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sabato 8 dicembre 2018


UNA PREGHIERA IN ETRUSCO (FINTO)

Riporto un caso di falso storico oltremodo interessante. Tempo fa, durante un periodo molto oscuro della mia vita, venni a conoscenza di una versione del Padre Nostro in lingua etrusca. Il testo era riportato in un volume rilegato di giornali del ventennio fascista, che ebbi l'occasione di sfogliare nei sotterranei della biblioteca dell'orrido luogo conosciuto come Cardano al Campo. Si specificava che il testo in questione era contenuto in un volume che conservava il Padre Nostro in tutte le lingue del mondo. Trascrissi con cura la preghiera, che qui riporto: 

epnsvalanthu
ichthismc
zfumlecac
ias epesc
cvevalanthucenverz
lvemnclimiznlaneium
slelanhvun cs
ansulilehvsan
lansenvmesa
fmirethu
ra amn 

Orbene, già su quel giornale mussoliniano, che riportava la foto del confusionario linguista Alfredo Trombetti, si avanzava l'ipotesi che questo Pater etrusco non fosse affatto genuino. Secondo il compilatore dell'articolo, la preghiera sarebbe stata un falso di epoca rinascimentale. L'autore infatti era convinto che gli Etruschi parlassero un idioma imparentato con l'ebraico, come era consuetudine a quei tempi pensare di tutte le lingue note o ignote. Ecco che qualche termine emerge nella sua chiarezza: ismc = "il tuo nome", affine all'ebraico shem-kha, e così via. 

Da quanto conosciamo della lingua, non sembra proprio che la preghiera sia genuina. A distanza di anni, mi è ritornato in mente tutto ciò, così mi sono deciso a cercare traccia del testo nella Rete. Con mia grande sorpresa, l'ho trovato etichettato come Ave Maria anziché come Padre Nostro. Ecco cosa si dice in un sito in inglese: 



"As it can be seen, the word Mary does not appear in that text, what is rather “worrying”. Moreover the script in which it is written is not coherent, sometimes written left to right, sometimes right to left, and does mix symbols from different places and times. Looks like a “speaking in tongues” delirium." 

Traduco per i non anglofoni: 

"Come si può vedere, la parola Maria non appare nel testo, cosa che è piuttosto disturbante. Inoltre la scrittura in cui il testo è redatto non è coerente, talvolta scritta da sinistra a destra, talvolta da destra a sinistra, e mischia simboli di luoghi e tempi differenti. Sembra un delirio glossolalico."

Sono rimasto molto sorpreso. Così ho trovato la fonte di questo singolare fraintendimento e l'ho trovata nella wikipedia in italiano. Essa riporta chiaramente il link d'origine(*):

Ecco spiegato almeno in parte il mistero. Se uno guarda l'immagine attentamente, scopre che in alto c'è scritto a chiare lettere "The Lord's Prayer", ma i gestori del sito hanno invece etichettato il testo con "Hail Mary!"; posso immaginare che un banner pubblicitario con la scritta "Hail Mary" sia stato scambiato per il titolo della preghiera. In seguito l'errore si sarebbe propagato non poco. La foto è tratta dal Convento dei Francescani di Washington (Franciscan Monastery in Washington). Spero che le pagine web citate saranno presto corrette. 

(Il Volto Oscuro della Storia, 10/10/2009) 

(*) Il link al sito, nel frattempo finito off-line, è stato ripristinato tramite la Wayback Machine.

Il post originale ha generato un breve thread, iniziato dall'utente NancybethZ, dietro il cui pseudonimo si nasconde una nota esoterista appassionata di Cabala e forse un po' ossessionata dai Rettiliani. Ecco gli interventi:  

NancybethZ: 
Non credo sia il Padre Nostro e tantomeno l'Ave Maria. Il testo è troppo corto. Notevole la somiglianza dei caratteri alle rune Celtiche. Non trovi? Hai notato, poi, che sulla destra compare il compasso dei Massoni? E' un falso eclatante!! Magari un testo massonico, appunto. 

Antares666:
E' sicuramente il Padre Nostro, come posso dimostrare. Solo che è falso etrusco. Sono etruschi i caratteri, ma la lingua è semitica, per quanto abbia fattezze non cananee. La preghiera deve essere stata creata prima del XIX secolo. Infatti il testo non mostra caratteristiche ben note dell'etrusco, che prima del XIX secolo non erano conosciute. L'autore non conosceva nulla della grammatica della lingua, così il falso che ha creato è per l'appunto eclatante. Ad esempio non sapeva che i locativi terminano in -th, che -c è la congiunzione enclitica 'e', etc.
Mi spingerò più in là. Personalmente sono incline a ritenere che l'autore del testo sia Annio da Viterbo, domenicano e noto falsario.
Per quanto riguarda le rune, la somiglianza è dovuta al fatto che la scrittura runica deriva storicamente dalla scrittura nord-etrusca che era usata anche dai Reti e dai Camuni.
Il compasso mi sembra piuttosto un segno Alpha-Omega. 


NancybethZ:  
Ma non ti sembra corto il testo? Di semitico ci riconosco solo le finali U, che sta per noi, a noi etc.
E quel Ra, che mi ricorda OR, cioè luce, potrebbe essere il finale dell'eterno riposo, che se non sbaglio dice dona loro la luce perpetua...A me pare piu un rito magico in qualche lingua esoterica, cioè mischioni di tutte le lingue...Ti diro che il sumero, pero, potrebbe essere. RA, infatti, ci starebbe. Anzi lo quoto.
Cosi', a naso! Potrei sbagliarmi.
salutiiiiiiiiii 


Antares666: 
Pubblicherò appena possibile un'analisi completa del testo. 

Purtroppo un attacco di accidia mi ha impedito di pubblicare l'analisi che mi ero proposto. Rimedio in questa sede alla mancanza, elencando alcune etimologie che mi saltano all'occhio. 

1) epn = Padre Nostro (ebraico avinu). Evidentemente il falsario conosceva il vocabolo etrusco apa "padre", di cui ha generato una forma pronominale con tanto di Umlaut palatale a partire dalla forma ebraica, la cui radice è assonante con l'etrusco. 
2) valanthu = nei cieli. Vocabolo plasmato a partire dalla glossa falado (var. falando) "cielo", che sta per *falathu. La consonante v- iniziale è il modo usato dal falsario per esprimere il locativo, simile all'ebraico b-. Sembra ovvio che si dia per scontata una pronuncia fricativa dell'etrusco v.
3) ichthismc = sia santificato il tuo nome. La forma verbale ichth- è stata ricavata per estrema contrazione dall'ebraico yitqadesh "sia santificato" (stessa radice di qadosh "santo"). Evidentemente la sillaba finale è stata fusa con quella iniziale di ismc "il tuo nome" in un'aplologia, per evitare *ichthis-ism-c
4) zfu "venga" (ebraico tavo). Si noti la consonante affricata z- dove l'ebraico ha un'occlusiva t-
5) mlecac "il tuo Regno". Corradicale dell'ebraico melekh "re", malkuth "regno", col possessivo di II pers. sing. -c già visto in ismc "il tuo nome" (ebraico -kha). 

6) ias "sia fatta" (ebraico ye'aseh): si noti l'estrema contrazione. Al posto dell'ebraico retsonkha "la tua volontà" troviamo epesc (ebraico khefets "desiderio"), sempre col pronome -c già visto in  ichthismc.
7) cvenvalanthu "come in cielo". Vedi al punto 2) per valanthu.
8) cenverz "così in terra". La forma v-erz "in terra" (ebraico erets "terra", ha'arets "la terra") è plasmata con lo stesso prefisso v- (ebraico b-, es. ba'arets "nella terra"). Si noti la somiglianza formale della sequenza cvenvalanthu cenverz con l'ebraico kevashamayim ken ba'arets.
9) lvemn "il nostro pane" (ebraico lekhme-nu). 
10) iznlaneium "da' a noi oggi". Per spiegare questa singolare sequenza verbale basteranno le forme ebraiche ten "dai", lanu "a noi" e ha-yom "il giorno; oggi". Si noti la regolarità della fonetica: izn "dai" ha una affricata z come zfu "venga", corrispondente all'occlusiva t in ebraico. Per la vocale protetica, vedi ismc "il tuo nome". 
11) Anche se non del tutto chiara, la sequenza slelanhvun cs ansulilehvsan lansenvmesa corrisponde all'ebraico u-selakh lanu et-ashmateinu ka'asher solkhim anakhnu la'asher ashmu lanu. Si identificano elementi comuni, come lo pseudoetrusco lan "a noi", identico all'ebraico lanu, e soprattutto sle- "perdona" (ebraico selakh), con la forma plurale an-suli- "perdoniamo" (cfr. ebraico solkhim).  Il pronome ebraico anakhnu si ritrova come un semplice prefisso an-.
12) La parola ra, che tanto ha colpito la febbrile immaginazione di NancybethZ, non ha nulla a che fare col fantasumerico o con l'errata quanto popolare pronuncia del dio del sole egiziano: è semplicemente l'ebraico raʻ "cattivo; il male".  

