mercoledì 4 gennaio 2017

I VERMI DEL CORPO UMANO VIVENTE E LE MALATTIE VERMINOSE

Le mosche costituiscono un'estesissima famiglia di esseri, le cui larve si sono oramai riscontrate in quasi tutte le parti dell'umano organismo, non eccettuate le più recondite. Fecondissime nel riprodursi, mentre giusta i calcoli di Gleichen un pajo di mosche domestiche danno nel corso di un anno 2208420 individui, non è meraviglia, se in mancanza di sostanze putrescenti animali e vegetali morte, che formano il prediletto loro pascolo, vadano ad insinuarsi nelle diverse cavità dell'uomo ancora, onde nutrirsi ed ivi deporre le loro uova. Egli è inoltre da aggiungersi, che nel fervore dell'estate le mosche nella libera atmosfera vaganti facilmente insinuano le proprie uova nelle carni degli animali uccisi, massime se queste sieno tenere, e saporite, non che nella sostanza polposa de' migliori frutti, e che queste sono per consefuenza in un con siffatti cibi dall'uomo inghiottite. Sia nell'uno come nell'altro modo gli esseri, che se ne sviluppano, diventano molestissimi all'umana salute in ragione e del loro numero, e delle parti dell'organismo, nelle quali si sono svolti. Infiniti sono perciò gli esempj di affezioni veramente gravi dalla presenza de' bachi e delle larve di loro suscitate.
Già De-Ger e Bonnet ebbero a rimarcare il caso singolare di non poche larve della mosca comune deposte per seccesso. Walbon scrisse putre un'eccellente memoria, che ha per soggetto la narrativa d'una malattia terribile, sofferta da una donzella, cagionata da una straordinaria quantità di larve di mosche annidate nel suo corpo, le quali eliminate si cangiarono in altrettante mosche nere abdomine tenuissimo, nitidissimo (452). Il Dott. Sparr espose un'altra non meno curiosa storia (453), da cui risulta, che dimesse da un infermo molte larve di mosca, queste dopo qualche tempo in numero di trenta si cangiarono  in altrettante mosche meteoriche. Di larve di mosche dall'alvo eliminate ne fanno particolare menzione Bonté, Sparmann, Odhelio (454) e non pochi altri accreditati Autori.
Per vomito ancora sono state queste larve in molti casi rigettate. Osiander ne vide alcune vomitate dalla sua inferma, che nutriva nel proprio seno più vermi, e molte specie di insetti. Werner dimostrò all'evidenza (455), che le pretese ascaridi pedate del ventricolo descritte da Andry, da Redi e da Van-Phelsum non erano che vere larve di mosche.
In un colle orine se ne sono pure vedute sortire dall'umano organismo. Tulpio ragiona di una femmina affetta da insoffribile dolore di testa e de' lombi, la quale sul finire della malattia ogni giorno deponeva unitamente all'orina da cinque in sei vermetti bianchi non dissimili da quelli, che si osservano nel formaggio imputridito (456). Alghisi e Bianchi descrivono alcune di siffatte larve sortite insieme colle orine (457): e lo stesso fenomeno è stato da Werlhof indicato (458). Un caso singolare sotto di questo rapporto si è quello, che mi venne gentilmente comunicato dall'indefesso Sig. Dott. Panada. Una femmina Padovana d'anni 22, di lassa costituzione di corpo, trovandosi nel quarto mese di gravidanza incominciò a vedere nelle orine di recente deposte alcuni piccoli vermicelli grossi quanto una linea e mezza circa, e lunghi appena un quarto di pollice del piede di Parigi, d'un color bianco-latteo, rotondi, col corpo ad anelli, e colla testa dura, nera, e munita di due piccioli filamenti, che sorgevano ai lati d'un'apertura, e colla coda subacuminata e del pari nera. Arrivata al sesto mese di gravidanza abortì senza veruna causa sensibile, e dopo il seguito aborto affatto cessì la comparsa degli accennati esseri viventi nell'orina. Per quanto sorprendenti sieno per riuscire queste osservazioni, esse non arriveranno per altro mai a superare in questo genere il caso riferito da Bianchi, da cui risulta, che
le uova delle mosche possono penetrare fino nel torrente della circolazione dell'uomo ed isvolgersi in un dato punto del sui sistema sanguigno. Si legge nell'opera, che spesso abbiamo citata, di Bianchi (459), che eseguitasi la sezione di un cadavere nello Spedale Pammatone di Genova si rinvenne dilatata in un follicolo la vena spermatica sinistra, aperto il quale ne sortì un insetto vivo colla testa subrotonda, fornito d'occhj, di due antenne, di sei gambe, di due ale, convesso nel dorso, di color cenericcio segnato di punti neri, che aveva in una parola tutti i caratteri d'una vera mosca.

