venerdì 8 marzo 2019

PRESTITI FRANCESI IN NORRENO

Non soltanto il norreno ha dato numerosi prestiti alla lingua d'oïl e in particolare a quella parlata in Normandia (ancora oggi abbiamo hougue "collina", homard "aragosta", etc.), ma è anche accaduto che parole della lingua d'oïl adottata dai Normanni siano passate in norreno, a testimonianza dei potenti scambi culturali avvenuti in quelle terre in seguito allo stanziamento di Rollone. A Bayeux il norreno visse a lungo, anche quando era diventato una mera reliquia dotta tra i Conti di Rouen. È ben possibile che proprio quell'ambiente sia stato il tramite di questo processo. Dovettero infatti persistere contatti con Vichinghi che visitavano quelle terre per poi ritornare in Inghilterra e in Scandinavia. Questi avventurieri portarono i prestiti francesi persino in Islanda. Altri prestiti sono giunti in Norvegia nel XIII secolo: sotto il regno di Haakon IV Haakonsson (1204 - 1263) fiorirono le riddarasǫgur (saghe dei Cavalieri), traduzioni o trasposizioni in norreno della Materia di Bretagna e della Materia di Francia. Questo genere giunse poi in Islanda nel XIV secolo. 

Il genere delle voci norrene è indicato tra parentesi: (m.) = maschile; (f.) = femminile; (n.) = neutro. Si riporta la forma nominativa e quella obliqua (obl.) delle voci della lingua d'oïl, dove sono distinte. 

almandr (m.), mandorla
alemandel (n.), mandorla
   composti:
   almendashnot (f.), mandorla
Francese antico almande "mandorla". Notare il cambiamento di genere.  

amalera, smaltare
Francese antico esmailler "smaltare". La sillaba iniziale es- seguita da consonante può avere come variante a- (es. apouse "sposa" per espose, espouse). La terminazione -era è chiaramente derivata dall'infinito in -er della lingua d'oïl, esteso all'intera coniugazione (all'epoca la -r non era affatto muta!). 

amía (f.), amata, amica
Francese antico amie "amica". Un termine tipico della vita di corte, dove le trombamicizie fiorivano già in epoca medievale.

asni (m.), asino
ásna, asna (f.), asina
Francese antico asnes "asino", obl. asne; francese moderno âne

áss (m.), uno (sui dadi)
Francese antico as "uno (sui dadi)". In italiano abbiamo la parola asso, risalente al XIII secolo. Deriva dal latino a:s "moneta di rame" (in origine da una libbra), gen. a:ssis

baldikin (n.), baldacchino, ricco broccato
Francese antico baldekins, obl. baldekin. Attestanto nel 1160 circa: Camille vestent  de chemise Et d'un blialt de baldekin (Enéas, 7638). Francese moderno baldaquin. In ultima istanza viene dal nome di Baghdad, proprio come la baldracca.

barún (m.), barone (pl. barúnar)
Francese antico ber, obl. baron "barone". Francese moderno baron. Il prestito deve essere avvenuto dalla variante dialettale della forma obliqua, baroun, barun. Vedi più in basso il commento alla voce sira "signore".

bastarðr (m.), bastardo
Francese antico bastarz, obl. bastard "bastardo". Francese moderno bâtard. Il termine nativo per indicare il bastardo è hornungr.

bisund (f.), moneta d'oro, bisante
Francese antico besanz, obl. besan. Francese moderno bezant. Il prestito deve essere abbastanza antico, perché mostra il suono -e- del romanzo adattato in -i- e l'Umlaut causato da un'antica desinenza femminile *-u, che ha trasformato l'antica -a- in -u-. Si noti anche il nesso -nt- reso con -nd-, forse perché il nativo -nt- era all'epoca già divenuto -tt-. La sibilante sonora, inesistente in norreno, è stata adattata in una sibilante sorda.  

blank (n.), panno bianco
Francese antico blans, obl. blanc "bianco". 


blíaz, blíat (n.), veste di seta
Francese antico blialz, obl. blialt, bliaut "sopraveste".  Così laciees estreitement en dous blialz de purpre bis "allacciate strettamente in due sopravesti di lino purpureo" (Lanval di Maria di Francia); duna blialz, duna mantels "donò sopravesti, donò mantelli" (Arthur di Wace) etc. Il nominativo blialz continua nel norreno blíaz, mentre la forma obliqua blialt continua nel norreno blíat. Ovviamente le funzioni grammaticali delle forme francesi sono sono andate perdute nel passaggio al norreno. 


bóla (f.), bolla, sigillo 
Francese antico bole "pomello". Francese medio e francese moderno boule. In ultima analisi dal latino bulla.


bóti (m.), scarpa, stivale
Francese antico bote "stivale", con corrispondenze in occitano, spagnolo e latino medievale - in ultima analisi di origine ignota. Dalla stessa fonte deriva anche l'inglese boot "stivale".
La parola francese è di genere femminile, passando in norreno è diventata maschile. 

brokkari (m.), trottatore, cavallo
Francese antico brochier, broicher "speronare". In ultima istanza dal latino broccus "appuntito, prominente", a sua volta prestito dal celtico. Dalla parola francese deriva anche l'inglese broach "strumento appuntito", to broach "perforare". Il vocabolo norreno deve essere stato preso a prestito prima della palatalizzazione.


bukl (n.), umbone
buklari (m.), scudo con umbone
Francese antico bocle "umbone"; bocliers, obl. boclier "scudo con umbone". Francese moderno bouclier "scudo". In ultima istanza dal latino buccula "piccola bocca".


burdeigja, burdia, fare salti artistici
Francese antico bohorder, behorder "giostrare, combattere con la lancia". In ultima analisi dalla lingua dei Franchi: *bi-hordôn "fortificare con pali".


burgeiss (m.), abitante di un borgo
Francese antico burgeis, borjois "abitante di un borgo". Francese moderno bourgeois. Il norreno ha reso con /gj/ il suono postalveolare /dʒ/ della lingua d'oïl.


burt (n.), torneo
Francese antico bohorz, behorz, obl. bohort, behort "torneo". Francese moderno béhourd. Vedi sopra la voce burdeigja, burdia.


dans, danz (m.), danza
dansa, danza, danzare
Francese antico danse "danza". Anche in francese moderno abbiamo danse "danza", per quanto la pronuncia sia diversa.


dauss (m.), due (sui dadi)
Francese antico dous "due (sui dadi). Il dittongo /ou/ della lingua d'oil è reso con /au/.

djásn (n.), diadema
Francese antico diademes, obl. diademe. Non sono riuscito a trovare una forma in grado di spiegare in modo soddisfacente la parola norrena, forse è da una variante *diazemes - che sembra occitanizzante. Il francese moderno ha diademe, ma sembra un termine dotto recente più che una continuazione della forma medievale. Si segnala a questo punto un grave refuso: in molte versioni del dizionario dell'antico islandese di Zoëga presenti nel Web, a causa di una scansione difettosa, la glossa inglese diadem è diventata disdain "sdegno", traendo in inganno molti navigatori. Possibile che non esista tutela da simili aberrazioni?

