martedì 2 giugno 2020

UNA GLOSSOLALIA RIVELATAMI IN SOGNO

Presento per il vostro piacere filosofico una lingua che ho assemblato con grande facilità, in seguito a un sogno vivido da cui mi sono destato proferendo glossolalie del cui significato ero consapevole. Era l'estate del 2018 e mi trovavo in montagna, ambiente che favorisce in me episodi di questo genere. Per tutta la giornata sono andato avanti a pronunciare parole, della cui struttura grammaticale ero perfettamente consapevole - cosa che di norma non accade ai glossolalici.  

L'ortografia che ho adottato per trascrivere i suoni della lingua è quella del norreno. Le vocali con l'accento sono vocali lunghe. L'accento cade sulla prima sillaba. Le lettere v e j sono usate per trascrivere le semiconsonanti e corrispondono a w e y rispettivamente. 
 
Questi sono i pronomi personali:
 
so, io
som, di me (gen.)
sop, me (acc.)
svá, mi, a me (dat.) 
 
nale, tu (colloquiale)
nalem, di te (gen.)
nalep, te (acc.)
nalja, a te (dat.)
 
aiden, tu (formale) 
aiðnem, di te (gen.)
aidemp, te (acc.)
aiðna, ti, a te (dat.) 
 
pi, egli, ella 
pim, di lui, di lei (gen.)
pip, lo, la (acc.)
pjá, gli, a lui, le, a lei (dat.) 
 
nákí, noi (formale, inclusivo)
nákím, di noi (gen.)
nákíp, noi, ci (acc.)
nákjá, a noi, ci (dat.) 

nání, noi (formale, esclusivo)
náním, di noi (gen.)
náníp, noi, ci (acc.)
nánjá, a noi, ci (dat.)
 
svále, noi (inclusivo)
sválem, di noi (gen.)
sválep, noi, ci (acc.)
sválja, a noi, ci (dat.)
 
svápi, noi (esclusivo)
svápim, di noi (gen.)
svápip, noi, ci (acc.)
svápja, a noi, ci (dat.) 
 
naléda, voi (colloquiale)
nalédam, di voi (gen.)
nalédap, voi, vi (acc.)
nalédau, a voi, vi (dat.) 

naidéna, voi (formale)
naidénam, di voi (gen.)
naidénap, voi, vi (acc.)
naidénau, a voi, vi (dat.) 
 
pipa, essi, esse 
pipam, di loro (gen.) 
pipap, loro (acc.) 
pipau, a loro, loro (dat.) 
 
Altri elementi grammaticali: 
 
, -a, e (congiunzione enclitica)
    se una parola termina in consonante, si aggiunge -a
    se una parola termina in -a, questa diviene
    se una parola termina in altra vocale si hanno esiti diversi: 
      -i + -a = -ja
      -e + -a = -ja 
      -u + -a = -va 
      -o + -a = -va 
      + -a = -áva
      -au + -a = -ava
      + -a = -ía
-n, o (congiunzione enclitica)
 
Suffissi possessivi (si usano anche per indicare la persona nei verbi):  

-s, mio 
-le, tuo 
-t, suo
-nk, nostro (inclusivo) 
-ni, nostro (esclusivo) 
-ðna, vostro
-tka, loro
 
Sostantivi e loro declinazione: 

1) Il nome del lupo
 
kymp, lupo 
kumpa, lupi 
kumpana, terra di lupi, paese straniero 
 
Declinazione:
 
kympim, del lupo (gen.)
kympip, lupo (acc.)
kympja, al lupo (dat.) 

kumpam, dei lupi (gen. pl.)
kumpap, lupi (acc. pl.)
kumpau, ai lupi (dat. pl.) 

2) Il nome dell'uomo
 
auleg, uomo 
áleuga, uomini 
alógana, patria, terra degli uomini 
áleugid, molti uomini, tutti gli uomini 
Áleugid, il Popolo degli Uomini 
 
Declinazione: 
 
álogam, dell'uomo (gen.) 
álogap, uomo (acc.) 
álogau, all'uomo (dat.) 

áleugam, degli uomini (gen. pl.) 
áleugap, uomini (acc. pl.) 
áleugau, agli uomini (dat. pl.)
 
áleugidam, di molti uomini, di tutti gli uomini (gen.) 
áleugidap, molti uomini, tutti gli uomini (acc.) 
áleugidau, a molti uomini, a tutti gli uomini (acc.) 
 
Composti e derivati: 
 
álogmans, essere umano, persona 
álogmansa, esseri umani, persone
kymp-auleg, licantropo
kumpa-áloga, licantropi
 
3) Il nome del fuoco 
 
hekul, fuoco 
hekla, fuochi; ardente
heklana, luogo del fuoco 
heklid, molti fuochi
 
Declinazione:
 
hekulm, del fuoco (gen.) 
      si trova anche heklum
hekulp, fuoco (acc.)
hekulva, al fuoco (dat.)  

heklam, dei fuochi (gen. pl.)
heklap, fuochi (acc. pl.)
heklau, ai fuochi (dat. pl.) 
 
Forme possessive: 
 
hekuls, il mio fuoco
hekulle, il tuo fuoco 
hekult, il suo fuoco 
heklunk, il nostro fuoco (incl.)
hekluni, il nostro fuoco (escl.)
hekluðna, il vostro fuoco
heklutka, il loro fuoco 

heklas, i miei fuochi
heklale, i tuoi fuochi
heklat, i suoi fuochi
heklank, i nostri fuochi (incl.)
heklani, i nostri fuochi (escl.)
heklaðna, i vostri fuochi
heklatka, i loro fuochi

4) Il nome della pietra
 
kild, pietra, roccia 
kilda, pietre, rocce 
kildana, luogo pietroso
killid, molte pietre
 
Declinazione:
 
kildim, della pietra (gen.)
kildip, pietra (acc.)
kildja, alla pietra (dat.) 

kildam, delle pietre (gen. pl.)
kildap, pietre (acc. pl.)
kildau, alle pietre (dat. pl.) 
 
kildanam, del luogo pietroso (gen.)
kildanap, luogo pietroso (acc.)
kildanau, al luogo pietroso (dat.) 

5) Il nome del mucchio di pietre

kledi, mucchio di pietre 
kleida, mucchi di pietre 
kleidana, luogo dei mucchi di pietre
kleiðid, molti mucchi di pietre
 
Declinazione: 
 
kledim, del mucchio di pietre (gen.)
kledip, mucchio di pietre (acc.) 
kledja, al mucchio di pietre (gen.) 
 
kleidam, dei mucchi di pietre (gen. pl.)
kleidap, mucchi di pietre (acc. pl.)
kleidau, ai mucchi di pietre (dat. pl.)  

kleidanam, del luogo dei mucchi di pietre (gen.)
kleidanap, luogo dei mucchi di pietre (acc.)
kleidanau, al luogo dei mucchi di pietre (dat.)  
 
6) Il nome della fonte 

lysp, fonte, sorgente 
lusma, fonti, sorgenti 
lusmana, luogo ricco di fonti
lusmid, molte fonti, molte sorgenti
 
Declinazione:
 
lysmim, della fonte (gen.)
lysmip, fonte (acc.)
lysmja, lyspja, alla fonte (dat.) 
 
lusmam, delle fonti (gen. pl.)
lusmap, fonti (acc. pl.)
lusmau, alle fonti (dat. pl.)  

7) Il nome del gufo 

skálf, gufo
skálfa, gufi 
 
Declinazione: 
 
skálfim, del gufo (gen.)
skálfip, gufo (acc.)
skálfa, al gufo (dat.) 
 
skálfam, dei gufi (gen. pl.)
skálfap, gufi (acc. pl.)
skálfau, ai gufi (dat. pl.) 
 