Dalle narici non di rado vedute si sono eliminarsi le larve delle mosche. I Medici-naturalisti confuse le hanno coi vermi nasali distinti col nome di rinarj. Non di rado avviene, che odorando una rosa o qualche altro fiore le picciole uova delle mosche ivi deposte entrino nelle narici e perfini ne' seni frontali, ove sviluppandosi le relative larve divengono causa di fenomeni morbosi pericolosissimi, i quali non cedono se non dietro la loro uscita. Boerahave ne cita un esempio (460), e Bianchi ebbe occasione di osservarne nello spazio di quaranta giorni eliminate dal naso cento settantaquattro. Analoghe osservazioni sono riferite da Ernst, da Razouz, da Kilgour, da Teugelman (461), e da altri distinti Scrittori. Insigne poi si è l'osservazione in proposito registrata da Wohlfart (462), e non meno di questa pregievole parmi il caso, che ebbi campo di rilevare in un giovane contadino seguendo le stesse ricerche da Wohlfart additate. Un agricoltore di 24 anni all'incirca trovavasi già da qualche tempo tormentato da fierissimo dolore di testa fissato principalmente alla radice del naso ed ai seni frontali, entro i quali accusava sentire un particolar formicolìo: non valsero gli opportuni sussidj a sollevarlo per quanto ripetuti e variati si fossero; solo evacuava dalle narici un muco concreto e secco, che aveva l'aspetto d'una sostanza poliposa. Passò sei mesi circa in sì infelice situazione, allorchè giunse nel Dicembre dell'anno 1804 nello Spedale di Crema, ove ricevuto lo si osservò rosseggiante in viso, colla  bocca e colle fauci tumefatte, rosse e dolenti, e col dolore frontale talmente aumentato, che bene spesso cadeva in accessi di vero delirio. Praticati que' sussidj, che atti sono a togliere l'orgasmo flogistico in tali parti, e in seguito ordinata essendosi l'introduzione nelle narici di vapori d'aceto, venne sorpreso da replicati starnuti, dietro i quali gettò fuori dall'una e dall'altra narice una quantità di vivi vermicelli. Nell'atto di questa eliminazione fu assalito da vertigine e da offuscamento di vista. Liberato da questi vermi gli si rallentò il penoso dolor frontale, che lo afflisse fino a quell'epoca; ma gli rimase nelle narici e nell'interno della fronte un'ingrata sensazione di pienezza e di tensione unitamente ad uno scolo di materia acquosa, acre, ed ebbe a soffrire la perdita dell'odorato non che una certa quale impossibilità a servirsi di questa strada per l'importante ufficio della respirazione. Coll'uso continuato de' vapori e delle injezioni emollienti si superarono altresì questi incomodi, così che in breve tempo ricuperò il senso dell'odorato, e pienamente ristabilito potè restituirsi in seno della propria famiglia. Per causa dell'offerta malattia non seppe riferire che di avere spesse fiate in ore calde dormito a faccia scoperta ne' mesi di Maggio e di Giugno ne' luoghi, ove si suole conservare il latte, i quali erano inondati da numeroso stuolo di mosche di diverse specie. I pretesi vermicelli particolarmente esamitati offrirono i caratteri tutti di quelli, che in un caso a press'a poco consimile potè osservare Wohlfart, e che quest'illustre Signore erroneamente distinse col nome di strongli (Tav. V. Fig. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 18. 20. 21. 22. 23. 24.). Presentavano un corpo oblungo diviso in più anelli (Fig. 13.); collocati in un vaso contenente un poco di terra vi si appiattarono totalmente e divennero nerastri e duri (Fig. 14.): ivi conservati per una serie di giorni diedero uscita a mosche di color rossiccio, fornite d'occhj, di antenne filamentose e di proboscide, col dorso azzurro-chiaro a striscie nere (Fig. 15.), e col rimanente del corpo di color giallo-chiaro punteggiato in nero, e della stessa tinta nel centro fregiato (Fig. 16.): spremuto il ventre di queste mosche sortirono ravvolte in più glomeri le picciolissime loro uova (Fig. 17.), Tali vermicelli erano adunque altrettante larve della mosca carnaria, ed in fatti esaminati col microscopio veduti si sono forniti di undici anelli compresi quelli della testa e della coda col capo uncinato, e particolarmente segnati d'una distinta fenditura (Fig. 18. 