Varrone fa derivare il cognomen Gracchus (da lui scritto Graccus) dal lemma tecnico gero, spiegato come "quod mater ejus duodecim mensibus utero eum gestaverit" (Lindsay, 1894). È del tutto evidente che all'autore non sarebbe nemmeno passata per l'anticamera del cervello l'idea di proporre una simile paretimologia se nella parola gero la consonante g- avesse avuto un suono palatale.
Ho trovato il brano a cui Lindsay fa riferimento in una raccolta di frammenti di grammatici romani. Lo riporto senza indugio:
"Graccus et ortus sine aspiratione dici debere Varro ait; et ortum quidem, quod in eo omnia oriantur, Graccum autem a gerendo, quod mater eius duodecim mensibus utero eum gestaverit, vel a gracilitate."
Fornisco anche il link al file pdf in cui è contenuto il frammento: siccome la modalità di ricerca è disabilitata, aggiungerò che per trovarlo bisogna andare alle pagine 299 e 300.
L'etimologia vera del cognomen Gracchus è probabilmente da una voce antica che indicava un tipo di corvo, da confrontarsi con gra:culus, gracculus "taccola", che ne sarebbe un diminutivo. Ancora oggi si usa comunemente gracula "merlo indiano", ma è soltanto un termine dotto, che in latino significava "taccola femmina" e che non è passato attraverso la genuina usura popolare. La corrispondente forma volgare è invece gracchio, che indica un altro tipo di uccello montano simile al corvo, con becco rosso e piumaggio nero dai riflessi metallici. Il verbo derivato *gra:cula:re, *graccula:re, ha dato *gra:cla:re, *graccla:re e quindi si è evoluto regolarmente l'italiano gracchiare, con il tipico sviluppo del nesso -cl-. L'antenato di queste voci sarà l'etrusco, come proposto dal Pittau, che riporta come possibile attestazione di tale radice il gentilizio Craca, (DETR 116). Una variante aspirata *craχa deve essere pure esistita. La natura ultima della radice è onomatopeica, così come accade con numerose forme indoeuropee per indicare uccelli della famiglia dei corvidi.
Per quanto riguarda la parola gero, la proposta più ovvia è quella di derivarlo dal verbo gerere "portare con sé; produrre", come suggerisce anche la ripetuta occorrenza dello stesso verbo nella spiegazione fornita da Varrone: a gerendo, gestaverit. In questo genere di cose la soluzione più ovvia non è tuttavia sempre quella giusta. Non mi è chiaro per quali ragioni Varrone si sia ricostruito una forma alquanto cervellotica *Geraccus per spiegare Gracc(h)us, in ogni caso ci è stato di grande utilità nel testimoniare la pronuncia della sua epoca e nel formare un nodo che i sostenitori della pronuncia ecclesiastica ab aeterno non possono in alcun modo sciogliere.
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