giovedì 18 giugno 2020


DOVE SOGNANO LE FORMICHE VERDI

Titolo originale: Wo die grünen Ameisen träumen
Paese di produzione: Germania Ovest, Australia
Anno: 1984
Lingua: Inglese, Yolngu, Gunwinggu 
Durata: 100 min
Rapporto: 1,85 : 1
Girato in: 35 mm 
Proiettato in: 35 mm
Colore: Colore
Audio: Mono
Genere: Drammatico
Regia: Werner Herzog
Soggetto: Werner Herzog
Produttore: Werner Herzog, Lucki Skipetic 
Produttore esecutivo: Samantha Krishna Naidu, Willi Segler
Sceneggiatura: Bob Ellis, Werner Herzog
Fotografia: Jörg Schmidt-Reitwein
Montaggio: Beate Mainka-Jellinghaus
Musiche: Wandjuk Marika
Costumi: Frances D. Hogan
Interpreti e personaggi:
    Bruce Spence: Lance Hackett
    Wandjuk Marika: Miliritbi (il Capotribù)
    Roy Marika: Dayipu (il Custode dei Canti)
    Ray Barrett: Cole
    Norman Kaye: Baldwin Ferguson
    Ralph Cotterill: Fletcher
    Nick Lathouris: Arnold
    Basil Clarke: Giudice Blackburn
    Dhungala I. Makika: Malila "Il Muto"
    Tony Llewellyn-Jones: Fitzsimmons 
    Robert Brissenden: Professor Stanner 
    Bob Ellis: Gestore del supermercato
    Michael Edols: Giovane avvocato
    Paul Cox: Fotografo
    Colleen Clifford: Miss Strehlow
    Werner Herzog: Avvocato (non accreditato) 
    Christopher Cain: Assistente dell'avvocato (non
         accreditato)
    Paul Donazzan: Pilota della Royal Australian Air Force
    Michael Glynn: Pilota della Royal Australian Air Force
    Hugh Keays-Byrne: Minatore 
    Marraru Wurrungmurra: Daisy Barunga  
    Ricky: Aborigeno bizzarro
    Ronnie: Aborigeno bizzarro
    Andrew Mack: Ufficiale del protocollo
Doppiatori italiani:
    Oliviero Dinelli: Lance Hackett 
Traduzioni del titolo: 
    Inglese: Where the Green Ants Dream
    Francese: Le Pays où rêvent les fourmis vertes
    Spagnolo: Donde sueñan las verdes hormigas
    Portoghese:
Onde Sonham as Formigas Verdes
    Russo: Там, где мечтают зелёные муравьи
    Polacco: Tam, gdzie śnią zielone mrówki
    Norvegese: Hvor de grønne maurene drømmer
    Lituano: Ten, kur svajoja žaliosios skruzdėlės
    Finlandese: Missä vihreät muurahaiset uneksivat
    Ungherese: Ahol a zöld hangyák álmodnak
    Turco: Yeşil karıncaların düş gördüğü yer
    Giapponese: 緑のアリの夢見るところ (Midori no ari ga
         yumemiru tokoro)  

 
Trama:
Siamo in una remota regione dell'Australia. Un geologo, il segaligno Lance Hackett, è stato incaricato dalla compagnia mineraria Ayers di mappare il sottosuolo di un'area desertica ricoperta di termitai, allo scopo di verificare le possibilità di estrazione di composti dell'uranio. In tale desolazione vivono alcuni aborigeni che fanno di tutto per ostacolare il lavoro del tecnico. Affermano che quella è una terra sacra, chiamata "Il luogo dove sognano le formiche verdi". La tesi che sostengono è quantomai singolare: se le attività della compagnia dovessero disturbare il sonno delle formiche verdi, si innescherebbe un catastrofico processo di distruzione del mondo intero e del genere umano. Hackett cerca di giungere a un accomodamento con quella povera gente, offrendo varie soluzioni, come ad esempio una percentuale degli introiti in caso gli scavi dovessero rivelarsi produttivi. Il punto è che si tratta di soluzioni che per un aborigeno non hanno il benché minimo significato. Alla disperata ricerca di una scappatoia, l'avvocato della compagnia e lo smilzo geologo invitano due notabili, Miliritbi (il Capotribù) e Dayipu (il Custode dei Canti), conducendoli in visita alla grande metropoli di Sidney. Sperano di impressionarli, di stordirli con le luci della civiltà. Offrono loro un pranzo sontuoso in un ristorante greco, con tanto di libagioni di vino e di ouzo, quindi li portano a vedere un aeroporto. Subito gli aborigeni sono stupiti da un mezzo aereo militare, per via del sua vaga somiglianza con una formica verde. Così esprimono il loro desiderio di possedere quel mirabile velivolo. La compagnia pensa di dimostrare la propria buona volontà acquistando l'aereo e facendone dono alla tribù, dando per scontato che non saranno sollevate ulteriori obiezioni alle prospezioni minerarie. Il problema è che il senso della gratitudine tra quelle popolazioni sembra essere molto peculiare. In particolare l'interpretazione del concetto di scambio non è così ovvia e scontata. Il Capotribù e il Custode dei Canti hanno ringraziato il cuoco greco per il pranzo. Non hanno però ringraziato la compagnia mineraria, che ha pagato il conto. Così non sembrano comprendere l'idea che il dono dell'aereo servisse al preciso scopo di rimuovere gli ostacoli: credono che si sia trattato di un atto di generosità gratuita e disinteressata, perché del sacro non si può fare mercato. Infatti la loro opposizione alle manovre della compagnia resta invariata, con grande disappunto della dirigenza. La bega finisce in tribunale. Il giudice sembra ben disposto verso gli aborigeni. I maggiorenti della tribù rendono piuttosto difficile la comunicazione: il Custode dei Canti si rifiuta giustamente di parlare inglese, così il Capotribù funge da interprete. Un avvocato difende la loro causa. Le cose si complicano perché un uomo chiamato a testimoniare può comunicare soltanto nella propria lingua, che nessuno capisce, dato che egli è l'ultimo superstite del suo gruppo tribale. Nonostante l'avvio favorevole, gli eventi hanno presto un esito disastroso. La compagnia riesce a vincere la causa. Il Capotribù e il Custode dei Canti salgono sull'aereo loro donato, assieme a un meticcio alcolizzato che riesce a farlo decollare. La sagoma del velivolo si allontana e sparisce oltre l'orizzonte. I due notabili credono che il pilota li stia conducendo verso la Terra del Sogno. Le loro speranze finiscono presto: i resti del mezzo precipitato sono ritrovati il giorno dopo tra le rocce. Un segno portentoso ed orribile.  
 
Citazioni: 
 
"Voi bianchi siete perduti. Voi... voi non potete capire la Terra. Troppe domande stupide. La vostra presenza su questa Terra presto finirà. Voi non avete un senso. Non avete uno scopo, una direzione."
(Miliritbi, il Capotribù) 
 
"La questione è, Vostro Onore, che quest'uomo è il sacro custode di tutti i segreti della sua tribù, e la sua tribù è morta. È lui l'unico sopravvissuto alla sua gente, al suo clan. Lo definiscono "Muto" perché non c'è nessuno sulla Terra che possa parlare con lui."
(Lance Hackett)  

 
Recensione:  
Ho seguito con grande interesse ogni sequenza di questa bellissima pellicola, spesso impropriamente etichettata come "documentario". Siamo di fronte a una narrazione in cui la finzione e i fatti si mescolano di continuo: la trama si basa in parte su un caso realmente accaduto, denominato "Milirrpum contro Nabalco Pty Ltd" e risalente al 1971. È stato il primo contenzioso sul titolo nativo in Australia e il primo caso legale significativo per il riconoscimento dei diritti fondari aborigeni. Il suo oggetto era la Penisola di Gove, nel Territorio del Nord. L'importanza del processo permane, anche se il giudice Richard Blackburn ha dato ragione alla compagnia Nabalco, rigettando la dottrina del titolo aborigeno di proprietà sulla terra. Una grande innovazione introdotta da Herzog sta nell'aver voluto far interpretare il film proprio agli aborigeni coinvolti in tale disputa legale. In particolare Wandjuk Djuwakan Marika (1927 - 1987) era un attivista, pittore e compositore impegnato nella lotta per i diritti delle popolazioni aborigene alle loro terre ancestrali. Era un membro del clan Rirratjingu del popolo Yolngu, stanziato nella Terra di Arnhem (Territorio Settentrionale). Suo fratello era Roy Dadaynga Marika (circa 1925 - 1993), sue sorelle erano Banduk Marika (nata il 13 ott. 1954) e Raymattja Marika (circa 1959 - 2008). 
 

La Terra del Sogno 

Quando Homo sapiens giunse in Australia (all'epoca era una massa continentale che inglobava la Tasmania e la Nuova Guinea), non trovò altre popolazioni di ominidi. C'era invece un'incredibile ricchezza di animali, molti dei quali di proporzioni gigantesche. C'erano koala grandi come orsi, vombati grandi come ippopotami, carnivori marsupiali simili a leoni, canguri enormi e via discorrendo. Anche la vegetazione era ricchissima e c'era grande abbondanza di frutti. Poi qualcosa è cambiato. Mutamenti nel clima e caccia intensiva hanno provocato l'estinzione di questa stranissima megafauna. Un progressivo inaridimento della terra ha reso inospitali vastissime regioni. Le popolazioni aborigene non hanno mai dimenticato la vita che conducevano nei loro primi stanziamenti: conservano in qualche modo memoria di specie animali estinte da lunghissimo tempo. Quello è il Tempo del Sogno, quella è la Terra del Sogno. Herzog ci descrive bene la percezione a dir poco sfocata di Miliritbi e di Dayipu, convinti in modo incrollabile che oltre il "Luogo dove sognano le formiche verdi" si estenda tuttora la loro Terra del Sogno.  
 
