venerdì 16 agosto 2019

ETIMOLOGIA DI BUGGERARE, BUGGERONE

Tutti sanno che la parola buggerare significa 'imbrogliare', 'ingannare'. Ebbene, essa in origine significava 'sodomizzare', e buggerone indicava il sodomizzatore. Lo slittamento semantico è del tutto analogo a quello subito dal veneziano gazarar 'imbrogliare': buggerone corrisponde al francese bougre e all'occitano bolgre, derivati a loro volta dal latino tardo bulgarus, ossia 'bulgaro'. Il motivo di questo è semplice: bulgarus era un epiteto dato ai Catari, la cui religione proviene in ultima analisi dalla Bulgaria. L'associazione con la sodomia nasceva dalla condanna del matrimonio e della procreazione, come già spiegato analizzando il sopracitato lemma veneziano. Per molto tempo in italiano bulgaro (variante bulghero) è stato usato come sinonimo di buggerone e di sodomita. Il termine buggerone ha avuto immensa fortuna. Passato anche in inglese come bugger, è diffuso con molte varianti dialettali in aree anche molto lontane: nei dialetti lombardi è documentato bolgiròn, in quelli veneti buzeròn, in siciliano buzzarruni. Echi si trovano anche nel tedesco Puzeron (ora desueto), nello spagnolo bujarrón (notare gli sviluppi fonetici anomali), nel basco bugre (dal francese) e persino nel cèco buzerant

All'epoca in cui la dissidenza dualista ancora fioriva in Occidente, esisteva anche il corrispondente femminile del buggerone: era la buggeressa (o buggioressa) 'donna che si lascia sodomizzare'. Un'attestazione notevole si ha in Rustico Filippi (fra il 1230 e il 1240 - fra il 1291 e il 1300), fiero ghibellino di Firenze con fama di misogino d'assalto. Glorioso maestro del vituperium, in una soave poesia intitolata Dovunque vai con teco porti il cesso, menziona una "buggeressa vecchia puzzolente". Tutto ciò è segno che nell'immaginario dell'epoca la buggeressa non faceva venire in mente una bella morettina donatrice di delizia. Comunque sia, ancora nella Firenze in cui infuriava il Savonarola, vi si trovavano donne dedite al coito anale - cosa che mandava il fanatico frate su tutte le furie. 

Girando nel web mi sono imbattuto in alcuni documenti antropologici sulla prostituzione nel XIX secolo, che poi non sono più riuscito a ritrovare. La propaganda cattolica è stata a dir poco martellante e a lungo non si è trovata alcuna resistenza. Mi sono reso conto di come fino a pochi decenni fa fosse ben dura la vita del povero buggerone, specie se era un uomo virile e bramoso di infilare il randello in un deretano femminile. Ancora quando ero giovane la norma era questa: nessuna donna, per quanto libidinosa e dissoluta, amava prestarsi a una tale penetrazione. Persino le meretrici di più infima categoria rifuggivano i clienti che chiedevano loro di potersi infilare nell'entrata posteriore. Non accettavano di soggiacere alla sodomia nemmeno se pagate a peso d'oro.

ETIMOLOGIA DI CAZZAGAZARO 'INQUISITORE'

Ormai pochi sanno che cazzagàzaro era il termine veneto usato per indicare l'inquisitore. Questa voce non dovrebbe cadere nel dimenticatoio, eppure è stata relegata all'oscurità dell'Ignoto perché è caduta in disuso l'istutizione maligna che serviva a descrivere. Letteralmente significa 'caccia-catari': si tratta di un composto di cazzar 'cacciare' e di gàzaro 'cataro'. Di solito il cazzagàzaro era un frate domenicano, ma spesso l'odioso incarico era ricoperto da francescani o da cistercensi. Sarebbe un errore lasciarsi ingannare dalla proverbiale mitezza dell'Ordine di San Francesco d'Assisi, visto che al suo interno si sono trovate anche delle autentiche belve. 