8) Il nome della donna 
 
nis, donna 
nisva, donne
Nisvana, Terra delle Donne
       (eufemismo per indicare l'Oltretomba)
nísid, molte donne; tutte le donne
 
Declinazione: 
 
nisum, della donna (gen.)
nisup, donna (acc.)
nisva, alla donna (dat.) 
 
nisvam, delle donne (gen. pl.)
nisvap, donne (acc. pl.)
nisvau, alle donne (dat. pl.)   
 
Forme possessive: 
 
nisus, la mia donna
nisule, la tua donna
nisut, la sua donnna
nisunk, la nostra donna (incl.)
nisuni, la nostra donna (escl.)
nisuðna, la vostra donna
nisutka, la loro donna

nisvas, le mie donne
nisvale, le tue donne
nisvat, le sue donne
nisvank, le nostre donne (incl.)
nisvani, le nostre donne (escl.)
nisvaðna, le vostre donne
nisvatka, le loro donne

10) Il nome della tenebra 

itku, tenebra, luogo scuro
itkva, tenebre, luoghi scuri 
itkvana, terra tenebrosa 
 
Declinazione: 
 
itkum, della tenebra (gen.)
itkup, tenebra (acc.)
itkva, alla tenebra (dat.)
 
itkvam, delle tenebre (gen. pl.)
itkvap, tenebre (acc. pl.)
itkvau, alle tenebre (dat. pl.) 

11) Il nome della foresta 

somk, foresta
somka, foreste
somkana, terra ricca di foreste
somkid, molte foreste; tutte le foreste
 
Declinazione: 
 
somkem, della foresta (gen.)
somkep, foresta (acc.)
somkja, alla foresta (dat.) 
 
somkam, delle foreste (gen. pl.)
somkap, foreste (acc. pl.)
somkau, alle foreste (dat. pl.)  

12) Il nome della foschia ghiacciata 

rosn, foschia ghiacciata 
 
Declinazione: 
 
rosnem, della foschia ghiacciata (gen.)
rosnep, foschia ghiacciata (acc.)
rosnja, alla foschia ghiacciata (dat.)

13) Il nome della freccia 

bilb, freccia 
bjálba, frecce
bjálbid, molte frecce; tutte le frecce
 
Declinazione:  

bjálbim, della freccia (gen.)
bjálbip, freccia (acc.)
bjálba, alla freccia (dat.) 
 
bjálbam, delle frecce (gen. pl.)
bjálbap, frecce (acc. pl.)
bjálbau, alle frecce (dat. pl.) 
 
Forme possessive: 

bjálbis, la mia freccia
bjálbile, la tua freccia 
bjálbit, la sua freccia 
bjálbink, la nostra freccia (incl.)
bjálbini, la nostra freccia (escl.)
bjálbiðna, la vostra freccia 
bjálbitka, la loro freccia 

bjálbas, le mie frecce
bjálbale, le tue frecce
bjálbat, le sue frecce 
bjálbank, le nostre frecce (incl.)
bjálbani, le nostre frecce (escl.)
bjálbaðna, le vostre frecce
bjálbatka, le loro frecce
 
14) Il nome della pernice 

kirn, pernice 
kjarna, pernici 
kjarnana, luogo delle pernici
kjarnid, molte pernici; tutte le pernici
 
Declinazione:  

kjǫrnum, della pernice (gen.)
kjǫrnup, pernice (acc.)
kjǫrunva, alla pernice (dat.)

kjarnam, delle pernici (gen. pl.)
kjarnap, pernici (acc. pl.)
kjarnau, alle pernici (dat. pl.) 

15) Il nome dell'orso 

róms, orso 
rómsa, orsi
rómsana, terra di orsi
rómsid, molti orsi; tutti gli orsi 
 
Declinazione:  

rómsm, dell'orso (gen.)
rómsp, orso (acc.)
rómsa, all'orso (dat.)

rómsam, degli orsi (gen. pl.)
rómsap, orsi (acc. pl.)
rómsau, agli orsi (dat. pl.) 

Composti e derivati: 

róms-auleg, berserkr
róms-áloga, berserkir

16) Il nome dell'orsa 

káx, orsa
káxva, orse 

Declinazione: 

káxum, dell'orsa (gen.)
káxup, orsa (acc.)
káxva, all'orsa (dat.)

káxvam, delle orse (gen. pl.)
káxvap, orse (acc. pl.)
káxvau, alle orse (dat. pl.)

Composti: 

kumkáx, lupa 
kumkáxva, lupe 

17) Il nome della lastra di pietra 

ráft, lastra di pietra 
ráftva, lastre di pietra 
ráftvana, altare
ráftid, molte lastrr di pietra
 
Declinazione:  

ráftum, della lastra di pietra (gen.)
ráftup, lastra di pietra (acc.)
ráftva, alla lastra di pietra (dat.)

ráftvam, delle lastre di pietra (gen. pl.)
ráftvap, lastre di pietra (acc. pl.)
ráftvau, alle lastre di pietra (dat. pl.) 

18) Il nome del cigno 

ísm, cigno 
ísma, cigni 
ísmana, luogo dei cigni
ísmid, molti cigni

Declinazione:  

ísmim, del cigno (gen.)
ísmip, cigno (acc.)
ísmja, al cigno (dat.)

ísmam, dei cigni (gen. pl.)
ísmap, cigni (acc. pl.)
ísmau, ai cigni (dat. pl.) 

19) Il nome del barbagianni 

lín, barbagianni 
línva, barbagianni (pl.) 
línid, molti barbagianni
 
Declinazione:  

línum, del barbagiannni (gen.)
línup, barbagianni (acc.)
línva, al barbagianni (dat.)

línvam, dei barbagianni (gen. pl.)
línvap, barbagianni (acc. pl.)
línvau, ai barbagianni (dat. pl.)

20) Il nome della sabbia 

kjún, sabbia 
 
Declinazione:  

kjúnom, della sabbia (gen.)
kjúnop, sabbia (acc.)
kjúnva, alla sabbia (dat.)

21) Il nome del pascolo buono 

kjós, pascolo buono 
kjósa, pascoli buoni 
kjósana, terra di pascoli buoni 
kjósid, molti pascoli buoni
 
Declinazione:  

kjósm, del pascolo buono (gen.)
kjósp, pascolo buono (acc.)
kjósa, al pascolo buono (dat.)

kjósam, dei pascoli buoni (gen. pl.)
kjósap, pascoli buoni (acc. pl.)
kjósau, ai pascoli buoni (dat. pl.)

22) Il nome del tuono 

tintron, tuono 
tintrena, tuoni
tintrenid, molti tuoni

Declinazione: 

tintrenem, del tuono (gen.)
tintromp, tuono (acc.)
tintrena, tuono (dat.)

tintrenam, dei tuoni (gen. pl.)
tintrenap, tuoni (acc. pl.)
tintrenau, ai tuoni (dat. pl.)

23) Il nome della montagna 

bárs, montagna
bársa, montagne
bársana, regione montuosa 
bársid, molte montagne; tutte le montagne
 
Declinazione:  

bársim, della montagna (gen.)
bársip, montagna (acc.)
bársa, alla montagna (dat.)

bársam, delle montagne (gen. pl.)
bársap, montagne (acc. pl.)
bársau, alle montagne (dat. pl.)

24) Il nome della collina 

bauðna, collina
bauðná, colline 
bauðnana, regione collinare
bauðnid, molte colline; tutte le colline
 
Declinazione: 
 
bauðnam, della collina (gen.)
bauðnap, collina (acc.)
bauðnau, alla collina (dat.)
 
bauðnám, delle colline (gen. pl.)
bauðnáp, colline (acc. pl.)
bauðnáu, alle colline (dat. pl.)

