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domenica 5 aprile 2020

 
IL DIVO 
 
Titolo originale: Il Divo - La spettacolare vita di
     Giulio Andreotti
Paese: Italia/Francia 
Anno: 2008 

Durata: 110 min
 
Colore: colore 
Rapporto: 2,35 : 1
Audio: sonoro

Genere: biografico, drammatico

Regia: Paolo Sorrentino 

Sceneggiatura: Paolo Sorrentino

Produttore: Francesca Cima, Fabio Conversi,
     Maurizio Coppolecchia,
Nicola Giuliano, Andrea
     Occhipinti

Casa di produzione: Indigo Film, Lucky Red, Parco
     Film, Babe Film
(Francia)  
Distribuzione (Italia): Lucky Red 
Interpreti e personaggi:  
     Toni Servillo: Giulio Andreotti 
     Anna Bonaiuto: Livia Danese (moglie di
         Andreotti)
     Fanny Ardant: Moglie dell'ambasciatore francese 
     Giulio Bosetti: Eugenio Scalfari 
     Flavio Bucci: Franco Evangelisti 
     Carlo Buccirosso: Paolo Cirino Pomicino 
     Paolo Graziosi: Aldo Moro 
     Giorgio Colangeli: Salvo Lima 
     Alberto Cracco: Don Mario Canciani 
     Lorenzo Gioielli: Carmine Pecorelli 
     Gianfelice Imparato: Vincenzo Scotti 
     Massimo Popolizio: Vittorio Sbardella
     Achille Brugnini: Fiorenzo Angelini (cardinale)
     Aldo Ralli: Giuseppe Ciarrapico 
     Giovanni Vettorazzo: Roberto Scarpinato
        (magistrato)
     Simone Carella: Rino Formica
     Michele Chiadò: Giovanni Pellegrino
     Bruno Di Luia: Carlo Alberto Dalla Chiesa
     Valentina Rossi Stuart: Emanuela Setti Carraro
     Piera Degli Esposti: Signora Enea

     Enzo Rai: Totò Riina
     Natale Russo: Leonardo Messina
     Antonello Puglisi:  Vito Ciancimino
     Cristina Serafini: Caterina Stagno
     Marie Biondini: Diletta Petronio
     Antonio Sarasso: Francesco Di Carlo
     Alvaro Piccardi: Raul Gardini
     Mario Prosperi: Salvatore Pappalardo (vescovo di
         Palermo)
     Lorenzo Rapazzini Regis: Gianadelio Maletti
     Angelo Zito: Gian Carlo Caselli
     Giuseppe Pappada: Arnaldo Forlani
     Giuseppe Perri: Tano Badalamenti
     Paolo De Giorgio: Stefano Bontate
     Renato Di Pietro: Stefano Rodotà
     Nicola Giraudo: Gioacchino Natoli
     Victor Goubanov: Mikhail Gorbachev
     Pietro Biondi: Francesco Cossiga
     Domenico Centamore: Balduccio Di Maggio
     Claudio Bonis: Pippo Calò
     Orazio Alba: Gaspare Mutolo
     Dezio Bettini: Licio Gelli
     Gaetano Balistreri: Tommaso Buscetta
     Domenico Gennaro: Francesco Marino Mannoia
     Orlando Gerace: Nino Salvo
     Fernando Altieri: Oscar Luigi Scalfaro
 
Fotografia: Luca Bigazzi 
Montaggio: Cristiano Travaglioli 
Musiche: Teho Teardo 
Scenografia: Lino Fiorito  
Costumi: Daniela Ciancio 
Trucco: Vittorio Sodano 
 
 
ANDREOTTI E L'USO DEL POTERE 
 
Propongo in questa sede la visione di un brano tratto dal film in questione. Fratello Kopelev così lo ha commentato in Facebook: La terribile giustificazione di Andreotti all'uso del potere "Bisogna amare così tanto Dio per capire come sia necessario il male". 
 
Sì, tutto questo è terribile. Al di là del suo tormento, non vedo però nel personaggio una reale incoerenza o segni di contraddizione logica: infatti egli parla del Dio del Male, che è Signore di questo mondo. Siccome il benessere e lo sviluppo terreno non vengono dal Vero Dio, è naturale che chi voglia perseguirli si debba rivolgere a Satana. Quando si capisce che il Dio di cui Andreotti parla nel filmato è proprio il Principio Maligno, ciò che egli dice è del tutto logico e immediatamente comprensibile. 
 
E ancora: "La mostruosa, inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene". Un bene che è tale soltanto in apparenza, perché i frutti dell'albero malvagio non possono né potranno essere mai buoni. Ciò che viene garantito in questo modo, del Bene ha così soltanto il nome, perché le genti delle nazioni tale lo reputano. Ecco la chiave di lettura: "Bisogna amare così tanto il Dio <di questo secolo> per capire come sia necessario il Male". La conseguenza è chiara, visto che il mondo che è il suo prodotto è in tutto e per tutto il Male. Si vede quindi che coloro che intendono detenere il potere non possono che trarre i loro intendimenti dalla sua sorgente sempiterna e increata. Per questo si chiamano Malvagi. Tutto ciò è mostruoso, inconfessabile e contraddittorio agli occhi dei cattolici, proprio perché reca scandalo alla loro fede nell'esistenza di un unico Principio. 
 
Di fronte all'opera dei Demoni bisogna essere fermi. Un Credente dei Buoni Uomini non deve perseguire né il benessere né lo sviluppo materiale, ma soltanto l'impegno nell'unica risposta possibile alla mostruosità del potere: astenersi dall'imprigionare nuove vite in questo orrore e predicare l'estinzione della Specie. Una risposta giusta e mai violenta.  
 
Molta gente si chiede tuttora perché i Buoni Uomini sono stati perseguitati con tanta ferocia dalla Chiesa di Roma e dalle potenze temporali a lei asservite. Non bisogna stupirsi più di tanto, anche se la risposta più esplicita non si trova nel luogo più ovvio - quale potrebbe essere un libro di storia - ma proprio nel film di Sorrentino. Risuonano inquietanti le parole dell'uomo che più di tutti sa come si sta al mondo: "Noi non possiamo consentire la fine del mondo nel nome di una cosa giusta, abbiamo un mandato noi, un mandato divino"... Lo stesso Innocenzo III deve aver pronunciato qualcosa di molto simile quando ha emanato il suo infame Decreto di Sterminio. 
 
(Il Volto Oscuro della Storia, 9 gennaio 2010)  
 
Trama e recensione: 
Inizi anni '90, Giulio Andreotti presenta il suo settimo governo. Una serie di morti insanguina l'Italia, e le vittime sono tutte personalità in qualche modo a lui connesse: il politico Aldo Moro, il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, il giornalista Mino Pecorelli, il magistrato Giovanni Falcone, i banchieri Roberto Calvi e Michele Sindona, l'avvocato Giorgio Ambrosoli. La narrazione prosegue con i caotici contrasti tra le correnti della Democrazia Cristiana: la fazione andreottiana briga per far eleggere il Divo alla presidenza della Repubblica. Questo piano ha tuttavia un esito fallimentare. Troppo pesanti i macigni che gravano sulla figura del callido leader politico, al punto da dimostrarsi inamovibili. Intanto prende corpo Tangentopoli, con la conseguente caduta della Prima Repubblica. Si arriva alla scottante questione dei rapporti tra Andreotti e Cosa Nostra, che lo porterà a subire un processo. L'esito, ancor più destabilizzante per la politica italiana è il seguente: i reati anteriori al 1980 sono accertati, ma estinti per prescrizione, mentre si ha assoluzione per i fatti successivi a tale anni. Assoluzione piena in un secondo processo, quello per l'omicidio di Pecorelli.   
 
Le battute al fulmicotone, annichilenti, mettono a nudo l'ontologia corrotta dell'Universo. Il regista ha trovato un modo geniale per far orientare lo spettatore nella vorticosa realtà politica, in mezzo a tutti quei malfattori: una didascalia in caratteri rossastri o di uno strano arancione, che illustra il nominativo e il ruolo di ogni personaggio alla sua prima comparsa in scena. Senza questo accorgimento, non sarebbe possibile capire quasi nulla della tumultuosa narrazione. La rappresentazione dei politici è realistica, ma al contempo presenta tratti grotteschi e satirici che rendono sopportabile la visione di una realtà tanto squallida. Se uno osserva bene la figura dell'Andreotti impersonato da Servillo, nota la stranezza delle orecchie, che presentano un angolo innaturale, a perpendicolo con le tempie, una caratteristica quasi vampiresca e certamente voluta. Ho trovato allucinante la figura di Cirino Pomicino che si esibisce in una danza scatenata, nel corso di una festa certamente poco consona all'ostentata morigeratezza dei dirigenti democristiani. L'attore che impersona Totà Riina è stato scelto davvero bene: gli occhi molto ravvicinati e la fisionomia massiccia del volto garantiscono una somiglianza quasi perfetta all'originale. Andreotti è mostrato senza infinigimenti come punciutu e omu d'unuri. Durante l'iniziazione mafiosa se ne esce con un poco virile "ahi!" quando l'ago gli penetra un polpastrello. Poi in una camminata rituale procede a fianco dei padrini imbracciando un fucile. Un elemento all'apparenza incongruo, innaturale, addirittura posticcio, ma che è in sostanza una visione apocalittica. 
 
