IL SEGRETO DEGLI INCAS
Titolo originale: Secret of the Incas
Lingua originale: Inglese, Quechua (Qusqu
Runasimi), spagnolo, rumeno
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1954
Durata: 100 min
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Genere: Avventura
Regia: Jerry Hopper
Soggetto: Sydney Boehm,
Ranald MacDougall,
Boehm Maximum
Sceneggiatura: Sydney Boehm,
Ranald MacDougall,
Boehm Maximum
Produttore: Mel Epstein,
Hal B. Wallis
Casa di produzione: Paramount Pictures
Fotografia: Lionel Lindon,
Irma Roberts
Montaggio: Eda Warren
Musica: David Buttolph
Interpreti e personaggi:
Charlton Heston: Harry Steele
Robert Young: Stanley Moorhead
Nicole Maurey: Elena Antonescu
Thomas Mitchell: Edward "Ed" Morgan
William Henry: Dott. Lang
Glenda Farrell: Mrs. Winston
Michael Pate: Pachacutec
Yma Sumac: Kori-Tika
Leon Askin: Anton Marcu
Grandon Rhodes: Mr. Winston
John Marshall: Charlie
Booth Colman: Direttore del Museo
Kurt Katch: Sicario
Doppiatori italiani:
Emilio Cigoli: Harry Steele
Augusto Marcacci: Stanley Moorhead
Rosetta Calavetta: Elena Antonescu
Mario Besesti: Edward "Ed" Morgan
Pino Locchi: Dott. Lang
Franca Dominici: Mrs. Winston
Cesare Polacco: Pachacutec
Andreina Pagnani: Kori-Tika
Carlo Romano: Anton Marcu; Sicario
Lauro Gazzolo: Mr. Winston
Stefano Sibaldi: Charlie
Gianfranco Bellini: Direttore del Museo
Lingua originale: Inglese, Quechua (Qusqu
Runasimi), spagnolo, rumeno
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1954
Durata: 100 min
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Genere: Avventura
Regia: Jerry Hopper
Soggetto: Sydney Boehm,
Ranald MacDougall,
Boehm Maximum
Sceneggiatura: Sydney Boehm,
Ranald MacDougall,
Boehm Maximum
Produttore: Mel Epstein,
Hal B. Wallis
Casa di produzione: Paramount Pictures
Fotografia: Lionel Lindon,
Irma Roberts
Montaggio: Eda Warren
Musica: David Buttolph
Interpreti e personaggi:
Charlton Heston: Harry Steele
Robert Young: Stanley Moorhead
Nicole Maurey: Elena Antonescu
Thomas Mitchell: Edward "Ed" Morgan
William Henry: Dott. Lang
Glenda Farrell: Mrs. Winston
Michael Pate: Pachacutec
Yma Sumac: Kori-Tika
Leon Askin: Anton Marcu
Grandon Rhodes: Mr. Winston
John Marshall: Charlie
Booth Colman: Direttore del Museo
Kurt Katch: Sicario
Doppiatori italiani:
Emilio Cigoli: Harry Steele
Augusto Marcacci: Stanley Moorhead
Rosetta Calavetta: Elena Antonescu
Mario Besesti: Edward "Ed" Morgan
Pino Locchi: Dott. Lang
Franca Dominici: Mrs. Winston
Cesare Polacco: Pachacutec
Andreina Pagnani: Kori-Tika
Carlo Romano: Anton Marcu; Sicario
Lauro Gazzolo: Mr. Winston
Stefano Sibaldi: Charlie
Gianfranco Bellini: Direttore del Museo
Trama:
Il polveroso avventuriero Harry Steele, romantico sotto la dura scorza e con uno strano concetto di igiene, vive in Perù e ha dimestichezza con i nativi, tanto che ha appreso alla perfezione la lingua Quechua. Per guadagnarsi da vivere fa la guida turistica a Cuzco, ma in lui rifulgono ben altre aspirazioni. Ha adottato come perno della propria esistenza una singolare teoria partorita dalla sua immaginazione e da abbondanti bevute di ayahuasca. La civiltà degli Inca a parer suo non sarebbe andata in rovina a causa della brutalità dei Conquistadores, delle terribili malattie da essi introdotte e dall'incapacità di reggere l'impatto con il nuovo mondo portato dagli stranieri: sarebbe invece scomparsa per via della volontà degli Dei capricciosi, adirati in seguito al furto sacrilego del tesoro del Tempio del