarthy, che aveva scatenato la famosa caccia alle streghe contro i comunisti, veri o presunti che fossero. Solo pochi anni prima aveva destato grande scalpore e isteria il caso dei coniugi Julius ed Ethel Rosenberg, condannati alla sedia elettrica con l'accusa di spionaggio sovietico. La caratteristica saliente degli ultracorpi era senz'altro la loro totale assenza di sentimenti umani e di individualità, cosa che li faceva rassomigliare in modo sorprendente ai sovietici stereotipati che infestavano l'immaginario collettivo americano. In realtà questa interpretazione, a prima vista ragionevole, è stata negata più volte e in modo reciso dal regista, oltre che da numerose altre persone coinvolte. Raccolgo a questo proposito un paio di testimonianze significative.

Questo è l'intervento di Walter Mirisch: "La gente cominciò a leggere nei film significati che non sono mai stati voluti. L'invasione degli ultracorpi è un esempio. Ricordo di aver letto un articolo su un giornale, in cui si sosteneva che il film era concepito come un'allegoria sull'infiltrazione comunista dell'America. Dalla mia conoscenza personale, né Walter Wanger né Don Siegel, che lo diresse, né Dan Mainwaring, che scrisse la sceneggiatura, né l'autore Jack Finney, né io stesso lo vedemmo come altro che un puro e semplice thriller." 

Lo stesso Don Siegel affermò: "Ho avuto il sentore che questa fosse una storia molto importante. Penso che il mondo sia popolato da baccelli e io voglio mostrarli. Penso che così tante persone non abbiano sentimenti sulle cose culturali, né sentimenti di pena, di dolore […] Il riferimento politico al senatore McCarthy e al totalitarismo sembrava ineludibile, ma io ho tentato di non enfatizzarlo perché sento che i film servano innanzitutto a intrattenere e io non voglio predicare."

J.P. Telotte scrisse che Siegel volle che i baccelli fossero seducenti; il loro portavoce, uno psichiatra, è stato scelto per fornire una voce autorevole che avrebbe fatto appello al desiderio di "abdicare dalla responsabilità umana in un mondo moderno sempre più complesso e confuso".

Mi lascia un po' perplesso il fatto che Mirisch parlasse con tanta sicurezza a nome di Jack Finney. Infatti lo scrittore in altre occasioni ha dato prova di essere capace di complicati ragionamenti fantapolitici. Nel romanzo Time and again (Indietro nel tempo, 1970), pubblicato quindici anni dopo The Body Snatchers, descrive un complotto dell'esercito americano, che vorrebbe cambiare gli eventi del 1890 per far sì che Cuba divenisse un possedimento degli USA, evitando così l'esistenza stessa del regime di Fidel Castro. Non posso usare come prova della malafede di Mirisch questo dettaglio, data la cronologia, tuttavia è molto probabile che Finney avesse una mente facile alla paranoia e che la fobia verso le spie rosse non gli fosse estranea già negli anni del maccartismo.

Una curiosa espressione gergale

Deve essere ricercata ne L'Invasione degli ultracorpi l'etimologia della locuzione pod people, alla lettera "gente del baccello", sorta in America nel tardo XX secolo per designare persone prive di emozioni. Si tratta di un pacchetto memetico interessante, il cui corredo concettuale è costituito da un'istruzione debolissima: ogni persona apatica sarebbe in realtà un alieno infiltrato tra gli umani. Nel Web si trovano alcune descrizioni più dettagliate, in cui non è sempre facile distinguere tra goliardia e creduloneria complottista volutamente inoculata. Oltre a pod people, si trova anche la forma pod person, che ha una sua diffusione nel gergo urbano, indicando semplicemente un impostore. Riporto alcuni utili link: 


martedì 27 febbraio 2018


GATTACA -
LA PORTA DELL'UNIVERSO

Titolo originale: Gattaca
Paese di produzione: USA
Anno: 1997
Durata: 107 min
Rapporto: 2,35:1
Genere: Fantascienza, drammatico, thriller
Sottogenere: Fantascienza sociale, fantascienza
     distopica, biopunk, fantapolitica 
Regia: Andrew Niccol
Soggetto: Andrew Niccol
Sceneggiatura: Andrew Niccol
Produttore: Danny De Vito
Distribuzione (Italia): Columbia Tri Star
Fotografia: Sławomir Idziak
Montaggio: Lisa Zeno Churgin
Effetti speciali: Gary D'Amico
Musiche: Michael Nyman
Scenografia: Jan Roelfs
Interpreti e personaggi   
    Ethan Hawke: Vincent Freeman
    Uma Thurman: Irene Cassini
    Jude Law: Jerome Eugene Morrow
    Loren Dean: Anthony Freeman
    Alan Arkin: det. Hugo
    Gore Vidal: direttore Josef
    Ernest Borgnine: Caesar
    Tony Shalhoub: German
    Blair Underwood: genetista
    Xander Berkeley: Dr. Lamar
    Elias Koteas: Anthony Freeman Sr.
    Jayne Brook: Marie Freeman
    Mason Gamble: Vincent ragazzo
    Vincent Nielson: Anthony ragazzo
    Chad Christ: Vincent adolescente
    William Lee Scott: Anthony adolescente
Doppiatori italiani   
    Vittorio De Angelis: Vincent Freeman
    Emanuela Rossi: Irene Cassini
    Riccardo Rossi: Jerome Eugene Morrow
    Massimo De Ambrosis: Anthony Freeman
    Manlio De Angelis: det. Hugo
    Giorgio Piazza: direttore Josef
    Sergio Graziani: Caesar
    Claudio Fattoretto: genetista
    Nino Prester: Dr. Lamar
    Dario Penne: German
    Francesco Pannofino: Anthony Freeman Sr.
    Serena Verdirosi: Marie Freeman
Colonna sonora:  
  1) The Morrow
  2) God's Hands
  3) The One Moment
  4) Traces
  5) The Arrival
  6) Becoming Jerome
  7) Call Me Eugene
  8) A Borrowed Ladder
  9) Further And Further
  10) Not The Only One
  11) Second Morrow
  12) Impromptu For 12 Fingers
  13) The Crossing
  14) It Must Be The Light
  15) Only A Matter Of Time
  16) I Thought You Wanted To Dance
  17) Irene's Theme
  18) Yourself For The Day
  19) Up Stairs
  20) Now That You're Here
  21) The Truth
  22) The Other Side
  23) The Departure
  24) Irene & The Morrow
Premi
i) Courmayeur Noir in festival 1997: Premio del pubblico
ii) Sitges - Festival internazionale del cinema della Catalogna 1997: Miglior film
iii) Festival internazionale del film fantastico di Gérardmer 1998: Premio della giuria