Come si vede, non si tratta affatto di una conlang glossolalica, bensì di una creazione ben consapevole.

sabato 23 giugno 2018

IL TRAMONTO DELL'INGLESE COME LINGUA INTERNAZIONALE

Le genti vivono immerse in una spessa coltre di illusioni. Il mito della caverna narrato da Platone spiega la miserabile esistenza degli umani, che scambiano vane ombre proiettate da sagome per la realtà delle cose. Così credono che la lingua inglese sia al suo apogeo e irradi la luce del massimo splendore sul globo terracqueo, imponendosi dovunque, lingua franca dell'intero genere umano, destinata a soppiantare ogni altro idioma. Il sistema scolastico ha molto contribuito, unitamente ai media, a forgiare questa narrazione fallace. In fondo le semplici menti degli esseri umani sono ben comprensibili. Innanzitutto credono che l'insegnamento di una lingua debba per forza di cose corrispondere alla concreta esistenza di questa lingua come fenomeno assoluto, univocamente determinato e conoscibile, che non può dare adito a incomprensioni e ad ambiguità di sorta. Milioni di persone apprendono dalla maestrina qualcosa che chiamano "inglese", così tutti sono convinti che ad ogni singola parola scritta debba corrispondere una pronuncia universalmente riconoscibile senza difficoltà alcuna. Non può esistere inganno peggiore di questo!  

La perdita di unità della lingua inglese   

Immaginate un convegno sul destino del pianeta Terra, tenutosi nella città di Belloveso. Un climatologo americano di fama internazionale esponeva la sua relazione dopo quella di una ricercatrice del Politecnico. La donna parlava in uno pseudoinglese legnoso, caratterizzato da una rotica trillata al punto da sembrare un ringhio emesso facendo vibrare l'ugola. Nelle sue intenzioni, WI ARRA doveva significare "noi siamo". Il professore venuto dagli States, un ometto paffuto e grottesco, scandiva i suoi discorsi in una lingua tanto distante da quella dell'italiana da sembrare un vulcaniano o un klingoniano. Egli non usava rotiche trillate. Nessuna rotica finale di sillaba era da lui pronunciata. In altri contesti realizzava costantemente le rotiche come approssimanti labiali, ossia come /w/. Non solo, egli pronunciava allo stesso modo la consonante /l/ come /w/ in diverse posizioni, ad esempio quando preceduta da un'occlusiva. Così la parola climate "clima", che nell'inglese della Regina suona /'klaɪmɪt/, era da lui pronunciata QUAMA /'kwama/ o QUAME /'kwame/. La locuzione climate change era pronunciata addirittura in forma ridotta che noi trascriveremmo nell'ortografia italiana come QUAN C'È /kwan'tʃɛ/, con una /ɛ/ tonica nettissima e senza traccia di consonanti finali. Allora mi chiedo, una volta di più: "Può una persona che dice WI ARRA intendersi con una persona che dice QUAN C'È anziché /'klaɪmɪt 'tʃeɪndʒ/?" Santo Dio, no! Diabole Domine! Schweinegott Hundegott! No! Non è possibile. Troppa è la distanza tra i rispettivi sistemi fonemici. Quindi la relatrice del Politecnico e il professore americano non si comprendevano affatto. La prima usava una varietà semiortografica di pseudoinglese, di chiara origine scolastica. Il secondo agiva ispirandosi a un pensiero molto comune nel mondo anglosassone: "La mia lingua la parlo come voglio, sono gli altri che devono impararla, non sono io a dovermi abbassare al loro livello." A maggior ragione, gli studenti presenti nell'aula, un branco di stoltissimi Millennial adusi a ogni genere di droga e alle gangbang spermatiche, di certo non comprendevano nemmeno l'eco di una sillaba. L'accaduto è rappresentativo di ogni incontro tra persone di diverse nazionalità. Ognuno usa il proprio pseudoinglese, fingendo di capire l'altro. Se ho imparato a comprendere diversi tipi di pseudoinglese usati da studiosi anglosassoni, non lo devo certo alla scuola: è stata soltanto una lunga e paziente pratica ad insegnarmi. Se anche un giorno dovessi tenere in pubblico un discorso in inglese, userei di certo l'inglese della Regina, che in America si studia a scuola come una lingua morta. Tanto ci sarebbe la certezza che nessuno mi capirebbe e che le parole di qualsiasi interlocutore in fondo sono prive di qualsiasi importanza. "Il convegno è finito, andiamo su Youporn", questo pensa il branco degli studenti quando l'ultimo relatore ha esposto la sua presentazione. 

Una lingua incapace di unire

Se una lingua si frammenta in una miriade di varietà mutuamente inintelligibili o quasi, come può assolvere la funzione di lingua globale? La risposta è una sola: non può. Manca un'autorità centrale in grado di normare i fonemi e persino gli allofoni, di imporre una varietà prestigiosa che possa essere davvero comune a tutti. Lo stesso inglese della Regina ha un sistema fonetico di una grande complessità, le sue parole sono brevi e sfuggenti. Non è però un idioma condiviso, da milioni di persone è visto come preistoria, come se fosse una lingua morta del Neolitico. Comunque la si metta, non esiste una sola varietà di inglese che possa imporsi sulle altre. Non solo: non esiste una sola varietà di inglese che sia semplice. I problemi non si risolvono, si moltiplicano. Se una lingua ha fonemi che la maggior parte della popolazione non anglosassone sparsa per il globo terracqueo reputa ostici e fatica molto a distinguere, come può assolvere la funzione di lingua globale? Ancora una volta la risposta è una sola: non può.

Fraintendimenti

Posso trarre dalla mia memoria un gran numero di aneddoti in grado di illustrare ai lettori quanto sostengo. Ne riporto alcuni in questa sede. Un attempato giapponese faceva la fila all'autostazione e balbettava richieste di informazioni. La ragazza che distribuiva i biglietti lo ha indirizzato verso un pullman rosso, chiamandolo red bus. Peccato che il nipponico abbia capito bread bus, ossia "pullman del pane" o "pullman (fatto) di pane". Nonostante tutti i tentativi di spiegarsi, l'uomo insisteva, così la ragazza ha afferrato un oggetto di plastica rossa che aveva a portata di mano, scandendo con pazienza di Giobbe: "RED". A questo punto è stata compresa. Non mi è chiaro cosa possa aver ingenerato l'equivoco. Forse la rotica un po' uvulare della ragazza è stata analizzata come un nesso /br/. Se la lingua globale fosse lo spagnolo, termini come colorado o rojo non potrebbero essere fraintesi da nessuno: il loro suono sarebbe chiaro dall'Africa equatoriale alla Cina, anche tra genti che hanno rotiche diverse. Non sarebbe meglio per tutti? L'accaduto mi ha scosso: ancora adesso faccio fatica a capire come un giapponese possa trovare più logico pensare a un pullman che trasporta pane o a un pullman fatto di pane piuttosto che a un banalissimo pullman rosso. Anni fa il fraterno amico P. mi raccontò un singolare episodio che risaliva ai tempi in cui andava in vacanza negli States. Siccome tali vacanze comportavano l'obbligo di frequentazione scolastica, era facile incontrare in classe persone di mezzo mondo. Così P. era rimasto colpito da un giapponese che non riusciva ad articolare le parole più semplici, perché tentava disperatamente di ridurle ai suoni della propria lingua. Il ragazzo dell'Arcipelago aveva destato esilarazione pronunciando her house "la sua casa (di lei)" come whore house "bordello, postribolo". Non potendo pronunciare la vocale rotica di her /hə:ɹ/, la realizzava come una /ɔ:/ aperta e nettissima, collocando sulla sillaba un forte accento. Così se ne usciva con un /'hɔ:'haʊsu/ che per l'orecchio di un nativo era la casa delle puttane. Anche se house da quelle parti suonava /hɛɔs/ e non /haʊs/ come insegnato dai manuali, questa differenza non creava davvero problemi. La pietra dello scandalo era una sillaba che da pronome si trasformava in una fallofora. Sempre durante la stessa vacanza, l'insegnante, una giovane donna, rivolse una strana domanda alla scolaresca. Chiese a ciascuno cosa facesse venire in mente il termine Puritans. Quando fu il suo turno, un indostano scattò sull'attenti, esclamando: "PISS AND MORALITY!" L'insegnante rimase raggelata. Naturalmente il giovane hindu non intendeva dire che i Puritani si riunivano per fare sessioni di pissing. La parola da lui pronunciata /pɪs/ con una /ɪ/ breve e aperta, doveva invece essere /pi:s/ con una /i:/ lunga e chiusa, ossia peace "pace"

La piaga delle pronunce ortografiche

Molte forme di pseudoinglese italico sono caratterizzate da veri e propri fonemi intrusivi. Il fenomeno, di per sé disdicevole e ripugnante, nasce dal fatto che gli studenti apprendono la lingua scritta a scuola, pensando che la lingua parlata sia soltanto il risultato dell'applicazione di regoline, regolette, regolucce e regolacce. Questo risultato, chiamato "pronuncia", è visto come qualcosa di secondario rispetto alla lettera. Non è altro che l'output di un software mentale che macina lettere. L'idea che la lingua parlata sia venuta prima di quella scritta è lontanissima dalle menti di questi decerebrati, che si sottomettono ai dogmi delle maestrine. Peggio ancora, essi professano queste storture in modo fideistico. Complice l'ignoranza belluina del corpo docente, questi branchi di alunni trovano che nulla sia più naturale dell'attribuire un suono a lettere mute, dando origine a moltissimi obbrobri. Così knee "ginocchio", che suona /ni:/, lo realizzeranno come KNI o addirittura come KINÌ. Famoso poi è il caso di iron "ferro", che suona /'aɪən/ e che è pronunciato AIRON dalle scolaresche italiche - come se fosse scritto EYE RAWN. Se la pronuncia ortografica è spinta, ecco che I know "io so" può suonare addirittura AI KANÒV o AI KANOVA, col pronome ben staccato e accentato quanto il verbo. Appurato che il suono trascritto col dittongo ea è spesso /i:/, molti pronunciano /i:/ tutte le parole con un dittongo ea, anche quelle in cui la vocale è una /e/ breve. Così lead "piombo" è da loro pronunciato come se fosse *LEED, e persino heavy "pesante" è pronunciato come se fosse *EEVY. A volte questo fenomeno colpisce anche parole senza dittongo grafico: devil "diavolo" è spesso pronunciato come se fosse *DEEVEEL o *DEEVAWL. Si può ben capire che i parlanti di un simile pseudoinglese non riconosceranno le parole native; allo stesso modo le loro aberrazioni non saranno riconosciute dai parlanti anglosassoni. I docenti mostrano verso tutto ciò un'incredibile tolleranza. Alcuni di loro sono convinti che lo schifo appena esposto sia "inglese" a tutti gli effetti, tanto sono asini. Altri invece sono consapevoli degli errori degli alunni, ma non hanno determinazione sufficiente per correggerli, anche perché plasmare i giovani stolti a suon di sganassoni è diventato illegale.