Un breviario andreottiano 

"Livia, sono gli occhi tuoi pieni che mi hanno folgorato un pomeriggio andato al cimitero del Verano. Si passeggiava, io scelsi quel luogo singolare per chiederti in sposa – ti ricordi? Sì, lo so, ti ricordi. Gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sapevano, non sanno e non sapranno, non hanno idea. Non hanno idea delle malefatte che il potere deve commettere per assicurare il benessere e lo sviluppo del Paese. Per troppi anni il potere sono stato io. La mostruosa, inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene. La contraddizione mostruosa che fa di me un uomo cinico e indecifrabile anche per te, gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sanno la responsabilità. La responsabilità diretta o indiretta per tutte le stragi avvenute in Italia dal 1969 al 1984, e che hanno avuto per la precisione 236 morti e 817 feriti. A tutti i familiari delle vittime io dico: sì, confesso. Confesso: è stata anche per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa. Questo dico anche se non serve. Lo stragismo per destabilizzare il Paese, provocare terrore, per isolare le parti politiche estreme e rafforzare i partiti di Centro come la Democrazia Cristiana l'hanno definita "Strategia della Tensione" – sarebbe più corretto dire "Strategia della Sopravvivenza". Roberto, Michele, Giorgio, Carlo Alberto, Giovanni, Mino, il caro Aldo, per vocazione o per necessità ma tutti irriducibili amanti della verità. Tutte bombe pronte ad esplodere che sono state disinnescate col silenzio finale. Tutti a pensare che la verità sia una cosa giusta, e invece è la fine del mondo, e noi non possiamo consentire la fine del mondo in nome di una cosa giusta. Abbiamo un mandato, noi. Un mandato divino. Bisogna amare così tanto Dio per capire quanto sia necessario il male per avere il bene. Questo Dio lo sa e lo so anch'io."  
(Giulio Andreotti) 
 
"Lei ha sei mesi di vita", mi disse l'ufficiale medico alla visita di leva. Anni dopo lo cercai, volevo fargli sapere che ero sopravvissuto, ma era morto lui. È andata sempre così: mi pronosticavano la fine, io sopravvivevo, sono morti loro. In compenso per tutta la vita ho combattuto contro atroci mal di testa. Ora sto provando questo rimedio cinese, ma ho provato di tutto. A suo tempo l'Optalidon non accese molte speranze. Ne spedii un flacone pure ad un giornalista, Mino Pecorelli. Anche lui è morto.
(Giulio Andreotti)

"Chi non vuol far sapere una cosa, in fondo non deve confessarla neanche a se stesso, perché non bisogna mai lasciare tracce."
(Giulio Andreotti) 

"Mi creda, io so cos'è la solitudine; non è una gran bella cosa. Per il mio ruolo, per la mia storia, avrò conosciuto nella mia vita approssimativamente 300.000 persone. Lei crede che questa folla oceanica mi abbia fatto sentire meno solo?"  
(Giulio Andreotti) 

"Guerre puniche a parte, mi hanno accusato di tutto quello che è successo in Italia. Nel corso degli anni mi hanno onorato di numerosi soprannomi: il Divo Giulio, la Prima-lettera-dell'-alfabeto, il Gobbo, la Volpe, il Moloch, la Salamandra, il Papa Nero, l'Eternità, l'Uomo-delle-tenebre, Belzebù. Ma non ho mai sporto querela, per un semplice motivo: possiedo il senso dell'umorismo. Un'altra cosa possiedo: un grande archivio, visto che non ho molta fantasia, e ogni volta che parlo di questo archivio chi deve tacere, come d'incanto, inizia a tacere."
(Giulio Andreotti) 

Don Mario: "Montanelli diceva: «De Gasperi e Andreotti andavano insieme a messa e tutti credevano che facessero la stessa cosa. Ma non era così. In chiesa De Gasperi parlava con Dio, Andreotti con il prete»."
Giulio Andreotti: "I preti votano, Dio no."  
 
Colonna sonora

Riporto la tracklist dell'album della colonna sonora (le tracce sono di Teho Teardo, quando non specificato):

1) Fissa lo sguardo
2) Sono ancora qui
3) I miei vecchi elettori
4) Toop Toop - dei Cassius
5) Che cosa ricordare di lei?
6) Un'altra battuta
7) Il cappotto che mi ha regalato Saddam
8) Notes for a New Religion
9) Gammelpop - di Barbara Morgenstern & Robert
     Lippok
10) Non ho vizi minori
11) Ho fatto un fioretto
12) Possiedo un grande archivio
13) Double Kiss
14) Nux Vomica - dei The Veils
15) Il prontuario dei farmaci
16) La corrente
17) 1. Allegro - da Il cardellino di Antonio Vivaldi
18) Pavane, Op.50 (1901) - di Gabriel Fauré
19) Da, da, da, ich lieb' Dich nicht, Du liebst mich
     nicht - dei Trio
20) E la chiamano estate - di Bruno Martino
21) Conceived (Michael Brauer Radio Mix) - di Beth
     Orton

Frammenti musicali incorporati nella colonna sonora: 

Pohjolan tytär (La figlia di Pohjola, op. 49) di Sibelius
Concerto per violino e orchestra (op. 47) di Sibelius
Sinfonia nº 2 (op. 43, detta "l'italiana") di Sibelius
Estratti dalla Danse macabre (op. 40) di Saint-Saëns.
I migliori anni della nostra vita di Renato Zero
La prima cosa bella (scritta da Mogol e Nicola Di Bari), cantata dai Ricchi e Poveri.
Un pezzo del proprio repertorio di batucada della scuola campana di samba G.R.E.S. Unidos do Batacoto. 

Premi e riconoscimenti 
 
Oscar - 2010
  Candidatura miglior trucco
Festival di Cannes - 2008
  Premio della Giuria
David di Donatello - 2009
  Premio miglior acconciatore
  Premio miglior colonna sonora a Teho Teardo
  Premio miglior truccatore
  Premio migliore attore protagonista a Toni Servillo
  Premio migliore attrice non protagonista a Piera
       Degli Esposti
  Premio migliore fotografia a Luca Bigazzi
  Premio migliori effetti speciali visivi
  Candidatura miglior costumista
  Candidatura miglior film
  Candidatura miglior fonico di presa diretta
  Candidatura miglior produttore a Andrea
       Occhipinti, Nicola Giuliano, Francesca Cima,
       Maurizio Coppolecchia
  Candidatura miglior regista a Paolo Sorrentino
  Candidatura miglior scenografo
  Candidatura migliore attore non protagonista a
       Carlo Buccirosso  
  Candidatura migliore montatore a Cristiano
      Travaglioli
  Candidatura migliore sceneggiatura a Paolo
      Sorrentino

giovedì 26 marzo 2020

UN THREAD SUL TENTATIVO DI IDENTIFICARE UNA LINGUA IGNOTA DA ME UDITA IN SEREGNO  
 
Riporto nel seguito l'interessante conversazione avvenuta su Facebook, dopo che mi sono imbattuto in una donna parlante una lingua senza rispondenza alcuna con quanto da me conosciuto.  


Giovanni Agnoloni:
estone?

Marco Moretti:
Poteva sembrare una soluzione allettante, ma temo che sia molto implausibile. Per scrupolo ho ascoltato diversi video. Una prosodia completamente dissimile, una diversa fonotattica. Quello che poi colpisce dell'estone è l'alta frequenza delle sibilanti, molto rare invece nella lingua sconosciuta che ho udito.

Marco Moretti:
Ho provato di tutto, inutilmente. Sono giunto alla conclusione che l'esistenza stessa di quella lingua è qualcosa di incongruo, che su questo pianeta non dovrebbe sussistere. Si tenga conto che non ci sono infinite possibilità compatibili con il somatismo della locutrice. Detto ciò, non sono riuscito a trovare una soluzione al problema, che mi assilla, anche perché non è affatto il primo caso di questo genere che mi capita. Da dove vengono queste persone? Chi le ha messe qui? 

Giovanni Agnoloni:
Sarà un dialetto

Fabiana Cilotti:
ho pensato al finlandese o a qualche lingua ugrofinnica, quindi anche ungherese e l'estone, ma certamente tu sei molto più esperto di me. Ma ciò che ti ha colpito è stata solo la lingua, o l'incongruenza tra la lingua e la fisionomia?

Marco Moretti:
Entrambe le cose. Forse se avessi visto un unicorno mi sarei stupito meno.

Marco Moretti:
Ho provato persino a visionare un video nella lingua degli Udmurti, di ceppo ugrofinnico. Si tratta di un popolo che vive in una remota zona della Russia e che è ancora pagano. Non c'è corrispondenza alcuna nella struttura delle parole. Direi proprio che il ceppo uralico nel suo complesso non c'entra nulla.

Fabiana Cilotti:
Lappone-sami?

Marco Moretti:
Mi sento di escluderlo. Ho condotto alcuni studi su parole di sostrato presenti in quella lingua, che è dello stesso ceppo del finlandese, anche se è molto diversa e ha una fonetica particolare.