19. 20.): le antenne e la proboscide della mosca, che ne sortì, contemplate esse pure sotto del microscopio, nulla lasciarono a desiderare sul conto de' caratteri, che diconsi proprj di questi insetti (Fig 21. 22. 23. 24.). Il Sig. Dott. Locatelli, che con distinto successo esercita la pratica della Medicina nelle vicinanza di Roma, mi fece graziosamente comunicare un caso analogo: una femmina della terra di Anticoli Corrada incomodata da grave e diuturno dolore frontale, sorpresa da replicato starnuto, gettò fuori dalle narici ventidue vermicelli della grossezza degli accennati, quali ingranditi colla lente sono rappresentati sotto la Fig. 25. Questo dotto Medico li riconobbe tosto per vere larve di mosche, riputandole principalmente sprigionate dalle uova di quelle mosche comuni all'agro Romano, di color turchino, che ronzano all'intorno delle materie escrementizie. Venni del pari informato dall'esimio Sig. Dott. Picolli di Milano, che in quello Spedale si presentò un contadino da quattro mesi tormentato da feroce dolore di fronte, ove trattato coi vapori emollienti e con una massa pillolare composta di muriato di mercurio e di estratto di aconito napello scaricò dalle narici in varie riprese diciotto larve non differenti dalle indicate, e in simil guisa riacquistò la perduta salute. Già l'insigne nostro Vallisneri descrisse la nascita, la vita, le metamorfosi ed i costumi delle mosche, che annidano nel naso e ne' seni frontali di alcuni quadrupedi ed eziandio dell'uomo. Sia coll'odorare i fiori i più graditi, oppure che le mosche allettate dal sudiciume della mucosità nasale amino deporre le uova nel naso dell'uomo dormiente, egli è certo, che non di rado sono nell'interno delle narici introdotte le vere uova di questi insetti. Il natural calore delle parti, e l'abbondante mucosità, che vi si separa, ne provocano l'incubazione; ne sbucano piccolissimi vermicelli, che seguendo l'orma della fluente mucosità s'inerpicano lentamente, e si rintanano nelle cavità frontali superando le foci, che le mettono in comunicazione colle nasali. Colà vivono, crescono e si nutrono del muco destinato a lubricare que' seni: colla loro presenza destano localmente e consensualmente una serie di morbosi irritamenti, che render possono l'uomo vertiginoso, e stolidamente delirante e feroce. -- 

Queste larve sono nell'esteriore composte di nove anelli o meglio di nove articolazioni senza annoverarne quelle due, che appartengono alla testa ed alla coda. Immature si  mostrano tutte bianche, ad eccezione di due macchie nere, che si riscontrano nella loro  parte posteriore coperte d'una fessura labbiata, in cui si rimarca l'orificio di due trachee (Fig. 18. c). Il capo lo dissimo già munito di due uncini di sostanza cornea (Fig. 18. a a) e piegati all'ingiù, de' quali sembrano servirsi per punti d'appoggio  all'oggetto di camminare: ad essi paralleli sorgono superiormente due papille coperte d'una membrana trasparente, che terminano in una punta ottusa segnata da una macchia oscura; desse sono non molto dissimili dalle pieghevoli corna delle lumache, mentre le ritirano e le allungano, le manifestano e le appiattano a capriccio, e probabilmente sono destinate allo stesso ufficio, a quello cioè di esaminare il luogo, per dove devono camminare. Alzano acora, abbassano, cuoprono e discuoprono i menzionati due uncini ritirandoli entro una certa cavernetta, che è scavata al di sotto delle notate papille, con quello stesso meccanismo, che si osserva nelle ugne de' gatti e ne' denti canini o feritori delle vipere. Del resto tali larve si muovono con