Tecnologia malfunzionante
 
Tutto cominicia con un orologio donato al Custode dei Canti. All'improvviso ne parte un fischio fastidiosissimo e nessuno riesce a farlo smettere. Sembra che i manufatti tecnologici smettano di funzionare in modo corretto in presenza dei due notabili aborigeni. Sembra che ci sia uno spiritello nascosto nelle macchine, pronto ad interferire con il loro funzionamento e a metterle fuori uso, tanto che nessuno riesce a porvi rimedio. Quello che è successo all'orologio, succede poi a un ascensore, che si blocca senza che se ne possa scorgere una causa chiara. Un marchingegno simile a un parallelepipedo di metallo diventa così un geroglifico dell'incomunicabilità e della natura futile del progresso tecnologico. In fondo cos'altro può essere un ascensore, se non una gabbia in cui siamo murati vivi senza speranza di salvezza?   

Il luogo dove si progettano i figli 
 
Un tempo esisteva un albero, che era particolarmente sacro, essendo l'unico nella sterile vastità. Accadeva così che gli aborigeni si riunissero in quel luogo, sedendosi a terra e discutendo animatamente su come avrebbero dovuto essere i figli che intendevano concepire. Così facendo "progettavano i figli". Non pensavano che i bambini nascessero davvero dalle copule: erano convinti che prima di venire al mondo fossero in una specie di limbo, in una terra di nessuno fatta di indeterminazione, in cui i desideri e i pensieri dei loro padri potevano agire plasmando forma e carattere. Poi vennero i coloni ad abbattere quell'albero sacro, perché fosse costruito proprio lì un supermercato, un tempio in cui, parafrasando una canzone dei Malnatt, si sacrificava al dio Conquibus. Gli aborigeni però non hanno mai dimenticato dove si trovava l'albero. Hanno continuato a sedersi proprio in quel preciso punto - in cui ormai sorgevano gli scaffali con i detersivi - facendo quello che facevano i loro avi, pensando di plasmare i nascituri.
 
L'ultimo parlante della sua lingua  
 
La molteplicità linguistica dell'Australia aborigena è sorprendente. Si pensa che prima dell'arrivo dei coloni fossero parlate più di 250 lingue, oggi ridotte a circa 100. La maggior parte delle lingue superstiti è in serio pericolo: soltanto 13 sono parlate in modo vitale da tutte le coorti di età e trasmesse alle nuove generazioni. La lingua Guugu Yimithirr, un tempo diffusissima, versa oggi in stato di grave decadenza e conta circa 800 parlanti, quasi tutti nonni. Herzog ci mostra lo stadio terminale di questo processo di decadenza di una lingua nativa, quello in cui resta un unico parlante, senza alcun interlocutore possibile. Malila, soprannominato "Il Muto", è in realtà perfettamente in grado di parlare. Egli è il Custode dei Canti del suo popolo scomparso. Come si è detto, il problema è che nessuno capisce la sua lingua, perché sull'intero pianeta egli è l'ultimo uomo a cui è stata trasmessa. Non è una situazione così paradossale come parrebbe a prima vista. Si sono dati casi simili in Australia. Lingue che erano date per estinte da molto tempo sono state ritrovate grazie alla scoperta inaspettata di un parlante isolato. Stupisce lo scarso interesse che questi rinvenimenti destano nell'opinione pubblica, completamente abbrutita. Forse non tutto è perduto. La lingua Kaurna della regione di Adelaide, il cui ultimo parlante è morto nel 1931, è stata almeno in parte recuperata grazie ai documenti lasciati da due missionari tedeschi, Christian Teichelmann e Clamor Wilhelm Schürmann. Un brillante scienziato israeliano residente in Australia, Ghil'ad Zuckermann, è impegnato nel tentativo di far rivivere lingue che si sono spente.
 

Una politica deleteria 
 
L'Australia ha una storia coloniale atroce, in cui i bambini venivano spesso strappati alle famiglie aborigene, con l'intento di farli crescere "civilizzati", ignari della loro eredità. Questa politica aberrante traeva la sua origine nel darwinismo e nella retorica massonica del progresso. Sì, proprio le "magnifiche sorti e progressive", nel cui nome sono state commesse iniquità spaventose. La distruzione delle lingue native era un pilastro di questa visione del mondo. Un politico malfattore, Anthony Forster, nel 1843 dichiarò esplicitamente che gli Aborigeni sarebbero stati civilizzati prima se la loro lingua si fosse estinta. 

Incongruenze bizzarre: linguistica 

La lingua Yolngu è di ceppo Pama-Nyungan, come la maggior parte delle lingue native australiane. Tuttavia è assai peculiare. Le tribù che la parlano, nei suoi vari dialetti, vivono nella Terra di Arnhem, nel nord del continente, in un'area che dà sul mare. Costituiscono una sorta di enclave, essendo circondate da tribù che parlano lingue non Pama-Nyungan. Appena più a sud riprende la distribuzione delle lingue Pama-Nyungan, che si estendono in lungo e in largo per tutto il continente, fino alla Grande Baia e al Mare di Tasman. Una situazione davvero complicata. Herzog ha preso le genti Yolngu dalla Terra di Arnhem e le ha trapiantate nel Deserto Centrale, proprio nell'arido cuore del continente, in un'area scarsamente popolata dove si trovano soltanto lingue Pama-Nyungan da molti secoli.   

Incongruenze bizzarre: entomologia 

A un certo punto compare una specie di scienziato pazzo dai capelli quasi canuti, forse un albino o un leucistico, che nelle intenzioni del regista doveva richiamare Klaus Kinski. Sono sicuro che il fiero attore di Danzica avrebbe reagito con furia alla proposta di una simile parte così poco rilevante. All'epoca in cui fu girato questo film, il regista non aveva ancora rotto con lui, ma il disastro sarebbe avvenuto pochi anni dopo. Ecco il surreale dialogo tra il frenetico uomo di Scienza e il magro geologo: 
 
Scienziato: "Perché sono qui? Ecco, glielo dico subito. Non c'è nessun altro posto in Australia dove  il campo magnetico sia distorto in modo così abnorme."
Geologo: "Lei l'ha misurato?"
Scienziato: "Sì, naturalmente. E siccome la formica verde è l'unica creatura sulla Terra che ha un organo sensitivo in linea con i campi magnetici, come se fosse una bussola vivente, io la faccio impazzire creando campi magnetici addizionali. Ecco, le nostre piccole amiche sono capaci di trasformare l'intero paesaggio. In meno di un giorno riescono ad innalzare termitai alti sei piedi, duri come roccia. 
Si allineano sempre nella direzione nord sud, a scavare immensi sistemi di tunnel sottoterra. Si nutrono di legno. Masticano di tutto, e possono masticare anche un sotffitto rinforzato di metallo per arrivare al legno. Le nostre formiche verdi non sono dotate di un apparato digerente molto sviluppato, così vivono in simbiosi con dei batteri unicellulari che stanno nel loro intestino. Biologicamente parlando la formica verde non appartiene assolutamente alla famiglia delle formiche. Le somiglia soltanto. Sono una specie di tèrmiti e sono imparentate con la famiglia degli scorpioni. Mi sono spiegato?" 
Geologo: "Sì. In quanto agli aborigeni?" 
Scienziato: "Sì, sì, sì, gli Abos, quelli neri. Devono aver notato che le nostre amiche sono come banderuole prima della tempesta. Come fossero un esercito si allineano verso nord e poi si fermano in mezzo al loro sentiero, il che vuol dire come si dice, che sognano, sognano il Tempo dei Sogni, delle origini del mondo." 
Geologo: "Bene, ma quello che volevo sapere..."
Scienziato: "Ah sì, le formiche sono senza sesso."
Geologo (perplesso): "Senza sesso?" 
Scienziato (in evidente stato allucinatorio): "Spero che capisca quello che dico. Una sola volta l'anno gli spuntano le ali e volano verso est, sui monti, in giganteschi sciami. Solo due di questo gruppo si differenziano sessualmente e si accoppiano. La femmina... la femmina diventa regina e il maschio principe consorte. Mi sta seguendo? La femmina depone 40.000 uova al giorno, molto più di quanto pesi. Resta immobile al centro della struttura. Diventa 100 volte più grossa della sua misura di partenza, quasi due pollici. Il maschio... il maschio resta piccolo e feconda le uova. anche lui trova riugio sotto la regina, e si spaventa facilmente. Quando la regina - lei mi segue vero? - quando la regina diventa sterile, l'intera colonia comincia a morire. Arrivano i guerrieri... A nugoli gli insetti leccano la regina fino a consumarla, e allora una nuova generazione si prepara a volare sulle montagne!" 

Herzog non è uno scienziato. Senza dubbio è un grande poeta, e per questo dobbiamo ammirarlo. Certo che nel dialogo sono contenute inconsistenze sesquipedali. Batteri unicellulari? Come se esistessero anche di pluricellulari! Le termiti imparentate con gli scorpioni? Oltretutto, nel contenitore di vetro mostrato dallo scienziato, vediamo normalissime formiche, non termiti. 