Trama:

La narrazione è ambientata in un futuro non troppo lontano, in cui la società è governata dall'eugenetica. Ogni nuovo nato è registrato in un database e classificato a seconda delle modalità di concepimento. I "validi" sono prodotti tramite ingegneria genetica, mentre i "non validi" sono tutti coloro che sono stati concepiti in modo naturale, tramite copula. La società ha ereditato le scorie dell'antica political correctness e formalmente proibisce le discriminazioni su base genetica, ma la realtà dei fatti è ben diversa: di fatto soltanto i "validi" possono aspirare a lavori professionali e di responsabilità, mentre i "non validi" sono relegati a lavori manuali. Vincent Freeman, concepito per mezzo di un atto sessuale, ha difetti genetici tali da far predire la possibilità di una morte intorno ai trent'anni. I suoi genitori non nascondono di essersi pentiti di averlo procreato e si danno da fare per avere un altro figlio servendosi dell'eugenetica. Nasce così Anton, che cresce con un odiosissimo atteggiamento da perfettino, a quanto pare tipico di tutti i prodotti di questo genere. Vincent ha un sogno, quello di diventare astronauta, ma una simile carriera gli è preclusa per via delle sue origini. Per porre rimedio a questo inconveniente non da poco, arriva a concepire sistemi davvero ingegnosi quanto implausibili. Avvalendosi della complicità di Jerome Eugene Morrow, riesce a eludere tutti i controlli e a coronare il suo sogno, entrando nell'ente spaziale Gattaca. Il suo fine ultimo è quello di entrare a far parte di una missione esplorativa diretta su Titano. Il sistema messo a punto dal protagonista ha dell'incredibile. Jerome E. Morrow è perfettamente eugenetico: il suo corredo è tale da garantirgli una vita di incredibile lunghezza e salute, senza alcuna malattia. C'è soltanto un problema. Il giovane aitante ha avuto un grave incidente d'auto e si è spezzato la spina dorsale, così da allora è costretto su una sedia a rotelle. Per lenire l'orrore della sua condizione, ha cominciato ad alcolizzarsi e ad avere un gran numero di rapporti non protetti con prostitute, riempiendosi di gonorrea. Vincent Freeman ha assunto l'identità del suo complice eugenetico falsificando i documenti  e facendo salti mortali per scansare i pericoli. Per eludere il riconoscimento all'entrata del Gattaca e i frequenti test antidroga, usa il sangue e le urine di Morrow. Non tutto filerà sempre liscio come desiderato e gli attimi di alta tensione non mancheranno: come se non bastasse un inopportuno omicidio, a un certo punto dal passato si materializzerà l'odioso Anton. Tuttavia alla fine Vincent partirà il razzo con Vincent a bordo, mentre Jerome sceglierà di suicidarsi arrostendosi in un inceneritore.   

Recensione: 

Non userò mezzi termini: fa un po' schifo. In buona sostanza si riduce a un'estenuante serie di prelievi di sangue e di urine interrotta da dialoghi deprimenti, tanto che avrebbero potuto intitolarlo ASL. Potrei anche far notare l'assurdità di un inceneritore che si comanda dall'interno. Che pizza la solita ammorbante storia d'amore! Salverei soltanto la colonna sonora. Se mi fermassi qui, la recensione sarebbe un po' troppo secca, così procedo con qualche riflessione.

Il pensiero debolissimo   

Il film è controverso, a giudicare dal gran numero di interpretazioni tra loro incompatibili a cui ha dato adito. Detto fra noi, questa è una pellicola di una grande ingenuità, una sorta di favola fabbricata non solo per mettere in guardia contro la deriva del determinismo genetico annessa allo sviluppo delle biotecnologie - ma soprattutto per affermare il potere del pensiero positivo (positive thinking). Orbene, è la scoperta dell'acqua calda che la possibilità di sequenziare il genoma possa portare a discriminazioni nell'ottica anarcocapitalista della produttività ad ogni costo: già adesso se un'azienda fosse in grado di sapere in anticipo che un suo dipendente ha predisposizione all'alcolismo o che svilupperà il morbo di Alzheimer, lo licenzierebbe per assumerne un altro più idoneo, considerato un miglior investimento a lungo termine. A parer mio Gattaca non ha come fine un monito di questo genere. Non si limita a dirci: "Guardate che schifo sarà il mondo del futuro". Quello che l'artefice del film vuole propugnare è la dottrina del libero arbitrio, in cui la capacità individuale di scelta tra Bene e Male si traduce in un nesso di causazione diretta tra i propri desideri e la loro realizzazione, a dispetto di ogni circostanza avversa. Sorprendente come gli States, un paese in cui hanno gran peso le idee protestanti, abbia poi prodotto alcuni tra i peggiori film di propaganda di concetti papisti. C'è tuttavia un altro aspetto. Pur qualificandosi come contronarrativa rivoluzionaria, Gattaca rappresenta in realtà la narrativa mainstream sulla genetica, coniugata in funzione politica antirazzista e antinazista. Lo si vede con la massima chiarezza: lo scopo del progetto è negare alla radice e contrastare con ogni mezzo la semantica nazionalsocialista della parola Blut "sangue", come se a Berlino le bandiere con lo Hakenkreuz garrissero ancora al vento. Anche se ai tempi di Hitler non era stata ancora scoperta la struttura del DNA e non si comprendeva bene il funzionamento del codice genetico - si era poco oltre le formulazioni ottocentesche sui piselli verdi e gialli - il riferimento appare abbastanza chiaro. Se il Nazionalsocialismo non si fosse mai sviluppato, un film come questo sarebbe stato non soltanto inconcepibile, ma anche inutile come il rigurgito di un cagnotto di mosca carnaria.

