IL PROFUMO DELLA SIGNORA IN NERO
Paese di produzione: Italia
Anno: 1974
Durata: 105 min
Lingua: Italiano
Titoli tradotti:
Germania: Das Parfüm der Dame in Schwarz
Francia: Le Parfum de la dame en noir
Brasile: O Perfume da Senhora de Negro
UK: The Perfume of the Lady in Black
Spagna: El perfume de la mujer de negro
Genere: Thriller, orrore
Regia: Francesco Barilli
Soggetto: Francesco Barilli,
Massimo D'Avack
Sceneggiatura: Francesco Barilli,
Massimo D'Avack
Produttore: Giovanni Bertolucci
Casa di produzione: Euro International Films
Distribuzione (Italia): Euro International Films
Fotografia: Mario Masini
Montaggio: Enzo Micarelli
Musiche: Nicola Piovani
Scenografia: Franco Velchi
Costumi: Piero Cicoletti
Trucco: Manlio Rocchetti
Ispettore di produzione: Attilio Viti
Aiuto regista: Giorgio Scotton
Interpreti e personaggi
Mimsy Farmer: Silvia Hacherman
Maurizio Bonuglia: Roberto
Mario Scaccia: Signor Rossetti
Jho Jhenkins: Andy
Nike Arrighi: Orchidea
Daniela Barnes (Lara Wendel): Silvia bambina
Alexandra "Aleka" Paizi: Signora Cardini
Renata Zamengo: Marta Hacherman, madre
defunta di Silvia
Roberta Cadringher: Antiquaria
Sergio Forcina: Antiquario
Gabriele Bentivoglio: Garzone del tassidermista
Luigi Antonio Guerra: Collega di Silvia
Carla Mancini: Elisabetta
Donna Jordan: Francesca Vincenzi
Orazio Orlando: Nicola
Margherita Horowitz (non accreditata): Signora
Lovati
Aldo Valletti: Uomo della setta
Ugo Carboni: Uomo della setta
Renato Chiantoni: Luigi, il portinaio
Doppiatori originali
Vittoria Febbi: Silvia Hacherman
Michele Gammino: Roberto
Laura Gianoli: Francesca
Lydia Simoneschi: Signora Lovati
Colonna sonora:
1. Mimsy (2:46)
2. Il profumo della signora in nero (2:07)
3. Rondo' in Mib Magg. K371 (Mozart) (3:21)
4. Mimsy (2:22)
5. Silvia's Nightmare (1:53)
6. Mimsy (3:26)
7. Silvia (1:57)
8. Mimsy End (1:37)
9. Il profumo della signora in nero (2:09)
10. Mimsy (1:41)
11. Silvia (2:36)
12. ll profumo della signora in nero (3:09)
13. Scaring Little Girl (2:30)
14. Il profumo della signora in nero (2:18)
15. Scaring Little Girl (5:01)
16. Mimsy (2:02)
17. Scaring Little Girl (2:21)
18. Silvia (1:39)
19. Mimsy (1:38)
20. Mimsy End (1:53)
Anno: 1974
Durata: 105 min
Lingua: Italiano
Titoli tradotti:
Germania: Das Parfüm der Dame in Schwarz
Francia: Le Parfum de la dame en noir
Brasile: O Perfume da Senhora de Negro
UK: The Perfume of the Lady in Black
Spagna: El perfume de la mujer de negro
Genere: Thriller, orrore
Regia: Francesco Barilli
Soggetto: Francesco Barilli,
Massimo D'Avack
Sceneggiatura: Francesco Barilli,
Massimo D'Avack
Produttore: Giovanni Bertolucci
Casa di produzione: Euro International Films
Distribuzione (Italia): Euro International Films
Fotografia: Mario Masini
Montaggio: Enzo Micarelli
Musiche: Nicola Piovani
Scenografia: Franco Velchi
Costumi: Piero Cicoletti
Trucco: Manlio Rocchetti
Ispettore di produzione: Attilio Viti
Aiuto regista: Giorgio Scotton
Interpreti e personaggi