Nel Glossarium mediæ et infimæ latinitatis, un meritorio sito dell'Università della Sorbona, troviamo questa definizione:

CAZZAGAZARO, vox Ferrariensis dialecti, qua Cazaro, pro Cattaro, dicebatur : Itali pronunciarent Caccia Cattaro ; quo titulo utebantur hi, qui Catharos seu eorum sectarios insectabantur ex officio, uti notat Murator. ad Examen testium ab ann. 1270. tom. 5. Antiq. Ital. med. ævi col. 124 : 

    Dominus Henricus, qui erat officialis inquisitoris in 1270. die iij. exeunte Novembri juratus dicit, etc.

Et col. 127 :

    Dominus Nicolaus......
    []
    juratus dicit, quod modo sunt octo anni vel circa, quod ipse testis erat officialis inquisitoris et Cazzagazaro pro ecclesia Veronæ.

ETIMOLOGIA DI GAZARAR 'IMBROGLIARE'

In veneziano è tuttora in uso il verbo gazarar, ossia 'imbrogliare'. La connessione etimologica è con Gàzari 'Catari', per una complessa serie di slittamenti semantici. La motivazione profonda è di carattere dottrinale. Il Catarismo condanna ferocemente il matrimonio e la procreazione, che sono le cause prime della condizione infernale in cui l'essere umano si trova imprigionato. Come conseguenza ritiene la sodomia - per quanto peccaminosa - migliore di un rapporto procreativo. Così i cattolici iniziarono a collegare i Catari con la sodomia. 

In questo modo in Veneto, territorio in cui la denominazione Gàzari era assai diffusa, il verbo gazarar è stato usato per indicare l'immissio penis in anum, cioè il coito sodomitico (indipendentemente dal sesso del soggetto ricevente). Si capisce a questo punto come  gazarar sia passato da 'sodomizzare' a 'imbrogliare'. In modo abbastanza naturale - se mi si consente l'ironia. Colui che è stato imbrogliato, ingannato, è paragonato a colui a cui è stata carpita la verginità anale. Per questo spesso si dice inculare per 'imbrogliare' e inculato per 'imbrogliato'.

Un parallelo meno ovvio ma semanticamente simile è il verbo italiano infinocchiare 'imbrogliare', che in origine significava alla lettera 'rendere finocchio', ossia 'sodomizzare un uomo' - essendo finocchio derivato da un diminutivo del latino femina (cfr. napoletano femminiello), usurato foneticamente e venuto a collassare col nome del vegetale.

ALBIGESI E ALBANESI

Com'è risaputo, le genti del mondo chiamano i Buoni Uomini e i Credenti usando molte denominazioni, tra cui una delle più note ed usate è Albigesi. Ad esempio, la funesta guerra di sterminio bandita da Innocenzo III contro la Linguadoca è chiamata crociata contro i Catari e gli Albigesi. Il funesto pontefice romano voleva sradicare i suoi ex correligionari dalla società umana, emanando un Decreto di Estinzione che non è mai stato revocato: così come gli Israeliti hanno tuttora il comandamento di estinguere la stirpe di Amalek, allo stesso modo è ancora incluso nei canoni della Chiesa Romana il comandamento di annientarci, dovunque noi siamo, anche se tutto ciò che ci resta è un'idea. Il nome Albigesi è stato attribuito in modo prevalente ai Buoni Uomini e i loro Credenti per tutto il XIX secolo e buona parte del XX. Eppure non si tratta di una definizione teologica, bensì geografica. 

Come fa notare il Duvernoy, l'origine del termine Albigesi risiede nella lingua del Paese di Oïl, dove era uso comune chiamare in questo modo l'intera popolazione della Linguadoca. In particolare l'aggettivo si riferisce alla città di Albi, che in epoca antica era chiamata Albiga. Pars pro toto. Si pensa che il toponimo sia di origine ligure, anteriore all'arrivo dei Celti: è derivato da una radice *alb- che indica l'altura, la montagna, e che si ritrova non soltanto nel nome delle Alpi, ma anche in quelli di città come Alba Longa. A conferma dell'uso geografico dell'epiteto, sono stati chiamati Albigesi non soltanto i Buoni Uomini e i loro Credenti, ma anche i Valdesi, che non aderiscono certo all'Entendensa de Be. Non sono rare le menzioni di autori del XVIII e del XIX secolo riguardanti i Valdesi, descritti erroneamente come discendenti di Albigesi. Ancora oggi alcuni integralisti cattolici sono convinti dell'origine catara del Valdismo soltanto perché alcune comunità di Credenti Catari hanno trovato scampo nelle Valli Valdesi in Piemonte, permanendovi a lungo. 