celerità; gettate nell'acqua salata vi vivono per alcuni giorni, ed immerse nell'acqua fresca si conservano vivacissime. Sono internamente organizzate di trachee, di esofago, di ventricolo, di intestini, non che d'un apparato vascolare conveniente. Giunte poi al sommo della maturanza, o, come dicono i Naturalisti, al punto dell'ultima perfezione escono dal naso abbandonando il vecchio loro soggiorno, e si scorgono dispostissime ad insinuarsi  sotterra. In questa nuova dimora ritirano al di dentro la testa, non che la coda, si fanno più bervi, più rotonde, più corpacciute, più nere, e le tenere ed arrendevoli loro spoglie stranamente s'indurano (Fig. 14.). In siffatta guisa acquistano le larve la condizione di crisalide, e non appariscono in tale figura che i nove anelli del loro corpo. Ivi l'animale dimette le usitate spoglie, e con curiosissima metamorfosi si cangia in una vaga mosca di sesso differente, di varj e graziosi colori ornata, la quale rotto il carcere fuori se n'esce vagando nel nobilissimo elemento dell'aria. Ordinariamente s'impiega lo spazio di quaranta giorni per questa singolare metamorfosi. Celebra la mosca nostra i liberi e graziosi suoi imemei col proprio maschio, che ad eccezione del sesso e della minor grossezza è di struttura non dissimile, e nasce pure da larve socie ugualmente nutrite. Deposita poi le fecondate sue uova fra le sozzure e sopra le parti fetide degli animali: non di rado le depone nell'interno lembo del naso di alcuni quadrupedi, non che degli uomini dormienti a cielo scoperto, laddove mediante l'aria inspirata sono trasportate nella sommità delle narici.

Nelle orecchie pure si possono incubare ed isvolgere, quale avviene nel naso, le larve delle mosche. Interessante è il caso esposto da Drovin (463) di una femmina, la quale dopo d'essere stata pel corso di due mesi tormentata da continuo pertinace dolore nell'interno dell'orecchio destro, col farvi instillare un miscuglio di olio d'amandole amare, d'olio d'assenzio e di alcool se ne liberò dopo uscite sei picciole larve, ed una settima assai grossa, tutte viventi, le quali si rivelarono appartenere al genere delle mosche. Larve analoghe dall'orecchio umano sortite si vedono delineate nell'opera di Bianchi (464); ed un caso non dissimile dal riferito si legge in una memoria di Daquin (465).
Ben sovente nel tessuto cutaneo rinvengono le uova delle mosche un opportuno ricetto,
epperciò non è da meravigliarsi, se nelle eruzioni cutanee acute e croniche osservate si sieno le larve delle mosche. Paullini pretende di averle scoperte nelle pustole del morbillo e del vajuolo. Sauvages nel ricordare una particolare influenza vajuolosa attesta, che le pustole all'aria esposte venivano forate dalle mosche, le quali vi deponevano le uova, d'onde uscivano alcune larve bianchissime: siffatte larve mantenute per alcuni giorni chiuse in vasi di vetro da Razous si convertirono in altrettante mosche (466). Nelle pustole cutanee d'una negra osservò Bosse queste stesse larve e le descrisse nel Giornale di Medicina di Parigi. Negli Atti Elvetici si legge l'osservazione di Berdot fatta sul conto d'una pustola spuntata sull'omero di un atrofico, la quale essendosi rotta mandò fuori più vermicelli articolati e forniti di uncini sulla testa. Le piaghe immonde e sucide esposte all'aria nella stagione estiva formicolano pure non di rado di esseri di apparenza verminosa, che traggono origine dalle uova in esse dalle mosche deposte. Questo fenomeno è stato già conosciuto da Omero, come si scorge nel Lib. XIX. dell'Iliade, laddove Achille trovasi in pena, perché le mosche riempir potessero di vermi le ferite dell'ucciso Patroclo intanto che egli si affrettava di vendicarlo colla morte di Ettore. Ne' leprosi famigliarissime sono tali larve, e ben lungi dall'essere la lepra fomentata da vermi particolari, altro non sono che larve di mosche