Il mito dell'accento

Cosa accade quando uno studente si reca in Inghilterra o in America e constata l'assoluta incomunicabilità? Semplice: dà la colpa a un mostro fantomatico che chiama "accento". La situazione classica è quella del giovane che sbandiera titoli, esami e quant'altro, ma dice di avere un "accento italianissimo" e di trovare difficile l'inglese parlato. In realtà l'accento qui non c'entra proprio nulla, dato che siamo di fronte a un problema di riconoscimento dei fonemi. Se in un dialetto del Regno Unito abbiamo una vocale /ɔ/ aperta nella parola stop, mentre in un dialetto americano abbiamo /a:/ e la pronuncia è /sta:p/, l'intonazione delle frasi non è nemmeno chiamata in causa, dal momento che la difficoltà è che nelle due parlate alcune parole sono realizzate usando due fonemi tra loro dissimili. Se io conosco la pronuncia /stɔp/ e mi trovo ad ascoltare un parlante che usa /sta:p/, può mancarmi la possibilità di identificare la parola nei suoi discorsi. Me la immaginerei addirittura scritta *STARP e non ne capirei la natura. C'è tuttavia di peggio. Su Quora in inglese, l'utente brasiliano Ygor Coelho ha scritto quanto segue (la traduzione è mia): «Non solo l'inglese è parlato molto velocemente dalla maggior parte dei parlanti, ma è anche una lingua con un uso molto intenso del sanddhi (connessioni di suoni tra le parole), che spesso cambia o porta via qualcosa dalla sillaba immediatamente precedente. Il risultato è che l'inglese parlato, della strada, è spesso estremamente difficile da distinguere parola per parola. Diventa tutto un unico, molto lungo borbottio, molte sillabe connesse l'una all'altra, e tui spesso non hai abbastanza tempo per pensare "vediamo, questa parola finisce qui, quest'altra inizia là", in modo tale da decodificare le frasi. Oltre a questo, le variazioni dialettali, specialmente nella pronuncia delle vocali, possono essere molto vaste in inglese, accrescendo ulteriormente la difficoltà di decodificare parola per parola una lunga sequenza di parole.» 

L'ascesa dello spagnolo

L'utente Alfonso Garcia, sempre su Quora, ricorda che lo spagnolo è usato dal 15% dei cittadini dell'Unione Europea, per un totale di circa 75 milioni di persone. Inoltre cita altri dati molto interessanti: 

1) Lo spagnolo è parlato da 55 milioni di persone negli USA; 
2) Lo spagnolo è obbligatorio in alcune scuole cinesi. Il Governo studia di renderlo obbligatorio in tutte le scuole. Lo stesso accade nelle Filippine; 
3) Lo spagnolo è la lingua straniera più importante nel futuro del Regno Unito, come sostenuto da un nuovo studio del British Council;
4) La popolarità dello spagnolo sta crescendo in Africa. È parlato da circa 10 milioni di persone in tale continente (Marocco, Sahara, Isole Canarie, Guinea Equatoriale, etc.);
5) Lo spagnolo è la seconda lingua in Antartide, dopo l'inglese. Ci sono stazioni di ricerca di Argentina, Cile, Spagna, Perù, Uruguay, etc.
6) È parlato da circa mezzo milione di persone in Oceania (minoranze in Australia, Nuova Zelanda, Isola di Pasqua, Hawaii, Guam, etc.);
7) È parlato da 575 milioni di persone in tutto il mondo. Inoltre, il portogese è parlato da 250 milioni di persone, e l'italiano da 75 milioni di persone. Così tu puoi capire, con diversi gradi di comprensione, circa 900 milioni di persone; 
8) In Duolingo, lo spagnolo è studiato da 145 milioni di persone. Molto più del francese, del tedesco o del cinese;
9) Infine è la seconda lingua più usata su Facebook e su Twitter. 

Che dire? Se davvero la Cina dovesse rendere obbligatorio lo studio dello spagnolo in tutte le sue scuole, l'ispanofonia diverrebbe una marea inarrestabile, un vero e proprio tsunami. Anche perché i cinesi le lingue le imparano davvero.

giovedì 10 agosto 2017

QUANDO LA FONETICA PUO' UCCIDERE

Mi è tornato alla mente un episodio assai singolare, occorso molti anni fa. Alla televisione, all’epoca ancora la guardavo di tanto in tanto, scanalando ho visto un presentatore che presentava un concerto benefico, se così si può dire. Non ricordo il suo nome. A un certo punto ecco arrivare un gigantesco mandingo che doveva esibirsi nel suo numero. Il presentatore ha cercato di socializzare e se ne è uscito a dire "stop the war", pronunciando "stop" con una /o/ tanto chiusa da sembrare quasi "stup". L'energumeno colossale, a cui mancava soltanto il machete, ha subito dato in escandescenze. Il conduttore non capiva e insisteva con il suo "stup de worre". Quando finalmente il gigante di ebano ha afferrato il senso di quelle parole, ha emesso un verso inarticolato di assoluto disprezzo, tra un rantolo e una crisi di vomito, quindi ha eruttato il suo "stop the war" con "stop" pronunciato "staap". Soltanto i musicisti che hanno preso a suonare lo hanno convinto a iniziare a strimpellare la chitarra e a lasciar perdere l’alterco. Un esempio di incomprensione dovuta alla cessata unità della lingua inglese, che per poco non riusciva fatale al presentatore.

martedì 27 giugno 2017


I ROBOT DELETERI DI SHAVER:
UNA TRUFFA FANTASCIENTIFICA

Molti ricordano ancora la Guerra dei Mondi di Orson Welles, la famosa truffa radiofonica che fece passare per verità un'invasione marziana sul territorio degli Stati Uniti d'America. Esiste però un evento altrettanto notevole, che però pochi conoscono in Europa nonostante la risonanza che ebbe all'epoca: il cosiddetto Mistero Shaver.

Richard Sharpe Shaver nacque a Berwick, Pennsylvania, nel 1907. Si sa molto poco degli anni giovanili della sua vita. Egli affermò in seguito di aver lavorato in una fabbrica, e che proprio in quell'ambiente cominciarono a manifestarsi strani fenomeni. Un giorno cominciò ad accorgersi che un saldatore che usava sul lavoro, a causa di una disfunzione dei suoi componenti, gli permetteva di captare i pensieri dei suoi colleghi. A questo fenomeno telepatico si sarebbero aggiunte visioni ben più stravaganti e terribili. In una di queste egli avrebbe vissuto una sessione di tortura ad opera di esseri diabolici che abitavano in spelonche di un mondo che si trovava nelle viscere della Terra. A seguito di questo trauma, egli si licenziò e condusse per qualche anno vita da vagabondo. Anche se sembra che rimase internato per qualche tempo in una clinica psichiatrica verso il 1934, le sue tracce sono confuse fino al 1943, quando egli fece la sua ricomparsa in uno stato di esaltazione. Scrisse una prima lettera al direttore di Amazing Stories, una famosissima rivista di fantascienza. Affermava di aver scoperto un'antica lingua chiamata Mantong, che sarebbe stata la prima lingua parlata dall'umanità, quella dalla quale ogni altra derivò in seguito. Sono state fatte molte ricostruzioni della lingua del cosiddetto Proto-Mondo. I Cabalisti e lo stesso Dante Alighieri pensavano che quella lingua fosse l'Ebraico, ipotesi che non regge all'analisi delle moderme conoscenze, ma perlomeno si tratta di un'idea a cui non mancano tradizione e cultura. Altri studiosi hanno analizzato migliaia di lingue arrivando a ricostruzioni la cui sonorità è simile a quella del Bantu. La conoscenza del Mantong implicava una corrispondenza semplice tra suoni e significati occulti, applicabile a tutte le parole di tutte le lingue del passato e del presente: chi l'avesse conosciuta, avrebbe avuto accesso al codice definitivo per comprendere la vera natura di ogni cosa. In buona sostanza, le chiavi fondamentali sono in questa lista:

A - Animale
B - Essere
C - Vedere
D - Energia dannosa (generata dal sole)
E - Energia
F - Fecondo
G - Generare
H - Umano
I - Io
J - Generare
K - Cinetico (in moto, energia)
L - Vita
M - Uomo
N - Bambino
O - Orifizio, sorgente
P - Potere
Q - Ricerca
R - Orrore (una grande quantità di D)
S - Sole (emette D)
T - Forza benefica (l'opposto di D)
U - Tu
V - Vitale (magnetismo animale)
W - Volontà
X - Conflitto (D e T in contrasto)
Y - Perché
Z - Zero (T e D che si annullano)

Il direttore di Amazing Stories, Ray Palmer, chiese a Shaver dove avesse appreso il Mantong, e questi gli rispose con una seconda lettera molto ponderosa, composta da ben 10.000 parole. Palmer fu molto colpito, e si divertì ad applicare l'interpretazione Mantong di diverse parole. Si convinse così che il visionario dicesse la verità. Secondo la narrazione contenuta nella voluminosa lettera, i parlanti Mantong avrebbero abitato in Lemuria e si sarebbero chiamati TEROS. In seguito a un cataclisma solare di immane portata, questi Lemuriani avrebbero abbandonato la Terra su navi spaziali, lasciando gli antenati della presente umanità e alcune creature sotterranee. Questi esseri, chiamati ABANDONDEROS, termine per comodità abbreviato in DEROS, avrebbero continuato ad abitare un continente sotterraneo costituito da un vasto sistema di caverne. Orbene, se Palmer trovò da sé la chiave per comprendere molte parole, era perché il Mantong non è altro che... Inglese! La parola ABANDONDEROS altro non è se non un'abbreviazione di ABANDONED DETRIMENTAL ROBOTS, ossia "Robot Nocivi Abbandonati". Lo stesso termine Mantong, che dovrebbe riuscire sospetto a chiunque abbia anche una minima infarinatura di lessico anglosassone, altro non è che MANKIND'S TONGUE, ossia Lingua dell'Umanità. Eppure nessuno se ne accorse. Per tutti era assolutamente naturale che i Lemuriani parlassero una lingua fatta di parole inglesi abbreviate, in cui la struttura pronominale di base è costituita da I "io", U "tu", Y "perché" (pronunciato "why"), etc.


Gli ABANDONDEROS non sarebbero stati robot costruiti dai loro antichi signori, ma esseri in origine umani diventati chissà come marchingegni meccanici a causa della loro malvagità e decadenza. Questo infatti afferma la dottrina di Shaver, che le membra biologiche di un essere rivolto al Male sono destinate a trasformarsi automaticamente in metallo e circuiti a causa del prevalere dei raggi solari nocivi. Al giorno d'oggi, qualsiasi persona sana di mente cestinerebbe simili bizzarrie senza pensarci troppo. Palmer però era troppo avido per lasciarsi sfuggire una simile occasione, così diede inizio a una serie di pubblicazioni di questo materiale su Amazing Stories. Il primo episodio comparve sul numero di marzo del 1945 con il titolo "I REMEMBER LEMURIA" (Io ricordo Lemuria), e fu seguito da altri, tra cui "THE RETURN OF SATHANAS" (Il Ritorno di Sathanas). Le descrizioni degli ABANDONDEROS erano dense di particolari raccapriccianti ed esplicitamtente pornografici. A quanto fu scritto, questi automi diabolici non si limitavano a vagare nella Terra Cava. Essi spiavano invece attivamente i terrestri, intrudendosi nelle loro vite ed effettuando non pochi rapimenti a scopo di stupro, di tortura e di macellazione. Le loro prede preferite erano guardacaso di sesso femminile: queste affascinanti vittime venivano condotte negli antri oscuri del sottosuolo, penetrate in tutti i modi possibili dai giganteschi organi copulatori degli aguzzini robotici e infine ridotte a cibo. Ogni evento che funestava la vita della Nazione fu attribuito agli automi sotterranei. Tramite un potere chiamato TELAUG, ossia TELEPATHIC AUGMENTATION, gli ABANDONDEROS erano in grado di controllare le vite di milioni di persone piegandole al loro volere, mentre il SEX-SLIM era descritto come una specie di raggio elettromagnetico a cui veniva attribuita la capacità di porre la gente in uno stato di perenne eccitazione sessuale e di violenza. Le vendite della rivista schizzarono alle stelle. Fu un successo mai visto a memoria d'uomo. Le rivelazioni di Shaver non venivano però considerate come un semplice racconto di science fiction. Venivano intese alla lettera. Presto si moltiplicarono gli episodi di donne che avevano attacchi di panico perché temevano di essere possedute carnalmente dagli ABANDONDEROS. Si scatenò il panico. I livelli furono tali che ne nacquero vere e proprie epidemie di schizofrenia. Ogni recesso domestico poteva celare un diverticolo attraverso cui gli automi malefici potevano introdursi nottetempo. La redazione di Amazing Stories arrivò a ricevere 50.000 lettere al mese, tutte da persone che affermavano con estrema pervicacia di aver avuto contatti con i robot deleteri. In molte città furono fondati degli "Shaver Mystery Club", e l'argomento guadagnò persino spazio anche nei media mainstream, inclusa una menzione su Life.

Tutta questa diffusione del Mistero Shaver non poteva però durare indefinitamente senza che qualcuno si opponesse. Molti fan della genuina fantascienza protestarono contro tali basse speculazioni, e si cominciò a parlare dell'Imbroglio Shaver. Per il visionario della Pennsylvania iniziò così una parabola discendente. Non appena le vendite di Amazing Stories cominciarono a dare segnali inequivocabili di flessione, lo stesso Palmer finì con il dissociarsi, ritornando a pubblicare racconti fantastici. Correva l'anno 1948. Echi dell'accaduto perdurarono in ogni caso ancora per lungo tempo. Sul finire degli anni '50 c'erano ancora Shaver Mystery Club attivi, e in alcuni programmi radiofonici i deliranti contenuti sugli ABANDONDEROS erano ancora menzionati. Palmer sostenne sempre l'autenticità delle narrazioni di Shaver, pur proponendole a un pubblico ristretto sul periodico The Hidden World. Quando nel 1971 fu diffusa la notizia che Shaver era stato rinchiuso in una clinica psichiatrica, Palmer arrivò ad affermare che le sue esperienze erano in ogni caso valide: se egli non visitò fisicamente la Terra Cava, poté tuttavia esplorarla per mezzo della proiezione astrale mentre il suo corpo giaceva nella camicia di forza in una cella dalle pareti imbottite. Richard Shaver negli anni '70 viveva nell'oscurità, perdendo tutto il suo tempo alla ricerca di fantomatici Libri Pietrificati, ossia scritti fossili redatti in lingua Mantong dagli antichi Lemuriani e Atlantidei. Questi reperti avrebbero subito una completa mineralizzazione e sarebbe stato possibile reperirli negli strati geologici delle montagne d'America. In seguito a rivelazioni telepatiche, il visionario era convinto di poterne trovare alcuni che spiegavano in dettaglio come costruire armi laser non diverse dalle spade di luce di Guerre Stellari. Per molti anni cercò di convincere invano diverse case editrici a pubblicare testi che riportavano fotografie dei reperti da lui trovati. Morì nel 1975.

Shaver era indubbiamente una persona disturbata, in un'epoca in cui la schizofrenia non era ben compresa. Un gran numero di suggestioni fantastiche concorsero in lui a formare per paradosso una mitologia che parve plausibile a molti, perché alimentava il fuoco del panico. Tra gli elementi più notevoli c'è la leggenda della Terra Cava, unita al terrore della degenerazione genetica. Nella descrizione dell'insaziabile brama sessuale degli automi si possono cogliere persino accenni di pornografia streicheriana. Per certi versi, si può persino leggere la narrazione del visionario pennsylvano come una metafora sul potere manipolatorio dei media, già allora notevole. In buona sostanza si tratta di fantascienza fatta passare per realtà dalle macchinazioni di un editore con pochi scrupoli. Quello che più dovrebbe sorprendere è invece la rapidità e la vastità del contagio psicotico che si è originato da queste letture solo per il fatto di essere state descritte come realtà. Persino gli oppositori, i membri dei club anti-Shaver, non hanno fatto altro che deridere l'intera storia della Lemuria sotterranea, senza addurre alcuna argomentazione per confutare la realtà del Mantong - cosa che sarebbe stata più logica.

Penso sia poi il caso di riportare menzione della mostra organizzata da "The Pasadena City College Art Gallery" dedicata ai lavori di Stanislav Szukalski (1893-1987) e di Richard S. Shaver, intitolata "Mantong e Protong". Si è svolta a Pasadena dal 9 ottobre al 14 novembre 2009 e le è stato dedicato anche un gruppo in Facebook, ormai inattivo. La mostra comprendeva disegni, dipinti, sculture, dipinti, pubblicazioni rare e interviste registrate. Esistono diversi blog e siti dedicati all'argomento.

lunedì 29 maggio 2017

MESSAGE IN A BOTTLE

In una famosa canzone dei The Police, Sting cantava il ritornello "message in a bottle". Un giorno Matteo O. mi disse che la cosa era stata all'origine di un equivoco. Egli sentiva quella stringa come "messigginnebbaro" e la sua prima impressione era che Sting si fosse messo a cantare in napoletano. Così aveva avuto occasione di intavolare il discorso in qualche sua compagnia di snob, sentendosi rispondere che questo bislacco "messigginnebbaro" non è affatto napoletano, è inglese purissimo - trattandosi di un messaggio in una bottiglia. Anch'io sentivo "messigginnebbaro", proprio come Matteo O., e nulla avrebbe potuto convincermi che Sting cantasse qualcosa di diverso. A distanza di anni, riascoltando la canzone, con grande sorpresa mi accorgo che la trascrizione non sembra più essere "messigginnebbaro". Direi che suona più come "messigginnebbato", quasi "messigginebbacio", con una dentale retroflessa /ţ/ che vira verso /tʃ/. Della rotica che sentivo da giovane non trovo più alcuna traccia. Quali che fossero i fonemi che il cervello di Sting ha comandato ai suoi apparati fonatori, a differenza di Matteo O. avevo subito ritenuto quelle sillabe prive di qualsiasi connessione con l'idioma partenopeo. Il punto è che la pronuncia insegnata nelle scuole non rende conto della rapida evoluzione fonetica dei dialetti neoinglesi. Il quadro cristallizzato dell'inglese scolastico, una pseudolingua a tutti gli effetti, si allontana sempre più dalla lingua parlata. 