Lo spettro di Hitler 

Guardando Gattaca si arriva direttamente a una riflessione mortificante: senza il fantasma di Adolf Hitler, l'intero mondo postmoderno collasserebbe, non avrebbe più uno scopo e un fondamento. Ogni costruzione mentale è concepita all'unico scopo di contrastare il brutto-cattivo di Braunau am Inn, che in questo modo è stato reso più potente da morto di quanto non fosse in vita. La gente, ossessionata, vede il figlio di Klara Pölzl dovunque, sotto ogni sasso, e ne teme il ritorno: per questo sono create le immani dighe del politically correct. Innumerevoli persone tremano di terrore e balbettano, convinte che sia immanente e concreto il pericolo che l'ombra del dittatore si materializzi. Cosa accadrebbe se per magia l'idea stessa dell'esistenza di Hitler e del Nazionalsocialismo scomparisse? Ve lo dico io: crollerebbe tutto come un castello di carte.

Una ripugnante casta di eletti 

C'è chi ha visto Gattaca come un film sulla lotta di classe. Si tratta di un errore sostanziale e grossolano. Quella che il film mostra non è semplice lotta di classe, come pensano certi critici: è lotta razziale vera e propria. Infatti i contendenti hanno diverse caratteristiche genetiche e sono stati concepiti in diverso modo: si differenziano da tutti gli altri per un mucchietto di sequenze genetiche, in un'epoca in cui il razzismo non ha più come discriminante il colore della pelle o l'ascendenza ebraica. I non idonei, nati dalla copula, sono come gli umani dei vecchi tempi, pieni di imperfezioni genetiche (ognuno di noi ha in media un centinaio di sequenze difettose). Gli idonei, generati in vitro, hanno una perfezione genetica in apparenza incredibile: ogni minimo difetto è stato corretto da interventi sul DNA e la selezione ha portato a far scomparire un gran numero di malattie e di disfunzioni un tempo comuni. Tutto ciò che è indesiderabile è stato cancellato col taglia-incolla, questo vuol far credere la propaganda del regime distopico. Il punto è che questi eletti fanno semplicemente schifo. Sono persone spocchiose e altere, anodine, asettiche e prive di qualsiasi traccia di vita. Sembrano una varietà di Homo anaerobicus. In pratica sono cadaveri deambulanti, inutili persino come concime. Prendiamo Jerome E. Morrow: gli ci è voluta una frattura alla spina dorsale per diventare un essere umano accettabile! Non c'era bisogno di Gattaca per capire che comunque la si rigiri, partendo da una specie deprimente si otterranno sempre e soltanto risultati deprimenti, qualsiasi cosa si possa fare. L'aveva capito già il filosofo di Königsberg, Immanuel Kant: "Da un legno storto come quello da cui l'uomo è fatto non può uscire nulla di interamente diritto"

Etimologia di Gattaca

Il singolare nome, pronunciato Gàttaca e non *Gattàca come verrebbe intuitivo a chi non ha visto il film, è formato come stratagemma per rendere pronunciabile la sigla AGCT, che come noto rappresenta le quattro basi nucleotidi dell'acido desossiribonucleico: adenina, citosina, guanina e timina. Il risultato della vocalizzazione, formato tramite metatesi, è stravagante e ha un aspetto davvero molto distante da quello di una comune parola della lingua inglese.

Spiegazione degli antroponimi

I nomi dei personaggi sono trasparenti e a tratti persino ingenui. Si capisce subito che Vincent Freeman sta per "Vincente Uomo Libero", un nomen omen lineare, come quello del Commissario Basettoni. Jerome Eugene Morrow significa invece "Il Domani Eugenetico del Genoma" - pur con qualche forzatura alla fonetica (Jerome - Genome). Queste etimologie, che si trovano facilmente nel Web, riflettono bene le intenzioni dello sceneggiatore e regista. Se il protagonista porta come un vessillo un nome che racchiude il senso del suo essere, il giovane paralitico è denominato a partire da ciò che avrebbe dovuto essere, dato che ogni sua promessa di perfezione è stata spezzata da una fatalità.

L'uso dell'esperanto

Anche se può passare inosservato, proprio all'inizio del film si sente in sottofondo un breve annuncio in esperanto: "Bonvenon al Gataka-urbo. La Gataka horo estas dek kvin post la sepa", alla lettera "Benvenuti alla città di Gattaca. L'ora di Gattaka è quindici dopo la settima" (immagino che indichi le 7:15). Possiamo dunque immaginare che in quel futuro non troppo lontano l'esperanto sia usato come lingua franca dall'élite dei "validi".