drómundr (m.), grande nave da guerra
Francese antico dromonz, obl. dromont "veliero veloce". Nel dialetto normanno si ha dromunz, obl. dromund, fonte diretta del prestito.


dubba, equipaggiare, vestire, decorare
Francese antico adober, aduber "equipaggiare; attribuire il titolo di cavaliere". Francese moderno adouber "nominare (un successore, un ministro); aggiustare un pezzo sulla scacchiera.

dubl, dufl (n.), gioco dei dadi
Alla lettera significa "doppia".
Francese antico doble, duble "doppio". Francese moderno double

dust (n.), giostra
Francese antico joste, juste "giostra", in ultima analisi dal latino iuxta: "vicino, accanto; subito dopo". Notevole la consonante occlusiva /d/, tentativo di rendere il suono postalveolare /dʒ/ del francese antico. Ovviamente questo vocabolo non ha nulla a che vedere con il nativo dust (n.), polvere, di chiara origine germanica.


duz (n.), dozzina
Francese antico douze "dodici".


fallera, ingannare
feila, essere timido 
Francese antico faillir "fallire; errare, fare un errore". Dalla stessa fonte deriva anche il tedesco fehlen "mancare, essere assente", più anticamente feilen (es. Bibbia di Lutero, 1545).

fals (n.), frode
    gen. sing. fals; pl. fǫls
fals-, falso, fraudolento
falsa, falsificare, frodare
Francese antico fals "falso" (f. false); forme alternative: faus, faux, falt. Francese moderno faux. In ultima analisi dal latino falsus

fantr (m.), servitore, fante
Francese antico enfes, obl enfant. Francese moderno enfant, italiano fante (e al femminile fantesca "serva"). In ultima analisi dal latino infante(m), con qualche interferenza semantica dal gotico *fanþja (m.) "fante", antico alto tedesco fendo, voci che non possono derivare dal vocabolo latino e che hanno il solo significato militare. La parola norrena viene dalla forma obliqua della parola francese. 

fínn, fine, carino
Francese antico fins, obl. fin "fine" (agg.).


floel, fluel (n.), velluto
Francese antico velueaus, obl. veluel "velluto". Francese moderno velu.


flúrr (m.), pane fine d'orzo 
Francese antico flor, flour, fleur "fiore". Francese moderno fleur. Uno slittamento simile si è avuto nell'inglese flour "farina" (< "fior di farina").

fól (n.), stolto
fóli (m.), stolto
fólskr, stupido
Francese antico fous, obl. fol, donde anche inglese fool. Francese moderno fou "stupido". Proviene dal latino follis

formel (m.), tipo di falco
Francese antico formel, dal latino fo:rma:lis. Alla lettera significa "formale" ed era un aggettivo che indicava ogni specie di rapace usato in falconeria. Nel medio inglese di Chaucer abbiamo formel egle "aquila da falconeria".

fors, forz (n.), violenza
Francese antico force "forza". Francese moderno force. Come in altri casi, il nome femminile originario perse la sua terminazione vocalica (che all'epoca non era muta), diventando neutro. Non va confuso con il vocabolo nativo fors (variante foss) "cascata" - sempre di genere neutro - che proviene invece da una lingua preindoeuropea di sostrato. 

funtr (m.), fonte battesimale
Francese antico fonz, obl. font "fonte battesimale".


gammi (m.), scala musicale
Francese antico gamme "scala musicale". In questo caso la desinenza del femminile -e è stata adottata in norreno come -i, con conseguente cambiamento di genere. 


gardekors (n.), indumento corto simile a una giacca
Francese antico gardecors, obl. gardecors. Nel francese odierno gardecorps significa invece "parapetto, ringhiera".


garland (n.), diadema
Francese antico garlande. Francese moderno garlande


glafel (n.), giavellotto, lancia
Francese antico glaives, obl. glaive "spada". Francese moderno glaive. Si noti la riduzione del dittongo della forma francese antica a vocale breve anziché lunga come ci si aspetterebbe.


glósa (f.), spiegazione, traduzione
Francese antico glose "nota esplicativa", che deriva dal latino glo:ssa, a sua volta dal greco.


grein (n.), materiale di vestiario
Francese antico graine "granello", che deriva dal latino gra:na, pl. di gra:num "chicco" e usato nel senso di "costituzione materiale dei solidi" (italiano grana). Il vocabolo norreno non deve essere confuso con due suoi omofoni: grein (f.) "tipo, specie", che è dal protogermanico *ga-raiþni, e grein (f.) "ramo", che è dal protogermanico *graini (*grainiz).


hallarr (m.), tipo di albero
Francese antico halliers, obl. hallier "macchia, bosco". Deriva dalla lingua dei Franchi e ha come radice *hasl- "nocciòlo". Il norreno ha come voce nativa hasl "nocciòlo", dal protogermanico *χaslaz.


harneskja, herneskja (f.), armatura
Francese antico harnais, hernois "equipaggiamento per la battaglia", donde anche il tedesco Harnisch "armatura" e l'italiano arnese. Si tratta di una parola germanica tornata in molte lingue di quello stesso ceppo per effetto boomerang. La forma d'origine deve essere *her-nest e deve appartenere alla lingua dei Franchi, nonostante sia diffusa l'idea che sia invece norrena - a dispetto del fatto che non la si trova attestata in nessuna fonte.


hastorðr, che parla velocemente
Francese antico haste "fretta, urgenza, velocità". Francese moderno hâte "impazienza". Il vocabolo è di origine germanica e proviene dalla lingua dei Franchi: *haist, a sua volta dal protogermanico *χaifstiz. Il termine norreno nativo derivato da questa voce è invece heifst (f.) "lite, contestazione, inimicizia". Il secondo membro del composto norreno hastorðr è chiaramente orð "parola".


hortigr, agile, rapido
Francese antico hurter "urtare, colpire, collidere". Un aggettivo simile, dalla stessa fonte, si trova anche in tedesco: hurtig "agile, rapido". Nel medio alto tedesco era hurtec, hurteclîch "rapido", ma propriamente "che cozza violentemente contro".  La parola francese, tanto prolifica, deriva dalla lingua dei Franchi: *hrûtan "cozzare".


kamelet (n.), stoffa di lana con trama damascata o satinata
Francese antico camelotz, obl. camelot "cammellotto". Dalla stessa fonte deriva anche l'inglese camlet. Si tratta di un termine tecnico.


kamfar (n.), canfora 
Francese antico camphre "canfora". 


kanifas (n.), tela da vela
Francese antico canevas, chenevas "tela", dal latino medievale canavacium. Dallo stesso vocabolo latino deriva anche l'italiano canovaccio. La parola norrena viene proprio dalla forma settentrionale canevas


kapaleinn, kapalínn (m.), cappellano
Francese antico capelains, obl. capelain "cappellano". La variante kapellánn viene invece direttamente dal latino ecclesiastico capella:nus.