Marco Moretti:

Fabiana Cilotti:
forse Papi non era il nome del figlio ma significava "vieni qui"

Marco Moretti: 
E' possibile. Del resto, in assenza di qualsiasi parola identificabile, si può dire ben poco. Non c'era nemmeno un prestito da una lingua nota. A volte, quando si sente qualcuno parlare in arabo o in una lingua slava, si notano parole italiane incorporate nel discorso. Una volta, sul treno, ho udito una donna parlare al telefono in una lingua sconosciuta, con una rotica molto vibrante, ma sono riuscito a riconoscere diverse parole prese a prestito dal russo.

Fabiana Cilotti: 
il problema sono i dialetti, che a volte sono difficilmente riconducibili alla lingua originaria, specialmente in una conversazione captata a frammenti, pensa al bergamasco con l'italiano!
E poi ci sono parole o frammenti di esse che sono comuni in molte lingue anche se hanno significato diverso, tipo "mir", in russo mondo, in albanese "bene", e miliardi di altre.
Da come la descrivi sembrerebbe più una lingua uralo altaica ma credo sia difficile riuscire a risolvere questo enigma... dovevi chiederglielo :)

Marco Moretti:
Innanzitutto bisogna definire cos'è un dialetto. Chiamo "dialetti" le varietà galloitaliche come quelle lombarde perché manca una lingua codificata: molti insorgerebbero se si volesse rendere il milanese del Porta la lingua di tutta la Lombardia. Detto questo, il caso del bergamasco aspirato è decisamente anomalo. Non ci sono infinite possibilità, dopotutto. Per quanto riguarda i "falsi amici", va detto che "mir" in russo significa "pace", non "mondo". Credo che sia molto difficile che parole come "svaboda" e "narodny" possano essere "falsi amici" o frutto di inganno. Se ho udito una lingua uralica, allora possiamo dire che un idioma bantu fa parte dei vernacoli toscani.

Fabiana Cilotti:
tu solo sai quanto hai ascoltato di quel discorso e quante parole se pur incomprensibili ti sono arrivate e quante ne hai perse, cioè, in pratica quanto ciò che hai percepito fosse frammentario o meno. Mi pare che la tua osservazione si basi prevalentemente sul suono e sulla fonotassi, ma fortemente condizionata dall'aspetto della donna. Forse se tu l'avessi sentita registrata e non avessi visto chi parlava ti saresti orientato altrove, su altri gruppi linguistici che, in bocca ad una bionda pallida, magari appaiono assurdi

Marco Moretti:
Se avessi sentito una registrazione senza vedere la persona, non avrei avuto la benché minima idea del gruppo linguistico su cui orientarmi. Blackout totale.

Giovanni Agnoloni:
Basco?

Marco Moretti:
Impossibile. Ho studiato quella lingua in numerose sue varianti e la riconosco all'istante. Si tratta di un superstite non indoeuropeo, che proprio per questo è di estremo interesse. Per anni ho analizzato numerosissimi vocaboli, classificandoli a seconda della loro natura. Sono a conoscenza dei lavori di molti accademici. Infatti, essendo il basco una lingua isolata, ci sono stati innumerevoli tentativi di trovare una parentela. Anni fa il professor Bengtson ha mandato un suo servo per cercare di carpire alcuni miei lavori, che tra l'altro erano consultabili in un gruppo di Yahoo, dai cui iscritti cercavo suggerimenti e critiche. Poi ho constatato che lo stesso Bengtson si è avvalso di qualche mia etimologia, senza nominarmi, come è tradizione nel mondo accademico.

Marco Moretti:
C'è una sola cosa in comune tra il basco e la lingua sconosciuta da me udita: entrambe hanno una distribuzione molto squilibrata dei suoni (anche se in modo del tutto diverso).

Francesco Grieco:
ma scusa Marco, i tratti somatici della donna riconducevano ad etnie slave?

Giovanni Agnoloni:
Macedone?

Marco Moretti:
Non era una lingua slava, o avrei riconosciuto molte parole. Il fatto che, come rilevato, mancavano del tutto suoni palatali è molto significativo. No, i tratti somatici non erano simili a quelli di una slava.

Marco Moretti:
Marco Moretti Se dovessi rivederla, a questo punto la fermerei di certo.

Lukha B. Kremo:
Una lingua romani?

Marco Moretti: 
In tal caso sarebbe stata un'albina. Resto comunque abbastanza scettico. Ho udito diverse varietà di romani in svariate occasioni: non di rado mi imbatto in persone di tribù ferroviarie. La sonorità è spesso abbastanza sfuggente e la fonetica è singolare. Una volta c'era sul treno una comitiva di rom valacchi e sono riuscito a distinguere alcune di parole nei loro discorsi. Avevo isolato la parola "manushka" nel discorso di una donna, facendo un'analisi di tale voce, formata da "manush", che significa "uomo" e da un suffisso "-ka" che funge da relativo.

Marco Moretti:
Forse la soluzione è particolarmente contorta e legata a casi sommamente improbabili.

domenica 22 marzo 2020

UNA LINGUA NON IDENTIFICABILE

Tornando a casa, per le vie di Seregno mi sono imbattuto in una donna che parlava senza sosta al cellulare in una lingua sconosciuta e del tutto impenetrabile. Era una persona di piccola statura e aveva i capelli biondissimi, direi che dall'aspetto sembrava proprio una giovane inglese. Un bambino procedeva davanti a lei in bicicletta, indossava un berretto rosa e aveva una faccia scialba. Più ascoltavo le parole della donna, più mi sembravano strane. Il punto è che quella non era affatto una lingua europea. Più in generale, direi che non si trattava una lingua ascrivibile ad alcun ceppo noto. La sonorità era bizzarra, a volte sembrava quasi di udire qualcosa a metà strada tra il francese e lo slavo, ma non sembrava che avesse suoni palatali. A quanto pare non aveva nemmeno una rotica. Ho distinto in modo nitido soltanto poche sillabe: la parola “bokùf” e un'uscita con un improbabile gruppo di consonanti, “-imdzki”. Tra l'altro quella sembrava essere l'unica occorrenza di una terminazione in “-ki”. A un certo punto la donna ha richiamato il figlio, che era andato troppo lontano con la bicicletta. Con mia grande sorpresa lo ha chiamato "Papi". Da dove diamine veniva quella strana bionda? Ho sentito in me un forte senso di disorientamento. Ero tentato di fermarla e di chiederle che lingua stava parlando, ma ho provato disagio e non l’ho fatto. 
 
Marco "Antares666" Moretti, marzo 2018 

domenica 1 marzo 2020

STRANI E SINISTRI PORTENTI

Accadono cose molto strane. Sul treno mi sono addormentato e ho sognato che stringevo la testa di un grosso serpente nella mano sinistra. Questo era un rettile velenosissimo di color bruno verdastro, che ero riuscito ad afferrare senza farmi mordere. Ho preso una lesina e gli ho bucato il cranio, uccidendolo senza difficoltà. Mi sono svegliato di soprassalto e ho sentito qualcosa che mi toccava le gambe, come se un giornale fosse stato portato dal vento e mi fosse finito contro. Solo che non c'era nulla. Pochi posti oltre ho notato un gigantesco mandingo interamente vestito di nero che leggeva un corano giallo non rilegato: in pratica era una collezione di fogli color tuorlo d'uovo scritti in arabo, non senza una certa vena artistica, la parte scritta all'interno di una cornice nera. Avevo già visto qualche anno fa questo soggetto, che come me è sceso a Seregno. Per un attimo ho avuto la netta sensazone che si trattasse di un jihadista e ho accelerato il passo. Nulla può riuscire a togliermi dalla testa l'idea nettissima che ci sia qualcosa che non va in tutto questo. Ancora adesso, se appena ci penso, mi sento come se dentro di me suonasse senza sosta un campanello d'allarme, quasi che il futuro avesse messo radici nel presente.

Marco "Antares666" Moretti, gennaio 2015

martedì 18 febbraio 2020

VANGELI DELLA NUOVA ERA, URINOTERAPIA E ACARI

Per illustrare gli effetti pratici e deleteri che un libro può avere sulla vita dei suoi lettori, riporto un episodio che ho vissuto in prima persona.
 
Una dozzina di anni fa mi capitò di conoscere una celestina. All'epoca non sapevo nulla della sua perniciosa religione, e stavo a sentire le idiozie con cui cercava di imbambolarmi. Faceva comunque sfoggio di una certa apertura mentale, e nel complesso trovavo la sua compagnia gradevole. Ricordo che mi diede una fotocopia con l'enunciato completo delle 9 Illuminazioni contenute nel primo volume di James Redfield. Cercò anche di spiegarmi qualcosa della sua dottrina, per lo più ripetendo le parole del ciclostilato. Preso da altri pensieri, non riuscivo neppure a capire dove volesse parare. Ero del tutto ignaro delle operazione di marketing del subdolo mondo acquariano e non avevo neppure letto la Profezia di Celestino.

Ricordo che questa ragazza poco prima di conoscermi si distorse un piede inciampando, e disse che il capitombolo non era stato un caso. Mi spiegò che aveva trascurato di proiettare energia positiva sui suoi piedi, e non avendo pensato intensamente ogni giorno a tali parti del suo corpo, le era capitato quel danno. Rimasi allibito nell'udire una simile spiegazione, bislacca e inconsistente. Per quel che mi riguarda, data la mia eredità culturale, l'avrei capita alla perfezione se mi avesse detto che un demone l'aveva fatta incespicare servendosi di un bastone invisibile. La mia innata diffidenza verso qualsiasi forma di ottimismo mi portava a nutrire un interesse davvero basso per i suoi deliri. Una volta, senza alcun timore, mi disse che usava bere la propria orina, attribuendo a tale pratica ogni sorta di virtù salutare. Disse anche che tutti dovrebbero farlo, e che quando avesse avuto dei figli, avrebbe insegnato loro a fare lo stesso.

