domenica 8 ottobre 2017


UN PERNICIOSISSIMO LIBERCOLO

Arthur Schopenhauer ha scritto L'arte di ottenere ragione (Eristische Dialektik - Die Kunst, Recht zu behalten), un trattato che ha arrecato un immenso danno alla Scienza, trasmettendo a troll e fissati di ogni genere dettagliate istruzioni per tormentare gli studiosi seri. Poco importa che egli intendesse denunciare la dialettica o arte di disputare, causata dalla "naturale prepotenza del genere umano": di fatto il suo scritto ha contribuito attivamente a far proliferare tale prepotenza, dando agli energumeni gli strumenti per arrecare danno. Nel seguito allego un sunto di tali strategie, che nel Web hanno trovato il loro massimo compimento.

1) Ampliamento: interpretare l'affermazione dell'avversario nel modo più generale possibile, restringendo invece la propria.

2) Omonimia: estendere l'affermazione presentata dall'avversario a qualcosa che, oltre al nome uguale, non ha nulla in comune con l'argomento in questione.

3) Generalizzazione: trattare l'affermazione dell'avversario con valore relativo (particolare) come se avesse un valore assoluto (universale).

4) Occultamento: presentare le premesse alla propria conclusione una alla volta, in modo che l'avversario le ammetta senza accorgersene.

5) False proposizioni: usare tesi false ma vere ad hominem, sfruttando i preconcetti e pregiudizi dell'avversario.

6) Dissimulazione di petitio principii: postulare ciò che si dovrebbe dimostrare.

7) Metodo socratico o erotematico: porre domande adeguate all'avversario e ricavare la verità della propria affermazione dalle stesse ammissioni dell'avversario.

8) Provocazione: suscitare l'ira dell'avversario per confonderlo.

9) Confusione: porre all'avversario domande in un ordine diverso da quello nel quale se le sarebbe aspettate.

10) Ritorsione delle negazioni dell'avversario: se l'avversario intenzionalmente risponde in modo negativo a tutte le domande, chiedere il contrario della tesi di cui ci si vuole servire.

11) Generalizzazione dell'inferenza: se l'avversario accetta la verità di fatti particolari dare per scontato che abbia accettato anche l'universale relativo.

12) Metaforizzare: scegliere sempre metafore e similitudini favorevoli alla propria affermazione, introducendo nella definizione ciò che si vuole provare in seguito.

13) Presentare l'opposto della propria tesi: presentare l'opposto della propria tesi in modo denigratorio, per far sì che l'avversario sia costretto a rifiutarlo.

14) Dichiarare la vittoria: dopo che l'avversario ha risposto a molte domande senza peraltro giungere alla conclusione desiderata, dichiarare la vittoria con una buona dose di faccia tosta.

15) Usare tesi apparentemente assurde: se la propria tesi è paradossale e non la si riesce a dimostrare, proporre all'avversario una tesi giusta ma non evidente; se questo la rifiuta condurlo ad absurdum e trionfare.

16) Argomenti Ad hominem: cercare contraddizioni nelle affermazioni dell'avversario.

17) Usare sottili distinzioni: se l'avversario incalza con una controprova, occorre trovare una sottile distinzione se la cosa consente un doppio significato.

18) Mutatio controversiae: se c'è il rischio che l'avversario possa avere ragione, spostare l'argomento della disputa su altre questioni.

19) Generalizzazione: se l'avversario sollecita ad esprimere un'opinione su un particolare, estrapolare l'universale ed opporsi a questo.

20) Trarre conclusioni: se l'avversario ha concesso parte delle premesse, trarre la conclusione anche se le premesse sono incomplete.

21) Controargomentazione: se l'avversario fa uso di un argomento solo apparente o sofistico, liquidarlo usando un controargomento altrettanto sofistico o apparente.

22) Petitio principii : rigettare le premesse dell'avversario come petitio principii.

23) Esagerazione: spingere l'avversario ad esagerare le proprie affermazioni e quindi confutarle.

24) Forzare la consequenzialità: trarre a forza dalle affermazioni dell'avversario, con false deduzioni, tesi che non vi siano contenute (apagoge).

25) Istanza o Exemplum in contrarium: l'apagoge si demolisce presentando un unico caso per cui il principio non è valido.

26) Retorsio argumenti: l'argomento che l'avversario vuole usare a proprio vantaggio viene usato meglio contro di lui.

27) Sfruttare l'ira dell'avversario: se di fronte a un certo argomento l'avversario si adira, insistere su quell'argomento, poiché è facilmente il punto debole del suo ragionamento.

28) Argumentum ad auditores: funziona meglio quando persone colte disputano di fronte ad ascoltatori incolti. Avanzare un'obiezione non valida ma "spettacolare", che richieda, per essere smentita, una lunga e noiosa disquisizione.

29) Diversione: qualora l'avversario fosse sul punto di vincere la disputa cambiare completamente argomento e proseguire come se fosse pertinente alla questione e costituisse un argomento contro l'avversario.

30) Argumentum ad verecundiam: invece che di motivazioni ci si appelli ad autorità rispettate dall'avversario.

31) Dichiarazione di incompetenza: dichiararsi incompetenti per insinuare negli spettatori il dubbio che l'affermazione dell'avversario sia una cosa insensata.

32) Denigrazione: per accantonare, o almeno rendere sospetta, un'affermazione dell'avversario ricondurla ad una categoria odiata dagli spettatori.

33) "Vero in teoria, falso in pratica": ammettere con questo sofisma le ragioni e tuttavia negarne le conseguenze.

34) Incalzare l'avversario: se l'avversario si dimostra evasivo riguardo ad un argomento, incalzarlo su quell'argomento, poiché facilmente sarà uno dei suoi punti deboli.

35) Argumentum ab utili: anziché agire sull'intelletto con il ragionamento, agire sulla volontà con motivazioni, dimostrando all'avversario che la sua opinione, se vera, non può recargli che danno.

36) Sproloquiare: l'avversario rimarrà sconcertato e sbigottito da sproloqui privi di senso.

37) Spacciare un argumentum ad hominem per uno ad rem: se l'avversario sceglie una cattiva prova a sostegno del suo argomento confutare la prova e passare questa confutazione come una confutazione all'intero argomento.

38) Argumentum ad personam: come ultima risorsa diventare offensivi, oltraggiosi e grossolani.

giovedì 5 ottobre 2017


POTERE ASSOLUTO

Titolo originale: Absolute Power
Paese di produzione: USA
Anno: 1997
Lingua: Inglese
Durata: 121 min
Genere: Thriller, drammatico, poliziesco
Regia: Clint Eastwood
Soggetto: David Baldacci
Sceneggiatura: William Goldman
Produttori:
   Clint Eastwood,
   Karen Spiegel
Casa di produzione: Castle Rock Entertainment,
   Malpaso Productions
Distribuzione (Italia): Medusa Film
Fotografia: Jack N. Green
Montaggio: Joel Cox
Musiche: Lennie Niehaus
Colonna sonora:
  1. "Katie's Theme" (2:07)
  2. "Mansion" (1:32)
  3. "Christy Dies" (2:28)
  4. "Mansion Chase" (4:34)
  5. "Christy's Dance" (3:42)
  6. "Waiting for Luther/Wait for My Signal" (6:58)
  7. "Dr. Kevorkian I Presume" (1:44)
  8. "Sullivan's Revenge" (2:19)
  9. "Katie's Theme/End Credits" (4:42)
Scenografia:
   Henry Bumstead,
   Jack G. Taylor Jr.,
   Richard C. Goddard,
   Anne D. McCulley
Interpreti e personaggi   
    Clint Eastwood: Luther Whitney
    Gene Hackman: Presidente Alan Richmond
    Ed Harris: Seth Frank
    Laura Linney: Kate Whitney
    Scott Glenn: Bill Burton
    Dennis Haysbert: Tim Collin
    Judy Davis: Gloria Russell
    E.G. Marshall: Walter Sullivan
    Melora Hardin: Christy Sullivan
    Penny Johnson Jerald: Laura Simon
    Richard Jenkins: Michael McCarty
Doppiatori italiani   
    Michele Kalamera: Luther Whitney
    Oreste Rizzini: Presidente Alan Richmond
    Massimo Wertmüller: Seth Frank
    Claudia Catani: Kate Whitney
    Ennio Coltorti: Bill Burton
    Gianni Musy: Walter Sullivan
    Veronica Pivetti: Laura Simo
Budget: 50 milioni di $
Incassi al botteghino (US): 50,1 milioni di $

Trama:

Il Presidente degli Stati Uniti, Alan Richmond, costantemente in preda al pungolo della carne, ha la necessità di avere un'intensa vita sessuale. Così gli vengono procurate occasioni per sfogare i suoi bassi istinti. Una sera viene combinato l'incontro erotico tra la massima autorità degli States e Christie, la giovane moglie del senatore Walter Sullivan. Il Presidente e la donna arrivano alla villa dell'anziano politico in stato di ubriachezza e iniziano a divertirsi. Si baciano con trasporto, lei si inginocchia, gli tira giù la cerniera e per pochi istanti lo fella, poi è lui a metterle la testa tra le gambe e a leccarle il cunnus. A un certo punto qualcosa va storto. In preda all'eccitazione da cocaina e all'immane quantità di alcol ingurgitato, l'uomo comincia ad essere violento. Inizia a schiaffeggiare l'amante, quindi si mette in testa di sodomizzarla. Lei non vuole essere penetrata nell'ano e si divincola, scalcia, ma il Presidente, invaso da una furia demoniaca, la colpisce selvaggiamente e tenta di strangolarla, quindi rinnova il suo attacco sessuale al deretano. La donna afferra un tagliacarte e si getta sull'uomo che ha tentato di carpirle la verginità anale, colpendolo a un braccio e cercando di ucciderlo. A questo punto intervengono le guardie del corpo, che sparano alla donna, perforandole il torace e sopprimendola. Il Presidente di colpo giace sotto il cadavere, tutto cosparso di sangue. Se questo fosse tutto, il film non sarebbe potuto sussistere: nella storia d'America saranno ben state occultate porcherie simili a questa e anche peggiori. Il punto è che nel caveau era nascosto un ladro, Luther Whitney, che era entrato nottetempo in casa del senatore cornuto per rubare: da quel nascondiglio ha assistito al tentativo di sodomia violenta e al delitto. Infatti la porta era un vetro spia, opaco se guardato dalla camera, ma trasparente dall'interno. Il perché di tale peculiarità architettonica è presto spiegato: Christie aveva l'abitudine di folleggiare mentre il marito impotente e voyeur la guardava stando proprio nello stanzino blindato. La vita dell'intruso è in estremo pericolo, perché è testimone anche di tutte le operazioni compiute dall'assistente personale del Presidente, Gloria Russell, e dai suoi agenti, al preciso scopo di far scomparire ogni traccia dell'accaduto. Per essere sicura che non siano rimaste tracce spermatiche, l'arcigna donna incarica uno degli agenti di ispezionare la vagina della morta: nessuno ha assistito agli atti sessuali e tutti immaginano che il fallo presidenziale debba per forza aver fatto il suo ingresso nell'entrata anteriore. Ogni traccia di sangue viene cancellata, tutto ciò che è stato contaminato è infilato in un grande sacco nero. La pulizia della scena del delitto non è però perfetta. Viene dimenticata proprio l'arma da taglio con cui la vittima ha ferito il suo violatore. Quando rimane solo, Whitney se ne impadronisce e si prepara a fuggire calandosi dalla finestra con una fune. La Russell all'improvviso nota l'assenza dell'arma del delitto, proprio mentre sta salendo in macchina. Si scatena il panico. Gli agenti salgono nella stanza dove giace il cadavere, si accorgono della sortita del ladro e lo rincorrono, tentando di terminarlo. È l'inizio di una disperata caccia all'uomo, perché il vulnus che il fuggiasco potrebbe introdurre nelle istituzioni del Paese è tale da poterne provocare il crollo.

Recensione:

Un film eccellente, uno dei miei preferiti. Un superbo thriller politico e non solo. Clint Eastwood è un genio assoluto! Purtroppo, come spesso accade ai capolavori la cui genialità è troppo avanti coi tempi, non ha ottenuto pieno successo: la critica americana gli ha riservato un gran misto di lodi e di biasimo. Questo perché in quella nazione ben pochi possono reggere una simile devastante critica che annichilisce le strutture politiche e l'intera classe dirigente. L'ipocrisia dei potenti viene esposta dal regista con tutta la ferocia possibile. Il senatore cornuto Sullivan lo dice chiaramente: ha donato l'astronomica cifra di un miliardo di dollari in beneficienza, e tutto questo diverrebbe una barzelletta se si venisse a sapere che un così grande filantropo godeva a guardare la moglie intrattenere rapporti carnali adulterini nascosto in uno stanzino. Becco, impotente e voyeur! Così le genti lo ingiurierebbero. Tutta la sua plutocratica sicumera si dissolverebbe come un coagulo spermatico in un condom gettato via nella notte. Lo specchio ustorio della disamina di Eastwood è implacabile. Uno degli agenti della guardia del corpo di Alan Richmond, un colossale mandingo, dice qualcosa di molto significativo. Afferma davanti al vindice Whitney, che gli ha infilato una siringa nel collo, minacciando di raggiungere la carotide: "Giusto o sbagliato, è il mio Presidente!". Su questa logica poggia la montagna di merda che è il mondo! Lo stesso Richmond, "puttana senza cuore", considera l'accaduto soltanto una fastidiosa seccatura di cui sbarazzarsi, uccidendo a destra e a manca. Egli reputa la donna uccisa come spazzatura, ma con prontezza sostiene il senatore Sullivan in una conferenza stampa facendo discorsi retorici, di un'ipocrisia ributtante.

Ovviamente ogni riferimento al conato di sesso anale su una donna viene rimosso dalle recensioni ispirate all'ideologia buonista e politically correct: la strategia di chi passa sotto silenzio ciò che è scomodo continua a funzionare. Posso solo trattare con sufficienza coloro che non hanno compreso la natura dell'atto in questione, pensando che il Presidente volesse semplicemente entrare nel vaso procreativo anziché in quello fecale. Il problema è che moltissimi hanno capito eccome la natura del tentato stupro sodomitico, e la cosa ha destato in loro una tale reazione di marasma che hanno trovato un solo rimedio: fare finta di ignorare la causa di cotanto turbamento. Tutto secondo me ruota attorno al paonazzo glande presidenziale che cerca di trovare la sua via verso l'agognato contatto con gli escrementi femminili, bramando di poter scaricare dentro lo sperma, in mezzo alla pasta marrone e alle emorroidi. Senza questo dettaglio, il film non avrebbe la stessa forza. Sarebbe in qualche misura dimezzato. Trovo che sia necessario mostrare Moloch in tutta la sua abiezione, per far sì che nulla sia passato sotto silenzio e che gli spettatori siano sempre tenuti desti da un rovente pungolo.

La critica italiana è stata più benigna di quella degli USA, anche se non ha compreso bene l'anima della pellicola. Riporto alcuni interventi che sono riuscito a reperire, aggiungendovi qualche commento:  

1) "A parte incongruenze e inverosimiglianze, scontate nel 'genere', Potere assoluto è intrigo avvincente. E, alla scacchiera consueta, Eastwood aggiunge due notazioni interessanti: l'affetto profondo ma non esibito dello scassinatore per la figlia, e le motivazioni (il disgusto dell'ipocrisia del presidente) che lo spingono a non mollare la presa". (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 23 maggio 1997)

Su incongruenze e inverosimiglianze si può sorvolare, anche se sono davvero tante. In effetti Luther Whitney è abile come Loki a sfuggire e a travestirsi, sembra dotato di poteri soprannaturali. Interessante il meccanismo che spinge il famoso ladro a reagire, colto dalla nausea e dall'ira verso la canaglia Alan Richmond. Quando avrebbe potuto fuggire e far perdere le sue tracce, resta per non darla vinta al plenipotenziario demoniaco. L'affetto provato dallo scassinatore per la figlia non avrebbe in sé nulla di anomalo, se non fosse per la sua difficoltà a comunicarlo, che colpisce l'attenzione dello spettatore: non è cosa di tutti i giorni un padre che spia la figlia e la fotografa a sua insaputa nei momenti più importanti della sua giovane vita. Certo, sarebbe stato diverso se l'affetto paterno si fosse spinto fino alla morbosità di una passione incestuosa, ma credo proprio che questo sarebbe stato troppo per un film già di per sé così audace. 