kaprún (n.), cappuccio
Francese antico caperons, chaperons, obl. caperon, chaperon "cappuccio". In francese moderno abbiamo sia capron "veste di un novizio cappuccino" che chaperon "cappuccio", con palatalizzazione. 


katel (n.), bestiame, propretà domestiche, beni
Francese antico cateaus, cateax, catiaus, catiax, catels, obl. catel "possedimento" (anche con consonante palatale, chateaus, etc.) - dal latino medievale capitale "proprietà", a sua volta forma sostantivata dell'aggettivo latino capita:lis, da caput "capo, testa".


kisill (m.), veste di seta o di lino 
Francese antico cainsil, chaisil, chesil "veste fine di lino" (forma obliqua, non ho trovato attestazioni del nominativo; ricorre in locuzioni come chamise de cainsil, etc.). Deriva dal latino medievale camisale, a sua volta dal latino cami:sia, di origine celtica. La forma cainsil con consonante velare è quella che è passata in norreno.


klaret, klare (n.), vino speziato
Francese antico clarez, obl. claret "vino rosso di Bordeaux", dal latino medievale claratum (vinum), formato dal latino cla:rus "chiaro". Il prestito deve essere tardo, come mostra la variante klare. Si noti che clarez è una forma semidotta: l'esito naturale del suffisso -a:tum è diverso e non mostra tracce di consonante. Dalla parola francese, è stata poi ricavata la forma latinizzata claretum per effetto boomerang.


kofr (n.), petto, torace
    gen. sing. kofrs
Antico francese cofres, obl. cofre "cesto". Francese moderno coffre "cesto; tronco di un veicolo". In ultima analisi dal latino cophinus "cesto", di origine greca - donde anche l'italiano cofano.


kofri (m.), cappa; cappello
Antico francese covreches, obl. covrechef "copricapo". Francese moderno covrechef.


kompánn, kumpánn (m.), compagno; membro virile 
Francese antico compaign, obl. compagnon "compagno". In ultima analisi dal latino compa:nio: (gen. compa:nio:nis).

kompáss (m.), anello, cerchio
Francese antico compas "compasso". 


kordúnn-, fatto di cuoio di Cordova
Francese antico cordoans, obl. cordoan "di Cordova".


kothardi (m.), cappa, mantello
Francese antico cotte hardie "tipo di veste". Il prestito deve essere tardo. 


kreatýr (n.), creatura
Francese antico creature, che può essere definito crudo latinismo (da crea:tu:ra). 


kría, pretendere, insistere 
Francese antico crier "gridare". 


kult (n.), soffitto, arazzo
Francese antico coulte, cuilte "materasso con fodera morbida", in ultima analisi dal latino culcita "materasso, guanciale, cuscino".


kurt (n.), corte
Antico francese corz, cortz, obl. cort "corte"; normanno curz, obl. curt. Francese moderno court.

kurteiss, cortese, ben educato
kurteisi (f.), cortesia, buone maniere, cavalleria
Francese antico cortois (f. cortoise) "cortese", cortoisie "cortesia"; normanno curteis (f. curteise) "cortese", curteisie "cortesia". Francese moderno courtois. Chiaramente il norreno ha preso a prestito la forma normanna. Si noti quanta fosse la differenza del suono del dittongo nel francese antico rispetto a quello moderno.  

kveif (f.), cappa, cappello
Francese antico coife, coiffe "copricapo". Stessa etimologia dell'italiano cuffia


kver (n.), pagine piegate di un libro; libricino 
Francese antico quiers, quoyers, obl quier, quoier, derivato dal latino quaternum.


kvittr, pari; libero (da qualcosa)
Francese antico quitte, obl. quitte (notare l'assenza di -s al nominativo) "libero (da qualcosa), esente", derivato dal latino quie:tus "quieto, tranquillo".

kærr, caro 
A prima vista parrebbe un prestito dal latino ca:rus, ma il vocalismo sarebbe inesplicabile. La forma norrena ha infatti una vocale lunga ma anteriore. In francese l'esito del latino ca:rus è chiers, obl. chier, con una consonante palatale. Si ricorda però che non in tutti i dialetti del francese dei Normanni si trova questa palatalizzazione secondaria. Possiamo così stabilire che questo vocabolo, negletto dagli studiosi e trattato con superficialità, è un prestito dalla varietà normanna della lingua d'oïl: kers, obl. ker.

laðrúnn (m.), rapinatore
Francese antico lerre, obl. larron, ladron, ladrun "ladro". Francese moderno larron


latún (n.), ottone
látunn (m.), ottone
Francese antico laton "ottone" (forma obliqua), già attestato verso la fine XII secolo. Francese moderno laiton. Un notevole arabismo: deriva dall'arabo lāṭūn "rame". 


letr (n.), scrittura
Francese antico lettre "lettera". 


livori (m.), un tipo di legno duro
Francese antico l'ivoire "l'avorio", da ivoires, obl. ivoire "avorio" con articolo agglutinato. Non sono riuscito a identificare il legno in questione, probabilmente chiamato così per il suo aspetto lucido e il suo colore chiaro.


manér (n.), maniera, modo, guisa
Francese antico maniere, manere "maniera", risalente a un latino *manua:ria


marbri (m.), tessuto colorato
Francese antico marbrez, obl. marbré "variegato", in ultima analisi da marbres, obl. marbre "marmo". In francese moderno marbré è una torta variegata.

mát (n.), scacco matto
Francese antico matz, obl. mat "scacco matto", di origine persiana: shāh māt "il re è morto". Un notevole termine culturale. 


mella (f.), cappio, occhiello, buco nella foglia della freccia
Francese antico maille "macchia", dal latino macula "macchia, chiazza".


morel (m.), cavallo marrone nero
Francese antico moreaus, morels, obl. morel "bruno scuro" (detto di cavallo).


morsel (n.), boccone 
Francese antico morseaus, morsels, obl. morsel "boccone". Francese moderno morceau. La stessa parola della lingua d'oïl ha dato anche l'inglese morsel "boccone".


mustarðr (m.), senape
Francese antico mostarde. Notare il cambiamento di genere. 


mustari, musteri, mysteri (m.), monastero, chiesa collegiata
Francese antico mostiers, obl. mostier "luogo di culto cristiano; chiesa monastica", dal latino monaste:rium.


mærr (m.), borgomastro
Francese antico maire, obl. maire "pubblico ufficiale anziano".