25) Il nome della massa di terra 

bóla, massa di terra
bólá, masse di terra 
bólana, luogo franoso
bólid, molte masse di terra
 
Declinazione:  

bólam, della massa di terra (gen.)
bólap, massa di terra (acc.)
bólau, alla massa di terra (dat.)

bólám, delle masse di terra (gen. pl.)
bóláp, masse di terra (acc. pl.)
bóláu, allle masse di terra (dat. pl.)

26) Il nome della foca 

nór, foca 
nórjá, foche
nórjána, luogo ricco di foche
nórid, molte foche; tutte le foche

Declinazione: 
 
nórjum, della foca (gen.)
nórjup, foca (acc.)
nórjá, alla foca (dat.)
 
nórjám, delle foche (gen. pl.)
nórjáp, foche (acc. pl.)
nórjáu, alle foche (dat. pl.)

27) Il nome del torrente 

karund, torrente 
karonda, torrenti 
 
Declinazione: 
 
karondem, del torrente (gen.)
karump, torrente (acc.) 
karonda, al torrente (dat.)
 
karondam, dei torrenti (gen. pl.)
karondap, torrenti (acc. pl.)
karondau, ai torrenti (dat. pl.) 

28) Il nome della trota

támmoþ, trota 
támmotka, trote

Declinazione: 

támmotkum, della trota (gen.)
támmoþp, trota (acc.)
támmotka, alla trota (dat.)

támmotkam, delle trote (gen. pl.)
támmotkap, trote (acc. pl.)
támmotkau, alle trote (dat. pl.)
 
29) Il nome della trachea
 
gégir, trachea 
gégra, trachee

Declinazione: 

gégirm, della trachea (gen.)
      si trova anche gégrim
gégirp, trachea (acc.)
gégra, alla trachea (dat.) 

gégram, delle trachee (gen. pl.)
gégrap, trachee (acc. pl.)
gégrau, alle trachee (dat. pl.)
 
30)  Il nome della betulla 

skérri, betulla
skérrja, betulle
skérrjana, bosco di betulle
skérrid, molte betulle

Declinazione: 

skérrim, della betulla (gen.)
skérrip, betulla (acc.)
skérrja, alla betulla (dat.)

skérrjam, delle betulle (gen. pl.)
skérrjap, betulle (acc. pl.)
skérrjau, alle betulle (dat. pl.)
 
Ho il sospetto che questa sia proprio la lingua degli Adogit, che vivevano in Norvegia nella regione del Circolo Polare - anche se purtroppo non posso provarlo scientificamente. Infatti la Scienza non è in grado di spiegare un fenomeno simile, così sarà più conveniente attribuirlo alle mie facoltà creative e trattare questa lingua come una conlang di origine glossolalica. Se mai si dovesse un giorno provare che questo materiale ha corrispondenza nella realtà storica, l'accaduto sarebbe da classificare come un fenomeno di xenoglossia anziché di glossolalia. 

sabato 30 maggio 2020

UN SOGNO PORTENTOSO E ORRENDO

Prima mi sono trovato a viaggiare in treno assieme a Battiato e a parlare con lui di argomenti filosofici. Era giovane e vestito da becchino. Poi il cantante ha proseguito per Napoli, mentre io sono sceso dal treno e sono rimasto bloccato in un paese del Piemonte perso in mezzo al niente. Non c'era un solo treno per Milano: le indicazioni che avero ricevuto erano errate. Ero costretto a stare lì, in quel luogo nefasto chiamato GRAMAODE. Quando è giunto il tramonto, mi sono accorto che regnava il coprifuoco. Non c'era un solo lume acceso, la tenebra saliva come dal suolo, densissima e aggressiva. Non una sola finestra illuminata. Non un treno, non una pensione, non un bed and breakfast o un locale aperto. I miei tentativi di chiedere informazioni sono naufragati: c’era un bigliettaio, vecchio e aggressivo, con cui non si poteva comunicare. Gli ultimi barlumi di luce morivano in una foschia inferale. Anche le poche luci della stazione si spegnevano, si disattivavano persino i pannelli con gli arrivi e le partenze, i cui caratteri erano peraltro illeggibili. Così sono corso verso l'ultima luce, un gabbiotto di vetro con alcuni macchinari in mostra, dove due giovani spenti stavano mangiando panini. Ero disperato, ho chiesto loro se potevano darmi un passaggio. Mi hanno detto che sarebbero andati a Milano, nel quartiere Isola, proprio dove lavoro. Così siamo saliti in macchina, addentrandoci nell'oscurità dell'Ade. Un tragitto folle a fari spenti nei campi, come se il pilota avesse la vista agli infrarossi. A un certo punto ho visto che proveniva una fioca luce da una stazione ferroviaria di un paese chiamato IOSUS. Mi dicevano che un tempo lì c'erano gli Etruschi. Ci siamo allontanati, di nuovo immersi nel buio simile a petrolio opprimente e mi sono svegliato in preda al terrore. 
 
Marco "Antares666" Moretti, maggio 2020

PROSTITUZIONE IN SECOND LIFE

Camminavo lungo la via in un paese glaciale. A un certo punto ho visto qualcosa che ha attratto la mia attenzione. La prostituta era una ragazza dark, il cui avatar era definito con il massimo dettaglio: si poteva distinguere il rossetto nero sulle labbra, gli occhi erano truccati col mascara, le unghie delle mani e dei piedi avevano uno smalto nero lucido. Stava immobile vicino a un lampione, esibendo le gambe. Le chiome erano lunghe e corvine, la pelle era di un pallore cadaverico. Gli abiti neri erano davvero succinti. Poco oltre c'era il pappa, un afroamericano in doppiopetto, anche lui sembrava una statua. Quello che mi ha stupito, è che sulla testa delle due figure non compariva l’etichetta con nome e cognome. Ho cliccato sulla prostituta con l’apposito tasto per ottenere informazioni, e ho potuto constatare che era sprovvista di nominativo: era una proprietà di un bordello chiamato "Liberty or Tyranny", o qualcosa del genere. Probabilmente era un "bot", ossia un avatar fittizio. Pieno di stupore ho ripreso il mio cammino, allontanandomi da quel luogo. 
 
Marco "Antares666" Moretti, gennaio 2016

giovedì 28 maggio 2020

UN CASO DI PRECOGNIZIONE

Stavo camminando al parco, quando ho visto davanto a me un bambino intento a mangiare una brioche. La madre seguiva a pochi metri di distanza. All'improvviso ho saputo per certo cosa sarebbe accaduto di lì a poco: non solo mi sono visto la scena con gli occhi della mente, ma ho anche udito i suoni delle parole rimbombare nel mio cranio. Al bambino la brioche sarebbe caduta, e si sarebbe chinato per raccoglierla. La madre sarebbe intervenuta subito, prendendo il resto del dolciume e buttandolo nel vicino cestino dell'immondizia, dicendo: "Lascia stare, te ne do un'altra". Di lì a pochi secondi, la sequenza si è verificata esattamente, come se avessi visto in anticipo una sequenza del film della vita, con un semplice sfasamento. 
 
Marco "Antares666" Moretti, giugno 2014

ATTIVITÀ ONIRICA ANOMALA

Un sogno demente, violento, esploso, al confine dell'epilessia. Uscivo dal Duomo di Milano con in mano una grossa pietra, davanti alle guardie incredule la mettevo in un sacchetto di carta e quella si trasformava in pane. Poi una corsa col cuore in gola per arrivare alla fermata di una metropolitana di superficie dove avevo visto una donna che era mia sorella, ma appena l'ho raggiunta si è messa a cambiare forma davanti ai miei occhi fino a trasformarsi in una serie di brani di carne, all'interno di uno potevo distinguere un globo oculare ricoperto da una membrana. Dentro il cranio una pulsazione feroce e una frase martellante quanto criptica: "È NEL CIRCUITO DI PAUTSITÒR". Il risveglio traumatico con una forte emicrania, alle ore 7:01, la luce del giorno che mi feriva i nervi ottici. 
 