I numeri nel Paleolitico  

Questo dice il giovane avvocato della tribù durante il processo: 

"Lasciatemi tornare al concetto di numero secondo gli Aborigeni. La loro nozione di quantità è totalmente diversa dalla nostra. Non è regolata da una numerazione astratta, perciò in molti dialetti tribali ci sono numerazioni da uno a tre. Tutto quello che viene dopo è definito "molti". Ad ogni modo, se un mandriano nero ha una mandria di 600 mucche, rinchiuse nel suo recinto, gli basta uno sguardo per accorgersi che ne mancano due. Esistono ancora queste capacità. Se, per esempio, una madre con sei figli sta caricando i bagagli su un treno, in una stazione affollata, e uno dei figli corre a bere, quella madre saprà con un solo sguardo, senza contare, che ne manca uno." 

La verità è che simili sistemi numerali rudimentali sono ancora abbastanza comuni nel mondo. Questo non avviene perché i popoli incapaci di contare oltre il tre siano "primitivi" o "scarsamente evoluti" - come piace pensare ai materialisti seguaci del darwinismo. Presso tali popoli non esistono sistemi numerali complessi perché non sono utili nel contesto, non servono a nulla.

I meticci politicizzati 

Pieni di rabbia e di livore, i meticci che protestano in aula non conoscono una sola parola di una lingua aborigena, a parte quelle entrate nel lessico comune anglosassone (es. boomerang, cangaroo, etc.). Magari credono anche alla stoltissima leggenda sull'etimologia di cangaroo, pensando che significhi "non ti capisco" e che il significato corrente si debba a un equivoco del Capitano Cook. Il loro sentire è abissalmente distante da quello del Capotribù e del Custode dei Canti. Tra loro non esiste comunicazione possibile. I due notabili aborigeni sentono e pensano come uomini del Paleolitico, incontaminati superstiti di un'epoca remota, mentre i meticci sentono e pensano come le Pantere Nere americane, come la Sinistra radicale dell'Università di Berkeley: in loro tutto è ideologia, tutto è politica, tutto è follia. Perché dico che la loro è follia? Semplice: perché vogliono riscrivere la Storia e l'Universo servendosi del linguaggio ideologico e politico. La realtà dei fatti per loro è irrilevante, contano soltanto le loro storture postmoderne. Dove la realtà cozza con l'ideologia e con la politica, attuano la sua rimozione. Non hanno nulla in comune con gli Aborigeni che hanno conservato la propria lingua. Sono i Figli dell'Oblio. Perché non si impegnano nell'apprendimento della lingua dei loro avi?   

Le Età della Specie Umana 

1) L'Età dell'Autismo. Nel Paleolitico gli umani erano sprofondati nell'autismo. Non connettevano l'atto sessuale al concepimento. Vivevano nel Tempo del Sogno
2) L'Età della Schizofrenia. Nel Neolitico è cominciato qualcosa di nuovo: lo sviluppo delle società agricole ha portato al prevalere della schizofrenia. La schizofrenia è stata l'innesco che ha causato la diffusione delle religioni organizzate e di altre forme di pensiero articolato (filosofia, Scienza, etc.). Questa tendenza si è imposta e generalizzata nel corso dei successivi millenni, accentuandosi sempre più. 
3) L'Età della Demenza. Esaurito il genio della specie Homo sapiens, l'imporsi dell'Era Informatica ha portato a una nuova deriva. Il pensiero umano si è disarticolato, è andato in pappina, si è gradualmente dissolto. Soltanto le sue forme esteriori si sono conservate, senza però alcuna sostanza soggiacente. Così ha avuto origine una nuova funesta Età: quella della Demenza, ossia del Postmodernismo. 
 
Si comprende all'istante che la popolazione aborigena australiana non soggetta all'acculturazione, tagliata fuori dal resto del mondo per lunghissimo tempo, permane nel Paleolitico, nell'Età dell'Autismo. La sua stessa esistenza è una testimonianza preziosissima che ci permette di gettare luce sul nostro passato più lontano. L'autismo funzionale è una caratteristica che ha permesso la sopravvivenza di quelle genti nei millenni. La profezia di Miliritbi è veritiera e di grandissima attualità: la demenza postmoderna porterà presto miliardi di persone al disastro.     

Curiosità 

Si dice che l'intero impianto mitologico fondato sulle formiche verdi e sui loro poteri sia stato inventato da Herzog. Secondo lo stesso regista non sarebbe esistito nulla di simile nel complesso mondo dei racconti dei nativi. In realtà l'attore Wandjuk Marika ha sostenuto che un mito fondante basato sui sogni delle formiche esisteva davvero in un clan della zona di Oenpelli. 
 
Si basa su un fatto realmente accaduto l'incidente assai buffo in cui un manufatto segreto viene mostrato al giudice durante il processo, come prova dei diritti della tribù sulla terra minacciata dalla compagnia mineraria. 
 
I nomi di due personaggi, Baldwin Ferguson e Miss Strehlow, forniscono collegamenti con antropologi noti per il loro lavoro sugli Aborigeni. Baldwin Spencer (1860-1929) era un antropologo britannico-australiano che fece studi pionieristici nel campo. Theodor George Henry Strehlow (1908-1978) è stato notato per i suoi studi sul popolo Arunta (Arende) dell'Australia centrale. 

Herzog dedicò questo film alla madre, che morì proprio nel periodo in cui erano in corso le riprese.

martedì 16 giugno 2020


L'IGNOTO SPAZIO PROFONDO

Titolo originale:
The Wild Blue Yonder
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Regno Unito, USA, Francia, Germania
Anno: 2005
Durata: 81 min
Rapporto: 1.85:1 (16:9)
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Pseudo-documentario
Regia: Werner Herzog
Soggetto: Werner Herzog
Sceneggiatura: Werner Herzog
Produttore: Andre Singer, Lucki Stipetić
Produttore esecutivo: Christine Le Goff
Casa di produzione: Werner Herzog Filmproduktion, West
     Park Pictures, Tetra Media
Distribuzione in italiano: Fandango
Fotografia: Henry Kaiser, Tanja Koop, Klaus Scheurich
Montaggio: Joe Bini
Musiche: Ernst Reijseger, Mola Sylla, Cuncordu e Tenore de
     Orosei
Interpreti e personaggi:
    Brad Dourif: L'alieno
    Donald Edward Williams: Astronauta (comandante)
    Ellen Baker: se stessa, come astronauta (fisico)
    Franklin Chang-Diaz: se stesso, come astronauta (fisico)
    Shannon Lucid: se stessa, come astronauta (biochimico)
    Michael McCulley: se stesso, come astronauta (pilota)
    Roger Diehl: se stesso, come matematico
    Ted Sweetser: se stesso, come matematico
    Martin Lo: se stesso, come matematico
Traduzioni del titolo: 
     Spagnolo: La salvaje y azul lejanía
     Russo: Далёкая синяя высь
Colonna sonora: 
    CD: Requiem for a dying planet 
    Contenuti:  
    1. Intro Dank Sei Dir Gott
    2. Dank Sei Dir Gott (di Georg Friedrich Haendel, cantato
         da Emmi Leisner)
    3. Longing For A Frozen Sky
    4. A Una Rosa
    5. Libera Me, Domine
    6. In Search Of A Hospitable Place
    7. Sanctus
    8. Bad News From Outer Space
    9. Su Bolu 'E S'Astore
   10. Mura/Ballu Turturinu
   11. Song Of The Desert
   12. Kyrie 
Premi e riconoscimenti:
Premio FIPRESCI, vinto il 5 settembre 2005 alla 62ª Mostra del cinema di Venezia.

Sinossi: 
Il film, suddiviso in dieci capitoli, inizia narrando l'angosciante storia di una civiltà aliena nata nella galassia di Andromeda e costretta a migrare dal proprio pianeta, l'Ignoto Spazio Profondo (The Wild Blue Yonder), reso inabitabile da una violenta glaciazione. È una storia costituita dai fallimentari tentativi intrapresi da questi extraterrestri allo scopo di comunicare e di avere rapporti commerciali con gli umani della Terra. 
 
I. Requiem per un pianeta morente
     (Requiem for a dying planet)  
II. I Padri Fondatori alieni
    (The alien Founding Fathers) 
III. Riesaminato il mistero dell'UFO di Roswell 
    (The Roswell UFO mystery re-examined)
IV. Missione oltre i limiti
      (Mission to the Outer Fringes)
V. La morte di un sogno
      (The death of a dream) 
VI. La matematica del trasporto caotico 
      (The mathematics of chaotic transport) 
VII. I misteri dello Spazio Profondo
      (Mysteries of the Blue Yonder) 
VIII. Utopia della colonia ideale
      (Utopia of the ideal colony) 
IX. Il tunnel del tempo 
     (The tunnel of time) 
X. La vera storia del loro ritorno 
     (The true story of their return) 
 
Come ci spiega l'alieno, il relitto trovato a Roswell era una sonda della sua civiltà. Riesaminato dopo 50 anni, il manufatto ha dato origine a una contaminazione batterica e a una pandemia contenuta a stento. Questo ha portato la NASA ad inviare nello spazio un equipaggio con l'incarico di trovare un nuovo pianeta abitabile, una casa per il genere umano. Scelta acuta e intelligente, proprio come quella dei benestanti fuggiti da Milano durante la peste descritta dal Manzoni. Dopo vani tentativi di esplorazione dello spazio vicino, come per incanto la nave spaziale viene ghermita da una distorsione spaziotemporale e finisce proprio nella galassia di Andromeda, sul pianeta d'origine degli alieni - ormai disabitato e ridotto a una palla di ghiaccio. L'equipaggio perfora questa crosta glaciale, tuffandosi nel sottostante oceano di elio liquido (sic!). Trovano meduse, alghe e altri organismi mucillaginosi, quindi fanno della nave la loro dimora per qualche anno. Quindi decidono di tornare sulla Terra, perché nemmeno il pianeta oceanico può offrire ospitalità duratura a un'umanità di esuli. Utilizzando la distorsione spaziotemporale, credono di viaggiare per soli 15 anni. In realtà ci mettono ben 820 anni. L'umanità nel frattempo ha abbandonato la Terra servendosi di stazioni spaziali. Il pianeta, diventato un Parco Nazionale, è ricoperto di foreste e sprofondato nella preistoria. 
 

