domenica 27 luglio 2014

ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL NOME SEGRETO DI ROMA

Pochi sanno che la città di Roma in realtà ha un altro nome, che è il solo vero. La cosa può apparire paradossale ed essere creduta una mera provocazione, ma le fonti antiche lo confermano.

Questa breve sintesi della questione si trova facilmente nel Web:

"Roma ebbe quasi sicuramente un nome segreto che era addirittura proibito pronunciare, pena la morte, e di cui erano a conoscenza solo i Pontefici Massimi che se lo tramandavano. Un antico commentatore di Virgilio, tale Servius, scrisse in una nota all'Eneide: «Nessuno, nemmeno nei sacrifici, ripete il vero nome della città. Ché, anzi, un tribuno della plebe, Valerio Sorano (come lasciò scritto Varrone), fu messo in croce per aver ardito pronunciare quel nome». Ma qual era il nome segreto di Roma? Il Poliziano indicò «Amarillis» e «Antusa», che in greco significa «fiorente»; per altri fu «Flora», nome che si ricollega anche con quello di aprile (da «aperire», aprirsi alla vita, il mese in cui si aprono i fiori, il mese di Roma; per altri ancora il nome segreto fu «Valentia»; ma per la stragrande maggioranza degli storici questo nome fu AMOR, che è il bifronte di ROMA, e l'equivalenza «Roma-Amor» ha suscitato sempre una grande suggestione. Anche un palindromo avvalora questa supposizione: ROMA TIBI SUBITO MOTIBUS IBIT AMOR (Roma, con dei movimenti letterari, diventerà Amor)."
(Tratto da Domenica Quiz, n. 35, 26 agosto 2004)

Il testo procede citando patetiche assurdità pseudoscientifiche, anacronismi e balbuzienti tentativi di trovare il bandolo della matassa:

"Sorprendente, a questo proposito, e non meno suggestivo, è il fatto che in lingua serba Roma è detta «Rim», e che il suo bifronte, «Mir», significa «pace». Ora, sia «Amor» che «Mir» sono in perfetta armonia con la missione che questa città avrebbe dovuto e dovrebbe esercitare come sede del Papato. Ma che fosse stato «Petra» il nome segreto di Roma? Il giornalista Silvio Cremonese (in Paese Sera del 15.12.1949) faceva notare che la parola «Petra» si presta alla creazione di un sorprendente anagramma: «ept a») che, in greco e in latino arcaici, significa «i sette colli»... Il mistero rimane..."

Essendo il Web pieno di bachi e di bislacchi spropositi, riporto fonti attendibili:

"... superque Roma ipsa, cuius nomen alterum dicere nisi arcanis caerimoniarum nefas habetur optimaque et salutari fide abolitum enuntiavit Valerius Soranus luitque mox poenas. non alienum videtur inserere hoc loco exemplum religionis antiquae ob hoc maxime silentium institutae. namque diva Angerona, cui sacrificatur a. d. XII kal. Ian., ore obligato obsignatoque simulacrum habet." 
(... e sopra c'è la stessa roma, il cui altro nome, che è empio pronunciare se non nel segreto dei riti ed è stato cancellato da un'ottima e benefica fede, Valerio Sorano pronunciò in pubblico e ne pagò immediatamente la pena. Non pare fuori luogo accennare qui ad un esempio dell'antica religione istituita proprio per questo silenzio: infatti la dea Angerona, alla quale si sacrifica nel giorno 21 dicembre, ha il suo simulacro con la bocca fasciata da una benda e sigillata.)
Plinio, Naturalis Historia

"Traditur etiam proprium Romae nomen, et verum magis, quod numquam in vulgum venit, sed vetitum publicari, quandoquidem quo minus enuntiaretur, caerimoniarum arcana sanxerunt, ut hoc pacto notitiam eius aboleret fides placitae taciturnitatis. Valerium denique Soranum, quod contra interdictum id eloqui ausus foret, ob meritum profanae vocis, neci datum. Inter antiquissimas sane religiones sacellum colitur Angeronae, cui sacrificatur ante diem duodecimum kalendarum ianuariarum: quae diva praesul silentii istius, praenexo obsignatoque ore simulacrum habet." 
(Si racconta anche di un nome particolare di Roma, e più vero, che non è mai giunto al volgo, ma che è proibito pronunciare in pubblico, perché il segreto dei rituali stabilì che non potesse essere pronunciato apertamente, affinché in tal modo una fede salubremente taciturna lo nascondesse. Valerio Sorano lo osò pronunciare pubblicamente contro il divieto e fu messo a morte. Tra i culti senza dubbio più antichi, ricordiamo il culto che si celebra nel sacello di Angerona, alla quale sacrifichiamo dodici giorni avanti le calende di gennaio: la Dea che presiede al silenzio ha una statua con la bocca imbavagliata e sigillata.)
Solino, Polyhistor 

