Autori greci come Polibio e Plutarco hanno trascritto nelle loro opere antroponimi e vocaboli latini, trasmettendoci preziose informazioni molto utili sulla pronuncia della lingua di Roma loro contemporanea.
Esistono però anche numerosi vocaboli greci passati in latino. Alcuni di questi prestiti, molto comuni nella lingua quotidiana, sono stati trasmessi in eredità alle lingue neolatine e sono usati ancora oggi. Particolarmente interessanti sono i prestiti greci che hanno i suoni velari /k/, /kh/ e /g/ davanti alle vocali anteriori /e/, /e:/, /i/, /i:/, /ü/, /ü:/.
Riporto alcuni esempi significativi:
Esistono però anche numerosi vocaboli greci passati in latino. Alcuni di questi prestiti, molto comuni nella lingua quotidiana, sono stati trasmessi in eredità alle lingue neolatine e sono usati ancora oggi. Particolarmente interessanti sono i prestiti greci che hanno i suoni velari /k/, /kh/ e /g/ davanti alle vocali anteriori /e/, /e:/, /i/, /i:/, /ü/, /ü:/.
Riporto alcuni esempi significativi:
gr. βραχίων > lat. brachium
gr. γυρός > lat. gyrus
gr. κερασός > lat. cerasus
gr. κοιμητήριον > lat. coemeterium
gr. κῦμα > lat. cyma
gr. dor. μαχανά > lat. machina
Dall'analisi di queste parole possiamo dedurre con sicurezza quanto segue:
1) Le parole greche prese a prestito in latino avevano i suoni velari ("duri") davanti a vocali anteriori al momento dell'adozione;
2) Questi prestiti greci sono stati trattati dai parlanti latini come parole ereditate;
3) Si passa da una situazione in cui sussistono consonanti velari ("dure") a una situazione più tarda in cui si trovano invece consonanti affricate ("molli").
Vediamo infatti come le parole in questione si sono evolute in italiano:
lat. brachium > it. braccio
lat. *ceresia > it. ciliegia
lat. coemeterium > it. cimitero
lat. cyma > it. cima
lat. gyrus > it. giro
lat. machina > it. macina
Tutti possono constatare che in ciascuno di questi casi si sono sviluppati suoni palatali. A scanso di equivoci, la parola italiana "macchina" è stata reintrodotta dal latino letteraro "machina" molto tempo dopo che questa si era evoluta regolarmente in "macina" per genuina usura fonetica popolare.
Tutto ciò prova la vanità della perversa idea di coloro che a dispetto d'ogni evidenza si ostinano a sostenere che i suoni consonantici palatali /tʃ/ e /dʒ/ siano sempre stati presenti in latino.
Infatti se il latino avesse pronunciato C e G davanti a E e I come affricate da epoca immemorabile, i prestiti greci sarebbero stati sì adottati con suoni velari, ma non avrebbero avuto nulla in comune con le parole native con suoni palatali e non avrebbero avuto motivo di svilupparli nel passaggio dal latino volgare alle parlate italiane: sarebbero ancora oggi pronunciati con suoni velari.
La stessa esistenza di queste parole dimostra che la palatalizzazione si è sviluppata soltanto in un'epoca posteriore alla loro entrata nella lingua latina, a causa di un mutamento fonetico regolare e molto graduale, di cui i parlanti non si sono resi conto.
gr. γυρός > lat. gyrus
gr. κερασός > lat. cerasus
gr. κοιμητήριον > lat. coemeterium
gr. κῦμα > lat. cyma
gr. dor. μαχανά > lat. machina
Dall'analisi di queste parole possiamo dedurre con sicurezza quanto segue:
1) Le parole greche prese a prestito in latino avevano i suoni velari ("duri") davanti a vocali anteriori al momento dell'adozione;
2) Questi prestiti greci sono stati trattati dai parlanti latini come parole ereditate;
3) Si passa da una situazione in cui sussistono consonanti velari ("dure") a una situazione più tarda in cui si trovano invece consonanti affricate ("molli").
Vediamo infatti come le parole in questione si sono evolute in italiano:
lat. brachium > it. braccio
lat. *ceresia > it. ciliegia
lat. coemeterium > it. cimitero
lat. cyma > it. cima
lat. gyrus > it. giro
lat. machina > it. macina
Tutti possono constatare che in ciascuno di questi casi si sono sviluppati suoni palatali. A scanso di equivoci, la parola italiana "macchina" è stata reintrodotta dal latino letteraro "machina" molto tempo dopo che questa si era evoluta regolarmente in "macina" per genuina usura fonetica popolare.
Tutto ciò prova la vanità della perversa idea di coloro che a dispetto d'ogni evidenza si ostinano a sostenere che i suoni consonantici palatali /tʃ/ e /dʒ/ siano sempre stati presenti in latino.
Infatti se il latino avesse pronunciato C e G davanti a E e I come affricate da epoca immemorabile, i prestiti greci sarebbero stati sì adottati con suoni velari, ma non avrebbero avuto nulla in comune con le parole native con suoni palatali e non avrebbero avuto motivo di svilupparli nel passaggio dal latino volgare alle parlate italiane: sarebbero ancora oggi pronunciati con suoni velari.
La stessa esistenza di queste parole dimostra che la palatalizzazione si è sviluppata soltanto in un'epoca posteriore alla loro entrata nella lingua latina, a causa di un mutamento fonetico regolare e molto graduale, di cui i parlanti non si sono resi conto.
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