venerdì 31 gennaio 2020

ALCUNE NOTE SULL'ETIMOLOGIA DI BWANA

La parola swahili bwana "signore" era già abbastanza nota in Italia quando ero ancora uno scolaretto. Veniva usata in imitazioni di africani, che oggigiorno non sarebbero permesse. Non sempre veniva compreso il suo vero significato: molti pensavano addirittura che fosse "una specie di verso che fa il negro" e lo consideravano meritevole di irrisione. Sarebbe difficile per i moderni avere un'idea anche vaga del contesto scolastico degli anni '70 e del calderone di ripugnante ignoranza che vi ribolliva costantemente. Ormai credo che non ci sia bisogno di spiegarlo: bwana  è un termine di deferenza che ha conosciuto una notevole fortuna, venendo adottato anche in inglese, dove si pronuncia /'bwa:nə/. Essendo giunto agli anglofoni dalla diretta lingua parlata, non si sono formate deprecabili pronunce ortografiche. Nei dizionari bwana è spiegato come sinonimo di "mister" e di "boss", non sempre in contesti considerati positivi. Il sito etimologico Etymonline.com aggiunge che la prima attestazione nota di bwana in inglese risale al 1875, in Africa Orientale. Altre fonti riportano una data di poco diversa, il 1878. È un vocabolo coloniale usato dalla popolazione africana per rivolgersi a persone europee (e immagino anche agli arabi). Un tipico saluto swahili è "Jambo Bwana!", ossa "Salve padrone!", dove la parola jambo, corrispondente all'inglese hello, è formata dal verbo -amba "dire", con paralleli in altre lingue Bantu.  

Lo swahili bwana è considerato all'unanimità un prestito dall'arabo َبُونَا 'abūnā "nostro padre", che è 'abū "padre" con l'aggiunta del suffisso possessivo di prima persona plurale -nā. Entrambi gli elementi sono tipicamente semitici. In ebraico abbiamo אָב av "padre" e אָבִֽינוּ avinu "nostro padre". Non dobbiamo dimenticarci che proprio le genti dell'Arabia si sono dimostrate spietate schiaviste nei confronti della popolazione dell'Africa Subsahariana. Per motivi ideologici, a mio avviso deprecabili, ai nostri giorni viene passato sotto silenzio questo sfruttamento secolare imposto dai Saraceni.     
 
Un'audace proposta alternativa 

Molti anni fa mi capitò di vedere esposta in un museo una maschera tribale proveniente dalla regione dei Grandi Laghi africani, che aveva incisa sulla fronte una croce ramificata. La didascalia riportava un'informazione sconcertante: si affermava che il simbolo in questione era di origine cretese. Così come un simbolo aveva viaggiato dal regno di Minosse per finire nell'Africa profonda, allo stesso modo mi venne in mente che la radice pre-ellenica WANAK- "principe" fosse l'origine autentica dello Swahili bwana. In greco abbiamo ἄναξ (anax) "principe", "sovrano", genitivo ἄνακτος (anaktos). Anticamente la parola aveva una consonante w- iniziale, scritta con la lettera digamma  (F): ναξ (wanax), genitivo Fάνακτος (wanaktos). Nel testo eteocipriota dell'iscrizione bilingue di Amathus la stessa radice è attestata come WANAKA-. Finché non si chiarirà come l'arabo 'abūnā "nostro padre" abbia potuto dittongarsi e sviluppare una -a- tonica, il dubbio mi rimarrà. Certo, ha l'apparenza di un'idea folle e senza fondamente alcuno. Purtroppo non sono riuscito a trovare una documentazione in grado di risolvere questo problema etimologico. Innanzitutto mi servirebbe sapere se esistono forme affini a bwana in altre lingue Bantu o se si tratta di una peculiarità unica dello swahili. Proprio in ricerche di questo tipo Google si dimostra deleterio. Un ostacolo, non un aiuto.

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