Sole. Anziché proteggere il popolo loro devoto, questi esseri sovrumani lo avrebbero punito per la colpa commessa da uno spagnolo, alla faccia di ogni parvenza di senso della giustizia e di amore per i propri figli. Acquisite queste fondamentali conoscenze tra una crisi di vomito da ayahuasca e l'altra, Steele è più che convinto di poter operare la resurrezione dell'Impero dell'Inca, il Tawantinsuyu, trovando il fantomatico tesoro sottratto e riportandolo nel Tempio. Magari pensa anche di ricevere come ricompensa i favori di qualche dea. Come sempre accade nella filmografia americana, c'è il cattivo, certo Edward Morgan, soprannominato con molta fantasia Ed. Ovviamente si tratta di un cattivo sommamente banale, che non può stare nemmeno al livello di Macchia Nera o di Gambadilegno: è piuttosto un vecchio ubriacone avido e taccagno. Non poteva poi mancare la maliarda fatale, l'esule rumena Elena Antonescu, elegantissima e rossochiomata. Fuggita dal suo paese per la sua inclinazione al furto e alla truffa, più che per motivi politici, si è rifugiata in Sudamerica, braccata dal console Anton Marcu, parente del più famoso Silupescu: in parole povere è un energumeno che si distingue da Polifemo per il solo fatto di aver due occhi. Costretta a fuggire dalla Bolivia, la Antonescu è finita proprio a Cuzco, ma gli emissari del Partito non demordono e cercano di acciuffarla per ricondurla nel Paradiso dei Proletari. Inutile dire che la leggiadra fanciulla incontra proprio Steele e gli chiede aiuto. Dopo una fuga rocambolesca, prima in aeroplano e poi a piedi per i dirupi, i due si ritrovano tra le rovine di Machu Picchu nel bel mezzo di un raduno dei discendenti degli Incas e di una spedizione archeologica il cui fine è la ricerca della tomba del Primo Inca, Manco Capac. Qui ogni tassello del mosaico ritorna al suo posto. Prima viene esumata la mummia di una principessa, la Mamakuna, subito esposta all'adorazione dei nativi. Poi Steel scopre il Tesoro, un disco d'oro tempestato di diamanti (che gli Inca non conoscevano e non avrebbero saputo lavorare) proprio in un anfratto della tomba dell'Inca, mettendo così in crisi l'idea del furto. Non si capisce infati perché mai il prezioso manufatto sia stato sottratto a un tempio per essere sepolto proprio in una parete del sepolcro di Manco Capac, Figlio del Sole e sacro a sua vola. Alla fine i protagonisti raggiungono l'Apoteosi e tutti vissero felici e contenti: il malvagio tirchio alcolizzato Ed precipita in un baratro, l'attempato archeologo Moorhead riceve picche dalla Antonescu, che si riconcilia con Steele dopo tutta una serie di litigi. Il disco d'oro con i suoi improbabili diamanti ritorna al Tempio del Sole e gli epigoni degli Incas iniziano la resurrezione dell'Impero.
Curiosità:
Il film non ha utilizzato scenari di cartapesta. È stato girato in Perù, proprio nei luoghi reali in cui si svolge l'azione: Cuzco e Machu Picchu. Per la prima volta il cinema americano si è interessato a questi siti incaici e soprattutto alla popolazione indigena che tuttora parla la lingua Quechua. Furono infatti impiegati più di cinquecento nativi come comparse.
In svariate occasioni George Lucas ha molto insistito sul fatto che Il segreto degli Incas gli ha ispirato I predatori dell'arca perduta (1981). La figura di Steele ricorda infatti quella di Indiana Jones: un uomo selvatico e coperto di polvere, sotto il cui involucro abita un'immensa conoscenza e splendono grandi ideali.