Norðmandí (f.), Normandia
Francese antico Normandie. Formato dal norreno norðmaðr "uomo del nord, normanno, norvegese" (pl. Norðmenn), ma con una terminazione romanza: la parola è quindi rientrata in norreno per effetto boomerang in questa forma singolare. L'accento si colloca ovviamente sull'ultima sillaba. Un caso oltremodo interessante.  


olifant (n.), avorio, corno
Francese antico olifanz, obl. olifant "avorio; corno d'avorio (usato in battaglia); elefante". In ultima analisi dal latino elephantus "elefante" (per il classico elepha:s, gen. elephantis). 


osterin (n.), tessuto di seta purpurea
Francese antico osterins, obl. osterin, che indica un prodotto costoso (la cui natura varia a seconda dei testi), ma verosimilmente qualcosa che ha a che fare con la porpora. Deriva dal latino ostri:nus "purpureo, di porpora".

ostra (f.), ostrica
Francese antico hoistre, passato in inglese come oyster. Francese moderno huître

palafrey (m.), palafreno
Francese antico palafreiz, palefrois, obl. palafreid, palafrei, palefroi "palafreno", derivato dal latino tardo paravere:dus "cavallo da posta", che ha origine celtica e ha dato anche il tedesco Pferd "cavallo".


pardún (n.), perdono
Francese antico pardons, obl. pardon "perdono". Francese moderno pardon. Un termine legato alla vita cavalleresca e cortese della Normandia. 


parlament (n.), incontro, torneo
Francese antico parlemenz, obl. parlement "discussione, negoziazione". 

partr (m.), parte, divisione
partera, dividere, spartire
parteran (f.), disivione
Francese antico parz, obl. part "parte". Francese moderno partie. La terminazione norrena -era contiene l'infinito francese in -er. Lo stesso fenomeno ha avuto luogo in tedesco, dove la ben nota uscita -ieren ha la stessa origine. Francese antico marcher "marciare" : tedesco marschieren. Nel francese moderno la -r finale non si pronuncia più in questi verbi, ma era ancora presente nella lingua antica e aveva un suono vibrante (la cosiddetta "erre moscia" è recente).

pataldr (m.), battaglia
Francese antico bataille "battaglia". Notevole il cambio di genere, oltre alla consonante sorda iniziale.


peðmaðr (m.), pedone
peðmát (n.), tipo di scacco matto
Francese antico pedons, obl. pedon. Il composto pe
ðmaðr è notevole: alla parola presa a prestito e adattata è stato aggiunto maðr "uomo". Per quanto riguarda peðmát, vedi mát "scacco matto".

penta, dipingere
pentari
(m.), pittore
penturr (m.), pittore
Francese antico peindre "dipingere"; peintre, obl. peintor "pittore". Francese moderno peindre.

pía (f.), gazza
Francese antico pie "gazza", dal latino pi:ca. Dalla stessa parola della lingua d'oïl deriva anche l'inglese pie "gazza".  

pílagrimr (m.), pellegrino
Francese antico peregrins, obl. peregrin "pellegrino; crociato"; variante pelerins, obl. pelerin. Francese moderno pellegrin. Il prestito è chiaramente avvenuto a partire dalla forma con -gr-, prima dello sviluppo della forma ridotta con -r- semplice; la stessa forma francese antica è passata in antico alto tedesco come piligrīm (la seconda rotazione consonantica non agiva già più).

píment (n.), tipo di vino speziato
Francese antico pimenz, obl. piment. Francese moderno piment "peperoncino, spezia". Quando il prestito entrò nel norreno, non esistevano ovviamente peperoncini in Europa: si sarà trattato di vino aromatizzato con altre spezie. 

plaxa (f.), luogo pianeggiante
pláz (n.), luogo
Francese antico place "luogo", dal latino platea "piazza". Dalla stessa parola della lingua d'oïl deriva l'inglese place "luogo".

port (n.), cancello 
portari (m.), portiere
Francese antico porte "porta". L'ennesimo femminile divenuto neutro. 

prinz (m.), principe
Francese antico princes, obl. prince "principe". 


prísa (1), punire, affliggere
Francese antico prise "cattura", dal participio passato di prendre "prendere; catturare".


prísa (2), lodare
Francese antico prisier "lodare, stimare; premiare", dal latino appretia:re "apprezzare", a sua volta da pretium "prezzo". Stessa etimologia dell'italiano apprezzare.


príss (m.), prezzo; fama, gloria 
Francese antico pris, prix, preis (obl. immutato) "stima, reputazione; premio", dal latino pretium "prezzo".

prísund (f.), prigione
Francese antico prison, obl. prison "prigione" (come spesso accade nei femminili, il nominativo sing. non ha -s finale). Il prestito deve essere avvenuto da una variante normanna prisoun, prisun. La vocale lunga si deve a collegamento etimologico al verbo prísa "punire, affliggere" (vedi sopra).


prúðr, orgoglioso
Francese antico prouz, proutz, obl. prud "prode, valoroso". Della stessa origine è anche l'inglese proud


puliza, pulire 
Francese antico polir "pulire".

púta (f.), puttana
  pútna (gen. pl.), delle puttane
  composti:
  pútna-hús (n.), bordello
  pútu-barn (n.), figlio di puttana
  pútu-sonr (m.), figlio di puttana
Francese antico pute, obl. putain. Francese moderno pute. Una delle più vistose testimonianze dei flussi informativi che dal mondo romanzo giungevano fino all'estremo Settentrione.  

Rabita (f.), Arabia
Francese antico Arabiz, obl. Arabit "Arabo".


reison (f.), ordine, modo
Francese antico raison "ragione". 


rís (n.), riso; granaglia di riso
Francese antico ris (obl. immutato) "riso", dal latino ory:za, a sua volta dal greco. Gli antichi Greci, insopportabili snob con la puzza sotto il naso, usavano il riso solo per fare decotti: bevevano l'acqua e gettavano via il cereale. I Romani conobbero il riso tardi, ma i Bizantini lo usarono nell'alimentazione, ad esempio facendone budini.


roba (f.), veste
Francese antico robe "veste", che deriva dalla lingua dei Franchi: *rauba "veste".


rolla (f.), rotolo di carta
Francese antico roles, obl. role "rotolo; documento arrotolato". Francese moderno rôle.


rosti (m.), uomo litigioso, rude
rósta (f.), lite
Francese antico rustes, ruistes, obl. ruste, ruiste "rozzo, incolto"; rustie "brutalità", derivati dal latino ru:sticus "rurale".


roti (m.), truppa, banda  
Francese antico rote, route "truppa, banda". In ultima analisi dal latino tardo rupta "divisione", da rumpere "rompere".


safran (n.), zafferano 
Francese antico safrans, obl. safran "zafferano". Un notevole arabismo: deriva dall'arabo za'farān, a sua volta dal persiano zarparan  (zar "oro" + par "petalo").

salún (n.), panno straniero
Francese antico chalons, obl. chalon "copriletto", dalla località di Châlons-sur-Marne, dove questi tessuti furono prodotti per la prima volta. Notare la consonante palatale resa con una sibilante.


sapol (n.), copricapo
Francese antico chapeaus, chapeax, chapels, obl. chapel "cappello". Il prestito ha l'aria di essere tardo. Notare la consonante palatale resa con una sibilante. 