Mimsy Farmer: Silvia Hacherman
Maurizio Bonuglia: Roberto
Mario Scaccia: Signor Rossetti
Jho Jhenkins: Andy
Nike Arrighi: Orchidea
Daniela Barnes (Lara Wendel): Silvia bambina
Alexandra "Aleka" Paizi: Signora Cardini
Renata Zamengo: Marta Hacherman, madre
defunta di Silvia
Roberta Cadringher: Antiquaria
Sergio Forcina: Antiquario
Gabriele Bentivoglio: Garzone del tassidermista
Luigi Antonio Guerra: Collega di Silvia
Carla Mancini: Elisabetta
Donna Jordan: Francesca Vincenzi
Orazio Orlando: Nicola
Margherita Horowitz (non accreditata): Signora
Lovati
Aldo Valletti: Uomo della setta
Ugo Carboni: Uomo della setta
Renato Chiantoni: Luigi, il portinaio
Doppiatori originali
Vittoria Febbi: Silvia Hacherman
Michele Gammino: Roberto
Laura Gianoli: Francesca
Lydia Simoneschi: Signora Lovati
Colonna sonora:
1. Mimsy (2:46)
2. Il profumo della signora in nero (2:07)
3. Rondo' in Mib Magg. K371 (Mozart) (3:21)
4. Mimsy (2:22)
5. Silvia's Nightmare (1:53)
6. Mimsy (3:26)
7. Silvia (1:57)
8. Mimsy End (1:37)
9. Il profumo della signora in nero (2:09)
10. Mimsy (1:41)
11. Silvia (2:36)
12. ll profumo della signora in nero (3:09)
13. Scaring Little Girl (2:30)
14. Il profumo della signora in nero (2:18)
15. Scaring Little Girl (5:01)
16. Mimsy (2:02)
17. Scaring Little Girl (2:21)
18. Silvia (1:39)
19. Mimsy (1:38)
20. Mimsy End (1:53)
Trama:
Silvia Hacherman è una splendida ashkenazita dalla fisionomia nordica e dai capelli biondissimi (solo alla fine si scoprirà che è tinta). Vive a Roma, dove dirige con entusiasmo un laboratorio chimico. Ha tutto ciò che una donna potrebbe volere dalla vita. Il suo fidanzato, Roberto, è un uomo assai prestante e dotato. Le pur brevi sequenze hot dicono molto sui loro rapporti: lui la cavalca con irruenza, leccandole con avidità gli orifizi dopo il coito e ingerendo il seme appena iniettato nel canale procreativo. Tuttavia, qualcosa nell'esistenza di Silvia non va per il verso giusto. A ossessionarla sono i ricordi della sua traumatica infanzia. Figlia di un marinaio, da bambina viveva con la madre. Questa, una fascinosa signora dalle chiome corvine, approfittando dell'assenza del marito si era tirata in casa un robusto energumeno dai tratti oltremodo grotteschi, tali da far apparire delicato anche il più rude ominide della più buia preistoria. Silvia è perseguitata da tremendi flash: vede il pitecantropo nell'atto di possedere carnalmente la madre, ancheggiando come un osceno priapo sempre martellante. Quando gli occhi del bruto incrociano quelli della bambina, si accende in lui una passione mostruosa. Così esce dalla vagina della donna e avanza verso la piccola Silvia, con il membro eretto e il volto stravolto dalla libidine più belluina. Lei non sta certo a subire violenza: afferra un paio di forbici e ferisce il mostro bucandolo sotto un occhio, facendolo arretrare urlante. Questo però non è tutto. Adirata con la madre, rea di essersi concessa a un uomo tanto