Ricordo ancora le diatribe accesissime a scuola: quando ero al liceo alcuni alunni insorsero contro la professoressa di inglese, sostenendo la necessità di pronunciare body come "bàdi" e non come "bòdi". Allo stesso modo affermavano che bisogna pronunciare bottle come "bàtol" e non come "bòtol". Ovviamente non si poteva pretendere che le insegnanti e gli studenti andassero oltre gli squallidi adattamenti dei suoni anglosassoni alla fonetica italiana. La più ribelle era la ripetente Paola V., che era una fellatrice spermatofaga avidissima. Quella fallofora raccontava con la massima naturalezza cose della cui gravità sembrava non rendersi conto: era stata iniziata al sesso orale e alla pornografia dal padre, che la induceva anche a prostituirsi. Aveva una serie di comportamenti sconvenienti, tra cui fumare sensualmente le sigarette, torturandole con le labbra vermiglie come se fossero falli in miniatura. Ebbene, la sconcia Paola V. diede origine a un conflitto fondato su una questione di principio che a me parve incredibilmente stupida e inconcludente. Era quasi una guerra, e tutto per un "badi" e per un "bàtol". La professoressa di inglese era ferocemente ostile alla pronuncia con /a/ al posto di /ɔ/ in queste parole. Ne negava addirittura l'esistenza. Le liti furibonde erano quotidiane ed estenuanti. Non venivano sedate nemmeno da note sul registro e da espulsioni dalla classe. Paola V. era sicurissima di aver sentito sempre dire "badi" e "bàtol", così insisteva senza requie. Così come sapeva titillare i cazzi, sapeva anche fracassarli. Il folgorato Massimo B., che fumava montagne d'erba e sperava di ottenere un pompino da Paola V., la sosteneva a spada tratta, pur senza avere alcuna competenza nel campo della fonetica della lingua inglese. Uno squallore infinito! 

A distanza di tanti anni sono svanite nel nulla le diatribe tra la professoressa e l'alunna oscena che avrebbe fatto impazzire Tinto Brass. Si sono dissolte nei bassifondi della quotidianità, lasciando a malapena qualche traccia nei miei banchi di memoria stagnante. Eppure l'insegnamento che se ne può trarre è profondo. La professoressa è ormai morta, Paola V. è diventata inguardabile e la sua sensualità si è degradata, il suo corpo un tempo fulgido si è consumato a causa della sua vita di vizi, sfibrandosi. Massimo B. è diventato un demente fritto dalla droga. Quando mi ha visto dopo anni, pensava che fossimo compagni di scuola alle medie anziché al liceo. Dal fumo è passato alle pasticche di ecstasy, che gli hanno raso al suolo la memoria, tanto che un malato di sindrome di Korsakov al confronto è un mentat. Però lo sappiamo tutti, in questo mondo buonista non si può dire che la droga fa male e riduce a coacervi stercorali. Se uno osa ricordarlo, salta su un coro di radical shit a dargli del "fascista"

Mentre tutte queste amenità scolastiche appartengono alla Preistoria, mentre l'intero corpo docente è diventato decrepite ed è stato decimato da Azrael, la lingua inglese che le istituzioni sataniche ritenevano monolitica si è evoluta in una varietà di parlate neoinglesi tra loro inintelligibili o quasi. Dico queste cose sperando che qualche studioso valido mi senta e si svegli. Oso andare contro il pensare comune e affermo che le condizioni della lingua inglese agli inizi del XXI secolo sono simili a quelle del latino nella Francia della prima metà dell'VIII secolo! Non ci si accorge di questa corruzione perché la scrittura è rigidamente codificata e la scuola, arretrata in modo incredibile, gode ancora di vasto plauso. Mentre Paola V., che fu una sfrenata succhiatrice di falli eretti, insisteva con una /a/ al posto di una /ɔ/, incredibili trasformazioni si andavano consumando. Mentre si insegna ancora a pronunciare drink come /drink/ con una rotica trillata all'inverosimile, ormai la pronuncia vera è più simile a /dʒwɛnk/. Quello che per noi è un blog, pronunciato /blɔg/, per i parlanti anglosassoni è diventato quasi un /bwag/. La scuola italiana è fissata con pronunce che ai nostri giorni sono quasi ortografiche e non vuole saperne di capire il problema. Conseguenza: vengono sfornate intere coorti di giovani che teoricamente dovrebbero avere un'ottima preparazione nella lingua di Shakespeare e che invece non capiscono nemmeno un singolo monosillabo.

Mentre nei dialetti dell'Inghilterra il rotacismo sembra essere poco diffuso, negli States il mutamento delle antiche occlusive dentali intervocaliche in una rotica è diventato una realtà imponente: bottle è davvero realizzato con la -r- che sia io che Matteo O. sentivamo. Mentre al liceo si disquisiva sulla qualità di una vocale, negli USA le parole cambiavano volto e si trasformavano a grande velocità. Persino il Web fa molta fatica ad aggiornarsi e resta indietro. Le trascrizioni fonologiche e fonetiche in caratteri IPA che si trovano nei vari siti non sono più del tutto adeguate. Ora, in un tipico neoinglese americano si hanno le seguenti pronunce:

Adam /'ɛram/
atom /'ɛram/
atomic /a'rame/

body /'bare/
bottle /'baro/
bottom /'baram
I eat it /a'ire/
I'm eating it /a'mirene/
water /'wɔra/
wedding /'weren/

Può capitare di udire pronunce molto lontane da quella segnalata come standard americana. Nonostante gli studiosi ritengano che il mutamento non avvenga se la dentale è seguita da vocale tonica, si sentono numerose violazioni del supposto constraint e alcuni casi di retrazione dell'accento:

idea /'aria/ anziché /aɪ'diə/
good idea! /gə'raria/
  anziché /gʊd aɪ'dia/ 

Questo suono /r/ non si confonde con la rotica originale /ɹ/, che nel frattempo si è mutata in /w/, come ad esempio in area /'ɛwia/. Mutamenti come questi porteranno a far gemmare nuove famiglie di lingue, posto che il genere umano durerà abbastanza a lungo. 

Per concludere, questo è il video di Message in a Bottle dei britannici The Police: 

venerdì 26 maggio 2017

UN PESSIMO RAPPORTO CON L'INGLESE

Quando andavo a scuola non nutrivo buoni sentimenti nei confronti della lingua inglese e delle professoresse incaricate di insegnarla, sempre che l'uso della parola "insegnare" fosse sensato in quel contesto. All'epoca non potevo ancora immaginare la verità in tutto il suo crudo e desolante orrore. Mi ci vollero anni per capire che l'insegnamento dell'inglese era impostato dal sistema scolastico italiano al fine deliberato di scoraggiare con ogni mezzo la comprensione della lingua. Gli stratagemmi usati erano diabolici. Uno dei più deleteri consisteva nell'ostacolare l'analisi delle parole, che erano imposte come blocchi monolitici e privi di struttura. Anche quando avrebbe dovuto essere chiara a tutti la loro natura di composti o di derivati, tutto appariva nebuloso e inspiegabile.

Questo può essere considerato un capolavoro della malvagità del corpo docente. Si pretendeva che gli studenti mandassero a memoria la parola lawyer "avvocato" senza insegnare che si tratta di un derivato di law "legge". In modo ancor più insidioso si pretendeva che gli studenti mandassero a memoria la parola bricklayer "muratore" senza insegnare la parola brick "mattone", rendendo impossibile capire che il significato letterale del composto è "colui che stende mattoni". Le due parole erano messe l'una in prossimità dell'altra, creando una grave insidia. Così si cadeva immancabilmente nel tranello. Non ci si ricordava mai bene questi vocaboli, ed ecco che per incanto si usciva all'interrogazione a dire layer "avvocato" e bricklawyer "muratore". Grande era la confusione, al punto che si rendeva necessario scrivere più volte sfilze di "lawyer - bricklayer", cercando così di esorcizzare la sequenza errata "layer - bricklawyer". Alla fine pronunciavo come un mantra "LOIA-BRIKLEIA" un gran numero di volte come entravo in classe, prima dell'interrogazione o del compito in classe. Eppure anche così mi imbrogliavo, tanto che "LOIA-BRIKLEIA" diventava come per incanto "LEIA-BRIKLOIA".