L'annosa controversia sul ruolo della genetica

Se ogni predisposizione dannosa, come quella alla tossicosi, è stata cancellata nei "validi" tramite ingegneria genetica, com'è allora che tutti questi perfettini concepiti in vitro devono sottoporsi a test antidroga a ciclo continuo?? Non dovrebbero essere privi di qualsiasi tentazione? Questa è una gravissima antinomia che mina alla radice l'intera trama. Nel film si vuole dimostrare che anche un uomo con un genoma perfetto può sviluppare condotte "disfunzionali" e "indesiderate" se gli eventi della vita lo stritolano. Così il Domani Eugenetico del Genoma, Jerome Eugene Morrow, in seguito a un'irreparabile lesione del midollo spinale, con conseguente paralisi degli arti inferiori, inizia a bere e diventa un alcolizzato. Inoltre sviluppa un gusto per i rapporti promiscui e a rischio con prostitute. Domanda: questi comportamenti non avrebbero dovuto essere rilevabili dai suoi campioni organici usati da Vincent Freeman per simulare la propria "validità"? L'etilismo e la presenza di patogeni venerei compromettono seriamente le capacità di una persona, quindi ci sarebbe da aspettarsi un controllo serrato non solo sulle droghe illecite, ma anche sull'abuso alcolico e sulle infezioni. Questo non avviene soltanto perché altrimenti la trama si sarebbe ingarbugliata senza possibilità di soluzione! 

Altre incoerenze e paradossi stridenti

In Vincent Freeman l'ansia di tradurre il desiderio nella sua realizzazione arriva a livelli tali da sembrare proprio il "posso, comando e voglio" urlato dalle fattucchiere in una tregenda. Il delirio di onnipotenza che sale da labbra che hanno baciato e leccato il deretano del Diavolo! Dal libero arbitrio della dottrina cattolica si arriva alla divinizzazione del Perdurabo. Il "fa' ciò che vuoi" di Agostino d'Ippona arriva a trascolorare in un comandamento stregonico. Il pendio è molto scivoloso. Il banalissimo significato attribuito al film dalle masse acefale, ossia l'idea di lottare per i propri sogni, sfocia nella beffarda affermazione del darwinismo sociale, fino a coincidere... con il famoso Trionfo della Volontà del Führer. Darwinismo sociale di un "non valido" come reazione al darwinismo sociale dei "validi"! Il Dio Materialista dell'Evoluzione che sancisce il trionfo di Freeman e il contemporaneo sprofondamento di Morrow! Viviamo in un'epoca satura di merdate New Age e di rimozione dei limiti umani. Si pretende che i paralitici scalino l'Everest, che i diabetici diventino campioni olimpionici, che i malati di cancro facciano culturismo. Migliaia di malfattrici tagliuzzano le carni dei malati cronici e seviziano i loro cuori. I moribondi sono tenuti a truccarsi come clown, a ridere e a spergiurare che la vita è bella! Quando qualcuno muore, si sente dire: "Ha smesso di lottare"! Possiamo augurarci soltanto che cada sulla Terra un asteroide di ferro-nichel del diametro di qualche chilometro! Eleverei inni di lode e di ringraziamento a quello splendido Messaggero di Pace! 

Reazioni nel Web

Sono rimasto annichilito di fronte a 24, dico 24 pagine di commenti a questo film, in massima parte eulogistici! Giudizi come "meraviglioso", "splendido", "intenso", "un capolavoro", "l'ho visto dieci volte" e via discorrendo. Soltanto un utente nel Web ha osato affermare che questo è un "film di fantascienza fiacco e asettico, dalla tesi astrusa". Molti si sono lasciati intimorire da tanto fervore fanatico, temendo il linciaggio. Come c'era da aspettarsi, ad esaltare questa porcheria di pellicola sono in massima parte le gentili donzelle, molto sensibili all'uomo forte che realizza i propri sogni. Si segnala la vigliaccheria di un certo numero di utenti di sesso maschile, che si sono allineati alle opinioni dominanti sperando di ottenere un pompino anche solo virtuale.

giovedì 22 febbraio 2018

IL GROTTESCO DEL MODERNO PANILLIRISMO PELASGICO

Ricordo nitidamente un film ritenuto trash dalla critica, ma a mio avviso bellissimo. L'ho visto tante volte in gioventù che ancora adesso ne ricordo molte battute a memoria. Il suo titolo è A proposito di omicidi... (l'originale è The Cheap Detective), del 1978, con l'intramontabile Peter Falk nel ruolo del detective Lou Peckinpaugh. La trama di questa commedia satirica, piena di trovate esilaranti, la caratterizza come un improbabile ibrido tra Casablanca e Il falcone maltese. A un certo punto il capo dei malfattori, certo Jasper Bombolo, spiega a Lou Peckinpaugh: "Nell'853 si è verificato un avvenimento poco conosciuto nella Storia. Dodici pescatori albanesi conquistarono la Cina, il Tibet e la Mongolia!". "Per la miseria, non me l'hanno detto!", ribatte il detective, con un po' di sano scetticismo. La risposta del malvivente sorprende non poco: "Perché lei non ha studiato la storia in Albania! In seguito i dodici tornarono al loro paese con la più ricca preda di guerra di cui si abbia memoria. Ognuno di loro aveva un diamante di 766 carati, la cui dimensione era pari a quella di un uovo di gallina del New Jersey!".

Che c'entra tutto questo con la lingua etrusca? Beh, è molto semplice. Esiste in Albania un forte movimento politico che cerca con ogni mezzo di affermare l'origine albanese dell'etrusco, diffondendo favole e inconsistenze marchiane. Gli aderenti a questa congrega di entusiasti non esitano a trollare, dando spesso prova di un certo fanatismo nei commenti su social e forum, che talvolta ricorda il tifo degli hooligan. La loro narrazione non è poi molto diversa dalla storiella dei dodici pescatori albanesi conquistatori della Cina, del Tibet e della Mongolia. È un tipico esempio di "scienza balcanica", che pretende di trasformare in realtà a colpi di clava le fantasie dei tirannelli locali. Sembra che questa ennesima teoria pseudoscientifica sulle origini della lingua etrusca si sia sviluppata a partire dall'opera dell'antropologa Nermin Vlora Falaschi (1921-2004). Questa autrice è partita da un ragionamento discutibile e semplicisitico: identificati gli Etruschi con i Pelasgi e considerati i Pelasgi ascendenti degli Illiri, sarebbe provata all'istante l'identità etnica e linguistica tra gli Etruschi e le genti dell'Albania. Nel Web si trovano poi alcune divertenti "perle". Stalin: "Gli albanesi potrebbero avere le stesse ragici degli etruschi". Enver Hoxha: "Gli albanesi hanno origine pelasgica, il popolo più antico dei Balcani".