ripugnante, la bambina la spinge giù dal balcone, facendola precipitare sulla ringhiera acuminata. La donna resta uccisa sul colpo. Proprio questo è l'atroce segreto che la bellissima Hacherman si porta dietro, anno dopo anno, cercando con ogni mezzo di seppellirlo negli antri dell'Oblio. Il punto è che non esiste sepoltura abbastanza profonda per simili aberrazioni, che risalgono come un cadavere gettato in una palude. Sconvolta dalla paranoia e dalla schizofrenia, Silvia non si rende conto che tutte le persone che la circondano nutrono nei suoi confronti attenzioni morbose e sospette. Il fidanzato, Roberto, ha sì un poderoso Schwanzstücker, ma non sembra capire quali voragini albergano nella sua donna: ha un comportamento molto futile in ogni occasione. Non lavorando e vivendo di rendita, il bellimbusto ha molto tempo libero. Accade così che un giorno invita Silvia a una cena per farle conoscere un caro amico, Andy, un elegante mandingo giunto dall'Africa. Questo Andy non è un selvaggio giunto dalla giungla. È un esponente dell'alta borghesia africana e un professore in una delle pseudoscienze più nocive: la sociologia. Silvia rimane colpita da un suo discorso sui riti stregonici, descritti come una realtà onnipresente e sinistra che pervade l'intero Continente Nero. Per Silvia è l'inizio di una discesa agli Inferi. Durante una partita a tennis con Andy, si punge un dito e non capisce che la ferita è il punto d'ingresso di un potente allucinogeno. La sua vita rimane sconvolta da orride visioni, così dense da sembrare reali. Si trova davanti a sé stessa da bambina, riuscendo a parlare e a interagire fisicamente con questa sua copia. In seguito fa la conoscenza di una sensitiva cieca che riesce a leggerle nel profondo dell'anima, minacciando di far emergere davanti a tutti gli orrori più reconditi. La situazione precipita, tanto che la povera Silvia arriva a credere di essere stuprata dall'energumeno, Nicola, e di averlo ucciso fracassandogli il cranio. Queste allucinazioni sono così destabilizzanti che in un crescendo la portano al suicidio. A questo punto si comprende una verità sconvolgente: tutti coloro che circondavano la morta erano adepti di una mostruosa setta cannibalica! Ci sono tutti, Roberto, Andy, l'anziano vicino petulante, la fiorista, la veggente cieca e molti altri. Rapiscono il suo corpo, lo denudano, lo collocano in un sotterraneo. Quindi il suo ventre, che un tempo tanti uomini avevano desiderato, viene squarciato da Roberto con un pugnale sacrificale. Andy strappa per primo un pezzo di fegato alla vittima, seguito da uno spiritato signor Rossetti che ne approfitta per abbuffarsi. Uno dopo l'altro, posseduti da una bramosia demoniaca, tutti immergono le mani nelle viscere della morta, prendendo ciascuno un boccone da ingurgitare. La medium si lecca le dita cosparse di sangue, persa in un sogno erotico. Finita l'orgia, la conventicola si disperde nelle tenebre dei cunicoli.
