lunedì 10 ottobre 2016


RICOMINCIO DA CAPO
(IL GIORNO DELLA MARMOTTA)  

Titolo originale: Groundhog Day
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1993
Lingua: Inglese
Durata: 101 min
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Genere: Commedia, fantastico, sentimentale
Regia: Harold Ramis
Soggetto: Danny Rubin
Sceneggiatura: Danny Rubin, Harold Ramis
Casa di produzione: Columbia Pictures
Fotografia: John Bailey
Montaggio: Pembroke J. Herring
Effetti speciali: Jeff Frink, Rick Lazzarini
Musiche: George Fenton
Scenografia: David Nichols
Interpreti e personaggi: 
    Bill Murray : Phil Connors
    Andy McDowell : Rita
    Chris Elliott : Larry
    Stephen Tobolowsky : Ned Ryerson
    Brian Doyle-Murray : Buster Green
    Marita Geraghty : Nancy Taylor
    Angela Paton : Sig.ra Lancaster
    Rick Ducommun : Gus
    Rick Overton : Ralph
    Robin Duke : Doris
    Carol Bivins : Presentatrice
    Willy Garson : Kenny
    Harold Ramins : Neurologo
    Michael Shannon : Fred
    Hyden Walch : Debby
    Peggy Roeder : Insegnante di piano
    David Pasquesi : Psichiatra
    Eric Saiet : Figlio di Buster
Doppiatori italiani: 
    Michele Gammino: Phil Connors
    Isabella Pasanisi: Rita
    Simone Mori: Larry
    Francesco Pannofino: Ned Ryerson
Premi: 
    British Comedy Awards 1993
    Saturn Award for Best Actress (Film)
         (Andie MacDowell nel ruolo Rita)

Trama:

Phil Connors, un metereologo dal carattere bisbetico che lavora per Pittsburgh TV, riceve l'incarico di fare un servizio nella cittadina di Punxsutawney, in Pennsylvania, in occasione della tradizionale festività chiamata Giorno della Marmotta (Groundhog Day). Il reporter vomita bile e non vede l'ora di abbandonare il borgo per rientrare alla sua metropoli, quando una tempesta di neve lo costringe a tornare indietro. È l'inizio di qualcosa di surreale quanto terribile: il flusso stesso del tempo si inceppa, causando il risveglio del protagonista alle 6:00 in punto del mattino al suono di una canzoncina che si spande dalla radio. Il ritornello, che suona "agacciùbe" (I got you babe, di Sonny & Cher), ricorre da allora in modo esasperante, vanificando ogni cambiamento. Qualsiasi cosa Phil Connors faccia, lo attende il reset con sveglia alle 6:00 e "agacciùbe" nelle orecchie. Da quelle fatidiche note, gli eventi della giornata si ripetono sempre uguali come in un Eterno Ritorno. All'inizio l'intrattabile meteorologo approfitta dell'occasione per abbandonarsi ad ogni sorta di sfrenatezza e di stravaganza. Presto però cade vittima di una profonda disperazione. Tenterà di tutto per poter rompere l'incantesimo, anche il suicidio nei più svariati modi, senza mai poter riuscire nel suo intento. Il loop temporale si dissolverà soltanto quando il protagonista, arrivato a provare amore per il prossimo e a comprendere la necessità di migliorare se stesso, sarà baciato della bella Rita.

Recensione:

Gli sceneggiatori del film, Harold Ramis e Danny Rubin, hanno affermato di aver tratto l'idea del film dal libro di Friedrich Nietzsche La Gaia Scienza, in cui è descritta l'atrocissima vicenda di un uomo costretto a vivere sempre nello stesso giorno. Questo è il testo: 

IL PESO PIÙ GRANDE

"Che accadrebbe, se un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: “Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni cosa indicibilmente piccola e grande della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta – e tu con essa, granello di polvere!”. Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: «Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina»? Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: «Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?» graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun'altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?"
(Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, Libro IV, n. 341). 

All'origine di questa folgorante intuizione sta sicuramente il torbido rapporto del filosofo con la bellissima Lou Andreas-Salomé, che non mancava di ricompensare con indifferenza e crudeltà i servigi ricevuti - come del resto è tipico del gentil sesso. Questo è uno dei più grandi misteri della natura umana: tanto più un uomo adora una donna, tanto più viene da lei disprezzato. Così è stata decretata l'estinzione dei Filosofi e dei Poeti, mentre i bruti pullulano e continuano a propagare il loro seme. Qualcuno si chiederà: "Cosa c'entra il loop temporale con le sofferenze dell'amore?" C'entra eccome: un simile orrore può essere concepito soltanto nella fucina di notti insonni di tormento. 

Il problema del loop temporale

Dai tempi di Nietzsche il concetto di circuito temporale chiuso (loop) si è diffuso alquanto ed è diventato una vera e propria ossessione per le genti degli States, che spesso e volentieri lo introducono nelle loro opere d'ingegno. Lo stesso Philip K. Dick scrisse un angosciante racconto fantascientifico intitolato "A little something for us Tempunauts", in cui viaggiatori nel tempo americani sono mandati pochi giorni nel futuro, e nel loro viaggio di rientro restano intrappolati in un cicruito chiuso, condannati a rivivere per sempre la stessa sequenza di eventi. In numerosissimi altri lavori fantascientifici e non compare lo stesso assunto fondante. Resta il fatto, innegabile, che l'applicazone del loop temporale per essere interessante non può mai essere perfetta. In altre parole, nella letteratura e nel cinema il tempo ritorna sì dalla fine di una giornata al suo inizio come se fosse applicata la modalità autoreverse, ma la vittima della trappola infernale conserva memoria di aver già vissuto altre volte ogni evento. Questo è fisicamente impossibile, e lo sarebbe anche se il loop temporale rientrasse nel campo delle possibilità. Il concetto di irreversibilità del tempo fatica molto ad essere compreso in America, come se non fossero ben compresi neppure i concetti di causa, di effetto e di nesso causale.

Harold Ramis e la natura del tempo

In realtà il regista di Groundhog Day non è partito da complesse disquisizioni fisiche e filosofiche sulla natura del tempo. Il suo concetto è molto più semplice, e lontano anche dal testo di Nietzsche da cui ha tratto ispirazione. L'idea portante è di natura essenzialmente religiosa: secondo il comune sentire americano il Signore del Tempo e della Creazione è Dio, che può fare ciò che vuole con tutto ciò che ha creato. Anche far rivivere per decenni o per secoli lo stesso giorno a una pecorella smarrita per permettere la sua salvazione. Anche qui in Italia tra i fedeli della Chiesa Romana, o tra i Protestanti di Germania, esistono le stesse credenze. Vero, ma in America sono vissute fin nel midollo e sentite proprie, non sono semplici proposizioni vuote apprese al catechismo per pura formalità. Il Tempo è visto come un contenitore che Dio può cambiare a suo piacimento. Il contenuto, cioè la vittima di questa singolare trovata divina, conserverà quindi intatta la memoria di tutte le giornate vissute nella ripetizione, altrimenti ogni finalità edificante sarebbe vana. A riprova di tutto ciò sta il finale sdolcinato del film, in cui il protagonista migliora se stesso, seduce la bella Rita e riesce a fuggire a un amaro destino. Ovviamente per uno scienziato la connessione tra lo scorrere anomalo del tempo e il cambiamento dei sentimenti del protagonista resta qualcosa di incomprensibile. 

Etimologia di Punxsutawney

Il nome Punxsutawney /pʌnksʌ'tɔ:nɪ/ proviene dalla lingua algonchina dei Delaware (Lenape) e significa "Città delle Zanzare". Il toponimo originale suonava Punk'sutènai /punkəsu'tenai/, composto da púnk's, púnkwes /'punk(w)əs/ "zanzara" (lett. "creatura della polvere") e da utènai /u'tenai/ "città, luogo di riunione". Per ulteriori informazioni, vedi Mahr, 1959 : 369; Zeisberger, 1887; Heckewelder, 1834 : 364. È davvero imponente la quantità di toponimi proveniente da lingue degli Algonchini e incorporati nell'attuale toponomastica americana. Solo se si conosce la lingua originale questi nomi sono trasparenti e hanno un significato compiuto. Gli attuali abitanti anglofoni non sono in grado di attribuire alcun significato a queste complesse concatenazioni di sillabe: con l'adozione dei toponimi in contesto anglofono si è avuto un processo di fossilizzazione che ha portato alla loro sclerosi.