Recensione: 
Questo non è un film di facile assimilazione. Ho dovuto vederlo due volte per comprenderlo ed apprezzarlo appieno. Spicca l'estrema povertà dei mezzi utilizzati. In pratica, il regista ha saldato svariati filmati di repertorio della NASA e di esplorazione subacquea antartica - questi ultimi opera di Henry Kaiser e girati nelle acque dell'Isola di Ross. Anche le interviste agli scienziati sono reali, per quanto siano state impiegate dando loro un significato molto diverso da quello originale. Per questo moltivo, una parte della critica cinematografica ha ritenuto "inaccettabile" questa pellicola. Spiccano alcune incongruenze marchiane, sesquipedali, che nulla tolgono al lirismo dell'opera. Ad esempio, l'ammaraggio di un astronauta americano viene presentato dal regista come se fosse il recupero di un alieno venuto dall'Ignoto Spazio Profondo. Eppure la tuta non ha affatto l'aspetto di essere di produzione aliena, tanto che mostra la bandiera degli USA su una manica. La stessa forma degli esuli si presenta come indistinguibile dalla nostra, nonostante provengano da un ambiente tanto diverso. Come avrebbero fatto ad adattarsi? A questo mistero non viene fornito neppure un abbozzo di risposta. Stupisce l'assoluta mancanza di contenuti propri nelle genti dell'Ignoto Spazio Profondo, come se si fossero assimilate interamente alla lingua inglese e agli usi della Terra dei Coraggiosi, perdendo ogni memoria della loro cultura d'origine. Un'amnesia poco credibile, anche postulando il progressivo scemare delle capacità mentali degli alieni, a cui pure il narratore fa allusione: se anche fossero diventati dementi, come avrebbero fatto ad apprendere una nuova lingua e un nuovo mondo di informazioni? Abbondano le contraddizioni logiche. In uno dei suoi interminabili monologhi, il narratore afferma che l'allevamento di animali domestici è stato il primo peccato del genere umano, avvenuto nel Neolitico. Il nome dato a questa grave colpa è "sedentarietà". Infatti dall'allevamento e dall'agricoltura deriva la fondazione di villaggi e grandi città, con tutto il degrado che ne consegue. L'allevamento di cani non è invece un peccato, perché tali intelligenti carnivori aiutano l'uomo nella caccia quando è nomade. Bene, sono d'accordo. Però l'esule cosmico non spiega come avrebbe fatto la propria civiltà ad uscire dal Paleolitico e ad arrivare a viaggiare tra le galassie. L'elogio ecologico dell'umanità di cacciatori e raccoglitori stride con i tentativi degli alieni di installare sulla Terra una città e di integrarsi nell'economia e nella politica delle sue nazioni.  

 
Un pianeta antifisico 

L'Ignoto Spazio Profondo (in inglese The Wild Blue Yonder, alla lettera "Il Blu selvaggio laggiù") dovrebbe essere un mondo oceanico fatto di acqua e ghiacciato in superficie a causa di un'improvvida era glaciale. Quando gli astronauti terrestri raggiungono la superficie candida di questo mirabile globo e ne perforano la superficie, l'oceano viene descritto dal narratore come un'atmosfera composta di elio liquido. L'elio è un gas nobile, inerte, incolore e insapore, non tossico, che si presenta allo stato liquido a temperature inferiori a -268,91 °C (si consideri che lo zero assoluto è -273,15 °C). È una pura e semplice assurdità pensare che in simili condizioni gli astronauti possano nuotare allegramente servendosi di tute da subacqueo. Le condizioni di un modo sarebbero vicine alla Morte Termodinamica, non si vedrebbero certo organismi gelatinosi nuotare allegramente. In fondo non è un problema eccessivo. I pianeti antifisici sono molto comuni nella tradizione fantascientifica. Iniziamo col gigantesco pianeta Kobol, che i Mormoni ritengono la sede di Dio (dotato a loro detta di un corpo fisico), per continuare con il celeberrimo Trantor, nato dalla fantasia di Isaac Asimov. Cosa c'è di più assurdo di un mondo ricoperto interamente da una città di metallo compatto, in barba a un'amenità chiamata "conduzione del calore"? Nella realtà, una costruzione simile sarebbe inconcepibile, eppure Trantor ha incantato intere generazioni di lettori di fantascienza, in nome di un trucchetto conosciuto come "sospensione dell'incredulità". Se si ammette un pianeta abitabile come Trantor, non si faranno troppe storie per la creazione di Herzog! 
 

L'Involuzione delle Specie 
 
Gli alieni partiti dall'Ignoto Spazio Profondo hanno subìto nel corso dei secoli un processo di degradazione cognitiva, che li ha portati a diventare sempre più incapaci e sconnessi dalla realtà. Pare proprio che sia un processo entropico ineluttabile che colpisce tutte le specie intelligenti. Prima si accende la fiammella dell'Intelligenza, che permette di accedere alla Conoscenza e ai suoi frutti. Poi accade che l'Intelligenza cominci a scemare e a mostrare sintomi di degrado, sempre più gravi. Alla fine, si arriva alla demenza generalizzata. Herzog ci mostra i desolanti risultati di questo corrosivo processo. Gli alieni avevano in mente di costruire sulla Terra una città grande e potente come Washington D.C., proprio nel territorio degli States. Una seconda Washington, con tanto di Pentagono, Congresso, Campidoglio, Corte Suprema e via discorrendo, che doveva diventare un centro commerciale di importanza mondiale. Cosa sono riusciti a realizzare? Una specie di discount in cui nessuno andava, situato in un crocicchio nel bel mezzo del deserto. Il sito istituzionale che avrebbe dovuto oscurare il Campidoglio era un piccolo edificio fatiscente alla confluenza di due stradine polverose. 
 
Questa è la traduzione in italiano del passaggio, tratta tra i sottotitoli: 
 
"Sapete, i nostri bis, bis, bis, bis, bis, bisnonni erano degli eccellenti scienziati, ma il viaggio era lungo e noioso. E quando arrivammo qui, centinaia e centinaia e centinaia di anni dopo, eravamo diventati degli incapaci."  

Questa è l'originale in inglese d'America: 
 
"You know, our great-great-great-great-great-great-great-great grandfathers were fine scientists, but the journey was long and boring and when we got here, hundreds of hundreds and hundreds and hundreds and hundreds of years later, those of us who arrived here just... sucked."
 
La pronuncia è allucinante: quella lunga successione di "great-great-great-great" suona come il verso di un papero: GWÈ GWÈ GWÈ GWÈ! Si noterà anche l'anodina "traduzione" di "just... sucked" con "eravamo diventati degli incapaci". Mancava il coraggio di tradurre correttamente con "facevamo schifo".  
 
Una fisica surreale  

Herzog cerca in tutti i modi di fornire una descrizione plausibile di come gli astronauti siano riusciti a raggiungere l'Ignoto Spazio Profondo. Non ci riesce, credo per via del fatto che ignora i princìpi della Relatività di Einstein. Uno scienziato di origine orientale, forse coreana, si lancia in una presentazione dal sapore New Age, in cui si propone di sostituire lo schema delle orbite dei pianeti del sistema solare con un labirinto neolitico come quello che si trova nella cattedrale di Chartres. Ha in testa una grande confusione. Secondo lui, se si raggiunge il punto lagrangiano L1 del sistema Terra-Luna e si imbocca la giusta "autostrada spaziale", si finisce comodamente su altre stelle o addirittura in un'altra galassia, a velocità superluminali! Per spiegare la distorsione del tempo nel viaggio di ritorno degli astronauti si invocano addirittura gli universi paralleli. Tuttavia sarebbe stato più facile postulare i cunicoli spaziotemporali detti wormholes (connettono regioni remote dell'Universo) e la presenza di una grande massa come quella di un buco nero gigante (la dilatazione temporale gravitazionale rallenta lo scorrimento delle lancette degli orologi).
 
    
Un equivoco linguistico 

Mentre le meduse passano accanto agli esploratori in pinne subacquee, una voce canta in una lingua dalla sonorità semitica, molto affine a quella dell'arabo. Lì per lì ho pensato che fosse un canto in punico conservato miracolosamente dai Tenores sardi, anche se la cosa pareva abbastanza inverosimile. Tempo fa mi è stato detto che in Sardegna ci sono persone capaci di scagliare maledizioni servendosi di formule in una lingua antica, ma non ho avuto mai la possibilità di visionarne i testi. Ovviamente c'era la possibilità che si trattasse di una lingua inventata di sana pianta, di una specie di grammelot semitico, messo a punto per dare l'impressione di una lingua ignota di origine aliena. Il punto è che una simile creazione non è poi così immediata e facile. Poi ho scoperto che il canto è in lingua Wolof. Una lingua reale, dunque, parlata in Senegal, ma anche in Gambia, Guinea, Guinea-Bissau, Mali e Mauritania, per un totale di quasi 5,5 milioni di locutori. Mola Sylla, che ha contribuito alla colonna sonora del film, è per l'appunto un cantante senegalese, i cui testi sono proprio in lingua Wolof. 
 