"Nam propterea ipsi romani, et deum in cuius tutela Roma est, et ipsius urbis latinum nomen, ignotum esse voluerunt. Sed Dei nomen nonnullis antiquorum, licet inter se dissidentium, libris insitum et ideo vetusta persequentibus quicquid de hoc putatur innotuit. Alii enim Iovem crediderunt, alii Luam, sunt qui Angeronam, quae digito ad os admoto silentium denuntiat; alii autem, quorum fides mihi videtur firmior, Opem Consiviam esse dixerunt. Ipsius vero Urbis nomen etiam doctissimis ignoratum est: caventibus romanis, ne, quod saepe adversus urbes hostium fecisse se noverant, idem ipsi quoque hostili evocatione paterentur, si tutelae suae nomen divulgaretur."
(I Romani vollero che rimanesse sconosciuto il Dio sotto la cui protezione è posta la città di Roma e il nome latino della città stessa. Ma il nome del Dio si trova in alcuni libri degli antichi, anche se tra loro in disaccordo, quindi gli studiosi di antichità hanno potuto conoscere ogni opinione al riguardo. Alcuni credettero che fosse Giove, altri Lua; ve ne sono che <credettero> Angerona, che con un dito sulla bocca intima il silenzio e altri ancora, la cui credenza mi pare più fondata, dissero che si tratta di Ops Consivia. Invero il nome della stessa Urbe è ignorato anche dai più dotti: poiché i Romani avevano paura di soffrire essi stessi ciò che sapevano avrebbero inflitto spesso alle città nemiche, e se il nome del loro nume tutelare fosse stato reso noto, i loro nemici avrebbero potuto evocarlo.)
Macrobio, Saturnali 

È davvero incredibile come di fronte a problemi concreti le menti delle genti a volte si riducano in pappina uscendosene con inconsistenze che dovrebbero suonare stridenti. Sembra che la stessa logica, anche in persone dotate di grande intelligenza e cultura, a volte smetta di funzionare. La questione del Nome Segreto di Roma è un esempio da manuale. L'assurdità Roma-Amor non è un'amena trovata di Genny 'a Carogna: in essa hanno creduto ingegni del calibro di Giovanni Pascoli e di Julius Evola. 

Ragioniamo in modo molto semplice quanto incontrovertibile, partendo da elementi certi e arrivando a formulare veri e propri teoremi.

Primo Teorema del Nome Segreto di Roma: 

Il Nome Segreto non poteva corrispondere a nessun vocabolo della lingua latina.

Ipotesi:

1) Sappiamo che il nome segreto di Roma non era pronunciato da nessuno, pena la morte;
2) Sappiamo che un tribuno della plebe che sfidò la proibizione pagò con la vita. 

Dimostrazione per assurdo:

Se ad esempio il nome segreto fosse stato AMOR, sarebbe stato pronunciato infinite volte da tutti, persino nei postriboli. Ogni volta che un imperatore, un senatore, un soldato o uno schiavo avesse pronunciato la parola "amor", facente parte del vocabolario di base, sarebbe incorso nella condanna. Anzi, il problema non si sarebbe posto alla radice: la parola stessa sarebbe stata considerata tabù dall'epoca della fondazione dell'Urbe e nessuno l'avrebbe mai pronunciata o scritta. Non sarebbe nemmeno arrivata alla nostra epoca. Questo prova che AMOR non era il Nome Segreto.
La stessa dimostrazione sia applicata ad ogni altro nome con riscontro nella lingua latina: Flora, Florens, Valentia, etc.

C.V.D.

Primo Corollario:

Anche se ignoto al volgo, il Nome Segreto doveva essere conosciuto da un certo numero di persone che vigilavano sull'osservanza della legge - quindi non soltanto dal Pontefice Massimo. Altrimenti non sarebbe stato riconosciuto se pronunciato e il divieto non avrebbe avuto senso.

Secondo Corollario:

Il Nome Segreto non poteva essere semplicemente il Nome Rituale, fatto passare per Segreto allo scopo di confondere le acque, come pure è stato proposto. Ci viene infatti detto in modo esplicito che il Nome Segreto non veniva mai usato nei sacrifici pubblici, mentre il Nome Rituale serviva proprio in tali occasioni.  