Origini del Giorno della Marmotta

La strana festività ha le sue radici nella Candelora, adattata dai coloni al nuovo contesto con l'adozione di un elemento indigeno. Si celebra il 2 febbraio e consiste nell'osservare il comportamento di un esemplare di marmotta americana (Marmota monax) quando si risveglia, proprio all'ingresso del suo rifugio. In altre parole, è una forma di auspicio pagano. Se a causa del cielo nuvolo l'animale non vede la sua ombra, si prevede che l'inverno sarà molto breve e che presto tornerà il bel tempo. Se a causa del cielo sereno l'animale si spaventa nel vedere la sua ombra e fa ritorno alla sua tana, si prevede invece un periodo di altre sei settimane di freddo. A quanto si tramanda, la festività ebbe origine proprio a Punxsutawney e fu celebrata per la prima volta nel 1887. 

Alcune curiosità

Il film non fu girato a Punxsutawney, ma a Woodstock nell'Illinois. Questo perché la cittadina della Pennsylvania, oltre a essere lontana dalle strade statali e quindi di difficile accesso per la troupe, non aveva un centro che fosse adatto alle riprese. La sua posizione remota avrebbe fatto levitare i costi della produzione per via dei connessi problemi logistici. 

Il sindaco di Punxsutawney, offesissimo per la decisione di girare il film in Illinois, non ha permesso che nelle riprese comparisse il vero Phil, la marmotta usata per il Groundhog Day. Tuttavia ha inviato alcuni suoi rappresentanti per assicurarsi che la cerimonia fosse rappresentata in maniera corretta.

Il Phil di Punxsutawney fu interpretato da diversi esemplari di una famiglia di marmotte allevata appositamente. Questi pingui roditori non avevano nessuna simpatia per Bill Murray, credo per ragioni olfattive. Accadde così che l'attore fu morsicato due volte durante le riprese del film e dovette essere sottoposto a vaccinazione antirabbica. 

A partire dal 1992, anno in cui avvennero le riprese del film, la cittadina di Woodstock nell'Illinois cominciò a celebrare il festival del Groundhog Day, dando così vita a una nuova tradizione locale.

Nel corso del film, Rita schiaffeggia Phil Connors una decina di volte. Sembra proprio che Andy McDowell abbia interpretato queste scene senza dover simulare il suo sdegno, spinta da un'imcompatibilità olfattiva molto simile a quella che affliggeva le marmotte.

All'inizio il regista pensò di attribuire il ruolo di Phil Connors a Tom Hanks, che fu tuttavia scartato per ragioni speciose e difficilmente comprensibili. Nel Web si legge che Tom Hanks sarebbe stato troppo "carino". Non si comprende bene tutto ciò, forse significa che Hanks emanava un grato odore, mentre si cercava per il ruolo di Connors qualcuno con feromoni più pungenti.

Un accanitissimo fan del film, certo Wolf Gnards, ha calcolato il periodo complessivo che Phil Connors ha vissuto nel loop temporale, affermando che il Groundhog Day ha continuato a ricorrere ininterrottamente per ben 8 anni, 8 mesi e 16 giorni. La stima concorda con quella fornita in modo più grossolano da Harold Ramis nel commento al DVD, che si attesta su 10 anni. Tuttavia in seguito lo stesso regista avrebbe dichiarato a un reporter che la condanna al loop sarebbe stata molto più lunga, durando 30 o 40 anni. Nei primi copioni del film, si parla invece di 10.000 anni e la maledizione era attribuita a un rito Voodoo compiuto tramite la rottura di un orologio da una ex di Connors, che era stata da lui umiliata. Ramis, che a quanto pare aderiva a una forma di Buddhismo (da operetta, a quanto pare), aveva parlato del periodo di 10.000 anni necessario a un essere per evolvere e giungere al suo successivo livello spirituale. Direi che non si tratta di farina del sacco del Principe Gautama, ma di crusca dei malfattori New Age.

venerdì 7 ottobre 2016


LE PARTICELLE ELEMENTARI

Titolo originale: Elementarteilchen
AKA: Atomised; The Elementary Particles
Paese di produzione: Germania
Lingua originale: Tedesco
Anno: 2006
Durata: 113 min
Colore: Colore
Audio: Sonoro
Genere: Drammatico
Regia: Oskar Roehler
Produttori: Oliver Berben, Bernd Eichinger
Soggetto: Michel Houellebecq (Les Particules
   élémentaires)
Sceneggiatura: Oskar Roehler
Fotografia: Carl-Friedrich Koschnick
Montaggio: Peter R. Adam
Musiche: Martin Todsharow
Scenografia: Ingrid Henn
Distribuzione: Momentum Pictures
Interpreti e personaggi:
    Moritz Bleibtreu: Bruno Klement
    Christian Ulmen: Michael Djerzinski
    Martina Gedeck: Christiane
    Franka Potente: Annabelle
    Nina Hoss: Jane
    Uwe Ochsenknecht: padre di Bruno
Premi:
    Festival di Berlino 2006: miglior attore (Moritz
       Bleibtreu)

Trama:
Il film è incentrato sulla sessualità disturbata di due fratellastri molto diversi tra loro: Michael Djerzinski e Bruno Klement. Figli di una donna lasciva e un po' disinvolta infatuata della subcultura hippie, sono stati abbandonati alla nascita. Michael è diventato uno studente dotato e si è dato alla carriera universitaria, crescendo ossessionato dall'abiogenesi e cercando il modo per abolire la sessualità umana. Bruno è cresciuto con la nonna, che un giorno è morta per via delle ustioni provocate da una pentola di brodo bollente che le si è rovesciata sulla testa. Così al bambino è toccato finire in un terribile collegio pullulante di bulli scatenati che lo costringevano a prendere in bocca lo spazzolone del cesso tutto sporco di feci.

Un giorno Michael e Bruno si ritrovano. Michael è diventato un ricercatore brillante. Tornato dall'Irlanda, dove lavorava, incontra un'amica dell'adolescenza, che non ha mai avuto il coraggio di avvicinare. Saputo che lui non si è mai giaciuto con una donna, lei finisce col sedurlo e col guidarlo nella penetrazione, portandolo a eiacularle nella vagina. Bruno è in tutto e per tutto un fallito che ha da poco lasciato la moglie dopo una fellatio andata male. Lei non lo aveva mai fatto ed è stata spinta a provarci per cercare di salvare il matrimonio, ma ha usato i denti, procurando al marito un serio fastidio. Così lui l'ha fatta smettere e dall'episodio è scaturito il divorzio. Bruno, già annichilito perché un editore gli aveva rifiutato uno scritto contenente frasi molto aggressive contro i Mandingo, definiti "organi genitali deambulanti", si consola ingurgitando fiumi di alcol. Facendo una gran fatica a procurarsi una partner, finisce in un camping frequentato da moltissime adepte della New Age, convinto di riuscire a rimorchiarne qualcuna. Finalmente trova ciò che cerca: si immerge in una vasca di acqua calda in cui una bella mora ha appena finito di copulare con uno sconosciuto. Si mette al posto del ganzo appena andato via e infila il suo salsicciotto nella vulva ancora calda dello sperma da poco deposto. Comincia ad ancheggiare fino ad aggiungere anche il suo contributo seminale. Ne nasce una storia ardente. Quando i due sono convinti di aver trovato la felicità, questa sfuggirà loro di mano senza rimedio. La vita per Bruno si trasformerà in un incubo ad occhi aperti. 

Recensione: 
 Pur trattandosi a mio avviso di un prodotto valido, la cui visione è senz'altro raccomandata, rimangono alcune perplessità. Mi domando spesso se ci sia un film, anche uno solo, che traspone in sequenze un libro senza apportarvi alcuna modifica. Sarebbe inutile cercare: non se ne troverà neppure uno. Se la vicenda narrata nel libro di Houellebecq si svolge in Francia, quella del film è ambientata in Germania. Come conseguenza di questa scelta, cambia qualcosa nell'onomastica. Il signor Bruno Clément /kle'mã/ si ritrova trasformato in Bruno Klement /'kle:mənt/ (in neotedesco è /'kli:mənt/). Anche se la diversa ambientazione può sembrare un dettaglio marginale, in realtà cambia la natura stessa della storia. Non è tuttavia questo il punto più importante.

