domenica 7 giugno 2015

PESTE MEMETICA: CRONACA DI UN'EPIDEMIA DI DEMENZA

Come tutti dovrebbero sapere, le lingue cambiano. I mutamenti sono di diversa natura: fonetici, lessicali, grammaticali. In genere sono accomunati da una caratteristica sorprendente: i parlanti non si accorgono del processo in atto se non quando è troppo tardi. Esistono anche cambiamenti difficilmente classificabili, la cui natura in genere non è compresa e studiata dai filologi. Questi processi implicano la comparsa di nuovi elementi a partire da realtà già presenti nella lingua, assemblate in modi inediti. 

Prima è arrivato l'intercalare "sì no". Sono passati quasi vent'anni dalla sua comparsa. Ad un certo punto ogni affermazione iniziava col cappello introduttivo "sì no"

Poi è arrivato l'intercalare "virgolette", accompagnato da gesti grotteschi con le dita per mimare il segno di punteggiatura e la contrattura dei muscoli facciali in un'espressione da ebete.

Infine è arrivato l'ennesimo intercalare "nel senso". Non si può più dire nulla senza aprire parentesi introdotte dalle fatidiche parole "nel senso", seguite da una breve pausa prima di riprendere il discorso. 

Nella massima parte dei casi la gente non si accorge di questi atteggiamenti stereotipi, che si trasmettono come frammenti di memi, residui di pacchetti di informazioni degeneri ormai svuotati di qualsiasi contenuto. Sono gli equivalenti concettuali dei prioni. Il loro uso è un'infezione contagiosa: senza che uno se ne renda conto si mette a parlare in modo ridicolo.  

"Sì no, penso che sia una buona strategia valorizzare questi grafici - nel senso... dare importanza al lavoro fatto per ottimizzare il risultato, virgolette..."  

Nemmeno le basi del lessico ereditato sono risparmiate da subdoli processi di sostituzione, la cui natura non di rado è ideologica. Parole di ottima tradizione come "padre" e "madre", le cui radici erano già usate prima della divisione delle genti indoeuropee, sono state rimpiazzate da balbettamenti stupidissimi come "papà" e "mamma" persino nei documenti ufficiali. Questo perché per i buonisti l'uso di "padre" e di "madre" rimanda a concetti severi come l'educazione, oppure al patriarcato di cui cianciano senza sosta le femministe. Prendere una parola antica e renderla inoffensiva, masticandola, digerendola ed espellendone un conglomerato fecale in cui non sia più riconoscibile il concetto originale. Prendere le lallazioni senza senso dei marmocchi e attribuirle ad ogni contesto: quale manipolazione! Ecco così che si viene a sapere dai quotidiani che è morto un grande fisico, il "papà" del ciclotrone.  

Che dire poi del condizionale di cortesia? La sua ontologia è quella di un nuovo modo verbale: "ci sarebbe da fare" anziché "c'è da fare", o "bisognerebbe" anziché "bisogna", e via discorrendo. In quest'epoca farisaica l'uso di un presente indicativo è ritenuto troppo traumatico, troppo invasivo, simile all'intrusione di un fallo eretto in un minuscolo orifizio mentale - oltre che contrario alle tiranniche consuetudini del buonismo. Si pensa così di edulcorare il contenuto delle frasi con un falso condizionale. È del tutto ovvio che se un datore di lavoro dice "ci sarebbe da fare" non esiste per il dipendente un grande spazio di discussione e di opposizione: il significato reale della frase è senza dubbio "c'è da fare". Perché dunque consumare le corde vocali con tante inutili sillabe in più?

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