Recensione:
Pur essendo la trama abbastanza banale e a tratti degna di essere messa in satira, questa pellicola ha comunque qualche merito, perché ha promosso l'uso della lingua Quechua nel cinema, contribuendo ad innalzarne il prestigio in un contesto particolarmente difficile. Il fatto è passato inosservato al pubblico italiano e nessuno sembra aver fatto caso alle conversazioni in purissimo Runasimi di Cuzco (Qusqu). Già solo per questo motivo sarebbe auspicabile che l'opera di Jerry Hopper godesse di una maggior fama.
Splendori della tradizione incaica
Quando la fulva protagonista si fa il bagno in una vasca rudimentale scavata nella roccia, una donna autoctona la guarda con intenso disgusto. Questo non perché sia turbata dalla nudità della profuga, nonostante le genti incaiche siano abbastanza puritane, ma per l'incapacità di reggere senza disgusto la vista di un corpo dalla pelle tanto lattea. Così essa, in preda allo sdegno, esclama "aya khanka!" /'aya 'khanka/, parole che vengono tradotte da Steele come "pallida come un pesce morto". In realtà il pesce menzionato da Steele non c'entra granché: aya khanka significa "cadavere sudicio" e fa riferimento al terrore superstizioso per i morti e per il loro colorito alterato. Infatti aya si traduce con "morto, cadavere", ma anche "spettro". La stessa radice aya si trova anche nel vocabolo ayawaska (in genere scritto ayahuasca), che indica un beverone allucinogeno dal sapore ripugnante in grado di fungere da violento purgante, inducendo vomito e diarrea: alla lettera è la "liana dei morti" o "corda dei morti" (waska indica la corda). La pronuncia corretta è /aya'waska/ e non /*aya'waʃa/ come a volte si sente. La principessa Kori-Tika è interpretata dalla splendida Yma Sumac, il cui nome in Quechua significa "che bella!", essendo formato dal pronome ima /'ima/ "che cosa; quanto" e dall'aggettivo sumaq /'sumaχ/ "bello". Kori-Tika significa invece "Fiore d'Oro", da qori /'qɔri/ "oro" e da t'ika /'tʔika/ "fiore". Pachacutec è una trascrizione di Pachakutiq, che significa "Trasformatore del Mondo": deriva da pacha /'patʃa/ "terra; mondo" e dal verbo kutiy /ku'tij/ "cambiare". Pachakutiq Yupanki è il nome del nono Inca, a cui è attribuita la costruzione della maggior parte dell'Impero Incaico. Regnò tra il 1438 e il 1471. Quando ho sentito la fulva Elena Antonescu apostrofare l'archeologo e accusarlo di essere "ignorante" perché ha confuso sarcasticamente George Washington con Abraham Lincoln, mi è andato in ebollizione il sangue nelle vene. Come si fa a definire "ignorante" un conoscitore di una lingua amerindiana tanto complessa e ricca? Una rifugiata che si atteggia a insopportabile maestrina, che già ha l'arroganza di una nobildonna senza averne alcuna virtù! I danni provocati dal sistema scolastico sono più devastanti di quelli della Terza Pandemia di peste!
Il mito di Machu Picchu
Il film riflette le idee un tempo popolari su Machu Picchu, che era ritenuta la Città Santa degli Incas. Alla sua scoperta nel 1911 il sito fu confuso con Vilcabamba (Willkapampa), l'ultimo centro del potere dell'Inca dopo l'espugnazione di Cuzco ad opera di Francisco Pizarro nel 1533: era una enclave fondata da Manco Capac II (Manqu Inka Yupanki), che durò fino al 1572. In realtà oggi sappiamo che la fondazione di Machu Picchu risale al XV secolo e fu probabilmente opera dell'Inca Pachacutec, che intendeva imporre una residenza estiva forzata ai nobili dell'Impero, in pratica per tenerli in ostaggio e impedire rivolte. Era un luogo ben diverso da Vilcabamba e che non vi si potrà mai trovare la tomba del Primo Inca Manco Capac (Manqu Qhapaq). A scanso di equivoci, non è nemmeno possibile che nel film si parli della tomba di Manco Capac II, primo sovrano dello Stato Neoincaico di Vilcabamba, dato che i suoi resti mummificati furono distrutti dagli Spagnoli. Il film di Hopper si mostra estremamente grossolano e non aderente alla realtà storica. Notevole la presenza di un soffietto tra gli oggetti recuperati in un sito archeologico incaico. La scarsa cura per questi dettagli anacronistici e incoerenti è la norma e ci sarebbe piuttosto da stupirsi del contrario. Allo stesso modo, il disco del Sole è incastonato di diamanti perché l'ideatore della trama ha pensato di proiettare caratteristiche del mondo moderno nella civiltà del Tawantinsuyu. Questo ci dice Garcilaso de la Vega nei suoi Commentari reali degli Incas (Libro III, cap. XXII):
"Lungo gli spigoli delle modanature stavano molte pietre preziose incastonate, come smeraldi e turchesi, perché in quella terra non s'avevano né diamanti né rubini. In codesti tabernacoli s'assideva l'Inca in occasione delle feste del Sole, ora in quelli di una parete, ora in quelli dell'altra, a seconda della festa."