Appiattimento bidimensionale 

Il film sembra una mera proiezione bidimensionale del romanzo di Houellebecq. Mi pare talmente riduttivo rispetto alla fonte da cui è stato tratto che potrebbe essere visto come un'impalcatura scheletrica in confronto a un edificio compiuto con tutta la complessità delle genti che lo abitano. È come un disegno paragonato alla realtà a tre dimensioni che ritrae. Tutto ciò che riguarda i due fratellastri è a malapena accennato, il che rende abbastanza difficile comprenderne a fondo la personalità. Solo per fare un esempio, tutto il catastrofico vissuto di Bruno, vessato in modo atroce dai bulli durante l'infanzia in collegio, si riduce a una singola scena - mentre nel romanzo si fanno profonde digressioni sul concetto di "animale alpha" e sulla crudeltà nelle società primitive. Allo stesso modo la micropenia che tanto condiziona la vita dello sventurato erotomane non viene nemmeno menzionata. Houellebecq ci descrive la genealogia di Michel e di Bruno, partendo da Martin Ceccaldi che sposò Géneviève July, generando Janine Ceccaldi. Questa non soltanto perse la verginità a 13 anni (fatto che l'autore si premura di definire anomalo per quei tempi), ma eccelse negli studi riuscendo a conseguire grandi risultati. Si sposò in prime nozze con Serge Clément, il cui aspetto era quello di una scimmia dotata di telefono portatile, generando Bruno. In seconde nozze sposò poi Marc Djerzinski, figlio di un minatore originario del bacino carbonifero di Katowice, in Polonia. Tutti questi dettagli, non trasponibili nel film, sono stati completamente espunti. Mentre Houellebecq fornisce un gran numero di informazioni che permettono di comprendere quanto sta accadendo, in tutto il suo squallore, Roehler presenta ogni cosa come se fosse un meteorite caduto dal cielo e non suscettibile di analisi. Alcuni eventi sono presentati in un ordine diverso rispetto al romanzo. Ad esempio il funerale della madre dei due fratellastri, che nel libro è il Capolinea, nel film precede temporalmente la sciagura che ha macinato Bruno. Come può tutto questo non tradursi in una struttura narrativa del tutto diversa?   

Houellebecq e la Fantascienza 

Il libro Le particelle elementari - che lo si voglia o no - è un'opera fantascientifica. Sì, ne sono consapevole: questa mia affermazione mi attirerà le ire funeste di numerosi fantascientisti. Strepiteranno tutti i fanatici che comprano soltanto libri con un robot o un'astronave sulla copertina. I commessi delle librerie avranno le convulsioni: per loro dire che Houellebecq va nello scaffale della SF è empietà e bestemmia. Eppure quanto affermo è la pura e semplice verità. Houellebecq descrive come Michel Djerzinski è diventato l'uomo che ha sconfitto la Morte. Lo ha fatto in concreto, ponendo le basi per l'immortalità dei corpi. Non soltanto egli è uno scienziato geniale: è anche un filosofo molto profondo. Il libro di Houellebecq gronda filosofemi complessi ed è pieno zeppo di dialoghi sui massimi sistemi. Orbene, il film Le particelle elementari di tutto questo non conserva nemmeno una sillaba. Michael Djerzinski vi è sì descritto come un ricercatore di grandissimo talento, ma nulla di più. Non si ha proprio niente di fantascientifico nelle sequenze dell'opera di Roehler. Siamo a mio avviso di fronte a uno dei pochi casi, se non l'unico, di film drammatico non fantascientifico tratto da un libro di Science Fiction

Erotismo e sesso compulsivo

Senza dubbio il sesso rappresenta la massima ossessione di Michel Houellebecq, che la trasfonde a piene mani nelle sue opere. Questa continua descrizione dell'ipersessualità non è tuttavia una pura e semplice esaltazione degli atti materiali. Quando si leggono i passaggi erotici di un libro dell'autore francese non si è indotti in stato di eccitazione, quanto di depressione: si viene permeati da un profondissimo senso di sfacelo e di morte ontologica. Roehler riesce a rendere bene questo sentire annichilente. Quando Christiane si presenta a Bruno in abbigliamento sexy e i due escono per andare in un locale di scambisti, si avvertono i lezzi dello stato terminale in cui l'intero genere umano versa. Siamo di fronte a una società putrefatta, simile a una grande carogna brulicante di cagnotti, dalle cui membra trasuda un fetidissimo percolato caustico. Bruno è convinto di aver trovato il Paradiso in quel ricettacolo di contatti tra corpi, ma la Nemesi è in agguato. Mentre uno sconosciuto energumeno sta cavalcando Christiane, avviene la catastrofe. La spina dorsale della donna, già provata dall'artrosi, cede e si spezza, lasciandola sul pavimento, inerme e paralizzata. La miseria morale di Bruno si manifesta con il suo indugio, restando egli troppo tempo senza farsi vivo, le dita paralizzate ad ogni tentativo di telefonare alla sua amata. Lei viene stritolata dalla nitida consapevolezza del Nulla Assoluto che è l'esistenza, così si suicida arrampicandosi sul davanzale del balcone e precipitando nel vuoto. Il sesso descritto da Houellebecq è parte di una complessa metafora dell'insostenibilità della condizione umana, e il regista tedesco nulla toglie alla sua potenza. Il senso di vuoto e di desolazione che si prova è totale. 

La spagnola

Mettendosi nei panni del povero Bruno, Houellebecq esprime alcune riflessioni sulla pratica detta "spagnola" o "sega spagnola" (branlette espagnole in francese, in inglese titjob), che come ognuno saprà, consiste nel mettere il fallo eretto tra i seni di una donna, che col loro moto ritmico finiscono col provocare l'eiaculazione. A quanto nel romanzo si dice, è difficile ottenerla dalle prostitute, così Bruno passa anni senza sperimentarla. Ecco le querule lamentazioni a questo proposito: 

"Dopotutto, si diceva speranzosamente, la squaw di ieri, per esempio, è passabilmente scopabile. Seno grosso un po’ moscio, ideale per una bella spagnola; erano tre anni che non si faceva fare una spagnola. Eppure le spagnole gli piacevano un sacco; solo che in genere le puttane non ne fanno. Forse non amano ricevere lo sperma in faccia? Forse la spagnola richiede più tempo e investimento personale rispetto a una sega semplice? È che la prestazione risultava atipica: in genere la spagnola non si pagava, ergo non era prevista, ergo era difficile da ottenere. Per loro era qualcosa di intimo, qualcosa che facevano col loro uomo. Soltanto col loro uomo, purtroppo. Più di una volta, Bruno, in cerca di una bella sega alla spagnola, aveva dovuto accontentarsi di una sega semplice, o tutt’al più di un bocchino. Ben riusciti, peraltro; tuttavia, in fatto di spagnole l’offerta era strutturalmente insufficiente, ecco come la pensava Bruno." 

Del tutto diversa la situazione in Germania, dove molte ragazze prosperose concedono con gioia tale pratica. Così ecco che Bruno Klement, trasposizione germanofona di Bruno Clément, durante il funerale di sua nonna, si apparta con una bionda formosa e le mette il fallo tra i seni esuberanti. Lei muove quella sua bellezza fino a fare eiaculare il suo amante occasionale, che ansima come una scimmia in calore. Non solo è una delle poche occorrenze di questa pratica erotica in un film non pornografico, ma è un'altra sostanziale differenza tra l'opera di Houellebecq e quella di Roehler. 

L'incesto tra figlio e madre

Come nel libro, Bruno prova attrazione sessuale per la sua disinibita madre, osservandola mentre dorme con le gambe un po' aperte. Houellebecq accenna alla cosa. "Io sono tua madre", puntualizza la donna al giovane figlio erotomane. "In genere, a quel punto, Bruno si chiedeva con angoscia se magari quel mattino non si fosse svegliata mentre lui tuffava lo sguardo nella sua vulva. Eppure la puntualizzazione fatta dalla madre non aveva niente di sorprendente; l’incesto è considerato tabù già tra i mandrilli e le oche." Non ci sono risparmiate dense pornografie sulle scellerate attività di Janine Ceccaldi, che iniziò il tredicenne figlio del new ager Di Meola alle attività sessuali. Roehler raccoglie queste suggestioni e accentua la morbosità dello sguardo che Bruno riserva al cunnus della madre. Non solo, ci mostra Bruno che si allontana dalla tentazione e va ad appartarsi, masturbandosi furiosamente pensando al vaso procreativo che lo ha messo al mondo.