quegli esseri, che ne riempiono le schifosissime piaghe, come è stato da Murray pienamente dimostrato (467), e come si può vedere dalla qualità istesssa di questi supposti vermi delineati nella Tavola V. La naturale loro grandezza e figura (Fig. 26.), gli undici anelli, da cui risultano, le estremità in un lato uncinata e nell'altro munita di due stimmate corrispondenti ad uguali trachee disposte al lungo del corpo dell'insetto (Fig. 27.), e in fine i piedi bisolcati dalle produzioni della membrana abdominale (Fig. 28.), sono altrettanti caratteri proprj delle larve delle mosche. Nella malattìa da Sauvages distinta col nome di malis (468) ben sovente la superficie del corpo si vede coperta da larve consimili. Fu, al dire di Salzmann, trasferito l'anno 1718 nello Spedale di Strasbourg un giovanetto, che nella superficie del corpo era diseminato da sorprendente copia di vermicelli, di lungheza e grossezza diversa, insinuati per metà nel tessuto cutaneo: essi ne divorarono in un modo veramente orrendo le parti molli; l'interno del cadavere non ne offrì la benchè minima traccia. Riferisce Enrico di Bra, che l'anno 1696 serpeggiò nella Westfalia e nelle annesse provincie una malattia assai feroce e particolare insieme, perché tutte le parti del corpo andavano con celerità l'una dopo l'altra sorprese da dolori corrosivi, intanto che spuntavano diversi tumori in vicinanza delle articolazioni, e de' piedi in particolare, che passati in suppurazione mandavano fuori molti vermetti articolati simili alle ascaridi vermicolari. Una malattia press'a poco uguale scoppiò nello stesso tempo in Transilvania, come si raccoglie da una lettera scritta da Eurnio a Foresto.

Vi sono delle larve di alcune specie di mosche, le quali con maggior frequenza vedute si sono annidate nell'umano organismo. Quelle della mosca domestica in numero di duecento e più sono state evacuate dal naso di un bambino di otto in nove mesi, giusta l'osservazione di Tengmalm (469). Il verme orinato da un infermo di Tulpio (470) offre tutti i caratteri d'una larva di questa specie: come pure di tal indole pare essere l'ascaride conosoma, in conformità delle riflessioni a suo luogo indicate. Gli animali e gli uomini arrivano talvolta con pena a garantirsi dalla mosca meteorica, la quale ne insidia continuamente le orecchie, onde pascesi degli umori ivi separati e deporvi eziandio le proprie uova. Si pretende ancora, che le sue larve possano svilupparsi e soggiornare nell'umano ventricolo, daddove sono espulse col metodo stato da Nouffer impiegato pel trattamento delle tenie inermi. La mosca carnaria, che si diletta delle calde vivande, e che sopra di esse depone viventi le sue larve, è pure all'uomo infestissima: di tal specie sembrano essere le larve da Wohlfart, da Locatelli e da me vedute dal naso evacuate; e larva appartenente a questo essere pare doversi giudicare l'ascaride stefanostoma del Sig. Lenz, come si è gia dimostrato. Sui cadaveri sono evidentissime le larve deposte da queste mosche, le quali crescono prontamente, perché toccano in sei, sette giorni il termine della loro grandezza. Sogliono insinuarsi sottterra per cangiarsi in ninfe, e quindici o diciotto giorni dopo di questa metamorfosi ne sorte l'insetto perfetto. La mosca putrefatta depone le proprie uova nelle piaghe immonde, ove incubate se ne svolgono le larve, che si osservano nelle piaghe de' leprosi e nelle efflorescenze cutanee: tali larve le rilevò Osiander ancora frammezzo ai varj insetti deposti dalla già enunciata sua inferma in compagnìa di quelle della mosca camaleonte e della mosca pendola. Le larve di quest'ultima le rimarcò Odhelio per seccesso eliminate.

Tratto da "Memorie fisico-mediche sopra i principali vermi del corpo umano vivente e le così dette malattie verminose" di Valeriano Luigi Brera, 1811.

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