Recensione:
Ritengo Il profumo della signora in nero un grande capolavoro horror e thriller. Purtroppo è stato a lungo sottovalutato dalla critica, che in non poche occasioni si è dimostrata più acida di un pastone gastrico. Soltanto in tempi più recenti hanno fatto la loro comparsa giudizi positivi. Girando nel Web mi sono imbattuto in una serie di recensioni, alcune molto stringate e puramente descrittive, altre più estese, che tuttavia sembrano tutte fotocopie dello stesso prototipo. L'argomento che ossessiona i critici a quanto pare è la supposta derivazione del film di Barilli da Rosemary's Baby (1968) di Roman Polanski. Sono considerate fonti di ispirazione anche Repulsion (1965) e L'inquilino del terzo piano (1976), sempre di Polanski, anche se le tesi addotte non mi sembrano molto convincenti. Altri recensori colgono differenze o analogie con qualche opera di Dario Argento, creduto il metro e la misura dell'horror. Sono esasperato da questo modo gratuito di commentare i film, come se esistessero sempre e soltanto in funzione di qualche legame esterno con opere ritenute più autorevoli. Gli argomenti che più interessano, ad esempio i riti africani e la natura della setta degli antropofagi, non vengono nemmeno sfiorati. Per molti sembra quasi un'ossessione la Roma deserta, estiva e straniante mostrata dal regista. Passa invece del tutto inosservato il carattere surreale dell'intera vicenda. Le allucinazioni che colpiscono Silvia, facendola sprofondare nel solipsismo, sono mostrate senza alcuna soluzione di continuità con la realtà dei fatti. In questo modo lo stesso spettatore non capisce nemmeno più cosa sia reale e cosa sia frutto della droga, perché gli organi di senso non percepiscono differenza alcuna nelle sequenze: soltanto l'inverosimiglianza degli accadimenti funge da campanello d'allarme. Notevole la scena in cui Silvia infrange l'immagine della madre sulla lapide, provocando la fuoriuscita di alcuni coleotteri neri - insetti di abitudini necrofaghe che non possono essere scaturiti dalla putredine contenuta nella tomba. Se devo essere sincero, sono molto scettico sull'esistenza di un allucinogeno in grado di provocare visioni indistinguibili dalla realtà di veglia, né credo che a Barilli interessasse davvero presentare qualcosa di plausibile. Trovo infine meritevole di nota la struggente colonna musicale, opera di un ottimo Nicola Piovani.
Un conato di Africa reale in un mare di menzogne
Senza rendersene conto, il sociologo Andy rompe un grande tabù. Parla delle grandi e moderne città dell'Africa. Si tenga conto che all'epoca in cui il film è stato girato, le convinzioni prevalenti in Italia sulla situazione dell'Africa subsahariana erano modellate dai mass media e dalla Chiesa Romana. Questi potentati avevano inculcato nelle plebi idee molto lontane dal vero. A sud del Sahara, a sentir la pretaglia e i giornalisti sciacalli, c'erano soltanto sconfinate foreste in cui vivevano poche tribù selvagge perennemente piagate da tremende carestie, dove nessuno poteva contare nemmeno su un boccone di pane. Nessuna nazione, soltanto villaggi. L'Africa era dipinta come un immenso lebbrosario, un luogo desolato in cui vegetavano soltanto bambini moribondi dal ventre gonfio di vermi. Nel '74 non si poteva dire, per nessun motivo, che nell'Africa Nera c'erano enormi metropoli con grattacieli svettanti. Quello di Barilli è stato forse un lapsus? Quale fosse la sua intenzione, di certo le parole sulle metropoli africane sono passate inosservate al pubblico e ai critici. Viene squarciato il velo su quella che giù allora era una realtà in turbolenta crescita, che avrebbe poi sversato in Europa le proprie eccedenze demografiche. Per sdrammatizzare, richiamiamo l'attenzione sull'uso della pubblicità occulta: il regista ci presenta Andy non lontano da una bottiglia di buon whisky J&B!
Alcune note sull'esoterismo cannibalico
Andy non è giunto in Italia su un barcone. Negli anni in cui il film fu girato non erano ancora iniziati i grandi flussi migratori dall'Africa. La presenza del bizzarro sociologo nel tessuto del film è dunque ancor più sorprendente. Un elemento incongruo, quasi erratico. Non dico che sia come vedere un marziano, anche se poco ci manca. Le chiavi di lettura della narrazione barilliana sono due.
1) Andy è riuscito a trapiantare a Roma una setta di adoratori diabolici i cui riti sono eminentemente africani. Avrebbe quindi portato in Italia una realtà in precedenza sconosciuta.
2) Andy si è aggregato a una realtà autoctona, a dimostrazione che le sètte sataniche sono un fatto ubiquitario su questo pianeta, una realtà non etichettabile come esclusiva del contesto africano.
2) Andy si è aggregato a una realtà autoctona, a dimostrazione che le sètte sataniche sono un fatto ubiquitario su questo pianeta, una realtà non etichettabile come esclusiva del contesto africano.
