A volte la gente non vuole ascoltare la verità perché non vuole vedere le proprie illusioni distrutte. Le convinzioni, più delle bugie, sono nemiche pericolose della verità.
(Friedrich Wilhelm Nietzsche)
domenica 29 luglio 2018
CONTRO LA RETROATTIVITÀ DEL LINGUAGGIO IDEOLOGICO
sabato 23 giugno 2018
IL TRAMONTO DELL'INGLESE COME LINGUA INTERNAZIONALE
2) Lo spagnolo è obbligatorio in alcune scuole cinesi. Il Governo studia di renderlo obbligatorio in tutte le scuole. Lo stesso accade nelle Filippine;
3) Lo spagnolo è la lingua straniera più importante nel futuro del Regno Unito, come sostenuto da un nuovo studio del British Council;
4) La popolarità dello spagnolo sta crescendo in Africa. È parlato da circa 10 milioni di persone in tale continente (Marocco, Sahara, Isole Canarie, Guinea Equatoriale, etc.);
5) Lo spagnolo è la seconda lingua in Antartide, dopo l'inglese. Ci sono stazioni di ricerca di Argentina, Cile, Spagna, Perù, Uruguay, etc.
6) È parlato da circa mezzo milione di persone in Oceania (minoranze in Australia, Nuova Zelanda, Isola di Pasqua, Hawaii, Guam, etc.);
7) È parlato da 575 milioni di persone in tutto il mondo. Inoltre, il portogese è parlato da 250 milioni di persone, e l'italiano da 75 milioni di persone. Così tu puoi capire, con diversi gradi di comprensione, circa 900 milioni di persone;
8) In Duolingo, lo spagnolo è studiato da 145 milioni di persone. Molto più del francese, del tedesco o del cinese;
9) Infine è la seconda lingua più usata su Facebook e su Twitter.
sabato 10 marzo 2018
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: USA
Anno: 1978
Durata: 123 min.
Rapporto: 2,20 : 1
Genere: Fantascienza, thriller
Sottogenere: Fantapolitica, propaganda complottista
Regia: Peter Hyams
Soggetto: Peter Hyams
Sceneggiatura: Peter Hyams
Produttore: Paul N. Lazarus III
Fotografia: Bill Butler
Montaggio: James Mitchell
Effetti speciali: Bruce Mattox
Musiche: Jerry Goldsmith
Scenografia: Rick Simpson
Costumi: Patricia Norris
Trucco: Michael Westmore; Emma DiVittorio
Interpreti e personaggi
Elliott Gould: Robert Caulfield
James Brolin: Charles Brubaker
Brenda Vaccaro: Kay Brubaker
Sam Waterston: Peter Willis
Lee Bryant: Sharon Willis
O.J. Simpson: John Walker
Denise Nicholas: Betty Walker
Hal Holbrook: James Kelloway
Karen Black: Judy Drinkwater
Telly Savalas: Albain
Robert Walden: Elliot Whittier
David Huddleston: Hollis Peaker
David Doyle: Walter Loughlin
Norman Bartold: Presidente Usa
James Karen: Price, vice presidente Usa
Alan Fudge: Tecnico sala controllo
Barbara Bosson : Alva Leacock
Doppiatori italiani
Pino Locchi: Robert Caulfield
Pino Colizzi: Charles Brubaker
Rita Savagnone: Kay Brubaker
Cesare Barbetti: Peter Willis
Luciano De Ambrosis: John Walker
Giorgio Piazza: James Kelloway
Maria Pia Di Meo: Judy Drinkwater
Glauco Onorato: Albain
Sergio Fiorentini: Hollis Peaker
Renato Mori: Walter Loughlin
Manlio De Angelis: Elliot Whittier
Renato Mori: Direttore del giornale
Sergio Graziani: Presidente Usa
Sergio Rossi: Price
Achtung! Warning! Prodotto decostruito: trasmette il virus Derrida!
(weach)
(vic fontaine)
(fabio1957)
(Furetto 60)
(Ramses72)
(movieman)
(ds2k2)
(George Smiley)
(Baliverna)
(Ezio)
(Alfatocoferolo)
(capricorn one)
(ioperplesso)
(Axeroth)
(Rambo90)
(Tomastich)
(Massimo Bertarelli, 'Il giornale', 28 settembre 2001)
(Magazine tv).