2) "Eastwood regista non è al suo meglio, Eastwood attore rimane irresistibile: e non è poco (magari, anzi, è troppo) fare un film in cui il cattivo è il presidente degli Stati Uniti, beone, donnaiolo, sadico, bugiardo, ipocrita, traditore dell'amicizia, mandante di assassinii, aspirante strangolatore".
(Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 19 maggio 1997)

La recensione comparsa su La Stampa è un tipico esempio dell'omissione di cui parlavo che ho menzionato più sopra. La pellicola narra di un presidente degli Stati Uniti che non è soltanto un malfattore comune, beone, donnaiolo e via discorrendo come milioni di americani: egli è soprattutto un sodomizzatore violento e un assassino. Infatti assassino non è solo chi preme il grilletto. Errano anche coloro che ritengono preterintenzionale l'omicidio di Christie Sullivan, dato che proprio Richmond ha iniziato una situazione ingestibile che ha condotto senza possibilità di scampo all'intervento delle guardie del corpo. Certo, può stupire che il regista abbia avuto l'audacia di mostrare il Male incarnato che siede alla Casa Bianca, data la sacralità della figura del Presidente in America. Si consideri che Eastwood è un uomo di immenso coraggio e di solidissimi princìpi, a cui va tutta la mia stima.

3) "Forse talune sorprese sono inutilmente pasteggiate (perché rivelare che il manesco puttaniere è il Presidente solo dopo 45 minuti, quando sta scritto su tutte le anticipazioni del film?) ed ogni tanto Clint si concede qualche tocco di autocompiacimento in più. Però questo è cinema-cinema al più alto grado di consumo, presentato in una confezione perfetta e contenente la sorpresa cui alludevo all'inizio: un granello di sana ed autentica rabbia".
(Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 19 maggio 1997)

La duplicazione "cinema-cinema" è un'innovazione linguistica di cui non si sentiva proprio il bisogno, per non parlare della stravagante locuzione "al più alto grado di consumo". Per il resto, concordo sulla rabbia, che non si limita certo alle dimensioni di un granello! 

4) "Dopo il western, il road-movie che finisce in tragedia e il melodramma, adesso tocca al poliziesco: Eastwood si trova benissimo nel cinema di genere, ne padroneggia le regole con la semplicità dei maestri asciugandone l'enfasi postmoderna e vivificandolo con la malinconia della sua disillusione. Così è anche per la storia del ladro che scopre prima la violenza e poi la meschinità del presidente degli Stati Uniti, disposto a ogni bassezza per non incrinare il proprio potere: il film inizia come un thriller, continua come lezione di morale, in nome di quei valori che il mondo sembra aver dimenticato, e finisce con il coraggio del pessimismo. E la necessità dell'azione. Quasi un testamento, perfino con un paio di battute a effetto per vendicare un'idea di cinema essenziale e intensa, come solo i grandi artigiani sanno ormai fare".
(Paolo Mereghetti, 'Sette', 15 giugno 1997)

Asciugare l'enfasi postmoderna è qualcosa di bellissimo, proprio come drenare un bubbone dal pus in eccesso facendolo defluire tramite una cannuccia, premendone al contempo le parti più molli e mature. Non c'è che dire: tutto questo stuzzica la mia turpe fantasia di Harkonnen. 😀 Se devo essere franco, l'intera vicenda narrata da Eastwood non mi sembra avere alcuna connessione con il concetto di postmodernità, asciugata o purulenta che sia. L'assalto di un potente a una sua amante è una cosa che si sarebbe benissimo potuta svolgere anche nel Neolitico o ai tempi di Roma. Certo, in quei contesti con ogni probabilità non avrebbe destato molta attenzione, se non in un popolo la cui legge condannava la sodomia. L'unica cosa davvero moderna è il potere dei media, capaci di propalare le notizie in tempo reale da un capo all'altro del pianeta. Quando il film fu prodotto, il Web esisteva già, ma era qualcosa di nuovo e non aveva ancora raggiunto una significativa diffusione. Le vicende narrate si svolgono in un contesto inconcepibile per un millennial: la massima tecnologia disponibile è il videoregistratore, gli allarmi ritenuti sofisticati dal protagonista ora sarebbero considerati antidiluviani, non si scorge la benché minima traccia di telefonia mobile. Non sembrano esserci telecamere per la sorveglianza pubblica. Si menziona un marchingegno per l'apertura automatica della cassaforte e si notano alcuni compact disc, ma al contempo si fa vedere che Luther Whitney ne ignora completamente l'uso. Sembra che il ladro sia rimasto poco aggiornato sigli sviluppi tecnologici: all'inizio del film un barista lo apostrofa: "La tua vita sarebbe molto più semplice se imparassi a usare il videoregistratore". "Giusto, mai parole furono più vere", è la risposta del ladro, che riconosce le proprie limitazioni. Se la vicenda fosse stata ambientata in un mondo innervato dal Web come quello in cui viviamo, tutto sarebbe stato diverso. Sarebbe bastato un messaggio in Whatsapp o un post su un social network per provocare disastrose fughe di notizie. 

Reazioni nel Web:

Riporto in questa sede alcuni commenti che mi paiono significativi, tali e quali li ho reperiti nel Web (vengono mantenuti refusi, errori di ortografia, odiosi spazi mancanti o in eccesso):

Peppe87 ha scritto: 

Una pellicola "burocratica,ma presidenziale"
"Il film narra una storia verosimile:il presidente degli USA commette un reato,un reato che,a tutti i costi deve rimanere segreto. Eastwood,forse vuole comunicarci,che,in molti casi,la legge non è poi così uguale per tutti,e noi,purtroppo siamo inerti,ma dovremmo denunciare dei casi di questo genere che,sicuramente,succedono eccome. Il film lo consiglio,soprattuto,a coloro che possono avere un futuro nel campo legislativo,perchè può servirli come esempio di denuncia a tutte le irregolarità che,haimè,succedono."

Weach ha scritto:

Il coraggio di affrontare il potere
Il film in esame  va ricollegato ad altre filmografie che ,in qulche modo, stigmatizzano"l'inquinamento del potere costituito; vedi "V per vendetta" come pure  le due filmografie che traspongono in maniera diversa  il romanzo di "Orewll"  rispettivamente "Orwell 1984 "e "Brazil" del 1985: tutte filmografie  che sono collegate nel tema  della denuncia contro il potere costituito che sottomette e controlla  l'uomo piegando ai propri biechi interessi . Il film è in esame è più cinematografico degli altri citati, più film  nel senso classico e sembra sprovvisto di contenuiti ideologici ben definiti.
Tratto dall’omonimo romanzo di David Baldacci., il soggetto è originale  ed il regista Eastwood  ci "naviga dentro" con disinvoltura.
E’ il confronto di un  uomo comune con il potere infinito di un “presidente”che tutto può e tutto  piega,ma una volta, ogni tanto, può succedere il miracolo: l’uomo comune può vincere  quindi ,sembra dire il l film ;si può e si deve  avere il coraggio di controllare  “il potere assoluto” solo così potremmo cambiarlo a costo di rischiare qualcosa.
Tante connivenze ,una giustizia solo formale vanno vinte creando uomini nuovi di alta dirittura morale, ma si parte dalla base  di una società perché è noto:il potere è espressione  e specchio di noi stessi.
Finale a sorprese ,ma  la trama è vostra , resto discreto e consiglio solo una buona visione…merita.

martedì 3 ottobre 2017


MISSISSIPPI BURNING -
LE RADICI DELL'ODIO

Titolo originale: Mississippi Burning
Anno: 1988
Paese di produzione: USA
Lingua: Inglese
Durata: 128 min
Rapporto: 1,85:1
Genere: Drammatico, thriller, propaganda liberal
Regia: Alan Parker
Soggetto: Chris Gerolmo
Sceneggiatura: Chris Gerolmo
Produttore:
   Frederick Zollo,
   Robert F. Colesberry
Casa di produzione: Orion Pictures
Fotografia: Peter Biziou
Montaggio: Gerry Hambling
Effetti speciali: Stan Parks
Musiche: Trevor Jones
Scenografia:
   Philip Harrison,
   Geoffrey Kirkland
Costumi: Aude Bronson-Howard
Trucco: David Craig Forrest
Interpreti e personaggi   
    Gene Hackman: agente Rupert Anderson
    Willem Dafoe: agente speciale Alan Ward
    Frances McDormand: sig.ra Pell
    Brad Dourif: vicesceriffo Clinton Pell
    R. Lee Ermey: sindaco Tilman
    Gailard Sartain: sceriffo Ray Stuckey
    Stephen Tobolowsky: Clayton Townley
    Michael Rooker: Frank Bailey
    Pruitt Taylor Vince: Lester Cowens
    Badja Djola: agente Monk
    Kevin Dunn: agente Bird
    Frankie Faison:
    Tom Mason: giudice
    Lou Walker: Vertis Williams
    Billy Jean Young: sig.ra Williams
    Frederick Zollo: giornalista
    Tobin Bell: agente Stokes
Doppiatori italiani   
    Walter Maestosi: agente Rupert Anderson
    Luigi La Monica: agente speciale Alan Ward
    Paila Pavese: signora Pell
    Luca Dal Fabbro: vicesceriffo Clinton Pell
    Michele Kalamera: sindaco Tilman
    Giorgio Lopez: sceriffo Ray Stuckey
    Massimo Milazzo: Clayton Townley
    Fabrizio Temperini: agente Bird
Budget: 15 milioni di $
Incasso al botteghino (US): 34,6 milioni di $