sifra (f.), zero
Francese antico cifre, cyfre, cyffre (f.) "cifra, simbolo del numero zero", dal latino medievale cifra, a sua volta dall'arabo ṣifr "zero, nulla". Il prestito è evidentemente tardo.


siklát, siklátun (n.), un tipo di seta preziosa
Francese antico siclatons, obl. siclaton "seta fine intrecciata d'oro" (le varianti ortografiche sono molto numerose). In ultima analisi dall'arabo siqillātun.


siment (n.), cemento
Francese antico cimenz, obl. ciment "cemento".


sira (m.), sire
sinjórr (m.), signore
Francese antico sire, obl. seignor. Il titolo sira è un prestito culturale, che si diffuse in Norvegia assieme al sistema feudale. Ritenuto la causa della prosperità delle genti di Normandia, assieme al Cristianesimo, fu preso a modello dai Re Olaf I e II. Già il primo re unico di Norvegia, Harald Bellachioma, aveva preso l'Impero di Carlomagno come modello, anche se rimase sempre pagano. Notare che la vocale tonica del prestito è stata adattata come vocale breve, in modo inatteso. Come altri vocaboli stranieri passati alla declinazione debole maschile, mostra l'uscita -a, invariata nei casi obliqui. 


skammfœra, bistrattare
Francese antico esconfire "sconfiggere".


skarlat, skarlak (n.), scarlatto
Francese antico escarlate (f.) "tipo di veste preziosa" (di colore rosso scarlatto). In ultima analisi dal persiano sakirlot.


skviari, skýari, skýjari (m.), distinto servitore
Francese antico esquiers, obl. esquier "scudiero". 


spaldenære, spaldener (n.), abito da spalla imbottito sotto la
     corazza
Francese antico espauliere (f.) "difesa per la spalla", chiaramente da espaule "spalla". Non troppo dissimile dall'italiano spalliera. Il prestito ha l'aria di essere tardo.


spáz (n.), spazio
Francese antico espaces, obl. espace "spazio".


spiz, spis (n.), aroma; buon cibo
spizari (m.), spezie
spiza, speziare
Francese antico espice "spezia"; espicerie "spezie". Il francese moderno a épice; épicerie.


spúsi, púsi (m.), sposo
spúsa, púsa (f.), sposa
spúsa, púsa, pausa, sposare
Francese antico espos, espous, espeuz, espus (nom. e obl.) "sposo"; espose, espouse, espeusse, espuse "sposa". Il francese moderno ha époux "sposo", épouse "sposa". Sono notevoli termini culturali, la cui introduzione fu ritenuta necessaria per rimarcare la differenza tra il costume pagano e quello cristiano, in un contesto in cui il concetto stesso di matrimonio religioso era di difficile comprensione.


surkot, syrkot (n.), cappotto, mantello
Francese antico surcoz, obl. surcot "tunica". Il prefisso romanzo sur- risale ovviamente al latino super-, mentre cot(te) è dal protogermanico *kutto: "vestito di lana". Dalla stessa fonte proviene anche l'inglese coat "cappotto".


sæi (m.), veste di lana fine
Francese antico saies, obl. saie "saio". Latino tardo saium, di origine celtica.

tabarðr (m.), tabarro, tovaglia
Francese antico tabarz, obl. tabart "sopraveste semplice senza maniche". In ultima analisi dal latino medievale tabardum, di incerta origine. 

tabúr (n.), tamburo
Francese antico tabors, obl. tabor "tamburo". In ultima analisi si tratta di un arabismo. 

tasla (f.), fascia; indumento 
Francese antico tasseaus, obl. tassel "nappa", dal latino ta:xillus. Notevole il cambiamento di genere.


tersél (m.), tipo di falco
Francese antico terciaus, obl. terciel "falco maschio (specialmente di girifalco o di falco pellegrino)", dal latino volgare tertiolus.

testament (n.), testamento, volontà
Francese antico testamenz, obl. testament


treyja (f.), giacca, maglione
Francese antico troie "giacca".


tréhakl (n.), antidoto, contravveleno
Francese antico triacles, obl. triacle "teriaca; animame favoloso (da cui si pensava fosse ricavata la teriaca)". 


truff (n.), alterigia
Francese antico trufe "beffa; millanteria", propriamente "tartufo".


turna, girare, menare
Francese antico torner, turner "tornare".


turnéra, tornire
Francese antico tornier, turnier "tornire".


turniment (n.), torneo
Francese antico tornoiemenz, obl. tornoiement "torneo".


ævintýr (n.), avventura, evento
Francese antico aventure "avventura", dal latino adventu:ra "le cose future".

Mi pare di ravvisare un certo disinteresse del mondo accademico per queste dinamiche complesse: la scienza che studia i prestiti è ancora ai primordi - e a quanto pare non ha nemmeno un nome ufficiale.

martedì 5 marzo 2019

SPIEGAZIONE DELLA LEGGENDA DI ROBERTO IL DIAVOLO

Questo scrisse il poeta e scrittore Arturo Graf (1848 - 1913) nel suo libro Il Diavolo (1889): 

   Se non che, salvarsi quando Dio ci vuol salvi, non è poi merito così grande, e più assai di Merlino mi par degno d’ammirazione quel Roberto il Diavolo della cui storia si fecero poemi, drammi, fiabe, esempii morali e persino un’opera in musica. Terribile storia in verità, ma piena di nobile insegnamento.
   C’era dunque una duchessa di Normandia, che si struggeva dal desiderio d’aver figliuoli, e non ne poteva avere. Stanca di raccomandarsi a Dio che non l’esaudisce, si raccomanda al diavolo, ed è tosto appagata. Nasce un figliuolo, una saetta. Bambino, morde la balia e le strappa i capezzoli; fanciullo, sventra a coltellate i maestri; giunto a vent’anni si fa capitano di ladri. L’armano cavaliere, credendo così di vincere in lui quella furia d’istinti malvagi; ma dopo ei fa peggio di prima. Nessuno lo passa di forza e di bravura. In un torneo vince ed ammazza trenta avversarii; poi va gironi pel mondo; poi ritorna in patria, e si rimette a fare il bandito e il ladrone, rubando, incendiando, assassinando, stuprando. Un giorno, dopo avere sgozzato tutte le monache di un’abbazia, si ricorda della madre, e va a trovarla. Come prima lo scorgono, i servitori scappano, chi di qua e chi di là; nessuno s’indugia a domandargli d’onde venga, che voglia. Allóra, per la prima volta in sua vita, Roberto stupisce dell’orrore che inspira a’ suoi simili; per la prima volta ha coscienza di quella sua mostruosa malvagità, e sente trafiggersi il cuore dal dente acuto del rimorso. Ma perchè mai è egli più malvagio degli altri? Perchè nacque, chi lo fece tale? Un’ardente brama lo punge di penetrare il mistero. Corre dalla madre, e con in pugno la spada sguainata le impone di svelargli il segreto de’ suoi natali. Saputolo, freme ed inorridisce, sopraffatto dallo spavento, dalla vergogna e dal dolore. Ma la sua forte natura non s’accascia per questo, non cede alla disperazione; anzi, la speranza di un laborioso riscatto, di una mirabil vittoria, stimola e solleva l’anima sua tracotante. Egli saprà vincere l’inferno e sè stesso, saprà render vani i disegni dello spirito maledetto che in proprio servigio lo creava, che aveva voluto far di lui un docile strumento di distruzione e di peccato. E non frappone indugi. Va a Roma, si butta ai piedi del papa, si confessa a un santo eremita, si assoggetta ad asprissima penitenza, e giura di non prender più cibo se non sia strappato alla bocca di un cane. Per ben due volte, essendo Roma assediata dai saraceni, egli combatte sconosciuto per l’imperatore, e procaccia la vittoria ai cristiani. Riconosciuto finalmente, rifiuta i premi! e gli onori, la corona imperiale, la stessa figliuola del monarca, e si ritrae a vivere col suo eremita nella solitudine, e muore come un santo, ribenedetto da Dio e dagli uomini. In altri racconti gli si fa sposare da ultimo la bella principessa innamorata di lui. 