Altro significativo problema è quello dell'origine del termine Albanese, che in Italia indicava coloro che professavano il Dualismo Assoluto della Chiesa di Dragovitsa - ad esempio la comunità di Desenzano. Secondo alcuni tale epiteto sarebbe semplicemente derivato dal nome di un Vescovo chiamato Albano, ma va detto che di un tale prelato dualista non si trova alcuna traccia sicura nelle cronache. Resta ad illuminarci come un faro il Compendio scritto da Giovanni di Lugio, che afferma in una frase: "i Veri Cristiani che a giusto titolo sono chiamati Albanesi"

Jean Duvernoy nota: "Se si trattasse di un appellativo di convenzione derivato da una località oppure da una persona, ormai dimenticata, "a giusto titolo" (recto nomine) non avrebbe senso. Quale sinonimia può esserci tra "veri cristiani" e "albani o albanesi"? Se, invece, Albanenses è la forma italiano di Albigesi, come non vedere dei veri cristiani in coloro che si richiamano ai martiri dell'immenso massacro?" (maiuscole e minuscole sono dell'autore).

Altre ipotesi più stravaganti ipotizzano che il termine Albanesi sia derivato da Alba, in Piemonte, oppure dall'Albania. Secondo i dati del sito Gens Labo, il cognome Albigese, inequivocabile, è presente in due soli comuni, uno i Friuli e uno in Campania. Un cognome Albigesi, altrettanto sicuro, si trova nei pressi di Torino. 

mercoledì 14 agosto 2019

ETIMOLOGIA DI CASTELNAUDARY

Situato a circa 55 km da Tolosa e a circa 30 km da Carcassonne, Castelnaudary sorge nei pressi del centro che nell'antichità era chiamato Sostomagus. Il toponimo, chiaramente preromano, mostra il tipico suffisso celtico -magos 'campo'. In lingua occitana l'abitato è invece conosciuto come Castelnau d'Arri, che è da interpretarsi come 'Castelnuovo di Ario', con riferimento al gran numero di dissidenti dualisti che vi abitavano quando fu edificato il maniero che diede nome al centro medievale. In latino il luogo è citato come Castellum Novum Arri. La prima menzione risale al 1103; in un altro documento del 1118 si cita: "Castellum novum quod cognominatur Arri". Si trova anche la variante Castellum novum Arianorum, ossia 'Castello Nuovo degli Ariani'. 

Alcuni autori hanno messo in dubbio questa etimologia, interpretando invece Arri come la parola guascone arri, harri, che indica il rospo. Questa connessione con il nome di un anfibio non è probabile, dato che non rende conto delle forme latine e non è giustificabile a livello grammaticale. La parola guascone (h)arri 'rospo' è senza dubbio un termine del sostrato preindoeuropeo, ma non sono al momento in grado di fornirne una spiegazione più profonda. Non mi sembra molto credibile l'opinione di coloro che associano il vocabolo in analisi al basco harri 'pietra', affermando che un grosso batrace verrucoso somiglierebbe a una roccia scabra. Nel lessico neolatino del guascone la consonante h- in genere è derivata da una precedente f- (es. hemna 'femmina'). 

Esiste in provincia di Mantova un comune chiamato Castel d'Ario (o Casteldario). Certo, sarebbe suggestivo immaginare che l'origine sia simile a quella di Castelnaudary. Ebbene, possiamo escluderlo. Fino al 1867 Castel d'Ario si chiamava più prosaicamente Castellaro (in mantovano Castlàr). Il sindaco Luigi Boldrini chiese a Giosuè Carducci, suo amico, di trovare una denominazione poetica per il borgo lombardo, qualcosa che facesse sognare. Ecco che il poeta, autore degli eroici versi "Vino e ferro vogl'io, come a' begli anni...", trasse spunto dalle tradizioni locali che volevano il paesino fondato da un centurione chiamato Ario (o Dario). Nacque così Castel d'Ario, che nulla ha a che fare con l'eresiarca alessandrino o con i Dualisti medievali - pure molto numerosi in quelle terre.