L'inganno dei traduttori magici

Il problema fondamentale è che i panilliristi pelasgici negano alla radice il metodo scientifico. Prendono forme dell'albanese moderno, le proiettano immutate indietro nei secoli, quindi le usano per "tradurre" i frammenti ottenuti spezzettano le iscrizioni etrusche nel modo che fa loro più comodo. Non tengono nemmeno conto degli elementi onomastici, che è facilissimo riconoscere: li tagliano a pezzetti come vogliono senza tener conto della loro struttura e degli elementi grammaticali. Quando si tratta di analizzare singole parole, utilizzano il criterio dell'assonanza. Molti di loro ignorano persino il fatto che le Tavole Iguvine sono scritte in umbro, una lingua italica imparentata col latino, e tramite i loro strumenti di traduzione magica affermano di poterne comprendere alla perfezione il testo, facendolo "cantare". Le "traduzioni" fabbricate dalla Vlora Falaschi e dai suoi accoliti sono assurde ed espresse in una forma mentis tipicamente moderna, come ci si può attendere. Bastano pochi esempi di questa metodologia per capire quanto sia imbarazzante. Il nome della città di Cortona viene preso tal quale, senza badare al fatto che in etrusco era Curtun, quindi viene metanalizzato come COR TONA e interpretato come "nostro raccolto" (albanese korr "raccolto" e tonë "nostro"). L'iscrizione etrusca θania : anaieireliri - di cui non si menziona l'origine né la classificazione - viene trattata così: la theta iniziale somiglia a uno zero e viene quindi abolita, mentre il resto viene scomposto arbitrariamente in ania â naje irë liri e interpretato come "la nave è per noi coraggio e libertà" (la Falaschi riporta le parole albanesi come ania "nave", â "è", naje "per noi", irë "coraggio", liri "libertà"). Non si pensa nemmeno per un attimo al fatto che il prenome femminile Thania compare in moltissime altre iscrizioni e che il contesto con le navi non c'entra una cippa.

Diamo invece un'occhiata alla realtà. Questo è un confronto tra i numerali etruschi e i numerali albanesi.

Italiano

Etrusco

Albanese

uno

θu

nyë

due

zal

dy

tre

ci

tre (m.), tri (f.)

quattro

śa

katër

cinque

maχ

pesë

sei

huθ

gjashtë

sette

semφ

shtatë

otto

cezp

tetë

nove

nurφ

nëntë

dieci

sar

dhjetë

venti

zaθrum

njëzet



Trascrivo i numerali etruschi in un'ortografia albanese approssimativa: thu, cal, ki, sha, mak (mah), huth, sempf, kecp, nurpf, sar, cathrum. Considerato che i numerali sono tra le parti più stabili di una lingua, non c'è molto in comune. Vediamo che in etrusco i numerali semφ "sette" e nurφ "nove" sono prestiti da una lingua indoeuropea non identificata (anche se permangono oscure le modalità di trasmissione e di formazione), mentre il numerale sar "dieci" potrebbe essere un prestito da una lingua semitica. Il condizionale è d'obbligo. Le forme albanesi sono invece di chiara origine indoeuropea. Appartengono a una lingua di tipo satəm, che assibila le antiche consonanti palatali indoeuropee k', k'w, g', g'h, g'w, g'hw: ad esempio IE *penk'we "cinque" diventa in albanese pesë. Le trasfomazioni occorse nel precursore dell'albanese sono molto complesse e non c'è spazio per discuterle in questa sede.

Forse il mondo accademico levantino non è a conoscenza del fatto che le lingue evolvono nel tempo. Essendo l'albanese una lingua indoeuropea, è possibile indagare a fondo il suo passato. Fornisco un elenco di parole albanesi con le protoforme ricostruite e contrassegnate da un asterisco. Per comodità ho indicato la lunghezza vocalica con i due punti (:) anziché con il macron (il trattino sopra la vocale). Queste dovevano essere proprio le forme che si usavano ai tempi di Giulio Cesare:    

bardhë "bianco" < *bardza
be "giuramento" < *baida
bie
"portare" < *berja 
bimë
"pianta" < *bu:ma:
bisht
"coda" < *bu:šta
derë
"amaro; difficile" < *deuna 
det
"mare" < *deubeta
ditë
 "giorno" < *di:ta:
dhi
"capra femmina" < *aidzija:
edh
"capro" < *aidza
elb
"orzo" < *albi
err
"oscurità" < *ausra
ethe
"febbre" < *aida
grua, grue
 "donna, moglie" < *gra:wa:
gjalpë
"burro" < *selpi-
gjashtë
"sei (6)" < *seksti
gjër
"zuppa" < *jausna
gjithë, gjidhë
 "tutto" < *semdza
gjû
"ginocchio" < *gluna < *gnuna 
hedh
"gettare" < *skeuda
hell
"spiedo" < *sko:la:
hënë, hanë
"luna" < *ksanda:
hime
"crusca" < *skeidma
hirrë
"siero" < *ksira:
jam
"io sono" < *esmi
kem
"incenso" < *kapna
kollë
"tosse" < *ka:sla:
krye
"testa" < *kra:nja: < *kra:snja: 
mbi
"su" < *ambi
mbyll
"chiudere, fissare" < *ambiwe:la
mbys
"affogare, uccidere" < *ambiwi:tja
mish
"carne" < *memsa
mjaltë
"miele" < *melita
mjekër
"barba" < *smekra:
muaj, muej
"mese" < *mo:snja < *mo:nsja
natë
 "notte" < *nakti
pelë
"giumenta" < *po:ula:
ploje
"massacro" < *pla:ga:
quaj, quej
"chiamare, dar nome" < *klo:usnja
rrah
"colpire" < *wragska  
shi
"pioggia" < *su:ja
shteg
"sentiero" < *staiga
tredh
"castrare" < *treuda
thaj
"seccare" < *sausnja
udhë
"via" < *wada
urë
"ponte" < *wara:
ve
"vedova" < *widewa:
verë
"vino" < *waina:  