Marco "Antares666" Moretti, marzo 2015

IL CIELO COME UN MURO DI CEMENTO

Mi ero addormentato in treno, e quando mi sono destato all'improvviso sono rimasto sconvolto. Al posto del cielo c'era un immenso muro di cemento. Per qualche istante sono stato assolutamente certo della natura reale di quel muro, di cui avvertivo così bene la superficie che pareva estendersi all'infinito. Poi ad un certo punto quella certezza si è dissolta e ho capito di essere stato vittima di un'illusione. Il cielo plumbeo e uniforme, foriero di neve, era da me stato interpretato come una struttura in muratura, è evidente. Eppure, niente riesce a togliermi l'idea di aver visto in quel brevissimo lasso di tempo la vera realtà delle cose, il cemento che delimita questo campo di sterminio. 
 
Marco "Antares666" Moretti, febbraio 2015

martedì 26 maggio 2020

LA SFINGE, UN RACCONTO BREVE DI EDGAR ALLAN POE

 
La sfinge (The Sphinx) è un racconto di Edgar Allan Poe, pubblicato per la prima volta nel gennaio del 1846, sulla rivista Arthur's Ladies Magazine di Filadelfia. Fu ripubblicato nel 1859 nel secondo volume (Poems and Tales) della raccolta postuma The Works of the late Edgar Allan Poe (editore: Blakeman & Mason). Fu pubblicato dopo la raccolta Racconti del terrore e dell'incubo, del 1845, così non vi è incluso. Tuttavia in seguito le case editrici hanno pubblicato tra i Racconti del terrore e del grottesco questo e altri testi scritti tra il 1846 e il 1849 (anno della scomparsa dell'autore). Direi che l'attribuzione più ragionevole è ai Racconti dell'incubo. Per alcuni sarebbe invece da classificarsi tra i Racconti di tema vario


Traduzioni del titolo:
  Italiano: La sfinge
  Tedesco: Die Sphinx
  Francese: Le Sphinx
  Spagnolo: La esfinge
  Rumeno: Sfinxul 
 
Elenco completo delle edizioni italiane:  

Traduzioni in italiano: 
Maria Gallone
Fernanda Pivano, A.C. Rossi, Aldo Traverso, Virginia Vaquer
M. Carla Solomeni, Vincenzo Brinzi
Carla Apollonio  
Maria Gallone  
Giorgio Manganelli  
Daniela Palladini
Daniela Palladini e Isabella Donfrancesco 

Traduzione in francese:
William Little Hughes (1822 - 1887). 
Questo è uno dei 25 racconti di Poe che non furono tradotti da Charles Baudelaire. La traduzione di Hughes compare nel volume Contes inédits, pubblicato da Hetzel nel 1862.  
 
Trama: 
Una violenta epidemia di colera imperversa, devastando New York. Il narratore viene invitato da un parente a trovare rifugio nel suo cottage sulle rive del fiume Hudson, nelle vicinanze di una collina franata. Nonostante i buoni propositi di dedicarsi alle passeggiate e alle attività di diporto, il tempo sembra non passare mai. Prevale lo sfinimento e non c'è molto da fare, a parte attendere notizie luttuose dalla città. A un certo punto il narratore, dopo essere rimasto a lungo immerso nella lettura, guarda dalla finestra e crede di vedere un mostro spaventoso che si precipita giù dalla collina per poi scomparire all'improvviso. Per un po' l'uomo non ne fa parola per paura di essere ritenuto folle. Vince le sue paranoie soltanto dopo diversi giorni di conflitto interiore. Il proprietario del cottage è più incline alla razionalità e ascolta con estrema attenzione la descrizione della bestia favolosa; quando la situazione si ripete mentre i due si trovano nella stessa stanza, guarda dalla finestra e afferma di non riuscire a vedere alcun mostro. Quindi apre un libro di filosofia naturale e mostra al suo compare l'esatta descrizione della mirabile creatura, una falena detta sfinge testa di morto, a sua detta piccolissima. 
 
Testo originale e traduzioni: dettagli 
 
Si nota subito che New York è scritto con il trattino (hyphen): New-York. Un uso stravagante che di questi tempi lascia allibiti. Il testo originale ha cottage ornée, con esibizione di francesismo, come andava di moda nella Boston snob del XIX secolo. Tuttavia va specificato questo: cottage non è una parola francese genuina, essendo stata importata dall'inglese. La pronuncia /kɔ'taʒ/ è francesizzata ortograficamente. Il genere del sostantivo è maschile, così si dovrebbe dire cottage orné, non cottage ornée, dato che ornée è la forma femminile. Finora mi sono sempre imbattuto in traduzioni italiane in cui questo aggettivo è stato obliterato. Il corsivo usato da Poe dimostra che la parola cottage era considerata francese dai Bostoniani. Con ogni probabilità nei salotti si pronunciava /kɔ'taʒ ɔR'ne/. L'ironia di tutto questo è che la parola inglese cottage /'kɔtɪdʒ/ proviene a sua volta dall'antico francese cote "capanna", a sua volta dal norreno kot "capanna". Sia sempre benedetta la santa Scienza dei prestiti lessicali, che ci permette di provare un vero e proprio edonismo spirituale! 
 
Interpretazione 

La vulgata corrente considera questo racconto come una descrizione dell'emozione della paura e del suo potere di neutralizzare le menti suggestionabili. Esiste anche un'altra opinione abbastanza diffusa: l'allucinazione del protagonista sarebbe un'allegoria della natura ingannevole delle apparenze. Simili banalità non spiegano l'orrore che si prova nel leggere il breve testo, la cui ontologia abissale non è riducibile al meccanicismo neopositivista del pierangelismo. La sfinge è come un buco nel cielo, una voragine di un nero assoluto che si apre all'improvviso dove non dovrebbe esserci. Le radiazioni che fanno la loro irruzione da quel sinistro pertugio sono l'eco di un altro Universo, atrocemente più vasto di quello in cui conduciamo le nostre vane esistenze. 

 
Distorsione percettiva  

Nel Mito della Caverna, narrato da Platone, si descrive il processo di liberazione dell'uomo tenuto prigioniero nelle tenebre fin dalla nascita. Quando egli giunge alla luce del sole, che rappresenta il Bene, riesce a comprendere la vera natura delle cose. Il suo è un processo di anabasi. Per contro, Poe descrive un processo di catabasi. Una discesa agli Inferi. I sensi allucinati dell'uomo trasformano la spettrale falena in un immane leviatano. Siamo poi così sicuri che si tratti soltanto di un'illusione? Certo, per le genti del mondo è senza dubbio così: quanto vede un allucinato non può avere forma né sostanza alcuna. E se invece egli avvertisse, anche solo per pochi attimi, il tocco di qualcosa che viene dall'Esterno? E se non si trattasse di un riflesso di un'emozione, bensì di qualcosa che ha un'ontologia propria e funesta? Ecco come il narratore descrive la spaventosa apparizione:
 