La prima possibilità è quella che sembra più verosimile nel contesto del film. Si nota che a un certo punto Andy compare assieme ad alcuni suoi conterranei, che sembrano avere qualche ruolo nell'organizzazione settaria e nella sua diffusione. Anche la moglie del sociologo sembra svolgere una parte importante. Durante l'orgia cannibalica, è proprio Andy a porgere a Roberto il coltello con cui viene squarciato il cadavere della splendida Silvia Hacherman, svolgendo così un ruolo di primaria importanza. Secondo alcuni critici, il responsabile dell'attecchimento dei riti antropofagi a Roma sarebbe invece Roberto, uomo ambiguo e malvagio. La pellicola di Barilli non si sofferma troppo su questi aspetti cruciali. Resta un fatto a mio avviso grande come un macigno. Il cannibalismo non si trasmette come il raffreddore. Pur esistendo antropofagi in Europa, come in altre parti del mondo, il tabù nei confronti del consumo di carne umana resta fortissimo in gran parte della popolazione autoctona. Non è dimostrato che sia possibile spingere una persona che nutre orrore per gli atti cannibalici a desiderare di compierli. Ancor più difficile è pensare che gli abitanti di un condominio - tutti romani de Roma - possano essere convertiti in massa a una religione esoterica africana implicante ingestione di organi umani. Perché ciò possa avvenire, dovrebbero infatti adottare una visione della realtà e una religiosità a loro del tutto estranea. Fatte queste considerazioni, sono assai scettico sul presupposto centrale del film, che è la natura trasmissibile di riti cannibalici alloctoni. In questo senso, il finale mi pare allucinatorio quasi quanto la comparsa di Silvia bambina.
Le società segrete africane
Senza dubbio è vero che in Africa esistono moltissime società segrete che praticano riti cruenti. In questa galassia di sètte, alcune hanno finalità politiche, altre hanno invece intenti di purificazione, altre ancora hanno tutte le caratteristiche di gruppi criminali. Non sempre è facile tracciare una linea di demarcazione. Resta però un fatto innegabile: queste sono organizzazioni la cui base è etnica. L'Africa subsahariana non è un fazzoletto di terra: comprende un enorme numero di popoli diversi tra loro. Così accade che ogni setta in genere inizia ai suoi riti soltanto membri della stessa etnia che costituisce la sua precipua ragion d'essere, potendo in taluni casi estendersi a qualche gruppo finitimo o arrivare a diventare tipica di una nazione. Solo per fare un esempio, si può citare la società dei Mau-Mau, una terribile setta politica che seminò il terrore in Kenya negli anni '50 fino ai primi anni '60 dello scorso secolo, combattendo una feroce guerriglia contro l'esercito britannico. Tra i Mau-Mau sono attestate pratiche atroci di cannibalismo e di tortura di animali: gli adepti erano convinti che sottoporre leoni e altre fiere a spaventose sevizie, bevendone il sangue, potesse trasfondere in loro forze soprannaturali, rendendoli invulnerabili alle pallottole. I Mau-Mau sono nati e cresciuti tra i Kikuyu, estendendosi soltanto in un secondo tempo tra gli altri gruppi tribali. In Congo esistono i seguenti gruppi settari: Nkamba, Nkanda, Nkimba (società religiose); Ikung, Malanda, Nda (associazioni sacerdotali); Mwaungu, Ngi (custodi di tabù e leggi); Ndembo, Mukanda (società di mutuo soccorso); Bweti (società politica). L'elenco è ben lungi dall'essere esaustivo. Se si volesse fare un censimento di queste associazioni nell'intero Continente Nero, sarebbe necessario compilare ponderosi volumi. Una trattazione a parte merita la religione voodoo, tipica dell'Africa occidentale ed esportata nelle Americhe nel corso dei secoli a causa della deportazione di un immenso numero di schiavi. Altamente esoterica e sincretica, questa religione mescola elementi