Riuscii a comprendere l'arcano soltanto quando vidi per la prima volta The Wall dei Pink Floyd, col suo "All and all you're another brick in the Wall": ero ormai una matricola. Mi è recentemente capitato di udire una dirigente che deve essere caduta nella trappola di un simile di insegnamento, perché in un'occasione se ne è uscita per be due volte a dire lawyer anziché layer "strato" (di un sistema GIS). Sentendola dire che "bisogna definire un LOIA" sono rimasto di sasso. Dunque in tutti i licei usavano il trucco del lawyer-bricklayer! Questa è la prova che dietro c'era un progetto deliberato che ha rovinato le possibilità di apprendimento a moltissime persone!

Al liceo mi ero formato un'idea bizzarra: credevo che il vocabolario della lingua inglese fosse infinito e che l'inglese delle canzoni fosse una lingua del tutto dissimile da quello parlato comunemente. Le sequenze di suoni grossolani pronunciati dalle insegnanti sembravano prive di corrispondenza nei testi delle canzoni di cantanti che erano senza dubbio alcuno anglosassoni di nascita.

Diverse volte mi capitava di sentire nelle canzoni il segmento "take a look at" che giungeva alle mie orecchie come "tagalooga" /taga'lu:ga/. Ovviamente non capivo cosa significasse. C'era un tormentone in cui la cantante continuava a ripetere in modo ossessivo "hey you, tagaloogame". Niente da fare, non capivo. Se mi avessero detto che significava "ehi tu, lecca il boccone del prete", non ci avrei trovato nulla di strano. Ero convinto che da qualche parte, anche se i dizionari non ne facevano menzione, esistesse un verbo "to tagalooga" e che si coniugasse così:

I tagalooga
you tagalooga
he tagaloogas

etc.

I'm tagaloogaing
you're tagaloogaing
he's tagaloogaing

etc.

I tagaloogaed
you tagaloogaed
he tagaloogaed

etc.

Non pensavo che potesse essere un verbo irregolare. Allo stesso modo, quando sentivo dire nelle canzoni "tseghireesey" /tsegi'ri:ze/, non riuscivo a realizzare che si trattava di "take it easy". Non capivo, credevo che da qualche parte, magari in qualche dizionario tecnico, dovesse essere listato il verbo "to tseghireesey", con la seguente coniugazione: 

I tseghireesey
you tseghireesey
he tseghireeseys

etc.

I'm tseghireeseing
you're tseghireeseing
he's tseghireeseing

etc.

I tseghireeseyed
you tseghireeseyed
he tseghireeseyed

etc.

Ero molto imbarazzato perché non avevo la benché minima idea di come trascrivere correttamente i suoni che sentivo e che non collegavo ai vocaboli appresi a scuola. Come già il verbo "to tagalooga", anche "to tseghireesey" mi era incomprensibile come un reperto alieno. Già allora riuscivo a comprendere che le parole strane da me udite avevano una fonetica incompatibile con quella dei vocaboli appresi durante le lezioni. 

Il colmo venne quando ascoltai per la prima volta la canzone Sussudio, di Phil Collins, il cui ritornello mi suonava come sussussurio /sussus'surio/. All'epoca non era facile identificare le canzoni trasmesse dai canali radio e di Phil Collins non sapevo nulla. Dovevo soffrire di una lieve forma di autismo - così pensai che esistesse in inglese un inesplicabile verbo "to sussussurio", così coniugato:

I sussussurio
you sussussurio
he sussussurioes

etc.

I'm sussussurioing
you're sussussurioing
he's sussussurioing

etc.

I sussussurioed
you sussussurioed
he sussussurioed

etc.

In seguito mi accorsi che questo enigmatico sussussurio, che non avevo mai visto scritto e la cui grafia ignoravo, era pronunciato quasi come la parola latina susurrio "maldicente, sussurratore". Allora ritenni di aver svelato il mistero: il ritornello ripeteva la sillaba iniziale per ragioni espressive. Cominciai a credere che la parola latina fosse finita nella canzone per via dell'appartenenza del cantante a un'associazione goliardica, quali ce n'erano tante: nel mondo anglosassone furoreggiavano i toga party. Solo da poco sono riuscito a ricostruire la fonte di questa assurda creazione, che col latino non ha nulla a che fare. Cosa passasse per la mente di Phil Collins quando escogitò questo sussudio (con -d- rotacizzata), proprio non lo si riesce a capire. A quanto ho letto, il cantante ha dichiarato in un'intervista di aver cercato di trascrivere il suono di uno strumento a percussione che aveva udito nel corso di una festa. Quando il rumore era giunto ai suoi ipersensibili nervi acustici come una vocalizzazione, lo aveva sillabato e trascritto usando un'ortografia inconsueta. Non mi sembra una cosa molto credibile.

Punto il mio dito accusatore contro la scuola, istituzione maligna, la esecro e la maledico: è la causa prima di tutte queste atrocità! Tuttavia le invettiva non sono sufficienti. Presso gli antichi Celti la satira era ritenuta un'arma devastante, a cui veniva attribuito il potere di sterminare i topi. Sono della stessa idea. Servendomi di questo mezzo, mi auguro di vedere presto collassare il Leviatano scolastico! 

venerdì 20 gennaio 2017

LO PSEUDO-QUECHUA DI GREEDO


Ormai ci saranno ben poche persone in Occidente a non aver mai visto Guerre Stellari (Episodio IV, Una Nuova Speranza, 1977). Una delle sequenze più celebri del mitico film di fantascienza è quella in cui Han Solo viene intercettato dal killer rodiano Greedo e torchiato a causa di un grave debito che ha contratto perdendo un carico di spezie preziosissime, trasportate per conto del bavoso Jabba the Hutt (all'epoca questi dettagli erano piuttosto nebulosi, tutto si sarebbe fatto più chiaro col procedere della saga). La conversazione si svolge nel seguente modo: l'alieno si esprime in una lingua non umana e il contrabbandiere, che la capisce alla perfezione, gli risponde nella lingua comune.

Secondo la vulgata corrente, Lucas non avrebbe avuto la possibilità di far sviluppare una conlang specifica, dati i tempi stretti della produzione. Così avrebbe utilizzato una lingua già esistente: il Quechua. Questo è quanto riporta Wookieepedia, il Wiki di Star Wars:


"Greedo's language was Quechua, but actually the Director just picked some words up from the native language of South America, what it really does not have meaning, but comes from Quechua."

Le frasi pronunciate dal rodiano Greedo contengono in effetti parole simili per sonorità al Quechua, ma altre hanno invece un aspetto fonetico dissimile e una fonotattica incompatibile con quella della lingua incaica. Inoltre il significato dei termini identificabili non torna con la traduzione mostrata dai sottotitoli, che evidentemente è stata elaborata in modo indipendente dal testo. È quindi inesatto affermare che Greedo parla Quechua. Il testo originale non è a quanto pare disponibile. Le trascrizioni che si trovano nel Web mostrano sostanziali differenze reciproche e sono in genere assimilate all'usuale modo di rendere l'Huttese, la lingua usata da Jabba e ufficiale nel feudo di Tatooine, di cui esiste materiale sparso nel Web. In altre parole le assonanze con il Quechua non appaiono molto evidenti da tali trascrizioni.

Questo è un esempio, pubblicato su un blog:


"Oonta goota, Solo?"
    Going somewhere, Solo? 

"Yes, Greedo, as a matter of fact I was just going to see your boss. Tell Jabba that I've got his money." 

"Somepeetchalay. Vara trahm ne tach vakee cheetha. Jabba wanin cheeco-wa  rush anye katanye wanaruska, heh heh heh. Chas kin yanee ke chusoo."
   It's too late, you should have paid him when you had the chance. Jabba's put a price on your head so large every bounty hunter in the galaxy will be looking for you. I'm lucky I found you first. 

"Yeah, but this time I've got the money."  

"Enjaya kul a intekun kuthuow."
   If you give it to me, I might forget I found you.  

"I don't have it with me. Tell Jabba--"  

"Tens hikikne. Hoko ruya pulyana oolwan spa steeka gush shuku ponoma three pe."
   Jabba's through with you. He has no time for smugglers who drop their shipments at the first sign of an Imperial cruiser. 

"Even I get boarded sometimes. Do you think I had a choice?"  

"Tlok Jabba. Boopa goompah-kne et an anpaw."
    You can tell that to Jabba. He may only take your ship.  

"Over my dead body." 

"Ukle nyuma. cheskopokuta klees ka tlanko ... ya oska."
   
That's the idea. I've been looking forward to this for a long time.  "Yes, I'll bet you have."  

<blaster goes off; barrage of light and smoke>  

random patron: "Mamoo lu!"
"Sorry about the mess."
 

Questa è la trascrizione delle parole di Greedo pubblicata sul sito The Complete Wermo's Guide (le risposte di Han Solo sono omesse): 


"Koona t'chuta, Solo?" (Going somewhere, Solo?)
"Song peetch alay." (It's too late.)
"Mala tram pee chock makacheesa." (You should have paid him when you had the chance.)
"Jabba wah ning chee kosthpa murishani tytung ye wanya yoskah." (Jabba put a price on your head so large every bounty hunter in the galaxy will be looking for you. Ha, h,a ha.)
"Chas kee nyowyee koo chooskoo." (I'm lucky I found you first.)
"Keh lee chalya chulkah in ting cooing koosooah." (If you give it to me, I might forget I found you.)
"Jabba hari tish ding." (Jabba's through with you.)
"Song kul rul yay pul-yaya ulwan spastika kushunkoo oponowa tweepi." (He has no time for smugglers who drop their shipments at the first sign of an Imperial cruiser.)
"Klop Jabba poo pah." (You can tell that to Jabba.)
"Goo paknee ata pankpa." (He may only take your ship.)
"Uth laynuma." (That's the idea.)
"Chespo kutata kreesta krenko, nyakoska!" (I've been looking forward to this dor a long time.)

