mercoledì 4 novembre 2015

PROVE INTERNE DELLA PRONUNCIA RESTITUTA DEL LATINO: UNA FALSA ETIMOLOGIA DI GRACCHUS

Varrone fa derivare il cognomen Gracchus (da lui scritto Graccus) dal lemma tecnico gero, spiegato come "quod mater ejus duodecim mensibus utero eum gestaverit" (Lindsay, 1894). È del tutto evidente che all'autore non sarebbe nemmeno passata per l'anticamera del cervello l'idea di proporre una simile paretimologia se nella parola gero la consonante g- avesse avuto un suono palatale.

Ho trovato il brano a cui Lindsay fa riferimento in una raccolta di frammenti di grammatici romani. Lo riporto senza indugio: 

"Graccus et ortus sine aspiratione dici debere Varro ait; et ortum quidem, quod in eo omnia oriantur, Graccum autem a gerendo, quod mater eius duodecim mensibus utero eum gestaverit, vel a gracilitate."

Fornisco anche il link al file pdf in cui è contenuto il frammento: siccome la modalità di ricerca è disabilitata, aggiungerò che per trovarlo bisogna andare alle pagine 299 e 300. 


L'etimologia vera del cognomen Gracchus è probabilmente da una voce antica che indicava un tipo di corvo, da confrontarsi con gra:culus, gracculus "taccola", che ne sarebbe un diminutivo. Ancora oggi si usa comunemente gracula "merlo indiano", ma è soltanto un termine dotto, che in latino significava "taccola femmina" e che non è passato attraverso la genuina usura popolare. La corrispondente forma volgare è invece gracchio, che indica un altro tipo di uccello montano simile al corvo, con becco rosso e piumaggio nero dai riflessi metallici. Il verbo derivato *gra:cula:re, *graccula:re, ha dato *gra:cla:re, *graccla:re e quindi si è evoluto regolarmente l'italiano gracchiare, con il tipico sviluppo del nesso -cl-. L'antenato di queste voci sarà l'etrusco, come proposto dal Pittau, che riporta come possibile attestazione di tale radice il gentilizio Craca, (DETR 116). Una variante aspirata *craχa deve essere pure esistita. La natura ultima della radice è onomatopeica, così come accade con numerose forme indoeuropee per indicare uccelli della famiglia dei corvidi. 

Per quanto riguarda la parola gero, la proposta più ovvia è quella di derivarlo dal verbo gerere "portare con sé; produrre", come suggerisce anche la ripetuta occorrenza dello stesso verbo nella spiegazione fornita da Varrone: a gerendo, gestaverit. In questo genere di cose la soluzione più ovvia non è tuttavia sempre quella giusta. Non mi è chiaro per quali ragioni Varrone si sia ricostruito una forma alquanto cervellotica *Geraccus per spiegare Gracc(h)us, in ogni caso ci è stato di grande utilità nel testimoniare la pronuncia della sua epoca e nel formare un nodo che i sostenitori della pronuncia ecclesiastica ab aeterno non possono in alcun modo sciogliere. 

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