Un implacabile atto di accusa

Sono in perfetto accordo con Michel Houellebecq e con Oskar Roehler nell'accusare la subcultura hippie e le conventicole New Age di aver portato la società occidentale alla rovina. Tuttavia a differenza dello scrittore francese e del regista tedesco, non esito a utilizzare un linguaggio violento e streicheriano. Lo stramaledetto paradigma New Age è cancrena e metastasi esiziale, chi lo ha propalato è un bacillo della lebbra, è il treponema pallido che ha causato la tabe al genere umano. 

lunedì 3 ottobre 2016

LE LINGUE NON SI IMPARANO CON LA CABALA

In Italia l'inglese non si parla. La scuola, istituzione diabolica fondata sulla setta massonica, impone agli alunni dogmi cabalistici ed ermetici: parte dall'insano presupposto che la lingua scritta preceda quella parlata. Così non insegna affatto a parlare: insegna a scrivere. Poi, con una serie di regoline, regolette, regolucce e regolacce, converte la parola scritta in un simulacro di parola parlata, spesso con pronunce difettose, ortografiche, completamente fuorvianti. A questo punto con un altro mucchietto di regoline, regolette, regolucce e regolacce, si prendono questi fantasmi di parole e li si appiccica insieme, facendo agire la grammatichina, un mostro che somiglia a schemi di battaglia navale e che irrigidisce le menti. Tempo medio perché il processo di traduzione scolastica agisca nel cervello dello studente e produca il suo sgraziato output: un minuto primo. È evidente che su queste basi non è possibile imparare alcuna lingua. Per parlare una lingua è necessario PENSARE in essa, non partire da forme scritte. L'unico metodo possibile di apprendimento è quello che permette a tutti i bambini di imparare a parlare: essere esposti alla conversazione. Prima si impara a parlare, POI a scrivere, solo quando si è completamente padroni della lingua! Tuttavia pensare che si possa ottenere qualche risultato degno di nota rimane una mera utopia, perché il concetto di base - per quanto semplice - non viene capito.

venerdì 30 settembre 2016

 

ROBOTFETISHISM

Autori: Guido Galles, Vinicio Motta
Anno: 2016

Generi: Cyberpunk estremo, Fantascienza
     sadiana, Scat Science Fiction 
Pubblicazione: VERDE
    (mensile elettrocartaceo, autoprodotto e
    gratuito di protolettere, interpunzioni
    grafiche e belle speranze, fondato a Roma
    nell’aprile 2012 da Pierluca D’Antuono)
Illustrazioni: DeadTamag0tchi e Sergio Caruso
   (autore dell'immagine riportata nel post)
Link:
    Prima parte
https://verderivista.wordpress.com/2016/09/09/
robotfetishism/

    Seconda parte
https://verderivista.wordpress.com/2016/09/16/
robotfetishism-2/

GLI AUTORI:  

Vinicio Motta è nato il 31 ottobre del 1984. Ha pubblicato racconti, saggi e poesie, curato rubriche di vario tipo e antologie di racconti con Delos Books, Libro Aperto Edizioni, Bietti, Edizioni Diversa Sintonia, Kipple Officina Libraria e con la fanzine NeXT. 

Guido Galles è nato nel 1977. Ha conseguito la laurea in Matematica. Dopo anni di precariato si è trovato davanti a due alternative: proporsi come volontario per una spedizione in Antartide o partecipare a un bando per l’assegnazione di un posto da esumatore. Ha scelto quest’ultima e da allora lavora in un grande cimitero metropolitano, dove è addetto alla ricomposizione dei corpi inconsunti negli ossari e alla cremazione dei resti di estumulazione. Appassionato di arte macabra e di fantascienza, sostiene la necessità di una nuova Science Fiction, rivoluzionaria, robusta, turpe e sadiana.

IL CONTENITORE: 

GATTINI™ è il contenitore degli orrori indifferenziati di Verde. Ogni venerdì, su Verde Rivista e su Facebook


RECENSIONE: 

In assoluto uno dei pochi testi di Fantascienza il cui protagonista non sia classificabile come uomo o come donna, essendo la sua sessualità ermafrodita. Un'innovazione non da poco. Sembra che l'ottimo Vinicio Motta fosse incerto sul sesso del protagonista, così chiese a Guido Galles se fosse meglio un uomo o una donna. Nacque quindi in un istante, come per folgorazione, l'idea di un personaggio che assommasse in sé le caratteristiche genitali e genetiche di entrambi i sessi. Un campo che meriterebbe di essere esplorato meglio.

Wikipedia cita in tutto soltanto quindici titoli di fiction in cui si parla di persone intersessuali (uno in realtà è una serie di romanzi e racconti, un altro consiste in un romanzo e in un sequel). Ecco l'elenco: 

    1) The Queen's Tiara - Carl Jonas Love Almquist
    2) The World Wreckers - Marion Zimmer Bradley
    3) The Vorkosigan Saga - Lois McMaster Bujold
    4) Middlesex - Jeffrey Eugenides
    5) The Ilario series - Mary Gentle
    6) None of the Above - I. W. Gregorio
    7) All You Zombies - Robert A. Heinlein
    8) The Hermaphrodite - Julia Ward Howe
    9) Raptor - Gary Jennings
    10) Pantomime - Laura Lam
    11) The Left Hand of Darkness - Ursula K. Le Guin
    12) 2313 - Kim Stanley Robinson
    13) Golden Boy - Abigail Tarttelin
    14) Annabel - Kathleen Winter
    15) Intersexion - P.D. Workman

Solo pochi di questi testi possono essere definiti fantascientifici: Il ribelle di Thendara di Marion Zimmer Bradley, il Ciclo dei Vor di Lois McMaster Bujold (20 opere, ma solo in alcune compare un intersessuale, Bel Thorne), La mano sinistra delle Tenebre di Ursula Le Guin, il paradossale Tutti voi zombie di Heinlein e 2313 di Kim Stanley Robinson. Soltanto in alcuni casi è il protagonista ad essere ermafrodita - è bene farlo notare. 

La lista fornita da Wikipedia non è esaustiva: si trova ad esempio l'enigmatica razza ermafrodita dei Ledom in Venere Più X (Venus Plus X) di Theodore Sturgeon. Non ho ancora letto questo romanzo, che trovo oltremodo interessante, anche se dalle recensioni sembra che al centro della narrazione stia l'ossessione per la cosiddetta "paura del diverso", che tanto rende patetiche anche le idee migliori, frenando l'immaginazione in quest'epoca degenerata. 

In Robotfetishism non si trova traccia alcuna della colossale stronzata postmoderna nota come "paura del diverso". Si viene proiettati in un mondo futuribile che è l'assoluta negazione del concetto stesso di Utopia, dove i personaggi vagano in uno stato crepuscolare come zombie sotto l'oscuro cielo dell'Apocalisse. Le parole con cui è stata definita quest'opera nel contenitore GATTINI fanno gongolare: "L’essenza stessa della dissoluzione dell’umano", "Raccapricciante disgusto". Tutto questo è sublime. Il mio auspicio è che questo albero possa crescere fino a diventare imponente come l'Yggdrasill! 

Un grande ringraziamento alla benemerita Direzione di Verde per la pubblicazione di un simile gioiello di aberrazioni, che irradia tenebra assoluta nell'Abisso del Nulla e annienta ogni illusione!