Trama:

Le vicende narrate da Alan Parker sono ambientate nell'inesistente contea di Jessup, proiezione incubica della contea di Neshoba, nel Mississippi. Il regista ha infatti tratto ispirazione dall'omicidio di tre volontari dell'African-American Civil Rights Movement (Movimento per i diritti civili degli Afroamericani), che ha avuto luogo nella contea di Neshoba nella notte tra il 21 e il 22 giugno 1964. I loro nomi sono James Chaney, Andrew Goodman e Michael Schwerner. In estrema sintesi, presento la narrazione del film. I tre attivisti che si sono recati nella contea di Jessup per istruire i neri sui loro diritti, non hanno fatto ritorno. Così scattano le indagini dell'FBI, dirette dagli agenti Rupert Anderson e Alan Ward. I federali sono molto diversi per origine e formazione: mentre Anderson è un ex-sceriffo del Mississippi e conosce bene la realtà locale, Ward viene dall'Università di Harvard ed è completamente all'oscuro dei problemi che affliggono il Sud. Subito i due agenti si scontrano subito con l'omertà dei nativi. Scoprono che il Ku Klux Klan è presente ad ogni livello in tutte le strutture politiche e sociali della contea, tanto che sia lo sceriffo che il vicesceriffo risultano affiliati alla setta. Le possibilità di ottenere giustizia sembrano una mera illusione, dato che ogni azione di Anderson e di Ward ha come effetto un inasprirsi delle ostilità del Klan contro la comunità afroamericana. Un aiuto insperato viene dalla moglie di un Klansman, che detesta l'ambiente violento in cui si trova immersa: mentre il marito si trova a un incontro con gli altri settari, lei rivela il luogo dove sono stati occultati i cadaveri. Alla fine i due agenti dell'FBI riescono nel loro intento e smascherano i colpevoli ricorrendo a qualsiasi mezzo, ricatto compreso, ma lo Stato del Mississippi si rifiuta di accusarli di omicidio: gli unici reati imputabili sono la cospirazione e la violazione dei diritti civili. Il processo porterà così alla condanna di sei imputati, con pene detentive dai tre ai dieci anni. 

Recensione: 

La massima parte delle recensioni che ho letto sono eulogistiche, soprattutto quelle trovate nel Web in italiano. Anche se negli States non sono mancate controversie, i navigatori di lingua italiana non sembrano esserne a conoscenza. Le mie sembrano essere le prime parole critiche scritte da un italiano sull'argomento. Leggendo i commenti ai siti di cinema, si vede che non pochi esaltati attribuiscono a questa pellicola addirittura il "merito" di aver reso possibile la presidenza di quel malfattore che è Barack Obama. Queste ed altre storture sono la proiezione del tirannico mondo scolastico, che ha fatto il lavaggio del cervello a intere generazioni rimbambendole con la marcia di John Brown. Il film di per sé non mi era dispiaciuto quando l'ho visto. Tecnicamente è ben fatto, e la recitazione degli attori è magistrale. Su questo non ho nulla a ridire. Così come concordo sul fatto che vi è ben descritto il clima di feroce odio che permea quei pochi paesini in culo al mondo in cui il Klan ancora conservava una qualche influenza negli anni '60. Non posso però nascondere che i falsi storici veicolati dall'opera di Parker sono molteplici.

Sul sito Rotten Tomatoes, questo film è etichettato come "all-names-changed dramatization of the Ku Klux Klan's murders of three civil rights workers in 1964". La locuzione "all-names-changed", ossia "con tutti i nomi cambiati", è altamente significativa. Infatti nessuno dei nominativi corrisponde alla realtà. È stato cambiato persino il nome della contea in cui avvennero gli omicidi degli attivisti dei diritti umani: da Neshoba è diventato magicamente Jessup. Così un luogo reale si è trasformato in un luogo fittizio, fantomatico. Se dai un nome errato alle cose, queste perderanno parte del loro essere. Potrebbe quasi essere considerata un'operazione di magia nera. Anche senza considerare questi aspetti, che al giorno d'oggi la maggioranza riterrebbe superstiziosi, mi domando come una storia con i nomi cambiati possa concretamente aiutare le vittime di qualsiasi forma di violenza o di ingiustizia: questi sono i misteri del mondo dei media che la sindrome di Asperger mi ha sempre impedito di comprendere. Ah, certo, mi dicono che è per evitare cause legali. Così si scopre un interessantissimo arcano di cui proprio non immaginavo l'esistenza: diventa lecito pensare di poter servire la Verità avendo la coda di paglia. Per inciso, lo sceriffo della contea di Neshoba denunciò comunque la Orion Pictures per diffamazione e invasione di proprietà, anche se perse la causa. I nominativi degli organizzatori degli omicidi e delle altre persone implicate sono tutti riportati, assieme alle rispettive foto, da Wikipedia:




Il KKK descritto dal film sembra un'entità monolitica e atemporale, una monade non analizzabile e priva di un'origine. La realtà storica dei fatti è ben diversa. Non mi stancherò mai di ricordare che il Klan fondato da Simmons nel 1915, storicamente il secondo, è privo di connessioni con l'originale Klan fondato a Pulaski nel 1865 e annientato da Ulysses Grant un decennio dopo. Nel 1944 lo stesso secondo Klan si è sciolto e da allora esistono numerose sette distinte che ne utilizzano il nome, e spesso sono in contrasto tra loro. In particolare la setta degli Incappucciati all'opera nella contea di Neshoba negli anni '60 non aveva più il potere del Klan di Simmons, che raggiunse più di 6 milioni di adepti a livello nazionale a metà degli anni '20 (già negli anni '30 la cifra era crollata a 30.000). Si trattava piuttosto di uno dei tanti frammenti originatosi dalla scissione di quello stesso Klan. L'esatta denominazione del gruppo, guidato da Samuel Bowers, era White Knights of the Ku Klux Klan. L'intervento dell'FBI ridiede vita per reazione a una confraternita agonizzante, facendole confluire circa 10.000 mississippiani, che si consideravano patrioti e insorgevano contro quella che consideravano una vera e propria invasione dal Nord. Il caso dei volontari assassinati suscitò un'immensa ondata di indignazione. Attualmente si stima che vi siano al massimo cinquemila affiliati in tutto il territorio degli USA, su una popolazione che ammonta a oltre trecentoventi milioni di persone. Una percentuale che ne fa una tigre di carta, eppure nonostante questo sembra che sia diventato il primo problema nazionale, generando isterismi senza fine. Qualcuno afferma che il Klan potrebbe risorgere dalle sue ceneri, diventando di nuovo potente. Sono a dir poco scettico. Il clima è così incandescente che se qualche incappucciato osasse alzare la testa, finirebbe linciato in quattro e quattr'otto. A mio avviso non è fantapolitica immaginare che presto si scateneranno pogrom contro adepti del Klan, anche soltanto presunti, e che il Sud finirà messo a ferro e a fuoco. Nessuno sembra accorgersi che a prevalere è in ogni caso lui... l'Odio. Nella sua dimora a Pandaemonium, il Diavolo ride. 

Ricorsi storici e scherzi del destino 

Per moltissime persone, plasmate dal deleterio sistema scolastico italiano, nel 1945 si è avuto il collasso della funzione d'onda della Storia, con conseguente annullamento di tutto ciò che è avvenuto in precedenza. Così vediamo un incomprensibile Hitler scaturito da qualche universo extradimensionale, avulso dal contesto precedente e dagli stessi eventi cruciali che hanno portato alla sua fine. Il mondo formatosi nel 1945 viene così proiettato all'indietro all'infinito, fino all'epoca dei dinosauri. Lo stesso accade anche con la politica americana. "Le bombe sono bionde, sono repubblicane", recitava un'enfatica poetessa durante un reading a cui ho assistito a Genova. Il riferimento dell'incalzante autrice chiaramente era a Donald Trump, protagonista della Storia riscritta secondo gli schemi ideologici scolastici. Queste sono le equazioni politiche dell'America moderna, credute vere ed eterne dalle masse: 

Repubblicani = 
destra,
fascismo,
razzismo,
neonazismo,
KKK

Democratici =
sinistra,
tolleranza,
diritti umani,
antirazzismo,
political correctness

In realtà le cose non sono sempre state così. All'epoca della Guerra Civile la realtà invece era questa:

Repubblicani =  
Unione,
antischiavismo,
abolizionismo,
diritti umani.