Numerosi prestiti latini in albanese sono stati trattati come parole native e nel corso dei secoli hanno subìto mutamenti anche profondi: 

ar "oro" < aurum
brekë
 "pantaloni" < bra:cae
dëm, dam "danno" < damnum
emtë "zia" < amita
gaz "gioia" < gaudium 

gjelbër, gjelbën "verde" < galbinus "giallastro"
gjell "gallo" < gallus
kalë "cavallo" < caballus
kërrutë "pecora con le corna" < cornu:ta
mend "mente" < mentem (acc.)
nip "nipote" < nepo:s
prind "padre, genitore" < parentem (acc.)

Tra questi prestiti ci sono anche parole relative alla religione cristiana, segno che la lingua doveva essere affine a quella ricostruita ancora nella tarda antichità: 

blatë "ostia" < obla:ta
dreq "diavolo" < draco: "dragone" 

enjëll
"angelo" < angelus
fe "fede, religione" < fides 
ferr "inferno" < infernum 
kështër, kështën "cristiano" < christia:nus
kishë "chiesa" < eccle:sia

kryq "croce" < crucem (acc.)
mëshirë
"pietà, misericordia" < miseria "infelicità;
     povertà"
prift "prete" < presbyter
upeshk "vescovo" < episcopus

La fonte dei dati da me riportati è il fondamentale A Coincise Historical Grammar of the Albanian Language, di Vladimir Orel, che può essere parzialmente consultato su Google Books. Esiste inoltre un potentissimo strumento di ricerca su Wikipedia, che permette di individuare le protoforme delle parole native. 


Si ha il sospetto che tutto ciò sia tabù per i panilliristi pelasgici, o quantomeno che lo considerino incomprensibile. Per ricercare possibili radici albanesi comuni all'etrusco o a qualsiasi altra lingua antica, è necessario operare il confronto con le forme ricostruite di cui sopra, non con le forme moderne, diamine! 

Un possibile sostrato tirrenico in albanese

Fermo restando che l'etrusco e l'albanese non sono geneticamente imparentati, qualche nesso interessante si riesce a trovare in ogni caso. Infatti l'antenato dell'albanese aveva, come tutte le lingue indoeuropee, un certo numero di elementi di sostrato, provenienti da una lingua parlata in precedenza. Analizziamone alcuni: 

gur "pietra" < *guri
karmë "banco roccioso" < *karpna:
karpë "altura rocciosa" < *karpa:
karsh "area rocciosa" < *karusa
magulë "mucchio" < *magula:
mal "montagna" < *mala

L'etimologia proposta dagli indoeuropeisti per queste voci è forzata, presenta difficoltà semantiche e ha tutta l'ara di essere fallace. Le voci karmë, karpë e karsh derivano chiaramente dall'elemento di sostrato preindoeuropeo *kar- "roccia": non si sente la necessità di una derivazione da IE *kerp- "tagliare". La formazione *karp-na: da *karpa: mostra poi un suffisso in nasale che ricorda numerose formazioni in etrusco. Vediamo che gur è stato ricondotto a IE *gwor- "altura", purtuttavia è la parola di base per indicare la pietra ed è più probabile che la sua origine non sia indoeuropea. La voce mal esiste anche in rumeno, dove significa "costa, riva". Così pure magulë ha riscontro nel rumeno măgură "collina". La lingua dacica doveva avere affinità notevoli con la lingua proto-albanese, al punto che forse ne era soltanto una varietà. Avremo ancora occasione di occuparci di questi vocaboli, che sono relitti di mondi perduti.

Richiamo l'attenzione sull'interessante parola mushk, mushkë "mulo", che si ritrova anche nelle lingue slave (antico russo mŭskŭ "mulo"). Il latino mu:lus viene da *mukslos per *musklos, ed è conosciuta una forma diminutiva muscella "asinello". Il greco antico μυχλός "asino da monta" è da un precedente *mukslo-. Persino in veneto abbiamo musso "asino", che deriva dalla stessa radice. Orbene, in etrusco esiste un gentilizio Musclena, che permette di ricostruire *muscle come nome etrusco del mulo. Evidentemente il termine, di origine tirrenica, si è irradiato nell'area balcanica e oltre.

Alcune parole albanesi, senza dubbio indoeuropee, risalgono a strati linguistici molto antichi. Così abbiamo yll "stella", la cui forma ricostruita è *usli-. Questa ha la stessa origine dell'etrusco usil "sole", senza dubbio un prestito da una lingua indoeuropea sconosciuta. Festo fornisce l'etimologia del nome della gens Aurelia, affermando che era chiamata così dal sole (a sole dicta). Si tratta di una variante apofonica della voce precedente, *ausel-, che in seguuito ha subìto regolarmente rotacismo. Sono convinto che se si porteranno avanti studi seri e rigorosi, si potranno raggiungere risultati notevoli e molto interessanti.

domenica 18 febbraio 2018

LA PESTE DEL DECOSTRUZIONISMO

Senza dubbio l'uomo più nocivo vissuto nel XX secolo fu il filosofo francese Jacques Derrida, nato Jacques Élie Derrida. Il suo nome di certo dirà poco alla massima parte dei navigatori: l'entropia del mondo macina ogni cosa e ne disperde il pulviscolo nell'Oblio. Eppure le conseguenze di ogni atto e di ogni parola rimangono, assumendo proporzioni drammatiche che in certi casi arrivano a riempire di sé l'intera società umana. Nessuno potrebbe mai sospettare la spaventosa gravità della colpa di Derrida. Eppure le cose stanno così. Fu proprio quest'uomo a inoculare nel genere umano un tremendo virus memetico che ha portato all'annientamento di ogni capacità di giudizio, minando alla radice la stessa possibilità di conoscere. Chi viene colpito dal contagio diventa cieco all'ontologia e mostra sintomi di una grave forma di demenza. Ha così avuto origine l'Era Postmoderna, in cui l'insania derridiana ha completamente permeato l'Occidente, riducendolo rapidamente a una poltiglia infetta.