"Cercando di valutare la mole della creatura, in rapporto al diametro dei grandi alberi presso i quali passava, – i pochi giganti della foresta che erano sfuggiti alla furia della frana – conclusi che doveva essere più grande di qualsiasi nave di linea in attività. Dico nave di linea perché la sagoma del mostro ne suggeriva l’idea, – lo scafo di uno dei nostri «settantaquattro» può dare un’idea abbastanza esatta del suo profilo. La bocca dell’animale era posta all’estremità di una proboscide lunga una ventina di metri, e grossa come il corpo di un comune elefante. Vicino alla radice di questa escrescenza si vedeva un’immensa quantità di arruffati peli neri – molti più di quelli che avrebbero potuto fornirne le pelli di una mandria di bufali; da questo pelame sporgevano, sui lati all’in giù, due zanne scintillanti, non diverse da quelle di un cinghiale, solo infinitamente più grandi. Protesa, parallelamente alla proboscide e da ogni lato di essa, c’era una gigantesca asta lunga una diecina di metri, apparentemente di puro cristallo, a forma di perfetto prisma; essa rifletteva nel modo più fantastico i raggi del declinante sole. La proboscide era a forma di cuneo con il vertice diretto verso terra. Da essa si aprivano verso l’esterno due coppie di ali – ogni ala raggiungeva la lunghezza di quasi un centinaio di metri – in ogni coppia un’ala era piazzata sopra l’altra e tutte erano ricoperte da spesse scaglie di metallo; ogni scaglia aveva apparentemente un diametro di oltre tre metri. Osservai che ogni ala superiore era unita alla corrispondente inferiore da una robusta catena. Ma la peculiarità principale di questa cosa orribile, era la raffigurazione di una Testa di Morto, che copriva quasi interamente la superficie del suo petto, e che era tracciata con precisione in uno scintillante color bianco sul fondo nero del corpo, come se fosse stata disegnata con grande cura da un artista. Mentre guardavo il terrificante animale e più specialmente l’immagine sul suo petto, con un senso di orrore e di timore – misti a una sensazione di sciagura incombente, che mi riusciva impossibile colmare malgrado ogni sforzo della ragione, vidi le enormi mascelle all’estremità della proboscide, spalancarsi all’improvviso; ne usci un suono così forte e pauroso, che colpì i miei nervi come un rintocco funebre. Quando il mostro scomparve ai piedi della collina, caddi svenuto al suolo."
 
Portenti e presagi 

Il ragionamento dei meccanicisti è abbastanza lineare: se l'emozione nasce nel sistema limbico ed è prerazionale, il sentimento è qualcosa che presuppone la consapevolezza, venendo ad esistere solo quando la mente focalizza la sua attenzione sull'emozione. Il protagonista è dominato dal terrore che il Tristo Mietitore possa giungere fino a lui, ma quando pensa ai presagi passa dall'emozione al sentimento. Cerca di dare un'interpretazione a quanto gli accade, ma siccome la sua mente è limitata, non agisce come un perfetto orologio cartesiano. Invito questi materialisti a maggior rispetto nei confronti dei portenti e dei presagi, che non sono meri simboli della superstizione o ubbie generate dall'ignoranza del popolino. Usando l'interpretazione dei segni, un aruspice etrusco predisse l'esatta durata del potere di Roma. Osservando il volo degli avvoltoi e contandoli, predisse con esattezza il declino e la fine dell'Urbe. Innumerevoli sono gli esempi che si possono citare. Sono diverticoli del Labirinto su cui irradia il Sole Nero della Morte dell'Essere. 
 
Edgar Allan Poe e la coprofilia 
 
È stato detto che nelle opere di Edgar Allan Poe è presente una larvata necrofilia. Credo che nessuno si sognerebbe di mettere in discussione questa verità. Ebbene, La sfinge ci mostra una larvata coprofilia sovrapposta all'onnipresente necrofilia. Il Bostoniano era un grande, in grado di far collassare interi universi concentrandoli in poche parole. Così ha scritto: "L'aria stessa del Sud ci sembrava recare odore di morte" (The very air from the South seemed to us redolent with death). Morte mista agli escrementi! Per quasi tutti gli attuali lettori, il colera è soltanto una reminiscenza letteraria. È soltanto una parola. La sola possibile eccezione a me nota è un tale che si era recato in India durante un'epidemia di colera e aveva praticato l'anilingus a una prostituta, salvo poi struggersi in mille paure ipocondriache. Poe sapeva bene cosa scriveva: l'epidemia di colera che aveva devastato New York avvenne nel 1832, mentre lui era in vita. Cercherò quindi di trasmettere ciò che sentiva, usando parole vivide. Culi sporchi di merda. Orifizi laidi, duramente provati da continue scariche di diarrea acquosa e caustica. La flora batterica dell'intestino è ormai un lontano ricordo: anche le sue ultime tracce sono state evacuate. Coliche atroci e scorregge crepitanti, mentre sembra di avere il piombo fuso nel ventre teso. Vomito che non dà requie. Ormai lo stomaco non riesce a trattenere più nulla e non è sopportabile nemmeno il pensiero di ingurgitare qualcosa. Tremore che scuote le membra gelide per l'ipotermia. Delirio. La coscienza che sprofonda in un'oscurità solida, compatta, fino a spegnersi del tutto. Se ci riuscite, provate a immaginarvi centinaia, migliaia di persone in simili condizioni. Perché questa è un'epidemia di colera. Al giorno d'oggi non ci siamo più abituati. Il colera nasce dalla contaminazione fecale. Si trasmette tramite rapporti oro-fecali e oro-anali. Il suo imperversare è favorito dove sono comuni gli atti di coprofagia, consapevole o inconsapevole. Ci sono state vittime illustri. Ormai pochi ricordano che Giacomo Leopardi morì di colera. Lo aveva contratto da un gelataio che preparava i sorbetti senza essersi lavato le mani dopo aver smerdato. Il Poeta di Recanati si recava nella gelateria ogni giorno, e si divertiva ad osservare le giovani della Napoli Bene, quelle che - parole sue - "vendevano la gola". Morì tra spasmi atroci. Il suo corpo fu gettato in una fossa comune e cosparso di calce. Recuperato da amici e sepolto in una chiesa, il cadavere fu poi rubato e profanato dai necrofili.  
 
Acherontia atropos  
 
La sfinge testa di morto (Acherontia atropos) è una farfalla notturna di notevoli dimensioni. È a dir poco eccezionale e nota a tutti per il caratteristico disegno che ricorda un teschio umano. Pochi sanno che è anche la sola farfalla a possedere una laringe e ad emettere suoni. Il suo verso è raggelante, sembra a metà strada tra il gracchiare di una cornacchia, la risata di una iena e il lamento di un moribondo. Può essere udito a molti metri di distanza. A produrlo è l'aria eiettata contro una lamina posta all'imboccatura della laringe, che la fa vibrare. A quanto ho saputo, anche il bruco è capace di emettere lo stesso lugubre verso. Mi è capitato di imbattermi sia in adulti che in larve di questa specie, ma sfortunatamente non ho mai potuto udire il loro repertorio sonoro. Mi sono rifatto ascoltando registrazioni reperite in rete e devo dire che mi affascina molto. Non si tratta di un richiamo: la falena infera lo usa per scacciare i predatori, quando si sente minacciata. Le sue abitudini sono assai singolari. Si introduce negli alveari, dove riesce a neutralizzare le difese utilizzando una sostanza il cui odore mima quello degli acidi grassi delle api. Con la possente spiritromba buca gli opercoli cerosi dei favi e ingurgita incredibili quantità di miele. Talvolta è così satolla da non potersi muovere: le api operaie la identificano, le si ammassano addosso fino a soffocarla, quindi la ricoprono di propoli per impedire che la putrefazione della carcassa ammorbi l'alveare.     
 
I meandri della tassonomia 
 
Poe utilizza la classificazione entomologica di Latreille. I Crepuscularia sono la seconda famiglia dei Lepidoptera; le sfingi o falene, che corrispondono al genere linneano Sphinx, sono divise a loro volta in quattro sezioni: Hesperisphinges, Sphingides, Sesiasides e Zygænides, che corrispondono rispettivamente ai generi fabriciani Castnia, Sphinx, Sesia e Zygæna. Nella denominazione attualmente in uso, il genere Sphinx appartiene alla tribù degli Sphingini, a sua volta parte della sottofamiglia delle Sphinginæ, appartenente alla famiglia delle Sphingidæ. Tanto per dare un'idea dell'estrema varietà di queste forme di vita, basterà riportare che la tribù degli Sphingini comprende in tutto 39 generi (di cui uno estinto), per un totale di 275 specie. Gli antichi Romani, sempre molto pragmatici, chiamavano la sfinge testa di morto con un nome secco e preciso: papilio feralis, ossia "farfalla mortifera".   
 