E ancora (Libro I, cap. IX), quando si parla dell'idolatria degli Indiani preincaici:
"Adoravano la pietra smeralda, soprattutto in una provincia che oggi chiamano Puerto Viejo; non adoravano diamanti né rubini perché in quella terra non se ne trovavano."
Il termine Quechua per indicare il diamante, q'ispirumi, è un neologismo che significa "pietra di vetro", da q'ispi (variante qhispi) "vetro; cristallo" (dall'omonimo aggettivo che significa "trasparente") e da rumi "pietra". In realtà il Disco d'Oro esisteva e si trovava nel Tempio del Sole di Cuzco, che era chiamato Coricancha (Qorikancha "Corte dell'Oro"). Era incrostato di turchesi e di altre pietre preziose, di certo non di diamanti - e non fu mai a Machu Picchu. Fu proprio questo manufatto, che era un simbolo della Dinastia dell'Inca, a cadere nelle mani del Viceré Francisco de Toledo quando nel 1572 fu catturato Tupac Amaru I, l'ultimo sovrano di Vilcabamba.
Stratificazioni etniche
Il Perù è rappresentato da Hopper in modo verosimile, come una realtà composita e variegata, in cui convivono popolazioni tra loro diversissime. Questo si nota anche nell'uso della lingua spagnola da parte della classe dominante, che si contrappone all'uso generale del Runasimi tra gli Indiani. Quello che in Europa sanno davvero in pochi è che in America latina esiste un fortissimo pregiudizio nei confronti delle lingue native. Se un turista cercasse di parlare in Quechua a un peruviano ispanofono, il suo tentativo potrebbe anche essere considerato un insulto. Il termine runa, che in Quechua significa "uomo, essere umano", è stato adottato dallo spagnolo locale col significato di "campesino" e addirittura di "uomo rozzo, ignorante", in frasi come "es un verdadero runa". Anche se il Quechua è lingua ufficiale del Perù assieme allo spagnolo, il suo futuro è abbastanza incerto. Il sistema scolastico, causa e radice di tutti i mali di ogni società, opera infatti attivamene per eradicare l'idioma, anche perseguitando gli alunni che osano pronunciarne in pubblico qualche parola.
Il mistero di Yma Sumac
La cantante peruviana conosciuta come Yma Sumac ha dietro di sé un passato a dir poco misterioso. Il suo vero nome è Zoila Augusta Emperatriz Chávarri del Castillo e nacque nel lontano 1922 a Ichocán, nella regione di Cajamarca che diede i natali anche a Carlos Castaneda. Il suo nome d'arte è spesso scritto con ortografia incostante, come Ymma Sumak o Imma Sumack. In genere è tradotto come "la più bella", anche se non mi risulta che in Quechua i superlativi si formino in questo modo (vedi l'etimologia più sopra). Sulla sua biografia permangono ombre e circolano diverse versioni contraddittorie, il cui studio riguarda la scienza della memetica. Alcuni ritengono che sia nata in uno squallido sobborgo di Lima, pur essendo cresciuta a Ichocán, dove i suoi avevano una fattoria. Per accrescere e propagare intorno a lei un alone leggendario, qualcuno ha provveduto a diffondere la voce che attribuiva la sua origine addirittura all'Inca Atahuallpa, di cui sarebbe stata l'ultima discendente diretta. Sarebbe meraviglioso se fosse così, purtroppo non si hanno prove scientifiche che possano dimostrare la fondatezza di una simile voce. Altri fabbricatori di pacchetti memetici hanno anagrammato il nome d'arte Yma Sumac, leggendolo al contrario e ottenendone Amy Camus. Per questo motivo si è diffuso il mito di sue origini canadesi del Québec o addirittura statunitensi di New York. La sua voce era portentosa e copriva l'estensione di cinque ottave (secondo alcuni soltanto di quattro, ma è già una cosa incredibile). Sua fu la nota più acuta mai registrata in una voce femminile. Nel film di Hopper la si sente mentre intona una strana e bellissima opera lirica di stile incaico, anche se non immune da infussi musicali più moderni. In diverse sequenze vediamo i nativi che la fissano come ipnotizzati, rapiti nell'Iperuranio. La Sumac ha avuto una vita abbastanza irrequieta, ha viaggiato in lungo e in largo per il mondo e il suo matrimonio col compositore e direttore d'orchestra Moisés Vivanco è stato poco felice. Incurante delle voci confuse e divergenti sui suoi natali, la cantante si è spenta nel 2008 a Los Angeles.