Democratici =
Confederazione,
schiavismo,
razzismo,
massoneria
origine del KKK. 

La metamorfosi del Partito Democratico in un alfiere dei diritti umani e della political correctness è sorprendentemente moderna. Una simile trasformazione ontologica di fatto delegittima la sua esistenza. Populismo di sinistra? Liberalismo? Progressismo? Terza via? Questi sarebbero i princìpi professati da un partito erede dello schiavismo?! Tutto questo però non basta. Il fatto è che il Partito Democratico in origine, sul finire del XVIII secolo, si chiamava... Partito Repubblicano! A un certo punto fu chiamato Partito Repubblicano-Democratico, all'inizio per satira, perché creduto prossimo alle idee della Rivoluzione Francese. Poi divenne Partito Democratico anche formalmente. A questo punto soltanto sorse il moderno Partito Repubblicano, che derivò dagli originari Whig, in cui confluì il Partito Antimassonico. Queste cose a scuola non le insegnano? Peccato. 

L'Invisibile Impero e l'ubriachezza 

Ha tutta l'aria di un falso storico la forte propensione all'ubriachezza dei Klansmen di Mississippi Burning. Sappiamo che il Ku Klux Klan fondato da Simmons nel 1915 era una setta che predicava l'astemia e che sosteneva con fervore fanatico il proibizionismo. In diverse occasioni i Klansmen hanno compiuto atti di violenza contro persone sorprese in stato di ebbrezza e hanno bruciato spacci clandestini di alcolici, arrivando anche a collaborare con altri gruppi proibizionisti. Mi pare abbastanza verosimile che le conventicole derivate dalla dissoluzione del secondo Klan, quelle che ancora oggi sopravvivono, abbiano portato avanti questa caratteristica come un'eredità. Qualche tempo fa mi è capitato di leggere che in occasione delle feste del Klan non si trovavano bevande alcoliche. Potrebbe anche darsi che il rigore originale nel corso dei decenni si sia allentato, tuttavia mi sembra proprio di scorgere qualcosa di propagandistico nella scena che mostra i settari mississippiani ubriachi fradici e abbrutiti come le peggiori bestie dei campi.

L'FBI campione di liberalismo?

Vedete, la realtà non confessata dal regista del film è che l'agente Rupert Anderson è nato... a Ginevra! Egli è ginevrino nell'anima, proprio come il suo mentore Jean-Jaques Rousseau... e come l'illustre dottor Victor Frankenstein, uomo di Scienza che ha tutta la mia approvazione e stima. Ardente sostenitore dell'assoluta eguaglianza di tutti gli esseri umani sulla faccia del pianeta Terra e persino degli alieni di tutte le galassie, l'agente Anderson viene per questo a scontrarsi con i cattivoni del Klan, che con infinita perfidia denigrano Martin Luther King aggiungendo un Kong al suo cognome e che accusano l'FBI di essere il Federal Bureau of Integration. Ma com'era in realtà l'FBI all'epoca dei fatti narrati dal film? Semplice. Era esattamente lo stesso della famosa caccia alle streghe scatenata dal senatore McCarthy. Con buona pace della vulgata dei moderni buonisti.

Un autentico dinosauro

John Edgard Hoover fu a capo del BOI (Bureau of Investigation) dal 1924 al 1935, quindi dell'FBI dal 1935 al 1972, data della sua morte. Servì il Dipartimento di Giustizia sotto ben otto presidenti degli USA:

1) John Calvin Coolidge Jr.,
2) Herbert Clark Hoover,
3) Franklin Delano Roosevelt,
4) Harry Spencer Truman, 
5) Dwight David Eisenhower,
6) John Fitzgerald Kennedy,
7) Lyndon Baines Johnson,
8) Richard Milhous Nixon.

Fu proprio sotto il mandato di Nixon che avvennero i fatti descritti in Mississippi Burning, e fu proprio Hoover a inviare a Neshoba i suoi agenti, John Proctor (ribattezzato Rupert Anderson) e Joseph Aloysius Sullivan (ribattezzato Alan Ward). Forse Parker non ne era a conoscenza quando il film è stato realizzato, ma quello stesso Hoover che impiegò i suoi uomini contro il Klan era al contempo un feroce persecutore della comunità afroamericana, tanto che arrivò a dare più di un fastidio allo stesso Martin Luther King, considerato un pericolosissimo elemento sovversivo. Assediò sia le Pantere Nere che il Ku Klux Klan, ricorrendo a qualsiasi mezzo a sua disposizione per stritolare tali organizzazioni. Ha anche massacrato Charlie Chaplin accusandolo di essere una spia comunista. Ancor oggi Chaplin è odiatissimo negli States, anche se la gente ormai si è dimenticata il motivo di questa avversione. Una delle caratteristiche dell'FBI è la sua sistematica raccolta di informazioni sulle pratiche sessuali e sulle aberrazioni più intime di un immenso numero di persone. L'America nel '64 era in guerra con se stessa soprattutto perché Hoover era in guerra contro tutto e tutti. Tale fu lo strapotere del "liberale" Hoover, che quando morì, Nixon si affrettò a stabilire che la direzione dell'FBI potesse essere nelle mani di un uomo al massimo per dieci anni. Di tutte queste cose nel film non si fa nessuna menzione.

Reazioni non proprio positive

Grande fu lo sdegno di Coretta Scott King quando vide che nel film non era stato fatto nessun riferimento alle opere del suo defunto marito, e che egli era addirittura menzionato soltanto una volta come Martin Luther King Kong. Altre critiche sono venute proprio dai familiari delle vittime. Si riporta che la madre di Andrew Goodman, Carolyn, e il fratello minore di James Chaney, Ben Jr., trovarono disturbante il film. Così la Goodman definì Mississippi burning "a film that used the deaths of the boys as a means of solving the murders and the FBI being heroes." Il giovane Chaney affermò che "the image that younger people got (from the film) about the times, about Mississippi itself and about the people who participated in the movement being passive, was pretty negative and it didn't reflect the truth." Nemmeno il fratello di Schwerner, Stephen, poté dirsi entusiasta. Il suo giudizio è il più feroce, affermando che l'opera di Alan Parker "is a terribly dishonest and very racist film that distorts the realities of 1964." A dirlo è gente che ha avuto un morto ammazzato. Se non ricordo male, in una scena del film ai giovani assassinati erano rivolti epiteti come "leccanegri" e "succhiacazzi". Cose un po' pesanti e di cui non si sentiva alcun bisogno. Concordo appieno. Questo film è terribilmente disonesto e molto razzista. Non soltanto. È soprattutto un film autorazzista, che intende accusare ogni individuo di stirpe caucasica dei peggiori crimini e delle peggiori attitudini, proiettando su tutti le malefatte di pochi. Ancora una volta, tutto questo sfugge ai commentatori entusiasti.