ARIANO, ARRIANO, ARIÀN

Nel Vocabolario Milanese-Italiano di Francesco Cherubini è riportata la voce ariàn per indicare il bestemmiatore, nella locuzione "bestemmà come on ariàn", facente rima con "bestemmà come on can". Questo vocabolo non era sconosciuto all'italiano, nelle forme ariano e arriano. Anche in alcuni dialetti piemontesi se ne trovava traccia. 

L'origine del termine è dal nome del prete alessandrino Ario (256 - 336 d.C.), che negava la consustanzialità del Figlio rispetto al Padre, ritenendolo invece una sua creatura. Ario diede origine alla Chiesa Ariana, che si diffuse soprattutto tra i popoli di lingua germanica, come Ostrogoti, Visigoti, Vandali, Eruli, Burgundi e Longobardi. 

In passato era molto diffusa l'idea che non esistesse differenza tra opinioni eterodosse e parole blasfeme, e ancora oggi si sente a volte usare la parola eresia con il senso di 'bestemmia' o di 'sproposito'.  

Ci si potrebbe chiedere come mai fino a non molto tempo fa persistessero ricordi dei seguaci di Ario in Italia. La risposta a questo interrogativo è semplice: non si tratta di una denominazione conservata ininterrottamente dai tempi della Chiesa Ariana, ma di una sua reintroduzione avvenuta nel XI secolo per designare i Protocatari. Come riporta Duvernoy, la prima attestazione sicura di questo termine attribuito a dissidenti dualisti è molto precoce, addirittura del 1048. In una lettera del Vescovo Vasone di Liegi al Vescovo di Châlons si parla esplicitamente di eresia ariana con riferimento al rifiuto di certi eretici di uccidere animali per cibarsene. Il Legato Enrico di Marsiac nel 1178 affermò che "Ario è risorto in Occidente"

In epoca successiva ricorre specialmente in Francia la denominazione Ariani o Arriani, applicata specificamente ai Buoni Uomini e ai loro Credenti. Ad esempio Bernardo di Chiaravalle nel XII secolo scrisse della presenza di una setta a Tolosa, i cui membri erano da lui chiamati Ariani. Il fatto che egli li definisse anche Tessitori è prova sicura che fossero Catari. A dire il vero, il Duvernoy sostiene che il termine sarebbe stato usato soprattutto dai Cistercensi, ritenendolo quasi esclusivo della Francia, cosa quest'ultima che forse è un po' esagerata, dato il perdurare di suoi residui cristallizzati in Italia almeno fino al secolo XIX. Una simile imprecisione nell'opera dello studioso francese la trovo a dir poco singolare.  

Occorre fare a questo punto qualche precisazione. La dottrina di Ario, l'Arianesimo, non è dualista. Tecnicamente parlando non è nemmeno antitrinitaria: ammette la Trinità, ma anziché ritenerla composta da persone uguali e distinte come fa la dottrina della Chiesa Romana, ritiene che il Padre sia distinto dal Figlio e dallo Spirito Santo e che ne sia il Creatore. Così Ario afferma che c'era un tempo in cui esisteva unicamente il Padre. La creazione delle altre persone della Trinità sarebbe quindi avvenuta tramite il meccanismo platonico delle emanazioni.

I Buoni Uomini professavano parimenti la creaturalità di Cristo, che divenne Figlio di Dio essendo in origine un angelo, ma per il resto non esiste nulla in comune con gli insegnamenti della Chiesa Ariana. I seguaci di Ario credevano nell'Incarnazione e ritenevano che esistesse un solo Principio, il Dio unico che al pari dei Niceni credevano essere il Creatore del Cielo e della Terra. Chiamare Ariani i Catari è quindi frutto non solo di un malinteso, ma della scarsa preparazione dei teologi della Chiesa di Roma nel XI secolo. 