Riporto due estratti. Il primo brano è la presentazione di un personaggio robotico:    

Prendi me per esempio. Sono un androide della vecchia scuola, ma pur sempre un efficiente rappresentante dell’ingegneria robotica. Nei momenti di maggiore incertezza computazionale, quando il rischio di un crash supera la soglia di sicurezza, entro in modalità stand-by, lasciando che siano i miei circuiti a parlare, soprattutto i meno sfruttati, secondo uno schema caotico altamente rigenerante. La catarsi è nella diffusione dell’incertezza, nella massimizzazione del difetto. I miei circuiti neanche si sognano di creare nuovi livelli di coscienza, addirittura posti oltre la stessa fisicità. Posso offrirti una dose di logoslime? Un omaggio della casa, per averci onorato con il tuo portafoglio.
Greg Centauro, magnaccia in pelle

Il secondo brano è parte di una Catabasi nell'Orrore:  

Vedo le immagini di Lizzie e Black Kitten che mi legano a una sottile croce di Sant’Andrea, uno strumento di tortura mobile che può essere girato a piacimento tramite un argano. Mi vedo come dall’esterno, come se la mia anima fosse appollaiata sul soffitto del locale e guardasse giù il corpo tormentato.
Vedo le mie ossa spezzate una ad una e fatte schizzare fuori dalla pelle. Vedo aghi che penetrano nei miei organi vitali facendo sgorgare chiara linfa dai buchi. Tramite le macchine del dolore, mi vengono inflitte spaventose ferite. Le mie aguzzine mi orinano e defecano addosso, seguite da una moltitudine di uomini, donne ed ermafroditi del locale. Il mio volto è una maschera di sterco. So che sto per morire e che la mia agonia filmata diventerà uno snuff.
A questo punto la croce a cui sono avvinto gira. Un meccanismo robotico comincia a penetrarmi. A differenza del robot che ha posseduto Firelady, questo non ha un fallo di simil-carne coltivata, ma un intrusore puramente metallico e privo di sensori. È un semplice sottile strumento di impalazione che mi entra dentro facendosi strada tra gli intestini. 

mercoledì 28 settembre 2016


LUCIFER OVER LONDON

Gruppo: Current 93
Anno: 1994
Genere: Folk apocalittico, Neofolk 
Paese: Inghilterra
Lingua:
Inglese
Ispirazione: Thelemismo, Cristianesimo esoterico
Musicisti: 
   David Tibet
   John Balance
   Michael Cashmore
   David Kenny
   Nick Saloman
   Steven Stapleton
   Greg Orion Chance
Cover: Rotting Christ, album Khronos (2000) 

Testo:

The twisted wings and cluds unfold
 And the greatgape of He who fell
 Makes darkened shadows over pointed spires
 Little children point and sing
 And little children run and dance
 Over there the setting sun
 
Over there the setting sun
    
Lucifer over London (2 times) 

  And under that the silent stars
  And under they the weeping sky
  And under Her the laughing world
  Balance sits / in western parts / and piles spare Spares
  In his gabled room 
     Lucifer over London (2 times) 

 Great Anarch and Monarch of Not
 The Flight of Lucifer over London
 And my little grandson
 Wrinkled son forehead
 All tiny blue pain
 As the Mother Blood emerges
 Then the Mother Grief
 And the Blue Gates of Death
 Open armwide
 Open teethwide
     Lucifer over London (2 times) 

All dead like the leaves
 Old times shiver
 Old dead calendar /  past / blurred / sunsets /
   cinders flying
 In His heart / His heart / His fingers
 Punch holes in the sky
 And all the little Christs I count
 Are covered in the breathwhite snow
     Lucifer over London
(4 times)

 And all the little Christs I call
 Are laughing through the green green fields
 Some of these angels have the face of God
 And some of them the face of dogs
    Lucifer over London
(2 times)

 By the Tower of Moab
 See the sky's Greenangel form
 And Lucifer flickers all around me
 His hooded eyes alight
    Lucifer over London (many times) 

 In the smoky musk
 Look into Him just a little longer
 See the true face of the Moon
 So He wheels there / through the heavens
 His eyes are dotted bright lights
 Licked with dust
    Lucifer over London (many times)  A golden seabird
 Halfdead with spray
 His banners / are / broken / flags in the wind
 Devouring life / He / breaks at walls
    Lucifer over London (many times)

 The glint of dead fruits glint
 And then the Moon...
 And then the Moon...
 And then the Moon... 

 And sixsixsix
 It makes us sick
 We're sicksicksick
 of 666 

   (many times)  

Varianti ed errori:

Esistono alcune lievi varianti del testo, come spesso accade. Ad esempio i versi "Some of these angels have the face of God  And some of them the face of dogs" compaiono anche come "Some of those angels have the face of God  And some of them have the face of dogs" (diverso pronome dimostrativo e un verbo have ripetuto). 
Nel Web ricorrono errori che ho dovuto emendare: è riportato in vari siti "The Tower of Moad", che non ha senso alcuno, anziché il corretto "The Tower of Moab". Nel video pubblicato in questa sede si ha "Lucifer flickers", ossia "sfarfallii di Lucifero" o "barlumi di Lucifero", mentre altrove ricorre "Lucifer lickers", ossia "leccatori di Lucifero". Sembra evidente che anche gli anglofoni abbiano forti problemi ad intendere la loro stessa lingua per via della natura evanescente delle consonanti finali e di certi suoni complessi, così trascrivono spesso in modo errato le parole. L'errore di un singolo trascrittore si propaga perché chi copia un testo spesso non ha il senso critico necessario per rimediare a sviste grossolane, refusi, fraintendimenti e via discorrendo. 

Recensione: 

La canzone è ispirata al racconto The Tower of Moab di Leslie Allin Lewis (1899-1961), pubblicato nella collezione Tales of the Grotesque, ma le immagini e le idee sono di David Tibet, personaggio di una potenza impressionante che trasuda cultura esoterica. Comunque la si pensi, l'interesse di tutto ciò per un antropologo è estremo. Solo per fare un esempio, nel Greenangel si riconosce a colpo d'occhio l'Angelo Verde di cui scrisse Gustav Meyrink nel suo romanzo "L'angelo della finestra d'Occidente". Caratteristico è il gioco di parole tra God "Dio" e dog "cane", preso dal Back Slang, l'inglese pronunciato al contrario. In una canzone dei Death in June, Punishment Initiation, troviamo la frase "we hear Dog's blessing", alla lettera "sentiamo la benedizione del Cane", formata allo stesso modo. Si noterà infine un riferimento all'occultista inglese Austin Osman Spare. Tutte queste suggestioni danno vita a un testo poetico, poderoso e memorabile, di primaria importanza nel panorama del Folk Apocalittico.    


Significato profetico

La canzone ha preconizzato quanto accadde alla morte di Jimmy Savile, avvenuta a Leeds nel 2011. Jimmy Savile era Lucifero incarnato. Il suo spirito maligno ha sorvolato la terra giungendo fino alla capitale del Regno. Da allora aleggia su Londra e il suo potere si estende sull'intera Inghilterra. Il corpo che quel demone ha indossato giace in una bara d'oro, ma la sua presenza esiziale è più viva che mai e permea ogni cosa nell'isola, insufflando la sua perversione nel cranio delle genti britanniche. Quando era in vita, il suo immenso Priapo fu rovina di deretani, violò migliaia di persone di entrambi i sessi, dai poppanti ai vegliardi, portando devastazione e annientamento. Quando fu morto, divenne immensamente più potente di quanto fosse mai stato nel suo involucro carnale. Per colpa del contagio di Savile, Albione è ridotta a un lazzaretto. La sua gioventù è infiammata, piena zeppa di morbi venerei e col cervello ridotto a pus dagli stupefacenti. Ormai non ci sono più persone: si vedono soltanto corpi deambulanti senz'anima, sconvolti da eccessi spaventosi incompatibili con la stessa biologia. La profezia della canzone dei Current 93 si è compiuta e ogni inglese può rantolare: "Il 666 ci fa star male. Siamo malati di 666".