Secondo Teorema del Nome Segreto di Roma: 

Il Nome Segreto non poteva corrispondere a nessun vocabolo della lingua di un popolo ostile ai Romani.

Ipotesi:

Sappiamo che il massimo terrore per i Romani era che il Nome Segreto fosse usato da popoli ostili per maledire l'Urbe, provocandone così magicamente la caduta.

Dimostrazione per assurdo:

Se il nome segreto fosse stato un vocabolo appartenente alla lingua di un popolo ostile a Roma - quale ad esempio gli Etruschi, i Cartaginesi, i Galli - sarebbe stato pronunciato infinite volte da queste genti, provocando grande nocumento tramite la magia. Anche se inconsapevoli del fatto di pronunciare il Nome Segreto, questi popoli sarebbero stati considerati la causa della disfatta dei Romani: un rischio troppo grande per non essere stato previsto dal Fondatore. Soprattutto non sarebbe mai stata usata una parola di uso comune in una qualsiasi lingua nota.

C.V.D.

Corollario:

Essendo ogni popolo noto a Roma un potenziale nemico, compresi i parlanti della lingua greca, si evince che il Nome Segreto non aveva alcuna corrispondenza con la lingua di nessun popolo dell'antichità.

Un'applicazione concreta:

Molto interessante è un trattato in cui si ricostruisce il Nome Segreto come HIRPA, partendo dagli Hirpi Sorani, ossia i Lupi di Sorano, custodi del Monte Soratte (lat. Soracte).


Il termine hirpus era un nome del lupo, e si nota che il suo femminile *hirpa non è mai attestato neanche come glossa. Il lemma tecnico hirpus, conosciuto ai Romani soltanto come parte del linguaggio religioso, avrebbe ben potuto essere la parola comune usata dai Sabini e da altri popoli italici per indicare il lupo. Tentativi di dare un etimo indoeuropeo al vocabolo (ad esempio la proposta di Pokorny) si sono dimostrati fallimentari; è a mio parere ben possibile che fosse di origine etrusca, come altre parole sabine (ad esempio la glossa cupencus "sacerdote"), anche se al momento non mi è facile ricostruire l'aspetto fonetico originario della parola. La genuina radice italica indoeuropea per indicare il lupo sarà stata ulp-, riscontrabile ad esempio in Ulpius, ma è possibile che il suo uso tra i Sabini fosse oggetto di un tabù che ha portato all'adozione della base hirp-, da cui è sorto anche il nome degli Irpini (lat. Hirpini, gr. Ἱρπινοί). Secondo l'autore dell'articolo sarebbe possibile che il nome Lupa tradotto in sabino suonasse quindi Hirpa, e che questo fosse proprio il Nome Segreto. Applicando tuttavia il Secondo Teorema del Nome segreto di Roma, si evince che questa ipotesi è da ritenersi infondata. Dati i turbolenti rapporti tra i Romani e i Sabini (basti ricordare il famoso ratto delle Sabine), appare paradossale che proprio il Fondatore dell'Urbe abbia dato alla città un nome conosciuto e pronunciabile da nemici tanto irriducibili. Pensate a cosa sarebbe successo se un pastore sabino avesse detto a sua moglie: "Oggi una lupa mi ha ucciso tre agnelli".

Di che natura era dunque il Nome Segreto? Senza dubbio si trattava di una creazione glossolalica. Non possiamo dire molto di più di questo. La questione ricorda una vignetta di Jacovitti in cui un uomo dall'immenso nasone portava al guinzaglio un animale tentacolato e irsuto dotato di proboscide. 
Un passante gli chiedeva: "Cos'è?" 
Lui gli rispondeva: "Non ne ho idea, posso dire soltanto cosa non è." 
Al che l'altro rilanciava chiedendo: "Cosa non è?" 
La risposta lapidaria: "Non è un cammello".

2 commenti:

Massimo ha detto...

Bel post, con lucide stringenti analisi.


Ma se fosse... (babilonia?)
Andando ancor più dietro nei tempi, all'orgine; alla sua fondazione e del "come" nacque, ben oltre miti e leggende.


Esilarante finale vignetta.....
Ma sai che definire ciò che NON E'... è in realtà altrettanto arduo quanto definire l'E'.
 

Antares666 ha detto...

Carissimo Massimo, ti ringrazio dell'apprezzamento. Sono felice che il post ti sia stato d'aiuto. Il nome di Babilonia merita a sua volta una trattazione approfondita, penso che ne farò l'argomento di un nuovo post.
Un grande saluto