(Segnalazioni Cinematografiche, vol. 85, 1978).
(Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli)
mercoledì 11 ottobre 2017
martedì 10 ottobre 2017
domenica 8 ottobre 2017
E SULL'ANTIVACCINISMO
venerdì 11 agosto 2017
UN RIENTRO APOCALITTICO
Arrivato a Soweto, pardon, a Monza, il treno si è bloccato. L’altoparlante gracchiava che a causa dell’investimento di una persona e dei necessari accertamenti giudiziari, tutti i treni da e per Seregno avrebbero avuto almeno 120 minuti di ritardo. Panico. Sceso dal treno bloccato e cancellato, mi sono affrettato a comprare un biglietto del pullman in edicola. Sono corso per il sottopassaggio fino a raggiungere la piazzola da cui partono gli autobus e i miei occhi sono stati aggrediti da una visione raggelante. C’erano una cinquantina di Mandingo colossali, giganteschi, tutti seduti su un lungo muretto in mezzo ai rifiuti e alla sporcizia. I muri erano scrostati tanto da somigliare alla pelle giallastra di un lebbroso. Chiazze scure di orina dovunque, che corrodevano le pareti colando sull’asfalto. I Mandingo avevano con sé grosse radio da cui uscivano note disarmoniche, sgraziate. Un frastuono spaventoso, nuvole di sudore. Ho pensato per un attimo di essere stato teletrasportato in Nigeria, poi mi sono accorto di essere, diciamo così, in Italia, a causa di due dettagli. C’erano due ragazze bionde e tatuate sedute in mezzo ai nerboruti energumeni, e c’erano gli orari dei mezzi scritti in italiano. Sono rimasto lì per un’ora, perché l’autobus che dovevo prendere fa poche corse. Intanto arrivava altra gente che doveva partire e la tensione era in crescendo. Gli altoparlanti della stazione annunciavano a ritmo serrato il ritardo di 120 minuti e la cancellazione di sempre nuovi treni, a ciclo continuo. Ogni tanto annunciavano anche fantomatici pullman sostitutivi che però non si materializzavano. Arrivato allo stremo, sono riuscito a prendere il mezzo che mi avrebbe portato a Seregno. Per fortuna sono riuscito a trovare un posto a sedere. Vicino a me, in piedi, stava un giovane uomo biondiccio. Seduta poco lontano c’era sua moglie, che cercava di tenere a bada due bambine dai capelli dorati. A un certo punto, ecco che una di queste bambine ha cominciato a strepitare, chiedendo a suo padre di essere baciata in bocca, “lingua contro lingua”. Lui ha fatto finta di nulla, la madre non le badava, sperando che smettesse. Invano. Per poco non ho perso i sensi per l’orrore.
Marco "Antares666" Moretti, agosto 2017
giovedì 10 agosto 2017
QUANDO LA FONETICA PUO' UCCIDERE
Mi è tornato alla mente un episodio assai singolare, occorso molti anni fa. Alla televisione, all’epoca ancora la guardavo di tanto in tanto, scanalando ho visto un presentatore che presentava un concerto benefico, se così si può dire. Non ricordo il suo nome. A un certo punto ecco arrivare un gigantesco mandingo che doveva esibirsi nel suo numero. Il presentatore ha cercato di socializzare e se ne è uscito a dire "stop the war", pronunciando "stop" con una /o/ tanto chiusa da sembrare quasi "stup". L'energumeno colossale, a cui mancava soltanto il machete, ha subito dato in escandescenze. Il conduttore non capiva e insisteva con il suo "stup de worre". Quando finalmente il gigante di ebano ha afferrato il senso di quelle parole, ha emesso un verso inarticolato di assoluto disprezzo, tra un rantolo e una crisi di vomito, quindi ha eruttato il suo "stop the war" con "stop" pronunciato "staap". Soltanto i musicisti che hanno preso a suonare lo hanno convinto a iniziare a strimpellare la chitarra e a lasciar perdere l’alterco. Un esempio di incomprensione dovuta alla cessata unità della lingua inglese, che per poco non riusciva fatale al presentatore.
mercoledì 14 giugno 2017
lunedì 12 giugno 2017
Nel corridoio limitrofo all’auditorium è stato allestito un buffet con generi di conforto. Riconosco una delle hostess: era presente a un convegno svoltosi l’anno scorso, ma la ricordavo bionda. Anche lei pare rammentarsi di me. Apprendo dalla sua viva voce che non lavora abitualmente nel settore del catering, ma svolge attività di mediazione culturale presso un centro d’accoglienza in Valtellina. Non senza sorpresa scopro che è tunisina, originaria di Sousse (Susa), località presso cui, nel giugno del 2015, gli islamisti assassinarono decine di turisti alloggiati in un hotel.