Di professione faceva la bibliotecaria, e passava la sua esistenza in mezzo a montagne di volumi polverosi. Un giorno i suoi colleghi mi dissero che era svenuta e che le era stata diagnosticata una grave allergia agli acari. Trovò il modo di non farsi più sentire, chiedendo addirittura il trasferimento in un altro ente, che non permetteva con facilità l'accesso ad estranei. La vidi una volta ancora, per puro caso, quando tornò in biblioteca a far visita agli ex colleghi: mi trovavo lì per consultare alcuni libri. Fu talmente evasiva e sfuggente che non potei fare a meno di notare la cosa.
Era tesa, mi guardava quasi come se fossi un lebbroso, e prima ancora di chiedermi come stavo voltò il discorso per farmi sapere che aveva in corso una convivenza. Da quel momento sparì nel nulla.

Le cose cominciarono ad avere una spiegazione qualche tempo dopo, quando lessi in un solo giorno la Profezia di Celestino, durante una lunga attesa in un ospedale. Come romanzo era molto scorrevole, e spiegava in modo chiaro concetti che ritenni necessario confutare. Non ci potevano essere dubbi. L'idea celestina porta a ritenere gli incidenti, dai più banali ai più gravi, come segnali di un turbamento energetico. Nello specifico caso, lo svenimento non sarebbe stato provocato dagli acari, ma dai miei influssi negativi. Evitare chi soffre diventa così una necessità di primaria importanza. I problemi di amici e parenti non sono qualcosa che deve essere risolto, ma sono interpretati come un marchio di indegnità capace di far venir meno il proprio equilibrio. Mi stupisce come questo approccio sociale sia del tutto simile a quello vigente in ambienti edonistici, avvezzi a isolare chiunque si trovi in difficoltà. Tutto positivo finché non cade una tegola in testa, e tutti pensano che le tegole cadano solo in testa agli altri. Il pensiero positivo è una delle molteplici emanazioni della peste. 

Ogni visione positiva della realtà è egoismo. 

(Il Volto Oscuro della Storia, 10 febbraio 2008)

A distanza di anni da quando ho pubblicato per la prima volta questo testo, qualcosa mi ha spinto a cercare in Facebook notizie della celestina fulva dedita al pissing. Ho così trovato il suo profilo, constatando che si è messa assieme a uno spaventoso energumeno, a cui per giunta ha dato un figlio. Ha fatto cadere un nuovo dannato in questo Inferno, fabbricandolo con lo sperma di un vero e proprio pitecantropo. E gli farà anche bere la propria orina. Le mie congratulazioni.

lunedì 30 dicembre 2019

UNA STRANA RIMOZIONE

Uno dei casi più singolari di amnesia che mi sia capitato riguarda Nestorio. È successo all'improvviso, anni fa, mentre ero da amici. A un certo punto, ho potuto constatare che il nome del religioso semplicemente non c'era più. Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a recuperarlo. Ricordavo le sue dottrine ma non il suo nome. Mi venivano costantemente in mente altri nomi, da cui non riuscivo a ricostruire nulla di sensato. Innanzitutto pensavo a Marcione, che però sapevo non avere nulla a che fare, perché il personaggio dal nome obliato non era dualista. Poi mi veniva in mente Eustorgio, con una certa insistenza, quindi anche Eusebio. Dopo un'ora di intenso malessere, Nestorio finalmente è ritornato a galla, ancora non ho capito come. Forse qualche informazione connessa a quella cercata ha reso possibile il recupero. Evidentemente si era lesionata una microregione cerebrale e la mappa sinaptica locale è stata ridisegnata. Noto che da allora Nestorio non l'ho più dimenticato, con ogni probabilità perché il suo nome è stato stoccato in un'area diversa, con collegamenti nuovi. 

Marco "Antares666" Moretti, febbraio 2018

sabato 28 dicembre 2019

VISIONI DEGLI ULTIMI GIORNI

Martedì 25 settembre 2018: un giorno che definire infernale è ancor poco: se potessi lo depennerei dalle liste del tempo. Dopo una riunione lunga e defatigante a Torino, svoltasi in ambiente anossico, ho passato due ore in treno per tornare a Milano. Ormai le tenebre erano calate. Giunto alla stazione di Porta Garibaldi, subito si è profilata nel mio campo visivo la sagoma di un vagabondo che esibiva le chiappe merdose. Stava fumando tranquillamente, incurante dello stato dei suoi vestiti ridotti a brandelli. Gli mancava la parte posteriore dei pantaloni cenciosi: tutti potevano vedere la pelle sudicia delle sue natiche e delle sue gambe. Mi sono affrettato a raggiungere il treno che mi avrebbe portato a Seregno. Non appena mi sono seduto, una donna bionda in divisa di controllore mi ha detto di procedere verso le vetture di testa, perché avrebbe chiuso la maggior parte del treno, che altrimenti sarebbe stato ingestibile. Così i passeggeri si sono concentrati in due vetture e sono riuscito a stento a trovare un posto a sedere. Una situazione insostenibile e penosa. Il treno era appena partito, quando il controllore donna (nemmeno la Boldrina è riuscita a imporre la forma “controllora”) ha chiuso lo scompartimento. Subito si sono levate urla inumane dal vicino cesso: un gigantesco mandingo era nel loculo a pisciare e si era trovato bloccato nella vettura appena chiusa. La donna si è affrettata ad aprire la porta bloccata, ma il colosso africano le si è subito scagliato contro inveendo, in preda a un’ira belluina. Lei ha cercato di difendersi, senza scomporsi, facendo notare che quando il treno è in stazione non bisogna usare i servizi igienici. Il mandingo, nerboruto e più alto di me, continuava ad apostrofarla: “Modéri le parole! Lei deve moderare le parole e non si deve rivolgere così a me! Modéri le parole!” A parte qualche accento, parlava in un italiano corretto. A un certo punto, come la donna ha osato dire qualcosa, lui è scoppiato, urlando a squarciagola: “IO LE DONNE LE MANDO TUTTE AFFANCULO!” Poi dopo una breve pausa ha ripreso: “LA PROSSIMA VOLTA PISCIO DAVANTI A TUTTI!” Il treno a questo punto si è fermato alla stazione di Milano Greco Pirello e il mandingo è sceso, facendo perdere le sue tracce. La donna era visibilmente scossa. Per un po' il viaggio è proceduto senza incidenti, a parte i continui rallentamenti, che hanno fatto accumulare circa un quarto d’ora di ritardo. Passata la stazione di Desio, ecco che il controllore donna ha avuto la pessima idea di cominciare a chiedere i biglietti ai passeggeri. Le ho mostrato prontamente l’abbonamento. I problemi sono cominciati di lì a poco. Un giovane saraceno in tenuta estiva ha esclamato con grande arroganza: “Io il biglietto non lo pago perché i treni sono sempre in ritardo!” Lei ha cercato di ribattere e lui a un certo punto ha urlato: “SE VUOLE HO QUI IL CAZZO!” E subito dopo: “GLIELO METTO IN BOCCA!” A questo punto il treno si è fermato nella stazione di Seregno e sono sceso, procedendo rapido verso casa. Una giornata apocalittica si era appena conclusa. 

Marco "Antares666" Moretti, settembre 2018

giovedì 26 dicembre 2019

RIGURGITI DI UN'UMANITÀ TERMINALE

Dovendo andare a un inutile convegno con un collega, mi è toccato affrontare una stramaledetta macchinetta dei biglietti della metropolitana. Malfunzionante, è ovvio. Il collega cercava di usare il bancomat per acquistare i biglietti per entrambi. Mentre stava digitando il codice, non senza fatica, ecco che un folto gruppo di vecchiacci americani dementi si ammassava su di noi. Quelle spaventose creature ci soffiavano sul collo, ci assillavano. Una carampana isterica continuava a urlarci a squarciagola: "K'HANNOWOGHE!, K'HANNOWOGHE!". Ecco cosa vedevo in quell'abisso ctonio: patetici esemplari di un popolo ridotto a una massa di decerebrati, con un'intelligenza media inferiore a quella di una pecora! Alla fine ho capito che questa esclamazione "K'HANNOWOGHE" si trascrive "COD not working", essendo COD l'acronimo di "Cash on delivery". Un incubo! Questa condizione, che le genti chiamano “vita”, è in realtà la caduta agli Inferi! 
 
Marco "Antares666" Moretti, giugno 2018 

lunedì 23 dicembre 2019

UN GIORNO DI ORDINARIO SFACELO

Sono circa le 7:30, alla stazione di Seregno. Appena arrivato capisco subito che qualcosa non va. C'è un uomo della security. Per terra c'è un marocchino talmente ubriaco da rasentare il coma etilico. Gli occhi opachi sembrano quelli di uno zombie. Non riesce ad articolare una parola e muggisce come un bue. Uno spettacolo raggelante. Accorrono due infermiere con la tuta arancione fluorescente: è arrivata l'ambulanza. Riescono a fatica a far alzare l'ubriaco e a condurlo via. Arriva il treno per Milano, quotidiano mezzo di catabasi, e per un po' non penso all’accaduto. 
 