Va infine notato che i termini Ariani e Arianesimo qui discussi non hanno nulla a che fare con le dottrine razziali di Adolf Hitler. In tale accezione il termine Ariani deriva invece dalla parola sanscrita ārya, che significa 'di stirpe nobile'. Trovo necessario specificarlo, perché mi è capitato di udire una persona usare in modo improprio la parola Arianesimo con riferimento al colore chiaro dei capelli, facendo un commento sui bambini-zombie del film Il villaggio dei dannati (Wolf Rilla, 1960). Non aveva neppure idea dell'esistenza di un significato diverso.

MANI, MANICHEO, MANICHEISMO

Il significato più comune della parola manicheismo di questi tempi è quello di "ideologia, teoria, dottrina che ponga in netto contrasto il bene e il male" (fonte: Il Sabatini Coletti, dizionario della lingua italiana). Per estensione, il manicheo è "chi accentua le differenze di opinioni, teorie, posizioni, ecc., ritenendole inconciliabili". Secondo il dizionario di Wikipedia, la definizione è una persona che "vede il mondo o bianco o nero e non percepisce una zona grigia". Questa in sintesi l'accezione dei vocaboli in questione nel mondo moderno. 

Tempo fa ho trovato persino un blog in Splinder (ora estinto), manicheo.splinder.com, che era gestito da un personaggio da caricatura. Costui si presentava come Nero-Bianco e apponeva ad ogni cosa una netta etichetta: "bene" o "male". Così riteneva Sartre, Prevert e Kerouac "male", e per colmo del paradosso venerava Ratzinger e il Vaticano, definendoli "bene" - con tutto quello che la Chiesa Romana ha fatto ai veri Manichei. In giorni più recenti, un amico ha protestato in un suo post contro il "manicheismo da stadio" che a sua detta affliggerebbe questa nazione. 

Anche senza arrivare a simili grotteschi estremi, non ci sono dubbi che in questo mondo moderno termini come manicheo e manicheismo siano molto impopolari, quasi capri espiatori dell'assurda condizione in cui siamo costretti a vegetare. Vediamo quindi di recuperare la corretta etimologia di queste parole, a pubblica edificazione. 

Il termine manicheo non proviene da manica e nemmeno da manichino, come qualche individuo faceto ed irriverente osa talvolta supporre, bensì dal nome di Mani, fondatore di una forma di Dualismo Anticosmico che ebbe vasta diffusione a partire dal III secolo d.C., irradiandosi dalla Persia fino in Britannia, in Spagna, in Africa, in India, in Cina e persino in Siberia. 

Il Profeta Mani era chiamato Mar Mani, dove l'epiteto Mar significa "Signore". In Aramaico, era noto come Mani Hayya, ossia "Mani il Vivente", donde è derivato proprio il Greco Manichaios, dato in prestito al Latino come Manichaeus. Le varianti attestate sono numerose: in Greco troviamo anche Manys, genitivo Manytos o Manentos, mentre in Latino è molto comune Manes, genitivo Manetis

Molti fanno correttamente notare che non esiste una derivazione diretta del Catarismo dal Manicheismo, e che i Buoni Uomini sono andati al rogo accusati di essere Manichei, pur senza aver mai sentito nominare Mani. Eppure la Dottrina dei Buoni Uomini è ancora più radicale di quella di Mani, attribuendo al Male anche la creazione degli astri. In realtà non esiste contraddizione: il Catarismo trae la sua vera origine nei Vangeli, letti nella corretta esegesi radicale, e questa stessa esegesi è anche il fondamento primo della religione di Mani.  

Ritengo scorretto il significato corrente di manicheo e manicheismo, parole che devono essere riportate alla loro corretta origine. Così si deve intendere manicheo soltanto come: 

1) Un seguace della Religione di Mani;
2) Un Cristiano Dualista, ossia un Marcionita, un Bogomilo, un Pauliciano, un Cataro. 


