mercoledì 19 giugno 2019

UN VOCABOLO NORRENO PER INDICARE L'ORSO: MǪSMI, MǪSNI

Approfondendo i miei studi di lessico norreno, la mia attenzione è caduta sulla seguente voce

mǫsmi (m.), orso  

Variante:

mǫsni (m.), orso.

Si tratta evidentemente di una parola poetica, che non si trova nel lessico comune. L'orso nel linguaggio quotidiano era infatti denominato bjǫrn (gen. sing. bjarnar; nom. pl. birnir), dal protogermanico *bernuz. Il benemerito Zoëga non riporta queste forme nel suo dizionario: ha soltanto un omonimo mösmar (m., pl.), glossato con "treasures" e ritenuto identico a meiðmar. In realtà meiðmar "tesori", identico al gotico wulfiliano maiþms "dono", è di tutt'altra etimologia e non deve essere ritenuto una variante della forma poetica mösmar, uguale alla parola per indicare il plantigrado per una fortuita omofonia. Ce ne occuperemo in un'altra occasione. 

La protoforma germanica che possiamo facilmente ricostruire per mǫsmi "orso" è senz'altro *masumæ:n, dato che la variante terminante in -ni sembra mostrare i segni di un'antica dissimilazione (m- ... -m- > m- ... -n-). 

In apparenza tutto sembra perduto in modo irrimediabile. Non dobbiamo però lasciarci andare alla rassegnazione. Si potrebbe infatti tentare di trovare un parallelo nelle lingue celtiche. Sappiamo che uno dei nomi dell'orso in protoceltico era *matus. Ne deriva direttamente l'antico irlandese math (m.) "orso". Questa è la declinazione del sostantivo in analisi: 

sing.
nom. math "orso" (< *matus)

gen. matho "dell'orso" (< *matous)
dat. math (< *matou, *matō)
acc. math "orso" (< *matun
voc. math "orso" (< *matu)


pl.
nom. mathae, mathai, matha "orsi" (< *matowes)
gen. mathae "degli orsi" (< *matowon)
dat. mathaiḃ "agli orsi" (< *matubis)
acc./voc. mathu "orsi" (< *matūs)


Esiste poi il composto mathġaṁuin "orso", formato da math "orso" e da gaṁuin "vitello" (< *gjamonis, alla lettera "(vitello) di un inverno", cfr. gaṁ "inverno" < *gjamos, corradicale del latino hiems). La forma protoceltica ricostruibile è dunque *matu-gjamonis, che doveva significare "giovane orso". In irlandese moderno si ha mathghamhain, che continua la forma antica. Nel gaelico di Scozia oltre a mathghamhuin si hanno anche mathan e mathon (da *matagnos, *matugnos). Proprio da mathghamhain proviene il cognome del generale francese Patrice de Mac Mahon, alla lettera "Figlio dell'Orso": i suoi antenati erano irlandesi. 

Tra i Celtiberi è attestato l'antroponimo Matugenus, Matucenus "Figlio dell'Orso" (con terminazione adattata al latino, l'originale è *Matugenos), che corrisponde alla perfezione al materiale ibernico. Nella grande iscrizione bronzea di Botorrita (Spagna) abbiamo TIRIS MATUS TINATUZ, che si può ben interpretare come "tre orsi devono poppare" (Schmidt, 1976; Toporov, 1986). Anche in Britannia si ha attestazione dell'antroponimo Matugenus. Nelle Gallie abbiamo poi il notevole antroponimo Teutomatus "Orso della Tribù".

Si potrebbe credere che il protoceltico *matus "orso" sia una semplice variante di *matis "buono" (donde l'antico irlandese maith "buono"), quasi fosse un epiteto tabuistico. Non dimentichiamoci che l'orso era molto temuto nell'antichità. Si noti la differenza della vocale tematica, che è -u- nel sostantivo che indica il plantigrado, mentre è -i- nell'aggettivo. In gallico esiste attestato anche l'aggettivo col tema in -u-, ad esempio nel Calendario di Coligny, dove ogni mese è classificato come matus "buono" oppure anmatus "non buono". In tale contesto rituale la radice matu- sembra aver espresso il concetto di "fausto"; forse l'aggettivo era usato anche col senso di "completo" (cfr. latino mātūrus "maturo, adulto", ma anche "opportuno, tempestivo"). Tuttavia potrebbe anche darsi che l'epiteto dell'orso sia di origine preindoeuropea e che si tratti soltanto di coincidenze.  

A questo punto possiamo ipotizzare un composto protoceltico *matu-samonis, formato in modo del tutto analogo a *matu-gjamonis (dove -*samonis starebbe a indicare "(vitello) di un'estate", cfr. antico irlandese saṁ "estate" < *samos, corradicale dell'inglese summer). Questo derivato non sarebbe irrazionale e potrebbe spiegare la forma norrena. Se così fosse, la protoforma ricostruita *masumæ:n sarebbe in realtà da correggere in *massumæ:n e la potremmo considerare senz'altro derivata da un precedente *maθsumæ:n. Possiamo quindi dire che il vocabolo è con grande probabilità di origine celtica.

Conclusioni: 

Non sono in grado di determinare attraverso quale canale sia avvenuto il prestito. Quello che è certo è che si tratta di un'acquisizione molto antica, anteriore alla scomparsa della sibilante -s- e alla lenizione della nasale -m- in posizione intervocalica. Non mi pare che si possa considerare un prestito dall'antico irlandese, come pure è stato suggerito (Worsaae, 1875). 

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