(http://www.classicitaliani.it/Graf/Graf_il diavolo

La leggenda di Roberto il Diavolo (Robertus Diabolus) ha la sua origine in Francia nel XIII secolo ed è sopravvissuta a lungo, fornendo tra l'altro l'ispirazione al compositore Giacomo Meyerbeer (1791 - 1864) per la sua opera in cinque atti Robert le diable, da un libretto scritto da Eugène Scribe e German Delavigne. L'opera di Meyerbeer ha soltanto una vaga connessione con la leggenda medievale. Gli accademici sostengono che non è chiaro se la narrazione di Robertus Diabolus abbia o meno la sua base nella vita di un individuo in carne d'ossa. Va detto che in molte versioni il cavaliere che scopre di essere figlio di Satana è identificato con Roberto I di Normandia, detto il Magnifico o il Diavolo. La figliazione demoniaca è attribuita a inseminazione diretta, perché il questa è la spiegazione più comprensibile al popolino: il padre di Roberto il Diavolo, ossia Riccardo II il Buono, detto anche l'Irascibile, secondo queste voci sarebbe stato Satana incarnato e avrebbe lasciato il suo sperma nella vagina della Duchessa. Così sarebbe nato il Figlio del Demonio. Per inciso, affermare che Riccardo II fu il Maligno ha tutto l'aspetto di una fanfaluca. Un'alternativa che pure si trova attestata è quella del travestimento: Satana avrebbe assunto le sembianze del Duca Riccardo, ingannando così la Duchessa e ingravidandola. Si è anche tentato di collegare Robertus Diabolus a un nobile Anglo-normanno, Roberto di Bellême (Belesme) - tecnicamente Roberto di Montgomery, II di Bellême, terzo Conte di Shrewsbury e Visconte di Hiesmois (circa 1052 - circa 1130). Questo nobiluomo fu un tiranno di una rara crudeltà, che considerava un genere voluttuario infierire sui deboli. Questo ci tramanda Orderico Vitale, che fu uno storico a lui contemporaneo: cujus crudelitatis in diebus nostris super miseras plebes nimium efferbuit (Historia Ecclesiastica, tomo II, libro III). A quanto sembra, Roberto di Bellême si spinse oltre ogni limite concepibile nel suo contesto e fece persino perseguitare la Chiesa, usando una crudeltà che difficilmente ebbe pari nella Cristianità; purtroppo non ho potuto reperire informazioni più approfondite sull'argomento. Quello che sappiamo per certo è che la vita del feroce nobiluomo fu colvulsa e si concluse in prigione. A parte la crudeltà, che non doveva essere rara tra i Normanni, non mi sembra che la complessa biografia del Conte di Shrewsbury sia molto compatibile con la leggenda in questione. C'è stata persino la proposta di identificare Robertus Diabolus con Roberto il Guiscardo (1015 - 1089), per via delle sue selvagge incursioni in Puglia e della sua strenua lotta contro i Turchi, ma di tutte le proposte questa appare la più improbabile. In tal caso la leggenda si sarebbe originata in Italia, dove non se ne trova traccia - oltre al fatto che i dettagli reali della vita di Roberto il Guiscardo non collimano affatto con quelli di Roberto il Diavolo.  

La documentazione più antica della figura di Robertus Diabolus appare nell'opera di un frate domenicano, Etienne de Bourbon, risalente alla metà del XIII secolo (secondo Laura A. Hibbard sarebbe databile al 1261). Nella collezione di esempi del domenicano non si fa però menzione alcuna della nobile famiglia del cavaliere demoniaco e l'intera vicenda è condensata in sole diciotto righe. Löseth ha pubblicato nel 1902 a Parigi un roman d'aventures intitolato Robert le Diable, che a giudicare dalla lingua è stato datato dallo stesso editore alla fine del XIII secolo. Nel testo si fa rierimento a un'opera precedente, andata perduta. Il romanzo cavalleresco consiste di ben 5000 linee di versi e per la prima volta menziona le origini di Roberto: i suoi genitori sono il Duca e la Duchessa di Normandia. La storia è quella descritta da Arturo Graf: Roberto, dopo una vita di azioni inique e mostruose, si pente e si reca in pellegrinaggio in Italia, rifiutando il Ducato di Normandia. Dopo la morte fu sepolto nella cattedrale di San Giovanni in Laterano, a Roma; in seguito le sue spoglie, trafugate da un ricco francese, furono collocate nella grande abbazia di St. Robert, così chiamata in onore dell'eroe. Nel XIV secolo abbiamo il Dit de Robert le Diable, un poema di più di duecento strofe di quattro versi, oltre al Miracle de Robert le Dyable. A partire dal XV secolo è tutto un pullulare di opere derivate. La leggenda ha un notevole successo e si diffonde anche fuori dalla Francia. Il 7 maggio del 1496 viene stampato a Lione un incunabolo intitolato La vie du terrible Robert le Dyable, che può essere considerato "la matrice di una lunga posterità" (Élisabeth Gaucher, 1998). In Inghilterra abbiamo il Sir Gowther, scritto in Middle English, che risale al XV secolo, non essendo possibile una datazione più precisa: anche se il protagonista ha un altro nome e l'ambientazione è diversa, è evidente l'influenza della storia del cavaliere Normanno figlio di Satana. Nel XVI secolo tornò poi in Albione la leggenda di Roberto il Diavolo propriamente detta, grazie a traduzioni dal francese. In Olanda il romanzo Robrecht den Duyvel fu messo all'indice dal Vescovo di Antwerp nel 1621. Ormai identificato con Roberto I il Magnifico o il Diavolo, Robertus Diabolus è associato con Riccardo Senza Paura, che da suo nonno diventa addirittura suo figlio - complice una virulenta ignoranza - tanto nel 1796 la leggenda viene pubblicata in Francia in un'opera intitolata Histoire de Robert le Diable, duc de Normandie, et de Richard Sans Peur, son fils.