venerdì 23 settembre 2016


NOSFERATU, IL PRINCIPE DELLA NOTTE

Titolo originale: Nosferatu: Phantom der Nacht
Titolo inglese: Nosferatu the Vampyre
Paese di produzione: Germania Ovest, Francia
Lingue originali: Tedesco, Inglese, Romani Vlax  
Anno: 1979
Durata: 107 min
Colore: colore
Audio: sonoro
Rapporto: 1.85:1
Genere: orrore
Regia: Werner Herzog
Soggetto: Bram Stoker, Friedrich Wilhelm Murnau
Sceneggiatura: Werner Herzog
Produttore: Werner Herzog
Produttore esecutivo: Walter Saxer
Casa di produzione:
Werner Herzog
    Filmproduktion, Gaumont
Fotografia:
Jörg Schmidt-Reitwein
Montaggio: Beate Mainka-Jellinghaus
Effetti speciali: Cornelius Siegel
Musiche: Popol Vuh, Richard Wagner, Charles
    Gounod
Scenografia: Henning Von Gierke, Ulrich
    Bergfelder
Costumi:
Gisela Storch
Trucco: Reiko Kruk
Interpreti e personaggi:
    Klaus Kinski: Conte Dracula
    Isabelle Adjani: Lucy Harker
    Bruno Ganz: Jonathan Harker
    Roland Topor: Renfield
    Walter Ladengast: Dr. Van Helsing
    Carsten Bodinus: Schrader
    Martje Grohmann: Mina
Doppiatori italiani:
    Sergio Graziani: Conte Dracula
    Rossella Izzo: Lucy Harker
    Ferruccio Amendola: Jonathan Harker
    Armando Bandini: Renfield
    Arturo Dominici: Dr. Van Helsing
    Michele Gammino: Schrader
    Anna Rita Pasanisi: Mina
Premi:
    Festival di Berlino: Orso d'argento per la
        scenografia
    Deutscher Filmpreis: Miglior attore - Klaus
        Kinski

Trama:
Jonathan Harker è un agente immobiliare che vive a Wismar, città sul Mar Baltico. Il suo datore di lavoro, Renfield, lo informa che il Conte Dracula intende comprare una proprietà proprio a Wismar. Così Harker viene incaricato di andare al castello del Conte per concludere l'affare redditizio. Durante il suo lungo viaggio, l'agente immobiliare si ferma in un villaggio, dove si imbatte in quella che crede essere una stravagante superstizione: gli abitanti del luogo lo avvertono che il castello è un luogo maledetto e che il suo padrone è un vampiro. L'oste traduce la narrazione di un gruppo di zingari che affermano di aver viaggiato fino alla dimora di Dracula. Nessuno vuole accompagnare Harker, che non dà credito agli avvertimenti e procede nel suo viaggio a piedi. Dopo aver percorso luoghi assai tetri, arriva a incontrare di persona il Conte, che si rivela essere un uomo anziano e di stranissima fisionomia, quasi simile a un roditore, con unghie lunghe, denti aguzzi e separati, pelle pallida, grandi orecchie. Dopo il primo inquietante incontro notturno con il suo ospite, Harker si rende conto di essere prigioniero del castello, un luogo irreale in cui durante il giorno non si trova anima viva. Cercando una via d'uscita, l'agente immobiliare scopre che il Conte passa le ore diurne in una cripta, chiuso in una tomba. A questo punto capisce che il libro sui vampiri datogli dalla locandiera non è una summa di superstizioni, ma descrive una realtà. Al calar del sole da una finestra del castello vede Dracula intento a caricare diverse bare su un carro. Terminata l'operazione, il nobiluomo entra in una delle casse da morto e ne chiude dall'interno il coperchio. A questo punto Harker comprende che Nosferatu è diretto proprio a Wismar. Decide allora di evade dal castello calandosi da una finestra con un lenzuolo annodato. Nel frattempo le bare piene di terriccio pestoso e di ratti vengono caricate su un vascello che discende il corso del Danubio fino al Mar Nero ed entra nel Mediterraneo. L'equipaggio viene decimato e all'altezza della Biscaglia la situazione è critica. Alla fine rimane soltanto il capitano, che si lega al timone. La nave giunge a Wismar piena zeppa di ratti. Quando le autorità mediche leggono l'accaduto sul libro di bordo è troppo tardi: la peste già imperversa in città. Harker riesce a fare ritorno proprio allora e non può far nulla per avvertire del pericolo i suoi condittadini. Reso folle da una gravissima congestione cerebrale, ricorda il suo indirizzo e viene ricondotto a casa, ma non è più in grado di riconoscere la moglie. Lucy non vuole accettare il tragico destino che ha colpito suo marito. È convinta di riuscire a ridargli senno e salute. Si mette così a leggere i suoi diari e il libro sui vampiri che ha portato con sé dai Carpazi, arrivando così a conoscere la verità sull'accaduto. Pur di distruggere Nosferatu, arriva a offrirgli il suo collo per un'intera notte, riuscendo così a trattenerlo fino al canto del gallo e a causarne la morte. Il Conte muore tra atroci convulsioni, intossicato dalla luce diurna. Tuttavia - a differenza di quanto visto nel film di Murnau - questo non porrà fine alla maledizione e le cose non andranno per il verso giusto... 

Recensione:

Classificato come "remake" del Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau e senza dubbio da esso ispirato, in realtà vi apporta novità sostanziali, al punto che a parer mio si tratta di un'opera del tutto dissimile e non ben comparabile con l'originale. Sono convinto che per questo genere di film il bianco e nero sia insuperabile, eppure il capolavoro di Herzog riesce a rendere bene il disfacimento e la Tenebra nonostante sia un film a colori. È altrettanto vero che Herzog disponeva sul finire degli anni '70 di una serie di mezzi che all'epoca di Weimar erano inconcepibili, come ad esempio il sonoro. Rispetto all'originale la trama ha una notevole complessità. Numerose sono le sequenze memorabili, squarci onirici sul Mondo dell'Abisso che restano impressi in modo indelebile fin che si vive.


Le mummie del Luogo delle Rane

I cadaveri spaventosi mostrati all'apertura del film, apparizioni spettrali, larve ctonie che funestano i sogni della bellissima Isabelle Adjani, esistono davvero: si tratta delle mummie di Guanajuato, in Messico. Nella lingua dei Taraschi, Quanax-Juato significa Luogo delle Rane (composto formato da quanax, cuanax "rana" e da huato, juato "luogo elevato, colle; montagna"). Nel 1833 la città messicana fu colpita da una terribile epidemia di colera, che mieté un gran numero di vittime. Dopo alcuni decenni, nel 1870, i corpi cominciarono ad essere esumati dal cimitero e disposti in un edificio. A quell'epoca la popolazione era soggetta a una legge spietata, che fu abolita solo nel 1958: quando una famiglia inumava un morto, era stabilito che dovesse pagare una retta onerosa per mantenerlo nel terriccio per un certo numero anni. Se questo pagamento non era più effettuato, il cadavere veniva esumato. Una piccola parte dei corpi dissepolti ha subito un processo di mummificazione spontanea, producendo gli assoluti capolavori estetici ripresi da Herzog. L'edificio in cui venivano raccolti i resti meglio conservati dei morti di colera divenne poi un museo e cominciò ad attrarre turisti in gran numero. Il regista tedesco ha fatto rimuovere le mummie dalla teca di vetro che le conteneva per appoggiarle alla parete di un antro, disponendole a seconda dell'età in una sequenza che andava dall'infanzia alla vecchiaia.  


La catabasi di un gruppo di Rom Valacchi

Notevole è la densa narrazione nel dialetto Vlax della lingua Romani fatta dagli zingari riuniti attorno al fuoco del campo e tradotta al viaggiatore dall'oste. È l'impressionante resoconto di una discesa agli Inferi. Nel corso di un loro viaggio, alcuni di questi gitani si sono imbattuti in un luogo ingannevole, fatto di spettrali rovine, di ombre e di riflessi inspiegabili, giungendo quindi fino alle montagne dell'Erebo. Quello che hanno visto è in realtà un luogo non appartenente alla stessa Terra abitata dai vivi: è lo spettro di un castello. Di fronte a queste descrizioni, si può soltanto pensare all'antichissimo mito di Zamolxis, l'uomo che divenne immortale dopo aver dimorato nel sottosuolo, finendo con l'essere adorato come una divinità dai Daci. Nel corso del suo viaggio solitario Harker vede le rovine del castello stagliarsi nel crepuscolo, stupendosi nel trovarsi di fronte un edificio integro una volta giunto a destinazione. Tanto mi hanno colpito le sequenze in Romani che mi riprometto di trascrivere questa testimonianza parola per parola e di pubblicarla, descrivendone ogni lessema con tanto di etimologia, se nota.  


