venerdì 21 gennaio 2022

PRISCILLIANO: PRECURSORE DEL CATARISMO
E PRIMA VITTIMA DEL POTERE ECCLESIASTICO

Priscilliano nacque nel 345 circa da una famiglia della nobiltà della Galizia, e fu uomo di grande cultura e intelletto. Fu affascinato dalle dottrine del Manicheismo e dello Gnosticismo, che apprese da un egiziano di nome Marco, nativo di Memphis. L'erudito ispanico non si limitò ad assorbire in modo passivo le complesse costruzioni teologiche che Marco gli aveva insegnato, ma elaborò un proprio sistema dualista. Diede così origine a un movimento religioso caratterizzato da un forte ascetismo.

Gli insegnamenti priscillianisti mostrano somiglianze sorprendenti con il Catarismo, al punto che diversi autori pensano a una connessione diretta a dispetto della grande disparità cronologica. Il corpo era visto come opera demoniaca, come una prigione dell'anima. La cristologia era docetista e non ammetteva la Resurrezione: era negata alla radice la natura corporea di Cristo.

Un'altra posizione dottrinale era tipica del Sabellianismo: non solo veniva negata l'umanità di Cristo, ma addirittura la sua esistenza prima della sua nascita illusoria. A questo si aggiungeva un netto rifiuto del  crescente sfarzo della Chiesa, oltre all'usanza di trascorrere le domeniche e il Natale nel digiuno. I credenti prendevano l'ostia in chiesa per assumerla nelle loro dimore, e alla cosa davano un significato puramente simbolico. Essendo molti di loro ricchissimi, donavano tutti i loro averi ai poveri, mostrando un encomiabile distacco dal dominio della materia.

La popolarità che Priscilliano incontrò nella sua terra nativa fu immensa, e due vescovi della Chiesa di Roma mostrarono apprezzamento per le sue rigide pratiche ascetiche e per l'irreprensibilità dei suoi costumi. Al sostegno dei vescovi Salviano e Istanzio, si contrappose l'aperta e irriducibile ostilità dei vescovi Igino di Cordova, Idacio di Merida e Itacio di Ossonova. Atterriti dal successo e dalla diffisione delle dottrine priscillianiste, i tre oppositori riuscirono a portare la maggioranza dei vescovi di Spagna sulle loro posizioni: nel 380 il Sinodo di Saragozza ratificò la scomunica per i seguaci del movimento.

La sentenza non colpì invece Priscilliano stesso, probabilmente grazie ai vescovi che lo sostenevano. Anzi, nello stesso anno Priscilliano venne ordinato sacerdote e divenne vescovo di Avila.

Solo l'intervento dell'Imperatore Graziano riuscì a farlo scomunicare ed esiliare in Italia, un anno dopo gli eventi di Saragozza. Le sorti dell'ispanico si ribaltarono presto: la condanna gli venne revocata. Ritornato nella sua terra di origine, si vendicò facendo esiliare il suo nemico Itacio. Il suo prestigio si accrebbe a dismisura, e ci furono molte nuove adesioni alla sua dottrina.

Itacio non poteva restare a lungo inoffensivo. Approfittando della morte di Graziano e di un editto contro i Manichei, fece leva sul suo successore Massimo Magno Clemente, un usurpatore. Questi non poté fare altro che convocare un secondo sinodo, che si tenne a Bordeaux nel 384. Gli eventi precipitarono, e gli attacchi di Itacio furono talmente efferati da destare sdegno anche all'interno della Chiesa di Roma. Tra coloro che si opposero alla barbarie vi fu una personalità di tutto spicco: San Martino di Tours. Il santo trovava inaccettabile che un tribunale civile si occupasse di una causa religiosa, e si adoperò in tutti i modi per far sì che l'usurpatore Massimo non applicasse la sentenza capitale. Purtroppo San Martino dovette assentarsi dalla città in cui si svolgeva il processo, e Priscilliano fu immediatamente decapitato asseme ad alcuni suoi seguaci. Correva l'anno 385.

Il processo ha un'importanza capitale nella storia dell'intero Occidente. Costituì infatti un luttuoso precedente, perché per la prima volta un tribunale civile eseguiva una condanna stabilita dalla Chiesa di Roma. Si era posta la base della futura Inquisizione, e il potere dello Stato veniva ad essere il braccio secolare. Si segnala anche l'artificiosità dell'accusa, in cui il clero pretese di accomunare l'eterodossia con la magia. Un mostruoso albero sarebbe cresciuto nei secoli a partire da questo singolo seme, posto dall'inaudita perfidia di un solo uomo sconosciuto ai più: Itacio.

All'epoca il Cristianesimo non era sclerotizzato come oggi, ma costituiva un magma vitale capace di generare sempre nuove visioni dell'universo anche nell'ambito dell'ortodossia. La cristallizzazione non aveva ancora pervaso l'intero edificio. Per questo la decapitazione di Priscilliano generò una tale ondata di vergogna, che per molto tempo la gerarchia ecclesiastica cercò con ogni mezzo di censurare l'accaduto. I vescovi accusatori non ebbero meriti e riconoscimenti come sarebbe accaduto nel medioevo, ma furono  allontanati dalle loro sedi ed esiliati senza possibilità di ritorno.

Il movimento priscillianista non si estinse affatto, ma continuò la sua espansione. Era diffuso in regioni molto lontane, come la Lusitania (attuale Portogallo), la Betica, l'Aquitania e la Gallia meridionale. Alcuni autori hanno pensato di vedere una coincidenza tra la distribuzione geografica del Priscillianismo nel IV-V secolo e quella del Catarismo nel XII-XIII, ma questo non è del tutto esatto. Se l'area tra il Rodano e i Pirenei fu comune, il Catarismo fu diffusissimo in Italia ma penetrò molto meno nella penisola iberica.

Le ultime tracce documentate del Priscillianismo si perdono a Braga, in Lusitania, dove una sparuta comunità di credenti sussisteva ancora nel tardo VI secolo.

Un'interessante leggenda vuole che il suo corpo fece ritorno in Galizia, seguendo il percorso del pellegrinaggio a Santiago di Compostela, la cui tradizione iniziò nel VI secolo. Le ossa custodite nel santuario sono attribuite all'apostolo Giacomo, e si dice che furono esumate nel VI secolo a Compostela. Si può tuttavia provare che le tombe cristiane nei pressi del santuario risalgono soltanto al IV secolo. Molti credono che quelle ossa appartengano a Priscilliano, e non si tratta di una semplice fantasia campata in aria.

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