 
Cantu a tenore 

Il cantu a tenore (ossia "canto a tenore") è uno stile di canto corale polifonico, originale ed autoctono, tipico della Sardegna e in particolare dell'impervia Barbagia. In lingua sarda è chiamato anche su tenore, su cuncordu, su cussertu (su cuntzertu), su cuntrattu, su cantu a proa, s'agarropamentu. Spesso si parla di Tenores sardi, ma tale locuzione non è così semplice come potrebbe sembrare a prima vista. Infatti in sardo la parola tenore è già un plurale collettivo, che indica l'insieme di coloro che cantano in un gruppo. Ciascuno dei cantanti è detto boche "voce". Il plurale sigmatico Tenores indica i diversi gruppi che praticano il cantu a tenore. Si tratta senza dubbio di un'eredità antichissima, a parer mio preromana. Si ipotizza che questa forma di canto, tipicamente pastorare, sia nato dall'imitazione dei suoni della Natura. Così secondo alcuni su bassu (il basso) imita il muggito di un bue, sa contra (il contralto) imita il belato di una pecora, sa mesu boche (la mezza voce) imita il verso dell'agnello, mentre la voce dell'uomo è quella del solista, sa boche. Si notano sorprendenti somiglianze tra il cantu a tenore e il xöömej, un canto difonico tipico delle genti di Tuva, in Siberia, ai confini con la Mongolia. Secondo le tradizioni tuvane, il xöömej sarebbe nato dall'imitazione dei suoni della steppa: l'acqua che scorre, il trotto dei cavalli, il sibilo del vento. Lo scopo sarebbe stato quello di acquisire la forza degli spiriti degli elementi naturali. Tutto ciò è di estremo interesse e merita approfondimenti. 
 
 
Utopie e contenuti profetici 
 
Anno del Signore 2005. Tempi non sospetti. Greta Thunberg poppava ancora il latte materno: sarebbero passati anni prima del manifestarsi dei prodromi della sua condizione isterica di attivista convulsionaria. Ebbene, Werner Herzog aveva ben chiare le condizioni terminali del nostro pianeta malato, infestato dal parassita Homo sapiens, e sognava la palingenesi, il ripristino di una purezza edenica. Così ci parla del ritorno degli astronauti dall'Ignoto Spazio Profondo, mostrandoci l'immagine di un imponente acrocoro che sorge dalla foresta pluviale facendo scaturire impetuosi ruscelli dai fianchi: 
 
"Quando sono tornati, 820 anni dopo, la Terra non era più abitata. Era diventata un Parco Nazionale. L'atterraggio è avvenuto su questo altopiano, perché non c'erano più aeroporti, città, ponti, dighe, soldi, banche, tempo e vita. Era tornata alla sua bellezza originaria. Era di nuovo preistorica. E questo è il suo aspetto..." 
 
All'epoca non si sospettava che una pandemia avrebbe fatto la sua irruzione nel mondo, introducendo una discontinuità di portata storica. Eppure Herzog in qualche modo lo presentiva. Così ha immaginato la comparsa di un morbo alieno e ha preconizzato draconiane misure di contenimento. Ricordiamoci che il tanto strombazzato Contagion di Steven Soderbergh (2011), esaltato in modo fanatico da molti fantascientisti, non mostra nulla di simile a un lockdown e all'imposizione generale delle mascherine. Altra cosa prevista dal regista è il delirante titanismo di Elon Musk. A un certo punto si vede infatti uno scienziato che dice mirabilia della colonizzazione spaziale prossima ventura, teorizzando addirittura un pendolarismo tra il lavoro nelle miniere asteroidali (come se fosse una barzelletta!) e le vacanze sulle spiagge assolate della Terra.   

Nostalgia di Klaus Kinski 
 
L'interpretazione di Brad Dourif mi ha convinto che Herzog lo abbia scelto nel tentativo estremo di trovare qualcuno capace di ricordare, seppur vagamente, il mitico Klaus Kinski. Celebre come protagonista di Qualcuno volò sul nido del cuculo (Miloš Forman, 1975), Dourif è comparso anche in Dune (David Lynch, 1984), dove ha interpretato la parte di Piter DeVries, l'astuto consigliere del Barone Vladimir Harkonnen. Nel 1988 lo vediamo impegnato in Mississippi Burning - Le radici dell'odio (Alan Parker), dove rivestiva i panni di uno sceriffo affiliato al Ku Klux Klan: era un enfant terrible che prendeva a sganassoni le donne, spezzava il collo ai gatti, inveiva contro Martin Luther King chiamandolo "Martin Luther King Kong", etichettava i progressisti come "leccanegri" e vomitava sul pavimento una decina di litri di birra dopo un colossale binge drinking. È poi stato l'odiosissimo Grima Vermilinguo nel kolossal Il Signore degli Anelli: Le due Torri (Peter Jackson, 2002). È nato a Huntington in West Virginia nel 1050. Il suo nominativo esteso è Bradford Claude "Brad" Dourif. Il cognome, rarissimo, è di origine francese. L'origine più probabile è da dou "del" (dialettale per du) e rif "ruscello" (dialettale per ruisseau). Dovrebbe pronunciarsi /du'Rif/, ma negli States la pronuncia è stata bizzarramente adattata in /'dɔ:rɪf/. Ha la stessa origine il cognome Durif (anche scritto Duriff in America), come pure l'italiano Delrio. Quello che Herzog voleva era un attore grintoso e dal sembiante truce, che potesse dare l'impressione di essere chiaro di capelli, quasi albino o leucistico. In realtà le chiome di Dourif erano semplicemente ingrigite dall'età. 
 
Curiosità 
 
Quando chiedevano a Herzog dove avesse girato questo film, lui faceva il faceto e diceva che le riprese erano avvenute sulla galassia di Andromeda. 

Il titolo originale, Wild Blue Yonder, è stato ispirato dall'inno dell'Aviazione Militare degli Stati Uniti d'America (The U.S. Air Force Song). Ecco il testo originale in cui compare la locuzione (Verse I): 
 
Off we go into the wild blue yonder,
Climbing high into the sun;
Here they come, zooming to meet our thunder,
At 'em boys, Give 'er the gun! (Give 'er the gun, now!)
Down we dive, spouting our flame from under
Off with one helluva roar!
We live in fame or go down in flame. Hey!
Nothing'll stop the Army Air Corps! 
 
(helluva roar = hell of a roar)

A un artista geniale bastano poche parole per dar forma a un mondo! 
 
Herzog è rimasto folgorato dalla visione di alcuni filmati nell'archivio della NASA a Pasadena (California). Così ha detto: "C'è qualcosa di straordinario in alcune agenzie governative come la NASA. Hanno un insito senso di poesia, nessuno ci crederebbe, ma è così. E la gentilezza e il supporto che hanno dato al mio progetto erano totalmente inaspettati e senza precedenti". I filmati in questione erano stati registrati durante la missione dello Space Shuttle STS-34 del 1989, che aveva il compito di lanciare la sonda Galileo.

La squallida imitazione del Campidoglio esiste davvero e si trova a Niland, in California, proprio all'intersezione tra Niland Avenue e la East Main Street. In pratica quel luogo è un immondezzaio. La sua desolazione è insostenibile. Farebbe inorridire persino i Rom valacchi di condizione più umile.   
 
Lo stranissimo altopiano su cui avveniene l'atterraggio degli astronauti si trova in Venezuela: è il Monte Roraima. Fa subito venire in mente l'acrocoro descritto ne Il mondo perduto di Sir Arthur Conan Doyle (1912). 
 
Cineforum fantafilm 
 
Il film è stato proiettato il 19 febbraio 2007 al Cineforum Fantafilm dell'amico Andrea "Jarok" Vaccaro. Purtroppo non ho potuto essere presente e ho visto il film molti anni dopo, sullo schermo del portatile, in inglese americano con i sottotitoli in italiano. Solo ora vengo a sapere che in occasione della proiezione si è tenuto un dibattito sul tema dell'esistenza degli extraterrestri, a cui ha partecipato il professor Elio Sindoni, che ricordo bene dall'epoca dell'università. Cosa che ignoravo, è l'autore di un libro sul tema: Esistono gli extraterrestri? (Il Saggiatore, 1997). È stato pubblicato nello stesso anno in cui ho conseguito la laurea! Avrò cura di procurarmi il volume, di leggerlo e di recensirlo.
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 
 
Questi sono alcuni interventi della critica: 
 
"Una piccola ed ecologica Odissea nello Spazio per comprendere che il cinema può essere filosofia e comunicazione dello stato delle cose."
(Pino Farinotti) 
 
"<Herzog> si perde oggi in un misticismo laico ed approda alle soglie del tempo armato di un velleitarismo filosofico, che cerca di mascherare la sua smisurata ambizione fingendo di raccontare, male, una vicenda fantascientifica che si poteva sbrigare con mezzi convenzionali. Ma Herzog, forte della sua incrollabile fiducia nei propri mezzi, ci offre uno sconnesso semidocumentario, tecnicamente inaccettabile, le cui ambizioni non sembrano né poche, né piccole. Ma è come fotografare Dio con una vecchia polaroid."
(Il Giornale) 
 
"Si segue abbacinati e coinvolti, si ringrazia il cinema che, quando è gestito da un Poeta vero, può approdare a risultati unici, del tutto estranei a tutto quanto di solito, anche i suoi autori maggiori, riescono a proporci."
(Gian Luigi Rondi, Il Tempo) 
 