Razionalismo distorcente
 
La cosa bizzarra è che Poe descrive Acherontia atropos come un insetto piccolissimo, grande al massimo un millimetro e mezzo (about the sixteenth of an inch in its extreme length). La conversione fatta nella traduzione in italiano è corretta: 1/16 di pollice = 0,0625 pollici = 1,5875 millimetri.  In realtà la sfinge testa di morto è una delle falene di dimensioni più grandi, con un'apertura alare di 90-130 millimetri. L'addome, grassissimo e sensuale, è anch'esso di lunghezza notevole. Il bruco è grosso come un salsicciotto. Trovo ugualmente assurdo che l'insetto possa essere distante un millimetro e mezzo dalla pupilla dell'occhio dell'osservatore (and also about the sixteenth of an inch distant from the pupil of my eye). Si può quindi affermare che l'amico razionale del protagonista abbia a sua volta commesso un grave errore di valutazione delle distanze, rimpicciolendo la creatura anziché ingigantirla! Non trovo alcun commentatore che si sia accorto di questo importante particolare. Forse a causa del racconto di Poe, nell'immaginario collettivo americano è impressa l'idea che la farfalla sfinge sia di proporzioni minuscole. Nella celebre locandina del film Il silenzio degli innocenti (The Silence of Lambs), di Jonathan Demme (1991), si può vedere un esemplare di Acherontia sulla bocca di una ragazza. Il disegno del teschio è sostituito da un'immagine tratta da un dipinto di Salvador Dalì, con alcune donne nude che sembrano formare un teschio. Il punto è che le dimensioni del lepidottero sono piccolissime!
 
Rosso: areale permanente
Arancione: areale estivo

Un notevole errore 
 
Una cosa davvero interessante è la distribuzione territoriale della falena Acherontia atropos. Per farla breve: in America questo lepidottero non esiste. Il suo areale di diffusione include l'Europa, l'Africa e parte dell'Asia occidentale. Certo, esistono altre due specie simili, Acherontia styx ed Acherontia lachesis, ma sono entrambe tipiche dell'Asia. Quindi non è fisicamente possibile che qualcuno abbia potuto vedere una sfinge testa di morto nel territorio dell'Hudson. Si tratta di un clamoroso errore, che può soltanto saltare all'occhio di chi si diletta di entomologia. Con ogni probabilità lo scrittore di Boston aveva visto esemplari di Acherontia atropos durante il suo soggiorno in Inghilterra e ne aveva tratto ispirazione per scrivere il suo racconto. Certo, a un genio come lui si perdona questo ed altro!  
 
Demiurgia e aneddotica 
 
Poe ha nutrito il nostro spirito. Ha contribuito con le sue creazioni a fare di noi ciò che siamo. Ogni tratto della sua scrittura disegna un intero Cosmo, governato da leggi soltanto in apparenza simile a quelle che conosciamo. Ha potuto dar vita a un intero Universo di orrore e di percezioni distorte perché è vissuto in un'epoca in cui era riconosciuta la preminenza dell'aneddotica. Scriveva in modo febbrile, senza nemmeno provare a verificare la precisione di ogni singolo dettaglio. Così troviamo numerose bizzarrie e incongruenze nei suoi testi. Non si tratta di difetti, come si potrebbe pensare a prima vista, bensì di gemme. Certo, erano tempi diversi. Esisteva ancora un pubblico pronto a riconoscere la grandezza dell'artista, dell'evocatore. Il presente è sterile. I grandi come Poe sono ancora apprezzati, ma solo perché sono giunti come fossili da un passato ormai esaurito. Oggi non sarebbe più possibile il sorgere di un uomo simile. Non ne sarebbe riconosciuta la grandezza e non andrebbe da nessuna parte. Ogni sua minima affermazione sarebbe accolta con una domanda stizzosa: "Fonti?" 
 
Altre recensioni e reazioni nel Web 

Segnalo giusto due recensioni. La prima è di Giovanni Sacchitelli: 
 

La seconda è di Federico "Dragonstar" Passarella:
 

domenica 24 maggio 2020

RELIGIONE NEOLITICA, PREGIUDIZIO ANTISODOMITICO... E BUFALE!

 
Era il 16 gennaio 2019. Il carissimo amico Lukha B. Kremo disquisiva su un cruciale argomento, che ha sempre attratto la mia curiosità: il rinvenimento di materiale genetico nel retto della Mummia del Similaun, eccezionale reperto chiamato affettuosamente Ötzi (varianti ortografiche Oetzi, Otzi). Riporto in questa sede il thread iniziato dal Kremo:
 
Lukha B. Kremo: 
comunque l'argomento del giorno non è che 10 anni fa avevamo 10 anni di meno, ma che Otzi è il primo omicidio documentato causato da omofobia, ca. anno 3200 a.C.

Luigi Straneo:
non credo sia un caso di omofobia, gli hanno trovato del liquido seminale nel retto, dev'essere un gioco erotico finito male

Lukha B. Kremo:
no, gli hanno trovato ferite compatibili con frecce alla scapola, inoltre era in un ghiacciaio; molto più probabile che sia stato colto in flagrante che abbiano ammazzato l'altro e che lui sia riuscito a scappare ma sia stato colpito lo stesso, poi ha cercato di superare le montagne per non farsi trovare più e lì è caduto.

Lukha B. Kremo:
mi pare che si conferma che le idee che abbiamo noi delle società neolitiche sono da rivedere, che abbiamo una concezione di primitivismo e che invece già nel 3200 ac in italia del nord c'erano comunità con leggi proprie. Di poco è la scoperta di una battaglia epocale del IV millennio ac in un remoto paese della germania settentrionale che indica come non fossero in lizza due tribù, ma due fazioni multietniche e quindi un esercito di un vero e proprio regno, di cui ovviamente non sappiamo nulla.
 
Lukha B. Kremo:
in fondo circa 100 anni dopo Otzi regnava il primo faraone in egitto

ALex CutWay:
Vi sono stati non rari eventi di fallace marcatura del DNA tramite datazione al carbonio. In realtà, un'altra teoria avvicente che i ricercatori stanno seguendo , sono voci di corridoio, è un successivo atto di necrofilia verso una mummia, avvenuto molti secoli dopo, anche se l'esatta datazione temporale è ancora piu' complicata. Sarebbe inoltre il primo caso della storia umana.

A distanza di tempo sono tornato sul thread e con mia grande sorpresa ho trovato che il link condiviso dal Kremo era stato nascosto da un minaccioso avvertimento. Infatti la notizia
sulla morte violenta del nostro uomo preistorico preferito, apparsa a suo tempo su Le Cronache Lucane, è stata bollata da Zuckerborg come "fake news". La mannaia di una censura occhiuta si è abbattuta sul contenuto eterodosso, implacabile come un androide, inquietante e temibile come lo swibble di dickiana memoria. Ecco la documentazione: 
 

Facta - Fact-Check  

Independent fact-checkers say this information has no basis in fact.
 
Notizia priva di fondamento: "sperma nel retto di Ötzi".
 
Il 16 gennaio il sito Le Cronache lucane ha pubblicato un articolo dal titolo “La conferma dei ricercatori di Bolzano: sperma nel retto di Ötzi”.

Nel testo si legge che una biopsia che sarebbe stata effettuata dal team di Archeologia Biomolecolare di Bolzano avrebbe confermato un dettaglio inedito sul ritrovamento, avvenuto nel 1991, della mummia neolitica denominata Ötzi: la presenza di sperma nel canale rettale.
 
