sabato 12 aprile 2014

GIOCARE D'AZZARDO CON I DADI ETRUSCHI

Come sa chiunque si sia occupato anche marginalmente della lingua degli Etruschi, esiste una polemica secolare sul valore dei numerali śa e huθ, causata dai famosi dadi di Tuscania, gli unici due finora noti che mostrano i valori scritti come parole anziché indicati da punti.

Esistono a questo proposito due scuole ermeneutiche. La prima sostiene che huθ significhi "quattro" e che śa significhi "sei", mentre la seconda sostiene l'inverso, ossia che śa significa "quattro" e huθ significa "sei". Alla prima di queste scuole in genere tendono ad aderire coloro che credono di poter dimostrare la natura indoeuropea della lingua dei Rasna; la seconda attrae invece coloro che la considerano una lingua non indoeuropea.
Dico questo in linea di massima: un tempo pensavo anch'io che
huθ significasse "quattro" e che śa significassse "sei", pur affermando già all'epoca la natura non indoeuropea dell'etrusco. D'altronde non amo essere classificato come appartenente a una data scuola o ad un'altra: la faziosità è da sempre nemica della Scienza. 

Gli argomenti a favore della traduzione di
huθ come "quattro" si fondano soprattutto sull'esistenza del toponimo pregreco HYTTENIA, che è un antico nome di TETRAPOLIS.
Coloro che affermano invece che
śa sia "quattro" fondano il loro giudizio sulla famosa Regola del Sette, che fa sì che la somma dei punti sulle facce opposte di un dado debba dare per l'appunto sette. Siccome nei dadi di Tuscania śa è opposto a ci (che significa certamente "tre") e huθ è opposto a θu (che significa certamente "uno"), le traduzioni indicate ne conseguirebbero in automatico.

Esistono anche altri argomenti, di per se stessi piuttosto labili, a sostegno dell'una o dell'altra traduzione, ma per adesso non me ne occuperò.

Un tempo molti etruscologi tendevano a ipotizzare che huθ fosse "quattro" e che śa fosse "sei", pur con qualche incertezza - in genere espressa da un punto di domanda dopo la traduzione - e questa è anche la vulgata di Pallottino. Da qualche tempo sembra che l'etruscologia ufficiale si sia orientata invece a favore dell'opposta identificazione. Ad esempio, i professori Facchetti e Benelli traducono śa con "quattro" e huθ con "sei"

L'argomento HYTTENIA è di per sé poco convincente per i seguenti motivi:

1) Non è sicuro che il toponimo provenga da una lingua imparentata con l'etrusco;
2) Non sembra probabile che si tratti di una traduzione (non incorpora una radice tradotta con POLIS);
3) Non si conoscono i dettagli storici, per cui è possibile che gli Elleni abbiano dato il nome Tetrapolis a una nuova reatà, 
indipendentemente dalla denominazione antica, da loro non capita;
4) Si danno non pochi casi di cristallizzazione di numerali, ad esempio la parola italiana "quartiere" che è nata da una divisione in  quattro ed è giunta a indicare una realtà più generale, o la parola gallese wythnos che attualmente indica la settimana pur contenendo il  numerale wyth "otto" e risalendo a un antico raggruppamento di otto notti. 

Il grottesco delle polemiche non conosce tuttavia confini. Tra coloro che sostengono a spada tratta che huθ sia "quattro", alcuni arrivano a dire che i loro  avversari sarebbero addirittura "brutti e cattivi" perché pensano che i dadi senza la regola del sette non esistano. Così si affannano a riportare il caso di un singolo dado con uno schema diverso pretendendo in questo modo di distruggere le argomentazioni degli etruscologi dell'opposta fazione, come se ciò avesse in sé la forza di provare che huθ debba essere "quattro" di riffa o di raffa. La fallacia logica in cui cadono è quella del non sequitur

Per un approfondimento sulle ragioni degli aderenti alla scuola indoeuropeizzante che traduce huθ con "quattro" si rimanda ai siti di Carlo d'Adamo e di Massimo Pittau:



Se non ho capito male, il professor Pittau afferma il principio - di per sé nient'affatto disprezzabile - secondo cui gli argomenti provenienti dalla linguistica debbano avere la precedenza su quelli suggeriti dall'archeologia o più in generale da evidenze extralinguistiche. Questo principio però funziona bene solo nel caso di lingue ben conosciute, mentre può portare a risultati fallaci se applicato a realtà poco note, le cui connessioni con il mondo esterno non portano a risultati ben definiti. Se avessimo dell'etrusco una mole di conoscenze certe paragonabile a quella che abbiamo del sumerico, di certo potremmo dire molte più cose sensate.

I tentativi di ricostruire protoforme comuni ragionevoli per l'indoeuropeo e l'etrusco appaiono inconsistenti: in realtà le parole di origine indoeuropea in etrusco sono prestiti, proprio come le parole neolatine in inglese sono giunte da fuori. Di questo però si dovrà parlare in un'altra occasione. 

A un certo punto questo confuso panorama dei numerali etruschi è cambiato come per l'intervento di un Deus ex Machina, anche se molti non se ne sono affatto accorti, perché proprio da metodi extralinguistici è giunta la soluzione all'annoso problema. I ricercatori Gilberto Artioli, Ivana Angelini e Vincenzo Nociti del Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Padova hanno pubblicato sull'argomento un articolo di estremo interesse, GAMBLING WITH ETRUSCAN DICE (2011), scritto in inglese. 


Riassumo i risultati della loro ricerca, efettuata su un campione di una novantina di dadi, e su questo sunto invito tutti a meditare:

1) I dadi ritrovati nell'Etruria propria sono di due tipi:
 a) enantiomorfici, ossia con uno stesso punteggio su due facce (rari)
 b) non enantiomorfici, ossia con punteggi diversi su ogni faccia (molto comuni)
2) Considerando i dadi non enantiomorfici, si trovano soltanto due schemi dei 15 teoricamente possibili: 
 a) lo schema progressivo (differenza tra facce opposte uguale a uno)
 b) la Regola del Sette (somma tra facce opposte uguale a sette)
3) Gli schemi soggiaciono a un criterio temporale rigido:
 a) I dadi hanno soltanto lo schema progressivo prima del V secolo a.C.
 b) Nel V secolo a.C.. compare la Regola del Sette, che si diffonde lentamente
 c) Nel IV secolo a.C. sia la Regola del Sette che lo schema progressivo erano diffusi
 d) Dopo dal III secolo a.C. si trova soltanto la Regola del Sette 

Aggiungerò che i dadi non enantiomorfici con schemi diversi dal progressivo e dalla Regola del Sette hanno queste caratteristiche:

1) Provengono per lo più da necropoli esterne all'Etruria propria (es. Spina, etc.)  
2) Non hanno alcuno schema razionale riconoscibile.
 
Detto questo, da analisi approfondite sul supporto materiale e soprattutto da considerazioni sulla forma delle lettere, risulta che i dadi di Tuscania risalgono al IV secolo a.C., un'epoca in cui erano diffusi sia lo schema progressivo che la Regola del Sette. Non essendo i dadi di Tuscania dotati di schema progressivo, ne consegue che devono avere la Regola del Sette. Quindi
śa si deve tradurre con "quattro" e huθ con "sei".
Questo è quanto.

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