Il navigatore piernelweb ha scritto su Mymovies.it:

"Per molti versi "l'ignoto spazio profondo" è un film prodigioso. Dal genio di Herzog un'esempio (sic), credo senza precedenti, di cinema sperimentale che prende forma da immagini e filmati di altra fonte che divengono agli occhi dello spettatore, per manipolazione del regista tedesco, tutt'altro. Un mix di sequenze spaziali (di provenienza Nasa) subacque e aeree surreali e di impressionante bellezza accompagnate dalla voce narrante dell'alieno Brad Dourif e dalla musica "senza tempo" dei Tenores di Orosei. L'Odissea nello spazio di Herzog in diversi momenti è pesante come un macigno, nella sua lentezza ed allucinazione ma nel complesso assume la forma di una portentosa fantascientifica fiaba ecologica di grande impatto emotivo. E' incredibile come con pochissimi mezzi si possa fare dell'ottimo cinema." 

domenica 14 giugno 2020

 
LA BALLATA DI STROSZEK

Titolo originale: Stroszek
Lingua originale: Tedesco, inglese americano, turco 
Paese di produzione: Germania Ovest
Anno: 1976 
Durata: 115 min
Rapporto: 1,66:1
Genere: Drammatico
Regia: Werner Herzog
Soggetto: Werner Herzog
Sceneggiatura: Werner Herzog
Produttore: Willi Segler
Casa di produzione: Werner Herzog Filmproduktion, ZDF,
    Skelling Edition
Fotografia: Thomas Mauch
Montaggio: Beate Mainka-Jellinghaus
Musiche: Chet Atkins, Sonny Terry
Interpreti e personaggi:
    Bruno S.: Bruno Stroszek
    Eva Mattes: Eva
    Clemens Scheitz: Scheitz
    Wilhelm von Homburg: Il pappone biondo coi baffi 
    Burkhard Driest: Il pappone dai lineamenti duri
    Alfred Edel: Il direttore del carcere
    Clayton Szalpinski: Clayton, il meccanico grossolano
    Ely Rodriguez: L'aiutante indiano del meccanico
    Scott McKain: Scott 
    Bob Evans: Bob Evans
    Yücsel Topcugürler: Il prigioniero turco
    Al: Il camionista pappone energumeno (non accreditato) 
    Ralph Wade: Il banditore starnazzante 
    Der Brave Beo: Beo
Traduzioni del titolo: 
    Inglese: Stroszek. A Ballad
    Francese: La Ballade de Bruno

Trama: 
Siamo in una Berlino gelida, violenta e ostile. Bruno Stroszek è un musicista di strada che è stato appena scarcerato dopo aver scontato due anni di reclusione. È un uomo ingenuo, timido, autistico, disadattato. Il direttore della prigione teme che possa tornare a delinquere e lo mette in guardia, con incalzante paternalismo, intimandogli di evitare di bere. Bruno se ne frega e si reca subito nel bar che frequentava prima di finire in prigione. Riallaccia i rapporti con Eva, una giovane prostituta angariata da due papponi particolarmente molesti. Bruno invita Eva ad andare a vivere con lui, dato che l'eccentrico signor Scheitz, il simpatico vecchietto che era suo vicino, gli ha conservato l'appartamento. Purtroppo l'autismo impedisce all'infelice protagonista di capire che deve chiudere sempre a chiave la porta di casa, così i papponi fanno più volte irruzione, bullizzandolo in modo feroce. Anche Eva non sembra essere molto capace di difendersi: finisce più volte massacrata di botte e sottoposta a umiliazioni indicibili. Si presenta presto un'occasione per fuggire da una simile realtà degradante. L'anziano signor Scheitz intende emigrare nel Wisconsin per andare a vivere dal suo nipote Clayton, così invita Bruno ed Eva ad andare con lui. I soldi per il viaggio non sono un problema: la ragazza si prostituisce a un gruppo di turchi e riesce a racimolare la somma necessaria per i biglietti. I tre giungono così a New York, dove noleggiano un'auto e procedono verso la loro destinazione. La dimora di Clayton si trova in una prateria desolata e glaciale, in un paese di nessuno, nel nulla in mezzo al niente. Nessuno parla tedesco: l'unico ricordo della lingua avita coltivato dal ramo americano degli Scheitz consiste nella parola Willcommen, ossia "benvenuto", scritta su un cartello, con la -c- anziché con la -k-. Nonostante le difficoltà di comunicazione, tutto sembra mettersi al meglio. Bruno lavora come meccanico nell'officina di Clayton assieme a un assistente indiano, mentre Eva trova impiego come cameriera in un fast food, dove riesce presto ad apprendere l'inglese. La coppia abita in una specie di camper, ottenuto accendendo un mutuo presso una banca. Il problema è la cronica carenza di soldi: i magri salari non sono sufficienti per pagare le rate. Presto Eva torna a prostituirsi per far fronte alle spese, ma a un certo punto si stanca della sua vita con Bruno e se ne va assieme a due spaventosi energumeni, un cowboy tarchiato e un colossale gorilla biondiccio. I pagamenti cessano di colpo, così il camper viene requisito e finisce all'asta. Bruno e il signor Scheitz, abbandonati da Clayton e animati dalla forza della disperazione, tentano una maldestra rapina. L'anziano finisce catturato dai poliziotti, mentre Bruno per pura coincidenza riesce ad allontanarsi indisturbato. Ormai è completamente solo e procede verso il tragico epilogo: porrà fine alla sua esistenza di miseria e di dolore facendosi esplodere il cranio con una fucilata. 
 
 
Recensione:
Quando mi sono imbattuto per la prima volta in questo film, mi trovavo in un periodo di particolare afflizione. Così l'ho avviato e sono rimasto abbattuto dalle prime sequenze, tipiche del genere carcerario. In me è sorta una grandissima angoscia e ne ho subito interrotto la visione. Per lungo tempo mi sono obliato della pellicola, decidendomi a recensirla soltanto dopo diversi anni. Un giorno finalmente ho guardato questo capolavoro, che si è rivelato un immenso tesoro e mi ha offerto moltissimi spunti di riflessione. Spero che gli eventuali lettori perdoneranno la natura erratica e contorta delle mie elucubrazioni, ma sento un bisogno insopprimibile di esprimerle. Molti anni fa vidi un film sulla mafia siciliana, nei cui dialoghi spiccava un detto: "A Palermo quando si è soli si muore". Non soltanto a Palermo! Dovunque sulla faccia di questo pianeta, quando si è soli si muore. Non si ha nessuno, si rimane isolati. Quando si ha bisogno non si può chiedere aiuto a nessuno. Così si dura soltanto il tempo necessario al corpo per conservare qualche capacità di smaltire l'entropia accumulata dall'usura del tempo. Poi ci si ammala in modo grave, non si trova sostegno, si deperisce e si muore. Nella solitudine più assoluta. Si rimane sulla propria poltrona, stecchiti per un infarto o per un ictus, a imputridire. Oppure ci si pianta una pallottola nel cranio. La vita di Bruno Stroszek è così, non troppo diversa dalla mia. Mentre scrivo queste righe, mi rendo conto di essere come lui e di tendere allo stesso identico epilogo, ineluttabilmente. Per questo ho amato il film di Herzog e mi sono sentito vicino al sofferente protagonista. 
 
La tragedia dell'incomunicabilità  
 
Bruno Stroszek è una monade, un'entità entelechiana che non conosce possibilità di comunicazione con l'universo esterno. Ma esiste poi davvero un universo esterno? No. Non esiste affatto. L'essere senziente è come un astro eternamente solitario nell'Abisso del Nulla. Non è definito un "fuori", non ha nemmeno senso chiedersi se qualcosa si possa estendere oltre i confini dell'autocoscienza. Esiste però una misteriosa forza ostile e reattiva, che si oppone ad ogni atto di volontà del senziente, in modo sistematico.  
 
La grande domanda  

Angoscioso è l'interrogativo di Bruno: 
 
"E adesso la grande domanda. Tutti gli amici mi hanno aspettato, ma questo è il mio migliore amico. L'unico. Dove finiranno tutte queste cose, quando Bruno sarà morto? Dove finiranno? Che ne sarà dei miei strumenti? Che ne sarà? Esiste qualcuno che può rispondermi?" 

Conosco la risposta, ma è troppo orribile per poter essere formulata.


Un presagio funesto 
 
Il cortile è come un tetro pozzo scavato in un gigantesco blocco di cemento. Nelle pareti compatte si aprono finestre simili a quelle di un carcere, mancano soltanto le sbarre. Bruno si siede vicino a una fila di bidoni dell'immondizia, dispone di suoi strumenti musicali e annuncia di voler cantare una dolce storia d'amore, perché non è più solo, ora vive con Eva. Comincia così a suonare una ballata popolare, interpretandola in modo originale e divertente. La canzone si intitola Sabine war ein Freuenzimmer, ossia "Sabine era una cameriera" (in altre versioni il nome è diminutivo: Sabinchen). Il testo parla di una ragazza virtuosa che serviva il suo signore con fedeltà, finché un giorno giunse un giovane uomo da Treuenbrietzen (una cittadina vicino a Berlino), che di mestiere faceva il calzolaio. Un adoratore, un proletario, specifica Bruno. Innamorato di Sabine, il calzolaio riesce a sedurla. C'è però un problema: egli è dedito alle bevande inebrianti. Trangugia grandi quantità di birra e di liquori, facendo fatica a trovare i soldi necessari per alimentare a dovere questa passione. Quindi cerca il denaro alla compagna. Trovandosi sempre più in difficoltà, la ragazza finisce col deviare dalla sua onestà: permette al calzolaio di introdursi nella casa del suo padrone. Il malfattore ruba sei cucchiai d'argento, nascondendoli in tasca. Dopo 18 settimane, l'accaduto viene alla luce del sole. Bruno omette il finale truculento in cui il calzolaio finisce sgozzato, limitandosi a dire che il padrone derubato caccia Sabine dalla sua casa. Non mi pare che si possa definire "una dolce storia d'amore". Sembra piuttosto un canto portentoso, che contiene in sé l'annuncio della tragica fine del protagonista. 