NASCITA DI UNA NAZIONE 

Titolo originale: The Birth of a Nation
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1915
Durata: 190 minuti
Colore: Bianco e nero
Sonoro: Film muto
Genere: Drammatico, storico, propaganda del
    Ku Klux Klan 
Regia:
David Wark Griffith
Aiuto regia (non accreditati):
   Monte Blue,
   Christy Cabanne,
   Elmer Clifton,
   Jack Conway,
   Donald Crisp,
   Allan Dwan,
   Howard Gaye,
   Fred Hamer,
   Robert Harron,
   Joseph Henabery,
   Thomas E. O'Brien,
   Herbert Sutch,
   W.S. Van Dyke,
   Erich von Stroheim,
   Baron von Winther,
   Raoul Walsh,
   Henry B. Walthall,
   Tom Wilson
Capo assistente al regista: George Siegmann
   (non accreditato)
Soggetto:
Thomas F. Dixon Jr.
   1) The Clansman: An Historical Romance of the
   Ku Klux Klan
 (romanzo);
   2) The Clansman (lavoro teatrale);
   3) The Leopard's Spots (romanzo).
Sceneggiatura: David W. Griffith, Frank E. Woods
Produttore: David W. Griffith
Produttore esecutivo: H.E. Aitken (non accreditato)
Casa di produzione: Epoch Producing Corporation;
    David W. Griffith Corp.
Fotografia: Billy Bitzer
Montaggio:

   D. W. Griffith,
   Joseph Henabery,
   James Smith,
   Rose Smith,
   Raoul Walsh
Effetti speciali:
   'Fireworks' Wilson (non accreditato),
   Walter Hoffman (supervisore, non accreditato)
Musiche: Joseph Carl Breil, D.W. Griffith
Costumi:
Robert Goldstein, Clare West
    (non accreditati)
Interpreti e personaggi:    
    Lillian Gish: Elsie Stoneman
    Mae Marsh: Flora Cameron
    Henry B. Walthall: colonnello Ben Cameron
    Mary Alden: Lydia Brown
    Miriam Cooper: Margaret Cameron
    Ralph Lewis: Austin Stoneman
    George Siegmann: Silas Lynch
    Walter Long: Gus
    Robert Harron: Tod Stoneman
    Wallace Reid: Jeff (fabbro)
    Joseph Henabery: Abraham Lincoln
    Elmer Clifton: Phil Stoneman
    Josephine Crowell: signora Cameron
    Spottiswoode Aitken: dottor Cameron
    George Beranger: Wade Cameron
    Maxfield Stanley: Duke Cameron
    Jennie Lee: Mammy
    Donald Crisp: Ulysses Grant
    Howard Gaye: Robert E. Lee
    Monte Blue:
    Harry Braham: il servo di Cameron
    Bob Burns: il leader del Klan
    Edmund Burns: uomo del Klan
    Edward Burns: uomo del Klan
    Fred Burns: uomo del Klan
    David Butler: soldato del Nord / soldato del Sud
    Peggy Cartwright: bambina nella capanna
    Dark Cloud: generale
    Lenore Cooper: la cameriera di Elsie
    Sam De Grasse: senatore Charles Sumner
    John Ford:
    D.W. Griffith:
    Walter Huston:
    Elmo Lincoln: fabbro
    Eugene Pallette: soldato dell'Unione
    Erich von Stroheim: uomo che cade dal tetto
    Raoul Walsh: John Wilkes Booth
Luoghi delle riprese:
Pianura di Fox Hills a State Island, New York - USA (guerra civile americana)
Lasky Ranch, California - USA (battaglia di Gettysburg)
San Fernando Valley, Los Angeles - USA (battaglia di Petersburg)
Calexico, California - USA (schieramento delle truppe, discorso di Lincoln)
San Bernardino National Forest, California - USA (altopiani, boscaglie)
Forest Lawn a Burbank, California - USA (querceti)
Ojai, California - USA (incendio di Atlanta)
Whittier, California - USA (scene del Ku Klux Klan)
Fine Arts Studios, Hollywood - USA (rarissime scene in interni)
Riconoscimenti artistici:
Natiional Film Preservation Board - USA
1992 - Restaurazione e conservazione della pellicola

Trama:

Il film si divide in due parti:

1) La prima parte ci mostra la vita di due famiglie in un periodo di poco precedente alla Guerra Civile: i nordisti Stoneman e i sudisti Cameron. Austin Stoneman è un importante politico del Nord, abolizionista e noto per le sue idee radicali. La sua figura è ispirata a quella di Thaddeus Stevens, con cui ha diversi punti in comune, ma anche significative differenze. Austin ha un'amante mulatta, proprio come Stevens. Tuttavia mentre Stevens non ha avuto discendenti legittimi, Austin ha due figli, Phil e Tod, e una figlia, Elsie. I figli maschi del politico unionista sono amici dei sudisti Cameron e li vanno a trovare nella loro tenuta a Piedmont, South Carolina. Durante l'idilliaca vacanza, Phil, il primogenito Stoneman, si innamora di Margaret Cameron e la corteggia con insistenza. Nel frattempo, Ben Cameron guarda un ritratto di Elsie Stoneman e pur senza averla mai vista di persona ne rimane incantato. Il punto di non ritorno è l'inizio delle ostilità, che cambierà in modo irrimediabile le esistenze dei protagonisti. Le nuvole temporalesche della guerra si addensano sulle due famiglie, che si ritrovano su fronti opposti. Il più giovane degli Stoneman e due fratelli Cameron cadono in battaglia. Ben Cameron, soprannominato "The Little Colonel", combatte con grande ardimento e resiste fino all'ultimo al nemico, ma viene fatto prigioniero e deportato nel Nord. Il suo eroismo gli vale una condanna a morte come ribelle. La madre giunge nel luogo in cui Ben è tenuto prigioniero e supplica con successo il Presidente Abramo Lincoln di graziarlo, riuscendo così a salvargli la vita in extremis. Lincoln si dimostra amico del Sud sconfitto e rifiuta di compiere rappresaglie, operando per una pacifica ricostruzione. Così facendo, desta le ire del radicale Stoneman, il cui motto è "schiacciare il Sud bianco sotto il tallone del Sud nero". Siccome il Presidente non vuole cedere, viene ucciso da un sicario, che si sospetta sia stato assoldato dallo stesso Stoneman. Per il Sud è l'inizio di un incubo.

2) La seconda parte si svolge nell'immediato dopoguerra, in quella che è nota come Era della Ricostruzione. Il Sud è sprofondato nell'anarchia e devastato dagli ex-schiavi, che minacciano la stessa esistenza dei loro antichi padroni, ormai ridotti a insignificante minoranza angariata dal governo unionista. Austin Stoneman ha infatti inviato il suo protetto, il mulatto Silas Lynch, a governare con pugno di ferro i territori della distrutta Confederazione. Dopo drammi di orrore e accadimenti mortificanti, Ben Cameron inizia la riscossa del suo Paese, inventando una confraternita segreta chiamata Ku Klux Klan, che cercherà di capovolgere le sorti della guerra e di ottenere vendetta per i torti inflitti dagli occupanti e dagli ex-schiavi insorti. La tensione culmina quando il rinnegato Gus, un colossale mandingo, fanatizzato dalle dottrine di Stoneman, insidia Flora, la sorella minore di Ben Cameron. Preso dalla passione per la giovane, non riesce a tenere a freno la sua natura puramente genitale e vuole accoppiarsi. Così si avventa su di lei, inseguendola. La ragazza inorridita, non trovando alcuna via di fuga e non volendo sottostare alla lascivia del gigante, si butta in un burrone, schiantandosi contro le rocce. Il fratello la trova moribonda, col sangue che le cola dalla bocca. Poco dopo, la giovane vittima spira tra le braccia dell'uomo. Distrutto dal dolore e bramoso di vendetta, Cameron riunisce il Klan, riuscendo infine a catturare Gus, a sottoporlo a giudizio e a impiccarlo. Dopo una strenua battaglia in cui i reduci della Confederazione combatteranno assieme ai soldati del'Unione contro le orde, il finale segnerà l'apoteosi del Klan, descritto come l'artefice del miracoloso ritorno della pace. La nascita della Nazione Americana sarà sancita da un ballo di trionfo i cui protagonisti sono assorbiti nella luce di una figura di Cristo di netto sapore wagneriano.

Recensione:

Una cosa è chiara. Questa pellicola non può essere giudicata con il metro del XXI secolo. La sua narrazione dista mille anni luce da quanto insegnato nelle scuole della nostra epoca. Mostra infatti la Storia vista con gli occhi dei perdenti, non con quelli dei vincitori. Il punto è che i perdenti alterano i fatti in modo molto diverso da come li alterano i vincitori, e questa impronta è riconoscibile a colpo d'occhio. Proprio l'idealismo di cui l'opera di Griffith è pervasa porta a processi di distorsione e a falsi storici che è nostro dovere sviscerare, dato che hanno prodotto conseguenze concrete e destinate a durare nei decenni. The Birth of a Nation è un film controverso e va preso per quello che è, come un importante documento antropologico, ma senza nascondere che si è rivelato tutt'altro che innocuo.

