venerdì 28 giugno 2019

IL RIBALDO E LA RIBALDERIA IN NORRENO: UN IMPORTANTE PRESTITO CULTURALE

Approfondendo i miei studi di lessico norreno, la mia attenzione è caduta sulle seguenti voci, estratte dal dizionario di Zoëga

ribbaldi (m.), ribaldo, selvaggio
   gen./dat./acc. ribalda; pl. ribbaldar "ribaldi"
ribbungr (m.), ribaldo
    gen. ribbungs "del ribaldo"; pl. ribbungar "ribaldi" 
ribbalda-skapr (m.), ribalderia 

Trovo notevole la forma ribbungr, il cui suffisso non ha facile spiegazione. L'origine di queste parole è l'antico francese ribautz, ribaltz (obl. ribaut, ribalt, ribaud, ribald) "ribaldo". Il prestito deve essere giunto in norreno nel XIII secolo, nell'epoca gloriosa delle Saghe dei Cavalieri (Riddarasǫgur). A quei tempi la Norvegia era un crocevia in cui l'antica eredità pagana si incontrava con il Cristianesimo ormai imperante e con la poesia cavalleresca della Francia, dando origine alle più bizzarre contaminazioni, del massimo interesse per un filologo.  

Tutti noi ci siamo imbattuti almeno una volta nelle parole ribaldo e ribalderia, ma cosa significano esattamente? Per usare un linguaggio tecnico, in epoca medievale si chiamava ribaldo un soldato di bassa condizione sociale, che viveva di rapine e di saccheggi. Questo riportano i dizionari. In genere il vocabolo è ormai considerato un sinonimo di malfattore e può ad esempio indicare un ladruncolo, un emarginato che vive di espedienti. Tutto ciò è riduttivo. Stando all'originale semantica, il ribaldo è sì un malfattore, un individuo violento e poco raccomandabile, ma in aggiunta è anche libidinoso. La parola dell'antico francese ha connotazioni inscindibili dalla libidine e indica anche un amante lascivo. Designa un uomo dominato da istinti primordiali, capace di sfoderare l'arma davanti a una fanciulla e di cercare il contatto, lo sfregamento, nei casi più gravi anche la penetrazione. La categoria è di per sé piuttosto eterogenea. Ai tempi non comprendeva soltanto i puttanieri e i vecchi sileni bavosi: anche quelli che attualmente chiamiamo pedofili, nel Medioevo erano chiamati ribaldi. Proverbiale era la ribalderia dei canonici!

Vediamo ora di chiarire da dove la lingua d'oïl ha preso la parola in analisi. Nell'antica lingua dei Franchi doveva esistere il verbo *rîban "essere lascivo", corrispondente alla perfezione all'omonimo vocabolo dell'antico alto tedesco, che però è ben attestato: rîban "essere in calore". L'antico francese aveva ereditato il verbo riber "essere licenzioso" proprio dal vocabolo franco. Tramite il suffisso peggiorativo -ald, di origine germanica, si è dunque formato il termine ribaut. La parola ha avuto fortuna e si è diffusa fino in Italia e altrove, giungendo fino in Scandinavia. La protoforma germanica del verbo usato dai Franchi e in Germania è ricostruita come *wri:banan e il suo originario significato è "sfregare" (da cui il medio alto tedesco rîben e il tedesco moderno reiben "sfregare"). Anche in inglese è derivata una parola da questa fonte: il verbo to rub, che significa "sfregare" ma anche "fare sesso". Sì, il ribaldo è colui che sfrega l'uccello addosso all'oggetto della sua libidine sfrenata, senza limiti. 

Tutto parrebbe chiaro. C'è però un problema non di poco conto. A quanto si legge in molti dizionari etimologici e nel Web, sarebbe esistita in antico alto tedesco la voce hrîba "prostituta", che sarebbe la base da cui ha tratto origine l'antico francese ribaut. Questa designazione della meretrice è incompatibile col protogermanico *wri:banan - dovendo risalire a una protoforma con *χr- iniziale. Siccome già nel medio alto tedesco il gruppo hr- si era semplificato in r-, ecco che avremmo un problema di confusione etimologica. Qual è la corretta origine del ribaldo e della ribalderia? Il punto è questo: è davvero esistita la parola hrîba in antico alto tedesco? La risposta sarebbe considerata desolante da molti studiosi: molto probabilmente il vocabolo in questione non è mai esistito. Si tratta di un frutto della mancata verifica delle fonti o addirittura della disonestà intellettuale dei romanisti, che contestano tanto la filologia germanica e i suoi cultori, per poi inventarsi vocaboli fantomatici a seconda delle loro necessità. Ignorano persino i rudimenti più elemenari delle lingue germaniche e della loro evoluzione storica: ad esempio le liste di elementi di adstrato germanico nelle lingue romanze diventano in mano loro qualcosa di incomprensibili e non analizzabile, come se provenissero da lingue preindoeuropee del Neolitico.

La realtà è che esiste soltanto un'occorrenza di *hrîba (mettiamoci questo benedetto asterisco) in tutta la letteratura in antico alto tedesco. Per giunta compare soltanto come glossa. Questo hapax legomenon è anche scritto diversamente. Si tratta di una forma accusativa: HRIPUN, glossata in latino come "prostitutam" in un commento di San Gerolamo al Vangelo di Matteo (il manoscritto si trova nella Biblioteca di Monaco, Clm 14747, f. 93b). Si tratterà di una cattiva trascrizione di *uurîba, che è un chiaro derivato del verbo *wri:banan. Trovo possibile il gruppo consonantico /wr-/ (in genere già semplificato in /r/ in antico alto tedesco), in qualche dialetto abbia dato una rotica diversa da quella consueta (es. un flap anziché un trillo), che il glossatore avrebbe trascritto come HR- per imperizia. Il medio alto tedesco ha il composto hoverîbe "prostituta di corte, cortigiana", che contiene lo stesso elemento. 

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