Questo è il testo cantato da Bruno, non troppo dissimile da quello di Claire Waldoff:

Sabine war ein Frauenzimmer,
Gar hold und tugendhaft.
Sie diente immer treu und redlich
Bei ihrer Dienstherrschaft.

Da kam aus Treuenbrietzen
Ein junger Mann daher.
Der wollte gern Sabine besitzen
Und war ein Schuhmacher.

Sein Geld hat er ganz versoffen
In Schnaps und auch in Bier,
Da kam er zu Sabine geloffen
Und wollte welches von ihr.

Sie konnt ihm keines geben,
Denn keines stahl zur Stell
Da stahl er von ihrer Dienstherrschaft
Sechs silberne Blechlöffel.

Da schon nach langen achtzehn Wochen
Da kam der Diebstahl raus.
Da jagte man mit Schimpf und Schande
Sabine aus dem Haus. 
 
La pronuncia di Bruno è abbastanza peculiare (molti direbbero "dialettale"). Solo per fare qualche esempio, immer suona ümmer, mentre geben suona come se fosse scritto kiepe /'ki:pə/. Interessante la pronuncia "francesizzata" di Schuhmacher e Blechlöffel, con l'accento sull'ultima sillaba per fare la rima.
 
Ecco la parte omessa (dal testo di Claire Waldoff):

Sie rief: "Verfluchter Schuster,
Du rabenschwarzer Hund!"
Da nahm er sein Rasiermesser
Und schnitt ihr ab den Schlund.

Ihr Blut zum Himmel spritzte,
Sabinchen fiel gleich um.
Der böse Schuster aus Treuenbrietzen,
Der stand um ihr herum.

In einem dunklen Loche
Bei Wasser und bei Brot,
Da hat er endlich eingestanden
Die grausige Moritot.

Und die Moral von der Geschichte:
Trau keinem Schuster nicht!
Der Krug, der geht so lange zu Wasser,
Bis daß der Henkel bricht!

Der Henkel ist zerbrochen,
Er ist für immer ab,
Und unser Schuster muß nun sitzen
Bis an das kühle Grab! 

 
Interessante questo documento antropologico del pregiudizio verso i calzolai, che in Germania dovevano essere considerati intoccabili come i Dalit in India. Mi ha sempre affascinato il Lumpenproletariat tedesco, in cui confluivano resti di antichi popoli maledetti, tribù criminali, assassini e cannibali! Forse Herzog ha voluto rimuovere questi versi sommamente lividi e macabri perché poco consoni all'annuncio di un amore.  
 
 
Una signorina a cui piace fare l'amore 
 
Comprensibilmente, una prostituta non ama considerarsi tale. A dispetto dell'evidenza dei fatti, non ama per niente essere etichettata in questo modo abietto. Così Eva si considera semplicemente come una signorina a cui piace fare l'amore. In questo modo si presenta ai turchi arrapati, che si accalcano su di lei, bramosi di fare una gangbang spermatica. Quando il film herzoghiano fu fatto, la parola escort non era ancora nell'uso corrente. Nessuno avrebbe mai immaginato che un giorno in Italia sarebbe stato effettuato un esperimento antropologico, con un esito tremendo, devastante: la puttanizzazione di massa. A Eva sarebbe piaciuta molto l'idea portante del Satiro di Hardcore. Secondo una simile visione del mondo, ogni ragazza dovrebbe considerarsi come un'intelligente imprenditrice in grado di gestire il proprio corpo per elevarsi nella scala sociale, guadagnando cospicui proventi in modo facile e piacevole. Divertendosi.  
 

Bruno, l'America e il III Reich 
 
Tirate le somme della sua misera esistenza, il protagonista arriva alla conclusione che in realtà gli Stati Uniti sono ancora più disumani del III Reich - realtà da lui provata sulla propria pelle da bambino e non certo evocata per sentito dire. Una conclusione che potrà anche apparire sconcertante, non ci sono dubbi, eppure merita di essere presa in seria considerazione. 
 
Tu ritieni che gli squadristi d'assalto fossero demoni? Ma almeno erano demoni che capivano la tua lingua! Tu in America ti troverai tra demoni incapaci di capire la tua lingua! Parleranno una lingua che non potrai mai apprendere e sarai dannato, come un uomo nudo abbandonato nella tundra! Sarai schiacciato da una pressa, preso tra gli ingranaggi e ridotto a tritume di carne e di schegge ossee. I demoni che non capiscono la tua lingua rideranno di te, perché ai loro occhi sarai meno di un escremento. Così scoprirai che la loro democrazia può essere peggio delle afflizioni che ti ha elargito il Reich!   

Woody Allen ebbe a dire che se fosse nato in Polonia sarebbe stato trasformato in gas illuminante, o qualcosa del genere. Non ricordo l'esatta battuta. Il senso era quello, in ogni caso. Così egli benediceva l'America, che lo avrebbe salvato da un destino tanto crudele. Ma se non fosse stato un prospero Figlio di Ashkenaz, se fosse stato come Bruno Stroszek, sarebbe finito in modo egualmente misero nella Terra dei Liberi. Sarebbe stato soltanto una carogna abbandonata in un immondezzaio. Nessuno avrebbe pianto per lui. Nessuno lo avrebbe ricordato. 
 
Ecco un significativo dialogo tra Bruno ed Eva: 
 
Bruno (mostrando un groviglio): "Eva, questo l'ho fatto io per darti un'idea di quello che è la mia vita. Questo rappresenta Bruno. La sua vita maledetta. Tutti quanti gli uomini mi hanno sempre chiuso la porta in faccia. Tutti quanti, senza nessuna pietà. Ora sono in America. Doveva essere tutto più facile. Speravo una volta per tutte di trovare una sistemazione, di cominciare veramente a vivere. Niente. Ma da oggi Bruno non esiste, come se non fosse mai nato, mai venuto sulla Terra. Da oggi tu non mi riconoscerai più."
Eva: "Bruno, qui nessuno ti fa niente."
Bruno: "Oh, materialmente no. Moralmente sì.
Eva: "Ma cosa dici?"
Bruno: "Anche nei riformatori, le cosa andavano proprio come vanno qui. Se per caso tu facevi pipì a letto - allora c'erano ancora i nazisti - sai che facevano per risparmiare la corda per stendere? Ecco, costringevano il pisciasotto a tenere nelle mani il lenzuolo. Le braccia in alto e a sventolarlo nel cortile finché il lenzuolo non si fosse asciugato. E intanto alle sue spalle c'era una guardia con un grosso bastone e guai a chi abbassava le braccia o non sventolava il lenzuolo. E se cadevi a terra per la stanchezza avevi chiuso, quello ti ammazzava di botte."  
Eva: "Su, siediti."
Bruno: "Sì, sì, sì, d'accordo, mi siedo, mi siedo."
Eva: "E a te è successo?"
Bruno: "Sì, ma sapevo quello che mi aspettava. Oggi, oggi invece è molto diverso. Gli uomini non ti frustano più, non ti ammazzano più così, ma ti distruggono lentamente, con delicatezza. Ed è il modo peggiore! E io lo sento! Lo sento, lo avverto ancora di più. Chi lo sa che cosa mi riserva il futuro? Il carcere è sempre aperto!"
Eva: "Che cosa? Non capisco che vuoi dire."
Bruno: "Gia. Te lo ridico. Chi lo sa che cosa mi riserva il futuro? Il carcere è sempre aperto! Non siamo in Germania, qui. Qui bisogna stare attenti!"
Eva: "Ma Bruno, non essere così tragico."
Bruno: "Tragico? Tragico, non devo essere tragico. Quando un uomo è disperato, quando un uomo non ha più niente e ha bisogno d'amore, proprio allora non lo trova! Niente amore! Non devo più dormire con te perché tu hai deciso così. Devo dormire da solo buttato in un angolo, come una bestia!"
Eva: "Bruno, ascoltami, ti prego. Senti, io ho bisogno di stare sola, qualche volta."
Bruno (mostrando ancora il groviglio): "Sì, succede sempre così. Quando Bruno ha bisogno d'amore, succede sempre così. La sua donna gli dice sempre di no. Questa è la mia vita. Beh, se tu credi di farcela da sola qui in America, allora provaci. Sì, provaci!"
Eva: "Bruno, io vorrei tanto che tu capissi. Io ho bisogno di stare da sola, ho bisogno di una stanza tutta mia. Io non ho mai avuto una stanza tutta per me. Ne ho proprio bisogno. In fondo anche se... anche se noi due non dormiamo insieme, viviamo sempre sotto lo stesso tetto. Non vuol dire che non siamo più niente. Noi siamo noi, anche senza fare l'amore."
 
Le conclusioni sono inevitabili. "È stato un grosso sbaglio venire in America. Ti crolla di nuovo il mondo addosso. Tanto valeva che restassi dov'eri, in Germania." 
 