Non molto simile alla prima, non trovate? In entrambi i casi le somiglianze col Quechua sono ben difficili da trovare, a dover essere franchi.

All'epoca avevo fatto una trascrizione ancora diversa della conversazione. Le discrepanze forse sono dovute al fatto che il mio udito non è mai stato eccellente. Va detto che l'ho eseguita prima di essere affetto da gravissime forme di acufeni e di misofonia. Tuttavia ascolto il video in un momento di calma, resto convinto che sia migliore di quelle fatte da anglosassoni, per loro ottusa natura pieni zeppi di pregiudizi sui suoni delle lingue altrui. La riporto in caratteri IPA, in modo da evitare le ambiguità dei sistemi di trascrizione usati dagli americani.

/ku(ta) 'tu: ta, 'solo?/  
   Vai da qualche parte, Solo?

"Sì, infatti, per essere esatti stavo andando dal tuo capo. Dì a Jabba che ho i soldi per lui."

/'sɔmbi dʒa'le:. mara'kampi 'taχva ki'tʃi:ta. 'dʒaba wa'nintʃi 'kɔχpa wi'ʃani kʾai'fanni waɲa'hɔsqa. hɛʾ hɛʾ hɛʾ. tʃʾaski'ɲawi kʾu'tʃumsu./    È troppo tardi. Avresti dovuto pagarlo quando te ne la data la possibilità. Jabba ha messo sulla tua testa una taglia così grossa che ogni cacciatore di teste della galassia ti starà cercando. Sono stato fortunato a trovarti per primo. 

"Sì, ma questa volta ho i soldi, capisci..." 

/qʾɛn'dʒaya 'qulqa iti 'kuni kusu'wa:u/ 
   Se li dai a me, potrei dimenticare di averti trovato.   

"Ma i soldi non li ho mica qui con me. Di' a Jabba ---" 

/haha'kisti. hɔgu'luje 'puja ja'hurwar 'pakika ku'ʃumkum 'pɔnɔwa twi'pi:d(i)./ 
   Jabba ha chiuso con te. Non ha tempo per i contrabbandieri che scaricano la merce al primo segno di un incrociatore Imperiale.

"Eh, a volte vengo abbordato anch'io. Credi che avessi un'alternativa?" 

/tʾɔp 'dʒaba 'pʾuppʾa qup'padne atha'pampa./ 
   Puoi raccontarlo a Jabba. Forse prenderà solo la tua nave. 

"Mi dovrà prima accoppare."

/'uχle 'ɲuma. 'tʃɛspo ko'tɔta 'plizda 'kʁembo ... da 'hɔsqa./ 
    È quella l'idea
. Da tempo aspettavo questo momento. 

"Sì, scommetto che è vero!" (poi cambiato in "Ci credo proprio!")  

Frammenti cosmici dell'Impero Incaico?

Nonostante i dati sopra riportati non appaiano molto incoraggianti, va detto che esiste un video in cui un parlante del Quechua di Cuzco analizza alcuni lemmi che ricorrono nel video, trovandoli sensati. Per visualizzare bene le scritte aggiunte dal commentatore al video occorre utilizzare come browser Firefox. Eccolo: 


In particolare stupisce la seguente frase: 

JABBA WAÑINCHI QOQPA WISHANI K'AYTANPI WAÑAWUSQA
Traduzione spagnola:
 Jabba dice que dara un premio al que te mate

Glossario aggiunto dall'autore (usa il segno > anziché <):

Wañinchi > wañuchiy = hacer matar
Qoqpa = del que da
Wishani > willan = dice
Wañawusqa > wañumusqa = habia muerto
Wishani > Willani = aviso

La traduzione di questo frammento è compatibile con quella fornita dai sottotitoli, anche se compiuto in Quechua ed è adatta al contesto.

Il termine ch'askiñawi, trascritto spesso dagli anglofoni come chaskañawi, viene spesso glossato come "occhio di stella". Vero è senza dubbio che in Quechia ñawi significa "occhio". La parola ch'aska può essere un aggettivo che significa "increspato", oppure un sostantivo che indica il pianeta Venere (stella del mattino). Non può tradursi con "stella" in senso generale, che è qoyllur.

Nel blog Allillanchu di Lorena Chauca, ospitato su Blogspot, è stato pubblicato un post in cui Guerre Stellari è tradotto in Quechua come Qoyllurkunap Awqana. Davvero esaltante. 


Da qoyllur "stella" si forma il plurale qoyllur-kuna "stelle" tramite l'usuale suffisso -kuna. Quindi si forma il genitivo tramite il suffisso -p (che in altri dialetti è pronunciato come una fricativa uvulare -q): qoyllur-kuna-p "delle stelle". La parola per dire "guerra", awqana, è formata con un suffisso strumentale -na a partire da awqa "ribelle".

Chi ha sparato per primo? 

Due parole sulla famosa polemica "Han shot first" contro "Greedo shot first". Nella versione originale del film, era Han Solo a sparare per primo: il killer rodiano non aveva nemmeno la possibilità di portare il dito al grilletto. Poi a quanto pare, George Lucas, pressato dai buonisti che volevano un film politically correct, introdusse variazioni nelle sequenze in questione, per provare che Han Solo aveva reagito per legittima difesa. Si possono osservare i frutti della dottrina nota come mutability of the past nelle oscenissime versioni restaurate. Ovviamente i buonisti si sono comunque contraddetti da sé, perché far apparire Greedo cattivo... va contro l'antirazzismo (o piuttosto contro l'antispecismo). L'alieno deve essere sempre e per forza buono, quindi non può sparare per primo. Tuttavia, ammettendo la versione originale, bisognava pensare che il cattivo fosse Han Solo, il che avrebbe assestato un grave colpo alla retorica della redenzione morale. Ne sorsero controversie etiche tra pipparoli mentali, pronti a difendere a spada tratta uno o l'altro dei due personaggi inesistenti. Restando nel contesto della Saga, su Han Solo, sulla sua etica e sulla sua redenzione si possono nutrire sensati dubbi, visto che quando lavorava per Jabba aveva contatti sessuali con umani e con alieni di tutti i sessi, finendo col riempirsi di spaventosi morbi venerei.

Promozione della lingua Quechua

Per finire, ecco un video di Guerre Stellari (Episodio V - L'Impero colpisce ancora), in Quechua autentico con sottotitoli in spagnolo.

giovedì 12 gennaio 2017

LE INCONSISTENZE DEGLI XENOGLOSSI E DEI GLOSSOLALICI

Il termine xenoglossia non appartiene al linguaggio della Chiesa di Roma, come molti potrebbero credere. A coniare il vocabolo a partire da radici elleniche è stato il medico e fisiologo francese Charles Robert Richet nei primi anni del XX secolo. A quanto pare, il massimo studioso di xenoglossia non deve essere cercato tra gli esorcisti della corte papalina: era lo psichiatra Ian Stevenson della University of Virginia Medical School, deceduto nel 2007. Quel luminare ha posto la distinzione tra xenoglossia recitativa (recitative xenoglossy) e xenoglossia di risposta (responsive xenoglossy). Nel primo caso il soggetto è in grado di pronunciare singole frasi, in genere brevi, senza saper conversare nella lingua straniera. Nel secondo caso il paziente è in grado di rispondere in modo sensato a domande che gli sono poste. Il professor Stevenson riteneva autentico il fenomeno e per darne spiegazione ipotizzava che in certe condizioni uno spirito incarnato potesse ricordare lingue parlate in una vita precedente. In altre parole, gli era necessario sconfinare nella religione e nello spiritismo, essendo incapace di spiegare i fatti tramite il semplice ricorso al metodo scientifico. Tutto ciò non è poi così distante dagli enunciati di Padre Amorth e di Milingo, che consideravano gli xenoglossi posseduti da Satana. La linguista Sarah Grey Thomason, dell'Università di Pittsburgh, nel 1995 ha composto sull'argomento il saggio Xenoglossy, disponibile online gratuitamente e scaricabile in formato pdf: 


La Thomason riporta alcuni interessanti casi americani di presunta xenoglossia, tra cui uno relativo allo svedese, un altro al tedesco e un altro ancora al bengali. Ne traccerò brevemente i limiti e le inconsistenze. I casi in questione sono stati studiati sul campo da Stevenson, dato che lo psichiatra non si fidava dei dati riportati in letteratura e non descritti con sufficientemente rigore. Lo studio risale al 1974, epoca abbastanza sospetta, dato il colossale abuso di sostanze stupefacenti diffuso in modo capillare in ogni strato della società americana e anche nel mondo accademico.

1) Primo caso. Una casalinga trentasettenne di cui si danno solo le iniziali non separate da punti, TE, ipnotizzata dal marito, manifestò la personalità maschile di un certo Jensen Jacoby, che si esprimeva in svedese. La donna rispondeva a domande in inglese usando l'inglese e a domande in svedese usando lo svedese - pur con qualche difficoltà di comprensione.  

2) Secondo caso. Una casalinga di nome Dolores Jay manifestò, sempre in stato di ipnosi, una fantomatica personalità maschile rispondente al nome di Gretchen, che si esprimeva in uno strana varietà di tedesco. Anche questa volta si trattava di xenoglossia di risposta, soltanto che la donna non sembrava in grado di articolare i responsi in inglese. Tuttavia se le venivano poste domande in inglese capiva e formulava proposizioni apparentemente sensate in tedesco. 