A un tratto, chiede di poter fare “una foto ricordo” accanto a me, ed io acconsento.
Chissà, forse la foto confluirà nel database dei servizi segreti tunisini.
sabato 10 giugno 2017
domenica 4 giugno 2017
In un ambiente competitivo ogni nodo ha una certa fitness. La fitness è la nostra attitudine a stringere più amicizie rispetto ai nostri vicini; è l'abilità di un'azienda di attirare e mantenere più clienti rispetto ad altre aziende; è la bravura di un attore che lo fa apprezzare e ricordare più di altri; è la capacità di una pagina Web di farci tornare quotidianamente sul suo contenuto anziché su quello di altri miliardi di pagine che si contendono la nostra attenzione. La fitness misura l'abilità competitiva di ogni nodo. Negli esseri umani può essere una questione genetica; per le aziende può dipendere dalla qualità del prodotto e della gestione, per gli attori dal talento, per i siti Web dal contenuto. In una rete possiamo assegnare una fitness a ogni nodo per indicare la sua capacità di competere per i link. Sul Web, per esempio, la fitness della mia pagina è 0,00001, mentre quella di Google è 0,2. Ciò che conta non è la reale grandezza di queste cifre, ma il loro rapporto, da cui si deduce il nostro potenziale d'attrazione nei confronti dei visitatori. Chiunque, infatti, si rende conto che Google è 20000 volte più utile del mio sito personale.
L'introduzione della fitness non elimina gli altri due meccanismi che governano l'evoluzione delle reti, la crescita e il collegamento preferenziale; modifica però il criterio in base al quale qualcosa viene considerata attraente in un ambiente competitivo. Nel modello a invarianza di scala abbiamo assunto che la capacità di attrazione di un nodo era determinata esclusivamente dal suo numero di link. In un ambiente competitivo anche la fitness ha un suo ruolo: i nodi con una fitness più elevata vengono linkati più frequentemente. Un modo semplice per far rientrare la fitness nel modello a invarianza di scala è assumere che il collegamento preferenziale sia guidato dal prodotto tra la fitness del nodo e il suo numero di link. Ogni nuovo nodo decide dove connettersi confrontando il prodotto tra fitness e connettività di ogni nodo disponibile, preferendo quello con un prodotto più alto e, quindi, con una più alta capacità di attrazione. Fra due nodi con lo stesso numero di link quello con una fitness più alta acquisirà nuovi link più velocemente dell'altro. Se due nodi hanno la stessa fitness, tuttavia, il favorito rimane comunque il più vecchio. Questo semplice modello a fitness, in grado di combinare la competizione e la crescita, fu il nostro primo tentativo di spiegare Google. Nato per distinguere velocemente i nodo l'uno dall'altro e dare un'opportunità ai nuovi arrivati, presto rivelò implicazioni più profonde, aprendo nuove prospettive su un'ampia famiglia di fenomeni che non era possibile scorgere in un universo ugualitario e privo di fitness.
(Esilio a Mordor, 16/06/2007)
mercoledì 28 dicembre 2016
giovedì 30 giugno 2016
E L'AVVENTO DEI BORG
Una volta lanciato in rete entra a disposizione di centinaia di milioni di persone. Un diritto d'espressione così illimitato, con dei costi di pubblicazione così bassi, fa del Web una grandissima manifestazione di democrazia. Tutte le voci hanno pari opportunità di ascolto, o almeno così predicano tanto i costituzionalisti qualto le riviste d'affari. Se il Web fosse una rete casuale, potremmo anche essere d'accordo con loro. Ma non lo è. Il risultato più affascinante del nostro progetto di mappatura fu la scoperta di una totale assenza nel Web, di democrazia, equità e valori ugualitari. Imparammo che l'unica cosa che la topologia di questa rete permette di vedere sono il miliardo di documenti ivi contenuti.
