martedì 15 febbraio 2022


I PROTOCATARI DI GOSLAR 

Un esempio di nonviolenza autentica 

Tra gli episodi più singolari connessi ai primi processi per eresia dualista nell'Occidente cristiano, occorre segnalarne uno avvenuto in Germania settentrionale alla metà del XI secolo.  

Goslar è una cittadina caratteristica della Bassa Sassonia, famosa per le chiese, gli edifici storici e i musei, dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO. È stata addirittura soprannominata la Roma del Nord per la sovrabbondanza di edifici di culto. Fu fondata nel X secolo dall'Imperatore Enrico I nei pressi di un luogo ove furono scoperti ricchissimi filoni d'argento. I traffici dovuti alle attività estrattive permisero una notevole prosperità, al punto che ottenne lo stato di Città Libera Imperiale e divenne la residenza estiva dei sovrani del Sacro Romano Impero. Un sontuoso palazzo imperiale, tuttora esistente, ospitò per ben venti volte l'Imperatore Enrico III il Nero, che regnò dal 1046 al 1056. 

Nel periodo di Natale del 1051 e all'inizio dell'anno successivo vi furono scoperti alcuni eretici, e all'accaduto fu data una certa risonanza. Sappiamo che si trattava di contadini originari della
Lorena, la regione della Francia renana all'epoca nota come Lotaringia, dal nome di Lotario II. Era a quell'epoca una regione di lingua germanica: soltanto lo stato francese unitario sarebbe riuscito molti secoli dopo a stemperarne la fisionomia culturale. 

Il capo di accusa ci appare già ad una prima analisi capzioso: furono convocati davanti al Vescovo e all'Imperatore perché erano vegetariani.
La loro esistenza fu rivelata soltanto perché rifiutavano ostinatamente di mangiare la carne dei polli che allevavano. La dinamica dei fatti non ci è del tutto chiara, ma possiamo supporre che gli agricoltori siano stati invitati ai festeggiamenti natalizi, e a quel punto sarebbe emersa la stranezza della loro dieta. 

L'Imperatore aveva terrore del ritorno del Manicheismo, di cui ormai si parlava in gran parte dell'Occidente.
Non gli ci volle molto a riconoscere negli imputati quella che chiamava "lebbra eretica". 

Il Vescovo non riuscì ad ottenere una confessione dagli imputati, così fece portare un pollo e ordinò a uno di loro di decapitarlo.
Come questi si rifiutò, passò al successivo, finché non ebbe chiaro che tutti erano Manichei. Appurato questo, Enrico III decise di condannarli a morte per impedire che da loro si diffondesse il "contagio". Si può quindi dedurre che idee eterodosse fossero già ampiamente penetrate nel suo immenso dominio. 

La condanna applicata fu abbastanza inusuale: non il rogo, bensì l'impiccagione.
Non conosciamo la dottrina di questi protocatari, ma sussistono pochi dubbi sulla sua origine bogomila. 

Di recente si è dato il caso di apologeti della Chiesa di Roma, che negano che siano mai state condannate a morte persone per il rifiuto di uccidere animali. Per metterli a tacere, vale la pena di riportare un estratto da un documento ecclesiastico denominato Gesta Episcoporum Leodiensium, tradotto dal latino.
Di sicuro quello di Goslar è il primo caso documentato di persone colpite da condanna capitale per essersi rifiutate di uccidere un pollo. L'autore del testo è un canonico, Anselmo di Liegi, che continuò le cronache iniziate da Erigerio di Lobbes. Come il suo vescovo Wazo, Anselmo era abbastanza liberale ed obiettivo, e il resoconto delle impiccagioni di Goslar ci è giunto solo per la sua tendenza a notare fatti che altri autori ritenevano irrilevanti. 

"In questo modo l'uomo di Dio si sforzò di seguire l'esempio di San Martino di Tours, e trattere l'usuale precipitosa frenesia tipica dei Francesi dal fomentare ogni tipo di crudeltà, perché egli udì che degli eretici erano stati identificati solo dal pallore dei loro volti, e siccome chiunque fosse pallido era senza dubbio un eretico, non si contavano i cattolici uccisi come risultato di questo errore isterico. Premesso questo, quando tali chiari argomenti e l'autorità biblica non possono essere contraddetti in modo ragionevole, ognuno può vedere come essi si comportarono in modo biasimevole a Goslar, quando alcuni membri di tale setta furono catturati. 

Dopo molte discussioni sulla loro stravaganza e un'opportuna scomunica per l'ostinazione nel loro errore, essi furono anche condannati all'impiccagione. Quando abbiamo investigato con cura il corso del processo, non abbiamo riscontrato altra ragione per la condanna di quella gente a parte il fatto che essi hanno rifiutato di obbedire al vescovo quando egli ordinò loro di uccidere un pollo. 

Non posso trattenermi dal far notare che se Wazo fosse stato là, non avrebbe consentito a questa sentenza: egli avrebbe seguito l'esempio di San Martino, che intercesse per i Priscillianisti condannati dall'editto dell'Imperatore Massimo dopo che erano stati perversamente travisati da un concilio di preti servili, preferendo coraggiosamente il rischio di danneggare se stesso piuttosto che impedire che gli eretici fossero risparmiati. 

Dico questo non perché voglio nascondere gli errori degli eretici, ma perché si può mostrare che un simile decreto in nessun luogo riceve l'approvazione della Legge Divina." 

Purtroppo l'esempio di uomini onesti come Anselmo, Wazo e Bernardo di Chiaravalle non è mai riuscito a prevalere. A farla da padrone è stato invece il cieco fanatismo.
  

Per molto tempo gran parte della Chiesa Romana ha considerato il vegetarianismo un crimine capitale.
L'argomento su cui si basava la condanna nasceva dalla constatazione che Dio avrebbe dato all'uomo il dominio sulla terra, rifornendolo di animali da mangiare. In questo modo, rifiutare un alimento di origine divina era considerato un sovvertimento dell'ordine cosmico. 

Nei primi tempi del Cristianesimo esisteva una tradizione vegetariana all'interno dell'ortodossia cattolica, basti pensare a San Gerolamo, che si disse contrario al consumo di carni e fornì argomentazioni dottrinali in sostegno di questa scelta. Dopo l'anno Mille, di tutto ciò persistevano ben poche tracce all'interno dell'ortodossia. 

La dieta di alcuni ordini religiosi come i Cistercensi era eccezionale, in quanto non comprendeva la carne. Nella società medievale esistevano codici comportamentali molto rigidi, che oggi sarebbero considerati assurdi. Se i costumi di santi e di monaci non destavano troppo scalpore, per i laici la tolleranza era inesistente. 

Gli atti dell'Inquisizione riportano casi di persone alle quali fu chiesto di togliere la vita a un animale e di consumarne le carni.
In questo modo l'imputato poteva provare al di là di ogni dubbio di non essere un Perfetto Cataro. Non eseguire l'ordine corrispondeva a morte certa sul rogo. Spesso gli animali usati per questa prova erano polli. Ci si può chiedere se gli inquisitori del XIII-XIV secolo avessero chiara la memoria dei fatti di Goslar, oppure se utilizzassero questi volatili per praticità: imporre di uccidere un maiale o un vitello poteva comportare difficoltà di qualche tipo. 

Sta a noi non dimenticare tutte queste atrocità, e fare in modo che non torni il tempo in cui la vita di un dissidente religioso valeva meno di quella di un gallinaceo. 

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