Una biografia sintetica  

Jacque Èlie Derrida nacque nel 1930 ad Algeri, nel quartiere di El Biar, da famiglia di origine ebraica sefardita, di condizione benestante. Il suo curriculum è decisamente notevole. Dopo inizi difficili, fu ammesso all'École Normale Supérieure (ENS), dove Louis Althusser fu suo tutor e amico. Completò il suo dottorato in filosofia su Edmund Husserl. Vinse una borsa di studio all'Università di Harvard. Dopo la guerra insegnò alla Sorbona come assistente di Suzanne Bachelard, Georges Canguilhem, Paul Ricœur e Jean Wahl, tenendo seminari su Hegel, Husserl e Heidegger. Su raccomandazione di Altuhusser, ottenne quindi una cattedra all'ENS. Fu fondatore del Collège International de Philosophie, quindi directeur d'études presso l'École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. Ricevette un dottorato onorario dalla Columbia University, seguito da numerosi altri (University of Cambridge, The New School for Social Research, University of Essex, Katholieke Universiteit Leuven, University of Silesia, etc.). Fu professore alla University of California, Irvine (UCI), oltre che professore itinerante in moltissimi atenei sparsi per il mondo. Fu membro dell'American Academy of Arts and Sciences. Ricevette l'Adorno-Preis dall'Università di Francoforte. Morì nel 2004 a causa di un tumore al pancreas, durante un intervento chirurgico. Scompariva così un essere al cui confronto Heydrich dovrebbe essere considerato innocuo come un baco da seta.   

Decostruzione e decostruzionismo

Derrida ha utilizzato il termine Decostruzione (Déconstruction) per tradurre in pratica l'invito di Heidegger alla Destruktion della metafisica. Stando alle parole del filosofo sefardita, la Decostruzione è la "denaturalizzazione del naturale". Essenzialmente si tratta della critica della relazione tra il testo e il significato. L'oggetto del linguaggio, su cui si fonda ogni testo, è ritenuto intrinsecamente complesso, instabile e impossibile a determinarsi. Così per Derrida si rende necessario operare un'analisi serrata in cui i testi degli autori occidentali vengono sottoposti a un minuzioso confronto interno allo scopo di evidenziarne le incoerenze e di portare alla luce tutto ciò che è implicito, come i presupposti e i pregiudizi nascosti. La tesi contrabbandata è molto chiara: tutto ciò che è conoscenza accertata diventa "fascismo" e "razzismo". Queste idee sono espresse tramite l'uso di un linguaggio densissimo, ermetico, pieno di neologimi deleteri. Solo per fare un esempio, Derrida prende il Logos, lo ibrida col fallo e crea il "fallogocentrismo". Si tratta di fumisteria che nasconde ben altro! Il decostruzionismo ha contaminato numerose scienze, influenzando in modo profondo l'architettura, l'arte, la letteratura, il diritto (ne sono nate le sentenze dei Cainiti), la politica (ne è nato il buonismo politically correct), la religione (ha ucciso la teologia cattolica e il Buddhismo lamaista; ha dato origine al Bergoglionismo) e persino la linguistica (Alinei e Semerano sono da considerarsi derridiani radicali). Non c'è campo del pensiero e della creatività umana che sia rimasto immune al morbo.

Il virus Derrida

A riconoscere per primo la natura della Decostruzione e a creare la locuzione "virus Derrida" è stato il matematico e divulgatore scientifico greco Nikos Angelos Salingaros. Nel suo saggio, intitolato per l'appunto The Derrida Virus, parte della raccolta Anti-Architecture and Deconstruction: The Triumph of Nichilism (2004), egli non esita a usare una metafora biologica particolarmente forte per descrivere la sciagurata opera del filosofo francese. Egli afferma giustamente che le idee derridiane, applicate in modo critico, sono responsabili della distruzione del pensiero logico. A chi trova stravagante il mio linguaggio, dirò che non soltanto Salingaros ha usato il concetto di meme per spiegare l'azione del decostruzionismo, aggiungendo che la paternità della memetica si deve a Richard Dawkins, che l'ha elaborata nella sua analisi della propagazione delle idee. Riporto un link al lavoro del matematico greco, in lingua inglese, la cui lettura caldeggio vivamente a tutti. 


Purtroppo l'infezione è stata riconosciuta tardi, quando ormai era generalizzata. Possiamo ben dire che Salingaros ha chiuso la stalla dopo che i buoi erano già scappati, oppure che ha urlato "al fuoco!" quando ormai la città era stata ridotta in cenere. Una cosa molto triste. 