cristiani a culti di demoni primordiali e pervade un grandissimo numero di sètte. Il potere del sangue versato vi riveste un ruolo fondamentale. La Nigeria attuale è tutta un brulicare di gruppi criminali di una violenza inenarrabile e impregnati di culti sanguinari di tipo voodoo. In genere si danno nomi inglesi e sono caratterizzati da una grande aggressività. Nel corso delle nostre vite assistiamo al preoccupante diffondersi di queste confraternite in Europa a causa degli imponenti flussi demici dall'Africa occidentale. Si può citare a questo proposito il caso raccapricciante di Pamela M. (RIP), del cui stupro e del cui smembramento sono stati accusati alcuni nigeriani. Non è assurdo ipotizzare l'appartenenza degli assassini a una pericolosa associazione; gli organi della ragazza uccisa, mai ritrovati, potrebbero essere stati divorati. Tuttavia va detto questo: non si è potuto dimostrare che anche solo una di queste maligne associazioni abbia mai iniziato anche soltanto una persona di etnia caucasica. In altre parole, siamo di fronte a un patogeno sociale le cui conseguenze ci possono uccidere, ma che non possiamo contrarre. Il desolante quadro della realtà dei fatti, pur includendo crimini oltremodo brutali e aberrazioni di ogni genere, si fonda su dinamiche alquanto dissimili da quelle che ci mostra Barilli nella sua pellicola.
Il meme della psiche che materializza
Il Morandini definisce il presente film "Indigesto cocktail di psicanalisi, horror cruento e cinema esotico di spavento di un ex attore (...) che pur rivela un gusto figurativo non comune". Questo giudizio, non certo eulogistico, ha a parer mio il suo fondamento in una singolare credenza molto diffusa nello scorso secolo: le masse acefale avevano distorto la falsa scienza della psicologia, arrivando a credere che la mente umana, e in particolar modo il cosiddetto inconscio, avesse il potere di materializzare entità fisiche in carne ed ossa, dotate di codice genetico proprio come gli esseri viventi. Ecco così che l'inquietante bambina con l'aspetto di Silvia da piccola non sarebbe altro che il prodotto di una tale forza psichica. Anche la madre di Silvia e l'orrendo Nicola avrebbero questa origine. Negli anni '70 il pubblico trovava molto facile credere a un simile processo di formazione di entità fisiche dal nulla, cosa che ovviamente non ha in sé alcunché di reale. Questa superstizione ai nostri giorni sembra essersi molto affievolita, anche se non escludo che in futuro possa riprendere vigore.
Una traduzione discrepante
Il film può essere visto in streaming in Youtube, in italiano con sottotitoli in spagnolo. Mi è saltata all'occhio la differenza tra alcune parole del molesto Rossetti, interpretato da un ottimo Mario Scaccia, e la loro traduzione scritta. L'anziano signore, che si rivelerà un cannibale particolarmente efferato, a un certo punto dice: "Mi hanno messo in pensione". Dal tono della voce traspare una certa rassegnazione, ma nulla di che. La versione in spagnolo è invece un ben più drammatico "Me obligaron a retirarme". La spiegazione non sembra difficile. In Spagna non sussistono le aspettative messianiche nella pensione così tipiche dell'Italia. Mentre da noi il pensionamento è visto come una condizione paradisiaca, per i nostri cugini iberici a quanto pare è inteso quasi come una maledizione, come un obbligo, un grosso rospo da mandar giù con un abbondante cucchiaio di bicarbonato. Posso immaginare che gli spagnoli comprendano senza troppe difficoltà una verità di per sé evidente: quando si va in pensione si diventa invalidi e dementi. E si muore. Dopo lunga macerazione nella merda, in un gerontocomio. Da noi ci si culla nell'idea idilliaca che la pensione sia l'inizio di un cinquantennio di vita in perfetta salute. Sono cose che dovrebbero farci pensare.