Il servo di Dracula e l'Immortalità

Il servitore del Conte, interpretato in modo magistrale da Roland Topor, è rinchiuso in una cella in manicomio. Tiene in mano una specie di trappola piena zeppa di mosconi azzurri di cui si nutre, con grande scandalo del guardiano. Sostiene di possedere il segreto dell'Immortalità dei corpi. I concetti di base sono molto semplici. Ogni persona ha in sé la vita, che è come un fluido. Defecando ogni giorno si espelle una parte di questo fluido, che non viene reintegrato a sufficienza dal cibo e dalle bevande, così ecco che i viventi esperiscono l'invecchiamento e la morte. Se tuttavia un vivente ingerisce qualcosa di vivo, come ad esempio un artropode, ecco che il fluido vitale si accresce e le dispersioni vengono reintegrate, garantendo la sopravvivenza nei secoli. Secondo lo stesso principio, anche la reintroduzione delle feci, che contengono il fluido vitale espulso, pone rimedio alla sua dissipazione. Queste credenze, fondate su una base in apparenza logica, in realtà vanno contro le leggi stesse della termodinamica. Eppure c'è gente che tuttora le segue: molti anni fa mi capitò di imbattermi in un soggetto che le enunciava esplicitamente e le metteva in pratica, nutrendosi ogni giorno di escrementi e resistendo in modo ostinato a ogni tentativo del suo psicologo di dissuaderlo. 


L'Esercito dei Ratti

Dato che il film di Herzog deriva la sua ispirazione dal Nosferatu di Murnau, in esso troviamo in tutta la sua potenza l'originale simbolismo del Vampiro e della Peste. Tuttavia si ha l'impressione che Herzog non fosse ben consapevole della natura di propaganda antisemita del film del '22 da cui ha tratto ispirazione, quindi rielabora il materiale secono nuovi canoni. Se si confrontano le fattezze del Conte Orlok con quelle del Conte Dracula di Herzog, si vede che in quest'ultimo i caratteri caricaturali tipici dell'iconografia antisemita sono considerevolmente attenuati. Soprattutto non si ha più il tipico nasone aquilino che ha avuto un così grande ruolo nell'immaginario collettivo dell'epoca di Weimar e in seguito del Reich. La Peste invece assume proporzioni ben più spaventose di quanto visto nell'opera di Murnau. Se il Conte Orlok mieteva vittime contaminando con la Yersinia pestis la città immaginaria di Wisborg, cambiata in Brema in alcune versioni, il Conte Dracula di Herzog dà inizio a una vera e propria pandemia pestosa. "L'Esercito dei Topi e la Morte Nera sono con te!", dice il Vampiro al fedele servitore Renfield, incaricandolo di giungere fino a Riga, in Lettonia, e di portare il letale contagio ovunque. 


La Danza Macabra e
il Banchetto degli Appestati

Mentre la pestilenza imperversa e la città è desolata, Lucy si reca in piazza, dove la gente resa demente improvvisa balli scatenati e musiche. Scrofe camminano in mezzo ai rifiuti e alle bare abbandonate. Sembra un paesaggio infernale di Hieronymus Bosch. Proseguendo per la sua via, la donna si imbatte in un gruppo di gaudenti seduti a una tavola imbandita collocata sulla strada. "Abbiamo tutti la peste e ogni giorno che ci rimane deve essere una festa", dice un giovane uomo. Poco dopo nessuno dei commensali è più in vita e anche i loro corpi sono scomparsi. I ratti dal candido pelo sommergono la tavola, brulicando come cagnotti nella carne putrefatta. Una metafora potentissima della condizione umana. Innumerevoli sono le persone che cercano con ogni mezzo di esorcizzare la Morte, tenendola alla larga ed evitando persino di nominarla. Pensano ai piaceri e disprezzano chiunque guardi anche soltanto per un attimo oltre l'orizzonte della masticazione, della defecazione e dello svuotamento dei testicoli. Esistono soltanto per riempire quel sacco che è lo stomaco e per sfregare i genitali contro la pelle di qualcun altro. Chi non è come loro, lo chiamano "sfigato". Le loro risate, la loro sfrenata disposizione, la loro incessante ricerca di qualche lubrico contatto non può tuttavia tenere lontano Azrael, il Sinistro Mietitore. 


Il Trionfo delle Tenebre

Il Nosferatu di Murnau preconizzava l'avvento del Nazionalsocialismo, rappresentato dal sole che con i suoi raggi annientava il Vampiro, inteso come chiara metafora dell'Ebraismo. Chi è ignaro di questa genuina interpretazione vedrà nel giorno che uccide il Conte Orlok un finale di ottimismo e il prevalere della Vita sulla Morte. Il Nosferatu di Herzog, che non ha gli intenti politici dell'originale e che rifiuta ogni forma di ottimismo retorico, mostra una vittoria soltanto apparente dell'astro diurno. È vero infatti che il Conte Dracula viene trattenuto da Lucy fino al sorgere del sole, finendone ucciso. È altrettanto vero che Van Helsing gli conficca nel cuore un grosso paletto di legno, ponendo fine a ogni speranza di resurrezione vampirica. Tuttavia il giovane Harker finisce a sua volta vampirizzato. Liberatosi con l'astuzia dell'ultimo ostacolo, una croce al collo e alcuni pezzetti di ostia che lo confinano su una sedia, imperverserà nel mondo, accrescendone il Male.


Nosferatu e il Pathos

Un limite del Non Morto interpretato da Klaus Kinski è di certo il suo pathos. Si capisce che il prolungarsi della sua esistenza spettrale nei secoli gli pesa immensamente: egli avverte il peso della solitudine e soprattutto sente la mancanza lancinante dell'amore. Queste sono le parole da lui dette a Lucy: "Chi dice "la morte è crudele" sono solo gli inconapevoli. Ma la morte non è che un taglio netto. È molto più crudele non essere capaci di morire."
"Vorrei poter essere partecipe dell'amore che c'è tra lei e Jonathan."
"Io potrei cambiare tutto, Lucy. Se venisse con me e fosse mia alleata, sarebbe la salvazione per suo marito e per me."
"La mancanza d'amore è la più crudele e abietta delle pene."

Dracula si mostra debole e vulnerabile, non esente da morbosità erotiche. Non ci sono dubbi sul fatto che proponga a Lucy un torbido ménage a trois.
Concetti simili li aveva espressi a Harker:
"Io sono discendente di un'antica famiglia. Il tempo è un abisso profondo come lunghe e infinite notti. I secoli vengono e vanno. Non avere la capacità di invecchiare è terribile. La morte non è il peggio. Ci sono cose molto più orribili della morte. Riesce a immaginarlo? Durare attraverso i secolo sperimentando ogni giorno le stesse futili cose."

Il Non Morto del film di Murnau, interpretato da Max Schreck, è invece di una raggelante alienità. In effetti questo dovrebbe essere un vampiro: l'emissario di un mondo di tenebra e di mistero, del tutto privo di punti in comune con l'emotività e con l'affettività del genere umano. Se ci si dimentica questa semplice verità, si apre la strada alla grottesca e futile figura del vampiro innamorato. Soltanto i moderni non avvertono l'intrinseca contraddizione di un tale ossimoro. 


Un Van Helsing scettico

Se nel romanzo di Stoker Van Helsing è uno studioso di occultismo e soprattutto un esorcista, nel film di Herzog ci ritroviamo con una figura a dir poco inconsueta e bizzarra: quella di un Van Helsing razionalista spinto e accanito oppositore di ogni superstizione. Il vampirismo non fa parte del mondo indagabile dalla Scienza, così il medico lo respinge senza indugio, affermando che non vi sono evidenze sperimentali che ne provino l'esistenza. Soltanto verso la fine si convince della realtà di Nosferatu, di fronte al suo corpo inanimato e ai buchi lasciati sul collo del cadavere di Lucy. A questo punto si procura un paletto acuminato e un martello e procede all'uccisione del Conte. C'è però da notare una cosa che sembra essere finora passata inosservata. Appena conficcato il paletto nel petto del vampiro, Van Helsing non riserva lo stesso trattamento al corpo di Lucy, da poco spirata per dissanguamento. Questo dà origine a un sinistro finale aperto: non soltanto Lucy è destinata a risorgere, ma anche la sua amica Mina, che come lei è morta dissanguata.