Un falso storico:
le origini degli Stati Uniti

Nella prima parte si fa riferimento al potere sovrano ceduto da Lord Cornwallis ai singoli stati delle Colonie nel 1781, dando ad ognuno di essi il diritto di governarsi secondo le proprie leggi. Questo potere sarebbe stato minacciato e attaccato dalla nuova amministrazione ai tempi di Lincoln. In pratica, secondo il film non sarebbero mai esistiti gli Stati Uniti d'America prima della Guerra Civile. Sarebbe invece sussistito un insieme di stati indipendenti, legati tra loro da vincoli assai labili e coalizzati in due schieramenti soltanto per via del contrasto che ha opposto gli abolizionisti del Nord agli schiavisti del Sud. Secondo Griffith, il termine "secessione" non avrebbe quindi mai avuto alcun senso: Unione e Confederazione sarebbero state due entità politiche sorte all'improvviso per reazione e non ci sarebbe mai stata la separazione di alcuni stati da un precedente corpo nazionale coerente. Una visione delle cose che è senza dubbio alterata, al punto di poter essere etichettata come revisionista.


Un falso storico:
le origini del Ku Klux Klan

L'originale Ku Klux Klan fu fondato il 24 dicembre 1865 a Pulaski, in Tennessee, ad opera del generale Nathan Bedford Forrest. Quello che al giorno d'oggi le genti ignorano è che la setta nacque come creatura ed emanazione della Massoneria e del Partito Democratico, accanito sostenitore dello schiavismo. Nel film, Ben Cameron vaga in preda alla depressione, quando all'improvviso ha un'intuizione geniale. Vede infatti alcuni bambini bianchi terrorizzare dei loro coetanei neri travestendosi da fantasmi con dei lenzuoli. Sapendo della superstizione diffusissima tra i neri, ecco che il reduce pensa subito di fondare una società segreta i cui adepti si mascherino da spettri. In realtà, sappiamo che la storia del generale Forrest è assai diversa. A Memphis, egli incontrò un reduce che era stato suo commilitone, l'ex brigadiere generale George Washington Gordon. Costui era affiliato alla società segreta dei Figli di Malta, di chiara matrice paramassonica, e aveva fondato una nuova conventicola allo scopo di organizzare la resistenza agli occupanti nordisti, di terrorizzare i neri liberati e di opporsi al Partito Repubblicano. Si dice che Forrest, folgorato da tanta inventiva, la ritenesse "una fottuta buona idea". Fu proprio così che nacque il Klan, molto diverso da quello che conosciamo. Forrest fu il primo Grande Mago (Grand Wizard) della confraternita dedita alla violenza politica per espellere gli unionisti e i loro alleati dal Sud. Il nome Ku Klux è un'alterazione stravagante del greco kyklos "cerchio", mentre Klan (in origine scritto Clan) fa riferimento ai Clan scozzesi, molto popolari per via della diffusione dei romanzi di Sir Walter Scott. Nella trama del film di Griffith non si riesce a capire da dove possa aver tratto ispirazione Ben Cameron per dare un nome alla setta da lui creata: sembra che il nome si giunto senza un perché né un'etimologia nella mente del Piccolo Colonnello per scienza infusa. 


Un falso storico:
il ruolo unificante del Ku Klux Klan
 

Secondo le tesi di Griffith e - non dimentichiamolo - di Thomas F. Dixon Jr. - il Ku Klux Klan sarebbe stato non soltanto il salvatore del Sud, ma anche il vero artefice dell'unità nazionale e addirittura il fondatore degli Stati Uniti d'America. Ora, tutto questo è difficilmente credibile, dal momento che la congrega degli Incappucciati, che durò poco più di dieci anni dalla sua fondazione, fu trattata come un'organizzazione terroristica, combattuta con determinazione irriducibile dal generale Ulysses Grant e infine annientata. Quello che va detto è che il KKK radunava ogni sorta di malfattori, di sadici e di psicopatici, che si abbandonavano a innumerevoli eccessi e atrocità. In una dozzina di volumi superstiti, scritti in modo fitto, ci sono numerose testimonianze di queste azioni cruente. Lo stesso fondatore della confraternita, il generale Forrest, nel 1869 decise di scioglierla, dopo pochi anni dalla sua fondazione - essendosi a suo dire allontanata dagli scopi patriottici per cui era stata creata. La realtà è che a causa della sua natura incontrollabile, il Klan non era più spendibile politicamente nemmeno per i democratici. Dal canto loro, i Klansmen non si curarono dello scoglimento e continuarono nelle loro attività violente fino a che non incontrarono la loro nemesi. Imprigionati, coperti da centinaia di capi di gravi accusa e puniti con multe salatissime, non poterono impedire la disintegrazione della loro setta, a cui fu spezzata la schiena. Questa è la realtà dei fatti storicamente documentabile.


Griffith e la popolazione afroamericana 

Quando il film fu girato, erano in vigore le leggi di segregazione di Jim Crow. Per questo motivo la maggior parte degli attori che interpretavano ruoli di neri erano in realtà bianchi truccati, il più delle volte in modo irrealistico e grottesco. Il regista ci mostra la liberazione degli schiavi come il prevalere del Caos, fomentato dalle dottrine radicali di Stoneman, che consistevano non soltanto nell'attribuire a tutti gli esseri umani uguale dignità (cosa già di per sé scandalosa per l'epoca), ma anche e soprattutto nel sovvertire, nell'incoraggiare il crimine, nell'istigare i peggiori malfattori a infierire su un popolo sconfitto, nel propugnare le unioni miste consumate attraverso lo stupro. Così vediamo sciamare a orde questi terribili energumeni, come colossali mostri dotati di encefali primitivi, interamente dominati da passioni violente e incoercibili, incapaci di qualsiasi forma di vivere civile. La loro importazione in America dall'Africa è descritta all'inizio del film come elemento di divisione ed è condannata senza se e senza ma per via delle disgrazie che ha provocato nel corso dei secoli. In altre parole la schiavitù è il peccato originale dell'America, non tanto per la sua disumanità, quanto per il suo potere disgregante, sola causa della Guerra Civile e di tutto il sangue che è stato sparso. Dal momento che il regista era figlio di un reduce della Guerra Civile, possiamo immaginare che abbia tratto ispirazione da racconti terribili uditi durante l'infanzia. Il marasma e il disastro che colpirono il Sud furono reali: il conflitto fu durissimo e il carico di tensioni sociali spaventoso. Interessantissima è la scena della prima riunione postbellica della Camera dei Rappresentanti nella Carolina del Sud nel 1871: gli ex-schiavi, in netta maggioranza nell'assemblea, si abbandonano agli eccessi. Schiamazzano, mangiano, si ubriacano. Il presidente insorge soltanto quando alcuni di loro si tolgono le scarpe ed espongono i piedi olezzanti. D'altro canto, Griffith descrive anche alcuni schiavi fedeli, che rimangono devoti ai loro padroni anche quando la ribellione infuria intorno a loro. Si tratta di un uomo e una donna, per l'esattezza una mammy, che ricevono l'epiteto di "anime fedeli" (faithful souls). Nelle furiose polemiche che impazzano nel Web, molti urlano allo stereotipo razzista - come così facendo i crimini si possano mutare in azioni giuste. Quest'arma politica non può in alcun modo nascondere quella che reputo un'infamia assoluta e un'aberrazione demoniaca: quando il film fu mostrato a un pubblico di sole persone di colore a Washington D.C., i presenti acclamarono e gioirono quando Flora Cameron si gettò nel baratro per sfuggire a Gus! 

Black English

Il film è muto, ma nonostante questo è di grande utilità per l'analisi linguistica. Riporta alcune frasi della parlata degli afroamericani, spesso usando un'ortografia bizzarra nel tentativo di descriverne i suoni.
"Yo' northern low down black trash, don't try no airs on me."
"Dem free-niggers f'um de N'of am sho crazy."
"Ef I doan' get 'nuf franchise to fill mah bucket, I doan' want it nohow."
"Wait, missie, I won't hurt yeh."
 
Cosa dobbiamo dedurre? Semplice. Il neoamericano che tante volte ho stigmatizzato, compreso l'ermetico idioma neotexano, è stato profondamente infuenzato dai dialetti del Black English che nel secondo dopoguerra hanno esteso alcune loro peculiarità fonetiche al resto della popolazione, fino a generalizzarle - con buona pace di chi crede alla baggianata dell'American Standard fatto risalire addirittura a Shakespeare. Eppure, nonostante questo importante cambiamento linguistico che ha plasmato i dialetti degli americani bianchi, gli afroamericani spesso parlano in un modo che risulta totalmente incomprensibile al resto della popolazione. Dobbiamo dedurne che i processi evolutivi del Black English sono andati avanti per conto proprio, fino a produrre nel giro di pochi decenni nuove varietà dalla fonetica alquanto evolutiva e consunta.