È bene ricordare che nella nostra accezione i Cristiani Dualisti sono i soli Veri Cristiani. Questo indipendentemente dall'origine filogenetica e dal percorso storico della religione professata.

lunedì 12 agosto 2019

BOGOMIL, L'AMICO DI DIO

Il nome Bogomil significa 'Amico di Dio' ed è la traduzione slava del greco Philos Theou. Si noti come la locuzione Philos Theou sia completamente diversa dal nome Theophilos, che significa invece 'Amato da Dio': nel secondo caso l'uomo che porta il nome è oggetto dell'Amore Divino. 

Cosma, il prete bulgaro che durante il regno dello Zar Pietro (927-969) scrisse un trattato contro i Dualisti di Bulgaria, faceva discendere il Movimento Bogomilo da un prete di nome Bogomil, il cui nome egli traduce erroneamente con Theophilos. Egli scrisse infatti empiamente che i Bogomili trassero il loro nome "da un prete chiamato Bogomil, ma in verità indegno della misericordia di Dio"

Come fa notare il Duvernoy, la radice mil- ha il significato di 'grazia' e 'misericordia' se unita al prefisso po-, tanto che Kyrie eleison è tradotto in slavone con Gospodi pomiloui. Tuttavia se usata senza il prefisso, tale radice ha significato di 'amore' e 'benevolenza'. L'espressione Philos Theou, corrispondente a Bogomil, compare nella Lettera di Giacomo, che rimanda a Isaia 41,8 nel parlare di Abramo (Giac 22,24). Eusebio di Cesarea la usa nel rivolgersi ai fedeli nell'atto di inaugurare la basilica di Tiro, verso il 315: Philoi Theou kai hiereis, ossia 'Amici di Dio e sacerdoti'.  

Anche in Origene se ne trovano interessanti menzioni. Questo dettaglio rimanda quindi al Cristianesimo più antico e non alle tradizioni sviluppatesi in epoca posteriore. Il titolo di Philos Theou è usato da Origene per indicare i Cercatori di Verità che riescono ad avere accesso a insegnamenti escatologici che non possono essere conosciute dai comuni fedeli, in quanto "Solo Dio le conosce e coloro che sono suoi amici grazie a Cristo e allo Spirito Santo". Questi dettagli possono ben rendere conto dell'origine del Catarismo dalla Linea degli Apostoli. 

Più che un nome dato a un bambino all'atto del battesimo di Giovanni, Bogomil sembra dunque essere un titolo religioso acquisito in età adulta. Se questo fosse provato, ignoreremmo il nome con cui il Pop Bogomil era noto prima di dedicarsi alla diffusione dell'Insegnamento. Il nome Amico di Dio era infatti attributo di ogni Buon Cristiano. 

In Occidente la locuzione Amici di Dio fu usata dai Catari. A Maurens-Scopont nell'Alta Garonna, nel 1225 una donna incontrò alcuni Buoni Uomini che non conosceva, e chiese loro chi fossero, e le fu risposto che essi erano Amici di Dio. Un'altra documentazione si ha nel Manoscritto di Tolosa, contenuto nel Registro d'Inquisizione del 1245-1253, in cui un imputato è accusato di aver creduto "che gli eretici fossero dei buoni uomini ed avessero una giusta credenza e fossero veritieri e amici di Dio". Questa formula notarile non faceva che registrare il linguaggio stesso dei Buoni Uomini, come confermato da altre testimonianze. 

Nel 1273 un Buon Uomo a Tolosa usò le seguenti parole nella sua opera missionaria: "Gli Amici di Dio, che la Chiesa Romana perseguita, si sobbarcano a grandi fatiche, fanno grandi penitenze e conducono una vita di austerità" (Ms. Doat, t. XXXV, f. 46v.). A Montaillou, all'inizio del XIV secolo, i Buoni Uomini erano definiti "Santi, Probi Viri, Amici di Dio, Signori". Alcuni anni dopo l'esecuzione di Guilhem Belibasta, l'ultimo Buon Uomo noto in Linguadoca, una donna fu bruciata sul rogo per aver detto che Peire Autier era un vero Amico di Dio. 

Con buona pace di coloro che negano la connessione tra Catarismo Occitano e Bogomilismo, fino alla fine visse nel Sabarthès un epiteto che è l'esatta traduzione di Bogomil. Questo perché il Catarismo non è una Chiesa Nazionale originatasi nella regione pirenaica, come tuttora qualcuno si ostina a credere, ma in buona sostanza Bogomilismo d'Occidente. 