Al ritorno dal lavoro, sul treno per Seregno. Sono quasi le 17:00. Arrivano i controllori, un uomo e una donna. Mostro loro l'abbonamento, ma quelli hanno in mente altro. Parlottano tra loro e alludono a un ubriaco che ha dato non pochi problemi. Alludono anche al fatto che questo ubriaco è “di colore”. La donna è molto preoccupata. Spera che l'individuo molesto scenda a Seregno. A questo punto vanno nello scompartimento attiguo. Aprono la porta e sento qualcuno che schiamazza. È un mandingo in stato di alterazione, che a un certo punto urla a squarciagola: "MBÙNGU!". Finalmente il treno si ferma e scendo. Il mandingo, gigantesco, scende anche lui, barcollando in modo vistoso. Si avvicina a una ragazza e le urla: "SUCA!". La ragazza rimane di sale come la moglie di Lot. L'energumeno barcolla ancora e si avvia verso la scala, eruttando di nuovo oscenità alle passanti. Resto indietro, come tanti altri: ci sono possibilità che all'ubriaco salti in mente di assestare qualche colpo a caso al primo a portata di mano, oppure che sottoponga qualcuno a una “doccia romana”. Sento che continua a urlare: "FANGULO!". A questo punto si allontana, così riesco finalmente a percorrere il sottopassaggio e a salire in superficie. 
 
Marco "Antares666" Moretti, febbraio 2018

sabato 12 ottobre 2019


QUARTO: UCCIDI IL PADRE E LA MADRE 

Titolo originale: A Generation Removed 
Autore: Gary K. Wolf 
Anno: 1977
Lingua originale: Inglese

Tipologia: Romanzo
Genere: Fantascienza
Sottogenere: Distopia, sociale, conflitto generazionale

Edizione italiana: 10/6/1079
Editore: Mondadori
Collana: Urania settimanale - I romanzi, n. 787
Numero pagine: 192 
Traduzione: Vittorio Curtoni
Codice ASIN: B00A8N1QZ2
Codice ISBN-10: A000008268 


Sinossi (da Mondourania.com):
Dal 13 al 19 in numeri cardinali inglesi finiscono per teen (thirteen, fourteen, ecc.) e di qui viene la parola teen-ager, che designa il gruppo migliore, più attivo, più impegnato e responsabile dell'umanità. Dopo i teen-agers vengono coloro che pur non essendo più nei loro teens, sono ancora nei loro twenties, non hanno cioè superato i 29 anni, e vanno quindi considerati, se non più con totale ammirazione, perlomeno con profondo rispetto. A entrambi questi gruppi si applica logicamente, la Carta dei Diritti dell'Uomo, mentre ai due gruppi successivi (per gli individui cioè che sono nei loro thirties e nei loro forties) si applica quella dei Doveri. Ma dopo il 49°, massimo 55° anno di età? Che fare di questi gerryes (dal greco geron, vecchio) improduttivi e rompiballe? Quale carta applicargli se non quella del Forno Crematorio? 


Trama:
Herschel Lichter è un poliziotto che si avvicina alla sua età di dismissione dal servizio. La sua carriera è stata inversa rispetto a quanto siamo abituati a pensare: da giovane ha ricoperto un importante incarico di investigatore, ma col passar degli anni le sue mansioni sono diventate sempre più burocratiche e umilianti. In altre parole è stato rimosso dal servizio attivo per essere messo davanto a un computer a inserire dati in schedari informatici. Gli Stati Uniti d'America sono una distopia che ricorda per certi versi la Cambogia di Pol Pot, in cui i ministri e i giudici erano bambini o adolescenti, crudelissimi e privi di qualsiasi empatia. Il diretto superiore di Lichter, noto semplicemente come Capitano (i giovanissimi notabili possono scegliersi il nominativo), è un panzone ripugnante, un ragazzino bulimico dal carattere collerico e tirannico. Qual è il futuro che aspetta chi si avvicina alla fine della propria vita lavorativa? Qualcosa di assai avvilente. Ormai a Lichter mancano pochi anni prima di essere dichiarato un gerry e di perdere ogni diritto umano e civile. Ecco che accade qualcosa di inatteso e in apparenza improbabile: l'attempato poliziotto viene richiamato in servizio attivo per infiltrarsi in un'organizzazione clandestina di gerryes, l'EDA (Esercito Degli Anziani, infelice traduzione dell'originale OPA, ossia Old People Army), che rappresenta una spina nel fianco delle autorità giovaniliste. Lichter, che non è uno stupido, comprende che la sua sola possibilità è la militanza attiva nell'EDA. Non si capisce infatti perché mai un agente dovrebbe continuare a servire uno Stato che gli dà come unica possibilità l'essere infornato in un crematorio alla prima analisi medica sballata. Chiunque si sarebbe potuto aspettare un esito di questo genere, tranne quel coglione di Capitano - che nel frattempo si viene a trovare in una situazione sempre più precaria: avvicinandosi ai vent'anni di età, ossia maturando, la sua autorità pian piano passa al suo secondo in comando, il pestilenziale Falange. Questo essere ripugnante e brutale nutre verso i gerryes un odio assoluto e l'unica cosa che desidera è il loro annientamento. Nel frattempo Lichter riesce ad avvicinarsi ai vertici dell'EDA. A guidare l'organizzazione è un prete cattolico combattivo ma piuttosto antipatico, il segaligno Ed Gilroy. Il secondo in comando è Bo-Blue Bonnera, un gigantesco ex giocatore di football con le mani rese immense come quelle del Gianni Nazionale da iniezioni di silicone polarizzato, che le fanno somigliare a poderosi simbionti di xenomorfo, a facehuggers: non riesce nemmeno a srotolare la carta igienica e necessita di costante assistenza per la pulizia del deretano. Estelle Hopkins è una grannie ancora molto libidinosa, una pasionaria che gestisce una grande bidonville dove i gerryes perseguitati trovano il loro rifugio. Ha un debole per Herschel e gli si concede. Il susseguirsi degli eventi è precipitoso, difficile concentrarlo in poche righe. Le pressioni della polizia di Chicago si fanno insostenibili, così la dirigenza dell'EDA organizza l'esodo degli abitanti della bidonville verso il confine del Canada, nazione tollerante che non sopprime gli anziani. Con l'aiuto di Herschel, tutti i gerryes vengono caricati su una flotta di pullman che sfreccia verso il Settentrione. Non mancano i colpi di scena, tra strepitare incessante di poliziotti isterici e infinite ondate di suspense. Tutto converge verso un drammatico assedio, non diverso da quello di Alamo, in cui l'eroico David Crockett oppose resistenza strenua alle truppe di Satana, pardon, di Santana.
Ben pochi riusciranno a salvarsi dalla carneficina, grazie all'aiuto di volontari canadesi. L'ingenuo finale, in una caduta di stile che rasenta il crasso francesismo, vede Herschel insoddisfatto della sia vita da esule e intenzionato a fare ritorno in patria per fomentare la Rivoluzione - come se un fuggiasco scampato a un incendio morisse dal desiderio di tornare tra le fiamme che quasi lo hanno ucciso. La lotta dell'EDA, com'è ovvio, viene paragonata alla Resistenza contro il Nazifascismo. Le ultime pagine sono riempite di massici assortimenti di pasticcini retorici. L'anacronismo impera, la teologia civica del Male Metastorico permea ogni cosa: gli USA e il Canada finiscono soffocati da un insidioso precursore del politically correct

L'autore: 
Gary K. Wolf, nato nel 1941 a Earlville, Illinois, deve la sua fama soprattutto al romanzo giallo Who Censored Roger Rabbit? (1981), da cui è stato tratto il film Chi ha incastrato Roger Rabbit? (Who Framed Roger Rabbit?, Robert Zemeckis, 1988). Proprio per via di quello squallido film (da me ribattezzato Chi ha castrato Roger Rabbit?) nel 1989 ha vinto il Premio Hugo per la miglior rappresentazione drammatica. Fedele della Chiesa di Roma, è noto per essere amico dell'arcivescovo John J. Myers di Newark, dimessosi nel 2016 per via dell'accusa di aver permesso a preti pedofili di continuare il proprio lavoro nella diocesi di Peoria. Un'ombra non da poco, mi pare. Tutto questo fa sì che lo stesso Wolf, per proprietà transitiva, non mi sia poi particolarmente simpatico.