Quando si considera il Web, la domanda fondamentale non è più se le nostre opinioni possono venire pubblicate: certo che possono e, una volta online, diventano accessibili a chiunque, in qualunque parte del mondo, con una semplice connessione Internet. Di fronte alla giungla di documenti che ci appaiono minuto per minuto, la domanda cruciale è piuttosto la seguente: se lancio un'informazione in rete, qualcuno la noterà? Per essere letti bisogna essere visibili: una banale verità che vale tanto per gli scrittori quanto per gli scienziati. Sul Web la misura della visibilità è il numero di link. Più link puntano alla vostra pagina Web, più siete visibili. Se ogni documento in rete avesse un link alla propria pagina Web in un attimo tutti saprebbero ciò che aveta da dire. Ma una pagnia Web ha in media non più di cinque-sette link che puntano ognuno a una delle migliaia e migliaia di pagine esistenti là fuori. Di conseguenza le probabilità che un documento crei un link proprio alla vostra pagina Web sono prossime allo zero.
Questa conclusione si applica perfettamente alla mia homepage, www.nd.edu/~alb. Secondo AltaVista, nel Web ci sono almento una quarantina di pagine che puntano a essa.
Francamente mi sembra persino troppo, considerato il mio limitato campo di interesse. Ma poiché il Web offre una scelta complessiva di circa un miliardo di pagine, le probabilità di scoprire la mia sono all'incirca quaranta su un miliardo. Vale a dire che, se navigate a caso giorno e notte in rete fermandovi non più di dieci secondi su ogni sito, vi occorreranno otto anni prima d'incontrare un link alla mia homepage.
Tutti abbiamo interessi, gusti e valori diversi. I link che creiamo sulla nostra pagina Web riflettono tali differenze. Stabiliamo connessioni con pagine di ogni tipo, dai siti sull'arte tribale africana ai portali di commercio elettronico. Considerando che possiamo scegliere fra oltre un miliardo di nodi, ci si aspetterebbe che la configurazione finale dei link sia abbastanza casuale, il che significherebbe il trionfo del modello Erdõs-Rényi. Un Web casuale sarebbe il massimo veicolo di uguaglianza, perché la teoria dei due studiosi garantisce un elevato grado di somiglianza tra tutti i nodi, tutti dotati all'incirca dello stesso numero di link dall'esterno.
Le nostre misurazioni, però, smentiscono queste attese. La mappa riportata dal nostro robot diede prova di un alto grado di disparità nella topologia del Web. Delle 325000 pagine esaminate nel dominio della Notre Dame University, 270000 - l'82 per cento del totale - avevano tre link dall'esterno se non meno. Mentre una ristrettissima minoranza, 42 pagine circa, ne aveva più di mille. Misurazioni successive su un campione di 203 milioni di pagine Web rilevarono uno spettro ancora più ampio: nella stragrande maggioranza - qualcosa come il 90 per cento del numero complessivo - i documenti avevano meno di dieci link dall'esterno, mentre pochissimi - non più di due o tre - ne avevano quasi un milione!
Così come nella società umana pochi individui, i connettori, conoscono un numero insolitamente ampio di persone, l'architettura del World Wide Web è dominata da pochissimi nodi altamente connessi, o hub. Questi hub, come per esempio Yahoo! o Amazon.com, sono estremamente visibili: ovunque ci si sposti, si trova sempre un link puntato verso di loro. Nella rete del Web tutti i nodi poco conosciuti, scarsamente visibili e dotati di un esiguo numero di link sono tenuti insieme da questi rari siti altamente connessi.
Gli hub sono la più netta smentita alla visione utipica di un cyberspazio ugualitario.
Certo, tutti abbiamo il diritto di mettere in rete ciò che vogliamo. Ma qualcuno lo noterà? Se il Web fosse una rete casuale, tutti avremmo la stessa opportunità di essere visti e sentiti. Collettivamente creiamo in qualche modo gli hub: sono i siti a cui tutti si collegano. Facilissimi da trovare, si possono rintracciare in qualsiasi punto della rete. Al loro confronto il resto del Web è praticamente invisibile. Per qualunque obiettivo concreto, le pagine linkate da uno o al massimo due altri documenti praticamente non esistono. Sono quasi impossibili da individuare. Persino i motori di ricerca sono maldisposti nei loro confronti e, quando viaggiano nel Web alla ricerca dei nuovi siti appena usciti, le ignorano.
(Esilio a Mordor, 30/06/2007)