Questa è una notizia priva di fondamento, probabilmente nata come pesce di aprile e poi continuata a girare per oltre 25 anni. Ma andiamo con ordine. Partiamo dalla fonte. Le Cronache Lucane ha ripreso interamente (senza specificarlo) un articolo pubblicato dal sito CTRL ALT WRITE il 9 febbraio 2016.

Passiamo alla vicenda. Il 19 settembre del 1991, sulle Alpi Venoste al confine tra Italia e Austria, durante un'escursione viene ritrovata da due coniugi tedeschi una mummia di oltre 5 mila anni fa. Alla mummia viene dato il nome di Ötzi.

Nel 1992 il sito The Straight Dope aveva spiegato che, poco tempo dopo la scoperta di Ötzi, si era diffusa la notizia secondo cui tracce di sperma erano state trovate nell'ano della mummia ma che questa storia era in realtà comparsa sul numero del primo aprile di una rivista austriaca ed era quindi probabilmente uno scherzo.

Questa notizia inventata ha comunque continuato a girare ma, come scrive il sito di fact-checking Butac.it, non ha mai trovato conferma. Nel 2012, anzi, riguardo le voci di corridoio che sostenevano che dello sperma fosse stato trovato nel canale anale di Ötzi, Angela Graefen, ricercatrice di genetica umana all'Istituto Eurac a Bolzano, aveva chiarito all'agenzia di stampa Reuters, che la voce era priva di fondamento e che poteva derivare «dal fatto che dei semi sono stati trovati nel suo intestino. I termini per i semi di piante e lo sperma sono, in effetti, gli stessi in tedesco».
 
Con infinito paternalismo, Zuckerborg ha quindi impresso il suo sigillo: 
 
Learn more about how Facebook works with independent fact-checkers to stop the spread of false information. 
 
A questo punto tutto sembra chiaro. In un commento poi aggiunto al thread, lo stesso Kremo ha ammesso di essere stato tratto in inganno dai media. 
 
Lukha B. Kremo:
ok, qualche giornalista del cazzo ha tradotto semen (sic) con sperma. Erano semi, non sperma 
 
Benissimo! Tutto sembra essere a posto. Il pacchetto memetico fatto di informazione degenerata è stato identificato e neutralizzato. I Sommi Sacerdoti dell'Antibufalismo hanno sentenziato e il loro giudizio è reperibile con grande facilità nel Web. Davanti al loro magistero si prosternano le masse, cadendo in adorazione! Ecco i link agli articoli di fact-checking:    
 
 
 
In ultima analisi, le fonti addotte sono due: 
 
1) Reuters;
2) The Straight Dope.
 
Come vedremo nel seguito, le tesi riportate dalle due fonti sono tra loro incompatibili e si escludono a vicenda. Procediamo con ordine, ripercorrendo le tappe della ricerca. 

L'ipotesi dell'errore di traduzione
 
Cominciamo dall'analisi delle informazioni diffuse dall'agenzia britannica Reuters, alla cui parola è attribuito un valore pari a quello del Vangelo, se non addirittura superiore. Questo è il testo fondante: 
 
 
One sticky rumor was that semen had been found in his anal canal, prompting headlines about his supposed homosexuality. But Graefen set the record straight.

“This comes from the fact that seeds have been found in his intestine. The words for plant seeds and semen are actually the same in German,” she laughed.

 
A quanto pare possiamo stare tutti più tranquilli: l'ennesimo rigurgito di entropia cognitiva è stato rintuzzato. Ma è davvero così? Diabole Domine, direi proprio di no. La questione è un tantino più complessa di come la si dipinge. Sintetizzo i miei dubbi: 
 
1) Possibile che tutto sia nato da uno studio in cui la parola Samen indicava i semi, senza che nessuno si sia preso la briga di specificare la specie vegetale di appartenenza?
2) Possibile che non si faccia la minima menzione a come questi benedetti semi sarebbero giunti nel canale rettale del defunto? Sono passati indenni per tutto l'intestino o sono stati introdotti in un improbabile gioco erotico? 
3) Possibile che nessuno menzioni in modo esplicito la fonte da cui Reuters avrebbe attinto? Perché cercando stringhe come "Angela Graefen Samen Ötzi" non si trova un bel nulla di utile? Qual è lo studio in cui la parola Samen avrebbe generato l'equivoco? Chi sono i suoi autori? Dove reperirlo nel Web? Non è dato sapere.
4) Possibile che con chiavi di ricerca non contenenti il nominativo della Graefen, come ad esempio "Ötzi Samen hintern", "Ötzi Samen Darm" e via discorrendo, Google si ostini a mostrare soltanto siti in italiano? Faccio notare che nelle impostazioni di Google ho selezionato "Qualsiasi lingua" e non "Pagine in italiano"
 
Questa è una menzione di "Samen" in relazione alla Mummia del Similaun (il neretto è mio), da Die Urgeschichte Europas, di Reinhard Pohanka (2016): 
 
Der Pilz hat eine desinfizierende Wirkung und wird außerdem als Aufguss gegen Würmer und Magenbeschwerden verwendet (in der Gegenwart zum Beispiel bei den Samen).

"Il fungo ha un effetto disinfettante e viene utilizzato anche come infuso contro vermi e problemi di stomaco (in presenza di semi, ad esempio)."  
 
Questa è un'altra citazione (anche qui il neretto è mio), tratta dal sito www.alimentarium.org
 
Begleitfunde sind Überreste von Tierknochen, Muschelschalen und Fischgräten sowie pflanzliche Funde wie Getreidekörner, Nüsse und Samen, die bei Siedlungs- und Bestattungsausgrabungen freigelegt werden. 
 
"I reperti di accompagnamento sono resti di ossa di animali, gusci di cozze e lische di pesce, nonché reperti vegetali come cereali, noci e semi che vengono scoperti durante gli scavi di insediamenti e sepolture."

Come si vede, non si ha alcuna ambiguità che possa giustificare la genesi del mito memetico dello sperma nel retto di Ötzi. Certo, districarsi in un mare di disinformazione non è facile, ma con un po' di buona volontà si dovrebbe trovare il bandolo della matassa. Invece non si viene a capo di nulla. Cosa molto sospetta. Possibile che l'intervista alla Graefen non abbia avuto alcuna eco nel Web in lingua tedesca? 
 
Con un po' di pazienza, sono riuscito a trovare una menzione più pertinente, su una rivista online tedesca di area LGBT, Queer.de (ancora una volta i neretti sono miei): 

Manche Geschichten sind wirklich lustig, und die erzähle ich auch gerne selbst, beispielsweise, dass Ötzi schwul war. Das war lediglich ein Übersetzungsfehler: Da hat man aus dem deutschen Wort Samen den englischen semen gemacht, was im Deutschen so viel bedeutet wie Sperma. Deswegen wurde das sozusagen in die falsche Richtung interpretiert. Es wurden keine Spermien in seinem Darm gefunden, sondern Pflanzensamen.

"Alcune storie sono davvero divertenti e mi piace raccontarle io stesso, ad esempio che Ötzi era gay. È stato solo un errore di traduzione: la parola tedesca "Samen" è stata trasformata nell'inglese "semen", che in tedesco significa "sperma". Ecco perché è stato interpretato nella direzione sbagliata, per così dire. Nessuno spermatozoo è stato trovato nel suo intestino, solo semi di piante."
 