Recensione: 
Senza dubbio è un romanzo importante e abbastanza inusuale. A quanto mi risulta, ha avuto un'unica edizione italiana. Naturalmente potrei sbagliarmi, questo è quanto deduco da ciò che sono riuscito a reperire nel vasto Web. Anche se non manca qualche incoerenza narrativa, possiamo affermare che quest'opera di Gary Wolf descrive una delle distopie più disturbanti dello scorso secolo. Certo, alcuni lettori rilevano un'ingenuità di fondo: i giovani sono tutti descritti come bestie feroci e mostri sadici, mentre i vecchi sono tutti buoni e nobili come per incanto. Eppure i vecchi non sono una razza a sé: come già è stato spiegato al nobile Principe Siddharta Gautama, è destino di ogni giovane diventare un vecchio attraverso un naturale e ineluttabile processo di decadenza. Proprio questo pare un limite non da poco all'odio antigeriatrico. Un giovane che alimenta nei confronti degli anziani un odio simile a quello che ha causato la morte di moltissimi Israeliti nei pogrom e nei campi di sterminio, non può ignorare che giungerà il giorno in cui subirà a sua volta lo stesso odio con tutte le sue conseguenze. A rigor di logica nessuno potrebbe sottrarsi a questa terribile verità. Il punto è che spesso la logica fallisce e la realtà stessa viene percepita in modo tutt'altro che lucido, per via di qualche inganno della mente. Ai nostri giorni sono assai numerosi i millennials che sognano lo sterminio dei boomers. I giovani senza speranze per il futuro ritengono che i boomers abbiano la colpa di tutti i mali del mondo, quindi pensano che sarebbe una buona cosa ucciderli a sprangate o gassarli. Questo perché i millennials sono convinti che il problema si estinguerà con i boomers, così come Hitler sosteneva che l'antisemitismo sarebbe scomparso con la soppressione dell'ultimo ebreo. In altre parole, questi millennials non credono di finire a loro volta minacciati dai più giovani, che li vedranno come pericolosi parassiti sociali - proprio come essi ora vedono i boomers. Non è quindi possibile escludere a priori che in un futuro non troppo lontano si innescheranno feedback in grado di portare a spaventosi massacri di vecchi. Il XX secolo fu caratterizzato prima dalla lotta razziale e dalla lotta di classe, poi dalla lotta di genere, quella simpatica cosa che ha reso i rapporti tra uomo e donna come Alien contro Predator. Non è difficile fare una profezia: il XXI secolo sarà il tempo in cui esploderà in tutte le sue tragiche conseguenze la lotta tra generazioni, di cui pure si sono registrati i prodromi nelle rivolte del '68.

Origini della distopia antigeriatrica wolfiana 

A quanto ho potuto appurare, sembra che il papista Wolf abbia concepito il suo mondo, dominato dall'odio verso i vecchi, a partire dalla semplice osservazione della realtà in cui viveva da ragazzo. In pratica tutto si riduceva a capelloni contro brontosauri, ma non era difficile immaginarsi un ribaltamento sociale in cui i rivoltosi avrebbero schiacciato i loro oppressori. Come ci ricorda un personaggio del romanzo, in un'epoca non lontana era in vigore una ferrea gerontocrazia, in cui i giovani non contavano nulla e non avevano nessuno spazio. Anzi, accadeva che i vecchi, che controllavano le istituzioni, mandassero i giovani a morire in guerra. 

Cattiva gestione di un'idea geniale 

La coerenza logica dell'impianto narrativo è tutto sommato abbastanza fragile. A Chicago l'odio verso i gerryes giunge a livelli genocidari, di vero e proprio eliminazionismo. Eppure sappiamo che esistono intere aree urbane popolate da gerryes - e anche abbastanza affollate. Esistono meccanismi sociali come le visite mediche da superare e centri per l'eutanasia (i centri Euta, nella versione originale Euth), ove operano energumeni capaci di compiere spedizioni devastanti e di terminare all'istante chi non è in regola. Sono descritte in più occasioni autentiche cremazioni di massa, con infornate di decine di vecchi in una apposita camera di combustione. Eppure gli anziani si accumulano senza sosta, a un ritmo quasi impossibile da computare, come se nascessero dal Nulla o per generazione spontanea. La verosimiglianza demografica non sembra esistere. Dati i presupposti di un odio tanto feroce, resta da capire perché le autorità giovaniliste delle aree metropolitane non provvedano all'eliminazione automatica di chi ha raggiunto il limite di età. In un paesino rurale, il sindaco afferma di aver risolto il problema dei gerryes sopprimendoli all'istante, facendoli passare per il camino. Se Wolf avesse descritto una nazione che uccide in automatico gli ultracinquantenni, non avrebbe avuto più niente da narrare. Ecco spiegata la debolezza concettuale dell'opera. Il sospetto è che l'opera originale potesse anche essere migliore e che le sue imperfezioni siano almeno in parte da attribuirsi ai famigerati tagli di Urania! Non dobbiamo mai dimenticarcelo: nello scorso secolo Urania era una specie di versione moderna del letto di Procuste. Le esigenze del formato tascabile erano tiranniche, così tutto ciò che era giudicato inessenziale veniva amputato!

Una pessima traduzione

Ormai un po' d'inglese lo conosciamo tutti. Non parlo della lingua del Beowulf, che rimane per pochi eletti e che già masticavo prima che esplodessero le ultime ondate di meschine polemiche postmoderniste. La mia fede in Urania, già messa a dura prova, si trasforma in iconoclastia. Che necessità c'era, ditemi, o redattori meritevoli di damnatio memoriae, che necessità c'era di accettare la traduzione di OPA (Old People Army) con un'abominevole EDA, per giunta spiegato come Esercito Degli Anziani? Da quando in qua una miserabile preposizione ha pieno diritto di dare la propria lettera iniziale in un fottuto acronimo? L'inglese WHO (Wolrd Health Organization) è stato reso in italiano con OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), non con un fantomatico *OMDS. Se prendete una preposizione e la trasformate in una parola piena, usandola per ricavarne un'iniziale in una sigla già di per sé depracabile, siete soltanto incompetenti. Fate schifo! 

Il Genocidio Democratico 

Ne vado scrivendo da anni. Ho ripetuto la mia intuizione su Facebook e altrove nella Rete, martellando senza sosta. Gli orridi fatti che accadranno, in qualche modo sono stati preconizzati dal romanzo di Wolf, anche se la genesi dell'Olocausto a venire avrà come punto di partenza la bieca materialità di questo cosmo e delle leggi fisiche che lo governano. 

"Si stanno preparando le basi del Genocidio Democratico. Lo chiamo così perché sarà il primo ad avvenire in pieno regime di democrazia, senza cambiare di un iota le leggi delle nazioni. Macinerà milioni di anziani e di malati, che saranno terminati con un apposito kit e cremati. Le ceneri saranno gettate direttamente nell'immondizia." 
(16 aprile 2018, Facebook)

"ll Genocidio Democratico sta prendendo forma. Il crollo dei sistemi sanitari porterà all'eliminazione dei "non assistibili". Si arriverà al punto che basterà essere infelici, obesi o diabetici per essere terminati. I numeri saranno spaventosi. Ci saranno decine di milioni di morti in tutta Europa, e non c'è nulla al mondo che lo possa evitare."
(20 giugno 2015, Facebook)


"Così, sotto il sole radioso di questa Democrazia, milioni di cittadini verranno terminati e smaltiti nei forni crematori. Quando il sistema sanitario crollerà e il numero di malati di cancro crescerà a dismisura, quando ci saranno milioni di persone con problemi neurologici gravi, allora praticheranno l'eutanasia di massa. Masse di cadaveri finiranno nelle tramogge degli inceneritori di rifiuti urbani e nei forni rotanti dei cementifici. Le ceneri saranno gettate via come immondizia, perché non ci saranno risorse per fare altro. Senza che nulla cambi nell'ordinamento delle nazioni, tutto questo diverrà realtà. Sarà la forza stessa dei fatti ad agire, irriducibile a qualsiasi categoria mentale umana. La macchina dello sterminio non discriminerà nessuno: macinerà tutti senza distinzioni." 
(31 gennaio 2015, blog di Iobloggo, estinto) 

Eppure non è servito a nulla parlarne: nessuno ascolta. 

Altre recensioni e reazioni nel Web

Non sembra che quest'opera di Wolf abbia lasciato un gran segno in Italia. Ho trovato qualche recensione su Anobii.

Stanis ha scritto, con un certo scetticismo:

"Questo romanzo ha una trama talmente assurda che va ascritto alle opere surreali più che alla fantascienza. Senza considerare poi la bassa qualità della scrittura e della caratterizzazione (i personaggi, tagliati con l'accetta, sono nettamente demarcati fra buoni e cattivi - i primi eroici e virtuosi, i secondi covo di ogni vizio ed eccesso). Davvero non capisco come lo si possa considerare un'opera rilevante."

L'intervento di Pinnegialle è lungo e complesso intervento. Ne riporto alcuni passi.

"In Italia, ha fatto discutere la dichiarazione di Beppe Grillo, il guru del movimento cinque stelle, che diceva di togliere il diritto di voto agli ultrasettantenni perché - a suo dire - questi sono giunti oramai alla fine della loro esistenza e non voterebbero con la ragionevolezza di volere costruire un mondo migliore per il tempo futuro. Dichiarazioni come sempre di carattere "folkloristico" (a voler essere buoni) e che dimostrano la totale mancanza di cultura sociale da parte del personaggio, che adotta schemi di pensiero esclusivi e vuoti sul piano della analisi complessiva della società."