La bizzarria dell'onomastica

Secondo alcune malelingue, Herzog avrebbe deciso per mere ragioni di botteghino di cambiare i nomi introdotti da Murnau, ripristinando quelli originali dati da Bram Stoker nel suo romanzo Dracula. Una bizzarria degna di nota è che i nomi di Lucy e di Mina sono invertiti. A parte questo, il regista si mantiene abbastanza fedele al film originale sotto molti aspetti e la sua ambientazione è continentale: soltanto la città fantomatica di Wisborg diventa Wismar, sul Mar Baltico. Questo crea un interessante paradosso che sembra essere sfuggito a molti. Cosa ci fanno nominativi anglosassoni come Jonathan Harker, Lucy e Renfield in quel contesto germanofono? Il cognome Harker è tipicamente inglese, originario dello Yorkshire e derivato dal verbo to hark "origliare" (variante di to hearken, antico inglese heorcnian). Anche il cognome Renfield è anglosassone e deriva dall'antico inglese rand "bordo, margine". All'elemento toponimico inglese -field corrisponde in tedesco -feld "campo". Non mi risulta che il nome femminile Lucia (Luzia) sia molto diffuso nei paesi di lingua tedesca. Quando mi sono accorto delle incongruenze, ho provato a razionalizzare la cosa pensando all'attività di un gruppo di inglesi nel Baltico, cosa sempre possibile ma abbastanza improbabile e in ogni caso non documentata. L'ipotesi più probabile è che Herzog non si sia reso conto della stranezza di quest'enclave anglofona nel Baltico per il semplice fatto che è stata una cosa non voluta, un effetto collaterale dell'adattamento. Si noterà che Murnau ha evitato di incorrere in errori di questo tipo. Hutter è un cognome tedesco che significa "Fabbricante di Cappelli" (variante Hütter); Knock e Harding possono essere anglosassoni ma si trovano anche in Germania. Il cognome inglese Harding proviene da un più antico Hearding "Figlio del Duro". L'omofono cognome tedesco ha la stessa origine e proviene dall'area settentrionale dove la seconda rotazione consonantica non è attecchita.

Un altro elemento incongruo: l'ostia consacrata

Se uno ci pensa bene, c'è qualcosa che stona non poco in un ambiente rigidamente protestante come quello delle città baltiche della Germania: l'uso dell'ostia consacrata come mezzo per fermare i vampiri. Si tratta di un elemento che proviene dal romanzo gotico del giornalista irlandese, concepito in un contesto del tutto dissimile. La critica dà per scontato che Bram Stoker fosse cattolico, proprio perché nativo dell'Irlanda, attribuendo a questa pretesa appartenenza religiosa l'abbondante uso di crocefissi e di ostie consacrate. Tuttavia ho potuto appurare che l'autore aderiva alla Chiesa Anglicana, in cui era stato educato fin da piccolo. La cosa non crea particolari problemi, dato che crocefissi e ostie erano usati anche in contesto anglicano, senza contare il fatto che in ogni caso Stoker era cresciuto tra fedeli della religione della Chiesa Romana e doveva risentire di questo in qualche modo. La Londra in cui si svolgono le gesta di Harker e di Dracula era una città abbastanza varia come composizione religiosa e i cattolici non erano in numero irrilevante. Difficile è attribuire i rituali antivampirici fondati su elementi di teologia cattolica alla popolazione di etnia tedesca della Transilvania, essendo questa di religione protestante. Herzog non deve aver approfondito troppo l'argomento.

Attualmente la statistica fornisce questi dati sulle religioni a Wismar: 18% protestanti, 3% cattolici, 3% altre religioni, 76% senza confessione. Nel XIX secolo la ripartizione doveva essere molto diversa. Chiaramente esisteva anche allora una minoranza cattolica, mentre è immaginabile che non ci fossero tanti atei o "cristiani indifferenziati" come oggi: la percentuale dei "senza confessione" deve essere cresciuta a tal punto grazie a protestanti che hanno abbandonato la loro religione per non abbracciarne nessuna o per professare una fede cristiana generica, priva di rapporti con qualsiasi congrega. Dato che la Riforma ebbe nel Meclemburgo e in Pomerania grandissimo successo, i cattolici superstiti non dovevano avere nel XIX secolo una fede molto ardente e di certo non erano aggressivi come nei paesi in cui erano la maggioranza. Quindi è difficile credere che in una città baltica ci fossero molte persone disposte a dare credito a rimedi contro i vampiri fondati sull'uso di ostie consacrate. Si noterà che Murnau ha tolto ogni riferimento religioso dal suo adattamento.

Una leggenda nera

Corre voce che durante la lavorazione del film i ratti siano stati sottoposti a spaventosi maltrattamenti. Si tratta di calunnie inventate da qualche adepta convulsionaria della setta antispecista, che opera per gettare discredito su tutto e su tutti al fine di imporre il proprio potere sulle genti e assoggettarle a una dittatura durissima. Si parla ad esempio di un trattamento aberrante quanto improbabile per tingere i ratti bianchi di grigio: immersi nell'acqua bollente per pochi istanti, avebbero finito col morire in gran numero e i superstiti si sarebbero messi a leccarsi nel tentativo di togliersi il colore, finendo col divorarsi a vicenda. Che tutto ciò sia una falsità confezionata a bella posta con l'intento di nuocere a Herzog lo dimostra la sua stessa insensatezza - oltre al fatto che i ratti mostrati nel film colpiscono lo spettatore per la loro robusta salute e per la loro capacità di pullulare a dismisura.

Alcune curiosità

Ogni scena con dialoghi fu girata separatamente in tedesco e in inglese, senza ricorrere al doppiaggio. Così esistono due versioni che mostrano lievi differenze nella parte visiva. Nel 2014 Herzog ha dichiarato che la versione in tedesco è quella più autentica. 

Martje Grohmann, che ha interpretato la parte di Mina, che all'epoca era la moglie di Werner Herzog. Ha lavorato anche in altri film del regista tedesco: Sorelle - L'equilibrio della felicità (1979), Aguirre furore di Dio (1972) e Segni di vita (1968). Se si cerca il suo nome in Google Images si fa molta fatica a trovare una sua foto, mentre saltano fuori moltissime foto di Isabelle Adjani: evidentemente l'Idiozia Artificiale non tiene conto del fatto che Herzog ha invertito i nomi di Mina e di Lucy: dato che nel romanzo di Stoker la moglie di Harker si chiama Mina, alla Grohmann viene attribuito l'aspetto della Adjani, che è la moglie di Harker nel film!

Lo stesso Herzog compare in una scena nel film: a lui appartiene la mano del funzionario doganale che ordina di aprire una cassa da morto per verificarne il contenuto dichiarato, finendo morsicato da un roditore. A quanto ha dichiarato, nessun altro in tutta la troupe aveva il coraggio di toccare i topi.

Le sequenze del pipistrello in volo si erano rivelate estremamente difficili da eseguire, così furono utilizzate sequenze tratte da un documentario scientifico.

La vettura che raccoglie Harker al Passo Borgo è un carro funebre che era ancora in uso in Bulgaria all'epoca delle riprese.

Klaus Kinski ha interpretato il ruolo di Renfield nel film Il Conte Dracula di Jess Franco (1970). Quando lo avrò visionato, non mancherà la recensione.

Herzog ha scritturato Roland Topor facendogli interpretare Renfield dopo averlo visto in uno show televisivo francese: era rimasto molto colpito dalla sua caratteristica risata compulsiva. Topor fu un notevole artista di origine ebraico-polacca famoso per i suoi disegni surreali e grotteschi, che hanno davvero dell'incredibile. Fu anche drammaturgo e paroliere. A quanto pare fu anche l'inventore della parola atelorrea, che indica il vomito senza fine.

Il 1979 ha visto pullulare i film sulla figura di Dracula. Oltre al film di Herzog abbiamo anche Dracula di John Badham, la commedia Amore al primo morso di Stan Dragoti, Nocturna di Harry Hurwitz e Il succhione di Carl Schenkel (Carlo Ombra). Sempre nello stesso anno sono usciti altri due film vampireschi: Sete di sangue di Rod Hardy e Le notti di Salem di Tobe Hooper.