Il corredo memetico del virus Derrida 

Vediamo ora di analizzare la struttura del patogeno decostruzionista e le sue insidiose modalità di azione. Tutto è partito in sordina, senza che nessuno potesse anche soltanto sospettare la pericolosità di ciò che stava accadendo. Quando era ancora uno studente universitario, il giovane Derrida ha tratto materiale memetico dalla fenomenologia di Edmund Husserl e dall'ontologia essenziale di Martin Heidegger, fabbricando in modo astuto le prime sequenze del virus, riuscendo a mascherarle, a farle passare per una forma innovativa di critica testuale. Per quanto la cosa possa stupire, l'analogia tra le mutazioni dei memi e quelle dei geni che codificano i corpi dei veventi è profonda. Mentre il virus biologico attacca le cellule dell'ospite, replicando a dismisura il proprio RNA o DNA fino a farle esplodere, il virus memetico attacca l'intelletto della persona infettata, replicando a dismisura le proprie unità significative, che sono pacchetti di informazioni degeneri pronte a diffondersi e a perpetuare il ciclo dell'annichilimento cognitivo. Se i memi tratti dal pensiero di Husserl e di Heidegger costituiscono la base fondante dei filamenti di RNA concettuale, furono presto inglobati nella struttura virale altri elementi molto importanti, perché in grado di favorire la propagazione di questo morbo metafisico e di mascherarne la natura esiziale: sono sequenze prese dalle scenze umane, soprattutto dalla psicanalisi, dalla linguistica e dalla politica. L'habitat ideale in cui è iniziata la pullulazione del patogeno era costituito dal dibattito sul cosmopolitismo, sulla natura della democrazia, sui diritti degli esseri umani e degli animali, sul superamento dell'umanesimo, sull'Europa Unita e sulla crisi della sovranità. Un humus mortifero che ha permesso l'esplosione della Grande Pandemia di Demenza. Questo scrive Salingaros nel sopracitato saggio The Derrida Virus (traduzione del sottoscritto): 

Critici altrimenti acuti hanno commesso l'errore di respingere Derrida come un altro inintelligibile filosofo francese. Eppure ciò che egli ha introdotto è molto più pericoloso. Egli trasforma la conoscenza in casualità, proprio come un virus distrugge gli organismi viventi disintegrando le cellule individuali. Le sue proprietà possono essere riassunte così:

 01. Il virus ha una piccolissima quantità di informazioni codificate sia come lista di istruzioni da seguire o come esempi da copiare.
 02. All'interno di un ospite appropriato, il virus dirige la parziale disintegrazione dell'ordine e della connectività nella struttura dell'ospite stesso.
 03. Il virus dirige quindi il riassemblaggio di porzioni della struttura dell'ospite, ma in un modo che nega le connessioni necessarie a realizzare la coerenza o la vita.
 04. Il prodotto finale deve codificare il virus nella propria struttura.
 05. Un prodotto decostruito è il veicolo di trasmissione del codice virale nel prossimo ospite.

Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti! 

Un esempio da Quora

Il sito Quora, in cui ogni utente può porre al pubblico qualsiasi domanda e ottenere una serie di risposte, è un miscuglio di perle e di sterco. Si trovano quesiti molto intelligenti a cui danno risposta uomini di Scienza e che aiutano il lettore. Va anche detto che specialmente su Quora in inglese si trovano numerose domande del tipo: "Perché sono nauseante quando smerdo?", "Perché mi piace annusare piedi sporchi?", "Come posso uccidere Adolf Hitler?" e via discorrendo. Tra tante colossali stronzate, ho scorto l'azione del virus Derrida. Un utente si è imbattuto in un archeologo che sostiene a spada tratta una tesi singolare e folle come il Terrapiattismo o il bicarbonato per curare il cancro: il Cristianesimo non sarebbe esistito prima di Alcuino e sarebbe anzi stato inventato ex nihilo dal monaco di York. Ecco il testo"A Quoran archaeologist-historian argues there is no textual evidence for a Christian theological tradition in the West prior to the life of Alcuin (735-804 CE), and that earlier Christian history is a fiction. Is there any rigorous counterargument?". C'è stato chi si è messo a fare un lavoro certosino di raccolta di prove, scrivendo papiri che hanno sui derridiani l'effetto dell'acqua su un impermeabile.

Possibili cure

Salingaros sostiene acutamente che il virus Derrida non può essere combattuto a livello di dibattito intellettuale. Lo stesso Derrida lo ha detto, anche se nessuno gli ha dato retta: "[Il virus] è qualcosa che non è né vivente né non vivente: il virus non è un microbo. E se segui queste due tracce, quella di un parassita che distrugge la destinazione dal punto di vista comunicativo, interrompendo la scrittura, la codifica e la decodifica dell'iscrizione - e che d'altra parte non è né vivo né morto, hai la matrice. Alludo alla possibile intersezione tra l'AIDS e i virus dei computer...". Parole di xenogenesi memetica, che fanno tremare. Il matematico greco arriva alla giusta conclusione che il solo modo di neutralizzare il virus è interrompere alla radice la sua catena di trasmissione: "Siccome il virus non è un vivente, non ha senso attaccarlo con il ridicolo o con criteri logici come quelli di verità e di consistenza. Queste tecniche sono adatte a falsificare e a smantellare sistemmi infinitamente più complessi, che hanno una corrispondente vulnerabilità. Il virus Derrida virus è semplicemente un'informazione codificato nei circuiti neuronali umani e nell'ambiente fisico esterno. Esso risiede negli individui indottrinati programmati per spargerlo, nelle costruzioni e nei testi che ci infettano attraverso sistemi visuali. Il solo modo di fermarlo è fermare i suoi modi di trasmissione informativa". Tuttavia, leggendo Salingaros, ci si rende ben presto conto che nel suo testo mancano indicazioni su metodi concreti per fermare il propagarsi del virus memetico. Le sue conclusioni hanno dell'incredibile. Concentrandosi sull'architettura e dimenticandosi del resto, afferma che "È improbabile che i convertiti alla decostruzione possano essere persuasi ad abbandonare il loro cammino irrazionale. Tuttavia è probabile che la salute e la razionalità siano restaurate attraverso nuove generazioni di architetti". Egli è come un medico che di fronte all'infuriare della peste polmonare, fa spallucce e dice: "È improbabile che gli appestati possano essere convinti a ritornare in salute. Tuttavia è probabile che in futuro si possa ottenere la guarigione tramite una nuova generazione di filosofi". Una conclusione che sembra quasi... derridiana! Non sono così ottimista. A mio avviso l'unica cura possibile, purtroppo irrealizzabile, consiste nella soppressione di chi ha in sé il patogeno e opera per diffonderlo. Se dipendesse da me, userei i sistemi di Ezzelino III da Romano e dei Tokugawa.