Per quanto io detesti vivamente Grillo, i grillini e i loro deliri, devo dire che un riferimento augusto per le controverse dichiarazioni succitate purtroppo esiste. Gli Etruschi ritenevano che superata una certa età nessuno potesse fare qualcosa di valido, così le persone anziane si dovevano astenere dal compiere sacrifici e dall'occuparsi delle cose della religione: ogni loro atto era considerato vano. Per maggiori dettagli si veda ad esempio Facchetti, 2000.

martedì 8 ottobre 2019

ETIMOLOGIA E PRONUNCIA DI ZUCKERBERG

Tutto noi conosciamo Mark Zuckerberg. Entrato di prepotenza nelle nostre vite, ne ha preso il completo controllo. Scandaglia le nostre menti in tempo reale tramite meccanismi di captazione telepatica e ha acquisito su tutti noi un potere superiore a quello esercitato da qualsiasi dittatore del passato. Molti però si pongono una domanda che potrà sembrare futile. Come si deve pronunciare il cognome Zuckerberg? Anche a costo di essere impopolare, affermo e affermerò sempre una sacrosanta verità. I cognomi ashkenaziti sono in gran parte composti formati a partire da parole della lingua tedesca, quindi appartengono ipso facto alla lingua tedesca. Mi si dirà che si tratta di adattamenti dallo yiddish. Benissimo, ricordo che lo yiddish è una lingua eminentemente germanica, per la precisione una varietà dell'alto tedesco. Reputo pertanto una aberrazione insopportabile qualsiasi pronuncia ortografica anglosassone di questi cognomi - e di ogni cognome tedesco in generale, quale che sia la sua origine. Tutti sappiamo che Frankenstein si deve pronunciare /'fɹaŋkǝnʃtaɪn/ e non /'fɹaŋkǝnsti:n/ (come se fosse scritto Fronkensteen) o addirittura /'fɹæŋkǝnstɪn/ (come se fosse scritto Frankenstin). Spero che lo abbiano imparato anche nella Terra dei Liberi, visto che l'acuto Mel Brooks ha pensato di insegnarlo a quella progenie incolta tramite il suo film Frankenstein Junior (1974). Allo stesso modo Zuckerberg è e sarà sempre da pronunciarsi /'tsʊkəɹbɛɹg/, non /'zʌkəɹbəɹg/ o simili, come invece fanno negli Stati Uniti d'America e in altre nazioni di lingua inglese. La prima sillaba del cognome ha una vocale -u- (persino la vocale /u/ italiana è un'approssimazione migliore di quella usata dagli anglosassoni!) e inizia con una consonante affricata sorda /ts/, come quella che si trova nelle parole italiane razzismo, tazza e cozza. Non ha la consonante fricativa sonora /z/, come quella che si trova nelle parole italiane rosa, cosa e casa, che in tedesco si trova anche in posizione iniziale in parole come Sonne "sole", Saft "succo", sein "essere" e Sieg "vittoria". Trovo assolutamente deprecabile e priva di senso l'abbreviazione Zuck, pronunciata /zʌk/ e oggi tanto popolare, dato che oscura completamente l'etimologia del cognome. Anche se gli Stati Uniti d'America hanno fatto una bandiera dell'ignoranza e dell'incapacità di comprendere l'etimologia dei nomi, bastano poche nozioni di tedesco per sapere cosa significa il cognome del plenipotenziario di Satana sulla Terra: Montagna di Zucchero. Non è un concetto troppo arduo. Né mi sembra impossibile memorizzare parole semplici come Zucker "zucchero" e Berg "montagna". Seguendolo, si comprende che questi cognomi sono trasparenti, ossia traducibili. Così come Zuckerberg significa "Montagna di Zucchero", possiamo tradutte all'istante moltissimi cognomi ashkenaziti: Weinstein "Pietra del Vino", Goldberg "Montagna d'Oro", Goldblum "Fiore d'Oro", Goldstaub "Polvere d'Oro", Goldstein "Pietra d'Oro", Goldschmiedt "Orafo", Rosenberg "Montagna della Rosa", Schwartzkopf "Testa Nera", etc. Perché queste ovvietà vengono bellamente ignorate?

Qualcuno mi dirà che persino lo stesso Mark Zuckerberg pronuncia in modo anglizzato il proprio cognome come /'zʌkəɹbəɹg/, favorendo tra i suoi dipendenti l'abbreviazione /zʌk/ e andando volentieri contro la fonetica stessa della lingua tedesca. La cosa è irrilevante. La natura di una lingua non cambia per l'arbitrio di uomini tirannici. Altri mi diranno che è un fatto politico: moltissimi Ashkenaziti hanno favorito l'anglizzazione della pronuncia dei loro cognomi per reazione contro il Reich. Ciò è una pura e semplice assurdità: la lingua tedesca non è un'invenzione di Adolf Hitler e della NSDAP! Una persona che deturpa il proprio cognome, quale ne sia il motivo, si fa servitrice della Menzogna. Lo stesso Mel Brooks ha fatto allusione a questa tendenza: il discendente di Victor Frankenstein pronunciava stizzosamente il proprio cognome come Frankenstin a causa di un senso di vergogna, per dissociarsi da un passato per cui provava un'invincibile ripugnanza. Riacquistato l'orgoglio dell'appartenenza ai propri Padri, ecco che lo scienziato ripudiava Frankenstin per tornare a farsi chiamare Frankenstein. Perché Mark Zuckerberg non fa lo stesso? Per una lingua non c'è maledizione peggiore dell'ortografia storica, generatrice di storture e di errori a non finire. A questo punto, alterazione per alterazione, pronuncerò il cognome Zuckerberg in un nuovo modo, inedito: Zuckerborg. La logica soggiacente è chiara. Se una persona ha un account su Facebook, significa che è stata assimilata. Ogni resistenza è futile.

mercoledì 31 luglio 2019


RAMI SECCHI

Piero Angela sostiene che il solo fine di un essere umano è la riproduzione. Egli ritiene che una persona senza progenie sia qualcosa di inutile, un ramo secco dell'Evoluzione. Quindi, seguendo simili premesse evoluzionistiche e neopositiviste, recidere un ramo secco non sarebbe affatto un male, bensì il compimento dell'opera della Natura, ovvero la rimozione di qualcosa che pesa sulla società. Da questo pensiero allo sterminio di massa tramite iniezioni letali o alle camere a gas il passo è brevissimo. Il tutto senza nessuna necessità di affermare una qualsiasi forma di razzismo, senza propugnare la selezione di una fantomatica razza eletta, senza evocare lo spettro di Adolf Hitler a ogni piè sospinto e soprattutto senza cambiare le istituzioni vigenti. Senza che la costituzione muti di un iota e mantenendo intatta l'impalcatura democratica delle nazioni, sarà possibile cancellare la vita di chiunque per ragioni a cui nessuno sembra pensare anche solo per un attimo. Il genocidio non riguarderà soltanto gli anziani e i malati cronici di ogni genere: un giorno per finire terminati potrebbe bastare essere single e non aver generato. Quello che le genti non possono capire è che la radice del genocidio prossimo venturo è sempre rimasta operante e indisturbata. Nessuno si è reso conto dell'esistenza di questo serpente, la cui radice è eminentemente darwinista.

lunedì 6 agosto 2018

AROMIA MOSCHATA E SUO USO VOLUTTUARIO

Non si smette mai di imparare. Vagando in Facebook, per puro caso sono venuto a conoscenza di qualcosa di estremamente bizzarro, in cui mi sono imbattuto nel gruppo "Insetti e altri artropodi- un fantastico mondo da scoprire". Il post che ha attratto la mia attenzione è stato pubblicato il 24 maggio 2018. Si continua a sostenere che in Occidente gli insetti generano una tale repulsione da rendere impensabile ogni loro uso per finalità quotidiane come ad esempio l'alimentazione (ma non solo). In realtà non c'è nulla di più lontano dal vero. Ancora in tempi non troppo lontani, si usava un coleottero cerambicide noto alla Scienza come Aromia moschata per conferire un grato odore al tabacco. L'insetto è splendido, simile a una pietra preziosa e davvero simpatico. 


(By Simon Eugster, created 28 June 2007 (UTC), CC BY-SA 3.0)

Riporto in questa sede il thread tal quale, comprensivo di refusi:  

Alfred Sternberg:
Le persone di una certa età ricorderanno sen'altro che questo cerambicide veniva utilizzato in passato fino agli anni '60 per aromatizzare il tabacco, sia quello per il fiuto che per il trinciato da pipa. Il modo consisteva nell'inserire nella scatola del tabacco questo insetto vivo, che sprigiona un forte aroma di fiori.
L'aromia moschata, splendido cerambicide dal colore blu/verde metallizzato, è diffuso in buona parte dell'Europa ed è facilmente rintracciabile sui salici, del quale è parassita e veniva ricercato per l'aromatizzazione del tabacco. Dopo circa una settimana il tabacco a contatto con questo insetto assumeva un certo odore difficilmente definibile, tra il muschio ed il floreale con una certa prevalenza verso la rosa.

Laura Grilli:
Ricordo quando ero bambina di questo insetto profumato ...mia madre lo chiamava Mosca americana ...Non ne ho più visti da allora

Alfred Sternberg:
E' abbastanza comune, completamente scomparso è invece il loro uso per questa finalità

Aromia moschata nei forum

Si trovano menzioni del prezioso coleottero e delle sue proprietà anche in luoghi del Web ben diversi da Facebook. Riporto alcuni interventi particolarmente significativi tratti dalle conversazioni occorse in due forum. 