Il declino della reputazione della Romania
All'epoca in cui il film fu girato, negli anni '50 dello scorso secolo, la popolazione della Romania doveva godere di una fama non troppo cattiva negli States e più in generale nell'Occidente: la donna rumena era ritenuta piena di fascino e di mistero, al punto da poter essere la protagonista di un film di avventura. Qualche decennio più tardi, nel film Alibi seducente (Her Alibi, 1989) con Tom Selleck, si mostrano già stereotipi non proprio positivi sulle donne della Romania, sospettate addirittura di essere assassine e avvelenatrici solo per esser nate e cresciute nel paese sbagliato: è sufficiente che il protagonista oda la moglie pronunciare la parola înmormântare "funerale" (da *in-monumentare) per scatenare il panico e far sottoporre a lavanda gastrica gli invitati a un banchetto. Oggi l'italiano medio che guardasse Il Segreto degli Incas rimarrebbe basito nel vedere un tipo di donna molto distante dalla realtà a cui è abituato: Elena Antonescu è chiaramente un'americana WASP in ogni fibra del suo essere. Ancor più si stupirebbe il regista se potesse vedere qual è la reputazione della Romania nell'Italia degli inizi del XXI secolo. Additata come terra di ladri, di assassini e di prostitute, è maledetta migliaia di volte ogni giorno da innumerevoli persone, complice anche la confusione tra i Rumeni e i Rom, che è diffusissima. Perderei tempo e fiato a spiegare che i primi, discendenti di Daci e di Romani, nulla hanno a che fare coi secondi, che sono giunti in Europa dalla remota India. Data l'avversione assoluta e viscerale che le popolazioni della Penisola nutrono verso le genti zigane, la confusione con il popolo rumeno ha lo scopo precipuo di disumanizzarlo. Queste stranezze non dipendono nemmeno dalla politica, sia essa di destra o di sinistra. Coloro che si definiscono di destra o neofascisti dimenticano la stessa esistenza di Corneliu Codreanu e considerano personalità come Emil Cioran e Mircea Eliade alla stregua di extraterrestri di Altair o di Vega. Coloro che si definiscono di sinistra e si danno nome di antirazzisti, a conti fatti si limitano a nascondere la loro avversione per motivi di ipocrisia politica, poi in privato odiano mortalmente sia i Rumeni che i Rom - puntualmente ritenuti lo stesso popolo. Questi sono meccanismi che meritano studi antropologici approfonditi.
Reazioni nel Web
Forse ho cercato in modo poco approfondito, ma su questo film non ho trovato online recensioni o pensieri meritevoli di qualche interesse.
Così su Filmscoop.it:
Siamo agli sgoccioli della carriera cinematografica di Hopper, il quale troverà nel piccolo schermo la sua dimensione intrattenitiva, Heston nei panni di un Indiana Jones ante litteram, impressionante quanto in look e in stilemi i 2 personaggi siano collimanti, presente anche Thomas Mitchell nel ruolo di una carriera a rappresentare il villan attraverso forme bonarie. (NotoriousNiki)
Simili concetti sono espressi anche su Davinotti.com:
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