Ariosofia, razzismo e politica   

In questo film si ha quella che potrebbe essere la prima attestazione della parola Aryan "ariano" nella storia del cimena. Si deve notare che il film uscì nel febbraio del 1915. La Grande Guerra era scoppiata nel 28 luglio del 1914. Hitler era stato sorpreso dalla notizia mentre era a Monaco di Baviera ed era corso subito ad arruolarsi. Il Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi (NSDAP) non esisteva ancora. Il sistema scolastico in Italia e altrove ha fatto sì che l'ideologia razzista fondata sulla superiorità della razza ariana sia identificata biunivocamente con la politica di Adolf Hitler. In realtà esisteva già prima. Quando ancora il giovane austriaco di Braunau am Inn era un soldato in trincea e il suo avvenire gli appariva tutto fuorché chiaro, l'uso del termine Aryan aveva già una lunga tradizione non soltanto in Europa, ma anche nella stessa America. Proprio Griffith ci offre testimonianza di questo fatto. Se a qualcuno venisse in mente di definire "nazifascista" la setta descritta nel film, oppure il contesto che diede origine al film stesso, violerebbe l'ordine causale degli eventi e la sua proposizione non sarebbe storicamente accurata. Il Nazionalsocialismo tedesco e il Fascismo italiano hanno tuttavia influenzato il Klan in seguito, dopo la sua rifondazione e diffusione (vedi nel seguito).

Linguaggio esoterico

Per passare ad argomenti meno spinosi, merita una menzione una frase molto poetica e commovente che accompagna la morte di Flora Cameron: "For her who had learned the stern lesson of honor, we should not grieve that she found sweeter the opal gates of death". I Cancelli di Opale della Morte hanno un'origine esoterica, ne sono certo, anche se non è facile individuarla. Secondo alcuni la locuzione potrebbe risalire alla setta di Swedenborg, ma non ho potuto trovarne la prova. Google non è di alcun aiuto: si trovano soltanto furiosi dibattiti ideologici e buonisti, che al colmo dell'assurdità vedono nell'opale un offensivo riferimento al colore della pelle degli africani - che come tutti sanno è opalescente. Posso menzionare il fatto che l'opale era ritenuta fino a non troppo tempo fa una pietra funesta in grado di attrarre la malasorte.  


Allusioni sessuali maliziose?

Nella seconda parte del film, Ben Cameron dona una colomba come pegno d'amore alla sua adorata Elsie, che l'accoglie con gioia. A questo punto i due innamorati, tengono la colomba tra le mani e la baciano ritualmente. Tornata nella sua stanza, la ragazza continua a coprire di baci il volatile con grande sensualità, quindi dedica le sue attenzioni a un pomolo del letto, accarezzandolo e posandovi le labbra, quasi fosse un gigantesco simulacro fallico. Difficile non ravvisare in queste cose un significato sessuale abbastanza palese e per l'epoca sicuramente ardito. Come interpretare tutto questo? Una possibile spiegazione è che in realtà Griffith non intendesse insinuare nessun contenuto anche solo lontanamente erotico e che lo stesso pubblico dell'epoca non riscontrasse traccia alcuna di allusioni ai genitali: agli inizi del XX secolo il piacere sessuale era ritenuto vergognoso oltre ogni dire. Saremmo dunque noi contemporanei, che abbiamo visto tonnellate e tonnellate di immagini e di filmati di pompini, a scorgere l'erotismo in ogni dettaglio. Siamo dunque colpevoli di anacronismo? 


Conseguenze del film:
la nascita del secondo Ku Klux Klan

William Joseph Simmons creò il secondo Ku Klux Klan traendo ispirazione proprio dal film di Griffith, nel 1915, più di trent'anni dopo che il primo Klan non esisteva più. Quindi si può dire che la causa prima dell'esistenza del secondo Klan sia proprio Griffith con la sua opera, il cui soggetto era stato preso da Thomas F. Dixon Jr.: senza il film e le sue fonti l'argomento non sarebbe nemmeno esistito e oggi il KKK sarebbe misconosciuto, niente più di una piccola nota a piè di pagina su qualche vetusto manuale accademico. Griffith non operò soltanto la riesumazione di una confraternita paramassonica ormai praticamente estinta: fece sì che si compisse il trasferimento del nome KKK a una confraternita paramassonica fondata ex nihilo e introdotta nel tumulto della Storia. Quello che mi preme evidenziare è la frattura tra i due Klan, pur essendo entrambi le sette caratterizzate da un'estrema violenza. Non esiste alcuna concreta linea di continuità tra il Klan di Forrest e il Klan di Simmons. In altre parole, si può dire che il secondo Klan annoveri il primo Klan tra le proprie origini leggendarie. Il secondo Klan si fonda in massima parte su materiale letterario e cinematografico, ossia su invenzioni. Non a caso, non destò alcun entusiasmo tra i pochissimi superstiti del primo Klan. Questo nonostante Simmons cercasse con ogni mezzo di enfatizzare la continuità, arrivando a iniziare Nathan Bedfrod Forrest II, nipote dell'omonimo generale confederato. 

 

Cappucci e Croci di Fuoco 

Nel film di Griffith i Klansmen sono raffigurati nel film con abiti molto simili a quelli a tutti ben noti. Alcuni hanno un'esile e lunghissima punta sul capo, mentre altri hanno il tipico cappuccio che tutti conosciamo. Pochi sanno che questi cappucci sono stati copiati dalle confraternite penitenziali cattoliche del Messico, che tuttora trovano corrispondenza nell'Italia Meridionale. Questo elemento è stato preso a prestito dalla religione cattolica nelle sue manifestazioni più tradizionaliste, a dispetto del fierissimo antipapismo del Klan. Questa creazione è interamente opera di Dixon e di Griffith: non ha alcuna rispondenza con i costumi del primo Klan, quello fondato a Pulaski. Allo stesso modo, il film è anche la fonte che ispirò a Simmons la famigerata Croce di Fuoco (Fiery Cross), che era sconosciuta al Klan di Forrest. Nelle intenzioni di Griffith, si trattava di un segno di convocazione. In origine la Croce di Fuoco era un segno di comunicazione tra Clan della Scozia. Il suo nome gaelico è Crann Tara (anche Crann-tara, Cranntara, Croistara) ed è descritta da Sir Walter Scott nei suoi romanzi e nelle sue poesie. Le parole del rito di iniziazione al Klan che compiaiono nel film sono le seguenti: "Here I raise the ancient symbol of an unconquered race of men, the fiery cross of old Scotland's hills........ I quench its flames in the sweetest blood that ever stained the sands of Time!". Penso che sia molto interessante notare che la Fiery Cross si è evoluta nel Klan di Simmons sia nelle forme che nei significati, nel giro di pochi anni, divenendo gigantesca ed essendo usata come mezzo di intimidazione.

Innovazioni tecniche importanti

Per quanto problematico possa essere questo film per l'attuale spettatore, è in ogni caso una pietra miliare nella storia del cinema, al punto che senza di esso il modo di fare film si sarebbe evoluto molto diversamente. Fu introdotto per la prima volta il montaggio analitico, che faceva uso di tre tipi di raccordo delle inquadrature: il raccordo sull'asse, il raccordo di sguardo e il raccordo di movimento. Fu introdotto anche il montaggio alternato, oltre alla tecnica del primo piano, che oggi ci appare scontata. Si segnala l'influenza dell'industria cinematografica italiana, che all'epoca era all'avanguardia e produceva opere molto interessanti. A quanto pare, prima di The Birth of a Nation, i film americani erano soltanto insiemi di sequenze di inquadrature fisse montate secondo un ordine spesso confuso. 

Altre recensioni

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Una citazione da incorniciare, tratta dal sito Treccani.it:


"In termini culturali, Griffith è un uomo del diciannovesimo secolo; se il suo modello di riferimento estetico è il melodramma teatrale, quello filosofico è un utopismo millenarista segnato da una risoluta negazione della Storia, anche quando essa è presa a modello di verità eterne. La sua concezione del mondo rifiuta i concetti di progresso e di dinamica sociale, e oppone ad essi una realtà tragica e immutabile, la cui unica speranza di redenzione è legata alla supremazia del cuore e del vincolo di sangue sulle forze del caos. Non deve sorprendere che Griffith si dimostri sorpreso e ferito dalle accuse di razzismo in The Birth of a Nation, né serve indignarsi per la sua idealizzazione della figura muliebre in un giardino dell'Eden che non ha ancora conosciuto il peccato: l'identità razziale e la separazione fra i sessi sono per lui inevitabili dati di natura, comunque meno importanti della diuturna lotta contro un ordine sociale repressivo e dell'amore come unica risposta possibile alla crudeltà della condizione umana."