1) Ritrovo Toscano della Pipa


Olòrin, riportando Ramazzotti:
"Questo insetto è un Coleottero (più precisamente un Cerambicide) dalle lunghe antenne e dall'aspetto elegante, con elitre di color verde metallico o bronzeo; misura da un centimetro e mezzo a poco più di tre centimetri, abita in modo particolare i salici ed esala un gradevole aroma, che è un mezzo fra il muschio e la rosa. Nelle campagne si usava raccogliere l'Aromia, ucciderla e riporla in mezzo ai forti tabacchi di allora, perchè coferisse loro un profumo di fiori; credo che oggi sia spento perfino il ricordo di questa pratica: mio nonno notaio mi assicurava che il risultato era buono, ma ero allora decenne e non mi fu possibile sperimentarlo; nè - più tardi - ne ebbi mai l'occasione"

Aqualong:
Mi ero riproposto di provare il metodo,poi non l'ho mai fatto,qualche anno addietro avevo anche chiesto in giro,c'era la memoria del fatto,ma non quella dell'esperienza diretta.
Comunque i vecchi fumatori interpellati che ricordavano il nonno o l'amico etc.. erano tutti concordi che la cerambice andava inserita viva nella custodia del tabacco,che spesso era un pezzo di canna vuota, grossotto, con un tappo di sughero e qualche forellino in alto per far respirare la bestia.
Quello che profumava il tabacco erano le deiezioni dell'insetto,( a Napoli direbbero cacatielle)che quindi doveva campare il più possibile per irrorare il trinciato col suo prezioso aroma. 8)

PaperoFumoso:
Va bene sperimentare ma, a fumarmi la merda del Cerambicide, non ci avevo ancora pensato :-)

Aspetto dovertente è scoprire, con grande sorpresa, che non tutta la merda puzza: si sfata un luogo comune  :o

Aqualong: 
Pensiamo alle api,nelle arnie non ci sono wc,può essere che le deiezioni delle operaie contribuiscono al flavour del miele? 8) ;D 
"non olet"
(Vespasiano)

Giala:
Amico, mai sentito parlare di pajata?
Il caffe' migliore del mondo (ed anche il più caro) lo caca uno zibetto indonesiano.

La merda fa miracoli!

PaperoFumoso:
W la merda!
Più merda per tutti! ;D :D ;D :D

2) Il Piacere del Tabacco da Fiuto


smokeless:
Ho recentemente sperimentato un metodo di aromatizzare il tabacco del quale a suo tempo mi parlò mio babbo, che mi diceva si usasse dalle nostre parti sia per il fiuto che per il trinciato da pipa sino all'avvento, nei primi anni 60, dei tabacchi da pipa aromatizzati (clan e skipper in primo luogo). Il modo consiste nell'inserire nella scatolina del tabacco un coleottero vivo, del genere cerambicidi, che sprigiona un forte aroma di fiori.
Grazie all'aiuto di mio fratello, di professione biologo ed entomologo per passione, ho identificato questo coleottero nella bellissima aromia moschata, di uno splendido colore blu/verde metallizzato, diffuso in buona parte dell'Europa, facilmente rintracciabile sui salici, del quale è parassita. Mio fratello me ne ha anche procurato un esemplare che, benchè morto già da qualche settimana, continuava a emanare un intenso profumo.
Ho pensato quindi di inserirlo in un barattolo a tenuta contenente del SC blu, tabacco assolutamente neutro, e che credo più somigli ai vecchi tabacchi utilizzati un tempo, e lasciarlo riposare per una settimana.
Dopo questo tempo effettivamente il tabacco ha preso un certo odore difficilmente definibile, floreale con una certa prevalenza verso la rosa, comunque diverso dalle profumazioni da me conosciute; forse il più vicino potrebbe essere l'aroma di qualche wilson o SG (forse il Princess Gold), ma meno saponoso e più incerto. L'aroma è comunque più spiccato all'apertura del contenitore che nel naso, dove risulta poco persistente, non aiutato certo dal SC blu, anch'esso di breve durata.
Rimangono poi dei fastidiosi effetti collaterali: il coleottero si è in parte sbriciolato, si sono polverizzate le lunghe antenne e le zampette, e, benchè l'insetto sia veramente bello, fa un po' schifo nasarne parti insieme al tabacco.
In conclusione si è trattato di un esperimento interessante, che vorrei riprovare con un insetto più fresco (mio fratello passa i fine settimana a caccia di coleotteri per la sua collezione), anche se è chiaro che, con l'avvento della diffusione dei tabacchi aromatizzati, si sia estinta questa abitudine, del resto abbastanza ripugnante e sanguinaria per noi cittadini non più abituati al contatto quotidiano con la campagna.
C'è da aggiungere che, dopo una breve ricerca su internet, ho rilevato che questa usanza non era esclusiva della mia isola, ma anzi diffusa in tutta europa, almeno nelle zone in cui questo insetto è comune.
Mi spiace, non riesco ancora bene a caricare immagini, ma una foto dell'aromia è facilmente ricavabile da una ricerca su internet

bering:
Bellissima descrizione smokeless, anch'io ha letto Ramazzotti e mi ricordo dell'aromatizzazione "all'insetto". Se non ricordo male , e quindi potrei sbagliarmi, l'insetto veniva messo vivo nella tabacchiera e credo che gli escrementi aromatizzassero il tabacco. Non vorrei "!sparare una bischerata" come si dice in toscana, ma cosi ricordo, magari andrò a ricercare il libro.

smokeless:
Si, Bering, ti cofermo che anche a me è stato detto che l'insetto veniva messo vivo nella scatola, ma più che dagli escrementi l'odore dovrebbe essere emanato da ghiandole che secernono feromoni utili ad attirare soggetti della stessa specie, almeno così mi è stato riferito.
So che è un paradosso, ma mi sentirei spietato nel richiudere un insetto vivo (e particolarmente carino) nella scatoletta del tabacco, ma non ho avuto nessun senso di colpa quando, in quei giorni, mi sono immerso nel gelido mare di dicembre per poi divorarmi, vivi, una cinquantina di ricci di mare (bè, in realta si mangiano solo le uova).

Axel#6: 
Anche a me risulta che la "mosca del tabacco" (così la chiamava mio nonno, andava messa viva nella tabacchiera. Così mi ha raccontato mio nonno e così ho già raccontato in questo forum da un'altra parte. Davanti alle mie rimostranze di bambino già sensibile alle problematiche animaliste, il nonno aggiungeva poi che non si trattava di una barbarie, anzi: la nicotina inebriava l'insetto al punto che non ne voleva più sapere di uscire dalla scatola magica della polvere neppure quando questa veniva aperta. E così trascorreva beatamente la sua esistenza immersa nella nicotina fino a concludere i suoi giorni tranquilla al riparo di una tabacchiera, morendo di "morte naturale", cosa strana per un insetto che invece di solito muore "spetasciato" o ingoiato da qualcuno o qualcosa... pensate un po': non è forse la fine che anche noi "tabacconi" ci auspicheremmo???!!

bering:
Anch'io caro smokeless avrei remore a mettere un insetto vivo nella tabacchiera, e son contento che l'animo di uomini fiutatori di tabacco (pensa rudi e forti :huh: ) sia invece cosi sensibile anche nei confronti di un insetto. Sarebbe un altro mondo se tutti fossimo "fiutatori di tabacco".
Lo so ragazzi siam tutti dei romantici, gente d'altri tempi 

Logiche conclusioni

Il tempo macina ogni cosa, stritola e divora interi mondi. Il passato è la misura della perdita delle informazioni: più qualcosa si allontana dalla misteriosa entità che chiamiamo "presente" - la sola in cui è definita la nostra esistenza - più perde i propri contorni, più si erode, come se svanisse pezzo per pezzo. Man mano che gli oggetti e le informazioni sprofondano, meno si può conoscere. Al termine di questo gorgo inghittitore c'è un buco nero concettuale che possiamo definire "filtraggio", oltre il quale non esiste più nulla che possa servirci per ricostruire ciò che è andato perduto. Possiamo conoscere il passato soltanto perché nel presente perdurano suoi fossili, sempre più fragili ed evanescenti man mano che procediamo lungo la nostra linea di esistenza. Il caso dell'Aromia moschata usata per aromatizzare il tabacco è un esempio di quanto fragile sia il tessuto di ciò che conosciamo come "realtà". Un costume un tempo diffuso è sparito dal sapere comune quasi da un giorno all'altro, senza che quasi nessuno se ne accorgesse. Le scarse testimonianze che ne rimangono sono anch'esse minacciate, rischiano di perdersi nel rumore di fondo del Web. Tutto è molto confuso e presenta anche alcune contraddizioni, almeno in apparenza. Ad esempio c'è chi sostiene che il coleottero fosse aggiunto vivo al tabacco, mentre secondo altri che fosse aggiunto morto e che venisse sbriciolato. Forse erano diffusi entrambe le preparazioni, ma ormai chi può dirlo? Alcuni chiamavano il cerambicide "mosca americana", ma si tratta di una specie euroasiatica, che non è stata certo importata dagli Stati Uniti! Come e quando a qualcuno sarà venuto in mente di mettere questo insetto nel proprio tabacco? Non possiamo dare una risposta. Ignoriamo troppe cose e Google non ci è poi di grande aiuto. Mi auguro che in futuro possano essere compiute ricerche più approfondite e fruttuose.