3) Terzo caso. Una donna indiana di nome Uttara Huddar, che parlava in modo fluente il marathi, senza essere ipnotizzata manifestò una personalità maschile rispondente al nome di Sharada, che si esprimeva in un bengali abbastanza buono. Alcune informazioni fornite da Sharada, così riporta la Thomason, sarebbero state verificate, permettendo di localizzare una famiglia corrispondente alle descrizioni in Bangladesh. Non si tacerà che Uttara Huddar è stata scoperta durante un ricovero in ospedale psichiatrico, dettaglio non trascurabile.     

Il punto è che tutti i soggetti in questione erano stati esposti in un qualche modo alla lingua in analisi, anche se spesso in modi non scontati. Vediamo di passare in rassegna le evidenze.

1) TE proveniva da famiglia cosmopolita di stirpe Ashkenazi, con una spiccata dimestichezza per le lingue: era abituata allo yiddish, al polacco e al russo. Si è poi scoperto che era stata esposta a una trasmissione televisiva in svedese, le cui frasi ricordava ancora a distanza di anni. La dichiarazione scritta dal marito, secondo cui lei non sarebbe stata mai esposta a una lingua scandinava, era dunque una dichiarazione mendace. La vicenda mi ricorda un film in cui John Candy aveva imparato alla perfezione lo svedese a furia di guardare film porno prodotti nel paese nordico e non doppiati!

2) Dolores Jay alias Gretchen si esprimeva in un tedesco artefatto la cui pronuncia era distorta e di origine ortografica. Così pronunciava schön "bello" come se fosse la parola inglese shown. Se avesse sentito la pronuncia tedesca genuina, l'avrebbe invece assimilata a shane. A volte distorceva una parola inglese: anziché il corretto blau "blu", utilizzava il fantomatico blü, con vocale bemollizzata. Si è poi scoperto che anni prima dello studio si era procurata un vocabolario tedesco, mandando a memoria molti vocaboli. Siccome mancava ogni guida alla pronuncia, li aveva pronunciati come erano scritti, secondo l'ortografia inglese.

3) Uddara Huddar crebbe in una città babelica dello stato del Maharashtra in cui viveva una comunità di circa 10.000 Bengalesi. Possibile che non abbia mai sentito nemmeno una parola di quella lingua? Non è affatto possibile. Deve aver quindi sviluppato almeno una competenza passiva ascoltando i discorsi della minoranza linguistica bengalese. Si scoprì che non solo era stata esposta al bengali, ma che sapeva persino scriverlo avendo letto un romanzo in quella lingua. Non era una donna incolta: aveva studiato persino il sanscrito!  

Una domanda: c'era proprio bisogna di ricorrere alla reincarnazione per spiegare simili pataccate? 

Se soltanto si indaga abbastanza a fondo, si scopre che non esiste uno solo xenoglosso che sia stato in grado di ricostruire una parte utile del lessico e anche un abbozzo di grammatica di una lingua esistente a lui del tutto estranea. Insisto sull'assoluta inattendibilità dei prodotti degli xenoglossi, che si rivelano sempre inutili ai fini della conoscenza.

Con i prodotti dei glossolalici le cose non sono molto migliori. Ricordo di aver letto molti anni fa, in epoca pre-Internet, di un caso di glossolalia che in realtà può essere definito un abuso di credulità pubblica: una ragazza molto religiosa si esprimeva nella cosiddetta "lingua di Dio", che a giudizio del suo padre spirituale sarebbe stata un idioma neolatino. L'articolista riportava che le caratteristiche erano intermedie tra il provenzale antico e il portoghese. A quell'epoca vigeva l'uso di due pesi e due misure. Se un glossolalico era cattolico, i media si mostravano creduli e spesso riportavano le opinioni favorevoli di un teologo. Se un glossolalico era di altro tipo, allora era considerato un folle e non poteva sperare di suscitare il minimo interesse in nessuno.

Ovviamente è di un'ingenuità assoluta e figlia dell'ignoranza più belluina l'idea di attribuire a Dio una lingua derivata, simile al provenzale e al portoghese, che sono chiari esiti del latino volgare. Se un religioso ammette che Dio sia la causa di ogni cosa, come potrà attribuirgli come propria lingua un idioma derivato? È chiaro che è impossibile. Postilla: tutte le lingue terrestri a noi note sono lingue derivate, inclusi l'ebraico (è una forma di cananeo) e il sumerico (le sue radici presentano segni evidenti di forte evolutività). Gli Ebrei non ebbero l'ebraico come prima lingua, e questo è dimostrato dal fatto che tale forma di cananeo non spiega numerosi antroponimi e toponimi - di cui spesso gli stessi autori dei testi biblici hanno proposto etimologie popolari (es. Babele, Noè, Sodoma, etc.). Ne consegue questo: per coerenza nessun religioso dovrebbe pensare che Dio possa avere come propria lingua tali idiomi, in tutto e per tutto umani, i cui suoni derivano da usura umana da precedenti protoforme più complesse. 

Ribadisco con forza le conclusioni già espresse in un mio precedente intervento. Se questi glossolalici producessero testi tanto sorprendenti, allora perché non vengono diffusi? Perché non si hanno dizionari e grammatiche delle varie "lingue di Dio"? Perché non circola nemmeno una frase? Semplice: perché si tratta di pastoni incoerenti, senza né capo né coda. Come se non bastasse, le persone che raccolgono tali testi sono incompetenti, non capiscono nulla di linguistica, non hanno conoscenze di alcun tipo di alcuna lingua concreta, e sarebbero capaci di definire una lingua "arabo" o "portoghese" soltanto sulla base della sua sonorità. A questo proposito, possiamo ben citare la cosiddetta glossolalia marziana, descritta nel blog Retroguardia 2.0, quaderno elettronico di critica letteraria a cura di Francesco Sasso e di Giuseppe Panella:


"E’ il caso di Hélène Smith (Catherine-Élise Muller), la medium studiata e analizzata da Théodore Flournoy dell’Università di Ginevra, che parlava una lingua “marziana” simile al sanscrito e, per questo, osservata anche da de Saussure. La signorina Smith si rivolgeva a Flournoy in una lingua che la donna sosteneva derivare direttamente da Marte; successivamente la mutò in una lingua che de Saussure definì “sanscritoide” e che assomigliava a un linguaggio indiano. Ma i suoni che essa emetteva erano solo apparentemente indù – costituivano un linguaggio privato, una lingua “inventata” che andava al cuore della comunicazione aggirandola."

Immaginiamo che uno psicologo senza alcuna competenza in filologia germanica mi sottoponga il seguente testo, attribuito a uno spiritello che afferma di aver fatto parte del popolo degli Ostrogoti:

o:lu bo:lus analuth mi:nanans sinfli:ksn samiths

Si capisce all'istante che questa lingua non è gotico. Non si tratta di una xenoglossia: è una glossolalia. I motivi della classificazione del testo sono i seguenti:

1) nessuna parola ha un senso compiuto;
2) non si trova nemmeno una corrispondenza con il materiale noto;
3) la struttura grammaticale stessa è incoerente e non corrisponde alla morfologia di una frase di senso compiuto (es. non c'è un verbo in forma finita riconoscibile).

Chiunque abbia qualche conoscenza della lingua di Wulfila, anche senza parlarla fluentemente o possederne l'intero vocabolario, sa per certo che il testo prodotto, nonostante la fonotattica delle parole somigli a quella del gotico, non è formulato nella lingua dei Goti. Proprio come il grammelot di Celentano non è inglese, e qualsiasi parlante anglosassone può dirlo per certo. Che Ferdinand de Saussure affermasse che la glossolalia marziana fosse "sanscritoide" sembra implicare per certo che il linguista francese non avesse la benché minima nozione della lingua sacra dell'India. Che si potrebbe pensare di un latinista che facesse passare il testo detto "lorem ipsum" per una lingua che assomiglia al latino? Quindi tutti i linguisti "possibilisti" sono in malafede, agiscono con disonestà intellettuale e sono nella sostanza chierici traditori.

Insisto sulla limitatezza estrema dei prodotti dei glossolalici, privi di grammatica e spessissimo anche di traduzione certa, appena abbozzati, influenzati dalla fonetica della lingua in cui sono stati cresciuti. La sola eccezione a me nota è la lingua Enochiana, che pur avendo origini glossolaliche, è stata elaborata da una mente potente come quella dell'esoterista John Dee, e deve essere piuttosto definita una conlang. Se potessi occuparmi di glossolalici e xenoglossi, userei i metodi più rigorosi, tanto da rasentare la ferocia delle leggi dello spartano Licurgo e dell'ateniese Draconte. Registrerei ogni singolo fonema emesso e lo analizzerei con implacabile logica consequenziale, comminando punizioni severissime in caso di scoperta di una frode. Così dubito molto, solo per fare un esempio, che un anglofono americano che realizza /r/ come un flap e che possiede il rotacismo delle antiche /t/ e /d/ intervocaliche, possa uscirsene con una glossolalia dotata di un suono /r/ trillato come quello dell'italiano. Non mi aspetto neppure che un francese se ne esca con una glossolalia dotata di un suono /r/ trillato, dato che ha una rotica uvulare nella sua normale conversazione. Dunque gli spiriti soggiaciono agli usi fonetici delle nazioni della Terra?