Per maggiori dettagli, rimando direttamente all'opera della Hibbard, consultabile e scaricabile a questo indirizzo url: 


Questo è il link all'opera della Gaucher:


Dopo aver riportato in modo estremamente sintetico lo scibile, formuliamo la spiegazione. La Duchessa è una donna in carne ed ossa, anche al momento se non sappiamo con esattezza chi sia. La cosa però, per quanto strano possa apparire, non è così importante come il movente delle sue gesta. La nobildonna, come comprende l'assoluta inanità delle preghiere rivolte al Dio dei Cristiani, si reca fuori da Rouen, in un boschetto dove gli adoratori di Thor celebrano sacrifici di sangue. Thor è infatti una divinità della fecondità, il cui martello benedice gli sposi nella tradizione degli Antichi e che assicura l'abbondanza dei raccolti. Rimasta finalmente gravida, la Duchessa attribuisce il suo successo procreativo a Thor e fa sì che il figlio cresca nel suo culto. 

Passiamo ora all'identificazione. A parer mio in questo caso l'ipotesi più semplice è anche quella vera. Robertus Diabolus con ogni probabilità è proprio Roberto I il Magnifico, detto anche il Diavolo. Scarto già da subito ogni tentativo di identificazione con Roberto di Belleme e Roberto il Guiscardo. La madre di Roberto, Giuditta di Bretagna, era di stirpe celtica da parte di padre e franca da parte di madre - quindi estranea al culto delle divinità scandinave. Tuttavia aveva una suocera, Gunnora di Danimarca, che l'ha consigliata, spingendola a rivolgersi agli adoratori di Thor per risolvere ogni difficoltà a concepire. Quindi ha preso con sé il figlio, la cui nascita attribuiva al potere del Dio dal Martello, educandolo nella sua devozione. Tanto i dettagli più scabrosi della vita di Roberto furono rimossi dagli storici dei Normanni, tanto ansiosi di nascondere ogni vestigia pagana. Mi sembra quasi da avere le scene davanti agli occhi. Il giovane Roberto cresceva selvaggio e pieno di implacabile odio verso il Cristianesimo. Le gesta a lui attribuite sono vere, e ancor più truculente. Ricevuta l'iniziazione cavalleresca, sfidò un gran numero di rivali ardenti di fede in Cristo e li uccise tutti, spaccando loro il cranio con un grosso martello e urlando il nome del suo Patrono: "Thor!!!" A me sembra di rivedere il mito del duello tra Cristo e Thor, riportato nel contrasto tra la poetessa Steinunn e il missionario Thangbrand.

Il punto è questo: in Normandia il potere del Duca era a quanto pare senza limiti. Evidentemente non poteva essere moderato né dalla Chiesa, che versava in condizioni abbastanza pietose e che era sostenuta più che altro per calcolo politico, né tanto meno dal baronaggio. Così Roberto il Diavolo dovette sfuriare a lungo. Poi accadde qualcosa che lo portò a recarsi in pellegrinaggio in Oltremare, finendo col morirne. Non sappiamo identificare le cause di questo repentino cambiamento di rotta (pentimento? sincera conversione? un trauma? ragioni politiche?), ma notiamo che c'è soltanto un dettaglio che non collima con la narrazione di Robertus Diabolus: la destinazione del pellegrinaggio. In entrambi i casi la morte coglie l'eroe lontano dalla sua terra d'origine. Comunque le cose stiano, gli storici sono riusciti a cancellare molte cose scomode, e nel corso dei secoli è avvenuto un fatto decisamente interessante: Thor, ormai caduto nell'oblio o ridotto a una semplice favola, è stato sostituito con Satana.

lunedì 4 marzo 2019

TORET E TUR: THOR IN NORMANDIA

Nel Roman de Rou (Romanzo di Rollone), il poeta Roberto Wace  (1100 - 1175), Anglo-normanno di Jersey, ha scritto cose molto interessanti dell'Arcivescovo Maugero di Rouen (Malgerius Rothomagensis), ecclesiastico di mala fama, di cui si dice che tenesse commercio con uno spirito familiare - cosa che dovrebbe essere sorprendente per un uomo della sua condizione. Ecco i versi in questione (righe 9713-9722):

Plusors distrent por vérité
Ke un deable aveit privé,
Ne sai s'esteit lutin u non,
Ne sai nient de sa façon;
Toret se feseit apeler,
E Toret se feseit nomer.
E quant Maugier parler voleit
Toret apelout, si veneit;
Plusors les poeient oïr,
Maiz nus d'els nes poet véir.
 

Questa è la traduzione in italiano, fatta dal sottoscritto:

Molti dissero per vero
Che aveva un diavolo privato,
Non so se era un folletto o no,
Non so niente del suo aspetto;
Toret si faceva chiamare,
E Toret si faceva nominare.
E quando Maugier voleva parlare
Chiamava Toret, e lui lì veniva;
Molti lo poterono udire, 
Ma nessuno di loro lo poté vedere.
 


Orbene, è evidente che Toret è il nome di Thor con un suffisso diminutivo romanzo -et. Sir Francis Palgrave, volendo rimuovere questa reliquia pagana, ha forgiato con l'inganno una falsa etimologia. Prima ha affermato che Toret sarebbe da emendare in *Toreit, quindi ha ricondotto il nome al vocabolo tedesco Torheit, che significa "follia". Per spiegare qualcosa di chiaro ed evidente, introduce un elemento oscuro e incongruo - senza poter spiegare come sarebbe arrivato al povero Maugero. 

Sempre nel Roman de Rou, si riporta che nella battaglia di Val-de-Dunes, uno dei signori Normanni, Rodolfo (Raoul) Tesson, aveva come urlo di guerra Tur aïe, ossia "Thor (mi) aiuti", mentre Guglielmo il Bastardo invocava il Dio dei Cristiani: Dex aïe, ossia "Dio (mi) aiuti". Ecco l'originale nella varietà anglo-normanna della lingua d'oïl (righe 9046-9097): 