Nemmeno questa è la menzione che cerco: è ancora un aneddoto simile a quello riportato da Angela Graefen di Bolzano, privo di riferimenti validi. Potrebbe addirittura essere stato preso da fonti italiane ed essere entrato nel mondo germanico come un boomerang. Perché se io racconto un aneddoto finisco linciato, mentre gli altri possono fondare i loro giudizi sugli aneddoti? Sono il solo a non essere esonerato dal riportare le fonti? Il Kremo allude a un giornalista del cazzo che ha sbagliato la traduzione. Ebbene, voglio sapere nome e cognome di questo giornalista del cazzo. Voglio sapere la sua testata di appartenenza e il titolo dell'articolo da cui l'errore ha avuto inizio. Di che nazionalità è il giornalista del cazzo? Questo giornalista del cazzo è italiano o anglosassone? Si converrà che tutto è molto vago. 
 
Totale: le confutazioni fatte dagli Antibufalisti del Web non soddisfano i criteri minimi di trasparenza e di tracciabilità. Per gli attivisti italiani la lingua tedesca è tabù, dato che le attribuiscono il potere di evocare lo spettro del III Reich. Quindi nessuno di loro la conosce davvero. A nessuno di loro interessa scandagliare fonti in tedesco. Citano qualche parola tedesca solo se indispensabile, lo fanno male e mostrando di esserne schifati, a dir poco inorriditi. Per i canoni della loro religione civica sarei considerato un pagano. Ho così licenza di conoscere la lingua tedesca e non ho alcun problema ad usarla, facendo notare che non è stata inventata da Hitler! 
 
L'ipotesi del Pesce di Aprile 
 
Passiamo ora ad analizzare i contenuti del post apparso su The Straight Dope. Vero è che Bufale.net ne riporta il link e che anche il disclaimer apposto da Zuckerborg menziona questa fonte, ma nessuno sembra essere stato in grado di trarne le debite conclusioni, molto diverse da quelle fornite da Reuters. Invito tutti alla lettura:
 
 
Gli italici Antibufalisti si sono fissati sulla traduzione errata del tedesco Samen "seme; sperma", ma hanno anche menzionato una possibilità più attendibile, quella di un Pesce di Aprile. Tutto sarebbe nato da uno scherzo, ossia da una articolo diffuso a bella posta da un'associazione LGBT austriaca, il cui organo di stampa è la rivista LAMBDA-Nachrichten. Tra l'altro giova notare che nei siti Web in lingua tedesca in cui la cosa viene menzionata, non compare mai la parola Samen, bensì un termine più scientifico: Sperma
 
"“Otztal Valley, Italy — The mainstream media reported widely on ‘Otzi,’ the 5,477-year-old Stone Age man found mummified in a melting glacier high in the Italian Tyrolean Alps. The U.S. media did not, however, share a gripping detail that was reported in Italy, Austria, Switzerland, and elsewhere: there was sperm in Otzi’s anal canal. ‘The Tyrolean scholars have not given this little detail any special significance,’ according to Lambda Nachrichten, the magazine of Homosexual Initiative Vienna, Austria’s leading gay organization, ‘but there can only be one explanation: Otzi had sex with another man in the Alps!"
 
L'argomento devastante riportato su The Straight Dope è però un altro. Non può essere stato trovato sperma nel buco del culo di Ötzi. Questo per un fatto molto semplice: Ötzi non ha un buco del culo. Le parti intime del corpo mummificato sono andate perdute, forse divorate dai vermi o da qualche animale carognaro. Comunque sia, niente ano, niente sperma nell'ano.  
 
"But the real problem is this: judging from the photos, Otzi has no anus. His entire crotch, including penis and testicles, is gone, presumably having been eaten by scavengers shortly after his demise." 
 
Diventa superfluo notare che lo sperma non sarebbe in ogni caso rilevabile dopo tanto tempo. 
 
Quanto appena esposto mette in serio dubbio le dichiarazioni attribuite da Reuters ad Angela Graefen. Ecco le conclusioni:
 
1) Non c'è stato nessun equivoco, nessuna confusione semantica tra il materiale genetico e i semi delle piante: siamo invece di fronte a un vero e proprio pacchetto memetico diffuso cum dolo;
2) A quanto pare la Graefen ignorava che il canale anale del corpo mummificato è andato perduto. Cosa a dir poco sorprendente, essendo una studiosa che si è occupata proprio di Ötzi; 
3) I gestori dei siti antibufala hanno citato The Straight Dope ma non sembrano aver letto la fonte con la dovuta attenzione. La storia del culo mancante avrebbe vanificato all'istante la necessità di supporre la cattiva traduzione di una parola tedesca!  
 
I fact checkers devono essere a loro volta sottoposti a fact-checking! Le bufale somigliano ai virus e sono caratterizzate da un corredo memetico che può subire mutazioni. Così da una bufala ne possono nascere altre, ancora più devastanti. 
 
Alcune note 

L'uomo del Similaun visse nel Calcolitico, il periodo che ha segnato la transizione tra l'industria litica del Neolitico e la metallurgia dell'Età del Bronzo. Nel Neolitico fece la sua comparsa l'agricoltura, che portò un nuovo modo di intendere l'Uomo e l'Universo. Assieme all'agricoltura e al culto della fecondità comparve la consapevolezza dell'associazione tra l'atto sessuale e la procreazione. Oggi sembra un concetto scontato. Eppure gli Aborigeni dell'Australia, che sono rimasti nel Paleolitico fino a tempi recenti (attrezzi di pietra scheggiata erano usati ancora negli anni '60 del XX secolo), non erano consci del fatto che il concepimento fosse la naturale conseguenza dell'atto sessuale: attribuivano la gravidanza agli spiriti delle acque o delle pietre. Nel Paleolitico imperava la credenza in una divinità uranica non interessata all'ordine morale del mondo. Un Essere Supremo simile a quello che in Australia era chiamato Nurrendere. Nel Neolitico si è avuto il passaggio cruciale alla credenza in una divinità uranica interessata all'ordine morale del mondo. Una divinità iraconda che considera offensive determinate azioni dei suoi adoratori. Nelle società agricole si diffuse l'idea che lo sperma fosse una sostanza preziosa e che il suo contatto con le feci fosse un sacrilegio. Nacque così l'avversione verso il sesso anale e in particolar modo verso il rapporto sodomitico tra uomini. Qualcuno a questo punto si chiederà: "E i Greci? E i Romani? E il dissoluto politeismo?" Ebbene, nel corso dell'Età del Bronzo c'è stata una radicale trasformazione, non solo tecnologica ma anche e soprattutto culturale. Le società neolitiche in Europa furono travolte dall'invasione di genti indoeuropee giunte a più ondate dalle steppe orientali. Questi invasori avevano sentimenti del tutto dissimili da quelli dei popoli su cui si erano abbattuti come una tempesta: erano bellicosissimi e vivevano di predazione. Consideravano l'agricoltura un'occupazione degna soltanto degli schiavi. Dovunque arrivassero uccidevano gli uomini e stupravano le donne, costringendole a consumare le loro vite macinando cereali. L'omosessualità virile era altamente considerata. Ancora ai tempi di Cesare, i Celti della Gallia Transalpina continuavano questo modo di vivere: disprezzavano l'agricoltura, ritenuta un'occupazione servile, e praticavano la sodomia, anche violenta. Si comprende a questo punto che le religioni monoteiste abramitiche hanno la loro origine in una sopravvivenza della religiosità del Neolitico. Si sono formate da un vero e proprio rigurgito di un'epoca precedente a quella in cui si sono imposte le religioni politeiste. È un gravissimo errore proiettare indietro nel tempo categorie postmoderne come quelle di "omofobia" (analizzeremo in altra sede la natura contraddittoria di questa parola), fondate su una specie di mistica della "paura della diversità": le motivazioni dell'avversione antisodomitica erano di natura religiosa, avevano la loro radice nel tabù e non possono essere lette alla luce delle ideologie femministe e politically correct. Mi opporrò sempre con tutte le forze alla riscrittura del passato a partire dalle storture concettuali del presente!