Il mimo erotico  
 
A un certo punto accade qualcosa di inaudito. Clayton, che somiglia un po' a Putin ma ha meno capelli, è in officina assieme al suo assistente e a Bruno, quando comincia a mimare nei minimi dettagli un atto sessuale. Ansimando ed ancheggiando simula un coito more ferarum, volgarmente detto "pecorina". Alla fine della sua esibizione, muove il pube come se stesse sparando getti di sperma in una vagina accogliente, da dietro. Non ci vuole una grande immaginazione per capire l'arcano: egli ha goduto dei favori carnali di Eva, tutta nuda, a gattoni sul pavimento, svuotando in lei i testicoli. Pieno di disprezzo per Bruno e per la sua passività, il meccanico lo irride con ferocia, esibendo davanti ai suoi occhi la rappresentazione scenica dell'atto consumato. Sa bene che il povero autistico non reagirà mai, neppure di fronte a una provocazione così spietata. Pensa che forse non arriverà nemmeno a ritenersi un cornuto, che non comprenderà nulla di quanto gli sta accadendo attorno. Eppure Clayton, che è un energumeno come i papponi, non sa che l'uomo da lui schernito capisce tutto benissimo, sentendo in sé un immenso dolore, perché ama quella ragazza che l'ha seviziato in modo atroce nello spirito. Bruno avrebbe voluto farla felice, mentre lei vuole essere schiacciata e maltrattata. Vorrebbe donarle qualcosa di prezioso, una gemma distillata dall'anima spremuta dagli eventi, un tesoro che lei reputa più spregevole delle feci lasciate cadere in una latrina.  
 
 
Lo Sceriffo di Paperopoli 

Nella vasta moltitudine degli autistici, siamo in molti ad avere gravi problemi di udito. Così Bruno Stroszek non è assolutamente in grado di distinguere i suoni della lingua inglese d'America, perché giungono ai suoi nervi acustici proprio come lo starnazzare delle papere. Già ebbi modo di dirlo: se per gli antichi Greci e Romani gli stranieri erano Barbari, perché le loro lingue suonavano alle loro orecchie come un indistinto bar-bar-bar, così per me gli Americani sono tutti Quaqueri (con tutto il rispetto possibile per i Quaccheri), perché quando parlano fanno quack-quack-quack come le anatre. Faccio una fatica immensa a capire quello che dicono. Immensa. Il genio di Herzog ha dato voce a questa mia angoscia esistenziale che per decenni ha minato la mia fiducia in me stesso e nelle mie capacità. Bruno ha appena perduto tutto. Il camper che era la sua casa è ancora lì, ma presto sarà portato via. Il tronfio sceriffo dirige l'asta e lo fa strepitando orrendamente in un megafono. Le parole anglosassoni che emette perdono istante dopo istante ogni parvenza di forma e di sostanza, fino a diventare un suono grottesco e incalzante, a metà tra il verso di un'anatra e un allarme. Atroce. Assolutamente atroce. Il signor Scheitz è distolto dai suoi vani studi sul mesmerismo animale e precipita di colpo nella dura realtà di un mondo fecale. Quello stesso mondo che presto lo stritolerà, riducendolo a pochi brandelli di carne e di ossa macinate dagli ingranaggi della legge. Pensando a questi orrori, mi pongo la stessa domanda che si pone il protagonista. Non sarebbe stato meglio se non si fosse gettato a capofitto in questa sciagurata impresa? Anzi, non sarebbe stato meglio se nessuno fosse emigrato, solo per essere inghiottito dalle fauci del Leviatano? 
 
Nessun ritorno è possibile. Bruno non potrà mai raggiungere la Germania. Chi non parla l'inglese americano (quello della Regina è utile quanto l'italiano o il tedesco) non può comunicare. Non può trovare lavoro. In una terra di assoluta deregulation, possono pagarti 50 centesimi per un'ora di lavoro, e devi ancora baciare loro le emorroidi perché ti danno la possibilità di guadagnare qualcosa. Se non ti sta bene, questo è un problema tuo. Non puoi dire: "Prendi il bastone e ammazza il padrone". Sei finito. E questa è l'America.   

 
Il teatrino lisergico dei polli 
 
Giustamente il finale di questo film è stato ritenuto una delle più feroci e taglienti critiche del modello americano mai apparse in tutta la Settima Arte. Il luogo è remoto, annidato in una valle boscosa. Vi si trova un Casinò gestito da Indiani. Un tempo erano fieri guerrieri, oggi sono biscazzieri. Gli Stati Uniti d'America, con tutta la loro retorica di civilizzazione, hanno assimilato e gangsterizzato numerose genti native di quella grante terra. Magari Uncas fosse stato davvero l'Ultimo dei Mohicani! I discendenti delle antiche tribù, spesso ridotti al meticciato, colpiti da etnocidio, si sono degradati. La gangsterizzazione e la puttanizzazione sono le due colonne portanti dell'ultraliberismo turbocapitalista. Una mostruosità che si irradia come l'Uno di Plotino, come un'abbacinante metastasi, fino a raggiungere anche i più infimi angiporti. A simboleggiare questo Fato di atrocità vediamo alcuni polli tormentati da luci psichedeliche e costretti da automatismi a una serie di movimenti innaturali. C'è persino un coniglio montato sul simulacro di un veicolo dei pompieri, intrappolato in quello che sembra un loop infinito di flash colorati, che penetrano nei nervi ottici fulminando le sinapsi!

Etimologia e pronuncia di Stroszek 

Il cognome del protagonista è di origine polacca, nonostante egli in un'occasione giuri e spergiuri di essere ungherese. Non è facile condurre approfondimenti etimologici. La parola strosz, che potrebbe essere la base del cognome, in polacco indica l'erbaccia da noi conosciuta col nome di ambrosia. Esistono tuttavia anche le parole stroszek e stroczek, tra loro molto simili. La prima è tradotta con "baccello", la seconda indica il fungo legnoso giallastro il cui nome scientifico è Serpula. La pronuncia polacca di Stroszek è /'stroʃek/: il digramma -sz- esprime lo stesso suono che in italiano è trascritto con sc- nella parola scena (mentre -cz- suona come c- nella parola cena). In tedesco si mantiene la pronuncia originale in quei distretti in cui c'è stata una grande presenza di immigrati polacchi, ma altrove è diffusa una pronuncia ortografica /ʃtros'tsek/, che è a dir poco orripilante. Il traduttore di Google è molto approssimativo e va stigmatizzato. Rende il polacco strosz con "ambrosia" senza spiegare il significato di quest'ultima parola e creando molte ambiguità. Bisogna allora ricorrere alla traduzione in inglese che dà "ragweed", senza dubbio il nome della detestabile gramigna fortemente allergenica. 
 
Scene memorabili

Clayton ha un dente marcio: in officina prende una tenaglia e se lo cava, senza urla di dolore, lamentandosi soltanto un po'. Poi si fa portare dall'indiano una lattina di birra, si risciacqua la bocca e sputa copiosamente.
Due bifolchi montano la guardia a un appezzamento, ciascuno guidando un trattore con una mano e reggendo un fucile con l'altra. Percorrono tutto il giorno lo stesso tragitto in loop infinito, guardandosi in cagnesco.  

 
Curiosità 

L'unica attrice professionista è Eva Mattes, che è stata la compagna di Herzog, avendone una figlia nel 1980. Da bambina ha doppiato Pippi Calzelunghe nella versione tedesca. Ha recitato per Werner Rainer Fassbinder diverse volte, comparendo due volte in film herzoghiani, oltre che nel documentario Kinski, il mio nemico più caro (1999). Era una bella ragazza, ma col passar degli anni è diventata gonfia e assai poco attraente. Un triste destino su cui invito tutti a meditare. 
 
Bruno S. (1932 - 2010), il cui vero cognome è Schleinstein (secondo alcuni S. sta invece der Schwarze "Il Nero") era realmente un autistico disadattato con esperienze di riformatorio e di carcere. Pittore e musicista autodidatta - suonava la fisarmonica e il pianoforte - era il figlio illegittimo di una prostituta. Per guadagnarsi da vivere fu costretto a lavori gravosi in fonderia, dove manovrava un carrello elevatore. Privo di esperienza cinematografica, nel 1974 interpretò L'enigma di Kaspar Hauser. Avrebbe dovuto interpretare anche il film Woyzeck (1979), ma Herzog gli disse all'ultimo che il ruolo era stato assegnato a Klaus Kinski. Siccome Bruno ci rimase molto male, il regista gli scrisse la sceneggiatura di Stroszek in un paio di giorni.     
 
L'attore che ha interpretato il pappone biondo con i baffi, Wilhelm von Homburg, era un famoso pugile che è stato incriminato, anni dopo aver girato il film, per reati molto simili a quelli descritti da Herzog. Lenocinio, violenze e simili amenità gangsterologiche. Era il Re di St. Pauli. Non appena l'ho visto, la sua figura mi ha subito ricordato quella di un Hurenwebel, l'Ufficiale delle Puttane che si trovava in ogni glorioso esercito di Lanzichenecchi. Aveva molte funzioni che potremmo definire di ordine pubblico; altre erano molto prosaiche ma altrettanto necessarie: grazie a lui i soldati avevano la possibilità di sfogare il proprio surplus seminale con una donna, ricevendone in cambio infezioni gonorroiche. Era riconoscibile dal gigantesco imbottimento inguinale, spesso ornato di campanelli!
 
Correva l'Anno del Signore 1980. Ian Curtis, il cantante dei Joy Division, si suicidò dopo aver visto questo film. Non fu capace di reggere la Grande Rivelazione: quella dell'insensatezza della vita umana!