La locuzione Amici di Dio non deve comunque trarre in inganno e ingenerare confusioni, in quanto fu in seguito usata in ambiti che non hanno alcuna connessione con il significato che aveva assunto in contesto dualista. Si chiamarono Amici di Dio persino le comunità religiose che in Svizzera e in Germania nel XIV seguirono gli insegnamenti mistici dei Domenicani tedeschi come Meister Eckhart. Persino Josemaría Escrivá De Balaguer, fondatore dell'Opus Dei, scrisse un'opera intitolata Amici di Dio.

Lo scrittore di fantascienza Philip K. Dick nel suo romanzo Valis ha descritto una comunità i cui membri si definiscono Amici di Dio. Questi non hanno nulla a che vedere con i Buoni Uomini, trattandosi di deliranti tossicomani californiani convinti di essere in realtà ciclopi alieni sotto mentite spoglie umane. 

ETIMOLOGIA DI PATARINO

In origine si indicava con il termine patarino un seguace della Pataria milanese, movimento pauperista del XI secolo che predicava la lotta contro gli ecclesiastici corrotti e simoniaci. Eroi che guidarono questa rivoluzione furono Arialdo di Carimate e Landolfo Cotta, nobiluomini discendenti dei Longobardi. 

Alcuni autori sostengono che la Pataria traesse il suo nome dal milanese pattée 'cenciaiolo', 'rigattiere' (cfr. italiano patta, in origine 'cencio', dal longobardo paita 'veste'). Altri ancora scrivono che la stessa parola milanese pattée indicasse invece le discariche di rifiuti (cfr. italiano pattume, pattumiera): nei pressi di quei luoghi si sarebbero adunati i Patarini rivoltosi. Difficile non vedere in queste associazioni ai cenci o ai rifiuti un intento di scherno e di denigrazione da parte del clero ben pasciuto e abusivo.

Tuttavia nei secoli XII-XIII si diffuse ampiamente una nuova accezione del termine, tanto che patarino (variante paterino) divenne semplicemente sinonimo di cataro. In un primo tempo la parola avrebbe indicato anche altri eretici, come ad esempio i Valdesi e gli Umiliati, per poi passare a designare soltanto i dissidenti dualisti. Le ipotesi sono ancora una volta molteplici. Qualcuno pensa che i Catari fossero detti Patarini per semplice assonanza con la più antica Pataria. Una variante Patari è ben documentata, ma non è certo se si pronunciasse Pàtari o piuttosto Patàri - in opposizione a Càtari, Gàzari che ha sempre l'accento sulla prima sillaba. Per altri questa denominazione deriverebbe da personaggi storici connessi con il Catarismo. Mi sono imbattuto in due ipotesi: o un fantomatico Filippo Pateron, o il nobile Roberto Patta di Giussano (vissuto in pieno XIII secolo). A mio avviso si tratta di favole. Se il Pateron non è un parto di fantasia, dovette guadagnarsi il soprannome per via dell'abitudine di recitare di continuo il Pater (vedi sotto). Per quanto riguarda il nobile giussanese Patta, sembra che portasse un epiteto di scherno, come se girasse coperto di cenci o fosse incline a estrarre con troppa facilità i genitali dai calzoni.

L'etimologia più probabile della parola patarino è invece un'altra. I Patarini sarebbero stati chiamati così perché l'unica preghiera che ammettevano era il Pater: rifiutavano ogni altra invocazione usata dai fedeli della Chiesa Romana. È nota una variante slava Patereni si trova anche in Bosnia per indicare i Catari balcanici, i Bogomili. A riprova di questo, faccio notare qualcosa che a dispetto dell'apparenza banale potrebbe avere una certa importanza: non mi risulta che il Catarismo sia mai stato chiamato Pataria. Questo nonostante l'opinione sostenuta dal Feedback di Google, che reputa Pataria un recente derivato astratto in -ia (cfr. magia, porcheria, etc.) costruito a partire da patarino

Nel Morgante Maggiore di Luigi Pulci (1432 - 1484) troviamo un saraceno apostrofato come marran rinnegato paterino (Cantare ventesimosettimo, 8), segno che la parola aveva subìto uno slittamento semantico passando a significare 'empio, irreligioso'. Nel XVIII secolo in Toscana si usava ancora paterino come sinonimo di 'furfante, briccone, birbaccione'.

