In origine si indicava con il termine patarino un seguace della Pataria milanese, movimento pauperista del XI secolo che predicava la lotta contro gli ecclesiastici corrotti e simoniaci. Eroi che guidarono questa rivoluzione furono Arialdo di Carimate e Landolfo Cotta, nobiluomini discendenti dei Longobardi.
Alcuni autori sostengono che la Pataria traesse il suo nome dal milanese pattée 'cenciaiolo', 'rigattiere' (cfr. italiano patta, in origine 'cencio', dal longobardo paita 'veste'). Altri ancora scrivono che la stessa parola milanese pattée indicasse invece le discariche di rifiuti (cfr. italiano pattume, pattumiera): nei pressi di quei luoghi si sarebbero adunati i Patarini rivoltosi. Difficile non vedere in queste associazioni ai cenci o ai rifiuti un intento di scherno e di denigrazione da parte del clero ben pasciuto e abusivo.
Tuttavia nei secoli XII-XIII si diffuse ampiamente una nuova accezione del termine, tanto che patarino (variante paterino) divenne semplicemente sinonimo di cataro. In un primo tempo la parola avrebbe indicato anche altri eretici, come ad esempio i Valdesi e gli Umiliati, per poi passare a designare soltanto i dissidenti dualisti. Le ipotesi sono ancora una volta molteplici. Qualcuno pensa che i Catari fossero detti Patarini per semplice assonanza con la più antica Pataria. Una variante Patari è ben documentata, ma non è certo se si pronunciasse Pàtari o piuttosto Patàri - in opposizione a Càtari, Gàzari che ha sempre l'accento sulla prima sillaba. Per altri questa denominazione deriverebbe da personaggi storici connessi con il Catarismo. Mi sono imbattuto in due ipotesi: o un fantomatico Filippo Pateron, o il nobile Roberto Patta di Giussano (vissuto in pieno XIII secolo). A mio avviso si tratta di favole. Se il Pateron non è un parto di fantasia, dovette guadagnarsi il soprannome per via dell'abitudine di recitare di continuo il Pater (vedi sotto). Per quanto riguarda il nobile giussanese Patta, sembra che portasse un epiteto di scherno, come se girasse coperto di cenci o fosse incline a estrarre con troppa facilità i genitali dai calzoni.
L'etimologia più probabile della parola patarino è invece un'altra. I Patarini sarebbero stati chiamati così perché l'unica preghiera che ammettevano era il Pater: rifiutavano ogni altra invocazione usata dai fedeli della Chiesa Romana. È nota una variante slava Patereni si trova anche in Bosnia per indicare i Catari balcanici, i Bogomili. A riprova di questo, faccio notare qualcosa che a dispetto dell'apparenza banale potrebbe avere una certa importanza: non mi risulta che il Catarismo sia mai stato chiamato Pataria. Questo nonostante l'opinione sostenuta dal Feedback di Google, che reputa Pataria un recente derivato astratto in -ia (cfr. magia, porcheria, etc.) costruito a partire da patarino.
Nel Morgante Maggiore di Luigi Pulci (1432 - 1484) troviamo un saraceno apostrofato come marran rinnegato paterino (Cantare ventesimosettimo, 8), segno che la parola aveva subìto uno slittamento semantico passando a significare 'empio, irreligioso'. Nel XVIII secolo in Toscana si usava ancora paterino come sinonimo di 'furfante, briccone, birbaccione'.
Alcuni autori sostengono che la Pataria traesse il suo nome dal milanese pattée 'cenciaiolo', 'rigattiere' (cfr. italiano patta, in origine 'cencio', dal longobardo paita 'veste'). Altri ancora scrivono che la stessa parola milanese pattée indicasse invece le discariche di rifiuti (cfr. italiano pattume, pattumiera): nei pressi di quei luoghi si sarebbero adunati i Patarini rivoltosi. Difficile non vedere in queste associazioni ai cenci o ai rifiuti un intento di scherno e di denigrazione da parte del clero ben pasciuto e abusivo.
Tuttavia nei secoli XII-XIII si diffuse ampiamente una nuova accezione del termine, tanto che patarino (variante paterino) divenne semplicemente sinonimo di cataro. In un primo tempo la parola avrebbe indicato anche altri eretici, come ad esempio i Valdesi e gli Umiliati, per poi passare a designare soltanto i dissidenti dualisti. Le ipotesi sono ancora una volta molteplici. Qualcuno pensa che i Catari fossero detti Patarini per semplice assonanza con la più antica Pataria. Una variante Patari è ben documentata, ma non è certo se si pronunciasse Pàtari o piuttosto Patàri - in opposizione a Càtari, Gàzari che ha sempre l'accento sulla prima sillaba. Per altri questa denominazione deriverebbe da personaggi storici connessi con il Catarismo. Mi sono imbattuto in due ipotesi: o un fantomatico Filippo Pateron, o il nobile Roberto Patta di Giussano (vissuto in pieno XIII secolo). A mio avviso si tratta di favole. Se il Pateron non è un parto di fantasia, dovette guadagnarsi il soprannome per via dell'abitudine di recitare di continuo il Pater (vedi sotto). Per quanto riguarda il nobile giussanese Patta, sembra che portasse un epiteto di scherno, come se girasse coperto di cenci o fosse incline a estrarre con troppa facilità i genitali dai calzoni.
L'etimologia più probabile della parola patarino è invece un'altra. I Patarini sarebbero stati chiamati così perché l'unica preghiera che ammettevano era il Pater: rifiutavano ogni altra invocazione usata dai fedeli della Chiesa Romana. È nota una variante slava Patereni si trova anche in Bosnia per indicare i Catari balcanici, i Bogomili. A riprova di questo, faccio notare qualcosa che a dispetto dell'apparenza banale potrebbe avere una certa importanza: non mi risulta che il Catarismo sia mai stato chiamato Pataria. Questo nonostante l'opinione sostenuta dal Feedback di Google, che reputa Pataria un recente derivato astratto in -ia (cfr. magia, porcheria, etc.) costruito a partire da patarino.
Nel Morgante Maggiore di Luigi Pulci (1432 - 1484) troviamo un saraceno apostrofato come marran rinnegato paterino (Cantare ventesimosettimo, 8), segno che la parola aveva subìto uno slittamento semantico passando a significare 'empio, irreligioso'. Nel XVIII secolo in Toscana si usava ancora paterino come sinonimo di 'furfante, briccone, birbaccione'.
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