Maiz sis homes l'en unt préié,
E pur bien li unt cunseillé
Ke sun dreit Seignor ne bataille
Ke ke il face, aillors ne faille;
Guillame est sun natural Sire.
Et il sis homs ne puet desdire;
Pensa ke il li fist homage,
Véant sun pere et sun barnage;
N'a dreit el fié ne à l'onor
Ki se cumbat à son Seignor.
A ço, dist Raol, nos tenons;
Vos dites bien, si le ferons.
De la gent donc esteit emmie,
Poinst li cheval criant
Tur aïe,
Si homes fist toz arester,
El Duc Wiliame ala parler.
Par li champ vint esperuntant,
Son seignor féri de son gant,
Poiz li a tot en riant dit:
De ço ke jo jurai m'aquit;
Jo jurai ke jo vos ferreie
Si tost com jo vos trovereie; 
Por mon serement aquiter,
Quer jo ne me voil perjurer,
Vos ai féru; ne vos poist mie;
Ne faiz por altre félunie,
E li Dus dist: Vostre merci,
E Raoul atant s'en parti.
Willame va par la campaigne;
Des Normanz meine grant compaigne,
Li dui Viscuntes vait quérant,
E li perjures demandant.
Cil li mostrent, ki les cognurent,
De l'altre part ù lor gent furent.
Mult voïssiez par li campaignes
Mouver conreis è chevetaignes;
N'i a riche home ne Baron,
Ki n'ait lez li son gonfanon,
U gonfanon u altre enseigne
U sa mesnie se restreigne,
Congnossainces u entre-sainz, 
De plusors guises escuz painz.
Mult voïssiez ces champs frémir,
Poindre chevals è porsaillir,
Haintes lever, lances brandir,
Escuz è helmes reluisir.
Si come poignent criant vunt
I tels enseignes com il unt:
Cil de France crient:
Montjoie,
Ceo lor est bel ke l'en les oie;
Williame crie:
Dex aïe;
C'est l'enseigne de Normandie.


Questa è la traduzione in italiano, fatta dal sottoscritto (spero che non sia troppo grossolana):

Ma i suoi uomini lo hanno pregato
E per il bene lo han consigliato
Che il suo legittimo Signore non combatta
Che chi lo faccia, allora non manchi;
Guglielmo è il suo Signore naturale.
E i suoi uomini non può contraddire; 
Pensò che lui gli fece omaggio,
Davanti a suo padre e al suo baronaggio; 
Non ha diritto al feudo né all'onore
Chi combatte contro il suo Signore. 
A ciò, disse Rodolfo, noi teniamo;
Voi dite bene, qui lo faremo.
Della gente quindi era nemico,
Punse il cavallo, gridando:
Thor aiuti!
Qui tutti gli uomini fece fermare
Al Duca Guglielmo andò a parlare.

Per il campo venne speronando,
Il suo Signore ferito dal suo guanto,

Poi lui a tutti ridendo dice:
Di ciò che giurai ho soddisfazione;
Io giurai che vi avrei colpito col ferro

Giusto qui come vi avessi trovato
Per soddisfare il mio giuramento,
Ché non voglio spergiurare,

Vi ho ferito; voi non potete mica;
Non faccio fellonia contro un altro,
E il Duca disse: Vostra mercé,
Intanto Rodolfo se n'era andato.
Guglielmo va per la campagna;
Dei Normanni guida una grande compagnia,
I due Visconti va cercando, 
E chiedendo degli spergiuri.
Quelli gli mostrano, chi li conobbe 
Dall'altra parte, dove fu la loro gente
Molti voleste per le campagne
Muovere provvigioni e capitani;
Non c'è ricco uomo né Barone
Che non abbia lungo il suo gonfalone,
O gonfalone o altra insegna,
Dove la sua armata si raduna;
Conoscenze o segnali d'identificazione,
Di molti tipi di scudi pagani.
Molti voleste far tremare questi campi,
Pungere cavalli e farli caracollare,
Alzare picche, brandire lance,
Scudi ed elmi far splendere.
Così come combattendo vanno gridando
Tali urli di guerra, come li hanno:
Quelli di Francia gridano:
Montjoie;
Il loro è bello che lo si senta;

Guglielmo grida: Dio aiuti!
È l'urlo di guerra della Normandia.


Ammetto di aver penato un po': se ho reso il significato, spesso ho dovuto rinunciare alla rima. Si converrà che la narrazione è un po' sconnessa, ben lontana dai canoni moderni. Tra l'altro non sono nemmeno sicuro che esista una traduzione in italiano del Roman de Rou. Abbiamo tonnellate di materiali oltremodo interessanti e sprofondati sotto metri di polvere, nella totale incuria degli accademici (non solo italiani).  

Torniamo a ciò che più ci preme, ossia a Thor. Trovo che sia molto significativo il contrasto tra l'urlo di guerra di Rodolfo Tesson e quello di Guglielmo il Bastardo: siamo di fronte a due mondi che collidono - proprio come nelle saghe norvegesi e islandesi che descrivono la cristianizzazione. Anche in questo caso, si segnalano puerili tentativi fatti da accademici politicizzati e in malafede per rimuovere ogni accenno al Paganesimo ancestrale. Così Auguste Le Prévost ha trasformato Tur aïe in Thury, che sarebbe stato il nome della fantomatica signoria di Rodolfo Tesson. Fantomatica, va rimarcato, perché non risulta attestato alcun toponimo Thury pertinente al contesto. Fare violenza ai dati reali per adattarli a tesi preconcette era ed è tuttora un costume molto diffuso.

Sir Francis Palgrave voleva far credere che la lingua norrena in Normandia fosse scomparsa all'istante, come per magia, all'atto stesso della concessione del Ducato a Rollone o comunque poco dopo; per contro egli afferma che la lingua romanza fu molto coltivata, prosperando a tal punto da dare origine alle più antiche varianti dialettali documentate della lingua d'oïl. Eppure proprio il teonimo Tur ci dice che anche la lingua norrena poté vivere abbastanza per creare a sua volta varianti dialettali. Infatti la testimonianza di Roberto Wace, oltre alla toponomastica e agli antroponimi attestati, prova al di là di ogni dubbio che il norreno di Normandia era cambiato rispetto a quello importato dalla Danimarca e dalla Norvegia. 

La forma norrena originale è Þórr, la cui pronuncia è /θo:rr/, con una vocale lunga e chiusa. L'evoluzione è stata la seguente: /θo:rr/ è diventato /to:r/ (scritto Tor-), quindi /tu:r/ (scritto Tour-, Thour-) e addirittura /tü:r/ (scritto Tur, Tur-). Numerosi nomi propri di Vichinghi stanziati in Normandia sono diventati col tempo cognomi, spesso tuttora vivi. Così abbiamo i seguenti esempi: 

Thouroude < Þórvaldr "Potere di Thor"
Tostain, Toutain < Þórsteinn "Pietra di Thor"
Tourquétil, Turquétil, Turquéty <
Þórketill "Calderone di Thor"
Turgard, Tougard < Þórgarðr "Protezione di Thor"

Turgis
< Þórgísl "Ostaggio di Thor"
Turgot < Þórgautr "Gauto di Thor"*


*I Gauti erano un popolo della Svezia meridionale. Stretta era la loro parentela con i Goti.

Si noterà che questa evoluzione della vocale lunga /o:/ in /u:/ e in /ü/, documentata già in Wace, è assai singolare. Non si ritrova in alcuna varietà norrena finora nota. Certamente il passaggio da /o:/ a /ü:/ non può essere avvenuto per semplice adattamento alla fonologia della lingua romanza e presuppone quindi l'esistenza di un dialetto norreno peculiare, su cui richiamo l'attenzione degli studiosi.