ALCUNE PRECISAZIONI SULL'ETIMOLOGIA DI CATARO

Il termine catharus (dal greco katharos 'puro') è un epiteto già in uso con riferimento agli antichi Manichei e anche agli Orfici, chiamati Cathari o Catharistae. Si pensa che la parola sia stata usata dai teologi della Chiesa di Roma principalmente per questo motivo. I Catari chiamavano se stessi in vari modi: Buoni Uomini, Amici di Dio, Buoni Cristiani, Veri Cristiani. In particolare si nota che Amico di Dio è la traduzione letterale di Bogomil, a sua volta traduzione slava del greco Philos Theou. Nei testi di autori catari non si trova mai la parola cataro (forse esiste una singola eccezione scoperta di recente, ma non ho potuto averne conferma).

Innanzitutto dico qualcosa sulla corretta pronuncia della parola cataro, perché troppe volte mi sono imbattuto in persone che la ignorano. L'accento, come dovrebbe essere chiaro anche dall'etimologia, cade sulla prima sillaba: càtaro, Càtari. Non bisogna mai, per nessun motivo, dire *catàro, *Catàri - anche se questo malcostume è diffuso.

Il termine Catarismo è un comodo neologismo formato tramite il produttivo suffisso -ismo: il vero nome della religione catara è Conoscenza del Bene, o anche semplicemente Bene. I Catari della Linguadoca dicevano Entendensa de Be (o Entendensa del Be). Sorprende la semantica di Entendensa, che potrebbe essere una perfetta traduzione in occitano del greco Gnosis 'Conoscenza'.

Tutto parrebbe chiaro. Restano però alcune questioni insolute, legate a forme popolari che sembrano derivate direttamente dal greco katharos, senza mediazione latina. 

In Italia settentrionale i Catari erano chiamati Gàzari. La -z-, che è sonora, indicherebbe una tarda pronuncia bizantina, e starebbe a provare un'origine orientale diretta del termine. Questa denominazione persiste tuttora in alcuni dialetti piemontesi come gàser 'mago, marito della strega'.

In tedesco si hanno le forme Ketzer 'eretico' e Ketzerei 'eresia', chiaramente derivate da Cathari. È interessante notare a questo punto un altro problema. La -th- potrebbe essere divenuta -tz- (sorda) per pronuncia bizantina e la forma essere recente. Potrebbe però darsi che -th-, divenuta un'occlusiva dentale -t-, si sia poi regolarmente evoluta in -tz- a causa della seconda rotazione consonantica, un mutamento regolare che ha colpito l'Alto Tedesco, agendo tra l'altro su molti prestiti dal latino ecclesiastico. In questo caso la parola sarebbe abbastanza antica. A conferma di questo c'è il vocalismo: la presenza dell'Umlaut palatale che trasforma la -a- in -e-. Così Cathari deve essere la forma originaria, plurale ma usata poi anche come singolare, donde l'Umlaut che altrimenti non si potrebbe spiegare in alcun modo. 

Infine va menzionata un'etimologia falsa e infamante, che purtroppo trova ancora sostenitori. Il teologo cattolico Alano di Lilla suppose un'origine dal latino catus 'gatto', accusando i Catari di baciare il posteriore di un felino nel corso di fantomatici riti orgiastici. Tutto ciò è una pura e semplice calunnia: i Buoni Uomini avevano come regola la castità assoluta. La pseudoetimologia da catus è parte di un apparato ideologico e denigratorio micidiale, già visto all'opera in molte occasioni nel corso dei secoli. Va riportato che alcuni studiosi francesi ancora di recente hanno sostenuto la suddetta analisi fallace. Tra questi Duvernoy e Roquebert. Roquebert è ostile al Catarismo, e la cosa non deve stupire.