Mi sento in dovere di fare alcune considerazioni sui dittonghi in latino e su interessanti paralleli tra la pronuncia rustica che sostituisce una e chiusa al dittongo ae, di cui abbiamo già avuto occasione di parlare. Varianti ortografiche come ceterus, caeterus, coeterus son prese come prove dai soliti sostenitori della pronuncia ecclesiastica ab aeterno: per loro esiste una sola spiegazione possibile, ossia l'inesistenza dei dittonghi ae ed oe.
I nostri avversari tuttavia non considerano minimamente alternanze del tutto analoghe a quelle di cui sopra, in cui una forma con dittongo au alterna con una forma con o, come ad esempio codex rispetto a caudex; plotus rispetto a plautus; Clodius rispetto a Claudius; foces rispetto a fauces; plodere rispetto a plaudere, etc.
Perché dunque i sostenitori della pronuncia ecclesiastica ab aeterno non usano un argomento simile a quello dell'alternanza tra ae, oe, e per affermare che au si pronunciasse o e che fosse un mero dittongo grafico? Essi usano due pesi e due misure: le varianti ceterus, caeterus, coeterus bastano a far dire loro che ae e oe non esistevano, e che solo e era reale, mentre plotus : plautus e Clodius : Claudius non fanno dir loro che au non esisteva e che la pronuncia era o. Essi si guardano bene dall'affermare una simile enormità, perché hanno per guida la pronuncia ecclesiastica, che riproduce au come dittongo indipendentemente da ogni sua alternanza con o, mentre realizza ae e oe come un monottongo e. Non salta loro all'occhio questa incoerenza interna dell'argomento dell'alternanza tra vocali semplici e dittonghi.
In alcuni di questi casi siamo di fronte a ipercorrettismo: non si ha cioè un dittongo au originale. Così ausculum per osculum /'o:skulum/ "bacio", un chiaro diminutivo di os /o:s/ "bocca". In realtà è ben possibile che forme anche come caeterus e coeterus fossero semplici ipercorrettismi: non è affatto detto che la loro pronuncia fosse la stessa in epoca classica, ma è ben possibile che corrispondessero a tre pronunce ben distinte come ben distinti erano au e o; quindi il valore probante di queste varianti è esattamente pari a zero.
La vocale o per au era rustica e di possibile origine umbra, e il suo suono era chiuso. Non aveva a che fare con gli sviluppi romanzi di au, che hanno invece generato una /ɔ/ aperta. L'occorrenza di questo suono, ritenuto volgare, poteva contagiare anche l'Urbe: sappiamo che vi erano Claudii che chiamavano se stessi Clodii per dimostrare simpatia verso la plebe.
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